Tariffa Regime Libero - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Roma
Fulvio Conti
1.200 milioni di euro fino al 2013 e 20 milioni per gli anni successivi. È il peso della Robin Hood Tax Paolo Scaroni
Shale gas, il futuro è qui Andrea Gemme
Un’unica associazione per le rinnovabili Paolo Vigevano
Energia, tutela e informazione Simone Togni
Non perdiamoci l’eolico G.B. Zorzoli
Smart Grids, scelta inevitabile Alberto Quadrio Curzio
Liberismo sociale, il modello su cui puntare Mimmo Cuticchio
Sono il servo dei pupi, ogni loro desiderio, io, l’eseguo
Periodico del GSE dicembre 2011
La sfida? Una regolazione più matura e di visione
Elementi
Guido Bortoni
speciale COGENERAZIONE
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La crescita della domanda di biomassa a fini energetici, nei paesi industrializzati, è determinata dalla volontà di sviluppare un’economia sostenibile, dalla necessità di diminuire la dipendenza dai combustibili fossili e dal bisogno di ridurre le emissioni di Co2. Il pacchetto clima energia dell’Unione Europea prevede che oltre metà dell’obiettivo al 2020 sia soddisfatto attraverso il ricorso alle biomasse. Una delle cose principali da realizzare per sviluppare la produzione di energia da biomassa, è creare una filiera industriale competitiva a livello internazionale, così che gli incentivi pubblici previsti generino un ciclo virtuoso per il Sistema Paese. È quindi necessario rendere economicamente appetibile l’investimento in tale tecnologia, facilitare la realizzazione di iniziative, stimolare la ricerca industriale e coinvolgere gli attori in un processo di miglioramento dell’offerta tecnologica italiana, per renderli competitivi sui mercati internazionali, che tra non molto aumenteranno la domanda di tecnologia in questo settore. In Italia risultano installati circa 670 impianti alimentati a biomassa per la produzione di energia elettrica, con una potenza totale pari a 2350 MW. L’obiettivo è raggiungere i 4650 MW nel 2020, per una produzione totale di 21 TWh, pari a circa il 7% della domanda complessiva prevista in quell’anno. Attualmente da noi il principale stimolo alla produzione di energia da biomassa è costituito dagli incentivi (certificati verdi e tariffe in conto energia) garantiti alla produzione di energia elettrica. L’attuazione del decreto legislativo 28/2011 creerà una serie di meccanismi di sostegno alle FER termiche, distinguendo tra interventi di piccole dimensioni (quelli che riguardano abitazioni private) e interventi di grandi dimensioni, incentivati con il ricorso ai Titoli di Efficienza Energetica. Novità che favoriranno lo sviluppo di interventi e di tecnologia nel settore delle rinnovabili termiche con ricadute positive sulla diffusione dell’utilizzo di biomasse a fini termici. Un'altra importante novità è costituita dalla possibilità di immettere la produzione di biometano in rete, riducendo alcuni costi d’investimento. Ma, a fronte di alcuni vantaggi e del ruolo primario attribuito alle biomasse per il raggiungimento degli obiettivi di politica energetica, esistono delle criticità.
Tra queste, la difficoltà di reperimento e di conferimento della biomassa, superabile sviluppando sistemi di pretrattamento che permettano di migliorare la logistica; innovando il processo con azioni di coinvolgimento di tutti i soggetti lungo la filiera e ideando sistemi di raccolta e conferimento. La competizione nell’uso del suolo con le coltivazioni a scopi alimentari fa sorgere, invece, problemi di natura etica e lievitare i costi delle coltivazioni non energetiche. È quindi necessario sviluppare l’uso di biomassa di scarto, evitando di mettere in competizione le colture alimentari con quelle energetiche. In tal senso un’opportunità è rappresentata dalla diffusione, ad esempio in aree a rischio idrogeologico, di culture arboree a ciclo breve. Ancora. L’impossibilità di accedere a incentivi per la produzione di calore da biomassa o il non avere a disposizione schede per riconoscere il risparmio energetico per il calore prodotto da impianti a biogas, penalizza i produttori più efficienti e rende spesso antieconomico un investimento in tale settore. L’attuazione del DLgs 28/2011 credo supererà il problema, ma occorre accelerare l’iter attuativo dei decreti per muovere un settore che potrebbe essere strategico per le ricadute industriali, occupazionali e in termini di competitività, a livello internazionale, per le nostre imprese. Infine, un’altra penalizzazione del settore è rappresentata dall’assenza di equità nel trattamento fiscale (IVA ed accise) di alcune materie prime e di alcune produzioni, soprattutto rispetto alle fonti fossili. Insomma, le biomasse sono un elemento importante per la crescita del settore energetico. Con uno sforzo collettivo di integrazione di settori differenti e di miglioramento del quadro normativo, l’Europa e l’Italia hanno l’opportunità di sviluppare tecnologia innovativa per soddisfare il proprio fabbisogno e per vincere la sfida internazionale nel settore.
l’Editoriale di Emilio Cremona / Presidente GSE
l’E Elementi 24
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Foto Fototeca Elementi Fototeca Andrea Amato iStockphoto.com R. Casati (foto pag. 42) F. Abbruzzese (foto pag. 69) Direttore Editoriale Fabrizio Tomada Hanno collaborato a questo numero Roberto Antonini Emiliano Battazzi Edoardo Borriello Alessandro Buttà Fausto Carioti Livia Catena Valter Cirillo Walter Da Riz Mauro De Vincentiis Vittorio Esposito Natascia Falcucci Jacopo Giliberto Piergiorgio Liberati Carlo Maciocco Fabrizio Mariotti (La vignetta di Fama)
Gabriele Masini Giusi Miccoli Michele Panella Luca Speziale Un particolare ringraziamento a Rosanna Pietropaolo, Claudia Delmirani e a Sandro Renzi
Per le riproduzioni dei testi, anche se parziali, è fatto obbligo di citare la fonte
Si ringraziano per la collaborazione alla realizzazione di Elementi A2A Alubel Anev Ansa Archimede SRL Asja Attackit Banca Intesa San Paolo Banca Popolare di Sondrio Centro Documentazione Giornalistica Edf Enr Ediltevere Egl Eneco Energia Enel EnerBtech Energethica Energetic Source Eni Euro Satellite International Power MG Impianti Monte dei Paschi di Siena Nuova Cma Ondulit Punto Com Relight Energie Re Power Saint Gobain Solar Solar Expo Sun Erg Terna Vestas Yingli Solar Zero Emission
Rivista ad Impatto Zero®. Compensate le emissioni di CO2 generate per la produzione e stampa. In copertina “Molto, moltissimo, anzi troppo. Fra le onde e le stelle” Acrilico su tela cm 250x200 di Angelo Colagrossi Registrazione presso il Tribunale di Roma n.105/2001 del 15.03.2001
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Chiuso in redazione il 10 novembre 2011
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Elementi
Anno 2011 n. 24 dicembre 2011
Elementi è visibile in internet ai siti www.gse.it corrente.gse.it
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Il caso Libia, l’energia, l’Italia, l’Europa
I fatti della Libia dimostrano, se ce ne fosse ancora bisogno, che l’energia è al centro delle strategie per la crescita e lo sviluppo economico e sociale di una Comunità. Non ci sarebbe stata alcuna guerra, né caccia al dittatore Gheddafi, se dietro a tutto non si fosse celato l’interesse per il greggio libico. Storie solo parzialmente vere quelle di voler abbattere un regime dittatoriale per far nascere la democrazia e dare un sistema civile e sociale a un popolo troppo martoriato dal totalitarismo. La verità, si sa, è che il petrolio nel mondo comincia a scarseggiare, ma rimane una materia prima della quale né oggi, né in un futuro non troppo lontano, si può e si potrà fare a meno. Gli Stati che ce l’hanno, se lo tengono ben stretto, stando attenti a non far scemare la loro situazione di vantaggio strategico su gli altri Paesi. Chi ne ha troppo e lo vuole vendere ai Paesi più industrializzati che ne hanno bisogno o, come il nostro, estremamente bisogno, lo fa attraverso accordi che dal petrolio vanno fino alle cooperazioni di tipo industriale, volano di lavoro e ricchezza interna per la loro Comunità, motivo di espansione tecnologia e commerciale per gli Stati contraenti. Ora, può accadere che la possibilità di
avere percorsi preferenziali per negoziare contratti petroliferi vantaggiosi, a qualcuno, per motivi strategici, possa non star poi tanto bene. E allora, non potendo usare misure direttamente penalizzanti verso uno Stato occidentale e democratico, lo si fa nei confronti di chi, per tipo di cultura politica, democratico non è, con il proposito, non troppo celato, di mutare gli equilibri di acquisto del greggio e quanto a essi legato. È il rischio che potrebbe correre l’Italia, che con la Libia manteneva accordi vantaggiosi sull’acquisto del petrolio come nessun altro Stato. Il che, per una Nazione come la nostra che non ha nucleare e basa le sue fonti energetiche ancora in modo rilevante sugli idrocarburi, significava avere importanti boccate d’ossigeno in termini di risorse energetiche, di risparmio economico, di esportazioni di tecnologie e di intelligenze. È chiaro che il pericolo che altre situazioni tipo Libia si possano sviluppare nel tempo, non è poi troppo fantapolitico. Allora serve agire con tatto e visione, migliorando situazioni di forza e operando per rendere forti quelle ancora in fase di debolezza. La politica da noi adottata per un più bilanciato mix energetico, va bene, così come funziona l’accelerazione sulle fonti rinnovabili. Ma non basta. Occorre fare di più soprattutto in termini di ricerca e di sviluppo della tecnologia, perché è su questi terreni che si gioca il futuro di un Pese. L’impulso deve essere forte, specie nel settore delle nuove energie, nel quale va alimentata la crescita della filiera a esse legata, fondamentale per l’espansione del comparto. Non tralasciando la possibilità di ideare e attuare un programma nazionale sull’innovazione energetica, in grado di assegnare, su basi di merito, incentivi che incoraggino il mondo della produzione, favorendo così la crescita delle capacità tecnologhe, economiche e industriali. Abbiamo le intelligenze capaci di permetterci il salto di qualità in tali ambiti. Stimoliamole, sosteniamole, sviluppiamole. E apriamo alla possibilità di incentivare il risparmio energetico, e un miglior uso del gas e del carbone. Con buona pace di chi ancora ha delle perplessità troppo ideologiche su quest’ultima fonte, in contrasto con il vero interesse della Comunità. Interesse che, diciamolo in modo chiaro, non può subire flessioni fino a quando gli Stati della Comunità Europea si comportano pensando prima ai propri bisogni e alle proprie necessità e poi, forse, a quelle altrui. Sarà così fino a quando l’Europa non la smetterà di essere una finta Comunità di popoli, una Patria di mercati e di mercanti legata solo da una moneta comune, per divenire una Nazione vera, capace di condividere potenzialità e risorse naturali, industriali, intellettuali, tecnologiche ed economiche, agendo con mutualità e con quel senso di umanità che alle sue radici culturali ancora dovrebbero appartenere.
Virgolette di Romolo Paradiso
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primo piano rubriche
10 La sfida? Una regolazione A colloquio con Guido Bortoni
03l’E l’Editoriale 04 Tamburino 05“ Virgolette” 08 P° il Punto 95 Bi Biblioteca 99 Mp Mondo Piccolo 99 Fn Filo di Nota 101 E+ Energia, letteratura, umanità 102 Co la Copertina
più matura e di visione
16 La Robin Tax pesa per milioni Incontro con Fulvio Conti
di euro
22 Shale gas, il futuro è qui 28 Un’unica associazione Il punto di vista di Paolo Scaroni
Parla Claudio Andrea Gemme
per le Rinnovabili energia rinnovabile
32 Non perdiamoci l’eolico 37 Smart Grids, scelta inevitabile 40 Idee, Innovazione e Impresa A tu per tu con Simone Togni
Conversazione con G. B. Zorzoli
Stefano Besseghini
per dare più valore alla ricerca mercato energetico
42 Energia, tutela e informazione Faccia a faccia con Paolo Vigevano
Elementi
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46 Verso la creazione
elementi normativi
del mercato del gas naturale
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speciale cogenerazione
curiosità
50 Cogenerazione, l’opzione
78 Le profezie elettriche
intelligente da sviluppare energia
di McLuhan
56 L’oro degli abissi 58 Il Festival dell’energia
80 Sono il servo dei pupi, ogni loro
diventa itinerante
91 Liberismo sociale, il modello
Dialogo con Alessandro Beulcke
energia e ambiente
60 Uscire dal dogma della crescita
energia del pensiero Un caffé con
Mimmo Cuticchio
desiderio, io, l’eseguo lavoro Intervista ad
Alberto Quadrio Curzio
su cui puntare
Confronto con Luca Mercalli
a tutti i costi
64 Iniziato il conto alla rovescia per le aste europee
68 Una casa da “0 e lode” energia e comunicazione
70 L’energia, che spettacolo! In onda con...Mister Kilowatt
Sommario
So
Evitare il caos energia Periodo complicato per l’energia. Complicato perché l’assetto normativo e di mercato non riesce a trovare una sistemazione (non certo definitiva) che sia a malapena stabile. Delineo un elenco succintissimo e incompleto, e ne dispongo gli elementi in modo casuale. Borsa elettrica, tentativi di ennesima revisione. C’è chi pensa al quinto conto energia. Si rafforza la borsa del metano. La Robin tax. Scintille fra l’Enel e Terna. Coltivare il sole sotto forma di granturco o coltivare il sole sotto forma di silicio? Le politiche per contenere le emissioni di anidride carbonica.
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Come finirà la telenovela dell’Edison? Le centrali del Mezzogiorno. Le spinte delle province per assicurarsi il controllo del settore idroelettrico. L’ipotesi di un piano energetico nazionale. La nascita faticosa di una filiera rinnovabile. Smart grid e la questione degli accumulatori elettrici. I nemici dell’efficienza energetica. Le lobby s’accaniscono sul fotovoltaico, a favore o contro. Le battaglie parlamentari sulle infrastrutture energetiche. La manovra economica. Avevo avvertito: l’elenco è quasi casuale e succintissimo. Ma testimonia il senso di disagio di istituzioni e imprese per il cambiamento continuo
dell’assetto normativo. È come se gli scontri e gli interessi si fossero trasferiti in blocco dal piano del mercato – che in qualche misura è trasparente, poiché ha strumenti palesi di misurazione: il valore economico – alla sola dimensione normativa. Ciò avviene proprio mentre il paradigma energetico sta cambiando in modo radicale in tutto il mondo, così che aziende e istituzioni stanno riparametrando rapidamente le loro strategie. Un cenno su come cambia lo scenario mondiale dell’energia. Ormai è consolidato il processo. Dopo l’era del legno e del ferro (che si è conclusa più o meno nell’Ottocento), dopo l’era del carbone e dell’acciaio (che in via indicativa è durata per tutto l’Ottocento e parte del Novecento), siamo testimoni della transizione dall’era del petrolio e della plastica all’era del gas e del silicio. Il metano, con il gas non convenzionale, è la fonte di energia fossile con riserve stimate più generose (c’è chi dice più anche del carbone) e con l’impatto ambientale (quando brucia) più contenuto. Il silicio è il minerale delle celle fotovoltaiche, simbolo delle fonti rinnovabili imposte soprattutto dal cambiamento del clima, ma è anche il minerale dell’informatica, ora non più strumento di calcolo bensì strumento di gestione dei fattori informativi (dalla semplicità del telefonino di una volta, fino alla complessità dei nuovi computer da tasca). Sul "silicio" si scambiano le partite economiche sulle borse energetiche (e sulle borse valori), le informazioni e i contratti, il telecontrollo delle centrali elettriche, la gestione della produzione, gli ordinativi e gli approvvigionamenti, i flussi su elettrodotti e condutture, e così via. In questo quadro di scenario energetico che cambia in modo veloce, gli interventi normativi hanno due effetti. In primo luogo, aggiungono complessità al sistema. In secondo luogo, sono già vecchi al momento di nascere, dagherrotipo del passato, e rischiano di congelare le imprese e le istituzioni in condizioni da disperazione. Quello che serve ora è una seconda ventata di liberalizzazioni, ma liberalizzazioni vere. Poche regole chiare, definite e stabili, che diano le indicazioni cui tendere. Un’autorità severissima di controllo che non sia ostacolata di continuo da lobby e politici. E un processo veloce di scomparsa di tutte le forme di incentivazione prima che i sussidi si trasformino in distorsioni del mercato. I più contestati sono gli aiuti alle fonti rinnovabili di energia. In molti casi, i sussidi hanno senso per quelle tecnologie non ancora evolute. Ci sono aiuti sacrosanti. Ma anche il fotovoltaico – una volta la fonte energetica più dispendiosa – si avvicina alla competitività di mercato e l’incentivo, se non è ben dosato, rischia di trasformarsi in una distorsione. Sono sussidi anche le tariffe speciali per le ferrovie e per alcune aziende metallurgiche, sono sussidi il Cip6 e alcuni eccessi di "interrompibilità", sono sussidi i pagamenti a pi0 di lista su piani industriali deboli. L’aiuto pubblico e normativo, se è tarato male, tende a impigrire la voglia di investire in innovazione, in tecnologia, in piani industriali che si confrontano con il mercato. Un esempio per tutti, ancora le fonti rinnovabili di energia. In Spagna e Germania gli incentivi erano stati succosi ma erano riusciti a generare la creazione di una filiera industriale nazionale. In Italia l’ultima fase del secondo conto energia, e soprattutto la stravagante distorsione generata dal cosiddetto "salva Alcoa", hanno
coinciso con una condizione di mercato assai differente, con costi industriali in discesa, e così l’incentivo è diventato assai superiore alla media internazionale. Era ripetuto come un mantra: "L’Italia ha gli incentivi al fotovoltaico più alti al mondo". Questo aiuto così corposo ha indotto non una capacità di innovare e di investire in modo produttivo, bensì ha concentrato l’investimento sulla sola finalità speculativa. Finalità legittima, beninteso, ma di respiro corto. Le aziende che hanno investito in innovazione hanno rischiato delusioni cocenti; chi si è impigrito nella rendita finanziaria è stato avvantaggiato. Così, le aziende pubbliche con piani industriali degni di sàtrapi di Sardanapalo sanno di avere (incentivo nascosto) il pie’ di lista anche se il programma è fuori mercato. Ci sono aziende private e pubbliche che hanno investito e rischiato, e ora si confrontano con il mercato. Pagano pegno se le condizioni di mercato sono punitive, guadagnano se hanno indovinato le decisioni. Così dovrebbe valere per tutti. Soprattutto quando l’economia stenta a decollare. Ma il mercato fa paura a molti.
il Punto di Jacopo Giliberto
P° Elementi 24
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La sfida? Una regolazione pi첫 matura
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e di visione A COLLOQUIO CON GUIDO BORTONI Presidente dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas
Guido Bortoni
di Livia Catena
Tutti ciò attraverso una fase tipica di regolazione ex-ante, affiancata da una ex-post, per monitorare e garantire il rispetto delle regole attraverso le opportune azioni di Enforcement. Mantenendo un forte ancoraggio all’indipendenza, alla crescita, alla dimensione comunitaria e alla consapevolezza del consumatore. Per le rinnovabili oltre a un quadro normativo e giuste incentivazioni, servono anche le procedure autorizzative, la regolazione dell’accesso alle reti e la definizione di modalità di cessione dell’energia prodotta. Senza Smart Grids lo sviluppo della generazione diffusa da rinnovabili rischia di essere un investimento dai limitati benefici. Robin Hood Tax? Riveste profili di criticità per lo sviluppo delle infrastrutture energetiche, indispensabili per fornire energia a prezzi competitivi a consumatori domestici e imprese. L’efficienza energetica deve avere un ruolo più strategico, attraverso un adeguato sostegno alla ricerca e all’innovazione per sviluppare il già presente know-how e l’industria italiana di settore.
