Storia della Danza e del Balletto vol. I

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Storia della Danza e del Balletto vol. I Ornella Di Tondo

Dall’Antichità al Seicento

Ornella Di TOnDO

Piano dell’opera: Ornella Di Tondo > Dall’Antichità al Seicento (vol. I) Flavia Pappacena > Il Se!ecento e l’O!ocento (vol. II) Alessandro Pontremoli > Tra Novecento e Nuovo Millennio (vol. III) (I tre tomi sono disponibili anche in volume unico)

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€ 17,50 (i.i.)

Laureata in Etnomusicologia e quindi in Archivistica e Scienze ausiliarie della storia presso l’Università di Roma “La Sapienza”, è specializzata nello studio, nella ricostruzione e nell’interpretazione della danza dei secoli XV-XIX e nella ricerca e nella riproposizione delle danze etniche. Dal 2004 al 2010 è stata vicepresidente dell’Associazione Italiana Ricerca sulla Danza (AIRDanza). Ha al suo attivo molteplici pubblicazioni: tra le monografie, Le mille e una storia. Dal Rinascimento alla fine dell’Ottocento (1998) e La censura sui balli teatrali nella Roma dell’Ottocento (2008); tra le curatele, Carlo Blasis, L’Uomo fisico, intellettuale e morale (con F. Pappacena, 2007), Corpi danzanti. Culture, tradizioni, identità (con I. Giannuzzi e S. Torsello, 2009); La danza fuori dalla scena. Cultura, media, educazione (con A. Pontremoli e F. Stoppa, 2010).

VOl. i ■ O. Di TOnDO Dall’anTichiTà al SeicenTO

Il testo offre un’approfondita visione della storia della danza sociale e d’arte in Occidente a partire dalla civiltà greco-romana sino al Seicento. Secondo le più innovative e stimolanti metodologie didattiche e divulgative – ulteriormente affinate in occasione di questa questa nuova edizione a colori del volume –, le vicende della danza vengono investigate sia dal punto di vista delle occasioni e delle funzioni sociali e culturali nei vari contesti (con particolare attenzione a tematiche quali il genere, il potere politico, il ruolo sacrale), sia dal punto di vista delle poetiche, delle valenze estetiche e teoriche e dei coevi movimenti artistici e culturali. Ampio risalto è dato all’opera delle più importanti personalità di innovatori e codificatori e alle vicende tecnico-compositive, ma anche ad argomenti come la conservazione e la trasmissione del patrimonio e del repertorio coreico, le fonti e le testimonianze a disposizione dello studioso. Sintetiche descrizioni e approfondimenti relativi alle principali forme coreiche vengono forniti unitamente a rimandi alle coeve forme di danza tradizionale. Infine, il testo è affiancato da una sezione di contenuti digitali integrativi che intendono offrire a studenti e insegnanti preziosi spazi di approfondimento interdisciplinare e inquadramento metodologico (www.libreriagremese.it/contenuti-integrativi-storia-danza).

STOria Della Danza e Del BalleTTO

O. Di Tondo ■ F. Pappacena ■ A. Pontremoli

O. Di Tondo ■ F. Pappacena ■ A. Pontremoli

Storia della Danza e del Balletto vol. I

Ornella Di Tondo

Dall’Antichità al Seicento

Nuova edizione

978-88-6692-073-1

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BiBlioteca delle arti

Storia della Danza Balletto e del

Vol. i

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O. Di Tondo ■ F. Pappacena ■ A. Pontremoli

Storia della Danza Balletto e del

Vol. i

Ornella Di Tondo

Dall’Antichità al Seicento Contenuti Digitali Integrativi a cura di

Valerio Basciano

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BiBlioteca delle arti Sezione Danza Collana di testi e strumenti per la scuola e per l’università Direttore: FlaVia PaPPacena (Accademia Nazionale di Danza, Roma) Comitato scientifico: Michaela BöhMing (Università “L’Orientale”, Napoli) tiziana leucci (Centre National de la Recherche Scientifique, Parigi) Bruce Michelson (Accademia Nazionale di Danza, Roma) annaPaola Pace (Accademia Nazionale di Danza, Roma) lorenzo tozzi (Conservatorio di musica Santa Cecilia, Roma; Romabarocca Ensemble)

Piano dell’opera: Ornella Di Tondo – Dall’Antichità al Seicento (vol. I) Flavia Pappacena – Il Settecento e l’Ottocento (vol. II) Alessandro Pontremoli – Tra Novecento e Nuovo Millennio (vol. III) (Nota: I tre tomi sono disponibili anche in volume unico)

