La nuova energia Il nostro lavoro è cominciato
Il futuro ci appartiene.
Il mondo ci appartiene.
E per questo dobbiamo trattarlo bene, il mondo. E anche il futuro.
Mi chiamo Rachel Carson: sono stata una delle prime attiviste per l’ambiente e vi accompagnerò in queste pagine. Trovatevi un posto comodo, parleremo di energia, di ambiente e di futuro.
Un mondo di energia
Che cos’è l’energia?
L’energia è sempre intorno a noi: dove c’è trasformazione c’è energia, e viceversa.
Il sole produce energia con la fusione di atomi di idrogeno, e la rilascia nel cosmo. Quando arriva sulla Terra, la luce dà vita alla fotosintesi clorofilliana e l’energia viene immagazzinata dalle piante. Le piante nutrono a loro volta interi ecosistemi: così l’energia diventa movimento, crescita, nuova vita.
Come si conserva l’energia?
Da sempre usiamo diverse fonti di energia e canalizziamo l’energia per usarla al meglio per diversi obiettivi: lo facciamo quando accendiamo una stufa, quando cuciniamo, quando usiamo la rete elettrica o delle batterie.
La storia della tecnologia è anche la storia dei molti tentativi di mettere l’energia da parte per usarla quando e dove ci può servire, per non sprecarla e per fare meno danni possibile.
Come si disperde l’energia?
Per come è fatto il mondo, l’energia si disperde, cioè tende naturalmente a essere ceduta all’ambiente. Se riscaldiamo la casa con un camino, il calore “va via” e non rimane: le cose vanno meglio se le pareti sono ricoperte dei materiali giusti per trattenere il calore.
Questo vale per ogni forma di energia: la sapienza antica e la scienza moderna si incontrano per essere più efficienti possibile.
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Come si misura l’energia?
Usiamo la stessa unità di misura, il Joule, per due grandezze che si assomigliano molto: l’Energia e il Lavoro. Un Joule corrisponde “al lavoro svolto da una forza di un Newton che sposta il suo punto di applicazione di un metro”.
Così, per esempio, un Joule è il lavoro necessario per alzare di un metro da terra un oggetto con una massa di 102 grammi, cioè un etto circa. Immagina di riempire d’acqua una tazza sul pavimento e poi di metterla sul tavolo: hai appena fatto un lavoro di un joule.
Il mondo sta cambiando
Da sempre le nostre scelte hanno cambiato anche il mondo: questo sta accadendo in maniera impressionante in questi anni. Il riscaldamento globale, frutto anzitutto delle nostre scelte in campo energetico, sta portando il pianeta sull’orlo della catastrofe ambientale.
Chi deve agire? Quando?
Politici, scienziati e attivisti per l’ambiente stanno studiando con attenzione il riscaldamento globale: il messaggio è unanime. Dobbiamo agire tutti, e subito. Solo così potremo rallentare il riscaldamento globale e costruire il nostro domani. Lo strumento principale di questa battaglia per il futuro è la consapevolezza.
QUESTO È UN LIBRO SULL’ENERGIA, E SU A C SAPEVO A
DELLE NOSTRE SCELTE.
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“In questo momento dobbiamo saper usare bene l’energia, e scegliere fonti di energia giusta.”
I “suoni” dello spazio ricostruitidalla NASA.
L’energia in natura
L’energia non è un’invenzione dell’umanità, ma qualcosa che ha a che fare con la stessa natura: l’energia è alla base della vita, e delle forze che attraversano il nostro pianeta.
La fotosintesi
Le piante immagazzinano l’energia solare tramite una reazione chimica, la fotosintesi clorofilliana, che trasforma acqua e anidride carbonica in glucosio e ossigeno (in formula: 6CO2 + 6H2O → C6H12O6 + 6O2)
In un anno si stima che l’energia solare trasformata per fotosintesi sia di circa 100 Terawatt, sei volte il consumo annuale energetico a livello mondiale.
Il trasferimento di energia dentro una pianta
Il glucosio prodotto viene trasportato dentro la pianta stessa, puro o in forma di ATP, (adenosina trifosfato, un prezioso composto ad alta energia): queste molecole sono “batterie” messe da parte per ogni necessità.
I semi: banche di energia
Molte piante (le “spermatofile”) si riproducono mediante semi: ogni seme contiene un “embrione” da cui si svilupperà la pianta, un “tegumento” per proteggere l’embrione, e dei “tessuti nutritivi” che comprendono diversi nutrienti che daranno all’embrione la possibilità di crescere e trasformarsi in pianta – vere banche di energia e componenti indispensabili alla crescita.
La catena alimentare
Gli animali non sono in grado di produrre spontaneamente energia (non sono cioè “autotrofi” come le piante): tutta l’energia che usano viene dall’alimentazione, cioè da quello che mangiano.
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Gli erbivori mangiano direttamente alcune piante, mentre i carnivori mangiano alcuni altri animali: l’energia ricavata dal sole si trasmette così durante una catena: la catena alimentare.
Gli animali a sangue freddo
Molti animali, come invertebrati, pesci, rettili e anfibi, sono “ectotermici”: la loro temperatura corporea dipende cioè dall’ambiente esterno. Per questo motivo, per esempio, le lucertole si fermano al sole, per riscaldarsi e regolare così la propria temperatura: anche questo è un esempio di bilancio energetico “naturale”.
I cambiamenti metereologici
Venti, piogge, correnti… molti eventi metereologici dipendono da differenze di pressione atmosferica, di temperatura, dalla concentrazione di elettroni, che sono tutti fenomeni che dipendono dalle variazioni di energia sul pianeta.
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Animali pieni di energia
Quando parliamo di energia pensiamo subito all’energia elettrica e ai campi elettromagnetici, come a una grande invenzione della modernità: eppure in natura ci sono diversi animali che sono in grado di generare elettricità, di produrre luce, di sentire le variazioni elettriche o magnetiche.
Animali elettrici
Ci sono animali che possono generare scariche o impulsi elettrici: sono detti “elettrogenici” e producono elettricità che riescono a trasmettere fuori dal proprio corpo.
Sono per esempio l’anguilla elettrica la torpedine e il pesce gatto africano, che possono produrre scosse ad alto voltaggio per stordire le loro prede.
“bioluminiscenti” come la
la lucciola
Altri animali sono in grado invece di produrre delle luci più o meno deboli, adatte a illuminare la notte o le profondità del mare: il più famoso è , ma molti pesci abissali hanno sviluppato dei “fotofori”, cioè delle cellule in grado di produrre luce, come il pesce lanterna, o ospitano dei batteri rana pescatrice.
La bioluminescenza
Forme di vita molto diverse tra loro riescono a produrre della luce tramite reazioni chimiche, convertendo l’energia chimica in energia luminosa: oltre alle lucciole capita alle larve della famiglia Phengodidae (detti anche “vermi luminosi”), a diversi organismi marini tra cui alcuni batteri (come il Vibrio harveyi, che può in alcune notti dare all’Oceano Indiano un colore lattiginoso) e funghi (come Omphalotus olearius o Gerronema viridilucens).
Animali elettroricettivi
prodotti
animali molto diversi tra loro sono in
Piccoli campi elettrici possono essere prodotti anche da semplici movimenti: forse è per questo che animali molto diversi tra loro sono in grado di percepire l’elettricità. Capita per esempio ai bombi, il cui frullare d’ali genera un campo elettrico, che viene usato per trasmettere ai propri simili dove c’è molto polline. Hanno organi elettroricettivi anche i Monostremi come l’ornitorinco, l’echidna e un delfino, la sotalia marina
La magnetoricezione
Molte specie animali sono infine in grado di percepire i campi magnetici: diversi uccelli usano la magnetoricezione per orientarsi durante la migrazione, ma questo capita anche a api, salmoni, tartarughe, balene o pipistrelli. Alcuni allevatori sono riusciti ad addestrare i cani alla ricerca di magneti seppelliti.
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La storia dell'energia
L’energia c’è sempre stata, e ci sarà sempre: ha però una storia, perché la storia dell’energia è la storia di come l’umanità è riuscita a convertire un tipo di energia in un altro tipo. L’intera storia della tecnologia può essere vista come una storia dell’energia: dove trovarla, come sfruttarla, come non disperderla, come conservarla.
La scoperta del fuoco
In molte culture il fuoco viene donato o portato agli uomini da una divinità, spesso rubandolo ad altri dei. Nella mitologia greca è per esempio Prometeo a rubare il fuoco direttamente dal carro del sole, e Zeus lo punisce per questo. L’invenzione del fuoco è probabilmente avvenuta più volte nel corso della Preistoria, in diversi posti e con diverse tribù: fuoco da conservare o da attizzare con mezzi specifici oggi quasi scomparsi, come la pietra focaia o l’attizzatoio.
L’allevamento
Anche l’allevamento è un’invenzione “energetica”: per molti secoli la principale fonte di energia alternativa al lavoro manuale è stata il lavoro animale.
I mulini
In molte parti del mondo, già in età classica, i nostri antenati hanno iniziato a sfruttare l’energia del vento (e ancor prima, dell’acqua) per azionare meccanismi complessi o faticosi: mole per macinare il grano in farina, frantoi per schiacciare le olive, o attrezzi per fare andare telai e torcitoi.
Un esempio dell’industria antica: i mulini da seta.
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Le barche a vela
La vela è un’altra antica invenzione per sfruttare le energie naturali: grandi tele in stoffa (o altri materiali) che sfruttano la forza del vento per spingere barche e navi in mare.
Il vapore
Le prime macchine azionate dal cui abbiamo notizia sono state progettate già duemila anni fa: è del 50 d.C. l’eolipila, inventata da Erone di Alessandria per aprire le porte di un tempio. È però solo a partire dal XVII secolo in Inghilterra che si iniziano a sfruttare macchine a vapore, dapprima per l’industria, quindi per fare andare i treni. Il carburante dell’epoca del vapore è il carbone, un carburante fossile che incontreremo spesso in queste pagine.
vapore di
L’energia elettrica
Nel 1775 Alessandro Volta inventa l’elettroforo perpetuo, un generatore di elettricità continua: è solo la prima delle sue invenzioni, fondamentali per lo studio dell’elettricità. A lui si dovranno anche la pila elettrica (1800) e la definizione di tensione elettrica, oggi misurata in Volt.
La rete elettrica
L’elettricità ha trasformato la tecnologia, grazie all’invenzione di numerosi apparecchi “elettrici”, cioè alimentati con la corrente elettrica: le prime reti di distribuzione nascono a inizio Novecento e diventano presto grandi reti nazionali.
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Il punto di svolta
Per secoli il mondo ha consumato più o meno la stessa quantità di energia, fino all’accelerazione imposta dallo sfruttamento dei combustibili fossili. Solo che le emissioni derivate dalla combustione di petrolio e carbone non sono più sostenibili: il cambiamento climatico è sotto gli occhi di tutti e attira la nostra attenzione su tante altre abitudini insostenibili.
L’umanità è davanti a una svolta necessaria e inevitabile: lasciare una visione centrata sui costi economici e passare a una più ampia, che parta dai costi ambientali; anche perché ogni costo ambientale prima o poi diventa un costo economico.
