Enrico Morando
Risparmio energetico, un fondo per i condomini Barbara Degani
Favorire e potenziare la “mobilità dolce” Mons. Marcelo Sanchez Sorondo
Rispettare la terra è rispettare l’uomo Francesco Venturini
Servono politiche per favorire il repowering Luisa Todini
Poste, in 5 anni dimezzate le emissioni di C02 Anna Maria Furlan
Riconversione digitale ed ecologica dell’industria Piero Gattoni
Biogas? Un’eccellenza italiana
FORUM SISTEMA IDRICO Alberto Biancardi Giordano Colarullo Luigi Gabriele
Periodico del GSE Dicembre 2016 - Marzo 2017
Tariffa Regime Libero - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Roma
Lavoriamo per un’energia pulita, accessibile e sicura
Elementi
Carlo Calenda
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l’Editoriale di Pietro Maria Putti*
L’IMPEGNO DI GME NEL PROCESSO DI INTEGRAZIONE DEI MERCATI EUROPEI Lo sviluppo di un mercato unico europeo nel settore elettrico è da tempo uno degli obiettivi fissati dall’Unione Europea per assicurare un sistema capace di promuovere maggior sicurezza, maggior concorrenza e la tutela dei consumatori. In questi anni il consolidamento del quadro normativo e organizzativo sovranazionale e la progressiva attuazione di regolamenti e progetti comunitari hanno permesso passi in avanti nell’armonizzazione dei mercati europei. Il principale veicolo di questa integrazione è stato il cosiddetto market coupling, il processo di cooperazione tra Borse elettriche che - sincronizzandone il meccanismo di formazione del prezzo - garantisce un uso efficiente della capacità di interconnessione tra Paesi e quindi la creazione di un mercato più ampio per produttori e consumatori. In questo contesto, il Gestore dei Mercati Energetici ha avvertito da subito il proprio ruolo di interfaccia per l’integrazione del mercato elettrico italiano con quello degli altri Paesi europei, attivandosi nello sviluppo di numerose iniziative. Dopo aver avviato nel dicembre 2010 un market coupling bilaterale tra Italia e Slovenia in cooperazione con la Borsa slovena ed i Tso dei due Paesi, Gme ha aderito al progetto Price Coupling of Regions: una cooperazione tra le principali Borse europee (Epex, NordPool, Omie, Gme e successivamente estesa a Ote, Tge e Opcom) volta a creare le infrastrutture informatiche, algoritmiche (Euphemia), procedurali e contrattuali necessarie a integrare i diversi progetti di coupling regionali già in essere o in via di formazione. Successivamente insieme alle Borse elettriche e ai Gestori di rete dei Paesi che condividono le frontiere
elettriche con l’Italia, Gme ha promosso, attraverso il progetto chiamato “Italian Borders Working Table”, la creazione di un più ampio coupling regionale tra Italia, Francia, Austria e Slovenia. Il progetto, avviato il 24 febbraio 2015, garantisce un uso più efficiente delle interconnessioni e un più frequente allineamento dei prezzi. L’impegno del Gme non è confinato al Mercato del Giorno Prima, ma si estende anche ai Mercati Infragiornalieri. Nell’ambito del percorso di integrazione europeo, Gme partecipa al progetto di coupling infragiornaliero Cross Borders Intra-Day (Xbid) che vede la partecipazione delle Borse elettriche e dei Gestori di rete dei principali Paesi europei. Il progetto Xbid sta sviluppando l’algoritmo e la governance per l’introduzione di un Mercato Intraday a contrattazione continua con allocazione implicita della capacità di transito su base europea. Il progetto dovrebbe divenire operativo negli ultimi mesi del 2017. Contestualmente a Xbid, Gme ha avviato lo scorso 21 giugno un progetto per accoppiare i mercati infragiornalieri ad asta di Italia e Slovenia, così da rendere più efficiente il meccanismo di allocazione intraday di interconnessione con l’estero. Il progetto pilota prevede che l’accoppiamento si svolga attraverso il coordinamento di alcune sessioni dell’asta del Mercato Infragiornaliero italiano a quello sloveno, che presto potrebbe essere esteso anche ad altre frontiere, ampliando i benefici di Xbid. In un mercato sempre più interconnesso e in realtà complesse come quelle dell’energia, Gme dedica forte impegno alla realizzazione di una più efficiente integrazione del mercato italiano con i partner europei, attraverso un lavoro continuo con le altre Borse Ue. E lo fa tenendo ben a mente la direzione da seguire: rafforzare la sostenibilità e la sicurezza del settore elettrico, garantendo la trasparenza e prezzi stabili e competitivi.
*Presidente e AD del GME
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Registrazione Chiuso in redazione In copertinapresso Se piove il Tribunale di Roma il 22 febbraio 2012 foto tratta raccolta di immagini "Attimi n.105/2001 deldalla 15.03.2001
di Maria Angela Donato
Registrazione presso il Tribunale di Roma n.105/2001 del 15.03.2001 GSE Viale M.llo Pilsudski, 92 00197 Roma T +39 0680111 F +39 0680114392 info@gse.it www.gse.it
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Chiuso in redazione il 21 novembre 2016
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Elementi, house organ del gruppo GSE è visibile in internet al sito www.gse.it
GME AU Largo Giuseppe Tartini, 3/4 Guidubaldo Del Monte, 72 GSE 00198 Roma 00197 Roma Viale M.llo Pilsudski, 92 T- 00197 Roma +39 0680121 T +39 0680101 T +39 0680111 - F +39 0680114392 F +39 0680124524 F +39 0680114391 info@gse.it info@mercatoelettrico.org info@acquirenteunico.it www.gse.it www.mercatoelettrico.org www.acquirenteunico.it
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RSE Via R. Rubattino 54 20134 Milano T +39 0239921 F +39 0239925370 www.rse-web.it
Elementi
Anno 2016 Si ringraziano 2012 n. n.39 25 Foto Dicembre 2016 – Marzo 2017 per la collaborazione marzo 2012 Fototeca Elementi Fototeca Andrea Amato alla realizzazione di Elementi iStockphoto.com Anev Direttore Direttore Responsabile Responsabile Direttore Jacopo Giliberto Si ringraziano Editoriale Archimede SRL Romolo Paradiso Romolo Paradiso per la collaborazione GiacomoTomada Giuliani Fabrizio Attackit alla realizzazione Roberto Laurenti Redazione Banca Intesa San Paolo Hanno collaborato di Elementi Segreteria di Piergiorgio Liberati e Amministrazione Banca Popolare(Prometeo) di Sondrio a questo numero Adn Kronos redazione e pubblicità Viale M.llo Pilsudski, 92 Roberto Lucchini Centro Documentazione Roberto Antonini Anev Gabriella Busia 00197 Roma Fabrizio Mariotti Giornalistica Luca Benedetti Axpo Italia gabriella.busia@gse.it (la vignetta di Fama) Jinko Editore Edoardo Borriello BancaSolar Intesa San Paolo tel. 06. 80114648 Gabriele Masini IBartucci Casco S.p.A GSE Alessandro Buttà AngeloCarioti Pacileo Inergia Fausto Centro Documentazione In redazione Segreteria di Leitwind Ilaria Catena Proietti Livia Giornalistica Gabriella Busia redazione e pubblicità Egl Sallie Sangallo Valter Cirillo Cobat Maurizio Godart Gabriella Busia Enel Luca Speziale Mauro De Vincentiis Electrade gabriella.busia@gse.it Eneco Energia Vittorio Italia Energia RiccardoEsposito Toxiri Collaborazione tel. 06. 80114648 Energethica Luca Pianeta Terra MariaBenedetti Pia Terrosi redazionale Energy Med Jacopo Giliberto Punto Com Collaborazione Tommaso Tetro Mauro De Vincentiis Eni Piergiorgio Liberati QualEnergia redazionale Elena Veronelli International Power Carlo Maciocco Quotidiano Energia Mauro Dedi Vincentiis Comitato redazione Nuova Cma Romina Maurizi Rinnovabili.it Romolo Paradiso Progetto grafico Punto Com Comitato di redazione Fabrizio Mariotti Staffetta Quotidiana Gabriella Busia e impaginazione Re Power Romolo Paradiso (La vignetta di Fama) Livia Catena ImaginaliMasini Reed Expo Gabriella Busia Gabriele Claudia Delmirani Solar Expo Livia Catena Giusi Miccoli Maurizio Godart Studio Bartucci S.r.l Natascia Falcucci Realizzazione impianti Michele Panella Piergiorgio Liberati Terna Guido Pedroni e stampa Ilaria Proietti Michele Panella Yingli Solar Luca Speziale Arti grafiche Tilligraf Andros Racchetti Guido Pedroni Antonio Rizzi Via del Forte Bravetta, 182 Editing 00164 Roma Editing Maria Pia Terrosi Un particolare Maria Pia Terrosi ringraziamento a Progetto grafico Foto Francesco Trezza e impaginazione Fototeca Elementi Hanno collaborato Imaginali a questo numero Fototeca Andrea Amato Andrea Amato Fotolia Realizzazione Roberto impianti Antonini e stampa Marco Borgarello Arti grafiche Tilligraf Redazione e dei testi, Elementi è distribuito presso P er le riproduzioni Alessio Borriello Via del Forte Bravetta, 182 anche le principali rappresentanze se parziali, è fatto Amministrazione Edoardo Borriello diplomatiche italiane all’estero. 00164 Roma obbligo di citare la fonte Alessandro Buttà Viale M.llo Pilsudski Libero Buttaro n.92 Fausto Carioti 00197 Roma Rivista ad Impatto Zero®. Stefania Concari Compensate le emissioni di CO2 generate Enrica Cottatellucci Per le riproduzioni dei testi, Editore per la produzione e stampa. Dario De Marchi anche se parziali, è fatto obbligo GSE Mauro De Vincentiis di citare la fonte. In copertina “Il pescatore di Perle” Vittorio Esposito Tecnica mista su tavola cm 250x200 di Angelo Direttore Editoriale M. Antonietta Fadel Colagrossi Ennio Ferrero Fabrizio Tomada
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Virgolette di Romolo Paradiso
POSSIBILE IL FUTURO “VERDE”. MA LA VOLONTÀ C’È? Sembrava un visionario Richard Buckminster Fuller - inventore, designer, architetto e filosofo - quando negli anni settanta del secolo scorso affermava che “l’inquinamento altro non è che una risorsa che non sfruttiamo, perché inconsapevoli del suo valore”. E invece, quella sua “pazza idea” ha oggi iniziato un cammino che potrebbe presto renderla applicabile. Trasformare i rifiuti in energia pulita significherebbe risolvere i problemi che più ci assillano in questo momento storico: l’inquinamento del pianeta e la capacità di far funzionare in modo non dannoso realtà sempre più sofisticate. Ma Richard Buckminster Fuller non è solo in questa sua avventura: lo accompagnano altri due scapigliatissimi scienziati, Donald Smith e Geoffrey Ozin, docente alla McGill University di Montreal il primo, professore alla University of Toronto il secondo. Smith vuole raggiungere l’obiettivo convertendo in vari tipi di biocarburanti i rifiuti dell’industria del legname, gli scarti delle coltivazioni e la spazzatura urbana, per alimentare qualsiasi cosa, dal riscaldamento delle case, alle auto e perfino ai jet di linea. “Tutto, sostiene lo scienziato, senza intaccare la produzione di cibo, come invece è avvenuto in analoghi esperimenti”. Un impianto pilota è stato già avviato nella provincia dell’Alberta, a Edmonton, dove il consorzio “BioFuelNet”, sperimenta tecniche di trasformazione che vanno dalla fermentazione alla gassificazione per arrivare a generare energia a impatto zero. Risultato, da ogni chilo di biomassa
trattata si riescono ad accendere 12 lampadine di 60 watt. Ma altre iniziative stanno vedendo la luce. All’aeroporto di Montreal i veivoli dell’Air Canada saranno presto riforniti con un mix di carburanti, quello tradizionale e quello bio, frutto delle logiche del riciclo. Risultato, la diminuzione delle emissioni di Co2 in un settore ad alto impatto ambientale. Quanto ai costi dell’operazione, Smith afferma che: “la soglia di convenienza si ottiene con il petrolio a 70 dollari al barile”. Orizzonte ancora un po’ distante fin quando quest’ultima rimane intorno ai 50 dollari. Ma la sperimentazione in atto lascia presumere che tale limite potrebbe essere presto abbattuto. Geoffry Ozin, invece, vuole arrivare allo stesso risultato attraverso la “nanochimica”, per mezzo della quale manipola materiali differenti, tra questi molte sostanze biologiche, modellandole atomo per atomo. L’impieghi sono molteplici: elettronica, medicina e energia pulita. Ozin non ha dubbi, si deve fare presto, attraverso l’utilizzo costante di energie umane e investimenti economici. Perché, dice: “se il riscaldamento globale peggiorerà, gran parte della Co2 si libererà dal permafrost disciolto, aggiungendosi a tutta quella che già buttiamo nell’atmosfera. E sarà il collasso”. I grandi della terra a Parigi si sono preoccupati della mitigazione delle emissioni (decisione non criticabile), ma non hanno fatto menzione alla possibilità del loro riciclo, cosa questa cara a Ozin, che ritiene indispensabile scomporre la molecola della Co2, così da ottenere una varietà di prodotti, tra i quali quelli chimici e fertilizzanti e più ancora, carburanti, come il metano. Secondo Ozin, “tutto sta nel trovare il mezzo giusto per effettuare tale metamorfosi: un catalizzatore efficiente”, che Ozin sta cercando di sperimentare proprio con i nanomateriali. Tutto questo ci dà un’idea delle potenzialità che ci sono per arrivare a un futuro imperniato sull’energia pulita. Potenzialità che hanno necessità di un importante sostegno politico ed economico, accanto a una penetrante educazione ambientale, ancora non sufficientemente in grado di essere cultura diffusa. Ma non basta. Serve soprattutto responsabilità da parte di chi guida le società, così da andare oltre gli steccati di interesse e di fazione, ostacoli principali per un domani di senso e valore da consegnare alle generazioni che verranno. Ma resta un dubbio: questa volontà esiste davvero?
