Juventus oltre la leggenda!

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Oltre la leggenda!


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JUVEN7US Oltre la leggenda!

La storia dalle origini al record assoluto dei 7 scudetti consecutivi!


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I testi di Enzo D’Orsi e il materiale fotografico fino a pag. 83 sono stati ceduti da EGE s.r.l. (2003 © EGE s.r.l.). Il restante materiale fotografico e le foto di copertina sono stati cortesemente forniti dai fotografi G. Calzuola e S. Giglio. Gli aggiornamenti successivi e le schede tecniche sono a cura di Valeriano P. Coltrane. Stampa: Industrie Grafiche Peruzzo – Mestrino (PD) 2018 © Gremese International s.r.l.s. – Roma

Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta, registrata o trasmessa, in qualsiasi modo o con qualsiasi mezzo, senza il preventivo consenso formale dell’Editore. ISBN 978-88-6442-331-9


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NASCE LA JUVENTUS

Tutto comincia su una panchina, cent’anni fa, in uno dei luoghi più belli di Torino, corso Re Umberto, in pieno centro: i ragazzi del liceo D’Azeglio, informati del successo del football che si diffonde in altre città – Genova è la prima, con la nascita del Genoa Cricket and Football Club, anno 1893 –, decidono di passare all’azione. I loro nomi entrano nella storia: Forlano, Donna, Malvano, Armano, Botto, Gibezzi, Ferrero, Ghiron, Molinatti, Savoia, Rolandi, Varetti, Favali. Il primo pallone costa sessanta lire, una somma enorme alla fine del secolo scorso. Poche settimane più tardi, la Juventus trova la prima sede: è il retrobottega dell’officina dei fratelli Canfari. Uno dei due, Eugenio, viene eletto presidente per acclamazione. Bisogna scegliere il nome della società e della squadra: dopo interminabili discussioni, vagliate proposte di ogni genere – da Vigor et Robur ad Augusta Taurinorum –, viene scelto Juventus. Il colore della maglia è il rosa, scelto dai padri del club perché il bianco è troppo banale e non ci sono risorse per acquistare camicie più care. Maglia rosa, pantaloncini neri. Esaurite le scorte, si decide di scrivere ad una ditta inglese, con sede a Nottingham, per chiedere un’altra fornitura. A questo punto accade un fatto curioso. A Nottingham esistono già due club: il Forest, che utilizza una maglia 5


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Juventus – Oltre la leggenda! interamente rossa, e il County, che esibisce il bianconero. È l’errore fatale: il pacco che arriva dall’Inghilterra contiene materiale bianconero, e non rosa. A questo punto, c’è una decisione da prendere: o rispedire tutto al mittente e rifare l’ordine, oppure cambiare i colori sociali. Altre discussioni, poi la svolta: passa il bianconero. Da allora la Juve, attraverso molti restyling, non tutti indovinati, è conosciuta nel mondo anche per la sua divisa bianca e nera, a strisce verticali, inconfondibile.

Un magnifico ritratto della Juve campione d’Italia del 1905; è il primo scudetto

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Nasce la Juventus Sono trascorse otto stagioni dalla nascita dello Sport Club Juventus. Arriva il primo scudetto. È il 1905. Al girone finale risultano iscritte tre sole squadre: la Juventus, il Genoa e la Milanese. È il calcio dei pionieri e nella Juve figurano anche un tedesco, Walty, ed uno scozzese, Diment. Gli altri sono studenti universitari, assicuratori, impiegati, operai, tutti uniti dalla passione per questo sport che incontra il gradimento di strati sempre più vasti di pubblico. Giovani allegri e determinati, che comprano i palloni con i risparmi, che affrontano trasferte durissime sui treni dell’epoca pagando di tasca propria il biglietto di terza classe. Autentici eroi. La Juve supera due volte la Milanese nel girone finale, e due volte pareggia contro il Genoa, già pluridecorato, la squadra da battere. Per assegnare il titolo si ricorre, come da regolamento, ad un criterio importato dall’Inghilterra, maestra di sport e soprattutto di football: il fattore reti, che premia i bianconeri. «La Stampa» dedica pochissime righe all’avvenimento. Ecco i nomi dei trionfatori: Barberis, Varetti, Merio, Forlano, Donna, Walty, Goccione, Diment, Armano, Mazzìa, Durante. Non mancano le riserve: Collino, Colombo, Borel, Nay, Frey, Mazzonis, Longo, Servetto, Corbelli, i fratelli Aymone, Nizza, Bertinetti. Poche sono le testimonianze di quel calcio ma certo è che la Juventus si impone con grande carattere; la sua voglia di vincere sorprende gli avversari, e ciò negli anni si rivelerà uno dei tratti che la distingueranno dalla concorrenza. 7