Le fonti fossili
Carbone, gas e petrolio sono detti “fossili” perché estratti direttamente dalla Terra e prodotti di ere lontane: contengono idrocarburi derivati dalla fossilizzazione di antiche forme viventi. Sono fonti esauribili, che cioè presto finiranno, e la cui combustione produce molti scarti inquinanti: circa un quarto delle emissioni di gas serra dipendono dall’uso del petrolio e più di un altro quarto dal carbonio.
Le fonti rinnovabili
Sono rinnovabili tutte le fonti “inesauribili”, come il solare, l’eolico, lo sfruttamento della caduta dell’acqua, dei geyser o delle maree. Le rinnovabili che non prevedono combustione non producono gas serra.
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“È il momento della transizione energetica, cioè del passaggio a un uso più consapevole delle risorse.”
I gas serra
La “serra” è una casa in vetro che trattiene gran parte del calore del sole, creando un ambiente più caldo per la coltivazione delle piante. La stessa funzione svolge l’atmosfera, trattenendo i raggi del sole e alzando così la temperatura terrestre: i gas serra principali sono il vapore acqueo, l’anidride carbonica (CO2), l’ozono (O3), il metano (CH4), il monossido di azoto (N2O). Negli ultimi duecentocinquant’anni la presenza nell’atmosfera di alcuni di questi gas è spaventosamente cresciuta (il CO2 in particolare di oltre il 50%): così la nostra “serra” è più calda di prima.
L’acidità dei mari
La CO2 nell’atmosfera impatta anche il pH dei mari che, a livello globale, dal 1751 al 2020 è sceso da 8,25 a 8,14 (un pH più basso indica una maggiore acidità) un cambiamento che ha a sua volta effetti sulla temperatura degli oceani e su tutte le forme di vita.
La primavera silenziosa
Dobbiamo a Rachel Carson uno dei primi importanti successi dell’ambientalismo: l’attivista e scienziata pubblica nel 1962 Primavera silenziosa, un importante atto d’accusa sugli effetti che le sostanze chimiche (i “pesticidi”, e in particolare il DDT) hanno sull’ambiente in cui viviamo. In primavera, scrive, non si sentono più i rumori dei grilli e degli uccelli, che stanno scomparendo a causa dei veleni introdotti per eliminare alcuni insetti. Carson muore nel 1963, ma le sue denunce avranno ben presto effetto: nel 1970 gli USA avranno una Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente e nel 1972 il DDT sarà messo al bando.
degli uccelli, che stanno scomparenDDT sarà messo al bando.
La transizione energetica
I dati delle pagine precedenti dicono una cosa sola: non possiamo andare avanti così; il cambiamento climatico è in atto ed è insostenibile, e ha già conseguenze gravi per l’ambiente in tutto il pianeta. Dobbiamo intervenire subito e cambiare passo: dobbiamo concepire le risorse in maniera diversa. Per questo si parla di transizione energetica, a sua volta parte di una più generale “transizione ecologica”: dobbiamo passare dalle fonti fossili a quelle rinnovabili, e guardare agli effetti complessivi delle nostre scelte.
La transizione ecologica
Il cambiamento climatico ha un responsabile principale, e sta nella nostra dipendenza dalle fonti fossili. Dovremo però fare anche altri passi: diminuire gli sprechi, aumentare l’agricoltura biologica, rivedere il sistema degli allevamenti intensivi.
Il Green deal
L’Unione Europea ha preso una serie di provvedimenti importanti a sostegno della transizione ecologica, battezzandoli “Green deal”, un “patto verde” a vantaggio di tutti. Al centro degli interventi sta l’aumento delle fonti rinnovabili e il passaggio alla mobilità elettrica, cioè all’uso dei mezzi a motore elettrico. Altri punti chiave sono la digital energy, l’Energy Storage, il modo in cui costruiamo e gestiamo i nostri edifici, il modello agroecologico, e un ricorso più ampio alla Economia Circolare
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Il climate clock
Quanto tempo abbiamo per fare questi cambiamenti? Secondo gli scienziati, la temperatura globale del pianeta è destinata ad aumentare di 1,5° già prima del 2030: un punto di non ritorno per gli scienziati. Un evento da scongiurare, per cui stiamo già agendo a livello politico globale, e che richiede azioni a tutti i livelli. Questo evento è al centro dei “climate clock”, gli orologi che scandiscono un conto alla rovescia per impegnarci in azioni concrete.
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“Il futuro ci giudicherà soprattutto per quello che potevamo fare e non abbiamo fatto”
Ermanno Olmi
Il Climate clock in tempo reale.
Il Climate clock installato il 4 giugno 2021, alla vigilia della Giornata mondiale dell’Ambiente, a Roma, presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.
Gestire l’energia elettrica
L’elettricità è la forma di energia più usata e diffusa al mondo: arriva nelle case e nelle industrie per alimentare piccoli e grandi impianti, muove tram e treni, e oggi sempre di più anche autoveicoli. Il vero limite dell’energia elettrica è che per ora ha dei sistemi abbastanza limitati di stoccaggio: l’energia prodotta viene cioè quasi tutta consumata e non immagazzinata per il futuro. Qual è la differenza?
La corrente che ci arriva tramite la rete è presente all’istante e ci arriva tramite una rete, prodotta da altre parti; la corrente delle batterie è invece stoccata in piccole quantità dentro pile sempre più efficienti.
L’invenzione della rete
Le prime centrali elettriche sono nate a fine Ottocento, si trovavano spesso vicino ai grandi centri urbani (già allora i principali consumatori di energia elettrica) e fornivano elettricità in un territorio limitato. Oggi le reti elettriche quasi ovunque percorrono centinaia e migliaia di chilometri, trasportando energia in un territorio molto connesso.
Richiesta e disponibilità
Una buona rete elettrica è in grado di bilanciare la richiesta (cioè i consumi) con la disponibilità (cioè la produzione), modulandola a seconda delle stagioni e delle ore del giorno e delle diverse necessità.
La corrente alternata
La corrente prodotta dalle batterie è “continua”, mentre quella prodotta dagli impianti è “alternata”, cioè varia nel tempo tra polarità positiva e negativa, con una frequenza specifica: la corrente alternata può essere distribuita a un potenziale più alto, limitando così le dispersioni sulla rete.
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I compiti tradizionali
• Costruire e mantenere l’impianto di trasmissione
• Costruire e mantenere le centrali di produzione
• Organizzare la distribuzione dell’energia armonizzando domanda e richiesta
I nuovi compiti
• Costruire la transizione energetica e il passaggio alle fonti rinnovabili
• Gestire i cali di produzione collegati ad alcune energie da fonti variabili
• Migliorare l’efficienza energetica
Lo stoccaggio dell’energia
A oggi, non esistono batterie in grado di immagazzinare quantità di energie sufficienti per il bisogno di una città per un periodo di tempo superiore a qualche ora (anche se si stanno studiando accumulatori fotovoltaici sempre più potenti, e si stanno realizzando buone pratiche come le comunità energetiche di cui parliamo a pagina 55).
Si può però “mettere da parte” l’energia, per esempio, riempiendo l’invaso di una centrale idroelettrica pompando l’acqua a monte durante la notte, quando c’è meno richiesta di energia elettrica, per poi farla passare nelle turbine di giorno, quando l’energia serve di più.
Armonizzare le fonti
Per gestire le necessità si cerca di armonizzare l’arrivo di energia da fonti diverse. Le centrali solari, per esempio, funzionano in base alla quantità di luce, e quelle eoliche con il giusto vento: una buona rete prevede i momenti di massima produzione e li usa al meglio.
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La centrale elettrica di Battersea, a Londra, in un’incisione d’epoca.
Il bisogno di energia
Le cose che hanno bisogno di elettricità o di corrente elettrica intorno a noi sono davvero tante: dal piccolo elettrodomestico alla caldaia, dal computer al cancello automatico, dal campanello al frigorifero. Molte persone si stanno già dotando di impianti che producono energia elettrica, armonizzando i propri consumi con i momenti di maggior produzione di energia.
Come si misura il consumo
L’unità di misura della potenza di un apparecchio è il Watt, indicato come W. Un Watt equivale a un Joule al secondo: in formula, W=J/s.
Il consumo si calcola in termini di una potenza in un arco di tempo, usando solitamente il kilowattora, o kWh. 1 kWh corrisponde all’energia assorbita in un’ora da un apparecchio di potenza di un kilowatt.
Le classi di efficienza energetica
A partire dalla fine del secolo scorso, i principali elettrodomestici hanno iniziato a mostrare all’acquisto un’etichetta oggi obbligatoria per legge in tutta Europa: sopra vi è una classificazione, regolarmente rivista dal legislatore, dell’energia necessaria per ottenere dall’apparecchio risultati analoghi. Un elettrodomestico “di classe A” consuma così meno di uno di classe B, che a sua volta consuma meno di uno di classe C e così via.
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Esempi di consumo
Quanto consuma ogni anno un elettrodomestico per una famiglia di quattro persone? Ecco dei dati medi che possono aiutare a farsi un’idea.
Forno elettrico: 120 kWh
televisore, computer e lampadina fluorescente: 150 kWh
ferro da stiro: 160 kWh
aspirapolvere: 190 kWh
lavastoviglie: 200 kWh
forno a microonde: 230 kWh
condizionatore: 240 kWh
lavatrice: 260 kWh
frigorifero e freezer: 600 kWh
scaldabagno elettrico: 1500 kWh
Quanto spendiamo?
Il sito governativo che permette di controllare i consumi delle proprie utenze.
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L’economia circolare
Uno dei concetti chiave per capire la svolta che stiamo intraprendendo è quello di economia circolare: la visione tradizionale dell’economia è infatti lineare, cioè vede una serie di azioni (e di operatori) che intervengono da un inizio a una fine.
Interveniamo sull’ambiente: coltiviamo le piante, ci prendiamo cura delle foreste, cerchiamo giacimenti
Estraiamo o raccogliamo le materie prime
L’industria e l’artigianato trasformano le materie prime in manufatti e prodotti d’uso
Le quattro R
Al centro dell’economia circolare stanno i nostri comportamenti, che possono cambiare per prenderci attivamente cura dell’ambiente. Ci sono quattro verbi che sono oggi la guida di ogni azione ambientalista.
• RIDURRE
Scegliamo prodotti con imballaggio ridotto o assente (detersivi sfusi o con ecoricariche). Evitiamo confezioni monouso.
• RIUTILIZZARE
Facciamo durare il più possibile un prodotto, impiegandolo anche per altri scopi. Possiamo vendere o regalare un vestito che non portiamo più, riutilizzare un sacchetto, usare ancora un barattolo.
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Vengono distribuiti sul mercato e acquistati
Le azioni sono allora: prendere le materie prime / realizzare un prodotto / usarlo / buttarlo / gestire i rifiuti. L’economia circolare non ha invece, per definizione, inizio e fine: perché ogni nostra azione fa parte di un ambiente, e si inserisce nei vari cicli dell’ambiente, da quello dell’acqua a quello del carbonio, dal ciclo delle materie prime a quello della vita.