Elementi 39
5
rubriche
03 l’E l’Editoriale 05 “
primo piano
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Intervento di Carlo Calenda
14
Intervista ad Enrico Morando
16
A colloquio con Barbara Degani
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Dialogo con Monsignor Marcelo Sanchez Sorondo
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Intervista a Francesco Venturini
84 Be Bizzarre Energie 97 Fo
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Il parere di Luisa Todini
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Confronto con Anna Maria Furlan
99 Mp Fn Mondo Piccolo e Filo di Nota 101 E+ Energia, letteratura, umanità 103 Bi
sistema idrico
104 Co la Copertina 106 Cc Controcopertina
40
Virgolette
08 P° il Punto 34 Vi Verifiche e ispezioni 82 En Elementi Normativi
La Foto di Andrea Amato
Biblioteca
Elementi
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Per un’energia pulita, accessibile e sicura Condomini e risparmio energetico. Sì a un fondo non necessariamente pubblico Favorire e potenziare la "mobilità dolce" Rispettare la terra è rispettare l’uomo
Servono politiche per favorire il repowering Poste, in cinque anni dimezzate le emissioni di gas serra Riconversione digitale ed ecologica dell’industria
28 Forum mercato elettrico
38 SII, fulcro del sistema energia rinnovabile Il pensiero di Alberto Pinori
Il nostro programma in tre punti
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Parla Luca Talluri
Dal conto termico vantaggi a largo spettro
44
A tu per tu con Adnan Z. Amin
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Conversazione con Andrea Reale
Più rinnovabili nei trasporti
Centro Chose, quando la ricerca è d'eccellenza
50 Piccola rassegna di giurisprudenza 52 Luce smart, nel 2020 varrà 1,6 mld
ma può arrivare a 3,3
energia
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Dialogo con Andrea Clavarino
Meno gas e più rinnovabili: garantisce il carbone
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Il punto di vista di Piero Gattoni
L'eccellenza italiana del biogas
gas
78 Le nuove rotte del gas arte e architettura in luce 3
86 Nel cuore del barocco siciliano giornalismo d’impresa
89 Riviste aziendali, quel grande tesoro culturale
energia del pensiero
92 L'albero di Natale
58 La persona al centro del progetto 60 Il pensiero di Fabio Leoncini
Settore elettrico, modernizzare o si va a picco
62 Le nuove frontiere dell’ecosostenibilità energetica
64 Efficienza energetica, il ruolo della cogenerazione
ambiente
68
Intervista ad Aurelio Nervo
Una ‘sterzata’ alle emissioni
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Incontro con Stefano Laporta
L’economia sia attenta all’ambiente
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Confronto con Arturo Lorenzoni
Futuro rinnovabili, ma serve riconversione tecnologica
74 Smart city, la fruibilità prèt a porter
Sommario
So
Mercato dell'energia
Tante parole e pochi fatti Dicono i testi sacri del liberismo che il mercato offre l’allocazione più efficiente delle risorse. Quindi, stando ai princìpi dell’economia liberista, quando uno degli obiettivi è l’efficienza energetica, il mercato unico europeo dell’energia è uno degli strumenti migliori per raggiungere i costi più bassi. Ma non è questione di solo liberismo: la storia dimostra che quando le barriere cadono, quando gli scambi aumentano, le società evolvono più velocemente e mettono più strumenti a disposizione di chi vi fa parte. Sulla base di questi princìpi è nata l’Unione europea e, più di recente, il progetto di mercato unico dell’energia. Cioè per combattere “il costo sempre più alto dell'energia”, sosteneva tempo fa l’allora commissario europeo all’Energia, Günther
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Elementi 39
Öttinger. “Il prezzo di energia e gas nella Ue – protestava – è quasi il doppio rispetto a quello delle altre parti del mondo”. Giusto. Usare l’arma della competizione è un modo per ridurre i costi pagati dai cittadini. E la competizione è possibile quando il mercato è aperto. A favore dell’apertura dei mercati ci sono anche altri fattori diversi dal prezzo. C’è per esempio la sicurezza energetica. Più è fluido il settore energetico, più densamente magliati sono gli scambi e le infrastrutture, più numerose le tecnologie e le fonti di approvvigionamento, e più difficile è un blackout di fornitura. Poi, le dimensioni di scala generano efficienze. Sui mercati più grandi, le aziende piccole hanno lo spazio per crescere. L’innovazione si diffonde meglio. Insomma, il mercato unico europeo ha mille vantaggi. Ma ha anche mille nemici. I paurosi. Oppure, coloro che dall’apertura competitiva perdono posizioni e vantaggi. E (attenzione) tra questi ultimi ci sono anche gli Stati nazionali, in genere aggrappati alle loro prerogative di sovranità. L’energia, infatti, è uno strumento di politica economica e industriale e i governi preferiscono tenere questo strumento bene stretto, in modo da potere stringere o allentare i meccanismi economici. Per esempio in alcuni Stati membri – e l’Italia non sfugge dal novero - l’energia è sottoposta a regolamenti interni, dazi doganali, tasse e imposte. In Italia e in Germania (per citare due Paesi con un sistema industriale abbastanza simile) questi costi parafiscali costituiscono circa il 50% del prezzo dell'energia pagato dal consumatore finale. La presenza di dazi e accise nazionali ha fatto sì che in questi due Paesi la caduta internazionale dei prezzi del petrolio, che ha trascinato con sé le materie prime energetiche, ha prodotto effetti modesti per i prezzi pagati dai consumatori finali perché gran parte del costo finale appunto viene formato, non dalla voce “mercato”, ma dalla voce “Stato”. Quale Paese per esempio è disposto a perdere la sovranità sul system operator nazionale? La rete di trasporto dell’elettricità in alta tensione o delle condotte del metano in alta pressione dovrebbe essere gestita da un operatore sovranazionale la cui visione non si fermi ai patri confini. Diversi Stati, inoltre, hanno dimensioni troppo piccole per poter negoziare alla pari con alcuni dei colossi dell’energia. Le major del metano associate per costruire grandi gasdotti o per concordare forniture riescono a condizionare le scelte dei Paesi meno forti. A titolo di esempio, i piccoli Stati balcanici sono i più fragili nella competizione. Gli effetti si vedono nei contenziosi fra le varie soluzioni concorrenti del “corridoio balcanico”. Anche le scelte tecnologiche sull’energia possono essere usate come arma di politica industriale. Accade per esempio con il nucleare, tecnologia che dopo l’incidente di Fukushima del marzo 2011 ha subito una serie di sovraccosti pesanti. La vicenda giapponese ha un elemento di distonia molto forte: fu un dramma sismico, un’onda di tsunami che sterminò decine di migliaia di persone, ma nel mondo quell’evento viene ricordato solamente per una delle conseguenze secondarie, la fusione del nòcciolo della centrale Dai Ichi, le cui conseguenze furono modestissime sulla popolazione, ma rilevanti sul fronte degli investimenti. Sempre meno Paesi sono disposti a garantire con la
copertura pubblica il rischio tecnologico insito nel nucleare né le aziende elettriche hanno le spalle abbastanza larghe per assicurarsi. Un altro elemento che frena una politica europea forte è l’eccesso opposto di mercato. Il settore dell’energia richiede una visione a medio e lungo termine. Gli investimenti sono capital intensive e serve una previsione dei tempi di rientro. Ma i contratti di fornitura elettrica a lungo termine sono impediti, mentre sul segmento del metano si dà valore ai contratti spot, i vecchi take-or-pay invence vengono trattati male. Ciò spinge a fare investimenti frettolosi, a volte sbagliati, a volte dettati dall’emotività dei mercati volatili. Oppure ferma chi vuole investire.
P° il Punto di Jacopo Giliberto
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primo piano
Per un’energia pulita, accessibile e sicura Cambiare il mix energetico ma a costi sostenibili, operare una profonda riflessione sui modelli di approccio al tema di clima ed energia, fare tesoro delle esperienze nel settore delle rinnovabili, quelle positive e quelle negative. Tutto questo alla luce dell'Accordo di Parigi che ridisegna le prospettive mondiali rispetto a temi cruciali in primo luogo per il nostro Paese, che potrà trarre vantaggi dalle politiche giuste. Questi solo alcuni dei punti che Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo economico, affronta nell'intervento che 'Elementi' pubblica in questo numero.
di Carlo Calenda
Carlo Calenda - Ministro dello Sviluppo Economico
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L’accordo sui cambiamenti climatici sottoscritto da ben 175 nazioni a Parigi a dicembre 2015 è già stato ratificato da 74 Paesi che rappresentano quasi il 60% del totale delle emissioni di gas serra. Il Parlamento europeo ha ratificato l’accordo a inizio ottobre 2016 e, negli stessi giorni, il governo italiano ha presentato al Parlamento il disegno di legge di ratifica. L’operatività dell’accordo mette il settore energetico, tra i principali responsabili delle emissioni di gas climalteranti, di fronte a un’ardua sfida: promuovere una trasformazione in senso sempre più pulito e a costi accettabili, ricordando anche che circa 1,3 miliardi di persone vivono ancora senza elettricità. Questa sfida obbliga tutti - istituzioni, imprese e consumatori - a un cambio di passo. Se, in passato, l’obiettivo era prevalentemente ambientale, ora si tratta non solo di cambiare il mix energetico, ma di cambiarlo a costi sostenibili. Occorre, dunque, una profonda riflessione sull’approccio seguito finora a livello nazionale (e, aggiungo, europeo) alle questioni clima ed energia. In una prima fase, almeno fino alla fissazione degli obiettivi per il 2020, l’Unione europea ha agito da traino sulle politiche energetico-ambientali, dandosi autonomamente ambiziosi
obiettivi, compresi quelli sulle fonti rinnovabili. L’approccio comunitario è consistito sostanzialmente nell’assegnare obiettivi quantitativi a ciascuno Stato membro, lasciando a ognuno di essi la scelta degli strumenti. Dal momento che il costo dell’energia da fonti rinnovabili era - ed è - più elevato di quella prodotta da fonti tradizionali, ogni Stato ha messo in piedi meccanismi di incentivazione di varia natura e ambizione. Il risultato, in sintesi, è stato ovunque un forte incremento delle rinnovabili, soprattutto per la produzione di elettricità, con effetti molto positivi e non solo di tipo ambientale, ma anche con un forte aumento dei costi indiretti in bolletta. Nel nostro Paese, la potenza elettrica da rinnovabili è più che raddoppiata nel periodo 2008-15, e assicura la copertura di circa 1/3 dei consumi. Ma nello stesso periodo la spesa annua di incentivazione è salita da circa 1,5 a 12 miliardi di euro, costituendo il 25% della bolletta delle famiglie e di gran parte delle imprese. Non sono stati inoltre preventivamente considerati gli effetti delle fonti rinnovabili - in particolare di quelle intermittenti sulla sicurezza e sul funzionamento del mercato energetico. Le conseguenze sono una crescente difficoltà di mantenere in equilibrio il sistema e la necessità di rivedere il disegno del
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mercato e trovare soluzioni più stabili ed efficienti di quelle attuali. Questi fatti hanno indotto una reazione che, in diversi Paesi, si è tradotta in un rallentamento delle politiche di sostegno. Oggi, a livello europeo le politiche di sostegno alla transizione sono state oggetto di un profondo ripensamento, mirato a più obiettivi: salvaguardare i settori produttivi più energivori ed esposti alla concorrenza internazionale; introdurre una prima armonizzazione degli strumenti di incentivazione; integrare le energie rinnovabili nelle regole del mercato e, insieme, promuovere lo sviluppo di tecnologie e strumenti per la riduzione dei costi e l’integrazione delle fonti rinnovabili nel mercato energetico. Si tratta di un riposizionamento assolutamente condivisibile, al quale stiamo dando corso anche a livello nazionale. Per quanto riguarda i costi, valorizzeremo e perfezioneremo l’esperienza, avviata da alcuni anni, di ammissione agli incentivi con aste al ribasso. Intendiamo inoltre esplorare la possibilità di svolgere aste tecnologicamente neutre, laddove esistono margini di stimolo alla competizione e, al tempo stesso, promuovere il graduale utilizzo di soluzioni innovative per la sicurezza del sistema, siano esse tecnologiche come i sistemi di accumulo, o operative come la gestione aggregata di
impianti e consumi. Gli obiettivi di aumento della produzione di rinnovabili richiedono anche una riflessione su come mantenere i siti esistenti e promuoverne la riqualificazione, con semplificazioni amministrative condivise con le autorità ambientali e territoriali, senza impatti sui costi. Nello stesso tempo, lavoreremo sul disegno di mercato e sulle regole e renderemo operativo il nuovo mercato della capacità, appena sarà approvato da Bruxelles, così da rendere più stabile il nuovo assetto. L’orizzonte temporale è naturalmente il 2030, in coerenza con il Pacchetto clima ed energia che abbiamo condiviso a livello europeo e che sarà parte centrale dell’aggiornamento della strategia energetica nazionale, su cui siamo già al lavoro.