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E: Quali sono le priorità del nuovo collegio? GB: Nei 15 anni trascorsi dall’avvio dell’Autorità gli scenari energetici sono profondamente cambiati ed è stato fatto un cammino ricco di risultati, per introdurre in Italia le regole per l’apertura dei mercati e lo sviluppo - ancora parziale - della concorrenza. Ora la sfida è quella di impostare una regolazione più “matura”, in una prospettiva europea e di visione di medio-lungo periodo. Una regolazione stabile, efficace e capace di evolvere nel tempo con flessibilità, che sappia rispondere ai mutamenti in corso. Tutto ciò attraverso una fase tipica di regolazione ex ante, affiancata da una ex post, per monitorare e garantire il rispetto delle regole attraverso le opportune azioni di enforcement. Sarà questa la “barra” che intendiamo mantenere, con un forte ancoraggio all’indipendenza, alla crescita, alla dimensione comunitaria e alla consapevolezza del consumatore. E: Come si può delineare la nuova strategia energetica italiana con l’uscita dal nucleare? Quale il ruolo dell’AEEG? GB: La rinuncia al nucleare in diversi Paesi europei sta ulteriormente modificando uno scenario energetico che sconta gli effetti della crisi economica e finanziaria, dall’instabilità in aree-chiave per gli approvvigionamenti, da tensioni sui mercati delle materie prime e crescenti allarmi ambientali. Pertanto, il panorama di riferimento per gas e elettricità sta cambiando. Si delineano nuove prospettive all’interno dell’Europa, per gli scambi sia di elettricità che di gas. Per affrontare questi cambiamenti servono risposte da tutti i soggetti interessati, per una strategia che consenta al nostro Paese di cogliere tutte le opportunità, diventando uno snodo per i flussi energetici grazie allo sviluppo infrastrutturale e la piena integrazione con i mercati europei. Obiettivi che l’Autorità, nel rispetto delle proprie competenze e attraverso l’attività regolatoria, sostiene partecipando all’attività dell’ACER e, a livello nazionale, con provvedimenti per rendere più concorrenziali i mercati. E: Quali sono le priorità del sistema elettrico e del gas nel breve periodo? GB: Nella Segnalazione sullo stato dei mercati, abbiamo avanzato alcune proposte. Nel settore elettrico, ad esempio, ci siamo focalizzati sulle possibili risposte al nuovo assetto che si sta delineando a seguito della forte crescita delle rinnovabili. Con riferimento non solo agli strumenti incentivanti e alle procedure autorizzative ma anche alla regolazione dell’accesso ai servizi di sistema e alla definizione delle modalità di cessione dell’energia elettrica prodotta. Stiamo lavorando sul problema della saturazione virtuale e per introdurre, già a partire dal prossimo periodo regolatorio, una disciplina che incentivi gli investimenti necessari a gestire in sicurezza l’integrazione
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della generazione diffusa nelle reti di distribuzione. Nel settore gas, dal 1° dicembre sarà operativo il nuovo regime di bilanciamento basato su criteri di merito economico con riflessi positivi sulla concorrenza, così come le iniziative per migliorare lo sviluppo delle infrastrutture e la gestione della capacità di trasporto. Abbiamo anche proposto di istituire un solo operatore a livello nazionale come interfaccia unica e indipendente per l’accesso e l’erogazione del servizio di trasporto, bilanciamento e misura. Ciò permetterebbe di superare le inefficienze e ridurre gli oneri amministrativi legati all’attuale presenza di più operatori. Nel mercato retail, il previsto avvio dal 2012 del sistema informativo integrato (SII) consentirà di ottimizzare i flussi informativi e di arginare il fenomeno delle morosità. E: Come ritiene corretto bilanciare il rapporto incentivi alle rinnovabili con i target di potenza da installare? GB: Un quadro normativo e un set di incentivazioni che garantiscano le necessarie certezze per le iniziative future e tengano conto dei reali investimenti effettuati è indispensabile per uno sviluppo efficiente ed efficace di questa fonte. Ma oltre agli strumenti incentivanti, assumono notevole importanza anche le procedure autorizzative, la regolazione dell’accesso alle reti e la definizione di modalità di cessione dell’energia prodotta. Infatti l’efficacia complessiva dei sistemi di incentivazione va perseguita anche garantendo la massima trasparenza, semplicità e accessibilità degli strumenti e soprattutto indirizzando le risorse su progetti che minimizzano i costi e consentono di massimizzare le ricadute sul nostro sistema produttivo ed occupazionale. Per questo abbiamo più volte sottolineato l’opportunità di conservare in capo a Governo e Parlamento la fissazione di obiettivi quantitativi e temporali distinti per ciascuna fonte e di affidare all’Autorità stessa la responsabilità di definire gli strumenti per il raggiungimento al minor costo degli obiettivi fissati. E: Con l’ingresso della Robin Tax come si intende incentivare gli investimenti nelle reti di trasporto e distribuzione? Ritorneremo allo stallo dello sviluppo delle reti? GB: Come abbiamo segnalato a Parlamento e Governo (PAS 16/11 e PAS 21/11), l’aumento dell’Ires riveste profili di criticità per lo sviluppo della infrastrutturazione energetica, presupposto indispensabile per fornire energia a prezzi competitivi a consumatori domestici e imprese.
E: Come l’AEEG vede la diffusione delle nuove tecnologie Smart Grids? Sono da incentivare o è troppo presto? GB: Senza Smart Grids lo sviluppo della generazione diffusa da rinnovabili rischia di essere un investimento dai limitati benefici. Rendere “intelligenti” le reti di distribuzione, affinché possano gestire la variabilità dei flussi di potenza con opportuni sistemi di controllo real time, favorirà la diffusione delle rinnovabili, riducendo la nostra dipendenza da fonti fossili, di sfruttare la capacità delle reti esistenti, permettendo l’uso efficiente delle risorse e di migliorare la qualità del servizio ai clienti. E: Quali i target d’efficienza energetica per i prossimi 3/5 anni? E come raggiungerli? GB: L’efficienza energetica deve assumere un ruolo sempre più strategico, attraverso un adeguato sostegno alla ricerca e all’innovazione per sviluppare ancor più il già presente know-how e l’industria italiana di settore. Nonostante i significativi risultati ottenuti a partire dal 2005, l’efficienza è stata ingiustamente penalizzata rispetto alla produzione di fonti rinnovabili soprattutto alla luce degli obiettivi 20-20-20. A tal fine può essere opportuno riportare un esempio, seppur in termini assolutamente indicativi ed approssimati validi per lo scenario energetico attuale in Italia: -1 tep di maggior produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili comporterebbe un onere annuo variabile tra circa 930 euro (nel caso di fonti incentivate con gli attuali certificati verdi), e circa 3500 euro (nel caso di fotovoltaico); 1 tep di maggior produzione di energia termica da fonti rinnovabili comporterebbe un onere annuo pari a circa 350 euro; -1 tep di riduzione dei consumi finali per effetto di interventi di risparmio energetico comporterebbe un onere pari a circa 100 euro. Per rispettare i vincoli imposti a livello europeo è necessario non solo riequilibrare il sistema di incentivazione a favore dell’efficienza energetica, ma insistere sull’innovazione tecnologica. L’Autorità è impegnata, in coordinamento con i Ministeri competenti, nell’aggiornamento della regolazione tecnica dei titoli di efficienza energetica (i c.d. certificati bianchi), con l’obiettivo di dare maggiore spazio, a parità di costo complessivo per il Paese, a interventi più “strutturali”, tali da produrre risparmi energetici per un maggior numero di anni e, dunque, complessivamente superiori.
E: Vede con soddisfazione la politica europea sull’unbundling degli operatori di reti gas ed energia elettrica? GB: Il D. lgs. 93/11, che ha recepito nell’ordinamento italiano le direttive del III Pacchetto prevedendo per la rete gas il modello comunitario noto come Independent Transmission Operator (Ito), ha fortemente rafforzato gli obblighi di separazione funzionale prevedendo procedure complesse di certificazione e controllo. L’Autorità, dunque, non solo si occupa di implementare il quadro regolatorio per assicurare la gestione indipendente e lo sviluppo efficiente delle reti, ma intende utilizzare gli strumenti di vigilanza per assicurare una corretta attuazione dell’Ito, nella convinzione che una seria implementazione di questo sistema potrebbe indurre fisiologicamente, nel futuro, una separazione proprietaria su base volontaria da parte dei gruppi societari integrati a monte e a valle, modello ritenuto preferibile. In ogni caso, qualunque sia il modello attuato in Italia (Ito o separazione proprietaria) pensiamo che il punto centrale riguardi l’ottica europea (intra ed extra-europea). Come abbiamo più volte affermato, la politica infrastrutturale delle reti deve avere un respiro europeo quanto alla scale, e di medio–lungo termine quanto all’orizzonte temporale. A richiederlo è il rationale degli scenari del gas naturale che non sono limitati ai singoli contesti nazionali.
L’elettricità verde. Quantità di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e incentivate 50 41,8 40 32,4 25,7
30 18,7
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E: Basteranno le fonti rinnovabili in futuro a sostenere la crescita dei consumi? Continueremo a parlare di dipendenza dal petrolio e/o dall’import? GB: Siamo un Paese a elevata dipendenza energetica; oltre l’80% del nostro fabbisogno è coperto da fonti fossili che dobbiamo importare, esponendoci alle turbolenze sui mercati internazionali. Le rinnovabili e l’efficienza sono una grande opportunità per arricchire il mix produttivo. Ma c’è anche un’ulteriore leva per assicurare al Paese più concorrenza e minore vulnerabilità: lo sviluppo infrastrutturale che permette di diversificare gli approvvigionamenti in termini di fonti, rotte e fornitori.
0 2008
2009
2010
2011
Cip 6 Certificati verdi Tariffa fissa onnicomprensiva Conto energia fotovoltaico
Fonte: Autorità per l’energia
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primo piano IL PESO DELLA ROBIN HOOD TAX
1.200 milioni di euro fino al 2013
E 200 MILIONI PER I SUCCESSIVI ESERCIZI
INCONTRO CON FULVIO CONTI AD di Enel Senza contare l’impatto che la norma ha avuto sul titolo Enel in Borsa. Per allineare la bolletta energetica italiana a quella dei nostri vicini e concorrenti europei serve un piano di investimenti volto a riequilibrare il mix produttivo e avvicinarlo alla media europea, con una quota maggiore di carbone pulito. Vogliamo mantenere una posizione di leadership nei nostri mercati strategici: Italia e Spagna. Continueremo a sviluppare un portafoglio diversificato di impianti rinnovabili, poco dipendente da incentivi, in aree con maggiore disponibilità di risorse naturali, per sfruttare al meglio le tecnologie rinnovabili, e coglieremo le opportunità di sviluppo nei mercati in rapida crescita: America Latina, Est Europa e Russia.
Fulvio Conti
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Elementi 24
3sun Joint venture Enel-Sharp-StMicroelectronics Catania
di Fausto Carioti
“La Robin Hood Tax manca di visione a lungo termine e colpisce un settore, quello dell’energia, che genera ricchezza per milioni di azionisti, occupazione per decine di migliaia di persone, investimenti e innovazione. Al tempo stesso lascia immutate le sacche di bassa produttività, che sono i veri problemi del Paese. Se a questo aggiungiamo il rischio di un quadro normativo instabile, di fatto stiamo scoraggiando gli investimenti”. Fulvio Conti, amministratore delegato di Enel, è deluso dalle ultime leggi che interessano il suo gruppo e l'intero settore energetico. Anche per questo il piano industriale di Enel - fa sapere Conti - “è in fase di revisione”. E: Lei è stato uno dei primi a dire che la Robin Hood Tax avrebbe potuto far ridurre gli investimenti alle aziende energetiche. Che accadrà agli investimenti pianificati da Enel? FC: La stabilità del quadro regolatorio in un settore come il nostro, caratterizzato da alta intensità di capitali e tempi lunghi per il completamento degli investimenti, è fondamentale. Chi può investire nell’ammodernamento delle reti, in nuove centrali, in imprese gigantesche che si ammortizzano in decine di anni, senza sapere come questi investimenti verranno remunerati? Attualmente, anche alla luce dei recenti sviluppi, il nostro piano industriale è in fase di revisione. Quando lo presenteremo - a marzo - indicheremo i target che intendiamo raggiungere.
E: Che impatto avrà la Robin Hood Tax sui conti di Enel? FC: L’incremento dell’aliquota addizionale Ires e dell’estensione della stessa alle attività di distribuzione di energia elettrica e gas e alle rinnovabili comporterà un onere per il Gruppo Enel stimabile in circa 400 milioni di euro all’anno nel triennio 2011-2013 e in circa 200 milioni per i successivi esercizi. Senza contare l’impatto prodotto da tale norma sul titolo in Borsa. E: La Regione Veneto ha cambiato la legge istitutiva del Parco del delta del Po, consentendo la ripartenza dell’iter autorizzativo per la riconversione della centrale di Porto Tolle. Che tempi vi aspettate? FC: La riconversione a carbone pulito della centrale di Porto Tolle può rivelarsi determinante per la crescita del nostro Paese. Impedirla vuol dire tenere nel cassetto investimenti per oltre tre miliardi, se si considera anche il progetto pilota di Cattura e Sequestro della CO2 (CCS), che vogliamo realizzare su scala industriale proprio sul sito di Porto Tolle. Abbiamo fiducia che i rimanenti passaggi autorizzativi possano essere completati entro il 2012, così da iniziare la costruzione dell’opera e dare una boccata di ossigeno alle imprese fornitrici e all’intero indotto.
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E: Ritiene adeguata la normativa che regola la realizzazione di simili infrastrutture? FC: Il Rapporto “Doing Business” della Banca Mondiale colloca l’Italia al 59esimo posto nella categoria “protecting investors”, che misura la tutela per gli investitori. Mentre il “Global Competitiveness Report” curato dal World Economic Forum ci mette al 133esimo posto su 139 Paesi nella voce “Burden of government regulation”, cioè il peso della burocrazia sulle attività economiche. Per risalire queste classifiche abbiamo bisogno di un quadro normativo leggero, chiaro e prevedibile. In grado di armonizzare i diversi interessi presenti sul territorio, assegnare con certezza doveri e responsabilità agli organi della pubblica amministrazione, ma soprattutto capace di assicurare regole certe a chi vuole investire. E: Pensa anche a una riforma della Costituzione? FC: Una riforma del Titolo V della Costituzione, che riconosca la centralità del ruolo dello Stato in materia di infrastrutture energetiche agevolerebbe gli iter autorizzativi, ottimizzando tempi e qualità delle scelte.
E: Che lezione si può trarre dalla vicenda di Porto Tolle? FC: La realizzazione di impianti industriali e di opere di utilità pubblica provoca spesso opposizioni sul territorio. È un fenomeno diffuso a livello globale, una “sindrome” tipica delle società evolute. Occorre eliminare i pregiudizi secondo cui tutti gli investimenti – specie quelli infrastrutturali – tolgono qualcosa al territorio,anziché contribuire alla sua crescita. E: A quali soluzioni pensa? FC: Bisogna coinvolgere le istituzioni centrali per instaurare un dialogo con l’opinione pubblica, le comunità locali e gli opinion leader. Il confronto deve essere basato sulle evidenze scientifiche e sulla costruzione di un patto informativo corretto, capace di dare risposte ai cittadini, mutuando l’esperienza francese del Debat Public. Enel aspira a crescere in maniera sostenibile nel pieno rispetto delle comunità in cui opera. La nostra attenzione verso la sostenibilità è premiata con la presenza, per il settimo anno consecutivo, nel Dow Jones Sustainability Index, che include le migliori aziende al mondo secondo criteri stringenti di sostenibilità economica, sociale e ambientale.
ENEL oggi
Italia
Capacità installata: 40.500 MW Produzione annuale: 82 TWh Margine Operativo Lordo: 7,6 Mld € Clienti: 32 milioni Dipendenti: 37.400 Piano investimenti 2011-15: 12 Mld €
Enel nel mondo
Presenza in 40 paesi Capacità installata: 97.300 MW Produzione annuale: 290 TWh Margine Operativo Lordo: 17,5 Mld € Clienti: 61 milioni Dipendenti: 78.300 Piano investimenti 2011-15: 31 Mld €
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E: I referendum hanno chiuso ancora una volta la strada al nucleare. Come cambiano i vostri investimenti in Italia? FC: È necessario un piano di investimenti volto a riequilibrare il mix produttivo, troppo sbilanciato verso il gas, che oggi pesa per oltre il 50%. Avvicinare il mix italiano a quello della media europea, introducendo una quota maggiore di carbone pulito, significherebbe anche allineare la bolletta energetica del nostro Paese a quella dei nostri vicini e concorrenti europei. In questa direzione vanno i nostri progetti di conversione di vecchie centrali a olio combustibile in moderne centrali a carbone pulito, come abbiamo fatto a Civitavecchia e intendiamo fare a Porto Tolle; i nostri nuovi impianti di rigassificazione, tipo quello previsto a Porto Empedocle; i nostri impianti che usano l’energia dell’acqua, del sole, del vento e il calore naturale della Terra. E: Quale strategia finanziaria perseguirà Enel nei prossimi anni?
puntiamo sulla crescita del margine operativo grazie allo sviluppo delle sinergie all’interno del Gruppo, ai costanti processi di miglioramento dell’efficienza e alla crescita organica, in modo da garantire ai nostri azionisti una buona performance operativa, anche in condizioni di mercato difficili come quelle attuali. E: Su quali Paesi concentrerete gli investimenti? FC: Intendiamo mantenere una posizione di leadership nei nostri mercati strategici: l’Italia, ovviamente, ma anche la Spagna, dove con Endesa siamo presenti lungo tutta la filiera. Continueremo a sviluppare un portafoglio diversificato di impianti rinnovabili, poco dipendente da incentivi e in aree dove maggiore è la disponibilità di risorse naturali che permettono di sfruttare al meglio le tecnologie rinnovabili, e coglieremo le opportunità di sviluppo nei mercati in rapida crescita dell’America Latina, dell’Est Europa e della Russia.
FC: Il piano di ottimizzazione del portafoglio di partecipazioni è praticamente completato. Per i prossimi anni non abbiamo in programma né cessioni né acquisizioni di rilievo. La stabilità finanziaria è tra le nostre priorità strategiche:
Importazioni di elettricità 2010 Importo netto 44 TWh
Competitività del settore elettrico nazionale Italia vs principali paesi europei Francia 11.2
14%
5% 5%
Svizzera 22.5
1%
12% 28%
46% 36%
Austria 1.3
22% Slovenia 7.3 Grecia 2.2
13% 1%
6%
75%
18%
17% Germania
26%
Spagna
3% 28%
23%
52%
9%
14%
19%
27%
Francia
EU27
Italia
Carbone Gas Petrolio Nucleare Rinnovabili
Fonte: Enel
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Shale gas, IL PUNTO DI VISTA PAOLO SCARONI Amministratore Delegato di Eni Paolo Scaroni
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il futuro è qui di Jacopo Giliberto
Il gas è la fonte energetica chiave per i prossimi 20 anni, almeno in uno scenario in continua evoluzione. Ci auguriamo che grazie allo shale gas l’Europa potrà disporre di energia domestica a costi competitivi, che consentirà all’economia della Ue di marciare allo stesso ritmo delle altre grandi economie. Per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti di gas non solo in Italia ma in Europa è prioritaria la realizzazione di un sistema integrato di gasdotti all’interno dell’Unione. Il risparmio energetico? La strada maestra per ridurre l’impatto ambientale, prolungare la vita dei combustibili fossili e ridurre la nostra bolletta energetica.
E: Dopo il referendum, come si rimpiazza il 25% del nucleare? Petrolio? O più facilmente metano? PS: Attualmente nel mix energetico dell’Italia ci sono una quota molto importante di gas e una significativa di rinnovabili. Il gas è un punto di forza del nostro sistema energetico per vari aspetti: è competitivo, permette di contenere le emissioni di gas serra (50% in meno rispetto agli impianti a carbone, principale fonte utilizzata in Europa), è ampiamente disponibile e lo sarà ancora per molti anni. Inoltre assicura l’alimentazione dei nostri sistemi elettrici, industriali e domestici con una continuità che le fonti rinnovabili non sono ancora in grado di fornire.
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E: Quindi è davvero the gas age?
E: Ora con la scoperta del giacimento in Monzambico, cresce ulteriormente il potenziale del gas? PS: Certamente. Il potenziale è di 425 miliardi di metri cubi e ci consentirà di coprire tutto il consumo dell’Italia per sei anni. Mentre la produzione Eni dovrebbe aumentare di circa 200.000 barili in un quinquennio. E: In chiave più specifica nel gas: come cambia lo scenario complessivo, tra shale gas e riduzione nucleare? PS: Lo shale gas potrà avere un ruolo importante per aprire una nuova strada per l’approvvigionamento energetico. Grazie alla spinta innovativa della tecnologia siamo ottimisti, sia in termini di sicurezza energetica dell’Unione Europea, sia in termini di costo di approvvigionamento del gas. Anche l’Europa vivrà la rivoluzione dello shale gas, da noi definito il terzo idrocarburo per l’impatto formidabile che ha avuto al di là dell’Atlantico, dove rappresenta già il 20% del consumo e i prezzi del gas sono più che dimezzati. Nel nostro continente sfruttare lo shale gas sarà più complesso perché le tecniche di estrazione sono di fatto invasive e potranno essere utilizzate solo in aree poco abitate. Nonostante queste complicazioni addizionali, in Eni crediamo che lo sfruttamento dello shale gas sia possibile anche da noi. Facendo leva sulle tecnologie che abbiamo acquisito attraverso la Quicksilver, una società americana specializzata nello shale gas, siamo entrati in Polonia e in Ucraina. Ci auguriamo che grazie allo shale gas l’Europa potrà disporre di energia domestica, a costi competitivi, che consentirà all’economia europea di marciare allo stesso ritmo delle altre grandi economie.
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PS: Certamente il gas è la fonte energetica chiave per i prossimi 20 anni almeno in uno scenario in continua evoluzione. È la fonte energetica che si svilupperà di più a scapito di altre che hanno problemi maggiori di quelli del gas. Per 20 anni il mercato del gas è stato stabile. I consumi crescevano ogni anno del 2-3%, i prezzi erano legati a quelli del petrolio. Gli attori erano quasi sempre gli stessi: l'Algeria, la Russia, la Norvegia, almeno per quanto riguarda l'Europa. Recentemente invece le cose sono cambiate. Il primo elemento è rappresentato proprio dallo shale gas. Gli Stati Uniti infatti, grazie al suo sfruttamento, hanno smesso di essere importatori. Questo ha provocato un eccesso di offerta che arrivando anche in Europa ha reso il mercato estremamente fluido, molto abbondante sul lato dell'offerta. Questa non è stata l’unica perturbazione, ma solo uno degli elementi fondamentali che hanno trasformato le rotte, i punti d'arrivo e l'approccio verso questa fonte. Tutti credevamo che nel 2010 saremmo entrati in una nuova era del gas, che ce ne sarebbe stato tanto, a basso prezzo e proveniente da varie aree. E di nuovo lo scenario è cambiato. La 'primavera araba' ha messo in discussione le forniture di gas verso l'Europa e verso l'Italia. E ancora. L'incidente giapponese di Fukushima ha cambiato di nuovo la situazione con il Giappone che ha accresciuto notevolmente le sue importazioni di LNG. Ma di gas ce ne sarà ancora e rappresenterà una delle fonti più importanti nel futuro. E: Un cenno alle infrastrutture che serviranno per affrontare questo cambiamento: rigassificatori? Gasdotti? PS: Per affrontare il cambiamento e garantire la sicurezza degli approvvigionamenti di gas non solo in Italia ma in Europa, è prioritaria la realizzazione di un sistema integrato di gasdotti all’interno dell’Unione. Abbiamo avanzato al Commissario per l’Energia, Gunther Oettinger, una proposta perché l’UE promuova la creazione di una rete di gasdotti che unisca i Paesi del nostro continente. Oltre alla diversificazione degli approvvigionamenti, alla diversificazione delle rotte di transito e all’aumento delle capacità dei gasdotti esistenti, quella di una rete integrata del gas è la vera priorità per la sicurezza degli approvvigionamenti. Solo così ci assicureremo il gas di cui abbiamo bisogno, quando e dove serve e a prezzi compatibili con la nostra crescita economica.
E: Uno sguardo alla situazione libica e ai riflessi per l’Italia...
E: Quali sono le risposte realistiche che l’Europa può dare alle sfide ambientali?