Libro di testo in versione cartacea e digitale accompagnato da Contenuti Digitali Integrativi. Modalità mista di tipo “b” ai sensi dell’Allegato 1 del D. M. N. 781/2013 per l’adozione nella Scuola. Contenuti Digitali integrativi sul sito www.libreriagremese.it/contenuti-integrativi-storia-danza Copertina: Francesco Partesano In copertina: Menade danzante della Villa di Cicerone a Pompei, tratta dall’album Peintures d’Herculanum del Museo del Louvre (da Ercolano a Pompei, Milano, F.M. Ricci, 2000, tav. 12) Crediti fotografici: Le sigle riportate nelle didascalie di alcune immagini si riferiscono agli enti e agli istituti titolari dei relativi copyright, come di seguito indicati: © BRT Biblioteca Reale, Torino; © BTS Biblioteca Teatrale alla Scala, Milano. Per quanto è stato possibile, l’Editore ha cercato di risalire al nome degli eventuali titolari di copyright su tutte le altre foto pubblicate in questo volume destinato alla scuola e all’università, così da darne la doverosa segnalazione. Le ricerche si sono però rivelate infruttuose ed è pertanto con vivo rammarico che l’Editore chiede scusa degli eventuali errori, lacune e omissioni, dichiarandosi sin d’ora disposto a revisioni in sede di eventuali ristampe al riconoscimento dei relativi diritti ai sensi dell’art. 70 della legge n. 633 del 1941 e successive modifiche. Fotocomposizione: Maria Pellicciotta Stampa: Stige Arti Grafiche Spa – San Mauro Torinese (TO) Prima edizione: 2015 © Gremese International s.r.l.s. – Roma Nuova edizione integralmente riveduta e corretta: 2019 © Gremese International s.r.l.s. – Roma Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta, registrata o trasmessa, in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo, senza il preventivo consenso formale dell’Editore. ISBN 978-88-6692-073-1

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Sommario Ornella Di Tondo Dall’Antichità al Seicento Per una storia della danza I.1 Appunti per una storia della danza ........................................................................................3 I.1.1 La danza, linguaggio del corpo .............................................................................................3 I.1.2 Gli studi in danza e la storiografia della danza .................................................................4 I.1.3 La danza, disciplina “orale”, e le fonti a disposizione dello studioso ............................5 I.1.4 Le fonti di carattere letterario e figurativo .......................................................................6 I.1.5 Le notazioni e le trascrizioni coreografiche e le fonti musicali .....................................7 I.1.6 Le danze extraoccidentali......................................................................................................9 I.1.7 Le danze popolari. Colto e popolare nella storia della danza ..................................... 10

l’evo antico e il Medioevo II.1 La danza nell’Antichità. Grecia e Roma ............................................................................ 12 II.1.1 Mousikè, orchesis, choros… Le danze rituali e festive e le danze guerresche.............. 12 II.1.2 Le danze cerimoniali e rituali religiose e le danze dionisiache e misteriche .............. 14 II.1.3 Il teatro greco e le danze teatrali. Le teorizzazioni della danza in Grecia ................... 17 II.1.4 «Nemo fere saltat sobrius». La danza romana in età repubblicana ................................. 18 II.1.5 Il mimo e la pantomima in età imperiale ............................................................................. 21 II.1.6 Il De saltatione (Della danza) di Luciano di Samosata....................................................... 23 II.1.7 Le danze bacchiche e misteriche a Roma e il mimo negli ultimi secoli dell’età imperiale ............................................................................................................................................ 24 II.2 La danza in epoca medievale .............................................................................................. 25 II.2.1 La danza nella liturgia e i balli sul sagrato ..................................................................... 25 II.2.2 Le danze devozionali, di isteria religiosa e la danza macabra .................................. 27 II.2.3 Le danze giullaresche e le danze collettive festive e rituali ....................................... 30 II.2.4 I nuovi balli e le musiche da ballo profane. L’estampie e il saltarello ........................ 33 II.2.5 La caròla, la tresca e la canzone a ballo tra colto e popolare ...................................... 34 II.2.6 La danza nella società cortese tra Trecento e Quattrocento .................................... 36

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Sommario

dal Quattrocento al cinQuecento III.1 Etichetta del corpo, danza di corte e rappresentativa nel Quattrocento ............... 39 III.1.1 La «civiltà delle buone maniere» e i maestri di danza aulica nel Quattrocento .. 39 III.1.2 I trattati di danza curtense italiani. Struttura e teoria ............................................... 40 III.1.3 Le qualità del danzare, i passi e le mesure coreico-musicali ..................................... 42 III.1.4 La bassadanza, tra Francia, Spagna e Italia ................................................................... 43 III.1.5 La piva, il saltarello e i balli nei trattati dei maestri italiani ........................................ 46 III.1.6 Balli popolareschi, danze pubbliche e rappresentative. Le intromesse .................. 48 III.1.7 Dalle moresche all’intermedio spettacolare.................................................................. 51 III.2 Danza sociale e spettacolare nell’Europa del Cinquecento ....................................... 54 III.2.1 La funzione politica del ballo e l’etichetta coreutica del cortegiano ...................... 54 III.2.2 Il nuovo repertorio di danza sociale. La pavana e la gagliarda e i nuovi balli di origine francese e spagnola..................................................................................................... 56 III.2.3 I trattati di ballo di Fabrizio Caroso e Cesare Negri. Il comportamento nel ballo e lo stile coreutico ........................................................................................................... 59 III.2.4 Balli e balletti nei trattati di Caroso e Negri ................................................................ 60 III.2.5 I balli carnevalizi e rusticani. Ballerini, saltatori e comici dell’arte .......................... 63 III.2.6 Nascita del balletto di corte in Italia .............................................................................. 66 III.2.7 Il Ballet Comique de la Reine (1581) e gli esordi del ballet de cour in Francia e del masque in Inghilterra ....................................................................................................... 67 III.2.8 La danza negli intermedi. Gli intermedi de La Pellegrina (1589) .............................. 69 III.2.9 La danza nel dramma e nei primi esperimenti di melodramma............................... 72