L'ecologia verde - Le cifre
385.000
190,5 miliardi
2.964.000
Le aziende italiane che hanno investito in tecnologie green dal 2010
Il contributo della green economy al PIL italiano del 2015
Posti di lavoro green
26,5%
46%
35,1%
26,5%
46%
35,1%
delle aziende ha investito in tecnologie green
delle imprese manifatturiere "green" esporta (contro il 27,7% del totale)
imprese che ha investito green ha aumentato il fatturato (contro il 21,8% del totale)
Fonte: La Stampa
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Corsi di formazione per entrare o specializzarsi nel mondo del lavoro della green economy dalla porta principale dell’ ENERGIA RINNOVABILE EOLICA
Il Minieolico 13 - 14 ottobre 2016 - Roma, presso la sede ANEV
RILASCIA 14 CFP
Il Minieolico 8 - 9 Novembre 2016 - Fiera di Rimini, in occasione di KeyWind
Operation & Maintenance 8 - 9 Novembre 2016 - Fiera di Rimini, in occasione di KeyWind
La sicurezza nel parco eolico 16 - 17 Marzo 2017 - Roma
Come diventare imprenditore e manager specializzato del settore eolico 26 - 27 Maggio 2017 - Roma
Il Minieolico 7 - 8 Novembre 2017 - Fiera di Rimini, in occasione di KeyWind
Operation&Maintenance 9 - 10 Novembre 2017 - Fiera di Rimini, in occasione di KeyWind Le date potranno subire variazioni
Per informazioni e iscrizioni Segreteria didattica: ANEV tel. +390642014701 - fax +390642004838 - formazione@anev.org - www.anev.org
primo piano Condomini e risparmio energetico
Sì a un fondo, non necessariamente pubblico INTERVISTA A ENRICO MORANDO Vice Ministro dell'Economia e delle Finanze Il vice ministro dell'Economia e delle Finanze, Enrico Morando, parla a Elementi dei punti di forza e debolezza dell’efficienza energetica in Italia. Ma anche di altri argomenti fondamentali per il settore: la ratio alla base dell’idea di istituire un fondo a disposizione dei condomini che vogliano ristrutturare e risparmiare sul consumo (ipotizzando anche vari scenari su chi investe nel fondo); i motivi per cui è necessario stabilizzare gli incentivi per l'efficienza energetica negli edifici (ecobonus) per un periodo massimo di tre anni; i risparmi economici per lo Stato e le famiglie grazie agli interventi di riqualificazione energetica.
Enrico Morando - Vice Ministro dell'Economia e delle Finanze
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di Elena Veronelli E: A che punto è l'Italia sul fronte efficienza energetica? Quali sono i settori che necessitano di maggiori interventi? E quali quelli più virtuosi? EM: Premetto che non sono un esperto del settore. La mia risposta, quindi, potrebbe essere viziata da un punto di vista – quello di chi si occupa di finanza pubblica e politica economica – troppo angusto. Quello che si vede, è che abbiamo ottenuto risultati importanti sia nell’efficientamento dei processi produttivi, sia negli interventi per il risparmio energetico nelle abitazioni singole e nei condomini di maggiore pregio. Non abbiamo ottenuto risultati apprezzabili nei grandi condomini costruiti nei decenni del “miracolo” e subito dopo. E: Recentemente lei ha lanciato l’idea di istituire un fondo pubblico a disposizione dei condomini che vogliano ristrutturare e risparmiare sul consumo. Può spiegarci in dettaglio come funzionerebbe? EM: Non ho mai detto che il fondo debba essere pubblico. L’idea – non mia ma dell’Enea– è semplice: nei grandi palazzi anni ’60 e ’70, le agevolazioni tramite detrazioni Irpef non funzionano: in ogni palazzo c’è almeno una famiglia proprietaria con Irpef incapiente. Una famiglia che, all’assemblea condominiale, sarà “costretta” a votare contro l’intervento per il risparmio energetico. Risultato: l’agevolazione non funziona proprio là dove ce ne sarebbe più bisogno. Se ne può uscire così: il condominio delega l’intervento ad un soggetto terzo – il fondo che agisce in una logica di mercato – e lo Stato riconosce al Fondo ciò che la regola vigente riconosce alla famiglia (65% dell’investito, con un limite massimo per appartamento, in 10 anni). Chi investe nel fondo? Può esserci anche Cassa Depositi e Prestiti, ma soprattutto capitali privati che puntano ad un rendimento moderato e sicuro. Il restante 35% e l’utile del fondo vengono dall’enorme risparmio nel costo dell’energia, specie per il riscaldamento. E: Una stima sui costi per lo Stato? E sul risparmio dei condomini? EM: Il costo per lo Stato è valutabile come analogo a quello oggi sopportato dall’erario per le detrazioni Irpef sugli investimenti per la riqualificazione energetica delle abitazioni, incrementato della quota relativa agli incapienti. Una famiglia con appartamento di 90 metri quadrati, a Torino, in uno di questi grandi palazzi, spende circa 1.900 di euro l’anno di riscaldamento. Dopo l’intervento risparmia il 40% di questa somma. E: Lei è favorevole alla stabilizzazione fiscale dell'ecobonus per l'efficienza energetica negli edifici ma per un periodo non superiore ai tre anni, altrimenti si rischiano effetti distorsivi. Può spiegarci meglio perché? EM: L’intervento ha obiettivi di tipo anticiclico. Se dico oggi che l’agevolazione ci sarà ancora tra 10 anni, induco le famiglie ad attendere, invece che ad accelerare i tempi del loro investimento per il risparmio energetico.
E: In quale provvedimento si potrebbe inserire la stabilizzazione del bonus? EM: L’importante è decidere. E stanziare in bilancio le risorse. Il resto viene da sé.
Efficienza energetica negli edifici L’incremento dell’efficienza energetica negli edifici costituisce un obiettivo prioritario per il Paese. Oltre i due terzi del patrimonio edilizio risale a prima degli anni Ottanta, quando ancora non esistevano normative specifiche sul tema dell’efficienza energetica e molte tecnologie non erano mature: il potenziale di risparmio energetico è quindi ampio e spesso ottenibile tramite interventi con ridotti tempi di ritorno. La Strategia per la riqualificazione energetica del parco immobiliare nazionale (STREPIN) stima – al 2020 – un potenziale di risparmio di circa 5,7 Mtep/anno con investimenti da sostenere nel settore residenziale pari a 13,6 miliardi di euro l’anno per interventi globali e 10,5 miliardi l’anno per interventi parziali. Nel settore non residenziale, invece, gli investimenti si stimano in 17,5 miliardi di euro l’anno. Detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici esistenti Grazie al meccanismo delle detrazioni fiscali, i cosiddetti ‘ecobonus’, tra il 2007 e il 2015 sono stati incentivati più di 2,5 milioni di interventi, con oltre 28 miliardi di euro investiti da parte delle famiglie. Nel solo anno fiscale 2014 sono state inviate all’ENEA 300.000 pratiche per un risparmio conseguito pari a 1.300 GWh/a e per una Co2 non emessa in atmosfera di poco inferiore a 300kt/ anno. Gli investimenti complessivi sono stati di poco superiori a 3 miliardi di euro, e il valore complessivo degli importi portati in detrazione quasi 1,9 miliardi di euro. Poiché fino al 30 settembre 2016 è stato ancora possibile modificare i dati relativi ad interventi realizzati nel 2015, il risparmio energetico conseguito in quest’ultimo anno è ancora stimato su dati non definitivi. Il numero complessivo di pratiche risulta essere comunque vicino alle 350.000, con risultati anche migliori rispetto a quelli registrati nel 2014. Risultati, secondo le stime ENEA, molto positivi sia in termini di risparmio energetico che di riduzione delle emissioni di Co2 : infatti, ad oggi è possibile stimare che a fine 2015 sarà possibile attribuire complessivamente a tale misura un risparmio energetico di oltre 13.500 GWh/anno, con un beneficio ambientale di oltre 3 milioni di t/anno di CO2 non emessa in atmosfera. A dare il maggiore contributo tra gli interventi ammissibili a detrazione, è stata la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale (circa il 45%).
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Sì alla mobilità dolce A COLLOQUIO CON BARBARA DEGANI Sottosegretario Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare Abbiamo stanziato 35 milioni per i Comuni che ripenseranno alla mobilità casa scuola-lavoro favorendo i mezzi sostenibili. L’educazione ambientale darà presto i suoi frutti.
Barbara Degani - Sottosegretario Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare
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di Roberto Antonini
In Italia si registra una sensibilità "ecologica" che sta crescendo nei cittadini di ogni età, costruita con un'opera di sensibilizzazione portata avanti negli anni, in special modo impegnandosi nel "formare i formatori" ai quali sono affidati i più giovani. Tutto ciò puntando a uno sviluppo del tessuto produttivo e sociale perché esso sia sostenibile e, in prospettiva, a rifiuti zero e de-carbonizzato. Queste le direttrici che emergono dalla conversazione di 'Elementi' con Barbara Degani, sottosegretario al ministero dell'Ambiente. Una conversazione nella quale si delinea la prospettiva di un Paese che cresce accompagnato dalla crescita delle rinnovabili e dove il futuro delle tecnologie pulite è assicurato, anche e soprattutto per tener fede agli impegni internazionali assunti dall'Italia. E: Al ministero dell'Ambiente avete una missione impegnativa, quella di 'pulire l'Italia' e possibilmente mantenerla pulita: quali sono le direttrici della vostra azione? BD: Sono quelle dettate dall'Europa e pertanto le politiche che stiamo promuovendo sono perfettamente coerenti con quelle Ue. Pulire l'Italia e tenerla pulita vuol dire produrre meno rifiuti. Il nostro ministero a partire dall'ottobre 2013 ha adottato uno specifico Programma di prevenzione in materia di rifiuti che ha già conseguito risultati concreti in termini di riduzione dei rifiuti prodotti. Questa azione risulta essere prioritaria rispetto a tutto il resto perché favorisce la cultura del riuso e quindi incide in maniera significativa al consolidamento della economia circolare. Fondamentale è anche promuovere e consolidare modelli efficaci di raccolta differenziata per garantire il riciclo, completo o parziale, evitando di utilizzare nuove materie prime. E: Intervenire sulla coscienza ecologica appare spesso difficile, a causa di comportamenti sclerotizzati o semplicemente di scarso interesse: come vede la situazione? Si può essere ottimisti? BD: Mi sento, anche alla luce della mia posizione privilegiata presso il ministero dell'Ambiente, molto ottimista in quanto tocco e sperimento ogni giorno una sensibilità "ecologica" che sta via via crescendo nei cittadini. Gran parte di questi risultati sono da attribuire all'opera di sensibilizzazione che in questi anni abbiamo portato avanti anche assieme alle associazioni che tengono in massima considerazione i temi ambientali nella formazione degli studenti e dei loro associati. E: Risulta certo più efficace iniziare a costruire una coscienza ecologica nei più piccoli: come vi state muovendo su questo fronte?
BD: La prima azione concertata all'indomani del mio insediamento è stata la revisione a quattro mani con il ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca delle Linee Guida sull'educazione ambientale. Fino ad allora il tema dell'educazione ambientale era lasciato alla sensibilità dei singoli docenti che hanno fatto, in alcuni casi, un ottimo lavoro, ma purtroppo non esistendo un programma strutturato e delle linee guida aggiornate, non in modo omogeneo in tutta Italia. Ora che abbiamo raggiunto un importante risultato con la Buona Scuola facendo diventare le ore di Cittadinanza attiva responsabili e sostenibili ci stiamo preoccupando di formare i formatori, attraverso i fondi del PON (Programma Operativo Nazionale) istruzione. E: Le rinnovabili sono state protagoniste di una vera e propria rivoluzione nel settore energetico, come vede il loro futuro? BD: Con l'intesa mondiale sul clima siglata a Parigi, rafforzata nelle intese raggiunte nel corso del G7 Ambiente in Giappone - e che dopo le ultime ratifiche di peso si avvia all'entrata in vigore - abbiamo affermato come Europa e come Italia la volontà di puntare su uno sviluppo del tessuto, produttivo e sociale che sia sostenibile e, in prospettiva, a rifiuti zero e de-carbonizzato. In questo ambito tutte le aziende giocano in campo aperto, nel grande mercato globale delle nuove tecnologie e delle soluzioni per la sostenibilità. Nell'intesa di Parigi, peraltro, si è condivisa una visione di lungo termine che riconosce l'importanza di rafforzare lo sviluppo ed il trasferimento di tecnologie verdi per migliorare la resilienza ai cambiamenti climatici e ridurre le emissioni di gas serra. Per questo posso affermare che il futuro dello sviluppo delle tecnologie pulite è assicurato, se vorremo mantener fede agli impegni internazionali assunti. E: Le città dove vivono adulti e bambini sono spesso, purtroppo, decisamente insostenibili: cosa si può fare, ad esempio partendo dai temi della mobilità e dei rifiuti? BD: Abbiamo stanziato 35 milioni per i Comuni che ripenseranno alla mobilità casa-scuola e casa-lavoro favorendo i mezzi sostenibili. La creazione di una figura dedicata alla mobilità sostenibile all'interno delle scuole e dei Comuni favorirà un cambiamento verso modelli più sani. Esistono città come Reggio Emilia nelle quali il 50% dei bambini va a scuola con bicicbus e piedibus. Queste non devono essere più eccezioni ma diventare la regola ed il nostro intervento va proprio in questa direzione. Crediamo che lo stanziamento non sarà risolutivo ma possa innescare una gara virtuosa tra i Comuni a favore della mobilità dolce.