PS: In Libia stiamo rimettendo in marcia la nostra produzione di idrocarburi. Dal 23 settembre sono di nuovo operativi i nostri uffici di Tripoli, finora presidiati solo da dipendenti locali. Entro ottobre abbiamo l’obiettivo di riattivare le forniture di gas verso l'Italia. Sempre a fine settembre abbiamo riaperto quindici pozzi nel giacimento di AbuAttifeel, situato circa 300 km a sud di Benghazi e il livello di produzione ha raggiunto i 72.000 barili al giorno. L’altro obiettivo di riattivare il gasdotto Greenstream entro l'autunno è fondamentale per mettere in sicurezza gli approvvigionamenti dell’Italia con l'arrivo del periodo invernale. Greenstream trasporterà inizialmente l'eccedenza del gas del campo on-shore di Wafa, poi arriverà la produzione di Sabrata, il nostro principale campo a gas off-shore.
PS: Sicuramente più gas e meno carbone per tagliare la CO2, più gas per rimpiazzare il vecchio nucleare che verrà dismesso, più gas per fare fronte all’aumento della domanda di energia. La disponibilità di gas per i prossimi anni sarà essenziale per avere tutta l’energia necessaria, a un prezzo compatibile con la crescita economica, generarla e consumarla con il minor impatto ambientale possibile. Parlando di energia, non dimentichiamo che il risparmio energetico resta la strada maestra per ridurre l’impatto ambientale, prolungare la vita dei combustibili fossili e, perché no, anche per allegerire la nostra bolletta energetica.
La produzione lorda totale in Italia dal 2000 al 2010
TWh
294 277 15 86
279 21
284 23
24 66
77
75
303
304
314
314
319
26 34
26 23
25 19
26
25
47
36
130
149
158
173
46
44
44
44
293
302
21 16
22 10
153
173
147
43
40
40
117
99
98
96
26
32
35
39
51
54
48
47
54
48
51
48
58
69
77
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
FER
Carbone
Gas Nat.
Prod. Petroliferi
Altro
In Italia durante il 2010 sono stati prodotti circa 302 TWh realizzando un +3% rispetto al 2009. La produzione lorda è storicamente caratterizzata da un trend in crescita. Solo durante lo scorso anno, la crisi economica ha provocato una brusca frenata (-8%) da 319 TWh del 2008 a 293 del 2009. Negli ultimi 11 anni si è trasformata la composizione del mix di combustibili utilizzati per la produzione nazionale di elettricità. Nel 2010 prevale il gas naturale, il cui contributo è pari al 51% rispetto al 35% del 2000. Crescono anche le rinnovabili e il carbone. Diminuisce l’utilizzo dei prodotti petroliferi (soprattutto olio combustibile), che nel 2000 contribuivano per il 31% alla produzione totale, nel 2010 solamente per il 3%.
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
18,4
19,5
17,0
16,0
17,9
16,0
16,1
15,2
18,2
23,7
25,5
Prod FER/ Prod TOT %
Fonte: GSE
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energiapiano primo rinnovabile PARLA CLAUDIO ANDREA GEMME Presidente Anie
Un’unica associazione PER LE RINNOVABILI
Riunire sotto il cappello dell’Anie tutte le associazioni delle rinnovabili. Questo il progetto più ambizioso della nuova presidenza targata Claudio Andrea Gemme. Una strada perseguita invano per diversi anni e tuttora irta di difficoltà. Nel frattempo, tra le sfide dell’Anie ci sono anche l’efficienza, gli accumuli di energia (con un occhio al piano di Terna da 130 MW) e le Smart Grids.
di Carlo Maciocco
E: Parliamo di incentivi? Claudio Andrea Gemme
CAG: Anche incentivi, ma soprattutto di una strategia chiara e stabilità normativa. Bisogna anche tenere conto dei costi legati all’eventuale mancato raggiungimento degli obiettivi Ue. Per l’Italia peseranno più gli incentivi o le eventuali penali?
E: Negli indirizzi strategici dell’Anie per il quadriennio 2011- 2015 l’efficienza energetica gioca un ruolo centrale. Su cosa intende concentrarsi in particolare l’associazione?
E: Il tema ha già creato molte fibrillazioni anche nel settore delle rinnovabili. E del fotovoltaico in particolare, dove l’Anie è presente tramite il Gifi. Com’è la situazione dopo l’entrata in vigore del IV conto energia?
CAG: Per noi la parola d’ordine è “manutenzione”. Nel termoelettrico, ma anche nel civile, c’è un parco di impianti obsoleto, bisognoso di interventi di revamping e, appunto, di manutenzione. È una necessità imposta dagli obiettivi dell’Unione Europea al 2020 per la riduzione delle emissioni di CO2: i nostri dati ci dicono che si può realizzare un risparmio quantificabile in 500 MW, equivalente in termini di emissioni a 23 milioni di autovetture. E: Alla politica cosa chiedete? CAG: In attesa che venga finalmente approvato il Piano Energetico Nazionale, per noi sarebbe opportuno inserire già nel Decreto sviluppo dei provvedimenti a favore delle manutenzioni.
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CAG: Inutile nascondere che il IV Conto energia ci ha dissanguato, ma adesso per il settore l’importante è trovare stabilità, con l’obiettivo di puntare alla grid parity ed emanciparsi così dagli incentivi. Per fare questo è fondamentale dare unità alle associazioni rappresentative del comparto, non solo del fotovoltaico ma di tutte le rinnovabili. Bisogna insomma parlare con una voce unica. Ne abbiamo discusso con il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia che ci ha dato il proprio appoggio: riunire in Anie tutte le associazioni delle Fer, da Assosolare a Aper, passando per Anev e fino ad arrivare al Comitato Ifi, essenziale anche per il suo ruolo sull’intero ciclo vita dei pannelli fotovoltaici, riciclo compreso. Siamo anche pronti a istituire una dodicesima federazione in Anie.
E: È un progetto che si tenta di perseguire da diversi anni… CAG: Senza dubbio, ma ora i tempi sono maturi. Si potrebbe fare per gradi, magari partendo dalle associazioni del fotovoltaico. Però bisogna avviare l’iter il prima possibile: già in sede di Comitato energia e mercato di Confindustria chiederò che si cominci a stabilire un percorso. E: Parlando di rinnovabili non si può non affrontare il problema delle reti. Terna e i produttori ancora discutono sulla necessità di realizzare gli accumuli per garantire maggiore sicurezza e stabilità al sistema elettrico in vista dell’imponente crescita delle Fer non programmabili: l’Anie che ruolo può giocare in questa partita? E le famose batterie sono già un prodotto commercializzabile?
batterie certamente chiederemo di essere coinvolti. Riguardo ai costi, al momento sono ancora elevati ma non siamo lontani dal trovare soluzioni commercializzabili. Gli accumuli di energia restano comunque uno strumento importantissimo, anche in vista della realizzazione delle smart grid. E: Quello delle reti intelligenti è un altro settore dove l’Anie è molto presente… CAG: Il nostro obiettivo è duplice: essere coinvolti nelle iniziative a livello europeo e coordinarci con gli Enti locali italiani, che stanno portando avanti diversi progetti, come quello Smart city a Genova. Su questo si sta muovendo il vice presidente Monizza, a cui ho affidato la responsabilità dell’Europa e del mercato energia.
CAG: Se Terna realizzerà il proprio piano da 130 MW sulle
Andamento del fatturato per il segmaneto del fotovoltaico valori a prezzi correnti
FATTURATO TOTALE
2008
2009 milioni di euro
2010
2.212
3.087
7.598**
2008
2009 milioni di euro
2010
3.975 2.516 1.040 2.499 -1.459
3.696 2.337 1.182 2.541 -1.359
3.321 2.072 1.170 2.419 -1.249
2009/2008 2010/2009 variazioni % 39,6
146,1
** valore relativo agli impianti installati senza Decreto “Salva Alcoa” .
Dati statistici valori a prezzi correnti
Mercato interno Fatturato totale Esportazioni Importazioni Bilancia commerciale
2009/2008 2010/2009 variazioni % -7,0 -7,1 13,7 1,7
-10,1 -11,3 -1,0 -4,8
* I dati non includono il segmento delle tecnologie per il fotovoltaico Fonte: ANIE
Esportazioni per principali paesi e aree distribuzione percentuale
Importazioni per principali paesi e aree distribuzione percentuale
Paesi di destinazione
2008
2009
2010
Paesi di provenienza
2008
2009
2010
Algeria Egitto Iran Francia Russia Totale top 5 Altri Paesi
8,7 4,2 5,2 2,0 0,8 20,8 79,2
8,3 4,0 6,2 4,6 4,6 27,8 72,2
8,1 7,5 7,1 6,2 4,6 33,5 66,5
Germania Cina Francia Spagna Finlandia Totale top 5 Altri Paesi
37,0 14,3 6,0 3,8 2,2 63,3 36,7
41,3 13,3 6,2 3,4 1,3 65,6 34,4
32,8 16,7 7,0 4,8 4,5 65,8 34,2
74,5 58,5 9,0 7,0 3,6 2,3 19,6 0,3 1,9 17,4 0,0
73,0 59,0 9,4 4,7 4,5 2,7 19,7 0,6 3,1 16,0 0,0
74,3 55,4 15,3 3,6 2,4 1,6 21,7 0,2 2,4 19,0 0,0
Macro-aree di provenienza
Macro-aree di destinazione Europa di cui UE-15 Stati Membri UE-12 Nuovi Stati Membri Altri Paesi Europei Africa America Asia di cui Medio Oriente Asia Centrale Asia Orientale Australia e Oceania
21,9 12,2 2,1 7,6 19,6 16,8 40,7 23,8 6,3 10,7 0,9
27,4 15,7 1,7 9,9 20,7 13,9 35,2 18,2 3,7 13,2 2,8
34,7 20,4 2,9 11,4 19,9 12,0 32,1 19,9 6,7 5,6 1,2
Europa di cui UE-15 Stati Membri UE-12 Nuovi Stati Membri Altri Paesi Europei Africa America Asia di cui Medio Oriente Asia Centrale Asia Orientale Australia e Oceania Fonte: elaborazioni ANIE su dati ISTAT
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PUBBLIREDAZIONALE
Enel e la mobilità elettrica La ricarica Il sistema di ricarica è innovativo, tecnologicamente avanzato, semplice e sicuro da usare. Ha due tipi di stazione di ricarica: Home station, domestica, con un contatore installato nel garage o box; Public station è la colonnina installata in strada, in punti strategici per la mobilità concordati con le amministrazioni locali. Altro elemento fondamentale è la card personalizzata che consente il riconoscimento del cliente e attiva e interrompe il processo di ricarica.
Come funziona la ricarica Il settore dei trasporti è responsabile di circa un terzo delle emissioni di gas serra prodotti dall’uomo. Le nuove tecnologie dei veicoli elettrici consentiranno una riduzione delle emissioni e un miglioramento della qualità della vita, soprattutto in città. Enel, leader nel settore dei sistemi intelligenti di gestione della rete, ha avviato con Enel drive progetti pilota per sviluppare una rete di infrastrutture di ricarica “intelligenti” e garantire un servizio diffuso, efficiente e semplice per chi decide di guidare veicoli elettrici. Per la progettazione e la realizzazione dell’infrastruttura di ricarica, Enel si è basata sulla tecnologia della sua rete: oltre 32 milioni di contatori elettronici installati nelle nostre case. I contatori teleletti e telegestiti da Enel, costituiscono un sistema unico al mondo che consente di effettuare da remoto, operazioni prima gestite in presenza di un operatore.
Connesso il veicolo al punto di ricarica con l’apposito cavo in dotazione, il processo - avviene in modo automatico. Il sistema permette la personalizzazione della ricarica , basandosi sulla disponibilità della stazione, sulle tariffe dei gestori di energia. Le modalità di pagamento sono tante , anche con carte prepagate o abbonamenti.
Enel e gli accordi per la mobilità elettrica Per intensificare la mobilità sostenibile e sottolineare l’impegno a favore dello sviluppo e della realizzazione di auto elettriche in Italia, Enel ha stipulato accordi con importanti case automobilistiche e motociclistiche come Mercedes, Renault-Nissan, Citroen, Piaggio e con amministrazioni locali. Con Smart ha dato vita al progetto “e-mobility Italy”, coinvolgendo oltre 140 clienti, aziende e privati, selezionati tra 2.200 richieste, che hanno ricevuto le esclusive smart electric drive capaci di ricaricarsi utilizzando la rete Enel e l’offerta di Enel Energia. Le città scelte per il progetto sono Roma, Pisa, Milano e Bologna. Enel ha previsto l’installazione di oltre 400 punti di ricarica, tra home e public station, e ha siglato accordi con il Comune di Roma, Acea e Poste Italiane. Tra gli ultimi protocolli siglati da Enel, particolare rilievo assume quello con la Regione Emilia-Romagna ed Hera.
Elementi 24
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energia rinnovabile
Non perdiamoci l’eolico A TU PER TU CON SIMONE TOGNI Presidente Anev
di Roberto Antonini
Le norme sull'incentivazione dell'eolico hanno creato tra gli operatori un clima di sfiducia generalizzato. È a rischio un settore che oggi occupa quasi 30mila addetti con 10 miliardi di investimenti previsti per i prossimi 5 anni. Come uscire da questa situazione? Elementi lo domanda a Simone Togni, presidente Anev.
Simone Togni
E: Che messaggio lancia ai decisori? ST: È paradossale ritrovarsi a parlare dopo quasi un decennio delle medesime criticità per il nostro settore, constatare come nel sistema regolatorio dilaghi una lacunosità tale che sembra quasi impossibile osservare cosa sia stato fatto in questi anni in termini di installazioni da fonti eoliche. Crescita costante, sviluppo tecnologico e industriale, flussi economici sempre in ascesa, tassi di occupazione elevati nelle regioni a maggior carenza di posti di lavoro, per un settore, ampliando il discorso a tutte le rinnovabili, che con un minimo di lungimiranza potrebbe dare nuova linfa alla nostra economia. Attendiamo ora l’emanazione dei decreti attuativi al D.Lgs 28/2011, rinfrancati comunque dalle parole del sottosegretario Saglia che in una intervista ha detto che i livelli incentivazione e la durata saranno modulati tenendo conto di standard e pratiche europee e che tali decreti vedranno la luce entro novembre. A tal riguardo, da parte nostra, si è manifestata una fattiva collaborazione a rivedere al ribasso gli attuali livelli di incentivazione a patto di ricevere rassicurazioni sulla certezza a tutti i livelli, cercando di eliminare quelle inefficienze che a oggi gravano sui player in maniera considerevole. È fondamentale comunque intervenire tempestivamente perché a rischio c’è davvero un intero settore,
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che se dovesse crollare avrebbe conseguenze inimmaginabili a livello socio economico per il nostro Paese, con ripercussioni politico-economiche a livello comunitario. E: Prima i tagli, poi la Robin Tax: cosa succede attorno al vento? ST: Se si pensa che tutti questi interventi sono retroattivi, sembra ci sia un accanimento nei confronti del settore. Noi non ci schieriamo dalla parte dei “complottisti”, ma riteniamo che alcune decisioni dovrebbero essere prese in maniera più consapevole e responsabile, lasciando da parte le valutazioni superficiali. Ribadiamo la nostra disponibilità al sacrificio ma di certo nei limiti della sostenibilità; abbiamo lanciato un segnale dichiarandoci disposti ad accettare tagli sugli incentivi. Per la Robin Tax il discorso è differente: chiediamo a gran voce che – per gli impianti rinnovabili - sia tempestivamente rimossa. E: Come evolve la tecnologia eolica? ST: La ricerca nel settore potrebbe essere indirizzata su due binari che in qualche modo possono andare di pari passo. Da un lato sulla semplificazione della componentistica che
renderebbe più agevole la manutenzione su macchine, che obiettivamente si caratterizzano per una logistica operativa complessa, abbattendo così in maniera significativa la percentuale di interventi. Dall’altra parte occorre ragionare su possibili misure che comportino una riduzione dei costi nell’ottica di abbattere, agendo globalmente su tutta la componentistica, il costo complessivo delle installazioni, tenendo conto di un possibile decremento nei prossimi anni del sistema degli incentivi. Va registrato come in ambito tecnologico ci siano in Italia numerose eccellenze. L’azienda italiana nel settore della componentistica meccanica, ad esempio, è in assoluto tra le leader a livello mondiale, tanto che risulta essere un settore trainante per i forti volumi che registra anche in esportazione.
Il piano d’azione nazionale sulle rinnovabili Stima al 2020 del contributo totale sul consumo finale di energia previsto per ciascuna tecnologia che usa energia rinnovabile in Italia (ktep)
369 146
3.611
880
2.900
9.815
E: Quanto è vicina la grid parity dell'eolico? 829
ST: È prematuro parlare di grid parity per l’eolico, visti gli attuali costi che un’azienda deve affrontare in tutte le fasi della costruzione di un impianto. A nostro avviso comunque si potrebbe intervenire da subito tagliando in modo consistente la quota di incentivo, qualora si provvedesse a eliminare quei fattori di inefficienza che gravano su tutte le fasi di un impianto e comportano costi rilevanti (amministrativi, autorizzativi, convenzioni con i Comuni, oltre ai costi di connessione). Qual è la potenzialità italiana per l'energia del vento? In Italia nel 2010 sono stati prodotti circa 9,1 TWh di energia elettrica da fonte eolica, pari al fabbisogno di quasi 8 milioni di persone. Tale quota rappresenta circa il 12% della produzione da rinnovabili in Italia viene dopo l’idroelettrico e le bioenergie; dati che mostrano come la tecnologia eolica, pur essendo relativamente giovane, sia già matura. Uno studio dell’ANEV basato sulle risultanze di un protocollo di intesa con le principali associazioni ambientaliste, prevede al 2020, 16.200 MW di potenza complessiva da fonte eolica per una quota di energia pari a 27,5 TWh. Dati che in qualche modo divergono con quanto riportato nel PAN, anche se alla luce della situazione attuale comunque, i 6.000 MW rimanenti previsti dal PAN sarebbero comunque un risultato soddisfacente.
1.586 1.720
Elettricità per trasporti Idroelettrica Geotermica Geometrico pompa di calore Solare fotovotaico Solare termico Eolico Biomassa (solida + biogas + biocarburante) Solare fotovoltaico a concentrazione
Fonte: Elaborazione Aiel, dati Pan
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INTERNATIONAL POWER CON L’ENERGIA DEL DOMANI
Aprite le porte alle correnti dell’eolico
PUBBLIREDAZIONALE
A poco più di cinque anni dall’ingresso di International Power in Italia, pensare allo sviluppo dell’eolico come volano della produzione energetica da fonti rinnovabili rischia di rimanere un ambizioso progetto, intrappolato tra i “lacci e lacciuoli” di procedure autorizzative complesse e ostili. Paradossalmente, questo avviene proprio mentre si avvicina la scadenza fissata dalla Comunità Europea, che impone ai Paesi Membri entro il 2020 obiettivi di efficienza e sostenibilità strettamente vincolati allo sviluppo delle rinnovabili. Con una produzione annuale di 1.100.000 MW di energia elettrica da rinnovabile, International Power consente l’approvvigionamento di 400.000 famiglie. Evitando così l’emissione di 600.000 tonnellate di CO2 e l’importazione di 1,4 milioni di barili di petrolio. Numeri che confermano questa azienda come primo produttore di energia elettrica da fonte eolica in Italia. Ma International Power è anche una multinazionale che sceglie di impegnarsi in Paesi stabili e con normative certe. Requisiti spesso assenti in Italia, dove la lentezza e le disfunzioni delle amministrazioni pubbliche costringono molte aziende straniere che lavorano nel nostro Paese a trasferire altrove investimenti e progetti. Basti pensare che per ottenere un’autorizzazione (o un diniego)
per un parco eolico, può essere necessario aspettare fino a cinque anni, benché la normativa preveda un’attesa di 180 giorni. Nonostante tali perplessità International Power incoraggia lo sviluppo del settore con progetti di ripotenziamento (repowering), pensando di sostituire le turbine installate più di 10 anni fa con altre di nuova generazione, più capaci e più efficienti. Sulla validità del repowering, c’è chi non ha dubbi. In Spagna, dove si producono annualmente 23.000 MW di energia da fonte eolica (quasi 4 volte quella italiana), l’IDAE (equivalente alla nostra ENEA) ne ribadisce i vantaggi: meno impatto visivo, meno occupazione di territorio e maggiore produzione per le aziende e per il Paese. Eppure, anche in questo caso non mancano in Italia gli esempi negativi. La domanda presentata quasi tre anni fa per un’azione di repowering di un impianto in Campania (che prevede la sostituzione di 4 turbine costruite nel ’96 con due turbine moderne) ha ottenuto solo a metà settembre il verbale della conferenza dei servizi. Se già l’Italia fatica a rispettare i tempi della road map europea, il vero peccato sarebbe lasciarsi sfuggire quei soggetti che, come International Power, hanno fiducia nel settore nonostante l’incertezza del futuro.
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energia rinnovabile
Smart grids scelta inevitabile CONVERSAZIONE CON G. B. ZORZOLI Presidente Ises Italia G. B. Zorzoli
di Gabriele Masini Il referendum sul nucleare e gli obiettivi sulle rinnovabili stanno plasmando il nuovo mix energetico italiano. Anche senza la definizione di una Strategia energetica nazionale. Ma il sistema ha bisogno di essere governato nei suoi snodi piĂš critici: sovracapacitĂ , Smart Grids, innovazione. Ne parliamo con GB Zorzoli, Presidente di Ises Italia e uno ei massimi esperti del settore.