il seicento IV.1 Danza sociale, balletto aulico e danza teatrale tra Italia e Spagna nella prima metà del Seicento ..................................................................................................................... 74 IV.1.1 Il Seicento, secolo del meraviglioso in danza .............................................................. 74 IV.1.2 Il repertorio coreico e musicale nei primi anni del Seicento .................................... 76 IV.1.3 Sarabanda, ciaccona, passacaglia, follia: le nuove danze di origine ibericoamericana .................................................................................................................................... 78 IV.1.4 La danza e il gesto nel melodramma del primo Seicento. Il balletto melodrammatico ........................................................................................................................ 80 IV.1.5 Il balletto aulico e accademico in Italia. La danza «orizzontale» o «geometrica» .... 81 IV.1.6 Il ballo nei collegi gesuitici e il melodramma a Roma ................................................ 85 IV.1.7 Il ballo nella Firenze medicea e il balletto a cavallo ................................................... 88 IV.1.8 Il balletto di corte nel Ducato di Savoia e l’operato di Filippo d’Agliè ................... 92 IV.2 La danza nel Seicento in Francia e in Italia, tra corte e teatro................................... 96 IV.2.1 Temi e motivi del ballet de cour in Francia.................................................................... 96 IV.2.2 Il balletto alla corte del giovane “Re Sole” e la comédie-ballet ..............................100

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Sommario

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IV.2.3 La fondazione dell’Académie Royale de Danse e i metodi di notazione della danza ....................................................................................................................................103 IV.2.4 La danse noble alla corte del Re Sole e lo stile della Belle danse ...........................105 IV.2.5 La nascita del teatro a pagamento e il teatro “all’italiana”. I balli sulle scene teatrali veneziane ....................................................................................................................111 IV.2.6 La diffusione dell’opera “alla veneziana” e il magistero di Giovan Battista Balbi. I balli nell’opera “all’italiana” ..................................................................................................113 IV.2.7 La nascita dell’opera francese: la tragédie lyrique .....................................................116 IV.2.8 La danza comica e grottesca della Commedia dell’arte e La Nuova e Curiosa Scuola de’ Balli Teatrali di Gregorio Lambranzi (1716) ......................................................120 note................................................................................................................................................123

BiBliografia essenziale .............................................................................................. IX

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ORNELLA DI TONDO

Dall’Antichità al Seicento


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Elisabetta I danza con Robert Dudley, conte di Leicester, artista sconosciuto, 1580 ca.


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Per una storia della danza CAPITOLO I.1

Appunti per una storia della danza I.1.1 • LA DANZA, LINGUAGGIO DEL CORPO Da secoli, ormai, filosofi, storici, antropologi si interrogano sulla danza, sulle sue ca­ ratteristiche e sulla sua natura di arte e comunicazione non verbale, basata solo sul corpo. Come definire e concettualizzare un’attività che si identifica così strettamente con il corpo umano, e quindi con il nostro stesso stare al mondo? Come valutare un comporta­ mento per molti aspetti vicino ad altri linguaggi e “tecniche del corpo” quali fare musica, giocare, fare ginnastica, marciare, caratteristiche per cui nelle lingue di diverse culture ex­ traoccidentali non esiste un termine specifico per indi­ care la danza? Questo per non parlare delle espressione coreiche1 e dei linguaggi sonori e gestuali degli animali, in particolare dei primati, con cui abbiamo in comune grandissima parte del patrimonio genetico. Con la musica, poi, la danza condivide alcuni ele­ menti di base, ovvero il tempo, lo spazio e l’impiego del corpo umano, nel canto e nella danza utilizzato quale strumento primario. Come il suono, organizzato se­ condo parametri quali l’accento, la durata, il metro, co­ muni d’altra parte anche alla danza, è il prodotto finale della musica, il movimento lo è della danza. Come tutti abbiamo avuto modo di verificare, tra­ mite la danza si condividono passioni, entusiasmi, ener­ gie; ma anche si narrano storie e rammentano eventi, si riattualizzano riti e si mettono in scena miti. Per quanto non esista a priori una nozione universale di danza, oggetto polisemico che si manifesta in contesti estremamente diversi, in molti, in particolare antropo­ logi della danza, hanno provato a darne una definizione: «Movimento ritmico in una successione spaziotempo­ Danza del Kerala, India del Sud.