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Rispettare la terra è rispettare l’uomo DIALOGO CON MONSIGNOR MARCELO SANCHEZ SORONDO Cancelliere della Pontificia Accademia della Scienze sull’Enciclica Laudato Si’
Marcelo Sanchez Sorondo - Cancelliere della Pontificia Accademia della Scienze sull’Enciclica Laudato Si’
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di Dario De Marchi
Nel pontificato di Papa Francesco è comparso l’XI Comandamento: salvare la Terra dal disastro dell’innalzamento della temperatura globale. La salvaguardia del Creato è molto cara al Papa. Tanto che gli ha dedicato l’Enciclica Laudato Si’: «L'oggetto della misericordia è la vita umana nella sua totalità che comprende la cura della casa comune», il nostro pianeta. C’è un legame tra degrado ambientale e povertà. Laudato Si’ ha scosso il mondo. A muovere il Pontefice sono state le allarmanti considerazioni della scienza. Un ruolo essenziale lo ha avuto l’Accademia Pontificia delle Scienze, di cui è cancelliere il vescovo Marcelo Sanchez Sorondo, 73 anni, argentino, nominato nel 1988 da Papa Giovanni Paolo II. E: Con l’enciclica Laudato Si’ il Santo Padre chiede quale mondo vogliamo trasmettere a chi verrà dopo di noi. MSS: L’Enciclica parte dalla concezione espressa dalla Bibbia e dalla filosofia greca: l’uomo ha una responsabilità verso gli altri viventi del Creato. Partendo dalla situazione della Terra, come scrive nel paragrafo 23 dell’Enciclica, il Papa assume i dati della maggioranza della comunità scientifica secondo i quali l’attività che usa i fossili - petrolio, carbone, gas - produce un malessere al clima. Con la Conferenza di Parigi COP21 si è deciso che l’aumento del clima non dovrebbe superare i 2° perché altrimenti gli effetti sarebbero devastanti. È una grande novità: il Papa ha unito i dati della Bibbia con quelli della scienza. Per la prima volta nel Magistero della Chiesa c’è un chiaro interesse per il tema della Creazione. E: Finanza e speculazione hanno esasperato le condizioni del mondo, in presenza di una debolezza se non complicità della politica e istituzioni. MSS: Il Papa ha avuto il coraggio di dire quello che sanno in tanti, ma non dicono. Il sistema dipende da un’economia che fa profitti con un’attività che usa materiale energetico fossile. L’argomento più ricorrente è che il petrolio è l’energia più economica. Ma non è così. Se i soldi che sostengono l’economia del petrolio si usassero per scoprire e perfezionare altre energie alternative la situazione non sarebbe così grave. In Europa i banchieri, soprattutto tedeschi e francesi, cominciano a investire in altre forme di energia perché riconoscono che si sta rovinando la Terra. Per questo la denuncia del Papa è importante e necessaria: è un imperativo morale a cambiare forme di energia! E: La cura del Pianeta è molto cara alla cristianità. È la prima volta che un Papa l’affronta in modo così diretto. MSS: È vero. Il Papa con l’Enciclica ha messo ecologia integrale e conversione ecologica a pari livello dei grandi temi della Dottrina Sociale, dicendo: guardate, se volete rispettare la persona umana e il bene comune dovete onorare l’acqua e il clima! Si deve fare questa conversione ecologica.
E: Papa Francesco non parte da zero. Riprende le parole dei predecessori e il grido di allarme che mette in guardia dallo sfruttamento inconsiderato delle risorse. Sono moniti utili o solo parole al vento? MSS: Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, e altri leader politici hanno chiesto l’aiuto del Papa. Capiscono bene l’influsso dell’invito della religione cattolica. I leader religiosi possono dialogare e agire insieme per difendere la dignità e la libertà umana dalle forme più estreme, come la schiavitù, e difendere la Terra perché così preservano l’essere umano. E: Sono molti anni che i governi si riuniscono, ma non trovano la soluzione. Può l’Enciclica del Papa smuovere le coscienze dei potenti del mondo? MSS: Lo ha fatto. I grandi capitali cominciano a pensare alle considerazioni ed esortazioni del Pontefice, basate su indicazioni scientifiche. Si interrogano sul senso di investire ingenti capitali su un’energia che ci sta portando al disastro. C’è un cambiamento. Il primo effetto lo si è visto al COP21 di Parigi. Prima c’erano stati ventuno incontri serviti solo a complicare le cose. Tutti gli accordi raggiunti erano così complessi che ciascuno puntava a non decidere. Dopo Laudato Si’ per la prima volta il COP21 ha preso atto che la denuncia è un dato di fatto e che bisogna cambiare. Il Papa ha voluto l’Enciclica proprio per incidere sull’incontro di Parigi. E: Si dice che lei sia stato l’ispiratore dell’Enciclica Laudato Sì? MSS: Non è così. Certo, le tesi e le idee dell’Enciclica hanno considerato il lavoro svolto dalla Pontificia Accademia delle Scienze. È da almeno 25 anni che l’Accademia denuncia il degrado della Terra. Anzi, è stata la prima a lanciare l’idea che l’attività che usa risorse energetiche di derivazione fossile provoca il cambiamento climatico, il riscaldamento globale. Il Nobel professor Paul Jozef Crutzen, del Consiglio dell’Accademia, ha parlato per primo di clima antropico, dipendente dai comportamenti dell’uomo. L’Onu ha ripreso le tesi dell’Accademia. Altra tesi dell’Accademia, contenuta nell’Enciclica, è che le conseguenze del cambio climatico sono maggiormente sofferte dai Paesi più poveri, meno preparati all’involuzione, e dagli individui più poveri dei Paesi più ricchi. Sono spesso Stati che non hanno il petrolio e i suoi vantaggi. E: Sull’impiego del nucleare come si pone l’Accademia? MSS: L’Accademia ha opinioni molto prudenti. Prima di tutto il nucleare è una energia costosissima, non ha una sicurezza completa e ha bisogno di molta acqua. Poi, c’è il nodo della gestione e sicurezza delle scorie nucleari che hanno vita lunghissima. Almeno fino a quando non si trova un'altra forma di uso del nucleare, come la fusione a freddo, è molto più logico investire in forme di energia rinnovabile.
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Servono politiche per favorire il repowering INTERVISTA A FRANCESCO VENTURINII Ad Enel Green Power di Fausto Carioti
Enel Green Power è cresciuta molto in pochissimo tempo, ma intende crescere ancora. Dal momento dell'Ipo (Offerta pubblica iniziale, ndr), tira le somme l’amministratore delegato Francesco Venturini, Egp «ha investito circa dieci miliardi di euro, consolidando la sua posizione in Europa ed in Nord America. Facendo leva sulla flessibilità del suo business model, ha rapidamente spostato il focus dai mercati maturi ai mercati emergenti. Sulla base di queste linee guida ci siamo
Francesco Venturini - Ad Enel Green Power
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sviluppati con grande velocità e autonomia, diventando leader internazionale nel settore. Oggi abbiamo raggiunto una capacità installata di oltre 11 GW in esercizio in quattro continenti, alla quale stiamo integrando il portafoglio asset del grande idro del Gruppo Enel, che conta un’ulteriore capacità pari a circa 25 GW». In futuro - prosegue Venturini - «continueremo a perseguire questa strategia cercando di ampliare il nostro business nelle aree di presenza». E: Siete più interessati a investimenti di tipo greenfield o ad acquisire strutture esistenti? FV: Non abbiamo preferenze specifiche, molto dipende dal contesto geografico e di mercato. Generalmente nei mercati emergenti, essendoci una domanda elettrica elevata, ci sono maggiori opportunità per lo sviluppo di nuovi impianti, che siano greenfield o di co-development. Mentre nei mercati maturi, caratterizzati da una debole crescita economica e della domanda elettrica e/o da un elevata frammentazione del mercato, possono esserci maggiori opportunità di operazioni M&A. Detto ciò, le opportunità nel mondo possono essere molteplici e trasversali, per cui la nostra strategia deve essere dinamica e flessibile.
E: Gli Stati Uniti sembravano un mercato maturo, ma un ambizioso progetto di incentivi fiscali e una regolamentazione più flessibile hanno spinto voi ed altri a fare forti investimenti. Vi candidate a essere un big player anche lì? FV: Gli Usa sono effettivamente un mercato maturo, che però presenta ancora notevoli opportunità di crescita sia nel solare che nell’eolico. Inoltre, rispetto al mercato europeo, il mercato statunitense cresce a ritmi più sostenuti, gode di maggiori spazi - avendo una densità di popolazione più ridotta - e di un numero superiore di siti interessanti da un punto di vista di disponibilità delle risorse. Questi elementi lo rendono particolarmente attraente, anche in considerazione del fatto che il quadro regolatorio è sempre stato abbastanza solido e stabile e che il nuovo regime permette agli operatori di lavorare con maggiore flessibilità e in ottica di lungo termine. Prevediamo senz’altro numerosi investimenti, che ci potrebbero portare nell’arco dei prossimi cinque anni a raddoppiare la nostra capacità installata esistente. E: Cosa impedisce all’Italia e ad altri Paesi europei di fare un’operazione di attrazione degli investimenti analoga a quella realizzata dagli Stati Uniti?
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FV: Quello europeo è un mercato che deve puntare a sostituire progressivamente le fonti inquinanti e rendere più efficienti gli impianti che producono energia rinnovabile utilizzando tecnologie nuove. Questo si contrappone con i mercati esteri in crescita, che invece hanno bisogno di nuovi impianti da fonti rinnovabili per soddisfare il proprio bisogno di energia. L’Europa deve anche riuscire a conciliare gli interessi di Paesi molto diversi, con matrici energetiche dissimili e talvolta con obiettivi divergenti tra loro. Dal canto suo, l’Italia ha già fatto molto per supportare lo sviluppo delle rinnovabili: abbiamo raggiunto e superato l’obiettivo vincolante europeo al 2020, ora occorre definire una strategia energetica olistica capace di riconfigurare il mercato dell’energia e che traghetti il Paese al 2030 con una nuova matrice energetica.
Installed capacity by geography
Net production by technology
As of June 2016
LTM data as of June 2016
8 24
28
22 51
11.1 GW 3
15 18 28
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E: Che giudizio date della politica energetica europea? FV: È ancora deficitaria di una visione comune. Ad oggi sono stati stabiliti singoli obiettivi nel campo delle rinnovabili, delle emissioni di CO2 o dell’efficienza energetica, ma senza considerare le potenziali interazioni tra essi e - cosa più importante - senza ridisegnare il mercato dell’energia. Oggi le rinnovabili hanno raggiunto una maturità tecnologica tale da poter iniziare a camminare con le proprie gambe, tuttavia è necessario ridefinire le regole al fine di creare un level playing field con le fonti convenzionali. L’attuale mercato short term, infatti, non è in grado di supportare investimenti nelle rinnovabili, che sono caratterizzate da costi fissi alti e costi variabili bassi. La nostra industria necessita di segnali di prezzo di lungo termine che diano una ragionevole certezza sul ritorno dell’investimento. Nelle prossime settimane la Commissione europea dovrebbe pubblicare un nuovo pacchetto legislativo: spero che la proposta dia maggiore chiarezza sul futuro e sia capace di stimolare nuovi investimenti. E: Oggi molti impianti europei stanno raggiungendo la fine della vita utile, stimata in venti anni. Come presidente di Wind Europe lei promuove un’operazione continentale di “repowering”. Il guadagno di efficienza quali ordini di grandezza avrebbe? FV: In Europa i primi impianti sono stati realizzati alla fine degli anni Novanta. Da allora il progresso tecnologico è stato eccezionale: oggi si realizzano parchi eolici con turbine molto più grandi e potenti che consentono di catturare il vento ad altezze elevate e di aumentare la produzione equivalente dell’impianto. Tale incremento dell’efficienza ha permesso un abbassamento costante del prezzo dell’energia eolica per ogni megawattora prodotto. Il risultato è che oggi, rispetto ad un vecchio sito, siamo in grado di aumentare fino a tre volte la potenza delle turbine, ridurne il numero di circa un ottavo e di aumentare fino a cinque volte l’energia prodotta. Alcuni Paesi europei hanno già implementato politiche ad hoc a favore del repowering: Germania e Danimarca, in particolare, sono i principali benchmark internazionali per il rinnovamento eolico. E: L'operazione riguarda anche l’Italia? FV: Nell’eolico l’Italia è al nono posto mondiale ed Egp è il secondo operatore per capacità dislocata sul territorio. Il potenziale del mercato aggredibile in Italia è quindi elevato,
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34.6 TWh
Latam
RoW
Wind
Solar
Italy
North America
Idro
Other
Iberia
RoE
Geo
Countries with installed capacity Fonte: Enel Green Power
stimiamo che all’incirca il 20% del parco eolico attuale avrà più di 15 anni al 2020. Se poi prendiamo in considerazione l’impatto dei tempi piuttosto lunghi che ci vogliono per ottenere le autorizzazioni, che possono arrivare sino a cinque anni, è evidente che è opportuno lavorare sul quadro regolatorio sin da ora. E: Cos’altro prevedono i programmi di Enel Green Power per il nostro Paese? FV: Al momento ci stiamo concentrando sulle opportunità disponibili grazie all’ultimo decreto Fer pubblicato dal Mise. Entro la fine dell’anno abbiamo l’intenzione di partecipare alle aste e registri aperti alla geotermia, alla biomassa e all’eolico. Quanto al solare, assieme al nostro partner F2i, stiamo portando avanti una strategia di consolidamento del settore attraverso l’acquisizione delle realtà frammentate dislocate sul territorio italiano.