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E: Dopo la rinuncia al nucleare l’Italia deve ripensare il proprio futuro energetico. Chi coprirà quel 25% di elettronucleare che il Governo aveva abbozzato nel 50-25-25? GBZ: Sarà coperto - da un lato - dalle rinnovabili, che penso arriveranno oltre gli obiettivi fissati al 2020. Inoltre, oggi abbiamo una tale sovracapacità produttiva da cicli combinati, ma quello che non sarà coperto da rinnovabili lo sarà dal gas. Semmai c’è un problema di sovrabbondanza, perché abbiamo cicli combinati che funzionano a 3.000 ore l’anno e i consumi di energia elettrica sono previsti, nel piano del governo, aumentare di pochissimo al 2020. Inoltre, tenuto conto che il quarto Conto energia pone l’obiettivo di 23.000 MW al 2016 e che si andrà avanti di 2.000 MW l’anno, al 2020 saremo a 30.000 MW, che è la previsione che ha fatto anche l’A.D. di Enel, Fulvio Conti. Ora, il Pan prevedeva anche di importare una parte di energia verde dall’estero, e questo è stato fatto perché bisognava lasciare spazio al nucleare. Arrivando a 30.000 MW di fotovoltaico, semplicemente possiamo fare a meno di importare dall’estero. E abbiamo risolto anche quel problema. E: Un futuro con un mix sempre più rinnovabile non può prescindere dalle Smart Grids. A che punto è l’Italia? GBZ: Le Smart Grids sono una scelta inevitabile con lo sviluppo delle rinnovabili e un settore nel quale l’Italia ha un’eccellenza a livello mondiale, sia perché ha già i contatori digitali, sia perché fa attività di ricerca e sviluppo. Siamo all’avanguardia, ma occorre una politica governativa che incentivi un settore nel quale ci sono aziende in grado di fornire strumentazione, software e quant’altro, in cui possiamo crescere senza importare, anzi, magari esportando. È vergognoso che nessuno, e mi riferisco anche all’ultimo documento di Confindustria sullo sviluppo, si occupi di questo fatto. Rischiamo di fare l’ennesimo autogol. E: Quali incentivi per le Smart Grids? GBZ: Più che incentivi, bisogna immaginare qualcosa come un fondo di rotazione. Il problema è che le aziende devono investire in anticipo e gli investimenti vanno al di là della normale prassi. Allora, o si aumentano le tariffe di distribuzione o altrimenti si fa un fondo di rotazione messo a disposizione dal governo. E una volta che questi investimenti da parte delle aziende saranno andati a buon fine e cominceranno a produrre utili, il fondo sarà restituito. Insomma, è una sorta di anticipo.
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E: Quando si parla di rinnovabili non si può non citare il ruolo della ricerca, dell’innovazione e della filiera nazionale. In Italia le idee non mancano, ma si fa fatica a tradurle in innovazione. Come creare questo ponte, anche considerando i risultati non proprio brillanti di Industria 2015? GBZ: Considero Industria 2015 una delle più grandi delusioni degli ultimi anni. Il programma è stato varato nel 2006, i progetti presentati nel 2007 e nel 2011 non sono stati ancora finanziati. A questo punto, trattandosi di progetti innovativi, o qualcuno se li è finanziati per conto proprio o sono morti. Dare i soldi adesso sui quei progetti non ha senso. Il punto è che va trovato un meccanismo, i fondi non possono andare e venire. Su queste cose non si può dire “a costo zero” o “senza nessun onere per lo Stato”. D’altro canto, aver finanziato le rinnovabili con gli incentivi – e ora speriamo anche l’efficienza – ha messo in moto il meccanismo, come si è visto anche dal rapporto dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano: in poco tempo si è passati dal 28% al 35% di marginalità lorda rimasta in Italia, che non è un salto da niente. Mettere in moto la domanda mette in moto anche l’offerta, ma senza una politica di innovazione industriale non si va da nessuna parte. E: Le evoluzioni del quadro legislativo hanno messo in luce la frammentarietà della rappresentanza nel settore delle rinnovabili. Perché non si riesce a fare “massa critica”? GBZ: Quello delle rinnovabili è un microcosmo che riflette il macrocosmo del mondo produttivo, della società italiana e della politica. Questo non significa assolvere tutti. Significa che chi sta al vertice dovrebbe farsi promotore di un cambiamento. E: Ci sono reali interessi divergenti nel settore delle rinnovabili? GBZ: L’ammontare totale degli incentivi è limitato. Però bisognerebbe avere il coraggio di fare fronte comune almeno su alcuni punti: sulle regole, o, ad esempio, sulla questione delle aste per gli impianti sopra una certa potenza. Il mondo delle rinnovabili è spaccato: ci sono i grandi che sono per i bandi, gli altri che sono totalmente contrari. Noi come Ises abbiamo proposto al governo una soluzione “mediata” per cui in partenza si sarebbe dovuto fissare - per ciascuna tecnologia una potenza da mettere a bando, che lasci fuori metà circa della potenzialità del settore, in modo da non sacrificare i piccoli e dare allo stesso tempo una liquidità alla gara sufficiente per verificarne il funzionamento. Però, non si è riusciti a trovare un accordo. La ricerca di un minimo di unità sarà comunque l’ultima cosa a cui rinuncerò. Lo considero un compito prioritario per il Paese.
energia rinnovabile
Idee, Innovazione per dare alla Stefano Besseghini
in un contesto economico che pone sfide non gestibili con i vecchi paradigmi dei fattori produttivi fisici. Come ben delineato dalla strategia di Lisbona la conoscenza è un valore fondante nel processo produttivo e i nuovi centri di produzione del valore divengono sempre più i centri di produzione del sapere. RSE, con decenni di esperienza nel settore della ricerca, sa quanto questa conti in termini di leva competitiva per il settore industriale per essere motore di azioni, di miglioramento continuo e di sviluppo del sistema elettrico ed energetico.
di Stefano Besseghini*
RSE - Ricerca sul Sistema Energetico - è entrata a far parte del gruppo GSE nel giugno del 2010. Un ingresso che ha portato nel perimetro del gruppo una struttura di ricerca composta da circa 350 persone, delle quali 290 direttamente coinvolte in attività di ricerca e con un’incidenza di personale laureato in discipline tecniche scientifiche superiore al 60%. Oggi RSE svolge ricerche per lo sviluppo del sistema elettrico, nei settori dalla generazione e della trasmissione e sulla distribuzione e impiego finale dell'energia elettrica. L’acquisizione da parte di GSE è coincisa anche con un allargamento dell'area di interesse della società al più generale tema dei sistemi energetici. La ricerca è oggi un tema di cruciale importanza per il settore energetico e per il Paese, soprattutto
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Attualmente i comparti nei quali l’attività di RSE è più concentrata sono quelli della generazione distribuita, un’opportunità tecnologica in grado di delineare nuovi e originali scenari di sistema, che deve essere mutato radicalmente. Si tratta delle “smart grids”, le reti intelligenti, che rappresentano la naturale evoluzione dell’oggetto tradizionalmente al centro dei temi di ricerca di RSE. Temi ai quali, però, ci si deve accostare partendo da piani nuovi, offrendo potenzialità di sviluppo in termini di stabilità del sistema e di maggior efficienza e offerta di nuovi servizi per l’utente finale. Sia l’inserimento nel gruppo GSE, sia la conclusione del triennio di attività di ricerca di sistema 2009-2011, chiamano RSE a una nuova impostazione della propria attività in un’ottica strategica di crescita e di consolidamento delle competenze. In questo RSE giocherà un ruolo centrale per le sue competenze e per la capacità di essere in contatto con i principali attori del settore energetico siano essi istituzioni, amministrazioni pubbliche o imprese. Garantendo così una forte consapevolezza relativa ai principali temi di ricerca e alle principali necessità del settore e quindi dando la possibilità di raccogliere idee,
e Impresa più valore ricerca proposte ed esigenze per trasformali in progetti di ricerca. Attività e progetti che dovranno avere alcune caratteristiche irrinunciabili: • idee nuove • sviluppo di prodotti, dimostratori e prototipi di cui sia evidente il campo di applicazione e il potenziale di novità • un rapporto esplicito con portatori di interesse che rendano evidente il percorso di finalizzazione del progetto. La necessità di non essere autoreferenziali porta RSE a prestare attenzione al contesto per la proposizione di temi di ricerca e azioni che offrano chiari vantaggi competitivi al Paese in termini di supporto alle decisioni delle Istituzioni e di nuove opportunità per il sistema imprenditoriale. Con la consapevolezza di come sia utile contribuire alla realizzazione di un ecosistema positivo che permetta alle aziende un’efficace sinergia con il mondo della ricerca. Si tratta di mettere in comunicazione due mondi, a volte distanti che invece si devono interfacciare in modo non estemporaneo e casuale. Un rapporto che sarebbe più semplice se svolto su progetti congiunti, elaborati in ambienti ad elevata "contaminazione" che uniscano l’attitudine al cambiamento e alla realizzazione di soluzioni innovative, tipica della ricerca, alla focalizzazione al risultato, patrimonio distintivo del settore industriale.
*AD RSE
RSE è, da questo punto di vista, in posizione privilegiata grazie alla lunga esperienza nel rapporto con il cliente e la provenienza industriale di molti dei suoi ricercatori. L’altro elemento che caratterizzerà l’attività di RSE sarà l’attenzione all’evoluzione del contesto europeo. Nel quale RSE grazie all’attiva partecipazione al SET plan, alle piattaforme e ai Joint Program di EERA e ai principali action network internazionali, si è ritagliato un ruolo privilegiato quale interlocutore stabile. E sono questa continuità di interlocuzione e l’efficacia nella presenza internazionale a rappresentare uno dei principali patrimoni che RSE ha saputo mettere a frutto negli anni. L’importanza di questa presenza è tanto più evidente se si considerano il ruolo che le direttive e le scelte fatte a livello europeo hanno rispetto ai contesti nazionali perché sono elementi centrali di indirizzo non solo delle politiche ma anche delle strategie industriali che trovano nella normativa comunitaria una formidabile leva di attuazione. RSE ha dimostrato di essere in grado di svolgere un incisivo ruolo di intervento sui temi di propria competenza. Un’opportunità che l’Italia, nazione tradizionalmente europeista ma spesso poco attenta a cogliere le opportunità che giungono proprio dall’Europa, deve saper utilizzare con maggiore convinzione, determinazione ed efficacia. In conclusione, in futuro le linee di indirizzo di RSE sono riassumibili in tre “I”: idee, impresa, internazionalizzazione. Ambiti che non possono da soli esaurire l’azione di un soggetto di ricerca come RSE ma che ne devono connotare fortemente l’operato per poter svolgere quel ruolo di attivatore di conoscenze, risultati e soluzioni che devono essere il patrimonio di un centro di ricerca evoluto.
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mercato energetico
Energia, tutela
FACCIA A FACCIA CON PAOLO VIGEVANO Amministratore Delegato di AU Paolo Vigevano
di Luca Speziale Il mercato elettrico italiano può essere visto, a ragione, come uno dei casi di liberalizzazione che ha avuto maggior successo e, in questo quadro, aver previsto una funzione di aggregazione della domanda dei piccoli consumatori, è stata una felice intuizione del legislatore. Tuttavia la strada da compiere è ancora lunga. Ne abbiamo parlato con Paolo Vigevano.
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e informazione E: A che punto è il processo di liberalizzazione del settore elettrico?
E: Come opera AU per l’approvvigionamento dell’energia elettrica?
PV: Il percorso fin qui compiuto ha portato indubbiamente risultati positivi come, ad esempio, le opportunità di scelta per i consumatori e l’entrata sulla scena competitiva di nuovi operatori. In Italia, però, i mercati energetici hanno ancora molta strada da percorrere, per ridurre il divario di prezzo dell’energia elettrica con gli altri principali Paesi europei, che continua a essere elevato nonostante il forte sviluppo concorrenziale. Occorre agire per migliorare la diversificazione del mix energetico e ridurre la dipendenza del nostro Paese dalle importazioni di fonti costose, dipendenti dall’andamento volatile del prezzo del petrolio.
PV: AU utilizza canali quali le borse regolamentate, ma stipula anche contratti bilaterali attraverso aste trasparenti e non discriminatorie. La strategia di approvvigionamento mira a minimizzare il costo e il rischio, mediante la diversificazione delle scadenze temporali e con un opportuno mix tra prodotti a prezzo fisso e indicizzati.
E: Qual è il ruolo di Acquirente Unico all’interno del mercato e per i consumatori? PV: Grazie alla funzione di aggregazione della domanda svolta da AU, i piccoli consumatori beneficiano di prezzi che si formano direttamente nel mercato all’ingrosso. Infatti, nel mercato di maggior tutela, le condizioni economiche e contrattuali sono stabilite dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, sulla base dei costi di approvvigionamento di AU. Si tratta di un sistema di tutela che rispetta le logiche di mercato. Inoltre, il prezzo dell’energia elettrica del regime di maggior tutela rappresenta un riferimento per i venditori che devono offrire condizioni più vantaggiose per poter attirare nel mercato libero i piccoli consumatori, a tutto vantaggio della competitività. L’esperienza di questi anni indica che il sistema di tutela non è in contraddizione con la promozione della concorrenza e anzi contribuisce a un ruolo attivo del consumatore e al formarsi di dinamiche competitive sul mercato.
E: La crisi economica ha colpito tutti i settori, compreso quello dell’energia. Qual è l’impatto sulle famiglie? PV: In uno scenario di riduzione del potere di acquisto dei consumatori, alle prese con rischi di disoccupazione e di precarietà del lavoro, diventa pressante per milioni di nuclei familiari far quadrare il bilancio a fine mese. Una delle voci di spesa da tenere sotto controllo è quella riguardante i consumi energetici. A tal fine molti sono gli strumenti messi in atto, per informare i consumatori su come fare scelte che siano le più adeguate alle loro necessità. E: L’informazione, quindi, gioca un ruolo fondamentale per lo sviluppo del mercato. Qual è ad oggi il punto di riferimento per il consumatore? PV: Le famiglie cominciano ad avere consapevolezza dei cambiamenti epocali dell’assetto del mercato, conseguenti alla fine del monopolio. In questo contesto occorre operare affinché il consumatore sia sempre più informato per ben orientarsi tra le molteplici offerte commerciali che a lui vengono proposte. A tal fine, AU gestisce, per conto dell’Autorità, lo Sportello per il consumatore di energia, che può considerarsi uno dei più importanti centri
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di tutela all’interno delle Pubbliche Amministrazioni. Lo Sportello, da una parte, fornisce informazioni sui mercati dell’energia e sui diritti dei consumatori, aiutando a capire come beneficiare dalla liberalizzazione; dall’altra, aiuta a risolvere le controversie che si determinano tra clienti e operatori. E: In conclusione, quali sono i prossimi passi da fare? PV: La liberalizzazione del settore elettrico è andata avanti molto più velocemente di quella del gas. Adesso serve una strategia energetica nazionale nel cui ambito i futuri investimenti devono consentire di ridurre, anziché ampliare, il divario di prezzo dell’energia elettrica. Per questo, nel mercato del gas è necessaria una migliore integrazione delle infrastrutture fisiche e commerciali con il resto d’Europa, con l’auspicio che una maggiore integrazione porti benefici anche al settore elettrico. Per quanto riguarda l’evoluzione dei sistemi di tutela, assieme alla diffusione di un’adeguata informazione, ritengo che il mantenimento di forme di protezione rafforzi la fiducia del consumatore nel mercato libero e agevoli il corretto gioco competitivo tra gli operatori.
Si ringrazia per la collaborazione Emiliano Battazzi
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La parola d’ordine è efficienza. di Rainer Karan
Rainer Karan
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Si potrebbe pensare che una volta installate le turbine eoliche e aver provveduto al loro allaccio alla rete, il grosso è fatto. Invece, per garantire la massima capacità produttiva delle turbine e far sì che l’investimento rispetti la redditività prevista, è di cruciale importanza una efficace e corretta gestione e manutenzione dell’impianto. L’obiettivo dell’Operation&Maintenance è proprio quello di assicurare che le turbine producano quanto più possibile, utilizzando la disponibilità come parametro principale per la misurazione di questo dato. Per questo, il continuo sviluppo e la costante tendenza al miglioramento devono essere tra gli obiettivi primari del dipartimento service di ogni azienda del settore eolico, al fine di garantire ritorno sull’investimento, ridurre i rischi finanziari e aumentare la certezza del Business case. Per raggiungere questi risultati sempre più spesso le aziende richiedono al service di un’azienda la massima flessibilità nella pianificazione e nello sviluppo di soluzioni “ad hoc” per le loro diverse esigenze, al fine di garantire valore aggiunto e aiutarle a centrare i loro principali obiettivi. Ovvero, massimizzare il tempo di produzione, ridurre il fermo delle turbine per gli interventi tecnici e contenere l’impatto degli imprevisti sulla produzione così da incrementare la disponibilità e l’affidabilità degli impianti e,al contempo, tenere sotto controllo i costi. I punti chiave di una strategia di service di successo sono l’innovazione, la qualità, le competenze e la creazione di un rapporto solido e duraturo. Innovare significa potenziare le performance attraverso tecnologia ed esperienza, e al tempo stesso rinnovare il portfolio di offerte di cui i clienti possono fruire.
L’aspetto qualità, poi, deve essere costantemente migliorato attraverso una gestione rigorosa delle squadre di service e dei sistemi utilizzati, ma anche con continui investimenti per lo sviluppo di processi e la diffusione di una vera e propria cultura della qualità. Le competenze rappresentano un’area di continuo miglioramento, che va dall’investire in nuove tecniche e knowhow, attraverso corsi di formazione per i tecnici, alla sempre maggiore localizzazione del service e alla sua capillare estensione su tutto il territorio. Così come poter contare su un’assistenza tecnica locale tempestiva e di qualità favorisce la creazione di un rapporto solido con i clienti. Attualmente le aziende impegnate nell’ulteriore sviluppo e potenziamento del dipartimento service, investono sempre più nella ricerca di nuovi prodotti pensati e dedicati al settore, al fine di creare valore aggiunto per i clienti, attraverso un’iniezione tecnologica nelle strutture già esistenti, che costituisca una marcia in più in termini di capacità produttiva. Un esempio potrebbe essere rappresentato dall’introduzione di tecnologia presa in prestito dall’aviazione per migliorare le prestazioni delle pale e incrementare il coefficiente di portanza. Le offerte di service tradizionali, che spesso vengono definite come garanzie di disponibilità su base temporale, assicurano oggi l’operatività delle turbine in un parco eolico per un determinato lasso di tempo su base annua - a seconda del contratto di service stipulato. Oggi, i clienti richiedono sempre maggiore flessibilità, performance superiori e migliore gestione del rischio. Proprio in risposta a queste esigenze, Vestas ha presentato recentemente il suo nuovo prodotto della serie Active Output Management (AOM). Si tratta dell’AOM
5000, realizzato per ottimizzare la produzione degli impianti eolici e minimizzare i rischi dei clienti, riconoscendo che la certezza del Business case dei produttori di energia eolica è consolidata dalla produzione della massima quantità di energia al minor costo, ogni volta che il vento soffia. L’AOM 5000 introduce, infatti, una garanzia basata sulla produzione di energia che assicura il funzionamento delle turbina ogni qual volta il vento soffi. Questo nuovo modello di contratto di service si basa sulla massimizzazione della produzione e della disponibilità, attraverso l’utilizzo di tecnologie di diagnostica e di ricerca e riparazione dei guasti avanzate, al fine di prevenire eventuali guasti, risolvere problemi in maniera tempestiva ed eseguire una manutenzione programmata. In questo modo, il tempo di fermo degli aerogeneratori sarà minimizzato e i possibili cali di produzione identificati e corretti nel minor tempo possibile. I dati relativi alle performance delle turbine vengono raccolti in tempo reale e trasmessi direttamente al centro dove un team di ingegneri lavora costantemente per seguire l’orientamento della produzione del parco del cliente. Al presentarsi di variabili inattese, viene calcolato l’impatto potenziale sull’intero impianto eolico e si individuano le misure necessarie per controbilanciare questi effetti. Questa nuova offerta di service dà al cliente una maggiore certezza della produzione e un migliore rendimento e quindi una più sicura redditività dell’investimento. L’AOM 5000 rappresenta, infatti, un passo avanti nel garantire la disponibilità delle turbine quando ciò costituisce un maggior vantaggio per i clienti: ogni qual volta il vento soffia.
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mercato elettrico
IL PROCESSO DI LIBERALIZZAZIONE
Verso la creazio del gas 46
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ne del mercato naturale L’IMPIANTO NORMATIVO DELL’UNIONE EUROPEA
La consapevolezza della crescente dipendenza energetica e l’esigenza di rafforzare la sicurezza degli approvvigionamenti hanno mosso l’Unione Europea verso misure legislative comuni per realizzare il mercato interno dell’energia, su i due pilastri fondamentali di elettricità e gas. Negli anni si sono succeduti pacchetti normativi che hanno cavalcato, specie agli esordi, in modo velleitario una riforma
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mercato elettrico FOCUS ITALIA radicale dei due mercati. Le prime direttive del 1996 (mercato elettrico) e del 1998 (mercato gas) hanno tentato un primo sfondamento dei monopoli nazionali, rivelatosi troppo timido tanto da richiedere un altro intervento nel 2003. La mancata soddisfazione anche degli esiti di questo secondo pacchetto ha portato all’adozione nel 2009 dell’ultimo intervento legislativo della Comunità. Di fatto il processo normativo si è concentrato sempre più sul tema dell’unbundling, prevedendo la separazione proprietaria delle diverse fasi della filiera, sull’apertura del mercato, sul ruolo delle autorità di regolazione e sulla trasparenza e non discriminazione delle modalità di accesso al mercato. Ma seppur emanate con gli stessi tempi, le norme sul fronte gas e elettricità non hanno condotto agli stessi risultati, tanto che ancora sussistono differenze sostanziali tra i due settori. Per quanto riguarda l’assetto del mercato del gas che qui ci interessa porre in evidenza, la produzione e fornitura costituiscono le fasi della filiera che possono essere soggette a concorrenza. A differenza delle reti che di fatto costituiscono monopoli naturali. Pertanto, le prime non sono oggetto di regolamentazione nell’ambito delle suddette direttive. Le azioni più incisive si riconoscono sul fronte del trasporto, con il rafforzamento delle misure sul tema dell’unbundling con l’introduzione dell’obbligo di separazione proprietaria dalle attività di produzione e fornitura. Nel caso di imprese verticalmente integrate è prevista l’identificazione di un gestore di sistema indipendente con obbligo di separazione quantomeno societaria dal gestore del trasporto. In merito all’accesso alle reti restano, invece, confermate le precedenti disposizioni mantenendo un sistema di tipo regolato e non discriminatorio. Per quanto riguarda la distribuzione e lo stoccaggio, invece, le misure comunitarie del 2009 hanno lasciato intendere che la separazione giuridica del gestore del sistema fosse da considerarsi sufficiente. Allo stesso modo, le procedure di accesso al sistema di stoccaggio restano, a discrezione degli Stati membri, di tipo negoziato o regolato. Viene, però, rafforzato il ruolo di controllo da parte delle autorità di regolazione circa eventuali indebiti vantaggi che un gestore del sistema di distribuzione può trarre in presenza di impresa verticalmente integrata. Una verifica puntuale dell’apertura delle realtà nazionali e la relativa integrazione dei mercati è fatta dalla Commissione Europea nel suo ultimo benchmark (2010). Da qui emerge il permanere di forti criticità che vanno dalla mancanza di separazione effettiva delle reti dalle attività concorrenziali, all’insufficiente indipendenza delle Autorità di regolamentazione dagli Stati, alla scarsa trasparenza rispetto alla formazione dei prezzi per finire con l’assenza di una pianificazione della capacità infrastrutturale combinata alla valutazione dell’equilibrio tra domanda e offerta volta a garantire una fornitura stabile di gas.