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Per una storia della danza

rale non condizionato al lavoro», ma anche «vita a un grado più elevato e intenso», o ancora «madre delle arti», come la definì Curt Sachs, uno dei padri della musicologia comparata, ov­ vero l’attuale etnomusicologia, nella sua Storia universale della danza (ed. originale 1933).2 Più complessa la concettualizzazione di altri antropologi, che la definiscono comportamento umano composto da sequenze di movimenti intenzionali, culturalmente strutturate e rit­ micamente scandite, aventi un valore estetico riconosciuto dal gruppo di appartenenza.3 Questa definizione ci indica come la danza, al pari di altri prodotti culturali quali l’arte fi­ gurativa, la musica, la letteratura, vada intesa in relazione al contesto e al significato attribuito dal gruppo di origine, e quindi anche la percezione estetica sia da valutare in termini relati­ vistici. Ovvero, in parole povere, come l’apprezzamento di una danza, sociale o teatrale, sia culturalmente condizionato. Tale osservazione vale pure per le danze storiche e del reper­ torio ballettistico, soprattutto nel momento in cui si tenta di riportarle in vita attraverso una ricostruzione filologica basata, come si vedrà oltre, sulle fonti a nostra disposizione. Una ri­ costruzione che non può mai essere disgiunta dallo studio storico ed estetico del periodo.

I.1.2 • GLI STUDI IN DANZA E LA STORIOGRAFIA DELLA DANZA L’esecuzione danzata, incarnandosi nel corpo dell’esecutore, a differenza di altre arti, non lascia in effetti dietro di sé manufatti o tracce durevoli, ma solo il ricordo, l’impressione suscitata nello spettatore. Per questo, la danza, arte cinetica (ovvero di movimento), oltre che plastica e visiva, mantiene il suo carattere di “evento”, assumente significati e forme di­ verse ogni volta che accade, sia rappresentata in una cornice teatrale, sia agita in una oc­ casione sociale come una festa o una processione. Una importante acquisizione degli studi antropologici, come poi degli studi culturali e di genere (gender studies, si veda sotto), è l’importanza che nelle ricerche sulla danza, di qual­ siasi tipo esse siano, deve essere attribuita a elementi quali gli obiettivi e gli scopi di coloro che agiscono danzando, il significato dei segni da loro creati, il riflettersi delle regole della vita sociale nelle regole del “fare danza”. Fondamentale è poi lo studio della danza allorché si discute di ambiti quali natura e cul­ tura, di educazione, di aspetti biologici e neurologici come di quelli socialmente e cultural­ mente determinati, di ruoli sessuali e di costruzione del gender (ossia dell’appartenenza di genere), di politica e di arte, di mutamenti culturali. Lo studio del “contesto” della danza non deve far dimenticare lo studio del “testo”, ov­ vero dell’essenza cinesica della danza, dei movimenti tracciati nello spazio e nel tempo, degli elementi, dei passi e delle frasi in cui sono combinati, aspetti di cui si occupa in parti­ colare la scienza chiamata coreologia. Quello poi su cui tutti concordano è che benché la danza costituisca un tipo di linguaggio artistico particolare, essa, come la musica o la pittura, è stata un’espressione tipica delle di­ verse società umane e dei diversi momenti storici, ha una sua storia che può e deve essere studiata e scritta. La storiografia (letteralmente, la descrizione della storia, comprendente la trattazione e la trasmissione di fatti e accadimenti e le letture e le interpretazioni che ne danno gli storici) della danza, intesa come campo critico di studi, non ha tuttavia alle sue spalle una tradizione paragonabile a quella delle altre arti.


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Appunti per una storia della danza

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Poche e parziali sono le prime storie della danza di cui disponiamo, come Des ballets an­ ciennes et modernes selon les régles du théâtre di Claude François Menestrier (1682) o La Danse ancienne et moderne di Louis de Cahusac (1754). Questa penuria di studi storiografici sulla danza, sino almeno a un secolo fa, è dovuta a una serie di motivi, non ultimo quello per cui la danza è stata erroneamente considerata dalla cultura occidentale una forma espressiva minore, per lo più condannabile in quanto esprimentesi tramite il corpo umano, svalutato e vilipeso. Un altro problema, come si vedrà, è poi costituito dalla penuria stessa di fonti a dispo­ sizioni dello storico e dello studioso.