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Poste, in cinque anni dimezzate le emissioni di gas serra IL PARERE DI LUISA TODINI Presidente di Poste Italiane di Piergiorgio Liberati
Dal 2010 al 2015 le emissioni di gas serra prodotte dalle attività di Poste Italiane sono diminuite del 46% e oggi il 97% dell’energia che consumiamo è certificata come verde. A spiegare tutte le iniziative green messe in campo da Poste è la Presidente Luisa Todini, per la quale il ruolo delle grandi aziende è determinante nel sensibilizzare i cittadini sui temi della sostenibilità ambientale.
Luisa Todini - Presidente di Poste Italiane
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E: Il concetto di sostenibilità ambientale è entrato ormai a far parte della nostra quotidianità, oltre ad essere spesso un driver per aziende italiane e straniere. Cosa fa Poste per sensibilizzare i suoi dipendenti su queste tematiche? LT: Le politiche nazionali e comunitarie, articolate in leggi e regolamenti e sostenute da incentivi economici e investimenti, hanno concorso in modo efficace a sedimentare il concetto di sostenibilità nella cultura d’impresa. Ma per procedere con maggiore velocità nel difficile percorso verso un’economia davvero “green” è necessario far crescere ancora il livello di sensibilità e consapevolezza sui temi ambientali. La scuola e i media hanno un ruolo fondamentale da questo punto di vista, ma determinante è anche il ruolo delle grandi aziende. Poste Italiane, che è presente su tutto il territorio nazionale con circa 13.000 uffici e 142.000 dipendenti, può svolgere quindi un ruolo di estremo rilievo: le nostre campagne di comunicazione interna sul risparmio energetico o iniziative come l’introduzione del “mobility manager” e la promozione del “car sharing”, oltre ad avere un impatto significativo in termini di effettiva riduzione dell’inquinamento, aiutano a far crescere la cultura ambientale tra i nostri dipendenti e i loro familiari. E: Spesso i cittadini si interessano di fonti rinnovabili solo quando possono risparmiare. Cosa manca affinché ne abbiano una percezione più ampia? LT: Utilizzare le risorse naturali in maniera responsabile e più in generale avere cura dell’ambiente vuol dire in ultima analisi vivere meglio ed occuparsi responsabilmente del futuro dei nostri figli e nipoti: è un concetto semplice, ma rappresenta la “leva emotiva” più efficace per superare resistenze individuali – comprese quelle legate a considerazioni di tipo economico – e modificare abitudini e comportamenti scorretti. Si tratta di un percorso difficile che richiede tempo, ma sono convinta che la strada è giusta: se penso a mia figlia adolescente, o ai colleghi e alle colleghe che incontro ogni giorno in azienda, non posso che essere ottimista e pensare di aver fatto finora un buon lavoro, sia come genitore che come manager. In Poste Italiane, in questi ultimi anni, abbiamo lavorato intensamente per promuovere e diffondere una cultura della sostenibilità, a partire dalla nostra “Carta dei valori ambientali”, fino alle iniziative di comunicazione e sensibilizzazione cui accennavo poc’anzi. In questo senso, la natura “labour intensive” del business postale e la presenza capillare sul territorio rappresentano un importante ed ulteriore fattore critico di successo.
recupero, pervenendo a una diminuzione del 46% del gas serra dal 2010 al 2015. Inoltre nel 75% delle nostre sedi è attivo un sistema di telecontrollo per lo spegnimento automatico degli impianti. A questo si aggiunge il programma integrato di formazione sull’efficientamento energetico che, coinvolgendo attivamente i nostri dipendenti, ha già ottenuto risultati significativi e sistematici con un risparmio annuo del 5% di energia. L’utilizzo crescente di veicoli elettrici o bi-fuel, l’attivazione di ben 5 impianti fotovoltaici e l'istituzione del mobility manager hanno fatto risparmiare circa 130.000 tonnellate di CO2 tra il 2010 e il 2015. E: Possiamo essere ottimisti sul futuro del nostro ambiente? LT: Rimane ancora molto lavoro da fare. Realizzare il progetto di una economia sostenibile e inclusiva è un traguardo ambizioso ma al tempo stesso obbligato, e se non troveremo il modo di affrontare e guidare il cambiamento, per governarlo senza subirlo, ne verremo travolti. Questo impegno e questa responsabilità vale innanzitutto per le grandi imprese come Poste Italiane, che si trovano ad affrontare la sfida del cambiamento climatico, della povertà e delle disparità sociali, riorientando i propri modelli di business trasformando queste sfide in altrettante opportunità. Sono convinta che le imprese che perderanno il treno dello sviluppo sostenibile, nel medio termine perderanno competitività e saranno tagliate fuori dal mercato. Vorrei concludere con le parole del nostro amatissimo Papa Francesco che nella ”Laudato Si’” ci ricorda gli errori in cui non dobbiamo cadere: “Il discorso della crescita sostenibile diventa spesso un diversivo e un mezzo di giustificazione che assorbe valori del discorso ecologista all’interno della logica della finanza e della tecnocrazia, e la responsabilità sociale e ambientale delle imprese si riduce per lo più a una serie di azioni di marketing e di immagine.”
Imprese che prevedono di effettuare eco-investimenti (valori assoluti e incidenze percentuali sul totale delle imprese)
E: A quanto ammontano i consumi energetici di Poste Italiane? E’ vero che vi impegnate a consumare energia prodotta da fonti rinnovabili? LT: Conciliare crescita economica e sostenibilità è una delle sfide più impegnative del nostro tempo, alla quale il mondo dell’impresa può e deve fornire un contributo fondamentale. Poste Italiane ha raggiunto da tempo risultati che la qualificano a tutti gli effetti azienda green: dal 92% di energia certificata proveniente da fonti energetiche rinnovabili, al 100% di rifiuti speciali avviati a riciclo o
Fonte: Unioncamere
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Riconversione digitale ed ecologica dell’industria CONFRONTO CON ANNA MARIA FURLAN Segretaria generale della Cisl Questo occorre per creare modernizzazione, coesione sociale e crescita occupazionale. Tutti i settori ne saranno interessati, ma i piÚ urgenti sono il manifatturiero, la riconversione energetica ed ecologica del sistema dei trasporti e del patrimonio immobiliare.
di Ilaria Proietti
Anna Maria Furlan - Segretaria generale della Cisl
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E: In Italia sono diverse le ‘emergenze‘ ambientali derivanti da grandi impianti industriali. Come uscire dalla contrapposizione lavoro-salute-ambiente?
reti elettriche informatizzate capaci di ottimizzare l’utilizzo di tutte le fonti energetiche disponibili. L’Italia potrebbe acquisire un primato internazionale in questo campo.
AMF: Conciliando lo sviluppo industriale, le condizioni di sicurezza dei lavoratori e le esigenze delle comunità di avere un ambiente pulito. Ma dobbiamo combattere l’idea che l’industria è nemica della salute e dell’ambiente, perché dalle innovazioni tecnologiche nascono nuovi prodotti ecocompatibili che possono migliorare la qualità della vita e il benessere sociale.
E: Anche il settore dei rifiuti e dei trasporti arrancano in parti importanti del Paese…
E: Facciamo il punto sulle principali vertenze, a partire dall’Ilva o dall’Alcoa… AMF: La Cisl ha sempre lavorato per difendere le produzioni ed i posti di lavoro. Per l’Ilva stiamo pagando l'irresponsabilità della società sul fronte dei danni ambientali e dei ritardi degli investimenti nell’innovazione, mentre per l’Alcoa continua a pesare la mancata soluzione strutturale dei costi dell’energia e dei trasporti e una inadeguata regolamentazione europea. Siamo impegnati a difendere gli impianti e il lavoro e ad accompagnare la ricerca di nuovi soggetti industriali in grado di dare prospettive alle due aziende. E: Cosa occorre per fronteggiare tali situazioni ? AMF: Maggiore capitalizzazione e internazionalizzazione delle attività industriali. E infrastrutture e servizi moderni. Ma anche la capacità di radicarsi sul territorio in termini di qualificazione delle strutture e delle competenze professionali, favorendo la crescita delle attività industriali locali, promuovere una cultura territoriale di condivisione della sfida globale che la grande impresa è impegnata a vincere. E: Quale strategia potrebbe consentire al nostro Paese di essere traghettato verso un’industria innovativa? AMF: La riconversione digitale con il programma industria 4.0 e quella ecologica dell’industria, dell’organizzazione e del vivere sociale sono grandi occasioni di modernizzazione, di coesione sociale e crescita occupazionale. Tutti i settori ne saranno interessati, ma i più urgenti sono il manifatturiero, la riconversione energetica ed ecologica del sistema dei trasporti e del patrimonio immobiliare. Sono innovazioni importanti, in grado di produrre buoni risultati occupazionali. L’Italia dispone di una buona legislazione a favore dello sviluppo sostenibile. Basti pensare agli eco bonus. Ma abbiamo bisogno di una strategia su obiettivi chiari e condivisi: finora si è proceduto a zig zag, con improvvise accelerazioni e brusche frenate, come nel caso del fotovoltaico. Bisogna riprendere il percorso della crescita delle rinnovabili che possono rappresentare nel medio-lungo periodo una forte riduzione della dipendenza dall’approvvigionamento estero e ridurre, se non eliminare, il differenziale dei costi dell’energia con gli altri Paesi. Ma soprattutto diventa strategico progredire nelle
AMF: Occorre imboccare la strada dell’organizzazione in senso industriale per far uscire dalle secche del concetto “politico elettorale” le società partecipate pubbliche. Le imprese non vanno gestite come serbatoi elettorali. Le amministrazioni devono dare l’input alle imprese che gestiscono il servizio, sia in house che per affidamento fatto con gare, di avere come fine il servizio di qualità per i cittadini. Il tema non è tanto che ci sia la gestione pubblica o quella privata, ma come l’azienda, pubblica o privata, funziona. E: Dopo il terremoto, il presidente del Consiglio Renzi ha lanciato il Piano ‘Casa Italia’. Cosa ne pensa? AMF: È importante condividere il progetto con tutte le forze sociali. Le intenzioni sulla questione legalità e trasparenza e quelle sulle liste di merito delle aziende, le cosiddette “white list”, l'avere stabilito che ci saranno solo quattro stazioni appaltanti per la ricostruzione, sono tutti ottimi segnali. Ci piace molto l'idea di ricostruire seguendo il modello territoriale cioè rimanendo “sul posto”, favorendo, così, la riattivazione economica delle aree colpite dal terremoto a partire dalle scuole ed il fatto che gli investimenti siano fuori dal patto di stabilità. E: Un’altra grave emergenza nel nostro Paese è legata al dissesto idrogeologico. Quali ritiene siano le misure più urgenti? AMF: Stiamo elaborando e portando ai vari tavoli di dialogo politico strategie organiche, che mettano insieme la difesa del suolo e dei bacini idrici, il contrasto al dissesto idrogeologico e la sicurezza del territorio, la manutenzione delle aree boschive e di quelle montane. Dobbiamo sottoscrivere un accordo relativo al Piano straordinario di prevenzione, con l'individuazione delle risorse necessarie, sull’occupazione, sulle priorità di intervento, sul controllo e la verifica con la garanzia della sicurezza del lavoro, della tutela dell'ambiente e della legalità. Si tratta di applicare un approccio innovativo che veda la partecipazione attiva dei cittadini, indispensabile per arrivare a scelte condivise.
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sistema idrico Forum
Biancardi Colarullo Gabriele
Una regolazione a protezione dei consumatori Educare al risparmio idrico Serve una “TERNA” delle reti idriche
Alberto Biancardi - Membro del collegio
Giordano Colarullo
Luigi Gabriele
dell’Autorità per l’Energia Elettrica il gas
Dg di Utilitalia
Responsabile rapporti istituzionali Codici
e il Sistema idrico
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di Elena Veronelli
Quale lo stato del sistema idrico? Quali i punti di debolezza e quelli di forza? Quali gli sviluppi futuri ipotizzabili? Ne abbiamo parlato, attraverso un confronto serrato, con alcuni tra i principali protagonisti del settore: Alberto Biancardi, membro del collegio dell’Autorità per l’Energia Elettrica il gas e il Sistema idrico, Giordano Colarullo, dg di Utilitalia e Luigi Gabriele, Responsabile rapporti istituzionali Codici (Centro per i Diritti del Cittadino). E: Dal 2011 la regolazione del sistema idrico è affidata all’Autorità per l’Energia. Un bilancio di questi 5 anni? Di quanto sono aumentati i prezzi all’anno? E gli investimenti? Biancardi: L’intervento regolatorio ha indotto un virtuoso incremento dell’efficienza, dell’economicità e della trasparenza del settore, garantendo nuovi diritti agli utenti e una maggior tutela dell'ambiente. A fronte di una variazione media dei corrispettivi, rispetto all’anno precedente, pari a poco più del 4,3% nel 2014 e del 4,5% nel 2015, gli investimenti quantificati (al netto dei contributi pubblici) per gli stessi anni evidenziano una crescita particolarmente elevata: rispetto al 2012, nel 2015 si è registrato un incremento del 55%, per un ammontare complessivo pari a circa 5,8 miliardi di euro nel quadriennio 2014-2017. Gli incrementi tariffari più elevati si sono verificati nelle macroaree del Paese in cui i soggetti competenti hanno programmato una maggiore spesa pro capite per investimenti da finanziare attraverso tariffa.
