FRANCO PROSPERI
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¤ 18,00 (i.i.)
STEFANO LOPARCO (1968) è stato il primo in Italia a indagare sistematicamente l’opera e la vita di Gualtiero Jacopetti attraverso la scrittura del saggio biografico Graffi sul mondo (Il Foglio, 2014) e di Passeggeremo ancora tra le rovine del tempio (Il Foglio, 2019), memoir scritto a quattro mani con il regista Franco Prosperi. Ha inoltre partecipato alla realizzazione del volume Jacopetti Files. Biografia di un genere cinematografico italiano di Fabio Francione e Fabrizio Fogliato (Mimesis, 2016) ed è stato redattore della voce “Gualtiero Jacopetti” nel catalogo del Lucca Film Festival 2016. 978-88-6692-091-5
ADDIO ZIO TOM di g. jACOPetti e F. PROSPeRi
Controverso. Bistrattato. Dibattuto. Condannato. Osannato oltreoceano e disprezzato in Italia, Addio zio Tom è stato manomesso a più riprese, censurato e rimontato, fino a diventare il simbolo del processo di damnatio memoriae che ha investito Gualtiero Jacopetti, Franco Prosperi e i loro mondo movies, documentari shock sulle brutture e le ingiustizie del mondo. Girata tra gli Stati Uniti e Haiti – per concessione del dittatore François Duvalier – la quinta pellicola del duo ripercorre senza remore estetiche né contenutistiche la storia della schiavitù a stelle e strisce, sfidando ripetutamente il moralismo e il perbenismo imperanti nel Belpaese (e non solo) dell’epoca. Ricostruzione di una lavorazione pluriennale e di vicissitudini critico-censorie mai viste prima, né dopo, nella Storia del cinema italiano, il volume ripercorre – con il giusto equilibrio tra agiografia e condanna – la genesi, i contenuti e il destino di questo oggetto filmico di straordinaria importanza storiografica, avvalendosi delle testimonianze dirette e dei materiali fotografici di chi vi prese parte in prima linea.
MANUEL CAVENAGHI STEFANO LOPARCO
«La violenza? C’è, è parte della vita, come la morte. Con Addio zio Tom abbiamo inteso mostrare la crudeltà di un sistema sociale istituzionalizzato. Lo abbiamo fatto senza censure, con l’unico scopo di mostrare il vero».
STEFANO LOPARCO
di
ADDIO ZIO TOM
GUALTIERO JACOPETTI e FRANCO PROSPeRi
Prefazione di
Franco Prosperi
i
c ult del
GRANDE CINEMA
POPOLARE « Signori giudici, il mio nome è Nat Turner e intendo rendere davanti a voi piena confessione dei miei delitti »
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ADDIO ZIO TOM
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I CULT DEL GRANDE CINEMA POPOLARE Collana diretta da Claudio Bartolini
A Francesco e Jacopo Stefano, prima e dopo di me, Loparco
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ADDIO ZIO TOM [ 1971 ] DI
GUALTIERO JACOPETTI E FRANCO PROSPERI STEFANO LOPARCO
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ADDIO ZIO TOM DI GUALTIERO JACOPETTI E FRANCO PROSPERI
Prefazione
Gualtiero aveva tutti i difetti che un uomo può avere, ma senza di lui non avrei mai fatto il cinema. Avrei continuato nella professione di documentarista naturalista, attività che mi ha dato grandi soddisfazioni ma pochi agi economici, benché superiori allo striminzito compenso di assistente universitario con cui mi sono affacciato al mondo lavorativo. Dirò di più. Senza Gualtiero, Mondo cane e tutto il cinema di poi non sarebbe mai nato. Non faccio il finto modesto; conosco il mio apporto alla pellicola e al nostro cinema e lo conosceva anche Gualtiero che dopo la nostra rottura non è più riuscito a fare film, ma il marchio è suo: Mondo cane l’ha pensato, titolato, finanziato – attraverso i buoni rapporti con Angelo Rizzoli, il “cumenda” – riuscendo a fargli guadagnare l’attenzione dei media ancor prima che una buona stella lo proiettasse nell’olimpo della settima arte. Perciò sono grato a Gualtiero e a Carlo Gregoretti che ci ha fatti incontrare. Jacopetti e io formavamo una strana coppia, con