I.1.3 • LA DANZA, DISCIPLINA “ORALE”, E LE FONTI A DISPOSIZIONE DELLO STUDIOSO

Anche se sin dai tempi preistorici l’uomo ha cercato di fissare il ricordo dell’evento dan­ zato attraverso la rappresentazione figurativa, e poi tramite la parola, la danza si è storica­ mente sviluppata come una disciplina essenzialmente “orale”4 e non scritta, basata sull’apprendimento diretto delle sue tecniche e dei suoi principi, oltre che dei passi e delle forme di danza, e sulla memorizzazione del repertorio coreografico. A tal proposito, va notato come la necessità di sempre nuove creazioni da proporre com­ portò un costante rinnovamento e l’introduzione di novità che in molti casi mal si concilia­ vano con le caratteristiche di ripetitività e conservatività propria del repertorio. Anche celeberrimi balletti del passato ancora oggi rappresentati, quali La Fille mal gardée (1789) o La Sylphide (1832), in realtà, hanno spesso poco a che spartire con le creazioni ori­ ginali, avendo subito nel corso del tempo modifiche più o meno estese che non vanno im­ putate solo a lacune o a errori di ricostruzione, ma a mutamenti nell’estetica, nello stile e nella tecnica, come pure alle peculiarità delle diverse scuole e tradizioni e alle differenti scelte coreografiche e interpretative. Nel Novecento, poi, i linguaggi e le estetiche della danza subirono evoluzioni e cesure drastiche. Ancora oggi, i coreografi di teatro e di balli da sala, in genere, non compongono le proprie opere scrivendo, come il compositore di musica colta, ma lavorando con i corpi dei danzatori, nello spazio concreto della sala prove, mentre per la memorizzazione e la trasmissione del repertorio è invalso l’ausilio della diffusissima registrazione audiovisiva. A differenza di quanto avveniva però nelle danze tradizionali, dominio dell’oralità, va comunque rilevato che in ambito colto sin dall’Antichità cominciò a costituirsi un corpus, seppure lacunoso e frammentario – specialmente se confrontato con quello di altre arti –, di documenti e testimonianze scritte e/o figurative che si vennero affiancando alla tradi­ zione orale, integrandola e supportandola. Il numero di queste fonti è comunque assolutamente limitato, tanto che sembra che la danza sia stata relegata (o si sia autorelegata) nel silenzio della memoria.5 In ogni caso, le fonti pervenuteci (o almeno quelle che sono sopravvissute agli eventi storici e che gli studiosi sono riusciti a individuare) non sono rappresentative dell’amplis­ simo numero di balli di società e di coreografie teatrali di cui conosciamo a volte a mala­ pena il nome, e di maestri, coreografi e interpreti che non hanno lasciato tracce della loro attività.


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Per una storia della danza

Sino agli inizi del Novecento, lo storico spesso deve accontentarsi di testimonianze di vario genere, in molti casi non nate con l’intento di documentare in modo analitico l’evento coreico e che se sono quasi sempre molto interessanti riguardo al contesto, sono spesso carenti nella descrizione del contenuto cinesico, motorio della danza. La descrizione verbale, come facilmente sperimentabile, può spesso risultare astratta e complicata, se non addirittura fuorviante quando applicata alla danza. La rap­ presentazione figurativa, invece, ci offre delle immagini non solo statiche e prive di pro­ fondità ma anche condizionate da convenzioni artistiche e stilistiche, oltre che da limitazioni tecniche (soprattutto nell’arte del periodo arcaico) relative alla rappresen­ tazione del movimento. Più che sul movimento, essa presenta in genere indicazioni in­ teressanti sulla postura, sulla gestualità, sul costume del danzatore, spesso anche sugli strumenti utilizzati e sul contesto.

I.1.4 • LE FONTI DI CARATTERE LETTERARIO E FIGURATIVO Quali sono, nello specifico, le fonti e le testimonianze degli studiosi della danza? Secondo la classica definizione degli storici, le fonti si possono dividere in fonti dirette, ovvero quei documenti volontariamente prodotti con l’intento di registrare, descrivere o testimoniare l’evento danza da vari punti di vista, per esempio teorico, pratico, biografico ecc., e fonti indirette, quelle che il grande storico Marc Bloch definiva «testimoni loro mal­ grado», ovvero le testimonianze che, seppure non nate specificamente con l’intento di do­ cumentare la danza, recano comunque tracce spesso di grande interesse su di essa.6 Nel caso della storia della danza, ove le fonti scritte di carattere diretto, primario, scarseggiano, una intelligente e articolata selezione e trattazione delle fonti indirette e secondarie appare senza dubbio fondamentale. In ogni caso, tutte le fonti e le testimonianze devono essere non solo studiate singolarmente (per esempio per valutarne l’attendibilità, o per cercare di comprendere chi le abbia prodotte e per quali scopi e a chi fossero destinate), ma anche confrontate e integrate tra di loro per ricostruire un quadro più chiaro possibile del nostro oggetto di studio. Quanto alle fonti letterarie dirette, si possono annoverare trattati e manuali di ballo, rac­ colte di danze, opere teoriche, scritti apologetici o denigratori, libretti e programmi, cartel­ loni e manifesti teatrali, diari, appunti e memorie di coreografi, danzatori e maestri, biografie e autobiografie, critiche teatrali. Esse sono fondamentali perché, nonostante siano spesso “di parte” (si pensi per esempio ai trattati di danza scritti da maestri, in cui in genere l’autore ha tutto l’interesse a mettere in luce il proprio lavoro e a svilire quello di altri), sono destinate a documentare o illustrare un evento o un particolare stile di danza. Nelle fonti letterarie indirette, invece, troviamo inclusi documenti archivistici quali atti notarili, amministrativi, giudiziari e di polizia, testi poetici e letterari, relazioni di eventi, scritti di viaggiatori, diari, cronache, lettere pastorali e scritti dei Padri della Chiesa. Esse sono spesso assai interessanti in quanto offrono informazioni precise per l’osservazione della storia della danza dal punto di vista sociale e culturale, per esempio sulla concezione che in una data epoca si aveva della danza, oppure sulla recezione o sulla popolarità di un certo ballo o di un allestimento coreografico, sul livello socioeconomico e culturale dei danzatori professionisti o dei maestri di ballo e così via.


