MATTEO RECANATESI
Con la collaborazione di MarcoTerrenaTo
Juventus a t i n infi
e v o n n i i t t scude d r o c e r n u di a i r o t s : i n a d an n e g g e l lla entrato ne
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Prefazioni di
Mario sconcerti michel platini
Ringraziamenti dell'Autore Questo libro è il risultato di un profondo lavoro di ricerca svolto con Marco Terrenato, ma anche di mille dibattiti con i colleghi calciofili. Particolarmente utili per la sua stesura sono stati i confronti a tinte bianconere con Fabrizio Tenerini e Matteo Muccichini, la spinta di Alessio Maldini, i racconti di Fabrizio Cocco ed Elena Scalco, le spigolature di Luigi Migliaccio, Diego Angelino, Alessandro Mariano e Luca Protettì, le domande spiazzanti di Zaira Fera. Un grazie gigante va poi a Luigi Colombo per i preziosi consigli, a Romolo Pedrazzi e a Zibi Boniek per il filtro d’autore e a Michele Di Branco per i colpi di fioretto. Ma soprattutto, grazie a mio padre, che ha acceso la scintilla.
Fotografie: Il materiale fotografico è stato cortesemente fornito dai fotografi G. Calzuola e S. Giglio. Stampa: AGL – Pomezia (RO) 2020 © Gremese International s.r.l.s. – Roma Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta, registrata o trasmessa, in qualsiasi modo o con qualsiasi mezzo, senza il preventivo consenso formale dell’Editore. ISBN 978-88-6442-385-2
PREFAZIONE DI MARIO SCONCERTI Un ciclo lungo un secolo… Sono tanti i libri scritti sulla Juve, ma nessuno è mai vecchio. Perché sono sempre nuovi i risultati. Nessuno si sarebbe mai aspettato nove scudetti uno in fila all’altro. È un’enormità anche per il calcio moderno e le sue squadre spinte dai gas e dal petrolio. Questo di Matteo Recanatesi è però un libro con un’idea diversa, racconta un record impressionante, appunto, ma passando attraverso tutti gli altri grandi cicli della Juve. Da quella di Carcano degli anni Trenta, la prima grande cavalcata di Edoardo Agnelli, padre dell’Avvocato e di Umberto, nonno di Andrea; ai tempi di Trapattoni e Lippi, fino naturalmente alle diversità tra Conte, Allegri e Sarri. È un lungo viaggio sincero che ha secondo me un pregio raro: non è scritto solo per i tifosi. Vuole raccontare il modo di essere della Juve, le sue particolarità che diventano sul campo veri e propri retroscena. È come una lunga inchiesta giocata con la dolcezza e l’attenzione del ricordo. E quando si ricorda la Juve, a torto o a ragione, ci siamo dentro tutti, amici e avversari. Chi non l’ha amata l’ha subita, ma non può averla ignorata. La sua vita è stata quella di tutto il calcio. È strano pensare adesso che nel 1897 i ragazzi della sua fondazione scelsero il rosa come colore sociale per una ragione molto pratica: era il colore che resisteva di più ai lavaggi, impallidiva ma restava rosa. Sembra impossibile ma la Juve nasce con la povertà dei giovani studenti. Dal 1923, quando Edoardo Agnelli si presentò a Villar Perosa tenendo per mano un bambino di due anni che si chiamava Giovanni (detto Gianni), la Juve è stata la squadra più ricca e vincente del calcio italiano. Conservando però sempre una diversità di fondo: al contrario di tutte le altre squadre, non è mai stata la squadra di una città. È nata da una multinazionale ed è diventata presto la squadra di una nazione. 3
Credo che molti di quelli che leggono queste righe sappiano che il mio cuore calcistico è da un’altra parte, ma non si può aver seguito il calcio mito perventus tutta lanel vita, averne raccontato e raccolto il lavoro, senza finire per sentirsi coinvolti nella continua, felice, evoluzione della Juve. Questo libro diventa così un documento e un divertimento attraverso il tempo. È cambiato tutto in questi cento anni, siamo passati da Marconi a Jobs, da Einstein ai buchi neri. Dal catenaccio a Guardiola. Tutto intorno a noi è profondamente cambiato, tante sicurezze si sono clamorosamente perse. Ma tutto è avvenuto sotto la direzione artistica della vecchia amica Juve. Una striscia vincente lunga un secolo. E ancora ne avanza. Mario Sconcerti