Al momento dell’acquisto scegliamo se ridurre gli imballaggi e gli sprechi
Usiamo o consumiamo i prodotti, ma possiamo riutilizzare gli imballaggi e le confezioni
Una volta che il prodotto non serve più possiamo recuperare delle parti ancora utili
Quando buttiamo la spazzatura, differenziamo ciò che si può ancora riciclare
Ciò che viene riciclato torna a essere materia prima/seconda per nuovi prodotti
L’umido e l’organico può tornare alla terra come compost
• RICICLARE
Dividiamo i rifiuti in carta, vetro, plastica, alluminio/metallo e le materie organiche. Per questi sono previste raccolte differenziate e il recupero della materia prima. Le regole per differenziare i rifiuti cambiano leggermente da Comune a Comune. Informati su quali sono le indicazioni per la raccolta differenziata presenti nel tuo Comune di appartenenza!
• RECUPERARE
Recuperiamo ciò che ancora ci può essere utile da un prodotto. È recupero anche, quando possibile, l’uso del prodotto usato come combustibile, attraverso i termovalorizzatori: diminuiamo l’ingombro del rifiuto e produciamo energia.
Lo stooping
È un fenomeno nato sui social americani, e per questo ha un nome inglese: ma si fa in tutto il mondo ed è più vecchio di Instagram. Si tratta di recuperare mobili e altri oggetti abbandonati per strada per dar loro nuova vita: a volte basta un annuncio!
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Sprechi ed efficienza energetica
Finora abbiamo parlato di consumi: l’energia più preziosa è però spesso quella che non consumiamo! È un concetto prezioso: il risparmio energetico.
Buone idee per non sprecare energia
• Spegnere la luce quando si esce da una stanza
• Staccare i caricatori dalla presa quando non si usano
• Spegnere o staccare gli elettrodomestici dalla corrente quando sono in stand-by
• Caricare le batterie (anche quelle del telefono) solo quando sono scariche o quasi scariche
• Scegliere elettrodomestici di buona ef cienza energetica (vedi a pagina 17)
• Usare lampadine a Led
• Non mettere in frigorifero cibi caldi
• Scegliere cicli di lavaggio “eco”
• Sfruttare al meglio la luce naturale
• Ridurre gli spifferi e migliorare l’isolamento
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Efficienza ed efficientamento
L’efficienza energetica misura la qualità dell’uso energetico, per esempio in un elettrodomestico, una lampadina o una casa. L’efficientamento indica invece quali misure si possono prendere per migliorare l’efficienza energetica: a volte può bastare un’azione semplice come la sostituzione di una guarnizione, l’uso di un paraspifferi, o anche la riparazione di una perdita.
C’è un’energia invisibile e a buon mercato: quella dei buoni comportamenti.
Il trasporto pubblico
L’efficienza energetica riguarda i singoli ma anche le comunità: un buon esempio di comportamento “efficiente” è il trasporto pubblico. Quando una città si dota di una buona rete di trasporti, diminuisce il traffico privato, e quindi sia il consumo di carburante che l’inquinamento prodotto.
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Energia a portata di mano
Molte delle nostre scelte non usano energia elettrica perché usano altre fonti di energia. Alcune sono abitudini antiche, altre frutto di invenzioni moderne: alla base di tutte c’è ancora una volta la consapevolezza delle proprie scelte.
L’energia termica
Spesso l’energia viene usata per riscaldare: un ambiente, una pentola d’acqua, eccetera. Molte delle scelte “attive” comportano la combustione, e quindi l’emissione di CO2 : dobbiamo quindi stare più attenti alle scelte passive, in cui cioè non consumiamo attivamente energia. Come sempre, è un cambio di prospettiva: non dobbiamo “alzare la temperatura” ma pensare a “non abbassare la temperatura”: può bastare chiudere la finestra, mettersi un maglione o una coperta in più, o fare un po’ di esercizio fisico.
L’energia chimica
Gran parte dell’energia che usiamo è di natura chimica: quando usiamo una batteria, per esempio, ma anche quando mangiamo o digeriamo.
Stendere i panni
Asciugare i vestiti umidi appendendoli al sole, anziché mettendoli in un'asciugatrice, è un'abitudine antica ma davvero ecologica!
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La carica a molla
I primi automi sono stati creati prima dell’Ottocento, e venivano alimentati nei modi più diversi: ad acqua, sfruttando la gravità; a vapore; e infine a molla, sfruttando una carica meccanica che poi veniva rilasciata. Funzionano così ancora oggi gli orologi a carica e alcuni giocattoli.
La bicicletta
La bici è un ottimo esempio di sfruttamento razionale dell’energia: permette di ridurre la fatica grazie a una buona meccanica, e naturalmente non emette alcun inquinamento. Ogni volta che ci muoviamo a piedi o in bicicletta diminuiamo il bilancio delle emissioni e ci teniamo in esercizio.
Acqua calda naturale
Gli antichi romani tenevano in gran conto le sorgenti termali, cioè quelle in cui l’acqua sgorgava a temperature più alte e talvolta addizionate di particolari minerali. Dove ci sono acque naturalmente calde oggi possono essere usate così come sono risparmiando su caldaie e impianti di riscaldamento: in Islanda il 95% del riscaldamento delle abitazioni viene da fonti geotermiche, e l’acqua calda viene usata anche per riscaldare le strade ed evitare che si ghiaccino.
Un forno solare
I forni solari sfruttano il calore del sole per trattenerlo o convogliarlo, fino a raggiungere temperature adatte alla cottura: hanno diverse forme e diverse potenze, da quelli “a scatola” a quelli “a tubo”, fino a quelli che sfruttano degli specchi parabolici.
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Le centrali da rinnovabili: l’idroelettrico
Una delle più antiche fonti di energia in assoluto, e una delle più antiche rinnovabili, è la forza dell’acqua. L’Italia è piena di centrali idroelettriche, costruite fin dalla fine dell’Ottocento.
Come funziona una centrale idroelettrica?
• L’acqua viene accumulata in un invaso grazie a una diga
• Da qui si incanala in una condotta in discesa
• Arriva a forte velocità su una turbina che inizia a girare
• La turbina fa girare un generatore/alternatore che trasforma il movimento in energia elettrica
• Con il trasformatore prende la tensione desiderata ed entra nella rete elettrica
Si possono fare nuove centrali idroelettriche in Italia? Circa settanta anni fa la maggior parte dell’energia elettrica proveniva da centrali idroelettriche: alcune oggi sono chiuse o sottoutilizzate e potrebbero essere riattivate, o si potrebbero creare alcune nuove microcentrali. Potremmo così aumentare del 10% l’energia prodotta da fonte idroelettrica.
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Come funziona un alternatore
Come funziona un generatore elettrico?
Le centrali elettriche convertono per lo più energia meccanica in energia elettrica, cioè movimento in elettricità. Per fare questo usano un generatore elettrico, composto da una parte fissa (“statore”) e una parte mobile (“rotore”): su una sono avvolte le spire di una bobina di filo in rame, sull’altra stanno dei potenti magneti. I magneti (o, analogamente, il filo) vengono fatti ruotare e generano così un campo magnetico che a sua volta produce per induzione una corrente nella bobina. Questa corrente viene poi trasformata in corrente alternata per essere immessa nella rete elettrica.
Le dighe
Per alimentare una centrale idroelettrica viene costruita una diga che garantisca un afflusso di acqua costante e regolare.
In foto si vede il campanile di Curon che svetta dal Lago di Resia, in provincia di Bolzano: il lago è stato creato con la costruzione della diga di San Valentino, che garantisce un salto di 586 metri, trasformati in 105 MW di potenza nell’impianto di Glorenza, attivo dal 1949.
Anelli di scorrimento
Rotore Bobina in rame Magneti ssi Albero
Turbina Spazzole Elettricità
Energia meccanica Energia elettrica
Le centrali da rinnovabili: l’energia solare
L’energia solare viene usata sin dall’antichità, per esempio per riscaldare l’acqua. L’elettricità solare ha anch’essa quasi duecento anni: è infatti del 1839 la scoperta dell’effetto fotovoltaico a opera del giovane fisico Edmund Becquerel. Il fotovoltaico converte la luce in energia elettrica per le proprietà di alcuni materiali semiconduttori, come il silicio (piuttosto diffuso in natura): è una tecnologia sperimentata e raffinata negli anni. In Italia l’energia solare copre ben l’8% dei nostri consumi energetici, ed è in continuo aumento.
Come funziona un impianto fotovoltaico?
• I raggi del sole colpiscono i singoli moduli che producono una corrente continua
• La corrente arriva a un inverter che la fa diventare alternata
• La corrente alternata può ora entrare nel circuito elettrico ed essere sfruttata dall’utente (autoconsumo)
• Due contatori controllano l’energia complessivamente prodotta dall’impianto e la frazione che viene destinata alla rete
• Un trasformatore porta la corrente alla tensione desiderata
• La corrente eccedente entra nella rete elettrica
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Moduli fotovoltaici Inverter Contatore di produzione Contatore immissione rete Trasformatore Rete Utenze (autoconsumo) Corrente alternata Corrente continua
Quanto è grande un impianto fotovoltaico?
Ogni kW installato richiede uno spazio di circa 8-10 mq per posizionare i moduli a silicio cristallino, solitamente sul tetto dell’edificio.
Le finestre fotovoltaiche
Lo sviluppo della tecnologia ha permesso di realizzare moduli fotovoltaici molto flessibili: oggi esistono anche finestre fotovoltaiche, in grado di assorbire una frazione della radiazione solare senza precludere l’illuminazione dei vani interni.
Dove si costruiscono gli impianti fotovoltaici?
Migliori sono le condizioni atmosferiche, maggiore è l’energia prodotta da un impianto fotovoltaico. Quindi se piove o ci sono molte nuvole, l’impianto produce poco e di notte la produzione sarà nulla.
In Italia l’esposizione ottimale per moduli fissi è verso Sud con un’inclinazione di circa 30-35 gradi: per ogni kW installato un impianto fotovoltaico può produrre in media dai 1.000 kWh al Nord, fino ai 1.500 kWh al Sud, l’anno.
Il solare si combina bene con altri impianti
Nell'impianto di Markersbach, in Sassonia (Germania), qui in foto, si vede come i pannelli solari si combinino con la diga del bacino, fornendo così energia da fotovoltaico e idroelettrico. I due impianti condividono la rete elettrica e i trasformatori per il trasporto dell'energia a valle.
Le centrali da rinnovabili: l’eolico
L’energia eolica sfrutta i venti, seguendo l’antico principio dei mulini: si stanno dimostrando un’ottima risorsa da usare in aggiunta all’energia solare o in alternativa (per esempio in zone scarsamente illuminate). Gli studi recenti hanno portato alla realizzazione di impianti eolici anche in mare aperto e in alta quota.
Come funziona una pala eolica?