Per quanto riguarda il nostro Paese, si sta lavorando per rendere il mercato del gas più competitivo. Al momento la struttura dell’offerta è rappresentata per circa il 90% dalle importazioni, mentre la rimanente quota è composta dalla produzione nazionale e dal prelievo da siti di stoccaggio. ENI si configura come l’operatore dominante sia nella produzione nazionale, con una quota nell’anno 2010 maggiore dell’80%, sia nell’importazione, con una quota pari a circa il 40%. Analoga situazione nel trasporto sulla rete nazionale, in cui l’impresa maggiore di trasporto è la controllata di Eni Snam Rete Gas che, in attuazione del recente decreto legislativo n.93/11, gestirà in maniera integrata il sistema, con particolare riferimento alla gestione commerciale dell’accesso, all’erogazione del servizio di bilanciamento e al potenziamento e allo sviluppo della rete. Sul fronte della distribuzione sono circa 250 le aziende presenti con reti locali che raggiungono oltre 18 milioni di utenze. Per quanto riguarda la vendita, l’Italia ha completato già nel 2003 il processo di apertura del mercato, anche se non si sono registrate particolari modifiche di assetto nell’ambito dei clienti domestici. Anno significativo per il mercato è stato il 2010 con l’istituzione della P-GAS, piattaforma di negoziazione destinata allo scambio delle quote di gas importato rilasciate dal Ministero dello Sviluppo Economico e delle aliquote del prodotto della coltivazione di giacimenti di gas dovute allo Stato e, successivamente, dell’M-GAS, mercato spot in cui il GME svolge il ruolo di controparte centrale. Il 2011, poi, rappresenta un anno di ulteriore svolta per l’aumento della competitività con l’avvio a partire dal 1° dicembre del nuovo sistema di bilanciamento semplificato del gas naturale basato su criteri di carattere economico, nonché con l’incremento della capacità di stoccaggio previsto dal d.lgs. 130/10. Lo stoccaggio, infatti, rappresenta un elemento nodale e strategico della filiera del gas soprattutto per Paesi, come il nostro, fortemente dipendenti dalle importazioni. Il d.lgs. 130/10 persegue l’obiettivo di una maggiore concorrenzialità attraverso la realizzazione di nuova capacità di stoccaggio per 4Gm3 da parte di ENI nel caso in cui voglia superare il 40% della quota di mercato e fino a un massimo del 55%, come alternativa al “gas release”, ovvero la vendita a prezzi regolati molto bassi. Secondo tale decreto i clienti finali energivori, le aggregazioni di PMI e gli operatori termoelettrici possono partecipare al finanziamento di ulteriore capacità di stoccaggio per acquisirne direttamente la proprietà. Nel fare i conti con i lunghi tempi di realizzazione delle infrastrutture, il legislatore ha dato la possibilità ai clienti finali energivori e alle aggregazioni di PMI di usufruire di un servizio di stoccaggio virtuale, finalizzato a replicare i benefici che tali soggetti avrebbero ottenuto in presenza delle infrastrutture da loro finanziate. In attuazione di tale disciplina, che si applica fino alla progressiva entrata in esercizio delle nuove capacità di stoccaggio e per un massimo di 5 anni, il Gestore dei Servizi Energetici eroga per i primi due anni (2010-2012) tale servizio attraverso modalità esclusivamente finanziarie. Ovvero riconoscendo ai soggetti investitori una somma pari alla differenza di prezzo tra le quotazioni invernali e quelle estive del gas naturale del medesimo anno stoccaggio, al netto dei costi di servizio. Successivamente, il GSE svolgerà il servizio attraverso misure fisiche per le quali dovrà avvalersi di intermediari selezionati con asta competitiva. A cura dell’Unità Attività Internazionale e dell’Unità Attività Regolatorie e Monitoraggio
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speciale cogenerazione
Cogenerazione, l’opzione intelligente, da sviluppare di Valter Cirillo
La cogenerazione è una tecnologia disponibile praticamente da sempre, da quando, cioè, sono stati realizzati i primi impianti termoelettrici. Agli inizi del secolo scorso quasi tutte le centrali elettriche realizzate all’interno di complessi industriali prevedevano qualche uso del calore di scarto. Poi, ma mano che cresceva l’affidabilità delle forniture in rete e aumentava la disponibilità di combustibili a basso costo, divenne prevalente l’opzione di abbandonare i generatori privati a favore del più conveniente acquisto dell’elettricità. A poco a poco la cogenerazione diventò così marginale, restando limitata ai complessi industriali che fossero al tempo stesso forti consumatori di elettricità e di calore.
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CHE COS’È LA COGENERAZIONE Sul sito del GSE è presente una sezione sulla cogenerazione con diffuse informazioni di carattere generale e non solo. Qui, in estrema sintesi, ricordiamo che il termine cogenerazione indica la produzione contemporanea di energia elettrica e di calore realizzata in un unico impianto. I processi di generazione termoelettrica trasformano in elettricità solo parte dell’energia chimica contenuta nei combustibili: gran parte di essa viene infatti dispersa sotto forma di calore, per lo più tramite i fumi evacuati dal camino. Negli impianti con cogenerazione il calore residuo viene invece recuperato in una forma sfruttabile per usi civili o industriali. In questo modo l’energia disponibile (elettricità e calore) è sensibilmente più elevata, a parità di combustibile bruciato, rispetto a un impianto senza cogenerazione: si possono infatti raggiungere rendimenti totali superiori all’85%, contro un rendimento che negli impianti termici convenzionali è mediamente del 40- 45% e che solo nei più moderni turbogas arriva al 55%. In altre parole, la produzione di elettricità e di calore in un impianto cogenerativo richiede circa il 35-40% di combustibile in meno rispetto alla generazione delle medesime quantità di energia elettrica e di calore in impianti separati. Al minor utilizzo di combustibile corrisponde ovviamente una riduzione delle emissioni di CO2, nonché di altri inquinanti da abbattere.
Una tecnologia trascurata Un rinnovato interesse verso questa tecnologia è i derivato dalle crisi energetiche degli anni ’70, pur concretizzandosi in modo diverso da Paese a Paese: in Francia, ad esempio, l’elettricità cogenerata è rimasta su livelli bassissimi, mentre in Olanda, Finlandia e Danimarca ha superato il 30%. Ma in ogni caso con andamento altalenante, in parallelo a quello dei prezzi dei combustibili fossili. In tal senso un periodo di lunga stasi è stato il quindicennio 1986-2000, quando i prezzi degli idrocarburi sono rimasti stabilmente su livelli molto bassi. In conclusione, secondo Eurostat, in Europa la produzione media da impianti di cogenerazione ha raggiunto nel 2007 l’11% della generazione elettrica totale. Un valore davvero basso rispetto alle potenzialità del settore.
In effetti, osserva il recente rapporto Co-generation and Renewables: solutions for a low-carbon energy future dell’Agenzia Internazionale per l’energia, la produzione combinata di elettricità e calore è stata una tecnologia sostanzialmente trascurata, pur trattandosi di uno dei settori più interessanti da esplorare nel processo di transizione verso un sistema energetico a basse emissioni di carbonio. Secondo l’IEA la voce “calore” copre nel mondo il 47% dei consumi energetici finali (37% come media nei Paesi industrializzati). Si tratta, della voce di gran lunga più consistente per la produzione di energia, considerato che la produzione elettrica si ferma al 17% del totale e i carburanti per i trasporti al 27% (il restante 9% riguarda combustibili impiegati a fini non energetici). Poiché i due terzi della domanda di calore sono soddisfatti con il ricorso a fonti fossili, risulta evidente il peso che questo settore esprime. Non solo dal punto di vista economico, ma
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speciale cogenerazione anche per gli aspetti legati al riscaldamento globale e alle strategie per il contenimento delle emissioni di gas serra. Una maggiore diffusione della cogenerazione si rivela dunque una scelta intelligente e lungimirante sotto diversi aspetti. A parità di energia prodotta si hanno minori consumi di combustibili fossili e, quindi, minori costi, maggiore sicurezza energetica, minori emissioni di gas serra e di inquinanti locali. Ma se questo è vero in generale, tanto più lo sarà puntando – come raccomanda l’IEA – su impianti a fonti rinnovabili, come le biomasse, il solare a concentrazione e la geotermia. Proprio la combinazione tra cogenerazione e fonti di energia a basse o nulle emissioni di carbonio viene anzi assunta dall’IEA come uno dei fattori cruciali sul piano delle opzioni tecnologiche per accelerare la transizione verso un futuro energetico sostenibile.
La cogenerazione in Italia Data la carenza di risorse fossili nazionali, il settore industriale italiano ha manifestato un notevole interesse per la produzione combinata di elettricità e calore già a partire dal secondo dopoguerra. Tuttavia anche nel nostro caso il successo della tecnologia è stato altalenante, in relazione all’andamento dei prezzi dei combustibili fossili e alla variabilità del quadro normativo. A rallentarne la diffusione, per fare due soli esempi, ha contribuito sia la nazionalizzazione del settore elettrico (1962, che riservando la produzione di elettricità all’Enel ha limitato al solo autoconsumo la realizzazione di impianti industriali di cogenerazione), sia l’introduzione del “sovrapprezzo termico” (1974, un meccanismo ideato per salvaguardare il conto economico delle imprese che di fatto ha in parte disincentivato sia la diversificazione delle fonti, sia gli investimenti in efficienza, ivi compresa la cogenerazione). Con tutto ciò lo sviluppo del settore in Italia è stato in linea con la media europea. Attualmente (dati Terna relativi al dicembre 2010) oltre la metà degli impianti termoelettrici nazionali è di tipo cogenerativo (1.391 su 2.537), per una potenza netta di 23.671 MW, pari al 31,5% della potenza termoelettrica nazionale e al 22% di quella totale da tutte le fonti. Tuttavia (oltre ad avere una produzione fortemente sbilanciata a favore dell’energia elettrica), l’efficienza media di questi impianti è piuttosto bassa se confrontata con gli standard più moderni, tanto che la maggior parte non raggiunge le prestazioni richieste per essere definiti ad “alto rendimento” (gli impianti che soddisfano precisi parametri di efficienza energetica e che possono beneficiare degli incentivi). Infatti, secondo gli ultimi dati disponibili del GSE, la potenza elettrica da impianti di cogenerazione ad alto rendimento ammontava nel 2007 a 9.800 MW. Circa il 75% di questi impianti ha potenza unitaria inferiore a 10 MW, il 30% inferiore a 1 MW (piccola cogenerazione) mentre la “microcogenerazione” (potenza inferiore a 50 kW) rappresenta appena l’1%.
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Per il futuro molte speranze sono riposte nell’atteso decreto di incentivazione approvato il 5 settembre 2011. Il provvedimento prevede incentivi differenziati per potenza di impianto, puntando a premiare maggiormente quelli di potenza minore (i più incentivati sono quelli sotto 1 MW). Gli incentivi si basano sui certificati bianchi, concessi in base alla quantità di energia primaria che la cogenerazione fa risparmiare rispetto ai rendimenti medi nazionali di produzione dell’energia elettrica e termica. Tuttavia, per lo sviluppo del settore sarà probabilmente determinante il fatto che il certificato bianco può essere sostituito con un premio fisso in euro per Tep risparmiato (erogato dal GSE), consentendo così una corretta valutazione dell’incentivo in sede di business plan. La durata dell’agevolazione è di 10 anni, estesa a 15 anni per gli impianti abbinati al teleriscaldamento. Per contro è giusto dire che il rilancio della cogenerazione non è scontato, visto che il nuovo decreto di incentivazione (atteso da almeno 5 anni) arriva in un momento di grande over-capacity di impianti realizzati (la potenza elettrica installata in Italia è circa il doppio della massima punta di domanda) e di estrema volatilità dei prezzi.
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energia
L’oro TRA SCIENZA E FANTASCIENZA, ECCO IL GAS DEL FUTURO di Michele Panella
SIBERIA 1935 Alcuni tratti dei gasdotti registrano ormai da tempo un numero di rotture anomalo. L’analisi dei guasti rivela che all’interno delle tubazioni si formano strani “tappi” di ghiaccio, che vengono spinti come proiettili dalla pressione dei gasdotti. Con non poche perplessità degli addetti ai lavori, i tappi si formano anche a temperature superiori a quelle del ghiaccio.
VANCOUVER, CANADA ANNI ‘70 Un peschereccio issa a bordo un blocco di ghiaccio, o almeno quello che appare come tale: quasi subito il ghiaccio inizia a “friggere” e a emettere vapori, scomparendo nel giro di pochi minuti sotto lo sguardo attonito dell’equipaggio.
BAIA DI MONTEREY, CALIFORNIA 1996 Lentamente il sottomarino telecomandato americano si inabissa fino alla profondità programmata: -910 m, a una pressione di 93 bar e una temperatura di 3,9 °C. Con un braccio robotico, il piccolo sottomarino inizia a iniettare precise quantità di metano sul fondo del mare: la telecamera di bordo inquadra la superficie di separazione fra acqua e gas, dove compare una massa solida, spugnosa, di un colore bianco brillante.
Questa che stiamo per raccontarvi è una storia vera, che a tratti può assomigliare a una storia di fantascienza. Ma, come a volte accade, la realtà supera l’immaginazione. Si tratta della “scoperta” degli idrati degli idrocarburi, composti cristallini simili al ghiaccio (fig. 1), che si formano al contatto tra acqua e gas, grazie alla capacità delle molecole d’acqua di “intrappolare”, in precise condizioni ambientali, piccole molecole di gas. Studiati come curiosità di laboratorio fin dai primi anni dell’800 e riscoperti durante il secolo scorso, sono destinati a lasciare un segno profondo nel panorama energetico ed economico del pianeta. Gli idrati del metano fungono da veri e propri concentratori solidi di gas: 1 m3 di idrato contiene circa 160 m3 di gas e meno di 1 m3 d’acqua. Un efficiente “serbatoio” di gas, che generalmente si trova nei fondali marini o nel permafrost. Grazie, infatti, agli esperimenti americani degli anni ‘90, si è avuta la prova che gli idrati del metano si formano facilmente nelle condizioni di pressione e temperatura tipiche delle zone continentali fredde e dei fondali marini. Gli idrati costituiscono un’ingente riserva di gas che, stando alle stime più accreditate, ammonta a circa 21 milioni di miliardi di metri cubi (standard). Una quantità enorme che desta anche qualche preoccupazione ambientale, ma - come spesso accade nel caso di giacimenti non convenzionali - non è facile da sfruttare a causa dell’ubicazione impervia. Inoltre gli idrati possono essere utilizzati in interessanti applicazioni industriali. Vediamone alcune.
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degli abissi L’anomalia degli idrati del metano
Idrato di metano
Oggi circa i 3/4 del gas naturale vengono trasportati tramite gasdotti provenienti spesso da regioni geopoliticamente instabili, non sempre in grado di garantire la continuità delle forniture. Il resto del gas è trasportato per lo più in forma liquefatta a temperature molto basse (-161°C), con una notevole riduzione del volume. Sono necessarie, però, navi speciali e infrastrutture di rigassificazione nei terminali di arrivo, spesso contrastate dalle comunità locali. Esiste anche la possibilità di trasportare il gas compresso a pressioni elevate (200 bar), il che evita le infrastrutture di rigassificazione, ma richiede sempre l’uso di navi speciali. Nella ricerca di tecnologie sempre più convenienti, sono oggi in fase di verifica altri sistemi di trasporto: la liquefazione del gas con processi chimici, l’“adsorbimento” su matrici solide o la trasformazione diretta in energia elettrica. Di recente, però, è stato introdotto un nuovo sistema di trasporto, grazie alla scoperta di un’anomalia nel campo delle condizioni ambientali che consentono la stabilità degli idrati del metano. Si è verificato, infatti, che questi si mantengono relativamente stabili anche a pressione ambiente e a temperature non molto inferiori a 0 °C. Sulla scia di questa scoperta, un gruppo di società giapponesi e norvegesi ha proposto un sistema di trasporto del gas in forma di “pellet”di idrato, cioè sotto forma di gas “solido” a blocchi, mettendone a punto tutta la filiera, dalla produzione del pellet alla rigassificazione finale. In questo modo, i costi di trasporto risultano inferiori di circa il 20% rispetto ai costi del gas liquefatto.
La cattura e lo stoccaggio della CO2 Fra i diversi metodi proposti per la cattura e lo stoccaggio ad esempio dell’anidride carbonica (CO2), esiste la possibilità di creare gli idrati di CO2, impiegando acqua di mare satura di anidride carbonica. Non solo: questi idrati si possono conservare in condizioni ambientali meno estreme degli idrati del metano. Ciò apre alla possibilità di raccoglierli nei fondali oceanici dove, grazie anche all’effetto “tampone” dei sedimenti marini, si può pensare di tenerli per tempi relativamente lunghi. I tecnici dei gasdotti siberiani non lo sapevano, ma gli incidenti di quel lontano 1935 avrebbero segnato indelebilmente gli scenari energetici e ambientali del futuro.
Filiera del pellet di idrato di metano (tratto da C. Giavarini “Energia immensa e sfida ambientale - gli idrati del metano”)
Gas
Refriger.
Produzione idrato
Gas
Stoccaggio pellet
Carico
Acqua
Nave
Produzione pellet
Scarico
Acqua
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energia
Il Festival diventa di Gabriele Masini
E: Quest’anno il Festival dell’energia si è spostato a Firenze. Come è andata?
Alessandro Beulcke
DIALOGO CON ALESSANDRO BEULCKE Presidente di Aris, l’agenzia che promuove il Festival dell’energia e il Nimby forum I fenomeni Nimby ormai riguardano anche gli impianti da fonti rinnovabili. Per questo acquistano un ruolo importante l’informazione e la divulgazione, un dovere per chi propone un progetto. E poi l’importanza dell’alfabetizzazione energetica e ambientale; la “scatola vuota” dell’informazione; le responsabilità della politica e le mancanze delle aziende. Di tutto questo abbiamo parlato con Alessandro Beulcke, presidente di Aris, l’agenzia che promuove il Festival dell’energia e il Nimby forum.
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AB: Lo spostamento in una città differente è stato un test: dopo tre anni a Lecce con reciproca soddisfazione abbiamo pensato a una città più “baricentrica” e di dimensioni diverse. I risultati sono stati ottimi dal punto di vista della partecipazione. A conferma che il format del festival funziona: una modalità di comunicazione e di informazione aperta, senza barriere, in mezzo alla gente e al di fuori delle aule universitarie e dei centri congressi. Quest’anno abbiamo avuto circa 5.000 persone che hanno visitato il Festival, il sito web ha avuto 50.000 visitatori unici nell’arco dei tre giorni della manifestazione e 400.000 nell’arco dell’anno. E: L’aumento dei fenomeni Nimby richiederebbe quasi degli interventi ad hoc di sensibilizzazione: avete pensato a una forma più “spinta” di itineranza? AB: Il festival annuale lo ripeteremo, dandogli davvero una forma itinerante, magari cambiando città ogni anno. Ma vogliamo anche esplorare altri tipi di format. Per esempio vorremmo organizzare la presentazione di libri sotto l’egida del Festival dell’energia. Oggi parlare di energia vuol dire parlare di ambiente, di geopolitica, di sociale, uscendo dai confini nazionali. Pensiamo - ad esempio - al tema dell’accesso all’energia. Oggi nel mondo ci sono 1,4 miliardi di persone che non hanno accesso all’energia. Come Festival dell’energia vorremmo concorrere a realizzare una missione in Etiopia per portare imprese interessate a sviluppare progetti per dotare di infrastrutture energetiche alcune comunità di questo Paese. Su questo collaboriamo con la Ong Coopi che ha dei progetti di sviluppo cofinanziati dall’Unione Europea. Ci sembra un progetto molto interessante e noi potremmo organizzare una missione per far toccare con mano quella realtà agli eventuali interessati.
dell’energia itinerante E: Passando al Nimby, come suddividerebbe le responsabilità per l’insorgere di fenomeni di contestazione tra Istituzioni, stampa e aziende? AB: Un proponente ha il preciso dovere di essere totalmente trasparente con le istituzioni locali e la cittadinanza. Ogni caso Nimby viene alimentato da una mancanza di informazione e di comunicazione. Io stesso, se domani vedessi sorgere un cantiere davanti a casa mia, mi preoccuperei un po’. Se però ricevessi una lettera in cui sono convocato a un’assemblea pubblica, sarei ben lieto di partecipare, di comprendere e di fare la mia parte. Il popolo dei “no” non è un popolo di ambientalisti pazzi scatenati, ma di normali cittadini che hanno a cuore il proprio territorio. Tenendo presente che siamo nell’era dell’infosfera, delle informazioni in tempo reale e, nel momento in cui vado a proporre un’opera, se non faccio la mia parte in termini di informazione ci sarà qualcun altro che dirà la propria. E: Come in politica, non esistono vuoti nella comunicazione... AB: È il classico esempio della “empty box”, la scatola vuota della comunicazione: se non la riempio io, sarà riempita da altri. E se questi contenuti sono contrari all’opera, magari anche folli, come – e l’ho sentito dire – che la pala eolica fa venire il tumore... beh, una volta detta e ripetuta quella comunicazione entrerà nell’immaginario collettivo. Fare comunicazione e informazione è un dovere.