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LA JUVENTUS E LA FAMIGLIA AGNELLI

Fino all’avvento della famiglia Agnelli, datato 1923, la Juventus vive di crisi ripetute: cambiano i presidenti e soprattutto la squadra fatica a reggere il passo di rivali fortissime (oltre al Genoa e alle due milanesi, spuntano il Casale, l’Alessandria, la Pro Vercelli). Anni bui, con il rischio della retrocessione e con tanti giovani che non riescono a conciliare i loro interessi tra sport e carriera. Intanto il Torino, fondato da un gruppo di ex juventini, fa furore: memorabile l’8-0 con cui umilia i bianconeri in uno dei primi derby. Quando nel 1913 la squadra retrocede sul campo, molti dirigenti propongono addirittura lo scioglimento del club. Ma la Federazione interviene in aiuto della Juve inserendola nel girone lombardo rimasto privo di una formazione, e così la squadra resta in serie A. Ma lo scudetto è lontano, se lo aggiudica il Casale prima che l’Italia entri in guerra. All’inizio del decennio successivo, la Juve cambia tutto: la sede, il campo (in corso Marsiglia), ma soprattutto il presidente. Nel luglio del 1923, infatti, entra in scena la Fiat, cioè la famiglia Agnelli. Edoardo è uno sportivo e si lascia trascinare nell’impresa; il calcio è ormai entrato 1 – Video Gian Piero Combi

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La Juventus e la famiglia Agnelli nel costume dell’intero Paese. La squadra viene rafforzata, arrivano Combi1, il portiere della leggenda, Munerati, Monticone, Grabbi e Pastore. Si decide di ingaggiare un tecnico professionista, l’ungherese Karoly, ed è lui che imprime una svolta significativa al gioco. Basta con i solisti, si parla di collettivo. Intanto la società dà la caccia ai migliori talenti e in un certo senso inaugura il calcio-mercato, strappando alla Pro Vercelli un fuoriclasse, il difensore Rosetta, per quarantamila lire, più un impiego da ragioniere, l’alloggio ed i pasti a carico della Juve. Ma che cosa rappresenta la Juventus per gli Agnelli? L’ha spiegato più volte l’Avvocato: «Un piacere irrinunciabile e, negli anni, un impegno rilevante». Nessun altro club ha alle spalle un’unica dinastia da più di settant’anni. Gli Agnelli rappresentano da sempre la Juve, anche se la gestione è stata affidata a manager di fiducia del gruppo, da Catella a Boniperti – definito dal presidente della Fiat «senza dubbio il più grande juventino di tutti i tempi» –, da Montezemolo a Giraudo. Con gli Agnelli, arriva il secondo scudetto, nel 1926, ventuno anni dopo il primo. È un’altra Juve, modellata da Karoly, rinforzata con elementi di grande valore, come l’ungherese Hirzer, descritto come un biondo dalla velocità impressionante e dal tiro fulminante, soprannominato “Gazzella”. Incredibili le finali del girone Nord contro il Bologna: 2-2 in casa degli emiliani con doppia rimonta juventina, 0-0 a Torino sotto il sole 9


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Juventus – Oltre la leggenda!

Gian Piero Combi, il portiere della leggenda

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La Juventus e la famiglia Agnelli di fine luglio. È necessario lo spareggio, fissato per il primo agosto a Milano. Karoly vede nero, si sgola in allenamento, e d’improvviso muore d’infarto alla vigilia della partita più importante della stagione. Dal lutto la squadra riceve una scossa fortissima e, davanti ai familiari di Karoly, demolisce il Bologna. È l’approdo alla doppia finale contro l’Alba Roma, vincitrice del girone Centro-Sud. Data la modestia degli avversari, la Juve si sente già campione: rifila undici goal (a uno) all’Alba e conquista nuove simpatie da parte dei sostenitori. È allora che la rivista «Hurrà!», nata per celebrare i successi bianconeri, può mostrare soddisfatta il proprio motto, “la vittoria è del forte che ha fede”.