• Il vento spinge le pale dell’elica, azionando il rotore
• L’albero del rotore è innestato dentro una navicella in cui si trova un moltiplicatore di giri (analogo a quello di una bicicletta)
• Il movimento fa girare ad alta velocità un generatore/ alternatore che produce energia elettrica
• La torre che sostiene la navicella è vuota e attraversata da cavi che poi passano sottoterra in un cavidotto
• Il trasformatore fa prendere alla corrente la tensione desiderata e la immette nella rete elettrica
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Pale Torre
Rotore Navicella Alternatore
Moltiplicatore di giri
Rete
Trasformatore
Cavidotto
Le classi degli impianti
Il cuore di un impianto eolico è l’aerogeneratore: questi vengono classificati in base alla potenza:
• macchine di piccola taglia (1-200 kW):
diametro del rotore: 1- 20 m
altezza torre: 10 - 30 m
• macchine di media taglia (200 - 800 kW):
diametro del rotore: 20 - 50 m
altezza torre: 30 - 50 m
• macchine di grande taglia (oltre 1.000 kW):
diametro del rotore: 55 - 80 m
altezza torre: 60 - 120 m
Le macchine di piccola taglia producono solitamente elettricità per singole utenze e possono anche essere isolate dalla rete elettrica.
Le macchine di media e grande taglia sono invece utilizzate prevalentemente per realizzare parchi eolici o fattorie del vento.
Dove si trovano gli impianti eolici?
Gli impianti eolici vengono costruiti dove c’è vento: i primi sono stati storicamente costruiti per esempio su colline e montagne, di cui l’Italia è piena. Gli impianti eolici sulla terra ferma vengono chiamati “on-shore”, per distinguerli da quelli in mare aperto, detti “off-shore”.
In ottobre 2017 è stato inaugurato al largo della Scozia il primo parco eolico off-shore galleggiante. Le turbine (253 metri di altezza, di cui 78 emersi), sono ancorate al fondo del mare mediante catene.
Aquiloni eolici
Gli scienziati stanno mettendo a punto degli aquiloni per sfruttare le correnti di alta quota: questi sono collegati a dei mini-generatori che possono ricaricare una batteria o alimentare un’utenza locale.
Cavo
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Centralina di controllo Aquilone
Generatore
Le centrali geotermiche
Come funziona una centrale geotermica?
Gli impianti geotermici sfruttano alcune situazioni particolari, in cui l’acqua incontra delle rocce sotterranee a temperature elevate, trasformandosi così in vapore che raggiunge la superficie con getti più o meno potenti.
• L’acqua diventa vapore su rocce caldissime
• Il vapore viene incanalato dentro dei tubi
• E portato dentro una turbina a vapore
• La turbina fa girare un generatore/alternatore che produce energia elettrica
• L’energia elettrica viene portata con un trasformatore alla tensione voluta e immessa nella rete elettrica
• Il vapore viene reimmesso nella falda sottoterra: può passare attraverso una torre di raffreddamento per abbassarne la temperatura.
Dove si trovano gli impianti italiani?
Il primo impianto geotermoelettrico al mondo fu realizzato nel 1911 a Larderello, in Toscana, per iniziativa del principe Piero Ginori Conti. Gli unici impianti di questo tipo in Italia si trovano nelle province di Grosseto, Pisa e Siena.
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I vapori del geotermico sono inquinanti?
Le emissioni di questi tipi di impianti dipendono dalle caratteristiche del vapore, che può contenere naturalmente composti di diverso tipo: sono comunque emissioni più basse di quelle di impianti a combustibile fossile. Per abbassare l’impatto dell’impianto a volte vengono usati sistemi di abbattimento di alcuni composti (idrogeno solforato e mercurio).
L’uso delle acque calde
A volte l’acqua è disponibile a temperature più alte del normale ma comunque non sufficienti a trasformarsi in vapore: l’acqua calda può essere convogliata nelle case o sfruttata per scaldare ambienti pubblici.
Vulcani e geotermia
I paesi che hanno maggiormente sviluppato impianti geotermici hanno un territorio con alta presenza di vulcani, come il Cile e l’Islanda. La produzione di vapore ad alta temperatura è infatti strettamente collegata con attività vulcanica profonda. In Italia si sta studiando la possibilità di costruire centrali nelle zone dei tre vulcani: Etna, Vesuvio e Stromboli.
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Biocombustibili e biomassa
Le biomasse
La biomassa è la parte combustibile o sfruttabile di diversi prodotti di origine biologica, dal legno agli escrementi animali, dalla parte biodegradabile dei rifiuti agli scarti di giardinaggio. La pratica di bruciare il legno, gli scarti dei campi o anche gli escrementi secchi, è molto diffusa da sempre in tutto il mondo.
Come funziona un impianto a biomasse?
Ci sono diversi tipi di impianto, in base al tipo di biomassa, alla tecnologia utilizzata e all’energia ricavata. Questo è un tipico impianto a combustione:
• La biomassa, selezionata e accumulata, viene condotta in un forno di combustione
• Il forno brucia la biomassa facendo bollire dell’acqua in una caldaia, producendo così del vapore
• Il vapore viene condotto in una turbina che fa girare a sua volta un generatore/alternatore che trasforma l’energia meccanica in energia elettrica
• Un trasformatore adatta l’energia prodotta alla tensione necessaria a introdurre l’elettricità nella rete Biomassa
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di combustione
Alternatore Trasformatore Rete
Camino Forno
Caldaia Vapore Turbina a vapore
Gli impianti a biogas da discarica
Gli impianti a biogas sfruttano invece la fermentazione di alcune frazioni organiche della spazzatura, che portano alla produzione di biogas.
• Il gas si forma in fondo alla discarica controllata e viene captato tramite dei pozzi
• Appositi collettori portano il gas a un gruppo elettrogeno, in cui il biogas viene bruciato per produrre energia elettrica
• Un trasformatore adatta l’energia prodotta alla tensione necessaria a introdurre l’elettricità nella
I bioliquidi
Sono combustibili liquidi prodotti da biomasse, non destinati al trasporto. Sono degli oli vegetali ottenuti dalla spremitura dei semi di alcune piante come girasole, soia, colza, palma...
I biogas agricoli
Sono biogas che derivano da biomassa agricola (colture dedicate, scarti di vegetazione, liquami zootecnici): sono analoghi agli altri impianti a biogas, e forniscono come scarto di lavorazione il digestato, il residuo della biomassa che può essere utilizzato come concime ammendante.
Il biometano
È un biogas raffinato ad alto contenuto di metano, usato come biocarburante per autotrazione (o immesso in rete): l’obiettivo nazionale è di raggiungere il 10% di biometano nel settore trasporti.
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rete
Rete
Trasformatore
Torcia
Gruppo elettrogeno
Aspirazione e trattamento gas
Collettori del gas
Pozzi di captazione del gas
Discarica controllata
Sfruttare l’energia del mare
La forza del mare viene sfruttata in impianti di concezione diversa, che sfruttano di volta in volta le maree, le correnti marine o le onde.
Impianti a maree
La marea è il moto che porta le acque del mare e in particolare dell’oceano ad alzarsi e abbassarsi di livello a seconda dell’ora del giorno, per effetto della gravitazione lunare.
• Nell’impianto sono presenti delle turbine bidirezionali che producono energia elettrica quando l’acqua sale, riempiendo delle vasche
• Ma anche quando l’acqua viene fatta uscire dalle vasche alzando le paratoie facendo girare le turbine nell’altro senso
• Le turbine attivano un generatore che produce energia elettrica
• Un trasformatore adatta l’energia prodotta alla tensione necessaria a introdurre l’elettricità nella
Impianti a corrente marina
Le correnti marine si sviluppano, al di sotto della superficie del mare, a causa di una variazione di temperatura dell'acqua.
Moduli fotovoltaici (opzionali)
Generatore elettrico
Rete Moltiplicatori
Albero principale Ancoraggio
• Le correnti marine vengono sfruttate in maniera simile al vento: la corrente fa muovere un rotore formato da più pale
• la rotazione è trasferita, tramite un moltiplicatore di giri, a un generatore elettrico posto all’interno della piattaforma
• Un trasformatore adatta l’energia prodotta alla tensione necessaria a introdurre l’elettricità nella rete
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Paratoie
Turbina bidirezionale
Generatore
Livello alta marea
Livello bassa marea
Fondale marino
Trasformatore Rete Sbarramento
rete
Trasformatore
Turbina Kobold
Cavo elettrico
Piattaforma galleggiante
I sistemi a moto ondoso
Ci sono più modi per sfruttare le onde marine, e il World Energy Council ha stimato che sfruttandole tutte potremmo generare il doppio della quantità di energia elettrica attualmente prodotta.
• I sistemi AWS (Archimedes Wave Swing) sono ancorati sul fondale e usano piccole strutture composte da un cilindro cavo, riempito d’aria, che si muove in verticale al passaggio dell’onda mentre la parte inferiore, ancorata al fondale, ha al suo interno un generatore elettrico
(Archimedes Wave Swing) sono fondale riempito Rete
Gallegiante
Trasformatore
Generatore elettrico lineare Cavo elettrico
Basamento Fondale marino
elettrico
Direzione onda
Ancoraggio
Trasformatore
Segmanto tubolare principale
Turbina bidirezionale
Compressione decompressione aria
Onde
• i sistemi a colonna d’acqua oscillante (OWC) sono costruiti sulle coste: hanno una camera in calcestruzzo in cui può entrare l’acqua marina: il livello del mare si alza e si abbassa per effetto delle onde, le quali provocano un movimento dell’aria all’interno della camera, sfruttato per azionare una turbina e un generatore elettrico.
• i sistemi Pelamis sfruttano degli apparati galleggianti fatti da una serie di cilindri collegati tra loro e posti in mare aperto. Il passaggio dell’onda mette in moto dei pistoni idraulici che alimentano motori collegati a un generatore Camera di captazione
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Rete Trasformatore Generatore
Oscillazione Pelamis verticale e orizzontale Mare aperto Modulo conversione di potenza Rete
Cavo elettrico
Le centrali del futuro
L’energia del futuro sarà sicuramente molto meno dipendente dalle fonti fossili, e dovrà essere molto più integrata con l’ambiente: dovrà essere in grado di sostenere le richieste delle grandi metropoli, ma anche di collegare i piccoli centri più remoti, anche e soprattutto nei Paesi tecnologicamente più arretrati. Questo accadrà grazie alle fonti che già conosciamo, con una diffusione maggiore di solare, geotermico, eolico, biomasse ed energie marine: ma avverrà anche studiando fonti di energia ancora inesplorate, e collocazioni non sperimentate.
Fusione nucleare
In natura, l’abbiamo visto, l’energia viene prodotta principalmente nelle stelle, che sono grandi centrali a fusione nucleare, dove cioè si fondono nuclei atomici liberando grandi quantità di energia. Gli scienziati stanno da tempo cercando di replicare meccanismi analoghi per creare delle centrali “a fusione”, più efficienti e meno rischiose di quelle attualmente disponibili “a fissione”. Nel 2022 c’è stato un passo in avanti significativo, con la prima creazione di energia da fusione con un costo energetico inferiore al ricavo, ma la strada da percorrere è ancora lunga.
Motori a idrogeno
Per molti il motore del futuro sarà un motore a idrogeno, in grado cioè di convertire energia chimica in energia meccanica in un motore a combustione interna (HICEV) o facendolo reagire in una pila a combustibile (FCEV) producendo elettricità. I motori a idrogeno sono eccezionali sia come resa che per il fatto di produrre come fumi di scarico semplice vapore acqueo.