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Appunti per una storia della danza

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Ovviamente le fonti scritte non sono le uniche documentazioni sulle quali lo storico esercita il suo mestiere; per la storia della danza, essenziali sono infatti le fonti figurative. Le fonti figurative dirette sono costituite soprat­ tutto dalle illustrazioni presenti nei trattati e che so­ litamente mostrano il passo o l’atteggiamento che l’autore va spiegando. Seppure statiche, offrono co­ munque delle indicazioni preziose sullo stile, sull’at­ teggiamento del corpo nelle danze del tempo, e anche sull’abbigliamento del danzatore, elemento questo molto importante per comprendere l’effettivo modo di esecuzione di un ballo. Per quanto riguarda la danza teatrale, importantissime testimonianze sono i bozzetti dei costumi e delle scene. Le fonti figurative indirette sono costituite da stampe, pitture, sculture, e sono utili soprattutto per Danzatrici, pittura rupestre del Sahara centrale. l’analisi del contesto, del modo di utilizzare lo spazio, del rapporto tra danzatori e chi assiste, dei suonatori e degli strumenti usati. Le fonti fotografiche, cinematografiche e audiovisive, prodotte a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, seppure basilari, solo apparentemente sono del tutto “oggettive”. Basti pensare al campo limitato di una fotografia, all’angolazione di una ripresa, basati su precise volontà di chi sta registrando l’evento e selezionando solo un momento e una porzione della realtà. Le fonti archeologiche e di altro genere non vanno assolutamente sottovalutate, per esem­ pio per lo studio delle danze dell’Antichità e per le danze tradizionali, al pari delle testimo­ nianze di carattere artistico, dei reperti e dei manufatti, delle testimonianze di storia orale e così via. Per la danza teatrale, si pensi poi ai costumi di balletto, alle scenografie e ai me­ desimi luoghi teatrali, per esempio i teatri di tradizione di cui è punteggiata la penisola ita­ liana e che sulle cui scene si produssero danzatori e coreografi.

I.1.5 • LE NOTAZIONI E LE TRASCRIZIONI COREOGRAFICHE E LE FONTI MUSICALI

Un discorso a parte, invece, va fatto sulle notazioni e trascrizioni coreografiche e sulle fonti musicali. Nel loro tentativo di “scrivere” la danza sull’esempio di quanto si andava da secoli fa­ cendo per la musica, i maestri di ballo e i coreografi utilizzarono diversi metodi di registra­ zione del movimento quali schemi, planimetrie, notazioni coreografiche e musicali, talora impiegati in maniera integrata, per esempio accostando la descrizione verbale all’immagine, o questa alla notazione del tragitto nello spazio. Questi sistemi, però, prima o poi caddero in disuso, forse perché legati a un particolare stile di danza e comunque non sufficiente­ mente precisi. In effetti, scrivere la danza o il movimento umano è assai più difficile che


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Per una storia della danza

annotare la parola o la musica; basti pensare a quante sono le parti del corpo simultanea­ mente in azione, e come di ognuna vadano riportati i valori temporali e la posizione nello spazio, e la loro relazione con la musica. Tale difficoltà si è protratta sino ai giorni vicini ai nostri e alla diffusione del cinematografo e dei mezzi di registrazione audiovisiva, come pure di più adeguati sistemi di notazione del movimento quali la cinetografia Laban o Laba­ notation di Rudolf Laban (1928), la Écriture de la danse théâtrale et de la danse en général di Pierre Conté (1931), il Benesh Movement Notation di Joan e Rudolf Benesh (1956). I primi metodi di notazione grafica dei passi, nati in Francia e in Spagna nel Quattrocento, erano basati sulla semplice descrizione verbale dei balli o su “intavolature” dei passi, dove a ogni lettera corrispondeva un passo (ad es. P = passo grave; D = passo doppio, e così via) o un simbolo. Con l’evolversi della tecnica, seguirono sistemi sempre più complessi di no­ tazione simbolica e grafica del movimento, come la Chorégraphie pubblicata per la prima volta nel 1700 da Raoul­Auger Feuillet, su cui ci si fermerà oltre. Ancora, nell’Ottocento furono elaborati altri metodi, come la Sténochorégraphie di Arthur Saint­Léon (1852), Gram­ matik der Tanz­Kunst di Friedrich Albert Zorn (1887) o Alphabet des Mouvements du corps humain di Vladimir Stepanov (1892). Metodi più semplici, assai utilizzati per esempio dai coreografi italiani del secondo Ottocento nelle loro disposizioni coreografiche (quaderni nei quali erano annotati azioni, movimenti, mimiche, e spesso estratti musicali, come pure par­ ticolari delle scene, degli effetti scenotecnici e dei costumi dei balli che si volevano ricordare o preservare) prevedevano la notazione dei percorsi spaziali, integrati da simboli, lettere e brevi descrizioni. Le fonti musicali scritte, di incommensurabile valore soprattutto allorché si provi a rico­