E: Tanto che il Nimby riguarda ormai anche il settore delle rinnovabili... AB: Il fatto è che non c’è un grado di conoscenza alto sul reale funzionamento di questi impianti. Da una parte quindi è sempre un problema di informazione, dall’altro è un discorso un po’ più ampio, più “politico”. È un fenomeno che si chiama Nimto, Not In My Term Of Office, cioè non nel mio mandato: pur di avere un mandato elettorale ulteriore e fare proselitismo, un amministratore pubblico si mette contro una certa realizzazione perché è facile stimolare la pancia degli elettori. Questa scelta però nel medio-lungo periodo incide in senso negativo sul territorio, come mancanza di occasioni di investimento o di posti di lavoro e così via. E: Queste le responsabilità politiche “locali”. E a livello nazionale? In Italia manca un Piano energetico nazionale e non ci sono quadri di riferimento o linee guida: quando si va a proporre una certa realizzazione non si sa se è una pura speculazione di un investitore o è una necessità reale per il territorio e per il Paese. Una maggiore chiarezza in tal senso contribuirebbe a ridurre il fenomeno Nimby.
E: Eppure una buona comunicazione ha anche un ritorno economico. Le contestazioni, e i ritardi che ne seguono, hanno un costo per le aziende. Perché quest’idea non passa in chi deve proporre un progetto? AB: Non passa perché siamo un Paese conservatore: non ci accorgiamo che viviamo in un’era in cui l’informazione è rapida, immediatamente accessibile e fruibile. Se non capiamo questo ogni nostra azione sarà del tutto stravolta.
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energia e ambiente
Luca Mercalli
CONFRONTO CON LUCA MERCALLI Presidente della Società Meteorologica Italiana e direttore della rivista Nimbus Esistono scuole economiche minori che ci si ostina a non considerare, che da tempo propongono di uscire dal dogma della crescita e passare prima a una fase di decrescita e poi a uno stato stazionario, l'unico compatibile con i flussi di energia e materia del mondo reale. Altro che rilanciare i consumi, che poi equivalgono a maggiori rifiuti!
a tutti Molti lo conoscono per le sue apparizioni televisive alla trasmissione di Fabio Fazio "Che tempo che fa", in veste di presentatore delle previsioni meteorologiche. Ma Luca Mercalli è prima di tutto uno scienziato. Uno scienziato geniale. Dopo aver studiato scienze agrarie in Italia e climatologia in Francia, oggi presiede la Società Meteorologica Italiana e dirige la rivista Nimbus. Esperto del clima alpino e dei ghiacciai, Mercalli, che è anche un felice utente di tre impianti fotovoltaici, ha pubblicato un saggio allarmante e divertente nello stesso tempo, il cui titolo è «Prepariamoci». Il sottotitolo chiarisce a che cosa: «A vivere in un mondo con meno risorse, meno energia, meno abbondanza… e forse più felicità». In questo libro Mercalli racconta il suo percorso verso la "resilienza", ossia la capacità di affrontare serenamente un futuro più incerto. A suo avviso il cambiamento deve partire dalle nostre abitudini, che devono diventare più sane ed economiche. Non possiamo aspettarci, avverte, soluzioni miracolistiche, meglio tenere "il cervello acceso e le luci solo quando servono". E: Professor Mercalli, il nostro fabbisogno energetico è fortemente condizionato dagli eccessi cui siamo abituati. Bisogna invertire la tendenza. Come?
di Edoardo Borriello LM: Prima di tutto serve consapevolezza: senza conoscere i problemi epocali e inediti con cui l'umanità avrà a che fare nei prossimi decenni (crisi climatica, energetica, alimentare, delle risorse naturali e minerarie, sovrappopolazione, inquinamento...) non è possibile assumersi responsabilità e prendere decisioni. In seguito occorre che società e politica procedano insieme: cittadini più informati chiederanno provvedimenti e norme più
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Uscire dal dogma della crescita i costi sagge nei confronti dell'ambiente, incoraggeranno la diffusione delle energie rinnovabili e del risparmio energetico. La politica dovrebbe accelerare questo processo con buone leggi. E’ il quadro razionale auspicato. Nella realtà, può darsi che le prime batoste ambientali impongano una transizione urgente e dolorosa. In tal caso interviste come questa saranno del tutto inutili, impareremo con la forza dei fatti, ma non sarà gradevole. E: Ridurre i consumi. Eppure molti sostengono che per uscire dall'attuale crisi economica bisogna rilanciare i consumi, per aumentare la produzione industriale e i posti di lavoro. Come la mettiamo? LM: L'economia è una sovrastruttura culturale recente dell'umanità che non fa i conti con la fisica. Già l'economista americano Kenneth Boulding disse nel 1966 che chi sostiene una crescita infinita in un mondo finito o è un pazzo o è un economista. Sfortunatamente oggi siamo prigionieri della religione degli economisti della crescita, ma la termodinamica chiederà presto il suo conto, che non è negoziabile e se ne infischia dello spread, dei titoli tossici e dei posti di lavoro. Esistono scuole
economiche minori che ci si ostina a non considerare che propongono di uscire dal dogma della crescita e passare prima a una fase di decrescita e poi a uno stato stazionario, l'unico compatibile con i flussi di energia e materia del mondo reale. Altro che rilanciare i consumi (che poi equivalgono a maggiori rifiuti!..) E: Tali cambiamenti implicano un profondo mutamento del nostro comportamento. Crede che il tempo necessario per questa rivoluzione culturale sia compatibile con il degrado ambientale che sta distruggendo il nostro pianeta? LM: I cambiamenti che propongo non sono per nulla profondi! Sono azioni di buon senso ora occultate da consuetudini sociali irrazionali, dettate dalla pubblicità. Risparmiare energia a casa propria, mantenendo lo stesso comfort e dimezzando la bolletta dovrebbe essere un obiettivo normale, così come produrre energia dal sole sul tetto della propria casa o fare meno rifiuti e riciclarli, viaggiare meno per motivi futili e liberarsi dei consumi inutili. Forse inizialmente qualche sforzo ci sarebbe, ma si verrebbe ripagati da una miglior qualità di vita. Purtroppo è vero, questi
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messaggi stentano a far presa, il cambiamento è lento e il degrado rischia di sopraffarci prima che le nostre azioni possano arrestarlo. Allora sì che ci sarà un profondo mutamento delle nostre vite. In peggio! E: Molti però temono che seguendo il suo invito, "prepararsi" cioè a tutto questo, si rischia di ripiombare nel buio del passato. LM: Il passato non è che sia per definizione buio. Il novanta per cento della bellezza che ammiriamo nel mondo arriva dal passato! Certo, vi sono importanti conquiste della modernità che bisogna salvaguardare: cibo garantito, una casa con acqua corrente fredda e calda, comfort climatico, diritti civili, assistenza sanitaria, istruzione pubblica, trasporti collettivi. Poche cose importanti, spesso sminuite da una valanga di stupidaggini. Eliminiamo la zavorra del superfluo e concentriamoci sulle vere necessità. Prepararsi vuol dire scegliere ora l'acqua calda della doccia (con pannelli solari) o il Suv: il futuro non ci permetterà di avere entrambi. Ma se la scelta la farà il mondo per noi, allora il buio potrebbe tornare.
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energia e ambiente EMISSIONI CO2
Iniziato il conto alla rovescia per le aste europee DAL 2013 L’ALLOCAZIONE DELLE QUOTE A TITOLO ONEROSO di Estella Pancaldi Il sistema europeo per lo scambio di diritti di emissione (EU ETS) è alla vigilia di un cambiamento epocale. In base a quanto stabilito dal Pacchetto clima-energia a partire dal 2013 l’allocazione delle quote di CO2 dovrà avvenire a titolo oneroso tramite asta, salvo eccezioni transitorie finalizzate a tutelare la competitività della manifattura europea. Questo metodo di assegnazione - impraticabile nel 2000 quando la Comunità Europea cominciò a parlare di cap&trade sul modello Kyoto come misura domestica per ridurre le emissioni nei settori energivori - fu scelto per rafforzare il prezzo del carbonio alla
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vigilia della Conferenza di Copenaghen, in un momento in cui la UE si attendeva a breve un più equo ordine mondiale sul clima incentrato su un comune strumento di policy – l’emissions trading. Le cose sono andate diversamente, ma gli operatori europei dovranno dunque fare i conti con la necessità di approvvigionarsi di quote a titolo oneroso. Le aste, infatti, riguarderanno sia il settore termoelettrico per il totale del proprio fabbisogno, sia i settori aventi diritto a quote gratuite per motivi di competitività (manifattura pesante, aviazione, chimica etc.).
Domanda e offerta
Le piattaforme Le regole generali in base alle quali le aste si svolgeranno sono definite dal Regolamento (Ue) N. 1031/2010 della Commissione del 12 novembre 2010 e sono volte a garantirne lo svolgimento in maniera armonizzata e prevedibile nei tempi. Nonostante gli Stati Membri siano individualmente proprietari delle proprie quote, per garantire a tutti gli operatori il massimo dell’accessibilità, il Regolamento prevede che tutte le quote siano messe all’asta attraverso un’unica infrastruttura, una piattaforma comune scelta ogni cinque anni tra i mercati “regolamentati” - cioè soggetti alla normativa sui mercati finanziari e antiriciclaggio - già operanti sul mercato del carbonio. Transitoriamente, potrà essere consentito agli Stati Membri di organizzare piattaforme nazionali (Germania, UK, Polonia), che dovranno comunque garantire l’accesso agli operatori di tutti gli Stati Membri e presentare le stesse caratteristiche della piattaforma comune.
Ogni piattaforma dovrà garantire l’accesso attraverso un’interfaccia elettronica consultabile via Internet o attraverso connessioni proprietarie. Saranno messe all’asta EUA e EUAA (quote utilizzabili rispettivamente per impianti fissi e settore aereo) nella forma di contratti elettronici standardizzati di tipo SPOT-due-giorni o Future-cinquegiorni. Le aste dovranno avere frequenza almeno settimanale e saranno gestite in base a un unico calendario armonizzato, reso noto con 10 mesi di anticipo su ciascuna annualità. Il calendario conterrà volumi di quote, date e il tipo di prodotto per ogni singola asta. Ciascun offerente potrà presentare, modificare o ritirare la sua offerta (volume quote e prezzo unitario in euro) durante i periodi d’asta senza conoscere le offerte degli altri. Ciascuna asta determinerà un unico prezzo di vendita, corrispondente al prezzo di collocamento di tutte le quote. A vigilare sul corretto svolgimento delle aste sarà un organismo individuato tramite gara d’appalto congiunta da tutti gli Stati Membri e resterà in carica cinque anni.
Commissione e Stati Membri hanno già approvato gli accordi in base ai quali condurranno congiuntamente le gare d’appalto per la selezione della piattaforma comune e del sorvegliante. Per semplificare il passaggio dal sistema di assegnazione gratuita al sistema d’aste, è stato concordato di allocare, già nel 2012, 120 milioni di quote dell’anno 2013: la gara per la piattaforma comune sarà presumibilmente sdoppiata. Una prima fase individuerà una piattaforma transitoria che, operando in deroga ad alcune previsioni del Regolamento, sarà in grado di organizzare la prima asta già nel secondo semestre 2012. Una seconda fase selezionerà la piattaforma comune operativa fino al 2017. Infine, seppure informazioni ufficiali non sono ancora state rese note, si attende che analoghe modalità di implementazione vengano adottate anche dai Paesi che hanno scelto la strada della piattaforma nazionale.
La Vignetta di Fama
Sul lato della domanda, si ritroveranno insieme operatori ETS, operatori finanziari, raggruppamenti di imprese e trader; soggetti ammessi a partecipare alle aste, così come accade già sul mercato del carbonio per garantire liquidità in particolare alle PMI che hanno esternalizzato la gestione dei carbon asset. Gli Stati Membri, invece, costituiranno il lato dell’offerta e metteranno all’asta la propria parte di quote – proporzionale al peso delle emissioni degli impianti in ETS sul proprio territorio attraverso un Responsabile del Collocamento nazionale (Auctioneer). La quantità annua di quote da mettere all’asta sarà definita dopo aver calcolato l’ammontare delle assegnazioni gratuite (inizio 2012) ed aumenterà fino al 2020, al decrescere di queste ultime. Si stima che per il 2013 sarà messa all’asta circa la metà del totale delle quote del sistema (oltre un miliardo di euro l’anno), aumentando considerevolmente le dimensioni del mercato.
A quando la prima asta?
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energia e ambiente
Una casa da LA PAROLA D’ORDINE DEL GREEN BUILDING È “COSTRUIRE ABITAZIONI A IMPATTO ZERO” di Gabriella Busia
Ecologia, risparmio energetico, bioarchitettura sono temi dibattuti ed elementi che stanno cambiando notevolmente il nostro paesaggio urbano. Il progresso tecnologico, la crescita demografica, le molteplici esigenze degli uomini modificano il pianeta, con gravi conseguenze, quali l’effetto serra, la contaminazione del suolo, la scomparsa delle foreste, destando non poche preoccupazioni per le future generazioni. Il problema ha assunto un certa rilevanza nel 1992, quando 183 Nazioni si sono riunite per la prima volta in conferenza mondiale per discutere dei cambiamenti climatici. Era il “Summit della Terra”, dal quale è nato il Protocollo di Kyoto. Attualmente gli Stati europei sono impegnati nel dare un sostanziale contributo alla lotta alla CO2 attraverso il “pacchetto 20-20-20” che - entro il 2020 - propone la riduzione del 20% di gas serra, un risparmio energetico del 20% e una produzione di energia da fonti rinnovabili del 20%. Obiettivo che incrementa lo sviluppo della green economy e contribuisce a lenire le ferite dello sfruttatissimo pianeta terra. L’attenzione dell’Europa alla realizzazione di un mondo più sostenibile è tangibile.
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Oltre al pacchetto “20-20-20”, un’altra direttiva “verde” è quella 2010/23, che impone, a partire dal 31 dicembre 2020 ai committenti privati - e dal 2018 a quelli pubblici - la realizzazione di edifici a impatto quasi zero. Le nuove case dovranno ridurre la dispersione di calore garantendo un notevole risparmio energetico. Si stima che la spesa media odierna destinata al riscaldamento di una casa di 100 mq è di circa 1500 -1800 € l’anno, mentre nelle nuove case ecologiche ne spenderanno circa 200. Questo potrà essere realizzabile anche grazie a dei piccoli accorgimenti come l’orientamento dell’edificio che favorisce la luminosità o il rivestimento con particolari schermature che riescono ad assorbire il calore.
Altro composto in voga nell’ecoedilizia è l’argilla espansa che vanta di proprietà termoisolanti e resistenza a temperature estreme, con il vantaggio di non produrre emissioni dannose per gli abitanti essendo un composto naturale. Anche il sughero, grazie all’elevatissima elasticità a impermeabilità a gas e liquidi, è un materiale molto richiesto per la costruzione di abitazioni ecocompatibili. Un modello italiano emblematico a impatto zero è la Leaf House, letteralmente la “casa foglia”, costruita nella provincia di Ancona, seguendo questo principio: vivere meglio producendo e risparmiando energia e controllando le emissioni di CO2. La costruzione, che si rifà alle antiche abitazioni di tradizione mezzadrile perfettamente integrate con l’ambiente, si sviluppa su due piani ed è ripartita in sei appartamenti. Il suo nome non è casuale, poiché come una foglia ricava energia dal sole, dalla terra e dall’acqua, grazie a pannelli fotovoltaici e solari termici.
Una nuova concezione di casa ha portato la bioedilizia a scoprire e, a volte, riscoprire materiali ecosostenibili. Vale la pena citarne alcuni. La canapa, fibra utilizzata da tempi antichissimi e bandita per tanti anni poiché additata per i suoi effetti stupefacenti, oggi viene apprezzata per le sue proprietà ignifughe, durature, resistenti a calamità naturali e per il basso impatto ambientale, grazie alla semplice coltivazione che non comporta l’uso di pesticidi, e per essere un convertitore fotosintetico di anidride carbonica in ossigeno.
Le pompe di calore ad energia geotermica provvedono alla climatizzazione dell’edificio e le acque piovane vengono recuperate e utilizzate per l’irrigazione e gli scarichi, riducendo i consumi idrici del 50%. I sistemi di climatizzazione sono correlati con l’esterno e capaci di monitorare la qualità dell’aria verificandone l’umidità, la temperatura e l’anidride carbonica presenti nell’ambiente interno. Per ridurre l’impatto anche con il “portafoglio” è provvista di un sistema che consente un costante controllo dei consumi relativi al riscaldamento, all’elettricità e al telefono.
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“0 e lode”
Questa casa viene definita: laboratorio di nuove tecnologie e applicazioni architettoniche in linea con le esigenze dell’ambiente, in grado di limitare l’impatto sul paesaggio. Inoltre è l’esempio di come ognuno possa contribuire alla salvaguardia del pianeta e assicurare un futuro più pulito alle generazioni future. Il progetto Leaf house è stato realizzato dal Gruppo Loccioni con il patrocinio di Kyoto Club, Regione Marche, Provincia di Ancona e Università Politecnica delle Marche e la supervisione del Politecnico di Milano.
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energia e comunicazione
L’energia, IN ONDA CON…MR KILOWATT Non è possibile che l’efficienza energetica sia ancora così poco conosciuta. Equivale a risparmiare un po’ di soldi senza rinunciare a nulla. È questo che cerco ogni sera di spiegare all’Italia. Se si riuscisse a fare un reality sull’energia si creerebbe molta più “cultura energetica” così che con mille altri canali dedicati.
di Livia Catena
Maurizio Melis
E: Maurizio, da dove nasce Mr Kilowatt?
Da più di due anni, in radio, ogni sera, per cinque giorni alla settimana, dispensa pillole di informazione su efficienza energetica e fonti alternative. È l’unico a parlare di progetti potenzialmente rivoluzionari che nessuno conosce. Ha intervistato un’infinità di “addetti ai lavori” e no. Parla alla gente comune di megawatt e potenza installata come se se si trattasse di calcio. E, soprattutto, si fa capire. In arte è Mr Kilowatt, nella vita si chiama Maurizio Melis, ha 38 anni, è un ingegnere pentito che ha avuto il coraggio di abbandonare tutto per diventare giornalista scientifico. E ora sogna un reality…
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MK: L’idea mi è venuta quando lavoravo a Moebius, sempre su Radio 24, con Federico Pedrocchi, trasmissione sulla ricerca scientifica in generale. Allora, visto che l’efficienza energetica e le rinnovabili si facevano sempre più temi caldi, mi sono chiesto perché non dedicare un programma all’energia. E così, su Radio24, è nato “Mr. Kilowatt”, che a dicembre scorso è diventato anche un libro, e che lo scorso inverno si è trasformato in una trasmissione televisiva su TG3 Lombardia. A volte continuo a non capacitarmi di come l’efficienza energetica sia ancora così poco conosciuta. Equivale a risparmiare un po’ di soldi senza rinunciare a nulla. Ed è questo che cerco ogni sera di spiegare all’Italia.
che spettacolo! E: Quale sarebbe il modo migliore per comunicare l’energia? Gli italiani sono pronti per certi temi?
E: Le rinnovabili, che peso hanno nella nostra politica energetica?
MK: Sono più che pronti. L’importante è il modo con cui si comunica. Per anni tali temi sono stati trattati solo dal punto di vista etico, oppure estremamente tecnico. Invece, in questo momento, credo che la chiave per arrivare a tutti sia quella di affrontare il problema dell’efficienza e del risparmio energetico dal punto di vista economico. “Il sole più che costa rende”, questo è uno slogan che funziona. L’italiano va preso così. E poi bisogna utilizzare un linguaggio semplice. Non è il mezzo che conta, ma il modo con cui lo fai. Se si riuscisse a fare un reality sull’energia, avremmo risolto tutti i problemi di comunicazione a riguardo. Si creerebbe molta più “cultura energetica” così che con mille altri canali dedicati.
MK: Più che una politica energetica direi che abbiamo degli incentivi. E per di più sbilanciati. Tutto sull’elettrico e poco sul termico, tutto sul fotovoltaico e poco sui tetti, e così via. Tra l’altro scontiamo il ritardo sui decreti attuativi. Inseguiamo il compitino che ci dà l’Europa quando invece abbiamo dei nostri potenziali da sfruttare, come ad esempio la geotermia. E poi, dovremmo puntare di più sull’efficienza energetica: è fortemente “labor intensive”, catalizzatore cioè di occupazione, riduce le importazioni, sviluppa numerose e nuove opportunità di crescita, offre soluzioni incredibilmente vaste. Inoltre, attraverso questo settore, le piccole e medie imprese hanno maggiore probabilità di crescita. Potrebbe nascere così una vera e propria filiera italiana.
E: Chi ti piacerebbe avere ospite in trasmissione?
E: Il tuo “kilowatt” ideale da cosa è fatto?
MK: Al Gore, ma anche a Jeremy Rifkin. Ma soprattutto i capi partito per capire quali sono le loro priorità in campo energetico. Tra i tanti ospiti che ho avuto, invece, mi hanno colpito quelli che hanno presentato dei progetti molto innovativi – penso al bioetanolo prodotto dal gruppo Mossi & Ghisolfi, all’eolico ad alta quota, o alle batterie al litio. Tutte iniziative che se incentivate funzionerebbero più che bene. La cosa assurda è che sono totalmente abbandonate dallo Stato.
MK: Non esiste un mix ideale, piuttosto un modo ideale di creare il mix. Non c’è un ottimo per tutti, si produce con ciò che si dispone e al costo minore. Mi piace dire che dobbiamo andare verso un nuovo “paradigma energetico”. Mr. Kilowatt saluta e scappa via. Va a preparare una nuova puntata della sua trasmissione. Non male, di questi tempi, per un ingegnere informatico che a 30 anni si è licenziato dall’IBM per inseguire la sua passione. Quella per la scienza e l’energia.