lui abilissimo in ciò che io rifuggivo: le apparenze. Lui cercava la ribalta, io il retroscena, lui la competizione, io la contemplazione, lui la scalata sociale, io la natura, i miei luoghi cari. Eravamo, questo sì, due borghesi (lui non praticante), individualisti e vanitosi (io molto meno). Ho sempre considerato il lavoro un mezzo per affrancarmi dal bisogno, non mi sono mai sentito un artista né aspiravo a esserlo. Finito un film, tornavo a casa per dedicarmi allo studio e alla pesca, nel calore degli affetti familiari. Gualtiero no; sentiva l’esigenza di esprimere la sua personalità sull’esterno, mutare le relazioni che lo comprende-
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PREFAZIONE
vano, dare una forma ai fatti della vita. Debbo anche essergli grato per avermi voluto bene, più di quanto gliene abbia voluto io. Dunque, senza Mondo cane non sarei mai diventato regista cinematografico, né avrei ricevuto gli apprezzamenti di Marlon Brando, John Wayne, Federico Fellini, Alberto Sordi e Dio solo sa di quanti altri estimatori della nostra impudenza giovanile, che ora non ricordo. E non avrei diretto Addio zio Tom. In quel tempo mi ero innamorato di Mandingo dello scrittore americano Kyle Onstott, un romanzo sulla schiavitù visto con occhi nuovi per l’epoca. La violenza e le angherie contro gli schiavi non solo non venivano edulcorate ma fornivano l’asse portante del racconto, in tutta la sua crudezza storica. Così proposi a Jacopetti l’idea: «Ma perché non compriamo i diritti del libro e ne facciamo un film?». Lui accettò subito. Avevamo entusiasmo, salute e soldi – di Rizzoli –, ma non furono sufficienti. La transazione non si perfezionò, peccato. Così ripiegammo su un nostro soggetto, debitore almeno nel titolo di un libro dello storico americano, Joseph Chamberlain Furnas, Addio zio Tom. Fummo anche d’accordo nel volerlo girare a soggetto tralasciando le fatiche e le polemiche dell’attualità, e visti i miei trascorsi scientifici decidemmo che avrei condotto io la ricerca sulle fonti storiche. L’opera di documentazione, tra la più vasta pubblicistica dell’epoca, è durata mesi: The Confessions of Nat Turner di William Styron, Slavery in the South di Harvey Wish, Le schiave di Sean O’Callaghan, Autobiografia di uno schiavo di Miguel Barnet, Piaceri e crudeltà di Paul Jadis… Debbo dire che si è trattato di un lavoro certosino andato sprecato. Ma l’intenzione era corretta. Il fatto è – ma lo ho imparato solo col tempo – che le persone non vogliono conoscere la verità, preferiscono una delle sue benevoli rappresentazioni. Invece io sono un sociobiologo e un liberale, per me la realtà ha
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una sua oggettività, i fatti una loro concretezza e da panteista credo che il mondo umano, animale e vegetale siano governati dalle stesse leggi universali. Nutro invece diffidenza verso i sistemi culturali in genere, perciò detesto l’ipocrisia, il moralismo – anche se mi è capitato di utilizzarlo al cinema –, la dabbenaggine e il politically correct. La violenza? C’è, è parte della vita, come la morte. Con Addio zio Tom abbiamo inteso mostrare la crudeltà di un sistema sociale istituzionalizzato. Lo abbiamo fatto senza censure, con l’unico scopo di mostrare il vero. Senza ricevere alcuna istruzione, estirpato dalla propria terra, portato in catene dall’altra parte del mondo e ridotto in schiavitù in forza di una legge di Stato, lo schiavo era ritenuto un homo minus, anche da sé stesso. Lo so, è scandaloso anche solo pensarlo, oggi. Ma se analizzo il fenomeno della schiavitù non intendo attribuirgli lo sguardo dell’osservatore del nostro tempo, i nostri parametri culturali, la nostra sensibilità. Sarebbe stata un’operazione comoda ma di facciata. Ovviamente avremmo potuto e saputo farlo ma nella rappresentazione del vero il primo vincolo etico è la