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sistema idrico
Colarullo: Si possono migliorare alcuni aspetti, però nell’insieme il bilancio è positivo. Il dato riscontrabile è un compattamento del settore, un metodo tariffario che prima non c’era e ora esiste e un dialogo-confronto costante tra gli operatori e il regolatore. Quanto all’aumento dei prezzi e degli investimenti, la domanda dovrebbe esser posta in modo diverso. Quanta parte di quello che prima si pagava con tasse indistinte, oggi viene coperto da tariffe misurabili? Non si può valutare un’evoluzione se non si tiene conto del punto di partenza. Nell’acqua il punto di partenza era: tariffe squilibrate, grande morosità, abusivismo, demagogia. Il tutto ha contribuito al ritardo storico di un settore che solo ora mostra segni di cambiamento. Investiamo 34 euro per abitante all’anno, dovremmo investirne almeno 80. In Francia se ne investono 88 e in Danimarca 129. Il tutto con le tariffe tra le più basse del mondo. Gabriele: Fino all’arrivo del regolatore il servizio idrico si distingueva per una così eccessiva frammentarietà che spesso ognuno interpretava le norme a proprio piacimento. Poi il regolatore è entrato a gamba tesa, rimettendo ordine con le sue deliberazioni ma, nello stesso tempo, portando anche il caos tra le tante Ato del Paese, dove spesso l’assenza di competenza - non solo nei gestori ma anche nella politica locale e nelle segreterie tecniche - ha finito per acutizzare problemi già da tempo esistenti. Problemi che si sono riversati in un aumento medio delle
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tariffe di oltre il 4%, che Aeegsi ha contabilizzato per favorire gli investimenti. Per adeguarsi ai nuovi schemi regolatori, in alcune aree del Paese, gli aumenti hanno toccato il 100% della tariffa. In altri casi per recuperare le cosiddette partite pregresse a seguito dell'applicazione dei piani tariffari approvati, ci sono stati aumenti delle tariffe spalmati in più anni che, in alcuni casi, hanno determinato un ulteriore aumento del 50%. In sostanza gli aumenti reali sono stati: 4% (aumento medio per il metodo tariffario), +100% (aumenti per le ex cipe), +50% (per le partite pregresse). Per quanto riguarda gli investimenti non siamo in grado di contabilizzarli. È certo, però, che non ci sono stati segnalati investimenti che hanno avuto impatti di riduzione della tariffa. E: Com'è messo il sistema idrico nazionale? Ci sono falle negli acquedotti? I depuratori sono sufficienti? Il suolo intorno può inquinare l’acqua nei tubi? C’è rischio di desertificazione in certe zone? Colarullo: Quasi soddisfacente per gli acquedotti, male per le fognature, malissimo per la depurazione. Ci sono falle negli acquedotti e i depuratori non sono sufficienti. A volte il suolo può inquinare l’acqua, ma ciò è raro se i tubi sono quelli a pressione degli acquedotti. Più spesso è l’acqua che inquina il suolo, se non ci sono i depuratori e le fognature. Sulla desertificazione è più influente la natura dell’uomo, anche se
Dinamica dei consumi domestici per area geografica CONSUMO ANNUO PRO CAPITE DELLE UTENZE
% VOLUMI DOMESTICI SU TOT FATTURATI.
DOMESTICHE (m3) Area
2011
2012
2013
Nord-Ovest
72,8
71,8
70,3
73,0%
Nord-Est
55,1
53,4
52,4
64,2%
Centro
46,5
46,3
43,9
67,9%
Sud
49,6
49,8
49,4
71,9%
Isole
47,7
45,9
43,9
63,8%
ITALIA
58,8
57,7
56,3
68,4%
N. Gestioni del panel
76
Popolazione del panel (AB.)
21.521.547
Elaborazioni AEEGSI su dati dei gestori.
possiamo fare qualcosa per limitarla. Gabriele: Il sistema idrico nazionale è un colabrodo. In alcune aree, le perdite di rete raggiungono il 70% del prelevato dalle fonti. In altre aree, i depuratori sono a tal punto inesistenti che si continuano a sversare le fognature in aree marine o in fiumi e affluenti. In Calabria solo il 12% del territorio è coperto dal sistema di depurazione, in Sicilia il 15%. Solo il centro nord ha una buona copertura fognaria. Il rischio dell’inquinamento delle falde acquifere non è più rischio, ma una realtà. In zone come la provincia di Caserta non si può bere l’acqua del rubinetto perché le falde sono state inquinate per l’infiltrazione delle tubature del sistema fognante. Ma il rischio maggiore, in tempi di terrorismo, è che chiunque può accedere indisturbato alle nostre fonti e fare ciò che vuole. Biancardi: Il dato relativo all’età di posa delle condotte di adduzione e distribuzione mostra una rete acquedottistica particolarmente vetusta: il 36% delle condotte ha un’età compresa tra i 31 e i 50 anni, mentre il 24% è caratterizzato da un’età maggiore ai 50 anni. La ricognizione richiesta dall’Autorità ai soggetti competenti in ordine alle criticità registrate nei relativi territori ha evidenziato situazioni di criticità anche sullo stato di conservazione delle reti e degli impianti gestiti (con conseguenti perdite di rete) e sulla presenza di agglomerati ancora non conformi agli standard di cui alla direttiva 91/271/CE in materia di collettamento e trattamento delle acque reflue.
E: Quanti miliardi in più di investimenti servirebbero per mettere a posto il sistema? Gabriele: Servirebbe, innanzitutto, un nuovo assetto strutturale: posto che l’acqua non è l’energia e non è il gas, non capiamo perché non possa esserci un unico grande soggetto (la Terna delle reti idriche) che si occupi di realizzare l’ossatura del Paese e lasci che i gestori locali o territoriali facciano il resto, ovvero portare l'acqua a casa degli italiani. Biancardi: Le stime confermano che per recuperare l’attuale insufficienza infrastrutturale e mettersi in regola con gli adempimenti comunitari, occorrono investimenti per oltre 25 miliardi di euro nei prossimi 5 anni. Colarullo: A questo risponderà sicuramente meglio l’Aeegsi con i dati che ha in possesso. Non credo di avere l’opinione diversa dagli altri se dico che dovremmo investire almeno 5 miliardi all’anno. In ogni caso l’investimento pro-capite è un indicatore interessante. Come ho detto noi investiamo 34 euro per abitante all’anno, la Danimarca 129. E: Come si possono finanziare i maggiori investimenti? Solo aumentando le tariffe? Biancardi: Una spesa così rilevante è difficilmente sostenibile con le sole tariffe. Per questo, l’Autorità ritiene opportuno lo sviluppo di nuove opzioni finanziarie integrative e innovative quali, ad esempio, l’introduzione di hydrobond
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sistema idrico
(titoli obbligazionari vincolati al finanziamento di piani di investimento), titoli di efficienza idrica e fondi nazionali, locali o ancor meglio di garanzia. Colarullo: Se abbattiamo il tabù tutto italiano secondo il quale aumentare le tariffe è considerato un comportamento condannabile, si capirà che per avere un buon servizio bisogna investire del denaro. L’associazione europea del settore parla di “3T” : tasse, tariffe, trasferimenti. Gabriele: Occorrono troppi soldi per farli ricadere solo nelle tariffe. Per questo, visto che nessuno sa quanti soldi servono realmente perché i gestori non hanno la benché minima idea di quali e quanti interventi bisogna fare, non riteniamo affidabili i dati che circolano in questo settore, perché nemmeno l’Aeegsi li mette a disposizione. Pensiamo che sia un problema governativo e centrale del Paese e come tale va risolto. E: A parte gli investimenti, ci sono altre cose da fare per migliorare la struttura idrica? Gabriele: Noi abbiamo immaginato una nuova struttura di governance: centralizzata per l’ossatura principale, liberalizzata per le gestioni locali. L'acqua va gestita come priorità nazionale dalla fonte fino agli impianti di depurazione, mentre dalla rete secondaria fino ai contatori con criteri di mercato ed efficienza. Ovvero il contrario di cosa accade oggi. Colarullo: L’educazione al risparmio idrico. Il rispetto per l’ambiente dovrebbe farci sentire in dovere di costruire depuratori e fognature senza attendere le sanzioni dell’Ue. La struttura necessita denaro e competenze ingegneristiche. Biancardi: Oltre a promuovere l’afflusso di capitali d’investimento in infrastrutture idriche e igienico-sanitarie, dobbiamo rafforzare le misure per l’efficientamento delle gestioni e sviluppare la regolazione a protezione dei consumatori (con particolare attenzione a quelli che versano in condizioni di disagio economico-sociale), garantendo agli stessi l'accesso alla fornitura della quantità di acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali, nonché la trasparenza delle condizioni di erogazione del servizio.
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E: Nel settore idrico ci sono moltissimi operatori. Questa frammentarietà crea problemi di gestione? Non sarebbe opportuno un piano di aggregazione? Colarullo: Il problema della numerosità degli operatori e delle loro dimensioni è un problema di cui si occupò anche la Legge Galli del 1994. I passaggi sono stati tanti, i risultati sono evidenti ed è inutile ripercorrerli ora. Oggi la Legge Madia e i decreti sulle partecipate e sui servizi pubblici sono un’occasione utile per occuparsi del tema. Gabriele: Le leggi dell'economia ci dicono che se aggreghi tante piccole inefficienze, crei solo una grande inefficienza, non elimini i problemi. Pensiamo che il modello migliore possa essere quello che preveda una rete unica nazionale con un unico gestore, affidando, invece, i servizi agli operatori più qualificati ed efficienti, secondo regime di mercato. Biancardi: La platea di operatori è molto diversificata e variegata (sono oltre 2500). In molte realtà, un processo di aggregazione delle gestioni è stato avviato, anche in attuazione delle previsioni introdotte con il d.l. 133/2014 con cui è stato definito il percorso per il conseguimento della gestione unica a livello di ambito territoriale ottimale. Il metodo tariffario, adottato dall’Autorità alla fine del 2015, contempla varie misure per incentivare le operazioni di integrazione tra gestori: in più occasioni, abbiamo ribadito la necessità di razionalizzare il numero di operatori per eliminare le inefficienze dovute all’eccessiva frammentazione e garantire agli utenti congrui livelli di prestazione al minor costo, nonché la possibilità di liberare risorse attraverso una crescita della produttività. E: E le banche si riescono a coinvolgere nei prestiti? Gabriele: In questo settore le banche vedono solo gestioni monopolistiche e quindi non ritengono che ci possano essere profitti per il sistema bancario. Diversamente avvenne per il sistema degli incentivi alle fonti rinnovabili: si incentivò l’apertura di un mercato, di conseguenza gli operatori bancari e finanziari diedero liquidità. Colarullo: Se il sistema è stabile dal punto di vista normativo, se la governance è chiara, se il sistema tariffario garantisce
un riconoscimento economico a chi rischia il proprio denaro in infrastrutture che si ripagano in cicli almeno ventennali, è più realistico che ci sia qualcuno disposto a finanziare. Non possiamo dire di essere in questo quadro ideale, ma certamente la situazione è migliorata rispetto a qualche anno fa. Biancardi: La bancabilità degli investimenti nel settore idrico è fortemente rafforzata dal Metodo Tariffario stabilito dall’Autorità. E: Una migliore gestione del sistema vede protagonista il pubblico o il privato? Biancardi: Il Regolatore è neutrale rispetto alla scelta del modello gestionale. La nostra Autorità, ha emanato un sistema tariffario volto a promuovere l’efficienza, la sostenibilità della gestione e la sostenibilità dei corrispettivi applicati all’utenza, dettando regole e criteri che si applicano a tutti gli operatori, prescindendo dalle relative forme organizzative. Colarullo: Il focus è l'efficienza. Si è sprecato un sacco di tempo in Italia a parlare di qual era il mondo ideale in termini di proprietà, laddove il tema centrale per come è strutturata l'industria è invece il passaggio a gestirsi in maniera industriale, ad essere capaci di migliorarsi e di orientarsi al proprio consumatore. Tanto il pubblico e il privato possono fare danni in maniera diversa e possono essere efficienti tutte e due. Abbiamo tante eccellenze sia con l'una che con l'altra proprietà. Gabriele: Non esiste il buono pubblico e il cattivo privato. Bisogna pensare solo che l’acqua è un bene scarso e sta diventando, sempre più, poco disponibile. Va, dunque, considerato come interesse nazionale. E: Cosa ne pensate della proposta di legge sulla gestione dell’acqua pubblica, attualmente in Parlamento? In particolare, sulla parte che garantisce il diritto a un quantitativo minimo vitale di acqua pro capite di massimo 50 litri giornalieri, anche in caso di morosità?