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IL QUINQUENNIO D’ORO2

Dimenticato il caso Allemandi – il terzino juventino accusato di aver venduto il derby al Torino – e preso atto della nuova formula del campionato a girone unico (la serie A a venti squadre, senza più divisioni), la Juve si prepara al quinquennio d’oro, cinque scudetti consecutivi, dalla stagione 1930-31 alla stagione 193435: un’impresa eguagliata dal Torino a cavallo tra il ’43 ed il ’49 e poi mai più riuscita a nessuno, fino all’ultimissima Juve targata “Conte-Allegri” che stabilirà il nuovo record italiano. Al fianco di Edoardo Agnelli spunta il barone Mazzonis, uno dei “pionieri” che avevano vinto il primo scudetto. È lui a suggerire i rinforzi, a orientare le mosse della società, a porsi come punto di riferimento. Completa la squadra con l’acquisto di Caligaris dal Casale; è così che la Juve si lega al trio Combi – Rosetta – Caligaris, la cui intesa aveva entusiasmato gli osservatori alle Olimpiadi di Amsterdam. Caligaris è il simbolo dell’irruenza e della lealtà, non c’è mischia dalla quale non emerga con la sua forza. Si integra bene con Rosetta, mentre alle spalle dei due vigila Combi. Dopo aver cercato di potenziare la squadra, la Juve punta con decisione sul Sudamerica, dove scopre un gran numero di oriundi italiani, tesserabili senza problemi secondo il 2 – Il Quinquennio d’oro

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Il quinquennio d’oro regolamento; ecco allora arrivare il centromediano Monti, l’attaccante Orsi, la mezz’ala Cesarini. Fuoriclasse che spiegano le eccezionali serie di vittorie, alle quali contribuisce anche un giovane centravanti scovato nel Padova, Vecchina. Faraonico l’ingaggio di Raimundo Orsi, uno degli stranieri che hanno fatto la storia della società; gli viene formalizzata l’offerta di ottomila lire al mese, più la casa e la Fiat modello 509. Un record, Orsi accetta senza esitazioni. Divampano le polemiche, ma nel 1930 prende forma la Juve più grande: Agnelli alla presidenza, Mazzonis all’organizzazione del club, Carcano in panchina. Quest’ultimo è un buon giocatore che si rivela anche un tecnico molto preparato. È uno studioso appassionato e intuisce in un batter d’occhio le grandi possibilità della squadra, alla quale dà un gioco spumeggiante: lo spettacolo è assicurato. Il futuro Avvocato, con i calzoni corti al fianco del nonno, non manca mai allo stadio di corso Marsiglia; quella Juve è un esempio di grande calcio, ma anche di stile. Nella società c’è un’atmosfera che tutti definiscono “molto particolare”: i dirigenti curano ogni dettaglio, il resto tocca ai giocatori, anche al geniale ma un po’ scapestrato Cesarini, che un bel giorno decide di aprire un locale notturno nella centralissima piazza Castello. Lo chiamano “Cè”, è un trascinatore, ma lontano dal campo è un pericolo pubblico, un personaggio del quale si innamorano tutti, i compagni, i tifosi, le donne.

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Juventus – Oltre la leggenda! Il primo scudetto di Carcano, il terzo per la Juve, matura dopo un lungo braccio di ferro con la Roma di Bernardini, che poi diventerà un allenatore di successo, e di Volk, centravanti infallibile. Una macchina da calcio, potente ed equilibrata: Combi, Rosetta, Caligaris, Barale, Varglien, Rier, Munerati, Cesarini, Vecchina, Ferrari, Orsi. Il secondo scudetto di fila è legato all’arrivo di Monti e Bertolini, scelti per irrobustire la difesa e il centrocampo. Quattro punti il distacco dal Bologna, ed è in questo periodo che l’Italia si lascia