E: Come hai vissuto l’uscita italiana dal nucleare? MK: Non sono mai stato antinuclearista. Ma negli ultimi anni sono successe un po’ di cose che mi hanno fatto capire che in Italia è andata meglio così. Il nostro non sarebbe stato un programma nucleare serio: costruire tre centrali in tre anni equivale a fare un disastro. Il rapporto costi benefici sarebbe assolutamente negativo. E poi le scorie? I costi? Il problema è che c’è molta confusione nell’opinione pubblica. C’è una percezione eccessiva dei pericoli e poca informazione relativa alle centrali di nuova generazione. E inoltre, nessuno sa quanto costa realmente il nucleare. Durante i convegni che seguo, ma anche in trasmissione, non ho mai sentito nessuno includere, tra le variabili dei costi finanziari, quella che riguarda un’eventuale ondata di panico conseguente a incidenti presso vecchie centrali degli anni Settanta. Non è una cosa da poco. È già successo due volte in trent’anni con ampie conseguenze.
Investimento per energie pulite nel mondo in miliardi di dollari 243
180
186
2008
2009
151 113
2006
2007
2010
Fonte: Bloomberg New Energy Finance
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La rubrica nasce con l’intento di aggiornare i lettori sui principali aspetti normativi del settore energetico.
Nuova arma contro la CO2: via libera allo stoccaggio Catturare e “imprigionare” l’anidride carbonica in siti sotterranei, abbattendo così l’inquinamento atmosferico. La Carbon capture and storage ha finalmente una sua normativa anche in Italia. Martedì 4 ottobre, infatti, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Dlgs 162 di recepimento della Direttiva europea 2009/31, che stabilisce le modalità per procedere all’accumulo sotterraneo della CO2. Competenti al rilascio delle autorizzazioni per lo stoccaggio saranno i Ministeri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente, che dovranno individuare i siti e regolamentarne l’esercizio e la dismissione. Le procedure inerenti all’attività, saranno gestite dal Comitato per l’attuazione della direttiva sull’emission trading. Il primo impianto, dei 15 sperimentali voluti dall’Europa, sarà quello di Porto Tolle, asservito alla centrale termoelettrica dell’Enel.
Sì della Camera allo Statuto dell’Agenzia IRENA Diffondere la conoscenza tecnologica, normativa ed economica del settore delle fonti rinnovabili tra i Paesi europei ed extraeuropei e creare un database di informazioni, fruibile da parte degli associati. Queste alcune delle attività in capo ad IRENA, l’Agenzia internazionale per le fonti rinnovabili nata ufficialmente a Bonn nel 2009 e il cui Statuto è stato approvato definitivamente alla Camera il 3 novembre scorso. Gli oneri finanziari, si legge nel provvedimento, saranno spostati al 2012. IRENA, infatti, si finanzia, attualmente, grazie al contributo versato annualmente da ciascuno dei 148 Paesi aderenti. In particolare, per l’Italia l’onere derivante dalla ratifica dello Statuto sarà di 570 mila euro l’anno.
20 milioni dal MiSE ai Progetti per l’efficienza energetica Venti milioni per il finanziamento di progetti esemplari di produzione di energia da fonti rinnovabili e per l’efficienza energetica negli edifici pubblici. Questa la dotazione del Programma Operativo Interregionale voluto dal Ministero dello Sviluppo Economico ed entrato in vigore lo scorso 3 ottobre, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto MiSE del 16 settembre. In particolare, il testo fornisce l’elenco dei progetti vincitori e dispone che gli Enti pubblici ammessi alla graduatoria dovranno sottoscrivere, entro 60 giorni dalla pubblicazione in GU del decreto, una convenzione con il MiSE che regola i rapporti giuridici ed amministrativi relativi agli interventi stessi. La mancata sottoscrizione, comporterà il decadimento del diritto ai contributi.
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A cura di Piergiorgio Liberati in collaborazione con l’Osservatorio Normativo del GSE
Ministero dell’Ambiente, un Fondo da 40 milioni per le rinnovabili Si chiama “Fondo per la promozione delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica”, ha una dotazione di 40 milioni l’anno (destinati con la Finanziaria 2008) e premierà tutti quei progetti innovativi che garantiranno la lotta alle emissioni di CO2. Il Fondo è attivo dallo scorso primo settembre, quando il Ministero dell’Ambiente, sostenitore dell’iniziativa, ha pubblicato sul proprio sito il Decreto Direttoriale 468, che stabilisce tempi e modalità per usufruire dei finanziamenti. In particolare, tra le altre condizioni poste, i progetti inviati dovranno avere caratteristiche di esemplarità dell’intervento, innovazione tecnologica, sarà necessaria la valutazione ex ante ed ex post dell’impronta di carbonio (misura dell’impatto ambientale delle attività svolte) e la massimizzazione della riduzione della CO2.
Nuovi incentivi per la Cogenerazione ad alto rendimento È attivo il nuovo sistema di incentivazione della cogenerazione ad alto rendimento (CAR), come stabilito dal decreto del MiSE del 5 settembre 2011. Per ciascun anno solare di funzionamento, le unità certificate CAR avranno diritto a un numero di Certificati Bianchi proporzionale al risparmio energetico ottenuto grazie all’impianto. In seguito, i titoli di efficienza energetica potranno essere oggetto di scambio e contrattazione, oppure utilizzati per assolvere all’obbligo di cui al DM 20 luglio 2004, che impone a distributori di energia elettrica e di gas con più di 100.000 clienti finali di realizzare interventi di riduzione dei consumi. In alternativa, l’operatore può richiedere il ritiro dei Certificati Bianchi da parte dello stesso GSE. La durata degli incentivi varia in base all’età dell’impianto: le unità di cogenerazione entrate in esercizio dopo il 7 marzo 2007 godono di un periodo di incentivazione di 10 anni (15 se abbinate a reti di teleriscaldamento). Per quelle entrate in esercizio tra l’aprile del 1999 e il 7 marzo del 2007 il periodo di incentivazione è di soli 5 anni.
Fer, la ricetta di Terna per l’accumulo diffuso di energia elettrica Le nuove previsioni di sviluppo della rete, con particolare attenzione ai sistemi di accumulo diffuso, in grado di dare il massimo apporto alla sicurezza e alla riduzione delle congestioni sulla rete. Questo il filo conduttore delle osservazioni inviate da Terna e pubblicate in Gazzetta Ufficiale lo scorso primo ottobre, sul “Documento integrativo relativo ai sistemi di accumulo diffuso di energia elettrica”. Per far fronte all’ingente volume di energia da fonte non programmabile che presto “invaderà” la rete, Terna ha proposto due tipi di interventi: gli impianti di pompaggio e i dispositivi di accumulo diffuso a batterie. Secondo i calcoli effettuati dal Gestore della rete elettrica, con i sistemi di accumulo che saranno installati nel 2012-203 nelle porzioni di rete già critiche (Sud e Sicilia), si potranno mettere a riserva l’equivalente di 130 MW di potenza, con una modulazione evitata per circa 230 GWh e un approvvigionamento (evitato) sul mercato dei servizi di quasi 410 GWh l’anno.
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curiosità
Le profezie di “Avendo esteso la nostra mente nella tecnologia elettrica, basta un solo passo per trasferire anche la nostra coscienza nel mondo del cervello elettronico”
H.M. McLuhan Herbert Marshall McLuhan
di Mauro De Vincentiis L’aforisma-chiave del pensiero di Herbert Marshall McLuhan è quello del Villaggio globale: “La nuova interdipendenza elettronica ricrea il mondo simile all’immagine di un villaggio globale”. Non da meno, però, sono quelli relativi all’elettricità che è stata energia per i suoi studi:
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“Nell’era elettrica indossiamo l’intera umanità come nostra pelle”; “La luce elettrica è informazione allo stato puro: è medium senza contenuto”; “La luce elettrica è un messaggio di mutamento totale, senza un contenuto che ne limiti il potere di trasformare”; “Il messaggio che l’elettricità trasferisce alla società è totalmente radicale, permeante e decentrato”; “La capacità della luce elettrica di trasformare ogni struttura di tempo, spazio, lavoro e società, in cui penetra, rende evidente il potere, comune a tutti i media, di rifoggiare le strutture che raggiungono”; “Il fatto che la luce elettrica non appaia a prima vista un medium è la prova di quanto le persone trascurino l’esame dei media”; “La tecnologia elettrica ha posto fuori di noi il nostro sistema nervoso centrale, così le vite personali sono divenute processi di informazione”;
“Al proliferare dei media elettrici, intere società diventano incorporee, distaccate dalla realtà fisica, sollevate da ogni fedeltà o senso di responsabilità nei confronti del mondo reale”; “La velocità elettrica mescola le culture della preistoria con i sedimenti delle civiltà industriali: l’analfabeta con l’alfabeta e il post-alfabeta”. “La radio ha fornito la prima grande esperienza d’implosione elettronica, di capovolgimento dei significati della civiltà alfabetica”. “Oggi viviamo “miticamente” e “integralmente”, anche se continuiamo a pensare le nostre azioni secondo i precedenti e frammentari moduli di spazio e di tempo dell’era pre-elettrica”. “Un nuovo sconfinato terreno mediale si apre dalla capacità delle comunicazioni elettriche di far vivere ogni cosa in un istante onnicomprensivo”. “L’uomo dell’era elettrica vive in un mondo di informazioni simultanee, discontinue e dinamiche, sempre più escluso dal suo mondo tradizionale in cui lo spazio e la ragione erano uniformi, coerenti e stabili”.
elettriche McLuhan A commento di queste “profezie”, in occasione della ricorrenza dei cento anni dalla nascita di Marshall McLuhan (Edmonton, 1911-Toronto, 1980), Derrick de Kerckhove1 ha scritto che il motivo dell’attrazione per gli aforismi del sociologo canadese sta nella concisione del genere e nella sua capacità di raccogliere intuizioni incisive in un testo concentrato, proprio come accade nei miti. Molti dei suoi aforismi, infatti, sono “micro-miti”, nel senso che condensano molta esperienza umana e saggezza popolare in forme paradossali, esattamente come fa il mito. “C’è poi l’adattabilità di questi frammenti di conoscenza
umana alle menti odierne – aggiunge de Kerckhove – abituate da Google e da Wikipedia a pensare in maniera ipertestuale. Oggi le persone trovano che la sequenza di frasi scollegate siano perfettamente accettabili come modalità di conoscenza. E utilizzano Google come un infinito ipertesto. McLuhan è perfetto per i nostri tempi, non solo per la sua valutazione incredibilmente predittiva dell’Era dell’informazione, ma anche il suo stile più adatto alla predisposizione mentale dei lettori di oggi, piuttosto che di quelli del suo tempo”2. 1 Professore dell’Università di Toronto (Canada), è Direttore dal 1983 del McLuhan Program in Culture and Technology. 2 Cfr. Marshall McLuhan: “Aforismi e profezie”, a cura di Marco Pigliacampo, Armando Editore, 2011
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energia del pensiero
Sono il servo ogni loro deside l’eseguo “Così narrava: e tutti rimasero muti, in silenzio, erano vinti dal fascino nella sala ombrosa” (Omero - Odissea XII, 1-2)
UN CAFFÉ CON MIMMO CUTICCHIO Maestro puparo e cuntista Mi commuovo, piango, rido, mi tormento per loro, cui ho dedicato tempo e sofferenze. I pupi sono i miei amici, i miei fratelli, i miei figli. Insieme portiamo nel mondo le storie, la cultura, le tradizioni, le emozioni, le contraddizioni, la forza della mia terra, la Sicilia.
di Romolo Paradiso
“Ruggero, Ruggero morto tu sei per volere di Dio, faccio un sorriso sul tuo pallido viso l’anima tua la porteremo lassù nel celeste paradiso”. Così recitava Mimmo Cuticchio da bambino, facendo la voce dell’angelo all’opra dei pupi, che suo padre don Giacomino rappresentava in giro per la Sicilia. Una Sicilia di tanti anni fa, ancora ferita a morte dalla guerra appena terminata, con le strade malandate e impolverate, ma con la voglia di rialzare la testa e guardare alla vita con rinnovato vigore.
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Mimmo Cuticchio
dei pupi, rio, io,
Cantava e suonava il pianino a cilindro Mimmo Cuticchio, il figlio del puparo, di colui che agli occhi suoi e degli spettatori appariva come un mago, il mago dei sogni, un essere capace di scatenare la fantasia di ognuno e farla volare verso spazi infiniti, come Malagigi quando si metteva in groppa a quel diavolo di Nacalone. Anche la fantasia di Mimmo volava lontano guardando il papĂ muovere i pupi, dargli respiro, passione, dolore, amore e morte. Lo guardava nascosto tra le quinte, mentre i pupi saltavano animati sul proscenio e le voci dei pupari scandivano le loro gesta. E pensava al momento in cui avrebbe fatto lo stesso. Anche lui sarebbe diventato il mago dei sogni.
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“Io ero fiero di mio padre, che è stato per noi figli maestro di vita e di lavoro”, mi dice Cuticchio guardandosi intorno, posando carezzevolmente lo sguardo sui suoi pupi appesi l’uno accanto all’altro in questa grande stanza dove l’aria che si respira è di un altro tempo. Un tempo immobile, sospeso tra realtà e sogno. “A lui devo tutto. La mia passione, la crescita della sensibilità, della creatività e la voglia di rischiare. Ricordo ancora quando mi presentò per la prima volta al pubblico. Fece uscire il “perdomani”, il pupo presentatore dello spettacolo, che disse: ‘stasira u figghiu di don Giacomino per la prima volta recita la parte dell’angioletto’. Avevo quattro anni. Ricordo la felicità mia e dei miei fratelli alla fine dello spettacolo, quando salivamo sul palcoscenico e potevamo aggiustare i pupi rimasti “feriti” durante la rappresentazione. Ognuno di noi si prendeva un pupo e con amore fraterno lo sistemava e nessuno poteva mettere le mani sul pupo dell’altro. E mentre così facevamo, scorgevamo sott’occhi il viso contento di mio padre, e ci scappava un sorriso leggero di gioia, un sorriso timido e intimo”.
“il teatro dei pupi, così complesso e pieno di sapere antico”
“Fino a quando avevo quindici anni, no. Perché mio padre era così innovativo, sorprendente, che a me e ai miei fratelli non ci veniva da pensare a mutazioni del racconto. Lui era talmente creativo che ogni volta ci colpiva, ci lasciava incantati con alcune variazioni, con cose nuove. Vivevamo dentro e fuori il racconto, eravamo piccoli pupari e spettatori nello stesso tempo. Dopo i quindici anni qualcosa cambiò in me. Cominciavo a prendere coscienza del mio lavoro e suggerivo a mio padre delle variazioni al copione. Lui a volte mi assecondava, altre mi spiegava perché non si poteva. Del resto il teatro dei pupi, quando ero bambino, era così complesso e così pieno di sapere antico, che non c’era nulla da inventare. Semmai c’era solo da imparare. Qualche anno dopo però fu un’esigenza mia il voler cambiare. Volevo volare con le mie ali. Ma siamo già agli anni settanta. Mio padre apre il suo ultimo teatro a Palermo, vicino ai Quattro canti di città. Nei paesi non va più perché la televisione ha ucciso la voglia di ritrovarsi in luoghi comuni. E il teatro dei pupi diventa un’opera folkloristica, per turisti e non più popolare. I siciliani perdono lentamente la passione per “l’opra”. Si comincia ad avvertire la fine di un’antica tradizione. È a questo punto che cerco una strada diversa. Qualcosa che non faccia sparire il nostro lavoro. Mi ribello, ma non per rinnovare l’opera dei pupi, ma per conservarla. Volevo far vivere i pupi e le loro storie. Avevo ventuno anni quando dissi a mio padre che non ci stavo ad assistere all’eutanasia dell’”opra”. Il volto di Cuticchio s’incupisce. Lo sguardo diventa deciso. Le mani si stringono. “Lasciai mio padre. Mi ritrovai solo a dover ricominciare. Senza pupi e senza teatro. Fu la mia sfida. Furono anni difficili, ma allo stesso tempo entusiasmanti. Ho impiegato tre anni a costruirmi i primi paladini. Circa quindici. Conoscevo la tecnica e ci ho messo il cuore”.
Cuticchio si ferma un attimo. Lo sguardo cerca nel vuoto, sembra perdersi nel tempo. Avverto la sua sensazione. Ne ho rispetto. Attendo. Poi gli chiedo se ha mai pensato, da ragazzo, di uscire un po’ dalla tradizione delle opere. Di cambiare copione, di tradire il racconto classico, di creare, così, meraviglia tra la gente in sala.
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Cuticchio alza lo sguardo, allunga la mano e sfiora delicatamente la veste di Angelica e l’elmo di Orlando, come farebbe un genitore con i suoi figli. “Erano quelli che bastavano per iniziare a fare qualcosa”, continua. “poi trovai questo magazzino in via Barra all’Olivella, che all’ora era una zona abbandonata, con poche persone e pochissimi artigiani. Qui ho aperto il mio teatrino dei pupi, che nasce quando ormai gli altri si avviavano alla chiusura. Ma io sentivo che ce l’avrei fatta. Il mio era un amore che non potevo abbandonare. Avevo dalla mia parte l’età, la passione, la forza, per mettere legna a quel fuoco che mio padre immaginava non si potesse più rinvigorire. Io, invece, pensavo al teatro come una tradizione ciclica, il rinnovarsi continuo di una storia antica. E anche come la vita del lavoratore dello spettacolo, o come credo sia meglio dire, dell’artigiano dello spettacolo, che si alza la mattina presto e comincia pian piano a dar forma al suo mestiere che culminerà la sera con la rappresentazione. Ce l’ho fatta! Alla fine ho avuto ragione!”
Cuticchio va nelle scuole. Porta il suo teatro, la tradizione della sua terra. Come uno scolaro, la sera studia, ricerca, si aggiorna, con entusiasmo, con pignoleria, e l’indomani a tu per tu con i ragazzi fa rivivere loro i racconti epici che stanno studiando. E più ancora trasmette la sua passione per quel mondo dei pupi che è nel sangue di ogni siciliano. Ma non gli basta. Il suo pensiero è anche quello di riconquistare il vecchio pubblico, le persone che si sono allontanate attratte dalle sirene del virtuale. Allora decide di cambiare, di portare in scena altri racconti, altri classici, qualcosa che potesse attrarre l’attenzione degli scettici, di coloro che consideravano l’opera dei pupi antica e superata. Nascono così le storie di Cagliostro, Macbeth, San Francesco d’Assisi, Don Chisciotte e tante altre ancora. La gente accorre incuriosita. Arrivano i primi successi e i primi riconoscimenti anche dal mondo della cultura e da quello istituzionale. “Ho capito così”, afferma Cuticchio, “che una tradizione non può durare in eterno. L’uomo stesso è tradizione, ma c’è assoluto bisogno di rinnovarsi. Ho compreso che non c’è alcuna differenza tra Ettore e Achille, tra Orlando e Rinaldo. Tra Carlo Gesualdo e don Giovanni, tra Tosca e Manon Lescaut. Il pupo è un mezzo di comunicazione. Lo è stato sempre, fin da quando è nato all’inizio dell’800”.
“il “cunto”, arte antica e fascinosa”
segue a pagina 86
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Gli domando se l’opera dei pupi non sia servita in alcuni momenti storici per risvegliare le coscienze popolari. Lui mi risponde di getto. “Assolutamente. Pensi al periodo del Risorgimento. Le rappresentazioni dell’”opra” spingono i palermitani a fare la rivoluzione, a lottare per la libertà. A prepararsi all’arrivo di Garibaldi. Così i paladini rappresentano i liberatori e i saraceni i borboni. È la metafora che anima la gente, fa bollire il sangue e prepara alla rivolta”.
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“Tutto questo”, continua Cuticchio, “aveva avuto un precedente nel settecento, con le famose “vastasate”. I casotti dei vastasi erano delle baracche costruite alla marina, dove i “vastasi”, gli scaricatori di porto, operavano come attori facendo dire ai pupi cose contro il potere e i potenti che loro non avrebbero potuto dire, pena l’arresto. I pupi di farsa che ancora oggi abbiamo, sono i padri e i figli di quell’epoca storica”.
Ma Cuticchio non si ferma all’opra, va oltre. Abbraccia anche il “cuntu” e la spada, che del “cuntu” è arma ed emozione. Acquisisce quest’arte “rubandola” a Peppino Celano, maestro contastorie che lui frequentava per farsi insegnare la tecnica di costruire i pupi. Sarà un “rubare” lento e lungo. Celano non parla molto della sua arte. Come fosse geloso di regalarla agli altri. Ne dà solo qualche accenno. Qualche piccola nozione. Ma Mimmo non molla, lo segue nei suoi spettacoli all’aperto, tra le viuzze antiche di Palermo, tra la gente del popolino, affascinata da quell’uomo che solitario racconta le gesta di eroi, nemici, donne, maghi e traditori, con immedesimazione e con la forza della passione.
“Il “cuntu” è un’altra arte antica. Fascionosa”, mi confida Cuticchio. “Il contastorie è una sorta di storico della tradizione orale dei poemi epico-cavallereschi. Per fare il contastorie ho dovuto studiare tantissimo, ma quanto ho appreso mi è tornato utile nelle mie scorribande contatorie tra la gente. È un’emozione forte “cuntare” per strada, vedere gli sguardi attenti, meravigliati, entusiasti di grandi e piccini. I bambini poi sono quelli che danno più soddisfazione. Nei loro occhi leggi il viaggio fantastico che intraprendono dietro le tue parole”. Gli domando per quale alchimia il “cuntu” e il teatro dei pupi, riescono a trasmettere emozioni, ieri come oggi, anche a chi non conosce l’italiano, o addirittura, il siciliano. “È la forza di ciò che appartiene al passato che attrae, che emana fascino. Poi, in qualsiasi parte del mondo, in America, in Asia, in Marocco, in Francia, in Germania, in Inghilterra, ovunque sono stato, la tecnica particolare del movimento, di manipolazione dei pupi, così come gli scenari del teatro, i colori delle tele, i ritmi, i suoni, i battiti del piede, le voci tremolanti all’antica, hanno sempre contribuito a creare un’atmosfera fascinosa. C’è da dire che questo successo è stato favorito anche dal mio lavoro sui testi, dai quali ho cercato di liberare la musicalità più forte, limando, a volte, le parti dialettali, che pure c’erano e ci sono nel mio teatro. Così come sono voluto uscire dalla prolissità di alcuni scritti, asciugandoli del superfluo. Quelli di Dumas, per esempio, autore che era pagato un tanto a parole, e che quindi, per guadagnare di più, allungava il brodo dei suoi pur importanti racconti. Ricordo ancora lo spettacolo che facemmo in Vietnam, i volti, le espressioni di quelle persone che ci guardavano incantati, con il naso all’insù, come tanti bambini che si accostano allo stupore, alla scoperta della meraviglia. I Pupi, mi sono detto quando alzammo il sipario, hanno conquistato pure il cuore dei vietnamiti”.