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Il limite di questi motori è che l’idrogeno, malgrado sia molto diffuso in natura, è difficile da estrarre: lo si può ricavare dagli idrocarburi (quindi ancora dai combustibili fossili) o compattandolo in costose bombole di idrogeno liquido. L’alternativa che gli scienziati stanno perfezionando è l’elettrolisi che può essere alimentata anche con l'energia eolica o solare.
Lo sfruttamento dell’energia cinetica
Ogni volta che ci muoviamo disperdiamo la nostra energia cinetica: sono allo studio dei sistemi in grado di produrre energia con il calpestio di un marciapiede o muovendosi lungo una strada, attraverso pavimenti attrezzati.
Pannelli solari nello spazio
I pannelli solari sono un’ottima fonte di energia, già largamente usata (ne parliamo a pagina 26): alcuni Paesi non hanno però posto per piazzare abbastanza pannelli sufficientemente illuminati; così gli scienziati stanno studiando la possibilità di mandare in cielo dei satelliti per produrre energia solare, con pannelli in orbita, o addirittura di creare delle centrali solari sulla luna.
Energia dall’ombra
Shadow-Effect Energy Generator (SEG) è un generatore creato a Singapore e che si propone di sfruttare l’energia solare anche in ambienti chiusi o con forti ombre: il dispositivo è costituito da una serie di sottili strisce di pellicola d’oro posizionate su una lamina di silicio, e sfrutta il contrasto tra luce e ombra.
Le centrali nei paesi in via di sviluppo
A lungo in Africa l’elettricità è stata riservata ai grandi centri urbani, trascurando quelle zone del continente difficili da raggiungere, e con costi importanti per i gestori di rete, a fronte di consumi trascurabili. Per queste situazioni sono già disponibili delle piccole centrali, principalmente solari e eoliche, che permettono l’autosufficienza energetica e l’uso di computer, macchinari elettrici e simili.
Siamo di fronte a problemi enormi e non ci sono soluzioni facili.
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Alcuni discorsi sul futuro
I governi hanno iniziato a prendere provvedimenti sul cambiamento climatico per via di una situazione ormai drammatica, ma anche grazie all’impegno e alle parole di alcuni attivisti e scienziati: persone come Leonardo Di Caprio, che ha parlato alla Conferenza sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite del 2014, o l’attivista svedese Greta Thunberg, intervenuta in una analoga conferenza nel 2019. Riportiamo qui alcuni passaggi principali: inquadrando il QR code troverete i video integrali dei loro interventi.
Il discorso alle Nazioni Unite di Greta Thunberg
(23 settembre 2019)
Il mio messaggio è che vi terremo d’occhio. È tutto sbagliato. Non dovrei essere qui, dovrei essere a scuola, dall’altro lato dell’Oceano. Eppure, venite a chiedere la speranza a noi giovani? Come osate?
Avete rubato i miei sogni e la mia infanzia con le vostre parole vuote, e io sono tra i più fortunati. Le persone stanno soffrendo, stanno morendo. Interi ecosistemi stanno collassando. Siamo all’inizio di un’estinzione di massa. E tutto ciò di cui parlate sono soldi e favole di eterna crescita economica? Come osate?
Per oltre 30 anni la scienza è stata chiarissima. Come osate continuare guardare dall'altra parte e venire qui dicendo che state facendo abbastanza quando le politiche e le soluzioni necessarie non si vedono ancora.
Ci state deludendo, ma i giovani stanno iniziando a capire il vostro tradimento, gli occhi di tutte le generazioni future sono su di voi, e se sceglierete di fallire non vi perdoneremo mai. Non vi permetteremo di gettare via tutto questo.Proprio qui, proprio ora noi tracciamo la strada.
Il mondo si sta svegliando e il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o no. Grazie.
Il discorso integrale su YouTube
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[…]
Il discorso di Leonardo Di Caprio (23 settembre 2014)
Nel mio lavoro di attore, mi guadagno da vivere fingendo. Interpreto personaggi fittizi che spesso risolvono problemi fittizi. Credo che l’umanità stia guardando al cambiamento climatico nello stesso modo: come se fosse finzione, come qualcosa che sta succedendo sul pianeta di qualcun altro, come se fingere che il cambiamento climatico non esista, lo faccia, in qualche modo, sparire. Ma sappiamo che non è così. Ogni settimana vediamo nuovi e innegabili eventi climatici, prove che il cambiamento climatico è qui, adesso, e si muove sempre più velocemente. Sappiamo che le siccità stanno aumentando, che i nostri oceani stanno diventando più caldi e più acidi, con rilasci di metano che arrivano da sotto al fondale oceanico. Vediamo eventi meteorologici estremi, temperature in aumento, e i ghiacci dell’Antartide Occidentale e della Groenlandia che si assottigliano a livelli mai visti, molto più velocemente di quanto avessero previsto le proiezioni scientifiche.
Per essere chiari, questo problema non riguarda solamente il dire alle persone di cambiare le lampadine o di comprare una macchina ibrida. Questo disastro è cresciuto oltre le scelte dei singoli individui. Ora tocca alle nostre industrie e ai governi di tutto il mondo prendere delle decisioni risolute e di larga scala. Non sono uno scienziato, ma non serve esserlo. Perché la comunità scientifica mondiale ha parlato, e ci ha dato la nostra prognosi. Se non facciamo qualcosa insieme, perderemo sicuramente.
Questo è il momento per fare.
Abbiamo solo un pianeta. L’umanità deve diventare responsabile per l’insensata distruzione della nostra casa comune.
Proteggere il nostro futuro su questo pianeta dipende da come si evolverà la nostra specie.
Questo è il momento di massima urgenza, e questo è il più urgente dei messaggi.
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[…]
Il discorso integrale su YouTube
L’attivismo ambientale
Greta Thunberg e Leonardo Di Caprio hanno parlato a nome del pianeta e a nome dei molti che hanno manifestato in questi anni, per sensibilizzare le persone e i governi sull’emergenza ambientale. In tanti sono scesi in piazza, hanno difeso le proprie idee o hanno interrogato i politici e gli amministratori: sono i cosiddetti “attivisti”, persone che si sono attivate, cioè hanno deciso che era il momento di fare qualcosa. Ci si attiva nel momento in cui facciamo conoscere agli altri i numeri dell’emergenza, le soluzioni (piccole e grandi) necessarie ad affrontare un certo problema o una certa questione; ci si attiva cambiando il proprio stile di vita e chiedendo risposte concrete. Sono due direzioni su cui si procede di pari passo, perché la consapevolezza è la chiave per il cambiamento. Nelle parole di Rachel Carson: “C’è un segno di speranza nel risveglio di un forte interesse pubblico, di una concreta preoccupazione: le persone iniziano a far domande e insistono per avere risposte in merito, senza più adeguarsi ai programmi proposti. E questo è già di per sé qualcosa di prezioso.”
Giorgio Parisi
Nell’ottobre 2021 il fisico e premio Nobel Giorgio Parisi ha pronunciato questo discorso in uno degli eventi preparatori della conferenza sul clima di Glasgow, Cop 26. “Il vostro compito storico è di aiutare l’umanità a passare per una strada piena di pericoli. È come guidare di notte. Le scienze sono i fari, ma poi la responsabilità di non andare fuori strada è del guidatore, che deve anche tenere conto che i fari hanno una portata limitata. Anche gli scienziati non sanno tutto, è un lavoro faticoso durante il quale le conoscenze si accumulano una dopo l’altra e le sacche di incertezza vengono pian piano eliminate. La scienza fa delle previsioni oneste sulle quali si forma pian piano gradualmente un consenso scientifico. […]
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Bloccare il cambiamento climatico con successo richiede uno sforzo mostruoso da parte di tutti. È un’operazione con un costo colossale non solo finanziario, ma anche sociale, con cambiamenti che incideranno sulle nostre esistenze. La politica deve far sì che questi costi siano accettati da tutti. Chi ha più usato le risorse deve contribuire di più, in maniera da incidere il meno possibile sul grosso della popolazione. I costi devono essere distribuiti in maniera equa e solidale tra tutti i paesi.”
Ailton Krenak
Nel 2019 il leader indigeno Ailton Krenak, del popolo amazzonico dei Krenak, ha raccolto alcuni discorsi e interviste in un piccolo libro pubblicato in Brasile e poi tradotto in tutto il mondo (in italiano da Sara Cavarero per Aboca): si intitola Idee per rimandare la fine del mondo e parla di una prospettiva diversa riguardo alla civiltà e allo sviluppo. Un breve brano: “La nostra epoca è specializzata nel creare assenze: del senso di vivere in società, dello stesso senso dell’esperienza della vita. Ciò suscita un’enorme intolleranza verso chi è ancora in grado di sperimentare il piacere dell’essere vivo, di danzare, di cantare. Ed è pieno di piccole costellazioni sparse nel mondo e fatte di persone che ancora danzano, cantano e fanno piovere. Il tipo di umanità zombie cui siamo chiamati ad aderire non tollera tanto piacere, tanto godimento della vita”.
Joaquim Phoenix
Alla cerimonia di consegna degli Oscar, dove ritirava il premio per la sua interpretazione in Joker, l’attore ha dichiarato: “Stiamo parlando di combattere contro la credenza che una nazione, un popolo, una razza, un genere, una specie abbia il diritto di dominare, controllare, usare e sfruttare un’altra impunemente”.
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Antonio Guterres
Il 7 novembre 2022 il segretario generale delle Nazioni Unite ha inaugurato la Cop 27 con queste parole: “Stiamo lottando per la nostra vita. E stiamo perdendo. Le emissioni di gas a effetto serra continuano ad aumentare. La temperatura globale continua a salire. Siamo su un’autostrada diretti verso l’inferno climatico con il piede sull’acceleratore. […] Eccellenze, l’attività umana è la causa del problema climatico. L’azione umana deve essere la soluzione. Azione per rilanciare l’ambizione. E azione per ricostruire la fiducia, in particolare tra Nord e Sud del mondo.
[…] Questa è la nostra unica speranza di raggiungere gli obiettivi climatici. L’umanità ha una scelta: cooperare o morire. Si tratta di un Patto di Solidarietà Climatica o di un Patto di Suicidio Collettivo.
[…] È tempo che le nazioni si uniscano per agire. È tempo di solidarietà internazionale a tutto campo. Una solidarietà che rispetti tutti i diritti umani e garantisca uno spazio sicuro ai difensori dell’ambiente e a tutti gli attori della società per contribuire alla sfida climatica. Non dimentichiamo che la guerra alla natura è di per sé una massiccia violazione dei diritti umani.”
Jane Goodall
Jane Goodall è una celebre naturalista inglese, che ha studiato in particolare il comportamento delle scimmie, e che da tempo si è dedicata all’attivismo sulle questioni ambientali. Nel 2021 ha scritto con Douglas Abrams Il libro della speranza (tradotto in italiano da Emma Cappa per Bompiani), sottotitolato "Manuale di sopravvivenza per un pianeta in pericolo”. La speranza è essenziale per andare avanti nonostante tutto, per cercare di salvare questo pianeta: “Tanti hanno lavorato per proteggere la natura, e hanno perso la speranza.