Annotazioni manoscritte di Giovanni Cammarano per la coreografia del gran ballo Excelsior di Luigi Manzotti, 1881. © BTS


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Appunti per una storia della danza

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struire, o comunque a rimettere in scena, un allestimento coreografico del passato, sono costituite dalle notazioni musicali presenti nei trattati di ballo e musica da ballo, dalle par­ titure degli spettacoli di balletto, dalle trascrizioni musicali di danze popolari. Le fonti sonore, invece, sono costituite dalle incisioni e dalle registrazioni musicali, di­ sponibili dalla seconda metà dell’Ottocento.

I.1.6 • LE DANZE EXTRAOCCIDENTALI Da quanto si è detto sinora appare dunque non impossibile, se pure forse più difficile che per le altre arti, tracciare una storia della danza. In questa sede, ci occuperemo prin­ cipalmente delle vicende della danza sociale e d’arte in Occidente, a partire dalle civiltà greco­romana sino al Seicento, dal punto di vista della sua funzione sociale e culturale nel tempo, delle sue valenze estetiche e delle sue vicende tecnico­compositive. Si ter­ ranno presenti pure le correlazioni con correnti culturali ed estetiche quali il Rinascimento o il barocco, con l’avvertenza, però, che non sempre tali definizioni corrispondono stret­ tamente a quanto avveniva in ambito coreico.

Ballo popolare intorno all’albero, accompagnato dalla zampogna, miniatura francese del XV sec.


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Per una storia della danza

Motivi di spazio ci obbligheranno a sorvolare sulle vicende della danza nel periodo prei­ storico e presso alcune importanti civiltà antiche (la mesopotamica, l’ebraica, l’egizia, la cre­ tese, l’indiana, la cinese, la giapponese, ecc.) ed extraoccidentali. Questo non perché le tradizioni coreiche “altre”, spesso assai raffinate e anche più antiche di quella occidentale, non siano interessanti e degne di studio. Basti pensare alla danza indiana, il cui primo scritto teorico sul dramma classico indiano, comprendente anche la danza e la musica, il Natya Sa­ stra, attribuito al saggio Bharata, risalirebbe al II­I secolo a.C., o alle non poche citazioni di danza presenti nella Bibbia, o alla complessità delle danze mediorientali, orientali e indo­ nesiane, che così tanto affascineranno l’Occidente a partire almeno dal Seicento. Lo stesso discorso è valevole per le importanti e variegate tradizioni di danza africana, e per quelle afroamericane, che irromperanno sullo scenario mondiale nel Novecento, stu­ diate da etnologi e antropologi con competenze anche musicali e coreiche. Un esempio per tutti, quello dell’antropologa, coreografa e danzatrice di origine afroamericana Katherine Dunham che per tutta la vita studiò le danze caraibiche. Come rimarca l’antropologia della danza, disciplina che studia la danza etnica (ma non solo) nel suo contesto culturale, in que­ sti ambiti quasi sempre la danza, con il canto e la musica, continua a rivestire una centralità che ha perso nella nostra cultura – nella quale la funzione di intrattenimento e la comuni­ cazione estetica sono diventate predominanti – e conserva il suo intenso legame con le occasioni più importanti dell’esistenza individuale e collettiva, con le ritualità e con il mito, rivestendo quasi un carattere di “necessità”.

I.1.7 • LE DANZE POPOLARI. COLTO E POPOLARE NELLA STORIA DELLA DANZA

Per quanto possibile, invece, inseriremo nel testo dei riferimenti alle danze di ambito popolare, in particolare italiano, per secoli ignorate (al pari, d’altra parte, di alcune manife­ stazioni di carattere professionistico e teatrale, come il danzatore­attore della Commedia dell’arte o i danzatori acrobati) nelle trattazioni colte, in quanto considerate indegne del danzatore di estrazione sociale elevata al quale i maestri e i teorici della danza si rivolge­ vano. Questo silenzio dei trattatisti, protrattosi almeno sino al nascere, all'inizio dell’Ottocento, di un interesse, sia pure condizionato da un'ottica aneddotica e “di colore”, nei confronti delle manifestazioni coreutiche e musicali del "popolo" (inteso però in quanto “popolo­na­ zione”, non certo in quanto popolo­classi sociali), ha finito per creare dei vuoti non più col­ mabili nella storia della danza. Poiché la danza popolare, pure definita tradizionale per il suo intenso legame con la con­ tinuità e la tradizione, si è storicamente sviluppata come una disciplina di carattere total­ mente orale, e in essa non ha avuto alcun posto la scrittura e assai poco l’insegnamento formalizzato (il danzatore tradizionale apprende infatti per imitazione, osservando le danze nel loro contesto, magari sotto la guida di uno o più danzatori esperti, in genere apparte­ nenti alla sua cerchia familiare),7 tutto ciò ci ha impedito di tracciare delle osservazioni si­ stematiche sulle manifestazioni coreutiche e musicali “altre”, parallelamente a quanto avveniva in ambito colto. Tale omissione è ancora più grave, se si considera che in realtà l'intera vicenda storica della danza d'arte e di società in Occidente deve molto alla danza