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PREFAZIONE DI MICHEL PLATINI Questa maglia lega passato e presente… Nove scudetti: complimenti, Juve. Con la maglia bianconera ho vissuto stagioni eccezionali, nel momento migliore della mia carriera e accanto a campioni (e uomini) straordinari, come Boniek, Rossi, Tardelli, Scirea. Insieme, abbiamo vinto in Italia e in Europa, poi siamo andati a prenderci la Coppa Intercontinentale a Tokyo, nella partita in cui mi è stato annullato un gol che mi fa ancora disperare, forse il più bello della mia carriera. Abbiamo comunque fatto festa ai calci di rigore, toccando il punto più alto di un ciclo meraviglioso. Sono felice che nelle pagine di questo libro si parta dalle “nostre” imprese per raccontare quelle del record di questi giorni, unendo passato e presente nel segno della stessa maglia leggendaria. La nostra striscia di vittorie sembrava irripetibile, invece la Juventus di oggi ci sta seguendo. Nove scudetti di fila sono un record pazzesco, ma non casuale. Quando nel 2011 ho visitato lo Stadium, ho capito che con la spinta di un simile impianto, unita alla forza della tradizione e del suo immenso pubblico, la Juventus poteva tornare in alto e ripetere le migliori imprese realizzate nel corso della sua lunga storia. Ora spero che arrivino in serie anche tanti successi internazionali. Lo merita la società, che ha saputo ricostruirsi dopo un periodo buio, tornando più forte di prima. Lo meritano i tifosi, sempre speciali. E lo merita la squadra, che in campo mette sempre il cuore. Proprio come facevamo noi. Michel Platini 5
Tre colonne del record di scudetti consecutivi... Chiellini, Buffon, e Bonucci.
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INTRODUZIONE La storia della Juventus è lunga 68 trofei ufficiali, 5 palloni d’oro e una bella fetta delle quattro Coppe del Mondo conquistate dalla Nazionale azzurra, che la Vecchia Signora ha rifornito come nessun’altra squadra italiana. Dal 1897, quando è stata fondata a Torino da 13 studenti geniali e annoiati del liceo classico Massimo D’Azeglio, fino alla leggendaria striscia di 9 scudetti consecutivi firmata Conte-Allegri-Sarri, la società bianconera si è guadagnata sul campo, anzi “sui campi”, l’appellativo di Signora insaziabile del calcio italiano. Il suo abito, elegantissimo, sono i numeri. Su 120 campionati di serie A ne ha vinti 37, con due scudetti revocati. Il bottino europeo è di 11 titoli, con una particolarità che rende la società bianconera unica al mondo: è la sola squadra ad aver trionfato almeno una volta in tutte le competizioni per club proposte dalla propria confederazione. La Juve ha messo in bacheca 2 Coppe Intercontinentali, 2 Champions League (o Coppe dei Campioni), 1 Coppa delle Coppe, 3 Coppe Uefa e 1 Supercoppa Europea, oltre alla Coppa Intertoto conquistata nel 1999 (il torneo fu poi soppresso nel 2008). Curiosamente, molti di questi successi nazionali e internazionali sono arrivati in sequenza, per cicli, quasi a voler sottolineare la propensione del club a non cullarsi sugli allori, ma a rilanciare semmai più forte dopo ogni mano vinta. Quella in corso è la quinta era della fulgida storia juventina. La più lunga. Anno dopo anno, Antonio Conte, Massimiliano Allegri e infine Sarri, hanno trasformato le vittorie in formalità. Senza mai sbagliare un colpo, con una continuità mai trovata prima. Tra qualche decennio queste stagioni saranno leggenda, proprio come le imprese di Ferrari, Rosetta, Boniperti, Sivori, Platini e Zidane. Anzi, ancora di più. 7
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I CICLI STORICI Il Quinquennio d’oro Il primo corso della società con la Zebra giunge negli anni Trenta e passa alla storia come il “Quinquennio d’Oro”. Per raccontarlo, però, bisogna fare un passo indietro e tornare al 1923. È l’anno in cui la Fiat, quindi la famiglia Agnelli, entra nella società, trasformandola da comparsa a protagonista (da Oscar) del nostro calcio. Il primo degli Agnelli ad assumere la carica di presidente è il trentunenne Edoardo, figlio del fondatore Giovanni e di Clara Boselli. Un ragazzo acuto e vivace che ha una laurea in giurisprudenza e una grande conoscenza del mondo. Studia, viaggia, si aggiorna. È pronto a guidare l’azienda di famiglia ma papà Giovanni è ancora carico di energie e per sua natura, un accentratore dal pugno di ferro. Edoardo smania, poi s’illumina. Ecco l’idea per uscire dal cono d’ombra: entrare nel calcio, quello sport che aveva visto divampare come un incendio in Inghilterra, in Spagna, in Sudamerica e che, ne era certo, un giorno sarebbe diventato
Sua Altezza Reale, il principe di Piemonte, osserva una partita della Juve.