contestualizzazione storica. Noi volevamo mostrare la schiavitù in tutta la sua durezza e volevamo essere i primi a farlo; volevamo provocare una reazione, accendere un dibattito e andare contro la morale buonista del tempo. Ma abbiamo sbagliato. Le immagini andavano spiegate meglio, avremmo dovuto far parlare i documenti, le leggi, la letteratura del tempo; avremmo dovuto utilizzare il commento parlato in funzione storiografica, ma non lo abbiamo fatto o troppo poco. Abbiamo peccato di presunzione? Sì. Così il pubblico non ci ha premiati e il pubblico – come mi ha insegnato Gualtiero – ha sempre ragione. Nel mezzo secolo che ci divide dalla realizzazione di Addio zio Tom, tutto è cambiato: sono cadute le ideologie, il mondo è globaliz-
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PREFAZIONE
zato, Gualtiero non c’è più e la strana coppia ha smesso di essere lo spauracchio dei benpensanti. Ma qual è lo stato dell’integrazione nel mondo oggi? E in America? E nella vecchia Europa? Lascio a tutti voi i frutti della discussione sognandoli non più avvelenati, in attesa di diventare un diamante, come ho lasciato scritto nelle mie disposizioni testamentarie. Franco Prosperi
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ADDIO ZIO TOM DI GUALTIERO JACOPETTI E FRANCO PROSPERI
Jacopetti
Cognome Nome
Gualtiero
nato il
4 settembre 1919
a
Barga (Lucca)
morto il a
17 agosto 2011
Roma
mestieri cinematografici
Sceneggiatore, regista, produttore
FILMOGRAFIA (REGIE) Mondo cane, 1962 (co-regia Franco Prosperi, Paolo Cavara) La donna nel mondo, 1963 (co-regia Franco Prosperi, Paolo Cavara) Mondo cane n. 2, 1963 (co-regia Franco Prosperi) Africa addio, 1966 (co-regia Franco Prosperi) Addio zio Tom, 1971 (co-regia Franco Prosperi) Mondo candido, 1975 (co-regia Franco Prosperi) Un’idea della pace, 1985 Operazione ricchezza, 1985
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LA CARTA D’IDENTITÀ DEI REGISTI
Cognome
Prosperi
Nome
Franco
nato il
25 maggio 1928
a
Roma
mestieri cinematografici
Sceneggiatore, regista, montatore produttore
FILMOGRAFIA (REGIE) Mondo cane, 1962 (co-regia Gualtiero Jacopetti, Paolo Cavara) La donna nel mondo, 1963 (co-regia Gualtiero Jacopetti, Paolo Cavara) Mondo cane n. 2, 1963 (co-regia Gualtiero Jacopetti) Africa addio, 1966 (co-regia Gualtiero Jacopetti) Addio zio Tom, 1971 (co-regia Gualtiero Jacopetti) Mondo candido, 1975 (co-regia Gualtiero Jacopetti) Ultime grida dalla savana, 1975 (non accreditato) Savana violenta, 1976 (non accreditato) Wild Beasts, 1984
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ADDIO ZIO TOM DI GUALTIERO JACOPETTI E FRANCO PROSPERI
ADDIO ZIO TOM (1971) Regia: Gualtiero Jacopetti, Franco Prosperi; SOGGETTO: Gualtiero Jacopetti, Franco Prosperi; SCENEGGIATURA: Gualtiero Jacopetti, Franco Prosperi; FOTOGRAFIA: Claudio Cirillo, Antonio Climati, Benito Frattari; OPERATORE ALLA MACCHINA: Francesco Abussi; ASSISTENTE OPERATORE: Ennio Marzocchini (C.S.C.); AIUTO REGISTA: Federico Abussi; CAPO ELETTRICISTA: Bruno Angeletti; MUSICA: Riz Ortolani (orchestrata e diretta dall’autore, la canzone Oh, My Love è cantata da Katyna Ranieri; FONICO: Carlo Diotallevi (C.S.C.); DISTRIBUZIONE MUSICALE: R.C.A.; SONORIZZAZIONE: International Recording S.p.A.; DOPPIAGGIO: cooperativa Doppiatori s.r.l., Roma; MIXAGE: Fausto Ancillai, Vestrex Sound System; FONICO DI MUSICA: Giorgio Agazzi; MONTAGGIO: Gualtiero Jacopetti, Franco Prosperi; ASSISTENTE AL MONTAGGIO: Luciana Scandroglio; COSTUMI: Kathryn Snedeker. inteRpReti e peRsonaggi: Gualtiero Jacopetti (se stesso, non accreditato), Franco Prosperi (se stesso, non accreditato), Giampaolo Lomi (se stesso, non accreditato), Lunella Surdi (se stessa, non accreditata), Kathryn Snedeker (se stessa, non accreditata), Gordon Felio (Big Horne), Jane Robinson (non accreditata), Dick Gregory (zio Tom). oRigine 1971. oRigine 1972.