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Appunti per una storia della danza

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tradizionale, in un processo talvolta di circolazione e di scambio reciproco, più spesso di appropriazione da parte dei maestri e dei coreografi di stilemi e forme di tradizione orale. Estrapolati dal loro contesto, dalle loro "funzioni", essi erano poi modellati alle severe e raf­ finate esigenze estetiche (ed etiche) della sfera colta. La questione si complica se si sceglie di esaminare danze tradizionali, di origine fol­ clorica, oggi ancora vive ma in qualche maniera anche utilizzate nei secoli passati da maestri di danza, coreografi e musicisti, e che di questa loro forma "colta" hanno la­ sciato traccia in trattati e manuali di danza, in notazioni coreografiche e musicali. In questo caso, il problema è soprattutto costituito dalla difficoltà di stabilire se, ed even­ tualmente in che misura, la forma registrata in tali fonti possa ancora conservare un’im­ pronta dell'originaria configurazione folclorica. Essenziale è poi domandarsi chi abbia potuto costituirsi come mediatore tra sfera popolare e sfera colta (verosimilmente, mu­ sicisti e artisti girovaghi, professionisti dell’intrattenimento musicale e coreutico attivi in diversi ambiti sociali, maestri di ballo attenti a quanto avveniva nelle piazze e nelle strade di centri grandi e piccoli della penisola) e a quali ambiti abbia attinto (popolari urbani, come appare più probabile, oppure appartenenti al mondo rurale). A questo proposito, importanti suggerimenti possono venire dagli studi etnocoreologici ed et­ nomusicologici, discipline che si occupano dell’osservazione “sul campo”, della rileva­ zione e dello studio delle manifestazioni coreiche (o etnocoreiche) e musicali tradizionali, europee ed extraeuropee.

Il Ballo della Tarantella, litografia colorata di Gaetano Dura, 1834.


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Storia della Danza e del Balletto vol. I Ornella Di Tondo

Dall’Antichità al Seicento

Ornella Di TOnDO

Piano dell’opera: Ornella Di Tondo > Dall’Antichità al Seicento (vol. I) Flavia Pappacena > Il Se!ecento e l’O!ocento (vol. II) Alessandro Pontremoli > Tra Novecento e Nuovo Millennio (vol. III) (I tre tomi sono disponibili anche in volume unico)

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Laureata in Etnomusicologia e quindi in Archivistica e Scienze ausiliarie della storia presso l’Università di Roma “La Sapienza”, è specializzata nello studio, nella ricostruzione e nell’interpretazione della danza dei secoli XV-XIX e nella ricerca e nella riproposizione delle danze etniche. Dal 2004 al 2010 è stata vicepresidente dell’Associazione Italiana Ricerca sulla Danza (AIRDanza). Ha al suo attivo molteplici pubblicazioni: tra le monografie, Le mille e una storia. Dal Rinascimento alla fine dell’Ottocento (1998) e La censura sui balli teatrali nella Roma dell’Ottocento (2008); tra le curatele, Carlo Blasis, L’Uomo fisico, intellettuale e morale (con F. Pappacena, 2007), Corpi danzanti. Culture, tradizioni, identità (con I. Giannuzzi e S. Torsello, 2009); La danza fuori dalla scena. Cultura, media, educazione (con A. Pontremoli e F. Stoppa, 2010).

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Il testo offre un’approfondita visione della storia della danza sociale e d’arte in Occidente a partire dalla civiltà greco-romana sino al Seicento. Secondo le più innovative e stimolanti metodologie didattiche e divulgative – ulteriormente affinate in occasione di questa questa nuova edizione a colori del volume –, le vicende della danza vengono investigate sia dal punto di vista delle occasioni e delle funzioni sociali e culturali nei vari contesti (con particolare attenzione a tematiche quali il genere, il potere politico, il ruolo sacrale), sia dal punto di vista delle poetiche, delle valenze estetiche e teoriche e dei coevi movimenti artistici e culturali. Ampio risalto è dato all’opera delle più importanti personalità di innovatori e codificatori e alle vicende tecnico-compositive, ma anche ad argomenti come la conservazione e la trasmissione del patrimonio e del repertorio coreico, le fonti e le testimonianze a disposizione dello studioso. Sintetiche descrizioni e approfondimenti relativi alle principali forme coreiche vengono forniti unitamente a rimandi alle coeve forme di danza tradizionale. Infine, il testo è affiancato da una sezione di contenuti digitali integrativi che intendono offrire a studenti e insegnanti preziosi spazi di approfondimento interdisciplinare e inquadramento metodologico (www.libreriagremese.it/contenuti-integrativi-storia-danza).

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O. Di Tondo ■ F. Pappacena ■ A. Pontremoli

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