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Filotto Juventus il più seguito di tutti. L’uomo d’affari aveva fiutato il sentiero del business, lo sportivo (Edoardo era un esperto guidatore di auto sportive e presiedeva la società torinese di corse di cavalli) era stato catturato dal fascino di quel pallone dalle cuciture grezze, ancora informe ma già capace di accendere passioni fortissime. Due anni dopo l’insediamento dell’erede al trono di casa Agnelli, la Juventus conquista lo scudetto, il secondo della sua storia dopo quello pionieristico del 1905. Il sapore della vittoria diventa uno stimolo per il presidente, che ora ha voglia di lasciare il segno in questa società. Passano quattro stagioni di studio di formule, uomini, avversari. Poi Edoardo Agnelli fa centro. Affida la guida tecnica a Carlo Carcano, l’uomo che con Vittorio Pozzo ha inventato il “Metodo”, lo schieramento 2-3-2-3 che prevede i primi schemi difensivi. La rivoluzione tattica porterà la Juventus sul tetto d’Italia, con un primo serio sguardo oltre confine, a quelle competizioni che fino a poco tempo prima sembravano fuori portata ma alle quali ora la squadra cominciava a rivolgere sguardi e pensieri. Sì, perché dal 1930-‘31 al 1934-‘35 arrivano cinque scudetti (l’ultimo con il tecnico Carlo Bigatto al posto di Carcano) e quattro semifinali di Coppa dell’Europa Centrale, la bisnonna della Champion’s League. Nella rosa bianconera c’è l’ossatura dell’Italia che vince i Mondiali del ’34: il fantasista Giovanni Ferrari, gli oriundi del gol Raimundo Orsi e Luis Monti, il trio difensivo “dei ragionieri” Virginio Rosetta, Gianpiero Combi e Umberto Caligaris. Una squadra fortissima che gioca con il giusto mix di fiducia e spensieratezza e che guarda al futuro con ottimismo. Cosa potrebbe mai interrompere la serie di successi di questa invincibile armata? La risposta, scura come il fumo di un motore in avaria, arriva il 14 luglio del 1935, due ore prima del tramonto: Edoardo Agnelli scompare all’improvviso, a soli 43 anni, per un incidente in mare. L’idrovolante su cui era salito a Forte dei Marmi per raggiungere Genova si capovolge durante l’ammaraggio, il presidente della Juventus (e vicepresidente della Fiat) muore sul colpo. L’Italia è in lutto, la Juventus 10
i cicli storici sotto shock. Alla presidenza del club arriva il tandem Craveri-Mazzonis, che affida la panchina al terzino Virginio Rosetta (sì, proprio quello del trio dei “ragionieri”) impegnato ora nel doppio ruolo di giocatore e allenatore. La squadra perde i pezzi: Orsi e Cesarini tornano a casa, in Argentina, Ferrari chiede un ritocco dell’ingaggio e di fronte al “no” deciso della nuova dirigenza accetta la corte dell’Ambrosiana Inter e si trasferisce a Milano. Dopo un buon inizio di campionato, la Juve chiude la stagione al quinto posto, fuori anche dalla Coppa delle Nazioni. Unica consolazione: la scoperta del talento di Guglielmo Gabetto, che vivrà 13 stagioni da campione con le maglie della Juve e del Grande Torino, prima di salire sull’aereo maledetto e perdere la vita nella tragedia di Superga. Il primo ciclo bianconero è chiuso. Un ammaraggio finito in tragedia ha fatto naufragare le ambizioni bianconere. Il Trio Magico Trascorrono 15 anni prima di rivedere la Juventus con il tricolore, ne passano 23 per assistere a un’altra serie vincente: tre scudetti (e due Coppe Italia) a cavallo tra il 1957 e il 1961. La rifondazione voluta dal giovane presidente Umberto Agnelli porta subito frutti dolcissimi. È la Juventus della stella, quella del “trio magico” Boniperti-Charles-Sivori. Il primo, bandiera bianconera ormai trentenne, viene arretrato nel ruolo di regista dal nuovo mister slavo Ljubiša Broćić, con risultati eccellenti. I due compagni di reparto, freschi arrivi del