pRima veRsione:
Italia, 1971;
seconda veRsione:
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VISTO CENSURA:
Italia, 1972;
58880, del 9 settembre
VISTO CENSURA:
60019, del 27 marzo
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LA CARTA D’IDENTITÀ DEL FILM
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PRoduzione: Euro International Film; ORGANIZZATORE GENERALE: Giampaolo Lomi; DIRETTORE DI PRODUZIONE: Marcello Tranchini; UFFICIO STAMPA: Lucherini, Rossetti, Spinola; PELLICOLA: Eastmancolor; COLORE: Telecolor; RINGRAZIAMENTI: Sua Eccellenza il presidente a vita della Repubblica ad Haiti François Duvalier (per l’ospitalità e le facilitazioni concesse alla troupe durante le riprese ad Haiti), le autorità degli Stati di Louisiana, Mississippi e Florida (per le facilitazioni concesse durante le riprese negli Stati Uniti), Kathryn Snedeker (per la traduzione inglese dei dialoghi e la consulenza per i costumi), Annamaria Ambrosi (per le relazioni sociali e l’organizzazione negli USA), Lunella Surdi (per la collaborazione ai costumi e al trucco), André Supplice, Rudolph Williams, Jerome Nau, Peter Dassinger, Dee Fitzgerald e Beverly McDermot (per l’assistenza e la collaborazione prestata per le riprese del film); RIPRESE: Ottobre 1968 – settembre 1970 (Louisiana, Haiti, Florida, Mississippi). DuRata cinematogRafica pRima veRsione: 123’ (3690 metri), colore, 2.35, mono. DuRata cinematogRafica seconda veRsione: 136’ (3838 metri), colore, 2.35, mono. DistRibuzione cinematogRafica: Euro International Film. PRima pRoiezione della pRima veRsione: 30 settembre 1971. PRima pRoiezione della seconda veRsione: 28 marzo 1972. DISTRIBUZIONE GERMANIA OVEST:
Constantin Film (prima proiezione: 27 gennaio 1972); DISTRIBUZIONE USA: Cannon Film Distributors (prima proiezione: 27 ottobre 1972); DISTRIBUZIONE URUGUAY: Cine Internacional del Uruguay (prima proiezione: 7 dicembre 1972); DISTRIBUZIONE GRAN BRETAGNA: Cinecenta Film Distributors (prima proiezione: 1973); DISTRIBUZIONE OLANDA: Euro-Centra Film (prima proiezione: 1 febbraio 1973); DISTRIBUZIONE SPAGNA: Galinza Films S.A. (prima proiezione: 1980). Titoli stRanieRi: Addio, Onkel Tom! (Germania Ovest); Adeus Tio Tom (Brasile); Adiós tío Tom (Spagna, Uruguay); Antio, theie Tom (Grecia); Búcsúzás Tamás bátyától (Ungheria); Farvel, onkel Tom (Danimarca); Goodbye Uncle Tom (titolo internazionale); Hyvästi ihminen (Finlandia); Jacopetti’s Uncle Tom (Olanda); Les négriers (Francia); Uncle Tom (titolo internazionale).