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Hanno visto posti che amavano andare distrutti, progetti a cui stavano lavorando fallire, tentativi di salvare un’area naturale cancellati perché i governi e le aziende antepongono i risultati a breve termine, e il profitto immediato, alla necessità di proteggere l’ambiente per le generazioni future. E per colpa di tutto questo ci sono sempre più persone di ogni età che soffrono di ansia e di profonda depressione perché sanno quello che sta succedendo.” La speranza può però essere coltivata con “obiettivi chiari e motivanti, modi realistici di realizzarli, la convinzione che si possano raggiungere quegli obiettivi, e il sostegno sociale per continuare anche di fronte alle avversità”.
Papa Francesco
Nell’enciclica “Laudato sì” del 2015, il papa ha affrontato l’ecologia come “cura della casa comune”, e si è schierato in maniera netta su molte questioni ambientali: “La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare. Il Creatore non ci abbandona, non fa mai marcia indietro nel suo progetto di amore, non si pente di averci creato. L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune. Desidero esprimere riconoscenza, incoraggiare e ringraziare tutti coloro che, nei più svariati settori dell’attività umana, stanno lavorando per garantire la protezione della casa che condividiamo. Meritano una gratitudine speciale quanti lottano con vigore per risolvere le drammatiche conseguenze del degrado ambientale nella vita dei più poveri del mondo. I giovani esigono da noi un cambiamento. Essi si domandano com’è possibile che si pretenda di costruire un futuro migliore senza pensare alla crisi ambientale e alle sofferenze degli esclusi.”
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Interventi per sostenere il mondo
Il nostro pianeta ha bisogno di interventi rapidi, per fermare la crescita della nostra impronta fossile e per ridurre le conseguenze di questo rapidissimo cambiamento climatico. Parte di questo lavoro verrà sostenuto dalla transizione energetica, dal cambiamento dei nostri comportamenti e da nuove leggi: tutte cose per cui è essenziale il coinvolgimento dei singoli, e l’attivismo ambientale.
Sono anche in corso delle grandi opere che, a livello globale, vanno nella direzione di riequilibrare gli scompensi legati al cambiamento climatico. Da sole non basteranno a salvarci: ma dimostrano che qualcosa nella direzione giusta si sta facendo, e servono per mostrare la strada a tutti quelli che ancora non la vedono.
La grande muraglia verde
Il più grande deserto al mondo è il Sahara: il cambiamento climatico sta tra le altre cose portando all’espansione delle aree desertiche. Secondo stime dell’ONU, entro il 2025 due terzi delle terre coltivabili africane potrebbero diventare desertiche. Un grande progetto di contrasto all’avanzare della desertificazione è la “Grande muraglia verde”, proposta nel 2005 dall’ex presidente nigeriano Olusegun Obasanjo: oltre 20 stati africani stanno creando una striscia di alberi lunga quasi ottomila chilometri e larga quindici, da oceano a oceano, rinforzata da altri interventi mirati di tutela della vegetazione. Il progetto è partito nel 2007 e sta coinvolgendo migliaia di persone, con milioni di alberi piantati, ed è ancora in corso d’opera.
Il ruolo degli alberi (e delle alghe)
Una delle grandi soluzioni, a livello globale e locale, per l’assorbimento delle emissioni di CO2, è la riforestazione: gli alberi e le piante sono infatti un argine naturale all’anidride carbonica, che viene naturalmente assorbita durante il processo di fotosintesi (vedi a pagina 4). Per sopravvivere i governi e i privati stanno piantando alberi e… alghe. Oltre la metà della fotosintesi avviene infatti in mare, grazie alle piante marine.
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La banca dei semi
Diverse nazioni, da molti anni, hanno costruito dei depositi per salvaguardare i semi delle piante, per poter tutelare la biodiversità e ripiantare, in caso di necessità, intere specie vegetali. Nel 1984 la Norvegia ha iniziato a usare una miniera abbandonata situata tra i ghiacci delle zone artiche per conservare esemplari di semi: nel corso degli anni ha allargato il progetto ad altre nazioni nordiche, per posare nel 2006 la prima pietra dello Svalbard Global Seed Vault, localizzata vicino alla cittadina di Longyearbyen, nell'isola di Spitsbergen, a circa 1200 km dal Polo Nord.
A oggi sono già conservate decine di migliaia di semi, e ne potranno essere accolti 4 milioni e mezzo (si pensa che sulla Terra esistano circa 1.500.000 tipi differenti di semi alimentari).
Togliere il carbonio dall’atmosfera
Si chiama “Carbon Engineering” e attraversa diverse discipline scientifiche: è l’insieme delle tecniche e degli impianti, naturali o artificiali, high-tech o low-tech, che cercano soluzioni per rimuovere la CO2 dall’atmosfera: dalla coltivazione di alcune alghe allo stoccaggio del carbonio, sono molti i progetti di “carbon capture” attualmente allo studio a livello mondiale.
Siamo a un bivio: da una parte c’è la strada che stiamo percorrendo da tempo, una facile superstrada scorrevole su cui possiamo procedere ad alta velocità, ma che porta al disastro; dall’altro si apre un sentiero poco frequentato che ci offre l’unica possibilità che abbiamo di raggiungere una destinazione che consenta di preservare il nostro pianeta. Sta a noi sceglierE.
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L’Agenda 2030
L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un protocollo delle Nazioni Unite, sottoscritto da tutte le nazioni del mondo il 25 settembre 2015: contiene 17 obiettivi che riguardano in modi diversi la sostenibilità. È un documento molto articolato e riguarda l’ambiente, l’economia, la società, cioè le persone, il pianeta e la prosperità. Gli obiettivi sono a loro volta articolati in 169 traguardi da raggiungere entro il 2030 (o prima, in alcuni casi). Sono obiettivi che riguardano tutti, cioè coinvolgono tutti i Paesi, dalle istituzioni alle imprese private: toccano temi come povertà e ineguaglianza, ecologia e cambiamento climatico, pace e diritti umani. Per vederli tutti ci serviranno quattro pagine: mettetevi comodi.
1: Sconfiggere la povertà
Porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo: dalla povertà estrema a quella valutata nazione per nazione, la sconfitta della povertà è una forma di attuazione concreta dei diritti umani.
2: Sconfiggere la fame
Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione, promuovere un’agricoltura sostenibile: questo programma riguarda tutto il mondo e ha anche intenti educativi e democratici, comprendendo la diffusione di strumenti di sostegno per le economie.
3: Salute e benessere
Assicurare la salute e il benessere per tutti e tutte le età: al centro sta la lotta alle malattie, ma anche la prevenzione dei danni da incidente stradale o da dipendenze, con un potenziamento dei servizi sanitari e la garanzia di un sostanziale diritto alla salute.
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4: Istruzione di qualità
Fornire un’educazione di qualità, equa e inclusiva, promuovere opportunità di apprendimento permanente per tutti: dall’alfabetizzazione alla cura dei luoghi di studio, dalle borse di studio internazionali all’attenzione per un’educazione che possa riguardare tutti in tutto il mondo.
5: Parità di genere Raggiungere l’uguaglianza di genere e l’empowerment di tutte le donne e le ragazze: si va dalla lotta a ogni forma di violenza e discriminazione, fino all’educazione necessaria per garantire alle donne la possibilità di partecipazione e di carriere di leadership.
6: Acqua pulita e servizi igienico-sanitari Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie: questo obiettivo mira alla disponibilità universale di acqua potabile, e al controllo di base della gestione delle acque a uso sanitario; parla di efficienza idrica, necessaria per far fronte ai momenti di siccità; proteggere gli ecosistemi legati all'acqua, tra cui montagne, foreste, zone umide, fiumi, falde acquifere e laghi.
7: Energia pulita e accessibile Assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni: di energia l’Agenda 2030 parla anche in altri punti; questo affronta in particolare l’efficienza energetica a livello internazionale, e sottolinea la necessità di una transizione verso le rinnovabili.
8: Lavoro dignitoso e crescita economica
Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva, un lavoro dignitoso per tutti: un punto molto articolato, che parla di crescita economica e anche di lavoro.
9: Imprese, innovazione e infrastrutture
Costruire una infrastruttura resiliente e promuovere l’innovazione ed una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile: le azioni necessarie alla modernizzazione a livello globale, e ai passaggi indispensabili verso un’ottica sostenibile.
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Gli altri otto punti dell’Agenda 2030
10: Ridurre le disuguaglianze Ridurre l’ineguaglianza all’interno di e fra le Nazioni: tra i traguardi di questo obiettivo compaiono azioni per una maggiore eguaglianza e inclusione, per la gestione dei movimenti migratori e per la crescita dei Paesi in via di sviluppo.
11: Città e comunità sostenibili Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili: dall’alloggio garantito ai trasporti e alla sicurezza stradale, dagli spazi verdi ai monumenti, dal patrimonio naturale a quello culturale, fino agli strumenti di adattamento e resilienza ai cambiamenti climatici.
12: Consumo e produzione responsabili Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo: dalle risorse naturali a quelle alimentari, dai modelli di gestione e presa di decisione alla responsabilità sociale, dalla gestione dei rifiuti a quella degli appalti pubblici, dallo stile di vita al turismo sostenibile, un punto molto articolato che parla di sensibilizzazione e di dialogo con le aziende.
13: Lotta contro il cambiamento climatico
Adottare misure urgenti per combattere il cambiamento climatico e le sue conseguenze: traguardi importanti che parlano di mitigazione, adattamento, riduzione dell’impatto e di allerta precoce, di educazione e dialogo con le comunità più esposte ai rischi connessi con il cambiamento climatico.
14: Vita sott’acqua
Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile: tutto ciò che riguarda il mare, dal controllo sulla pesca all’inquinamento, dall’acidificazione alla protezione degli ecosistemi marini. Nel marzo 2023 le Nazioni Unite hanno anche trovato un accordo per proteggere l’Alto Mare, con l’obiettivo di proteggere un terzo dei mari entro il 2030. Verrà studiato giuridicamente un modo per istituire zone marine protette, e si terrà periodicamente una conferenza delle parti (Cop) su biodiversità e governance.
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15: Vita sulla Terra
Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre, contrastare la desertificazione, arrestare il degrado del terreno, fermare la perdita della diversità biologica: interventi a vasto raggio, a partire dalle zone più fragili come le foreste, le montagne, le zone umide e le zone aride; tutela della biodiversità, contrasto al bracconaggio, protezione di specifici ambienti naturali.
16: Pace, giustizia e istituzioni solide
Promuovere società pacifiche e più inclusive; offrire l’accesso alla giustizia per tutti e creare organismi efficienti, responsabili e inclusivi a tutti i livelli: tra i traguardi dell’obiettivo 16 compaiono la legalità e tutti gli strumenti per rinforzarla, riducendo tutte le forme di violenza, in particolare contro i bambini; garantire parità di accesso alla giustizia per tutti, ridurre i flussi finanziari e di armi illeciti e combattere tutte le forme di criminalità organizzata, la corruzione; proteggere le libertà fondamentali, in conformità con la legislazione nazionale e con gli accordi internazionali.
17: Partnership per gli obiettivi Rafforzare i mezzi di attuazione e rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile: i traguardi sono articolati in cinque settori, dalla finanza (reperire risorse nazionali per l’Agenda 2030 e sostenere i Paesi in via di sviluppo) alla tecnologia, dalla costruzione di competenze e capacità al commercio (per la riduzione di dazi che limitano l’accesso al mercato delle nazioni povere), fino alle questioni sistemiche, cioè quelle che riguardano politica e istituzioni, partenariati e monitoraggio del successo della stessa Agenda 2030.