va bene nel SII è la Governance, che con questa proposta paradossalmente verrebbe esacerbata. Ovvero si vuole mantenere un meccanismo con gestori che al di là della forma, misti, pubblici o privati, sono troppo inefficienti e spesso di parte politica. Abbiamo una proposta che prevede un gestore unico nazionale, meglio se a maggioranza pubblica e quotato, che si occupi della rete principale (ovvero l'ossatura del Paese) e gestioni locali a mercato solo sui servizi fino al contatore, un po’ quello che accade per le tlc o l’energia. La nostra proposta prevede anche 50lt, minimo, di acqua pro capite al cittadino: ad ogni utenza domestica della prima casa, che vale anche in caso di morosità, considerandolo come il livello soglia per il distacco del servizio. Colarullo: La proposta appare equilibrata, garantendo la stabilità degli assetti regolatori e introducendo nuove garanzie per gli utenti. Il problema dell’accessibilità al servizio idrico rappresenta un tema di assoluto rilievo a livello nazionale ed europeo. In molti Paesi Ue esistono strumenti di sostegno per i nuclei familiari in condizioni socio-economiche disagiate, ma in nessun caso è prevista l’erogazione di un quantitativo minimo vitale a prescindere dalla situazione socio-economica. Le soluzioni si sono concretizzate in tariffe sociali e bonus idrici per le famiglie più numerose e in difficoltà economica. In Italia il problema dell'accessibilità riguarda un numero limitato di famiglie, a favore delle quali è necessario intervenire con strumenti mirati, ad esempio le tariffe sociali introdotte dall'articolo 61 della legge 221/2015. La fornitura gratuita a chiunque di un quantitativo minimo vitale avrebbe un costo di oltre 2 miliardi l'anno, da recuperare dalle tariffe. In un settore che fattura circa 8 miliardi all'anno, questo imporrebbe un innalzamento sostanziale delle tariffe per i consumi più alti, andando a colpire le famiglie più numerose. Biancardi: Pur apprezzando l’intento che ha indotto a proporre il diritto a un quantitativo vitale gratuito, riteniamo che questa agevolazione vada riconosciuta solo ai soggetti che versano in un reale stato di bisogno.
Gabriele: Il ddl è una proposta da specchietto per le allodole perché oggi l'acqua è già interamente pubblica. Ciò che non
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verifiche e ispezioni
Conto Termico, attivitĂ di verifica sugli interventi incentivati di Ennio Ferrero e Roberto Lucchini
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Cos’è il Conto Termico? Il Conto Termico è il regime di sostegno per interventi di piccole dimensioni per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili e l’incremento dell’efficienza energetica. Introdotto dal decreto legislativo 3 marzo 2011, n.28 e attuato, in una prima fase attraverso l’adozione del decreto ministeriale del 28 dicembre 2012, è stato concepito principalmente per promuovere il miglioramento dell’efficienza energetica negli edifici delle Amministrazioni pubbliche. Il Conto Termico incentiva interventi di incremento dell’efficienza energetica dell’involucro e degli impianti in edifici appartenenti alle Amministrazioni pubbliche oltre che interventi di produzione di energia termica da fonti rinnovabili (pompe di calore, caldaie e apparecchi a biomassa, solare termico) in edifici pubblici e privati. Per dare maggiore impulso al meccanismo e sfruttare al massimo le sue potenzialità, il decreto ministeriale del 16 febbraio 2016 ha profondamente rinnovato il meccanismo incentivante del Conto Termico. Il cosiddetto Conto Termico 2.0, entrato in vigore il 31 maggio scorso, ha infatti incrementato la gamma degli interventi incentivabili e ridefinito aumentando - in alcuni casi - gli incentivi, ampliato la platea dei soggetti che possono beneficiarne, eliminato le procedure concorsuali originariamente previste per alcune categorie di interventi. Ha inoltre semplificato le procedure di accesso agli incentivi previsti per l’installazione di uno degli apparecchi contenuti nel Catalogo degli apparecchi domestici, pubblicato sul sito internet del GSE e infine ridefinito il meccanismo di prenotazione degli incentivi riservato alle Pubbliche Amministrazioni, così da renderlo
coerente con le loro esigenze. In altri termini, il Conto Termico 2.0, può consentire ai privati e alla Pubblica Amministrazione di riqualificare i propri edifici e impianti, riducendo i costi dei consumi energetici e recuperando, in tempi brevi, una parte significativa della spesa sostenuta. È con queste caratteristiche che il Conto Termico 2.0 si affianca e si pone come valida alternativa agli altri meccanismi incentivanti già consolidati nell’ambito della “Green & white economy”, quali le detrazioni fiscali o i titoli di efficienza energetica.
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Come richiedere i contributi Le verifiche sugli interventi previsti dal Conto termico incentivati Richiedere i contributi previsti dal Conto Termico 2.0 è semplice. La richiesta di ammissione, infatti, va presentata esclusivamente per via telematica. I soggetti responsabili degli interventi (Amministrazioni pubbliche, aziende e organizzazioni private, cittadini, ESCO) inviano la domanda al GSE tramite l’apposito applicativo (il “Portaltermico”) inserendo i dati relativi agli interventi e al sistema edificio-impianto presso cui gli interventi sono realizzati e allegando un “set minimo” di documenti (per esempio, fotografie dell’intervento realizzato, fatture e bonifici di pagamento delle spese sostenute). La richiesta di concessione degli incentivi viene valutata dal GSE che mette a disposizione il provvedimento conclusivo del procedimento sul medesimo portale.
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Come per gli altri meccanismi di incentivazione dell’efficienza energetica e della produzione di energia elettrica e termica da fonti rinnovabili, anche per il Conto Termico il GSE effettua verifiche sugli interventi incentivati sia mediante controlli documentali sia effettuando sopralluoghi presso i siti di realizzazione. Tali attività sono finalizzate ad accertare la corretta e regolare realizzazione degli interventi, il loro funzionamento, nonché la sussistenza o la permanenza dei presupposti e dei requisiti, oggettivi e soggettivi, per il riconoscimento o il mantenimento degli incentivi erogati. Tali attività di verifica sono eseguite in ragione di una pianificazione annuale, preventivamente comunicata al Ministero dello Sviluppo Economico, e di una programmazione di dettaglio, definita su base mensile/ bimestrale. Nell’ambito delle attività di programmazione, gli interventi sono individuati con un metodo a campione per un totale non inferiore all’1% delle richieste approvate: il piano annuale è quindi definito, numericamente, sulla base dei contratti attivati nell’anno precedente. Per lo svolgimento delle verifiche il GSE può avvalersi, oltre che delle società direttamente controllate, anche di altre società e/o enti di comprovata esperienza: ad oggi, per le attività di verifica condotte nel triennio 2014-2016 il GSE ha impiegato esclusivamente risorse interne appartenenti della Direzione Verifiche e Ispezioni. Se nell’ambito delle attività di controllo non emergono difformità rispetto a
quanto dichiarato dal soggetto responsabile dell’intervento e/o rilievi in ordine alla sussistenza e/o permanenza dei requisiti previsti dal Conto Termico per l’ammissione agli incentivi, il GSE conclude il procedimento positivamente. In caso contrario, nel rispetto della 241/90 sul procedimento amministrativo, il GSE avvia la dovuta interlocuzione al fine di consentire al soggetto responsabile dell’intervento di fornire le proprie osservazioni in ordine ai rilievi emersi. Al termine di questa fase, laddove i rilievi permangano, il GSE conclude il procedimento con esito negativo, provvede al recupero delle somme eventualmente erogate e, se del caso, segnala l’esito del procedimento alle competenti Autorità. Particolarmente stringenti sono i controlli che il GSE pone in essere in tema di cumulo di incentivi. Al riguardo, la normativa di riferimento prevede infatti che non è possibile cumulare gli incentivi del Conto Termico con altre forme di incentivazione statale, ivi incluse le detrazioni fiscali per interventi di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente e per ristrutturazione edilizia. Al fine di garantire al riguardo l’efficacia del controllo, il GSE, in linea con quanto previsto dal quadro normativo di riferimento, si può avvalere di un flusso informativo privilegiato con ENEA e con l’Agenzia delle Entrate. Il GSE, inoltre, al fine di rendere maggiormente incisivi i controlli, anche in tema di cumulo di incentivi, ha avviato nel corso del 2015 una costante e proficua collaborazione con la Guardia di Finanza, a seguito della sottoscrizione di un protocollo d’intesa.
Sintesi dei risultati delle verifiche effettuate Anno 2014 In questo anno le attività di controllo sono state avviate a partire dal secondo trimestre. Hanno interessato 55 interventi (per complessivi 130 mila euro di incentivi riconosciuti) ricadenti nelle categorie di intervento più diffuse: installazione di collettori solari termici e sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con generatori di calore a biomassa. Al 31 dicembre 2014 il GSE ha concluso 21 procedimenti, tutti con esito positivo.
Anno 2015 Le attività di controllo relative al 2015 hanno interessato 79 interventi (per complessivi 664 mila euro di incentivi riconosciuti), con un incremento rispetto all’anno precedente del 44% in termini di volumi e del 500% in termini di ammontare economico controllato. Le attività di controllo avviate hanno riguardato anche categorie aggiuntive rispetto a quelle oggetto dei procedimenti del 2014: vale a dire interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con generatori di calore a condensazione e interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti utilizzanti pompe di calore. Al 31 dicembre 2015 risultavano conclusi 99 procedimenti, 72 con esito positivo e 27 con esito negativo (di cui 26 interventi realizzati nello stesso sito da un unico soggetto), riferiti a controlli avviati sia nel 2015 (65), sia nel 2014 (34). Con riferimento ai procedimenti di verifica conclusi nel 2015 con esito negativo sono stati accertati importi da recuperare per un valore pari a 21.000 euro e mancati esborsi, relativi agli interventi per cui era stata corrisposta una sola delle rate previste, pari a 20.900 euro.
Anno 2016 La pianificazione approvata prevede che il GSE, per l’anno in corso, effettui verifiche, equamente suddivise tra sopralluoghi e controlli documentali, su 110 interventi (per complessivi 735 mila euro di incentivi riconosciuti). Ne consegue pertanto un incremento, rispetto all’anno precedente, del 40% in termini di volumi nonché dell’11% in termini di ammontare economico controllato. Al 30 settembre 2016 sono stati avviati 113 procedimenti di verifica: 49 si sono conclusi con esito positivo e 1 con esito negativo. Come si può vedere, già alla data odierna è stato superato l’obiettivo annuale di verifiche da effettuare. Si prevede che il numero di verifiche che saranno effettuate al 31 dicembre 2016, sarà pari a circa 130 verifiche, con un incremento del 18% rispetto alla pianificazione originaria. Dall’analisi di quanto illustrato emerge che le attività di controllo svolte nel triennio 2014 – 2016 si sono concluse con un’elevata percentuale di esiti positivi, confermando per il momento (considerato anche il campione in esame, pari ormai a più di 250 interventi controllati) la corretta attribuzione degli incentivi da parte del GSE. Si ritiene che tale aspetto, unitamente alla relativa semplicità impiantistica degli interventi e alla sostanziale chiarezza della normativa in materia, abbia determinato tale risultato complessivo.