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ADDIO ZIO TOM DI GUALTIERO JACOPETTI E FRANCO PROSPERI
TRAMA «Razza bianca e razza negra, due mondi, due civiltà, un confronto gigantesco, uno scontro violentissimo e altamente drammatico. L’evolversi dei negri nel tempo e nella storia; comportamenti, idee, ideologie. Il travaglio mostruoso dei negri documentato dalla macchina da presa, come presente nelle varie epoche, su basi di inoppugnabili documenti storici. Un lavoro eccezionalmente impegnativo e grandioso, alla cui realizzazione negri di tutte le parti del mondo, sono stati felici di contribuire». (Soggetto di Addio zio Tom, domanda di revisione del 7 settembre 1971) Il film mostra il processo di asservimento, fisico e culturale, cui va incontro lo schiavo negli Stati Uniti d’America del XIX secolo, immerso in una quotidianità fatta di crudezza, squallore e degrado. Lo fa utilizzando l’escamotage di due giornalisti italiani giunti in elicottero sui luoghi della schiavitù attraverso un salto temporale di oltre un secolo. Procedendo nell’inchiesta – resa possibile dalle interviste ad alcuni maggiorenti bianchi, dalla lettura delle fonti storiche e dall’osservazione sul campo – i protagonisti scoprono un sistema di potere spietato, sebbene giustificato dai sistemi culturali del tempo.
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PROLOGO
Breve storia del mondo. Ai confini della realtà
settembre 1971, prodotto dalla Euro International Film, esce nei cinema italiani Addio zio Tom, ovvero la negritudine vista da
Dopo i fasti di Mondo cane (1962)
Barga.
e Africa addio (1966) – le torri di un
È una delle pagine più oblique del
cinéma vérité degradato a mensonge
cinema italiano, certamente la più
sotto i colpi delle inchieste
ambiziosa: mostrare al mondo il
giudiziarie, giornalistiche e delle
fenomeno della schiavitù davanti
parziali ammissioni dei suoi autori
all’iniquo tribunale dell’evoluzione
– Gualtiero Jacopetti e Franco
sociale, semmai respingendo al
Prosperi decidono sia giunto il
mittente – è il cruccio degli autori
tempo di proiettarsi nell’alveo della
– le accuse di razzismo che da
fiction, senza rinunciare alla verità
Africa addio lordano la nomea dei
storica. Ventitré mesi di lavorazione
due cineasti. Ma è una pagina
tra la Louisiana, Haiti e la Florida,
obliqua, appunto, sulle cui righe
dodici di post-produzione, a Roma,
entreranno in rotta di collisione le
e l’auspicio diventa realtà: il 30
tensioni politico-sociali di un’epoca
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ADDIO ZIO TOM DI GUALTIERO JACOPETTI E FRANCO PROSPERI
altamente ideologizzata che di
epopea negriera, testo limitaneo
Jacopetti e dei suoi sodali non sa
di un cinema “scostumato” la cui
più che farsene.
messa in cattività ha finito per
Il giornalista toscano non avrebbe
istigare la più raccapricciante delle
meritato di meglio, forse. Il cinema
rappresentazioni cinematografiche
gli ha consentito d’ingagliardire la
– Addio zio Tom è la Cappella
dimensione idealizzata del sé, fatta
Sistina del male – determinando
di protagonismo, quattrini e belle
nella critica un cortocircuito che
donne. Ma la caccia alle streghe
ha bruciato i momenti migliori
contro i padri del mondo – e i nomi
dell’opera.
sono quelli di Gualtiero Jacopetti,
Va detto chiaro: Addio zio Tom è
Franco Prosperi e Paolo Cavara –
un film altamente improbabile,
rimane un unicum senza pari nella
possibile in quel lontano 1971
storia del cinema mondiale.
grazie alla forza negoziale del
Anche così va dibattuta questa
suo autore più controverso, ma
Paolo Cavara e Delia Boccardo sul set di L’occhio selvaggio (1967).
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PROLOGO
irripetibile nel sistema dei media. È altamente improbabile per le mutate condizioni politiche che hanno disciolto nel privato i soggetti collettivi; è altamente improbabile con la scomparsa degli stati-nazione, la fine delle politiche espansionistiche e le nuove ricchezze che qua e là vanno affiorando alle stesse latitudini delle povertà, rendendo anacronistiche le narrazioni sui paesi “del terzo mondo” o “in via di sviluppo”; è altamente improbabile per la perdita di centralità del medium
Gualtiero Jacopetti Ideatore e co-fondatore di uno degli ultimi generi cinematografici che l’Italia abbia esportato e spina nel fianco che il cinema non è riuscito a levarsi, Gualtiero Jacopetti è forse la personalità mediatica più ostile del suo tempo. La politica, la società, il costume, le maggioranze e le minoranze, i bianchi e i neri, le donne e gli uomini, i vecchi e i bambini, i belli e i brutti, i ricchi e i poveri: non c’è istituto sociale, condizione umana o fenomeno
cinematografico cui fa da sponda la fine di un tempo epico del cinema fatto di personalità straordinarie, disposte a investire nel progetto quote significative della propria esistenza; è altamente improbabile perché nessuna produzione del terzo millennio staccherebbe un assegno senza avere in cambio uno straccio di sceneggiatura, un piano di lavorazione e un cast. È altamente improbabile, infine, perché Gualtiero Jacopetti non tornerà più al mondo. Gualtiero Jacopetti in posa sul set.