mercato d’agosto, portano una ventata d’entusiasmo e una valanga di gol: il pacato irlandese John Charles, un gigante buono di 192 centimetri, vince il titolo di capocannoniere con 28 reti, l’esuberante argentino Omar Sivori va in gol 22 volte. L’anno successivo la Juventus rifiata in campionato (scudetto al Milan), ma rimpolpa la vetrina dei trofei con la terza Coppa Italia della sua storia. Memorabile la finale di San Siro contro l’Inter, piegata dalla doppietta di Cervato e dalle immancabili reti di Charles e di Sivori. Quella squadra grintosa e geniale riesce a ripetersi nelle due stagioni successive. La più spettacolare arriva subito dopo l’estate del 11
Filotto Juventus ‘59 e coincide con il primo double juventino: undicesimo scudetto in tasca grazie alle diavolerie del trio meraviglia e Coppa Italia vinta (da detentrice) sulla Fiorentina. Brilla in particolare il talento di Sivori, capace di segnare 28 volte in campionato e di decidere tanti scontri al vertice. La metamorfosi dell’argentino, irrequieto e pigro fino a pochi mesi prima, è uno dei prodigi del tandem di allenatori Parola-Cesarini. Charles, Sivori e Boniperti sono sulla bocca (e nelle orecchie) di tutti, ora che la nuova trasmissione radiofonica “Tutto il calcio minuto per minuto”, Perentorio stacco di “King John” Charles.
Un gran tiro di Sivori a lato di poco.
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i cicli storici prodotta dalla Rai, porta le partite in casa delle famiglie italiane, ma anche in auto, sui treni, nei parchi. Un boom senza precedenti, che rende il calcio e i suoi interpreti più popolari del cinema della Dolce Vita. Il ciclo del trio magico si conclude con la rimonta vincente del 1960-’61 ai danni dell’Inter di Helenio Herrera. Con 25 reti, Omar Sivori si conferma cannoniere di razza e vince il Pallone d’Oro. Mai prima di allora la giuria di France Football aveva rivolto il proprio sguardo alla serie A. Sul tetto del mondo Il terzo ciclo, che va dal 1976 al 1986, si lega indissolubilmente al nome di Giovanni Trapattoni, allenatore della nuova leva, proveniente da una breve esperienza senza acuti sulla panchina del Milan ma portatore di idee innovative, come quella della “zona mista”. Sotto i riflettori, ancora Giampiero Boniperti, stavolta nel ruolo di presidente. È proprio lui, tra lo stupore generale, a scegliere il giovane Trap. Una scommessa, anzi un vero e proprio azzardo, subito ripagato. Al primo tentativo, la Juventus vince lo scudetto dopo un testa a testa entusiasmante con il Torino. La banda Trapattoni fa registrare il record di punti nei campionati a sedici squadre (51 su 60) e guadagna il suo primo trofeo internazionale, la Coppa Uefa, sconfiggendo in doppia finale l’Atletico Bilbao: 1-0 con rete di Tardelli a Torino, 1-2 con gol qualificazione di Bettega in Spagna. Zoff e Scirea sono i leader della difesa, Benetti, Furino e Tardelli quelli del centrocampo, Causio aggiunge fantasia, Bettega e Boninsegna garantiscono i gol. Una squadra dal meccanismo perfetto. A settembre, la rosa viene confermata in blocco. I giocatori ripagano la fiducia con il bis scudetto e con un discreto cammino in Coppa dei Campioni, interrotto in semifinale dalla sorpresa Bruges. Le successive cinque stagioni fruttano due scudetti e la seconda stella, una Coppa Italia e una presenza costante sul palcoscenico europeo, culminata nella finale di Coppa dei Campioni del 1983 persa contro l’Amburgo per 1-0, ad Atene, nonostante l’attacco atomico formato da Platini, Rossi e Boniek, con Bettega spostato sulla destra. Il 13
Juventus a t i n i f in
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I nove anni indimenticabili che hanno consegnato alla leggenda la storia di una squadra e di tutto il calcio italiano. 978-88-6442-385-2