Borel colpisce di testa in un derby d’altri tempi

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Il quinquennio d’oro abbagliare dal fascino della Juventus. Cortei di festa celebrano la vittoria dei bianconeri in molte città, senza ragioni chiare; è una passione sincera, dovunque, ma non nel capoluogo piemontese dove la maggioranza delle simpatie appartiene al Torino. Negli anni dell’industrializzazione, infatti, la Juve simboleggia la squadra dei padroni. Naturale che gli operai preferiscano il Toro. Nascono le prime competizioni internazionali, ma la Coppa Europa non sorride alla Juve, comunque primadonna del campionato come nelle due stagioni precedenti, e resa più forte con l’innesto di Sernagiotto, un altro oriundo (con passaporto brasiliano) che sostituisce uno dei nomi più celebri, Munerati. Un trionfo: otto punti in più dell’Ambrosiana-Inter, dodici in più del Bologna e del Napoli. Un grande ballo al teatro Regio suggella la vittoria. Il premio scudetto, versato oltre all’ingaggio, è di diecimila lire. Durante il torneo, emerge la classe di uno dei giocatori più brillanti di ogni epoca, Felice Placido Borel. Scovato dal barone Mazzonis mentre gioca nei giovanissimi del Torino, figlio di quel Borel che ha già vinto il primo scudetto, è un predestinato. Il suo calcio è arte, lo chiamano “Farfallino”, per la leggiadrìa dei suoi movimenti: un centravanti elegante e molto concreto, quasi perfetto, secondo il racconto di chi l’ha visto giocare. La Juve sembra senza rivali; arricchita dall’arrivo di Baldo Depetrini, conquista il quarto titolo consecutivo, 15


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Juventus – Oltre la leggenda! ma ha in testa il chiodo fisso del mondiale, il mondiale d’Italia e dell’Italia, anno 1934. Vittorio Pozzo prepara con cura meticolosa l’appuntamento, particolarmente importante per il regime, che vive di propaganda anche attraverso lo sport. Pozzo, giornalista de «La Stampa», è un attento osservatore del calcio e anche quando gioca la Nazionale riesce a conservare il distacco del critico. Ma, alla vigilia di ogni impegno azzurro, tiene ben lontani i giornalisti: la tranquillità al primo posto. L’Italia, costruita su nucleo juventino, affronta in finale la Cecoslovacchia. A sette minuti dalla conclusione, sono gli avversari a condurre. Pareggia Orsi, si va ai supplementari: decide la partita il bolognese Schiavo. Il mondiale appartiene anche alla Juve, e la popolarità del calcio è ormai un fatto acquisito3. Il quinquennio d’oro della Juve si chiude nel ’35. La squadra è stanca, l’età media elevata, le ruggini postmondiale evidenti. Nessuno crede che i bianconeri possano ripetersi per la quinta volta. È lo scudetto delle contraddizioni: Carcano viene esonerato nel girone di ritorno per questioni personali, gli subentra Gola, il dirigente-accompagnatore. Molti degli assi più celebri, da Cesarini a Orsi, sono vicini all’addio, ma l’ostinazione dell’Ambrosiana-Inter mantiene vivo il duello per il titolo. Alla fine, la spunta ancora la Juve, regolare e continua, anche se non suscita grande ammirazione4. 3 – Italia­Cecoslovacchia 4 – Video sulla Juventus dalle origini fino al 1935

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MOMENTI DI GLORIA E DI DELUSIONI

Per una coincidenza tragica, oltre che singolare, il ciclo straordinario di vittorie finisce nell’estate in cui muore in un incidente aereo Edoardo Agnelli, il presidente che ha voluto e condotto quella Juve così vincente. La festascudetto, programmata a Villar Perosa, nel feudo della famiglia, viene annullata. Comincia una fase interlocutoria, lo scudetto cambia città, ma la Juve conserva la sua dignità, possiede sempre una difesa efficiente, anche se non ha un attacco adeguato: inevitabili i rimpianti per i funamboli del quinquennio. Alla Juve approdano fior di giocatori, da Foni a Rava, da Parola a Meazza (ormai a fine carriera), fino all’albanese Lustha, ma non bastano per vincere. A Torino spunta lo squadrone di Valentino Mazzola, e si capisce nei due derby del ’43, in piena guerra, che il Toro è più forte, più compatto, più solido. Si annuncia il dominio granata, al quale la Juve, così come tutte le altre squadre, è condannata ad assistere. Il Torino infatti è irresistibile, vince e più spesso stravince. Quel Toro non ha eguali, ma un agguato del destino lo stronca il 4 maggio del ’49: di ritorno da una partita amichevole giocata a Lisbona contro il Benfica, l’aereo con a bordo l’intera squadra si schianta nella nebbia contro il 17


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Juventus – Oltre la leggenda!