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ADDIO ZIO TOM DI GUALTIERO JACOPETTI E FRANCO PROSPERI
collettivo verso cui non abbia
un incidente, a San Bernardino,
lanciato i suoi dardi avvelenati.
California, probabilmente a causa
Ciò non gli ha impedito di servirsi
dell’alta velocità. Belinda muore
dell’establishment, rimanendo nel
sul colpo. Jacopetti ne esce
fondo un isolato o – come amava
politraumatizzato. Tornato in Italia
definirsi – un giornalista prestato
diventa morfinomane: la cura
al cinema.
antidolorifica prescritta dai sanitari
Inevitabilmente la storia di Addio zio
si è trasformata in dipendenza
Tom s’intreccia alla vicenda umana
psicofisica.
di questo toscano scontroso e
La sua parabola pubblica avrebbe
solitario, la cui bellezza rapace ha
potuto finire negli scantinati
insidiato donne e corti di giustizia,
romani della Cineriz: accasciato
rivelando presto l’ombra dell’uomo:
sulla sedia a rotelle, un braccio
il 1° aprile 1955 è arrestato per
ingessato mentre incolla con
violenza carnale ai danni di una
la mano “buona” i fotogrammi
zingarella dodicenne, finendo con
di un film che non sarebbe mai
lo sposarla per vedersi estinguere
approdato nei cinema. Ma il
il reato; il 29 novembre 1960,
fenomeno Jacopetti – che vedrà
mentre si trova a Hong Kong per
il giornalista dichiararsi innocente
le riprese di Mondo cane, è tratto
dei due reati più infamanti fino
in fermo con l’accusa di «indecent
alla fine dei suoi giorni – è più
assault»: si sarebbe intrattenuto
vasto del cono d’ombra in cui si è
con quattro prostitute-bambine,
tentato di ricacciarlo: a trent’anni
spiega un poliziotto al giornalista
è un giovane collaboratore del
Carlo Gregoretti, presente al
«Corriere d’Informazione» e di
fermo; uscito dalla Stanley Prison
«La Settimana Incom illustrata»; a
dopo tre mesi, il 13 marzo 1961
trentacinque dirige «Cronache»,
l’auto su cui viaggia assieme alla
settimanale politico-culturale di
sua compagna – l’attrice inglese
area liberale con cui inaugura
Belinda Lee – rimane coinvolta in
un’originale commistione di
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PROLOGO
analisi politica, cronaca e gossip;
dalla morfina. Così, negli stessi
nemmeno quarantenne è l’astro
mesi in cui gli uomini della Cineriz
nascente dei cinegiornali (dal
sono in subbuglio per le sorti della
1950 al 1955 alla Settimana
pellicola, Jacopetti – per i più – è
Incom di Sandro Pallavicini, dal
un uomo finito: molestatore di
1956 al 1958 all’Europeo Ciac di
minorenni e con un film in uscita
Angelo Rizzoli, fino a fondare nel
destinato al flop.
1959 Ieri, oggi e domani, sempre
Previsione azzardata. Con un
sotto l’egida del potente magnate
incasso di 797.224.428 lire
dell’imprenditoria multimediale);
(21° piazzamento della stagione
nel 1958 collabora con Alessandro
cinematografica 1961/1962),
Blasetti alla scrittura del film-
Mondo cane si rivela un successo
documentario Europa di notte e nel
internazionale. Quello stesso anno
1959-1960 è a zonzo per il mondo
– il 1962 – la pellicola partecipa
per la realizzazione del suo primo
al Festival di Cannes e riceve la
lungometraggio diretto assieme a
nomination al Golden Globe come
Paolo Cavara e Franco Prosperi,
miglior film straniero, fa vincere ad
Mondo cane. Poi lo schianto, la
Angelo Rizzoli il David di Donatello
morte di Belinda e la dipendenza
per la migliore produzione, mentre
Gualtiero Jacopetti e la compagna del tempo Kathryn Snedeker.