Leggi tutti gli obiettivi dell’agenda 2030 in dettaglio
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In natura, nulla esiste da solo.
Il lavoro per l’acqua
Prendersi cura del pianeta significa anche prendersi cura dell’acqua, anzitutto delle grandi distese di mare. L’acqua è vita, nel senso che dalla disponibilità di acqua potabile dipendono tutti gli ambienti e gli ecosistemi: e ne dipendiamo anche noi. Abbiamo appena incontrato nelle scorse pagine l’acqua tra i punti dell’Agenda 2030, e l’abbiamo vista anche come fonte di energia (idroelettrica a pagina 24 e legata al mare a pagina 34): qui ne parliamo ancora perché dai mari dipendiamo anche per tanti altri motivi. I mari sono anzitutto un grande stabilizzatore del clima terrestre, sia per la temperatura che per la possibilità di assorbire alcuni gas serra e di rilasciare ossigeno grazie all’attività delle alghe e delle piante marine. Dai mari dipendono molte forme di vita e ogni inquinante rilasciato in mare prima o poi risalirà la catena alimentare, mettendo a rischio anche altre specie (tra cui la nostra).
Il rischio della plastica
La plastica, lo abbiamo visto, è un derivato del petrolio: ne condivide i rischi legati sia alla sua limitata disponibilità che all’impronta fossile. In più, ad oggi, quasi tutte le plastiche non si biodegradano, cioè rimangono in giro nell’ambiente in eterno. Molte plastiche possono frammentarsi e finire disperse nel vento o in acqua, e quindi trovarsi ancora in mare.
Beach comber e beach cleaner
Molta della plastica che galleggia nei mari finisce spesso sulle nostre spiagge: oltre a essere brutta da vedere, la plastica danneggia il delicato ecosistema dei litorali, e rischia di tornare di nuovo in mare. Per questo in tutto il mondo sono nati e stanno nascendo gruppi di volontari che puliscono le spiagge raccogliendo i rifiuti (beach cleaner); alcuni in particolare raccolgono i rifiuti e si confrontano per capirne la provenienza, praticando il “beach combing”.
Plastica raccolta sulle spiagge esposta nel museo olandese dei naufragi e del beach combing
Capelli umani usati per ripulire il mare
Una no profit belga, Dung Dung, colleziona capelli tagliati grazie alla collaborazione con barbieri e parrucchieri: questi vengono trattati e compattati in grandi quadrati usati come filtri purificanti alla foce dei fiumi, per pulire le acque prima che raggiungano il mare.
La Posidonia oceanica
La Posidonia oceanica non è un’alga ma una vera e propria pianta adattata alla vita subacquea, che forma delle praterie sui fondali marini, ecosistemi di fondamentale importanza sia per il rilascio di ossigeno che per la correzione dell’acidità dell’acqua. Minacciate in tutto il mondo, le praterie di Poseidonia sono a rischio anche nel Mar Mediterraneo.
Le principali minacce sono l’inquinamento delle acque, le costruzioni marittime, l’ancoraggio, le spiagge artificiali e l’eliminazione delle foglie morte di Posidonia oceanica dalla spiaggia.
Attenzione
Stai attento a ciò che butti nel gabinetto o in acqua: prima o poi finirà in mare.
Per l’intero pianeta i mari sono dei grandi regolatori, immensi stabilizzatori di temperature. Il mare è stato descritto come una banca per l’energia solare, che riceve depositi energetici nei periodi di eccessiva insolazione e li restituisce nel momento del bisogno. Senza il mare, il nostro mondo sarebbe attraversato da inimmaginabili sbalzi di temperatura.
depositi
Il sito delle Nazioni Unite dedicato alle azioni per salvare i mari (c’è anche un quiz di Kahoot!)
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La smart city
Parlare di sostenibilità è anche mettere in evidenza i comportamenti “insostenibili”. Se dovranno scomparire i motori a combustione fossile, dovremo dipendere tutti meno dai mezzi privati: per farlo andranno potenziati i mezzi pubblici, create delle occasioni di prossimità (cioè vicine alle case delle persone), aggiunti alberi e piazze, andrà cambiata la percezione delle strade. Tutto questo è “smart city”, cioè città più intelligenti, progettate anche per l’uso collettivo e condiviso delle risorse cittadine e per la sostenibilità ambientale. È una sfida importante, perché è dalle città che dipendono gran parte delle emissioni private (riscaldamento e automobili), sono le città a consumare più energia e a produrre più rifiuti. Vediamo in queste pagine alcune buone idee per rendere più intelligenti le nostre città.
Mobilità sostenibile
In questo momento abbiamo semplicemente troppe macchine in città: occupano molto spazio portandolo via ad altre attività, inquinano, consumano. La mobilità studia l’organizzazione degli spostamenti in città: per avere una mobilità più sostenibile dovremo potenziare i mezzi pubblici, l’uso degli spostamenti in bici e a piedi, la possibilità di usare una stessa macchina per più persone (car pooling e car sharing).
Car pooling
Più della metà delle macchine vengono usate da una sola persona, quando potrebbero essere usate a turno da due, tre o quattro persone: si chiama “car pooling” e mette insieme più colleghi della stessa azienda, più genitori della stessa scuola. È un’ottima idea, e non costa niente.
Car sharing
L’automobile è un oggetto costoso che usiamo spesso per poco tempo: molte amministrazioni pubbliche stanno mettendo a disposizione di tutti delle auto per tragitti più o meno lunghi.
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Orti urbani
Piccoli spazi lungo gli argini, aiuole abbandonate, giardini scolastici... sono tutti posti che possono ospitare facilmente degli orti urbani: un modo per fornire ossigeno e prodotti alimentari.
Camminabilità
È una nuova qualità di cui si tiene conto nella progettazione delle città: cosa c’è a disposizione dei pedoni, come migliorare la loro sicurezza e il gusto che si ha nel percorrere a piedi una strada.
Street experiments
Alleggerire il peso delle macchine significa anche recuperare a un uso collettivo i parcheggi: è qualcosa che può essere fatto con gioia, e che è oggetto anche di “sperimentazioni”. Si va dai “parklet”, in cui un parcheggio diventa un posto dove sedersi per fare una pausa o chiacchierare, alle “leefstraat” olandesi, salotti all’aperto, fino alle “piazze scolastiche” che accolgono ragazzi e bambini quando entrano o escono da scuola con giochi pubblici e possibilità di stare insieme in sicurezza.
Un parklet, cioè un parcheggio restituito all’uso pubblico con aiuole e panchine, a Città del Messico
L’umanità è decisamente andata oltre, in un mondo artificiale creato a propria misura. Si è isolata in città di cemento e acciaio, separandosi dalle realtà fatte di terra e acqua e semi che crescono. Intossicata dalla sensazione del potere, sembra andare avanti a fare altri esperimenti per distruggere sé stessa e il suo mondo.
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Case per vivere meglio
Anche il modo in cui costruiamo le case ha un forte impatto sull’ambiente: sia per i materiali usati, che dipendono ancora direttamente o indirettamente dalle estrazioni di materiali fossili, sia per il consumo energetico. L’architettura sostenibile sta facendo dei grandi passi in avanti per fornire soluzioni ecologiche, cioè che non immettano nell’ambiente materiali inquinanti, contribuiscano a ridurre il consumo energetico degli edifici, lavorino per il benessere di chi vi abita e del pianeta. Le accortezze sono molte e vanno dall’attenzione al verde alle tecniche di isolamento, fino alla costruzione di comunità energetiche.
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Pannello solare (opzionale)
Aria in ingresso Aria in ingresso Aria in
Doppie nestre a vetrocamera
uscita Super isolamento
Scambiatore di ussi (sistema di ventilazione forzata meccanizzata con recupero di calore)
Scambiatore di calore col terreno
Ingresso di aria fresca
Uscita per l’aria inquinata
Gli edifici passivi
Una casa “passiva” è una casa che non ha bisogno (o quasi) di energia esterna per il riscaldamento e il raffrescamento ambientale: questo è possibile sia grazie ad accorgimenti nella costruzione (isolamento totale delle pareti e del tetto, uso di finestre ermetiche con trattenimento del calore), sia ad accumuli termici raggiunti con l’accostamento di diversi materiali.
Edifici a energia quasi zero
Un edificio a energia quasi zero (in sigla NZEB) ha una ottima efficienza energetica grazie al modo in cui è stato costruito e ha quindi bisogno di assorbire dagli impianti modeste quantità di combustibili o di energia di rete, coperta per lo più grazie a fonti rinnovabili.
Efficientamento energetico
L’efficienza energetica di un edificio misura il buon uso dell’energia consumata, ovvero una significativa mancanza di sprechi. L’efficientamento è invece l’insieme delle cose che si possono fare per migliorare l’efficienza, cioè per diminuire gli sprechi. È qualcosa che interessa contemporaneamente i singoli (che consumano meno e quindi spendono meno) che la collettività. Tra le misure di efficientamento ci sono ad esempio: l’installazione di pannelli solari e di pompe di calore, il montaggio di caldaie a condensazione, la coibentazione delle pareti, la sostituzione degli infissi, l’adozione di termocamini, e così via.
Le comunità energetiche
Abbiamo parlato a pagina 26 e 28 di impianti solari ed eolici: alcuni di questi possono essere costruiti anche su edifici privati, per fornire energia elettrica ai singoli e alle famiglie. L’energia prodotta rischia però, come abbiamo visto, anche di andare sprecata, perché magari non ci sono consumi nei momenti di produzione. Per evitare questi sprechi si possono creare delle “comunità energetiche”, cioè dei gruppi di consumo di energia in cui si conta sia l’energia prodotta (per esempio da un pannello fotovoltaico) che quella consumata, amministrando i conti in autonomia senza passare dalla bolletta elettrica.
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Un mondo che mangia
L’alimentazione è una delle sfide chiave per il futuro, anche dal punto di vista della sostenibilità e dell’energia. Ciò che mangiamo pesa, infatti, sulle risorse del pianeta: ogni alimento ha infatti una sua impronta ecologica, cioè richiede più o meno acqua per essere prodotto, più o meno emissioni di carbonio per essere spostato, più o meno ettari di terra destinati all’allevamento o all’agricoltura. Le nostre scelte saranno quindi fondamentali per il nostro peso sul pianeta.
Water footprint
Gli scienziati studiano la sostenibilità delle nostre scelte prendendone “l’impronta” o “footprint”: la “water footprint” è la nostra impronta idrica e racconta quanta acqua stiamo consumando, e se l’acqua che abbiamo consumato si rinnova con le piogge oppure no. La nostra impronta idrica è in generale bassa, a parità di nutrienti, quando consumiamo dei vegetali rispetto ad alimenti di origine animale: questo perché nel calcolo dobbiamo tener conto anche dell’acqua usata per confezionare i mangimi, per pulire gli allevamenti, e così via.