“c’è tanta Sicilia nell’opra” Gli occhi di Cuticchio si fanno lucidi di emozione. Dietro la quale mal si cela la soddisfazione per avere creduto in un’impresa che sembrava difficile, o, addirittura, impossibile. Un’impresa nella quale c’è tutta la sua determinazione, la sua forza e quella della sua magica terra. “C’è tanta Sicilia nell’opera di pupi”, mi dice. “Tutto quello che appare attraverso “l’opra” nasconde un mondo sottostante, il mondo siciliano di ieri e di oggi. Ci sono le voci delle piazze, quelle degli “abbannianti” (i venditori di frutta, pesce, cose e oggetti vari. ndr). Ci sono le metafore, le cose dette con poche parole, con gli sguardi, ma anche quelle gridate. Ci sono le rabbie, le indignazioni per ciò che sembra immutato, immobile e non risolversi mai.
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Ci sono i nostri silenzi che dicono, i colori, la luce intensa di questa terra esagerata nelle sue contraddizioni e nella sua magnificenza. C’è tutto questo nell’opera dei pupi, che se usato con onestà e con quel pizzico di ingenuità e di verità tipica dei bambini, non occorre dire di essere siciliano, perché la sicilianità arriva!” Mentre Cuticchio parla sono attratto dal volto perfetto di uno dei pupi. Non so chi sia. Non glielo domando. Non voglio interrompere il suo “cuntu”. Non è sicuramente diverso dagli altri. Sono tutti particolari. Sono tutti unici. Come le persone. Come coloro che rappresentano. Mi passa nella mente un pensiero: “chissà se nel suo animo non ci sia, a volte, il dispiacere di lasciare un giorno questo mondo fantastico nel quale ha vissuto, le creature che ha costruito e alle quali ha dato vita e amore”. Cuticchio mi guarda, e da buon siciliano legge nel mio sguardo e afferma: “ho sempre pensato che gli uomini invecchiano nel teatro dei pupi e muoiono. Ma i pupi rimangono vivi e continuano a raccontare. Io so di essere semplicemente un loro compagno. Sono il Caronte del momento, ma poi, un altro Caronte dovrà arrivare”. Gli domando se quando muove le leve dei pupi ha mai avuto la sensazione di sentirsi come un Dio, un essere capace di offrire emozioni a creature inanimate. Di dar loro un tempo in cui esistere e vivere, e uno per morire. Lui sorride e lentamente risponde. “No! Io mi sono sempre sentito il servo dei pupi, non il loro Dio. Un tempo, quando ero piccolo, sono stati i miei compagni di gioco. I pupi di mio padre erano come miei fratelli. Quelli che ho costruito negli anni sono come miei figli. A loro ho dedicato tempo e anche sofferenza. Quante gocce di sangue sono cadute su quelle armature mentre li lavoravo… Io sono dunque amico, fratello e padre dei pupi. Per questo mi commuovo, piango, rido, mi tormento per loro. I pupi mi comunicano e io mi adopero a eseguire i loro desideri. Come un servo di scena, agisco”.
“l’ironia salva gli uomini e spero salvi anche me”
Ma c’è un pupo che ama più di tutti? “Quando ero piccolo ho amato Ferraù. Un pagano che dava del tu a tutti. Quando bestemmiava non lo faceva contro gli altri, che, per esempio, dicevano: “cornuto di Magone!”. Lui invece esclamava: “…per quella vecchia anfusa di mia madre!” Ma soprattutto mi piaceva per la sua ironia, per quel modo di scherzare nel quale mi rivedevo. Ferraù mi ha fatto capire che l’ironia è il mezzo attraverso il quale guardare se stessi e la vita, e dare a questa il giusto senso. L’ironia salva gli uomini, e spero che salvi anche me… E poi mi piaceva la sua capacità di non portare rancore. Il nemico di oggi poteva divenire l’amico di domani. Quando interpreto Ferraù, il bambino che è in me torna, con la stessa passione e lo stesso trasporto di un tempo”. E mentre dice così, Cuticchio si lascia prendere la mano dall’entusiasmo e alzandosi in piedi, come fosse dietro le quinte del proscenio, o nel bel mezzo di una strada antica di Palermo, ripropone la voce forte e aitante di Ferraù. E i suoi occhi ridono di felicità. Poi si siede e il suo sguardo sembra vagare lontano, pensoso. “Purtroppo oggi c’è meno voglia di ascoltare le storie”, sostiene. Non solo quelle dei pupi o dei cuntisti. Ma anche quelle di chi ci sta accanto. C’è meno socialità, meno disposizione all’altro. Il tempo nevrotico condiziona quello del raccontare. Le emozioni così non si tramandano da persona a persone, rimangono confinate, strozzate nel silenzio dell’animo di ognuno e lì si esauriscono. È il dazio da pagare per aver affidato tutto alle macchine e per aver adottato, di queste, comportamenti e logiche. Ci rimane solo la lettura che può farci conoscere i mondi palesi e segreti dell’altro, e forse, anche la vita. Io, per fortuna, ho un altro tempo. In cui cerco di comunicare ciò che ho dentro e tentare di comprendere chi mi sta di fronte. Oggi, poi, mi piace di più ascoltare gli altri. E non mi meraviglio quando li vedo meravigliarsi del tempo che offro loro”. Lei, Cuticchio, si sente l’ultimo dei pupari? “Ripeto: ‘gli uomini muoiono e i pupi restano’. Io sono una di quelle ombre, insieme a quella di mio padre e di tanti altri pupari e cuntisti di questi e altri tempi. Fino a che avrò forza, non smetterò di dire a chi mi sta vicino, ai miei figli e ai miei nipoti per primi, che quest’arte non deve perdersi. Ma devono capire che non possono vivere di rendita. Nessuno, neppure un re o un imperatore può farlo. Bisogna avere passione e tanta umiltà. Saper imparare, sapersi evolvere, saper lottare contro le avversità della vita e del momento, come ho fatto io. Dico sempre: “siate ragazzi, donne e uomini dei vostri tempi, ma, se volete continuare la nostra tradizione, sappiate che non dovete mai sentirvi degli dei. Volare più in alto di Dedalo si può, ma prima occorre imparare a costruire le ali giuste per farlo”. Fuori, in strada, si sente del vociare. Cuticchio apre le persiane e si scorgono le persone in fila che attendono lo spettacolo della sera. È quasi ora. Anche oggi, come ieri, come domani, qualcuno spalancherà le tende del proscenio e apparirà “il perdomani”, che con voce acuta presenterà un altro spettacolo dei pupi. E sarà ancora tradizione, sarà ancora passione, sarà ancora emozione, sarà ancora Mimmo Cuticchio.
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lavoro Alberto Quadrio Curzio
Liberismo sociale IL MODELLO SU CUI PUNTARE INTERVISTA A ALBERTO QUADRIO CURZIO Presidente della Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche e Vice Presidente dell'Accademia Nazionale dei Lincei, Professore Emerito di Economia Politica alla Università Cattolica di Milano Ma è necessario intervenire per dare efficienza alle reti istituzionali, sociali ed economiche a partire dal superamento dei dualismi nord-sud, debito pubblico-ricchezza privata, burocrazia-illegalità, creatività-disordine, europeismo-localismo.
di Giusy Miccoli
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lavoro E: Lei ha svolto analisi territoriali finalizzate alla progettazione economica. Quali sono le possibili linee strategiche di sviluppo per l'innovazione a sostegno dei territori e delle esigenze delle imprese?
E: Recentemente lei ha affermato che dovrebbero essere apportate modifiche alla Costituzione per cambiare l’economia del nostro Paese. Quale, a suo parere, il modello che integra società, istituzioni ed economia? AQC: La Costituzione è uno dei grandi successi conseguiti dal nostro Paese, approdato dopo la dittatura e la guerra alla democrazia repubblicana. I meriti della Costituzione e dei Costituenti sono perciò grandi, anche se adesso la nostra Carta Fondamentale mostra qualche segno del tempo nella parte economica. Credo perciò che andrebbero raffinati alcuni articoli per rafforzare il liberalismo sociale e il federalismo solidale in modo da bilanciare meglio sussidiarietà e solidarietà, promozione delle persone e delle comunità per lo sviluppo. Di recente i tedeschi hanno ritoccato la loro Carta Fondamentale in grande armonia parlamentare. Noi avremmo bisogno di una «Convenzione costituente nazionale» con personalità di nomina istituzionale senza cariche politiche e partitiche per ricreare un clima di Responsabilità repubblicana unitaria che prepari la riforma che poi seguirà l’iter dell’art 138. E: Nei suoi scritti ha sostenuto che il pensiero dei grandi economisti e dei paradigmi originali di pensiero e di azione potrebbero aiutarci nel cambiare l'economia italiana. Quale è il paradigma che potrebbe guidarci? AQC: Il più adatto all’economia italiana è quello che in Germania si chiama «Economia Sociale di Mercato» che noi dovremmo tradurre nelle nostre caratteristiche, rifacendoci a grandi personalità come Luigi Einaudi e Ezio Vanoni. L’ordine costituzionale deve delimitare l’economia di mercato dove vanno evitate forme monopolistiche o para monopolistiche. Questo sistema non deve però essere dirigista ma consentire al mercato di contribuire ordinatamente al bene pubblico. L’Economia Sociale di Mercato ispira il Trattato sulla Unione Europea (art. 3) dove è delineata come combinazione delle libertà del mercato con la solidarietà sociale. In Germania, il sistema economico è molto incentrato sul dialogo e la dialettica delle parti sociali dal quale ha origine il consenso tra forme associative nel governo dell’economia e anche delle imprese. Oggi molti credono che le virtù del mercato rappresentino tutto quello che serve all’economia dimenticando che i fenomeni di liberismo libertario hanno provocato la grande crisi che stiamo vivendo. Il modello europeo continentale è quello di un mercato libero ma anche regolato e partecipato da forme associative di imprese e lavoratori.
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AQC: L’Italia ha le potenzialità per puntare al modello di liberalismo sociale ma è necessario intervenire per dare efficienza alle reti istituzionali, sociali ed economiche a partire dal superamento dei nostri molti dualismi: nord-sud, debito pubblico-ricchezza privata, burocrazia-illegalità, creativitàdisordine, europeismo-localismo. L’Italia ha una struttura reticolare, una economia reale vitale e dinamica e imprese forti capaci di reggere il peso di un fardello politico-burocratico-istituzionale e di finanza pubblica. Ma vi sono anche altri fattori di freno, quali le dimensioni di impresa troppo piccole, la situazione energetica, la modesta entità di investimenti in ricerca e sviluppo. I Trattati europei hanno portato in Italia una concezione della concorrenza, del mercato e dell’impresa assai più confacente a una visione democratico liberale o liberal-sociale, consapevole che lo sviluppo e il bene comune si perseguono anche con un buon funzionamento dell’economia così fondata piuttosto che con un ruolo di supplenza dello Stato. E: Non è necessario, però, sottrarre i mercati e le imprese al gravame politico-burocratico? Certo, questo da noi ha delle radici molto profonde e continua a sostenere il processo che nei fatti ha portato l’economia italiana a conquistarsi libertà e credibilità sui mercati internazionali. Oggi il sistema economico italiano è tripolare: pochissime grandi imprese private o semi-private o semipubbliche che hanno rilievo anche internazionale; imprese pubbliche locali; piccole-medie imprese, spesso raggruppate nei distretti, molto protese all’export, forti nella competizione globale ma per taluni versi vulnerabili tecnologicamente e finanziariamente. Grazie a loro si è creato in Italia un nuovo modello di democrazia economica con forte applicazione del principio di sussidiarietà, principio regolatore dei rapporti tra Istituzioni, Società ed Economia. La sussidiarietà può dunque essere considerata un principio intorno al quale potenziare un liberalismo sociale che possa combinare la capacità di iniziativa e di responsabilità delle persone e dei soggetti economici, generando così sviluppo; l’iniziativa e la responsabilità delle persone e dei soggetti sociali, generando solidarietà dinamica e creativa.
La strana storia della luce e del colore di Rodolfo Guzzi Springer Verlag Italia, 2011, pag.200, Euro 27,95
No impact man (L’esperimento di una famiglia ecologicamente corretta nel cuore di New York) DVD di Laura Gabbert e Justin Schein
Fino al Seicento, la luce era oggetto di studio da parte degli scienziati, mentre il colore da parte dei filosofi. Questa dicotomia fu superata dall’Experimentum Crucis di Newton che spiegò come la luce contenesse il colore. Il libro analizza le teorie sulla visione, sviluppate dai filosofi greci e poi da quelli arabi, dagli scienziati medievali e poi dagli artisti del Rinascimento. L’Autore analizza anche gli esperimenti sulla luce nella fisica classica e in quella moderna, introducendo nuovi concetti sulla percezione della stessa. Spiega, inoltre, come – solo con la nascita della fisica moderna – sia stata scoperta la vera natura della luce e del colore e come, attraverso le neuroscienze, si cominci a comprendere il meccanismo cerebrale di scomposizione dell’immagine nel colore, nella forma, nel movimento e la loro successiva integrazione.
È possibile muoversi nella New York della frenesia e degli acquisti compulsivi, solo a piedi o in bicicletta? Eliminare dalla propria vita la TV e lo shopping? Dire addio a pannolini e fazzoletti di carta? Si può adattare il proprio ritmo veglia-sonno alla luce esterna, nella città delle mille luci, che non dorme mai? Sembrerebbe di si, vedendo l’esperimento-avventura di Colin Beavan, giornalista esperto di tematiche ambientali per “Esquire” e per “New York Times”, che un giorno decide di vivere in modo “sostenibile”; coinvolgendo la moglie, la figlioletta e il cane Frankie. Questa esperienza, che ha suscitato interesse nell’opinione pubblica internazionale, è diventata un progetto multimediale e interattivo, raccontata prima in un blog, poi con un libro (“Un uomo a impatto zero”, Cairo Editore, pag. 285, Euro 14,50) e ora in questo Dvd.
A volte si sprecano momenti importanti solo per stupido egoismo. È un peccato. Si dovrebbe essere “egoisti-migliori” e pensare che quel tempo sciupato poteva essere invece il nostro “miglior tempo”. (K. Elzheir)
Blue economy 10 anni. 100 invenzioni. 100 milioni di posti di lavoro di Gunter Pauli Edizioni Ambiente, 2010, pag.344, Euro 25,00
Pauli presenta un ambizioso programma per ridurre le emissioni di anidride carbonica, utilizzando una combinazione di tecnologie verdi già esistenti. Ogni attività "blu" è un ecosistema. Non produce rifiuti, perché li riutilizza generando ulteriori profitti: per esempio, usando un cellulare senza batteria, che sfrutta il calore prodotto dal corpo e le vibrazioni della voce umana. Fantascienza? No, realtà. Gunter Pauli, economista e imprenditore belga, è il fondatore di Zeri (Zero Emission Research Initiative), rete internazionale di scienziati e studiosi che si occupano di trovare soluzioni innovative alle principali sfide del mondo d’oggi, progettando nuovi modi di produzione e di consumo.
Mondoviaterra 467 giorni. 108.000 km. Senza bucare il cielo di Eddy Cattaneo Feltrinelli, 2011, pag.450, Euro 14,40
Il libro, spiega l’Autore, parla di un “sogno”: fare il giro del mondo via terra, senza prendere aerei; a contatto con la Natura, senza “bucarla” dall’alto. Un’avventura d’altri tempi, per sentire la terra cambiare sotto i piedi, giorno dopo giorno, per attraversare gli oceani a bordo di cargo mercantili: uscire, chiudere la porta e unire il vialetto di casa alla via della seta e al Karakorum; unire i templi buddisti con le rovine Maya o il Macchu Picchu con la Terra del fuoco.
Biblioteca a cura di Mauro De Vincentiis
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Mondo Piccolo
Riprendiamoci il sogno
Mp
Dai nostri giorni è svanito il sogno. La voglia di modellare il tempo per dar vita a un desiderio che poco ha a che fare con la materia, anche se a volte con essa si realizza o in essa confluisce. Lo abbiamo perso perché attratti da altri sogni che di materia si nutrono e nella materia si consumano. Lo abbiamo perso perché abbiamo dimenticato e smarrito l’essenza del bambino che siamo stati. Di quell’età in cui ogni ora, ogni minuto, ogni secondo dell’esistenza, del sogno era impregnata. Un sogno fantastico, al quale aggrapparsi con la fantasia per volare verso lidi ricchi d’avventure e di altri sogni a queste concatenati. O un sogno minuto, che stava tra le piccole cose del giorno, che arricchivano l’essere e davano vigore al nostro cammino. O, ancora, un sogno più ampio, in cui ogni pensiero, ogni azione a esso ricorrente aveva come riferimento altri oltre noi, un gruppo di persone, un popolo, una Comunità. Abbiamo perso il sogno e con esso il contatto con quell’alimento che ci può aiutare a guardare la vita con entusiasmo. Senza il timore di affrontare il momento. Ricchi di uno sguardo interiore che sa andare oltre le apparenze e scoprire segreti, pulsioni e verità nascoste nell’animo nostro, in quello degli altri e nelle cose del mondo. E nel farlo, come gli ingenui e i folli danzare tra lo stupore e la meraviglia, in quello spazio che confina con l’animo e con il cuore. Lì dove ogni cosa si risolve e trova il suo significato. Lì dove si cela la vera ricchezza dell’essere. Un piccolo tesoro da non tener nascosto, ma da regalare a chi si ama e a chi lo sa capire. Così che la sua essenza migri proficua per un tempo senza più tempo.
lo Smilzo
Filo di Nota a cura di Mauro De Vincentiis
Fn
Lo sfoghista La televisione ha creato un nuovo tipo di “personaggio”, quello che gli analisti dei mass media chiamano lo “sfoghista”, colui che si deve “sfogare” perché non sa confrontarsi, nei forum e nei dibattiti con le opinioni degli altri. Ormai non si discute più, si “esterna”: solo urlando e aggredendo (e non ragionando) si difende la parte che si rappresenta. È l’istinto della mischia, dove tutto finisce in “confusione”. La litigiosità per la litigiosità, abbracciando i settori più disparati, dalla politica allo sport. Forme penose, per niente costruttive; manifestazioni di pulsioni profondamente radicate, che scadono spesso nella volgarità. È un segno dei tempi. Un diversivo “rituale e strumentale” per combattere e cercare di vincere le quotidiane battaglie?
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Energia, letteratura, umanità Sorse finalmente l’alba... alba strana: sole e oro di nubi a oriente; nero e tempesta a occidente; ma il tempo migliora e, da uno squarcio di nubi, intravediamo l’oceano, tutto increspato di bianca schiuma; nel cielo assistiamo ancora alle gigantesche metamorfosi delle nubi, che vanno assumendo forme incredibili e mutevoli, come quando da strati ampi e spessi vediamo sorgere dei colonnati che superano talvolta anche l’altezza di 4000 metri… Arturo Ferrarin * (in “Voli per il mondo”, 1929)
E+
*1895-1941. Fu pilota da caccia durante la guerra 1915-18, meritandosi una medaglia d’argento. Compì nel 1920 il volo Roma-Tokyo a tappe. Nel 1928, con Carlo Del Prete, effettuò la trasvolata atlantica da Montecelio (Roma) a Port Natal (Brasile), percorrendo 7163 km in 49 ore e 19 minuti. Venne insignito della medaglia d’oro al valore aeronautico. Descrisse le sue imprese in “Voli per il mondo”.
Immagine di fondo ideata e realizzata da Alessandro Buttà
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Angelo Colagrossi L’idea di mantenere vivo il primato della pittura come mediazione poetica e sintesi concettuale di una realtà proiettata verso il futuro, connota tutta la ricerca, appartata e separata da correnti e da tendenze, di Angelo Colagrossi che si caratterizza per la inusuale capacità di fondere, in un unicum narrativo, campiture figurative e astratte nelle quali il colore assume sia il ruolo di rappresentazione di qualcosa esterna ad esso, sia il ruolo di “pittura” che trova in sé stessa la sua affermazione. Ai “frammenti” che costituiscono l’essenza del suo fare, Colagrossi affida il ruolo esplicativo del senso dell’opera attraverso evocazioni che, concatenate le une alle altre, creano un nuovo cosmo caratterizzato dalla “precarietà” o forse dalla “instabilità” delle certezze che scandiscono la quotidianità. È, in questo senso, una pittura di denuncia del pericolo che incombe sull’umanità: la perdita di interiorità derivata da un uso della tecnologia non sempre finalizzato alla soluzione delle esigenze umane. Valga per tutti il ciclo di dipinti “Molto, moltissimo, anzi troppo”, esplicativo della sua tendenza concettuale a rendere visibile e comunicabile ciò che sembra sfuggire, per disinteresse, allo sguardo normale. Nella sua opera ricorrono, infatti, simboli “ideologici” facilmente individuabili nel suo interesse per temi, spesso arricchiti da riferimenti colti, che sottolineano il “contrasto” tra la società consumistica e la salvaguardia dell’ambiente naturale dal quale l’uomo può trarre tutte le “energie” a lui necessarie. Nato a Roma nel 1960, Angelo Colagrossi, formatosi negli atelier di Valente Assenza, Giulio Turcato e Ennio Calabria, si è imposto all’attenzione della critica come uno degli artisti italiani più interessanti della sua generazione. In oltre trent’anni di professione ha allestito personali in Italia e all’estero, partecipato su invito a Rassegne di rilievo internazionale - tra le quali la “Parabole Exibition” al Cairo, la “Messis Summa. Italian Selection” a Francoforte, “Omaggio a De Chirico” a New York, il “IV Salone d’Arte Moderna e Contemporanea” a Roma - e a Premi Nazionali e Internazionali come il “Sulmona”, il “Michetti”, il “Ferrazzi”.
Molto, moltissimo, anzi troppo. Fra le onde e le stelle Acrilico su tela cm 250x200
la Copertina a cura di Vittorio Esposito
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