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ADDIO ZIO TOM DI GUALTIERO JACOPETTI E FRANCO PROSPERI
la canzone Ti guarderò nel cuore
Hong Kong e l’incidente di San
tratta dalla colonna sonora di Riz
Bernardino, era stato costretto
Ortolani e Nino Oliviero (More nella
ad allontanarsi dal progetto – è
versione inglese curata da Norman
al toscano che guardano tutti,
Newell), già candidata agli Oscar,
memori delle sue malefatte. Gli si
si aggiudica i Grammy Awards
dà del «netturbino cinematografico»
del 1964, diventando una delle
e «necroforo dell’immagine».
più popolari hit single degli anni
Insomma, del Pierino del male.
Sessanta.
Talentuoso sì, ma sprecato.
È l’inizio della mondo-mania. Stati
È un giudizio manicheo che affonda
Uniti, Giappone, Francia, Germania,
nelle premesse biografiche, senza
Spagna: le rutilanti immagini di
cogliere la portata di un cinema
Jacopetti, Cavara e Prosperi – dalla
nuovo che dà spettacolo servendosi
cruenta processione nel meridione
della realtà, semmai puntando
d’Italia alla casa dei morenti a
l’indice contro quelle masse di
Singapore, dagli avventori di un
connazionali – a cui la critica dà
ristorante newyorkese che serve
delle «becere» e «retrograde» – che
insetti agli ubriachi amburghesi che
assiepano le sale cinematografiche.
vomitano per strada… – fanno il
Perché Mondo cane è sì un
giro del globo suscitando clamori
viaggio planetario in ciò che più è
e repulsa, nel segno del successo
inconsueto, scabroso, osceno; è
internazionale.
anche un’invettiva che si nutre di
E la critica? Insorge. Sebbene il
pregiudizi, conoscenze superficiali,
film sia l’esito di una lavorazione
clamorose omissioni, ma ed è
che va ascritta massimamente
soprattutto l’opera che ognuno
a Prosperi e Cavara – all’epoca
vuole vedere.
delle riprese Jacopetti era al suo esordio registico, faceva la spola tra la redazione romana di Ieri, oggi e domani e i set e, con l’arresto di
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Controverso. Bistrattato. Dibattuto. Condannato. Osannato oltreoceano e disprezzato in Italia, Addio zio Tom è stato manomesso a più riprese, censurato e rimontato, fino a diventare il simbolo del processo di damnatio memoriae che ha investito Gualtiero Jacopetti, Franco Prosperi e i loro mondo movies, documentari shock sulle brutture e le ingiustizie del mondo. Girata tra gli Stati Uniti e Haiti – per concessione del dittatore François Duvalier – la quinta pellicola del duo ripercorre senza remore estetiche né contenutistiche la storia della schiavitù a stelle e strisce, sfidando ripetutamente il moralismo e il perbenismo imperanti nel Belpaese (e non solo) dell’epoca. Ricostruzione di una lavorazione pluriennale e di vicissitudini critico-censorie mai viste prima, né dopo, nella Storia del cinema italiano, il volume ripercorre – con il giusto equilibrio tra agiografia e condanna – la genesi, i contenuti e il destino di questo oggetto filmico di straordinaria importanza storiografica, avvalendosi delle testimonianze dirette e dei materiali fotografici di chi vi prese parte in prima linea.
MANUEL CAVENAGHI STEFANO LOPARCO
«La violenza? C’è, è parte della vita, come la morte. Con Addio zio Tom abbiamo inteso mostrare la crudeltà di un sistema sociale istituzionalizzato. Lo abbiamo fatto senza censure, con l’unico scopo di mostrare il vero».
STEFANO LOPARCO
di
ADDIO ZIO TOM
GUALTIERO JACOPETTI e FRANCO PROSPeRi
Prefazione di
Franco Prosperi
i
c ult del
GRANDE CINEMA
POPOLARE « Signori giudici, il mio nome è Nat Turner e intendo rendere davanti a voi piena confessione dei miei delitti »
03/09/19 14:02