Alcuni esempi di impronta idrica (misurata in litri usati per un chilo di prodotto alimentare)
Pomodori 214 L
Mela 822 L
Banane 790 L
Latte 1.020 L
Mais 1.222 L
Pasta 1.849 L
Riso 2.497 L
Olive 3.015 L
Uova 3.300 L
Lattuga 5.520 L
Burro 5.553 L
Carne di maiale 5.988 L
Carne di manzo 15.415 L
Caffè 18.900 L
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Carbon footprint
Un’altra impronta che si usa è legata alle nostre combustioni e all’emissione di carbonio, e in particolare indica la CO2, gas serra tra i maggiori indiziati del riscaldamento globale, emesso da ogni combustibile fossile. La carbon footprint diminuisce quando si consuma meno carburante, cioè si fanno viaggiare meno merci e si consuma energia solo da risorse rinnovabili.
Km 0
Possiamo diminuire la nostra impronta ecologica con le nostre scelte alimentari: per esempio acquistando prodotti che vengono da vicino: ogni chilometro percorso pesa in termini di consumo e di inquinamento, e quindi di sostenibilità. Per questo si parla di “km 0”, cioè di un atteggiamento che privilegia i produttori locali: oltre a far bene all’ambiente, il consumo locale aiuta l’economia del posto, mantiene una tradizione e rispetta il paesaggio.
Stagionalità
Per aiutare l’ambiente e mangiare meglio è essenziale seguire il ritmo naturale delle stagioni, cioè comprare (e consumare) al momento naturale del raccolto. Verdura e frutta di stagione sono più saporiti e più sostenibili: hanno percorso meno chilometri, sono stati meno in frigo e non hanno avuto bisogno di aiuti speciali per maturare fuori stagione.
Dieta e scelte alimentari
Una dieta sostenibile deve essere anzitutto una dieta sana, cioè equilibrata e con un giusto apporto di carboidrati, proteine, grassi, vitamine, minerali e fibre. Alcuni alimenti possono essere sostituiti con altri, ma è importante farlo con l’aiuto di un medico o di un dietologo.
La farina di grillo
Tra gli alimenti con l’impronta più pesante compaiono anzitutto quelli di origine animale, che però forniscono proteine di qualità indispensabili all’alimentazione: per questo si stanno cercando delle alternative valide sia a livello vegetale che con l’allevamento di specie animali che impattino meno sul pianeta, a partire dagli insetti.
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Aiutare la natura
Il futuro del nostro pianeta dipende anzitutto dalla capacità che la natura ha di rigenerarsi: i fenomeni messi in moto con il cambiamento climatico rischiano di distruggere molti ecosistemi e di accelerare gli stessi cambiamenti in corso. Gli elementi chiave per la sopravvivenza della vita sul nostro pianeta sono tanti: la quantità di piante disponibili, la vitalità dei mari e degli oceani, la presenza degli insetti impollinatori, la capacità di mantenere la biodiversità.
Riforestazione
Uno degli interventi chiave che stiamo portando avanti come comunità internazionale, e che dovremo fare sempre di più, consiste nel difendere le foreste e nel piantare nuove piante ovunque sia possibile (questo riguarda anche gli oceani, da cui proviene il cinquanta per cento dell’ossigeno che respiriamo).
Biodiversità
Con biodiversità si intende la varietà di specie viventi all’interno di un certo ambiente: il cambiamento climatico sta rapidamente riducendo la biodiversità di molti ecosistemi, e questo è un peccato, ma soprattutto è un problema. Quando una specie si estingue, infatti, non sappiamo come resisterà il suo ecosistema a quella mancanza, e rischiamo altre estinzioni che potrebbero susseguirsi rapidamente.
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La biodiversità è anche una risorsa per poter affrontare dei cambiamenti in un certo ambiente, che va preservata anche con le banche dei semi che descriviamo a pagina 45.
Ospitare gli animali
Un modo concreto per aiutare la natura è favorire l’insediamento di alcuni animali preziosi per il nostro ambiente: si possono costruire delle casette per coccinelle, pipistrelli e farfalle, predatori naturali di animali infestanti come gli afidi e le cocciniglie.
Le api
Negli ultimi anni gli entomologi e gli apicultori stanno osservando una progressiva sparizione delle api, disturbate da diversi fattori legati alle attività dell’uomo. Le api sono preziose perché svolgono gran parte dell’impollinazione, garantendo così la riproduzione e l’esistenza di molte specie vegetali.
L’album Earthphonia di Max Casacci, uno dei fondatori dei Subsonica, è stato composto usando interamente suoni naturali come i canti di balene, uccelli e pesci, il rumore dell’acqua o delle pietre, le eruzioni vulcaniche o il ronzio delle api.
La migrazione degli uccelli, i movimenti delle maree, hanno tutti una bellezza simbolica e concreta al tempo stesso: così è nel germoglio ripiegato in attesa della primavera. C’è qualcosa di infinitamente curativo in questi ritmi della natura: la conferma che dopo la notte arriva l’alba, e dopo l’inverno la primavera.
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Azioni per un futuro possibile
Un presente sostenibile è l’unica possibilità che abbiamo per creare un futuro possibile. Un futuro che dipende anzitutto da noi: dalle nostre scelte e dai nostri comportamenti, e da quanto sapremo chiedere ai governi interventi rapidi ed efficaci. Quattro sono le azioni chiave: comunicare, cercare, coinvolgere, cambiare.
Il monastero Taktshang Goemba in Bhutan, una piccola nazione di circa un milione di persone che ha il primato di essere stata la prima ad azzerare le proprie emissioni di CO2 e l’unica ad avere già una Carbon footprint negativa.
Comunicare
Il futuro che ci aspetta è sicuramente un futuro diverso, che richiede cioè una transizione, un passaggio a modelli di vita diversi. Questo passaggio è necessario e sarà inevitabile: ma se ci impegniamo tutti nel comunicare le informazioni necessarie a prendere delle decisioni, le necessità dell’ambiente, le possibilità che abbiamo, se partecipiamo a questo cambiamento, potremo realizzarlo meglio e prima.
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Coinvolgere - La regola del 3,5% Quante persone servono per consolidare un cambiamento? Gli studi sociali ci dicono che quando un movimento riesce a mobilitare, per esempio con manifestazioni di piazza, il 3,5% della popolazione, è destinato al successo.
Cercare
Abbiamo visto come la ricerca di soluzioni potrà aiutarci in molti campi, dalla gestione della mobilità alla realizzazione di centrali energetiche più moderne, dall’agricoltura all’alimentazione: la ricerca è incessante e si sta sviluppando su più campi. In campo tessile si stanno sperimentando anche dei tessuti che integrano l’elettronica, gli E-Textile: alcuni di questi potranno anche essere usati come tendaggi per catturare e accumulare l'energia solare. Altre lavorazioni stanno cercando di creare fibre sintetiche recuperando la CO2, quindi creando materiali carbon negative, dai vestiti alle scarpe. Alcune aziende stanno cambiando la propria filiera, invitando i clienti a restituire i prodotti usati per poterli recuperare nel ciclo produttivo ed eliminare gli scarti.
Cambiare
Non sappiamo come sarà il futuro: sappiamo solo che dovrà essere diverso, perché il modello del passato non è più sostenibile. Il cambiamento potrà avvenire in tanti modi: e tu potrai farne parte, perché il cambiamento dipende anche dalle tue capacità, da ciò che conosci e ciò che approfondisci, e dalle tue scelte.
Ci unisce una grande causa comune: una causa di cui andare orgogliosi, perché possiamo seguirla sapendo che grazie ai nostri sforzi la Terra sarà un luogo migliore. È una causa che non ha fine: non potremo mai dire “Il nostro lavoro è compiuto”. Costruiamo sui successi di chi ci ha preceduto: costruiamo, a nostra volta, delle fondamenta solide per chi prenderà in mano il nostro lavoro. delle
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I mestieri del futuro sostenibile
La transizione energetica e la transizione ecologica impiegheranno molte persone, nei ruoli più diversi e in molti campi, dal pubblico al privato, ai settori nonprofit.
Molte aziende del settore energetico avranno bisogno di persone che possano progettare, costruire, installare impianti sostenibili come il solare o l’eolico.
Nel settore agricolo serviranno persone in grado di progettare e verificare interventi rispettosi dell’ambiente, con risorse e tecniche ecosostenibili: nuove professioni stanno già comparendo in tutto il settore agroalimentare, dall’allevamento alla distribuzione.
Il settore edilizio e industriale avrà bisogno di persone in grado di determinare l’impronta ecologica di un certo intervento o processo trasformativo.
Nei trasporti ci sarà bisogno di persone che organizzino soluzioni sostenibili di spostamento, oltre a progettisti e tecnici.
Nella gestione dei rifiuti serviranno professionisti capaci di gestire le complessità della raccolta e dello smaltimento.
Serviranno anche professionisti in grado di gestire la parte amministrativa, legislativa e politica, così come comunicatori e giornalisti specializzati, e scienziati in grado di studiare l’impatto delle attività e che possano trovare nuove soluzioni.
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Alcuni mestieri green
che vedremo sempre di più
Il Forum Economico Mondiale studia l’andamento dei lavori e cerca di individuare quali saranno le necessità del futuro. Tra le nuove professioni che stanno nascendo, saranno sempre più necessari:
• giuristi/e ambientali
• cuochi/e sostenibili
• installatori e installatrici di impianti a basso impatto ambientale
• specialisti/e in contabilità verde
• informatici/informatiche ambientali
• responsabili di progetti green
• commerciali per prodotti green
• addetti/e ai fondi di investimento verdi.
L’investigazione dallo spazio
Nel luglio 2022 la Nasa ha installato a bordo della Stazione spaziale internazionale uno spettrometro a immagini con cui individuare in particolare le emissioni di metano sulla Terra: a ottobre i “superemettitori” localizzati erano già più di cinquanta, in Asia centrale, Medio Oriente e Stati Uniti sudoccidentali. Il metano fuoriesce comunemente da impianti petroliferi e di gas e da grandi discariche, ed è un gas serra che potrebbe essere rapidamente ridotto. Strumenti come questo potrebbero individuare i principali responsabili di alcuni tipi di emissione.
Il futuro benessere dell’umanità, probabilmente la sua stessa sopravvivenza, dipende dalla nostra capacità di capire come vivere in armonia con le forze della natura, e non come contrastarle.
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Bibliografia
Rachel Carson, Primavera silenziosa, Feltrinelli, 1963
Max Casacci e Mario Tozzi, Earthphonia, Slow Food, 2020
Madeleine Finlay e Jisu Choi, Coleotteri per colazione, Camelozampa, 2022
Gli articoli citati
Ivan Blecic e Arnaldo Cecchini (a cura di), “DiTe” numero 25, Le capacità della camminabilità
https://www.dite-aisre.it/le-capacita-della-camminabilita
World Economic Forum, The future of Jobs
https://www3.weforum.org/docs/WEF_Future_of_Jobs_2020.pdf
Testi: Beniamino Sidoti
Illustrazioni, grafica e impaginazione: Ignazio Fulghesu
Consulenza e cura editoriale: Editoriale Scienza
Finito di stampare nel mese di aprile presso Tiburtini slr - Roma
A cura del Gestore dei Servizi Energetici - GSE S.p.A.
Pubblicazione fuori commercio
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