La formidabile Juventus della stagione ‘33-’34

terrapieno posteriore della basilica di Superga, a due passi da Torino. L’intera squadra perde la vita. L’Italia, senza distinzioni di bandiera, piange il grande Torino: la favola finisce, e riappare la Juve. Nella Juve intanto appare un giovane di coraggio, dalla tecnica finissima e dalla determinazione non comune, Giampiero Boniperti5. L’ansia di riconquistare lo scudetto, a quindici anni dall’ultimo, spinge la società a setacciare le migliori proposte del mercato e a 5 – Giampiero Boniperti, leggenda della Juventus

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Momenti di gloria e di delusioni rinnovarsi profondamente sotto la guida di Giovanni Agnelli, assurto alla presidenza a soli ventisei anni. È una Juve ai massimi livelli, nella quale, come detto, comincia l’avventura di Boniperti, portato in squadra da un medico, il dottor Voglino, che ha la vocazione del talent-scout. Segnala il giovane attaccante e lo conduce alla prova, che Boniperti supera senza difficoltà. La scomparsa dello squadrone granata, che incarna la Nazionale, modifica ovviamente la realtà del campionato: e la Juve, arricchita di stranieri di eccezionale livello, come i danesi John Hansen e Praest, o come l’argentino Martino, un virtuoso del

Sua Altezza Reale, il principe di Piemonte, osserva una partita della Juve

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Juventus – Oltre la leggenda! pallone per il quale stravede il giovanissimo Agnelli, si aggiudica il campionato 1949-50 con un gioco spettacolare e un vero diluvio di goal. Cinque i punti di margine sul Milan di Gren, Nordhal e Liedholm, peraltro vincitore a Torino con un 7-1 (da 0-1) rimasto nella memoria del popolo bianconero. Nonostante quel tracollo, che resta il più pesante dell’intera storia del club, la Juve prevale con i goal di Hansen (28), Boniperti (21) e Martino (18) e con l’abilità dei suoi difensori, primo fra tutti Parola, il mitico centrale che si esalta in acrobazia. L’allenatore è l’inglese Carver, intransigente ma molto preparato. Si pensa ad un altro ciclo vincente della Juve, ma la partenza di Martino, vinto dalla nostalgia per Buenos Aires, ha conseguenze nefaste per la squadra, malgrado l’impegno del suo successore, Karl Hansen. Il terzo posto del ’51, dietro le milanesi, non soddisfa nessuno. Si prepara la riscossa. Carver viene esonerato dopo un’intervista, sensazionale all’epoca, in cui si lamenta dei dirigenti. Arriva l’ungherese Sarosi, e con lui il nono scudetto: sette punti più del Milan, al quale non bastano i goal a raffica di Nordhal. Con pochi ritocchi, la Juve è di nuovo protagonista. Ma che possa durare a lungo è soltanto un’illusione. Oltre al valore delle concorrenti, si nota l’appannamento agonistico di troppi giocatori, e gli infortuni uniti a qualche episodio controverso fanno il resto. Sarosi lascia, tocca ad Olivieri, scelto per le imprese compiute con l’Udinese, in sole due stagioni passata dalla serie C alla A. 20


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Momenti di gloria e di delusioni Nel ’54 Giovanni Agnelli, diventato vicepresidente della Fiat, lascia la società. Comincia un periodo assolutamente deludente, nel quale la squadra, affidata a Puppo, sprofonda nel centro-classifica, lontanissima dalle migliori. Boniperti appare perplesso, confida agli amici di essere tentato dall’idea di smettere, non si diverte più, la compagnia di Muccinelli e Preast non è sufficiente a fare squadra. Settima nel ’55, la Juve vive uno degli anni peggiori nel ’56, quando i numerosi giovani selezionati vengono chiamati

Rava osserva un’incursione del Torino

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Juventus – Oltre la leggenda! “puppanti”, sia per il nome del tecnico sia per la loro immaturità globale. La prima vittoria di quel campionato viene celebrata all’ottava giornata (record negativo) e la squadra minaccia persino uno sciopero per non aver ricevuto nei tempi previsti il premio pattuito. Alla fine, in classifica i bianconeri sono allineati con Genoa, Torino, Spal e Vicenza. Si teme la retrocessione nel 1956-57 quando al timone sale un altro Agnelli, Umberto, il fratello di Giovanni. Puppo viene sostituito con Depetrini, che ottiene la salvezza. Ma è evidente che non può essere questa la dimensione della Juventus. Umberto si affida a Boniperti e si scatena a caccia di grandi campioni.

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