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mercato elettrico
SII, fulcro del sistema 38
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di Alessio Borriello 1,6 La Torre di Babele è, nell’immaginario, il simbolo della confusione delle lingue e dell’incomunicabilità: secondo vari studi, all’epoca le lingue parlate erano una settantina. Ebbene, nel settore elettrico fino a poco tempo fa, avevamo più di 500 differenti linguaggi di comunicazione dei dati. Per rendere efficienti gli scambi di flussi con standard diversi e portare a compimento la liberalizzazione del settore, la legge ha istituito il “Sistema Informativo Integrato” (SII) presso Acquirente Unico in quanto soggetto terzo, pubblico ed indipendente. Tutto ha origine con il processo di liberalizzazione della vendita al dettaglio di energia elettrica e del gas naturale: con la separazione dei ruoli tra venditori e distributori si è reso necessario lo scambio sistematico di numerose informazioni. Il numero di flussi informativi fra centinaia di operatori diversi era tale che errori, difformità e incoerenze nei dati producevano inefficienze in termini di risorse e di tempo necessario al loro trattamento. Il SII è stato istituito proprio per risolvere tali criticità e permettere una svolta competitiva del mercato. Il SII diventa il fulcro del sistema, mettendo in comunicazioni i diversi sistemi di fornitori (S) e distributori (D). Il SII gestisce in modo centralizzato la banca dati nazionale dei punti di prelievo per l’elettrico e dei punti di riconsegna per il gas, dei dati identificativi dei clienti e dei consumi orari con la funzione di rendere efficace e veloce lo scambio non solo dei flussi informativi fra i diversi operatori, ma anche i processi commerciali quali cambio di fornitore (switching), volture (passaggio del contratto di fornitura da un cliente ad un altro con il medesimo venditore e senza interruzione). E’ uno strumento indispensabile per il mercato liberalizzato perché elimina le asimmetrie informative, le barriere all’ingresso e i conflitti di interesse, permettendo il corretto dispiegarsi della concorrenza. Il SII mette tutti gli operatori sullo stesso piano. Acquirente Unico ha realizzato un’infrastruttura che garantisce la sicurezza del dato e il rispetto della privacy, secondo una logica di contenimento dei costi. Nell’elettrico, il SII gestisce tutti i 43 milioni di clienti su cui scambiano dati e informazioni più di 500 soggetti (tra distributori, esercenti la maggior tutela, utenti del dispacciamento e controparti commerciali). I volumi dei processi sono rilevanti. Ogni anno il SII compie 10 milioni di aggiornamenti, tra cui 3,3 milioni di attivazioni e disattivazioni; 1,2 milioni di volture; 4,8 milioni di switching. Nel gas il SII gestisce i 25 milioni di clienti su cui scambiano dati e informazioni più di 700 soggetti (tra distributori ed esercenti). Ogni anno il SII compie 5 milioni di aggiornamenti, tra cui 1,2 milioni di attivazioni e disattivazioni; 600mila volture; 1,6 milioni di switching. Numeri che evidenziano una
complessità enorme di gestione. Ma a differenza della biblica Torre di Babele, il SII è riuscito nell’impresa di arrivare a una sintesi, fornendo un servizio indispensabile ai mercati energetici. Il valore aggiunto del SII è costituito dalla condivisione con gli operatori di mercato delle modalità di lavoro, in generale e per ciascun processo gestito: ciò implica la possibilità di strutturare le responsabilità di ciascuno in termini di livelli di servizio e di sicurezza, due aspetti cardine per l’operatività del sistema. Solo nell’ultimo anno il SII ha permesso di raggiungere alcune tappe fondamentali nel processo di liberalizzazione: •
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Ha reso possibile il cambio di fornitore di energia (switching) in 3 settimane consentendo all’Italia di uscire dalla procedura di infrazione. Precedentemente lo switching avveniva in 2-3 mesi creando danni a operatori e consumatori. Ha realizzato la gestione centralizza delle misure (ovvero dei consumi) di tutti gli utenti. Con benefici in termini di mercato e risparmi per le imprese. Ha avviato la realizzazione del portale della Tutela Simile che faciliterà il processo di passaggio dei clienti dalla Maggior tutela al mercato libero in linea con l’obiettivo che il governo ha posto nel Ddl Concorrenza.
Inoltre, il SII può svolgere altre funzioni. Ne è un esempio l’applicazione del canone Rai in bolletta. A tal riguardo, AU è stato coinvolto fin dall’inizio nel processo relativo alle nuove modalità di riscossione tramite bolletta. Grazie a una proficua collaborazione con il Mise e l’Agenzia delle Entrate si sono allineati i dati di milioni di utenti rendendo disponibili a tutti i fornitori di energia elettrica le informazioni utili alla fatturazione del canone. Il vero perno di sviluppo del SII è sulle funzionalità che permetteranno di migliorare la capacità decisionale, basata sulla disponibilità dei dati, cosa importante sia dal lato offerta che da quello della domanda. Con il SII, infatti, gli operatori avranno la possibilità di meglio orientare le loro offerte per i consumatori: potendo conoscerne i profili e le esigenze, si creerà finalmente lo spazio per vere politiche commerciali customizzate, al momento di difficile attuazione, vista la scarsità delle informazioni. Inoltre, il SII permetterà ai consumatori una maggiore capacità di muoversi nel mercato: si potranno conoscere i propri consumi in modo esaustivo e in tempo reale. Questo può aiutare i consumatori a diventare smart e a modificare la propria domanda in funzione dei segnali di prezzo, permettendo loro di valutare, scegliere, decidere, diventando i protagonisti del mercato.
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Il nostro programma in tre punti IL PENSIERO DI ALBERTO PINORI Presidente Anie Rinnovabili
Alberto Pinori - Presidente Anie Rinnovabili
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di Ilaria Proietti
E: Presidente Pinori, lei è da poco al vertice di Anie Rinnovabili. Come intende interpretare il suo ruolo? AP: Molti mi definiscono un presidente commerciale. Nel senso che mi appassionano le proposte che possano avere un appeal per gli imprenditori e al tempo stesso apportare benefici pubblici. Intendo interpretare il mio ruolo così, anche in Anie. Per questo fin dal primo momento abbiamo lavorato ad un programma di mappatura dell’efficienza ambientale concepito su obiettivi raggiungibili. Siamo convinti che abbinare diverse tecnologie dia come risultato il meglio dell’efficienza. Che non è solo efficienza energetica, ma è a tutto campo, nell’edilizia o nella mobilità sostenibile: e in questo senso è necessario accordare anche per questo tipo di interventi (che coinvolgono biomasse, storage, cogenerazione, fotovoltaico, pompe di calore e altro), le detrazioni fiscali triennali del 65%. E: Facciamo un altro esempio di approccio integrato su obiettivi specifici AP: Abbiamo fatto una proposta semplice e concreta al Ministero dello Sviluppo Economico: un programma che potrebbe consentire la bonifica dall’amianto insieme a interventi di isolamento termico sulle coperture e di installazione di impianti da fonte rinnovabile. Ciò sarebbe possibile con la previsione per le imprese di una detrazione fiscale o credito d’imposta del 35% fino a un tetto massimo di 200 mila euro, almeno triennale, che consenta di abbinare tale attività all’installazione, per esempio, del fotovoltaico. Un contributo enorme ad una situazione drammatica dal punto di vista sanitario ed ambientale, se si pensa che il Cnr ha stimato in 2,5 miliardi di metri quadrati le coperture in cemento-amianto presenti nel nostro Paese: l’1% della superficie nazionale. E: Ma non esistono norme volte a favorire lo smaltimento di amianto? AP: Sì, ma non stanno dando i risultati sperati. L’associazione propone una detrazione per l’intervento integrato che metta insieme smaltimento dell’amianto, coibentazione e installazione di impianti da fonte rinnovabile. Con molteplici ricadute benefiche. E: Quanto costerebbe questo programma? AP: Sempre ragionando con una certa concretezza per un intervento medio, poniamo una nuova copertura da 10 mila metri quadrati e l’installazione di 100 kWp di impianto da fonte rinnovabile, occorre un investimento di 700 mila euro, iva esclusa. E’ realistico pensare che in un anno possano essere ‘bonificati’ 2500 siti con un investimento di 1,75 miliardi. E: Sì, ma quanto costerebbe allo Stato un programma su base triennale?
AP: A fronte di un investimento complessivo 5,25 miliardi di euro, si genererebbe un costo in termini di uscite per lo Stato, dovuto alla detrazione fiscale del 35%, pari a circa 1,83 miliardi di euro. Ma anche un ricavo generato dalle imposte dirette, indirette e contributi sociali secondo un rapporto di 0,46 tra il valore dell’investimento e quanto incassa lo Stato per ogni euro investito, pari a circa 2,41 miliardi di euro. Il saldo netto è attivo per 0,57 miliardi di euro e sarebbe a favore dello Stato. E: Ma non si tratta di un’incentivazione mascherata? AP: Sono contrario a chi si lamenta e all’assistenzialismo che, posso assicurare, non fa parte della nostra logica associativa. I danni prodotti dalle generazioni precedenti che non hanno tenuto presente quelli che sarebbero venuti dopo, ci impone di rimboccarci le maniche, anche perché non abbiamo alternative. Credo si debbano ammettere gli errori del passato: come nel caso della prima fase di incentivazione del fotovoltaico che ha richiamato l’attenzione più che di imprenditori, di veri speculatori. Il mercato è stato dopato: in due anni, tra il 2010 e il 2011, è stato installato quello che si sarebbe dovuto installare in dieci anni. Oggi il mercato del fotovoltaico si è normalizzato, anche se è diventato molto più piccolo: con detrazioni ragionevoli si fanno impianti di dimensioni corrette che complessivamente vanno nella direzione della diminuzione di C02 che poi era l’obiettivo originario. E: Ma, a parte il conto già pagato, alcuni problemi però sono rimasti… AP: Certamente, soprattutto relativamente agli impianti realizzati in quel periodo: 11,7 mila MW che non producono quel che dovrebbero perché non sono installati correttamente a causa della grande improvvisazione che ha scatenato gli appetiti di chi inseguiva solo gli incentivi. Non a caso molte aziende sono fallite, sono sparite nel nulla oppure non sono in grado di fornire l’assistenza necessaria. E: E allora che si fa? AP: Siamo andati dal Gse sapendo che avremmo trovato un interlocutore finalmente dinamico: si pensi solo ai 200 mila piccoli impianti che vorrebbe liquidare anticipatamente con benefici di 5-6-10 mila euro a famiglia. Quanto al grande progetto di revamping per rendere efficienti gli impianti costruiti in passato abbiamo registrato una grande disponibilità che apre prospettive per il settore molto interessanti. Credo sia fondamentale questo nuovo approccio del Gestore che prelude a un’utile sinergia tra chi eroga denari e chi vuole sul serio rinnovarsi. Una discontinuità assolutamente positiva in un Paese come il nostro che finora è stato incapace di fare squadra. Anzi per certi versi c’è stata una certa tendenza al masochismo. E: Mi faccia un esempio… AP: Lo spalma incentivi è stato un pasticcio anche perché l’obiettivo non era la diminuzione degli incentivi, ma della bolletta. Il risultato è che la bolletta è diminuita di pochissimo e solo per sei mesi. E la previsione retroattiva e ritagliata solo per alcuni è finita inevitabilmente alla Consulta e alla Corte Ue. Non è questo il modo di procedere.
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energia rinnovabile
Dal conto termico vantaggi a largo spettro PARLA LUCA TALLURI Presidente Federcasa Tra gli effetti positivi: efficientamento degli edifici interessati, diminuzione dell’impatto ambientale e significativi aspetti culturali
Luca Talluri - Presidente Federcasa
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di Maurizio Godart Il Conto termico è un meccanismo di incentivazione, nato con decreto ministeriale 28/12/12, che promuove interventi per migliorare l’efficienza energetica degli edifici già esistenti e incrementare la produzione di energia da fonti rinnovabili. Dal 31 maggio 2016 è nato il Conto termico 2.0, frutto del decreto interministeriale 16/2/2016, che potenzia e semplifica i meccanismi del decreto 28/12/12. Ne parliamo con Luca Talluri, Presidente Federcasa. E: Presidente, raffrontando i due testi normativi, quali sono le novità salienti introdotte dal Conto termico 2.0? LT: Rispetto alla precedente edizione, il nuovo conto termico amplia gli interventi di efficienza energetica incentivabili, semplifica le modalità di accesso e di erogazione, adegua i valori massimi degli incentivi, introduce un catalogo di prodotti prequalificati e prevede per le Pubbliche amministrazioni l'erogazione dell’incentivo in una rata unica. Il nuovo decreto è frutto anche della consultazione pubblica avviata da GSE e MISE all’inizio del 2015 per semplificare e potenziare il meccanismo di incentivazione. A questa consultazione Federcasa ha partecipato con un contributo specifico – elaborato sulla base della diretta esperienza maturata dagli associati nella richiesta degli incentivi – con il quale è stata sottolineata tra l’altro la necessità di introdurre sistemi di anticipazione dell’erogazione degli incentivi. E: Ci parli degli interventi incentivabili, per cui è previsto il rimborso da parte del GSE. LT: Gli enti associati a Federcasa – ovvero gli ex IACP comunque denominati e trasformati – rientrano nel più ampio ambito delle “Pubbliche amministrazioni”. In quanto tali possono accedere sia agli incentivi previsti per gli interventi sull’involucro edilizio sia, al pari dei soggetti privati, agli incentivi per la sostituzione degli impianti di climatizzazione e per l’installazione di collettori solari termici. Lo stock abitativo gestito dagli IACP comunque denominati – circa 750 mila alloggi dei quali 400 mila ad elevato consumo energetico – può costituire quindi un campo di intervento di primaria importanza ai fini dell’avvio di un massiccio piano di riqualificazione energetica integrato che interessi il contestuale adeguamento dell’involucro edilizio e del sistema di generazione.
richiedere l’erogazione di una rata di acconto già al momento della comunicazione dell’avvio dei lavori e di una rata di saldo a seguito della sottoscrizione della scheda-contratto con il GSE. Tale procedura – richiesta anche da Federcasa nella fase di consultazione che ha preceduto l’aggiornamento del Conto termico – consente un reale snellimento delle pratiche e, soprattutto, permette una programmazione economica degli interventi su basi certe. E: Con quali vantaggi? LT: Da un’indagine condotta da Federcasa presso un campione di enti associati emerge complessivamente – tra accesso diretto e prenotazione – l’avvio di iniziative di efficientamento energetico del patrimonio residenziale gestito per il 2016-2017 per un costo totale di oltre 65 milioni di euro . Tali investimenti consentiranno di ridurre considerevolmente i consumi energetici di circa 3.000 alloggi in 250 edifici attraverso soprattutto le tipologie di intervento che rappresentano un maggiore rapporto costi/efficacia, ovvero sostituzione caldaie individuali, realizzazione isolamento termico e sostituzione impianti di climatizzazione centralizzati. Resta, in ogni caso, da evidenziare la strutturale inadeguatezza degli incentivi in quanto gli enti gestori non sono adeguatamente agevolati ad intervenire sul proprio patrimonio. Infatti, contrariamente al privato proprietario non hanno alcuna possibilità di recuperare quota dell’investimento in termini di minore consumo. Il risparmio energetico conseguito è a favore dell’utente/inquilino, mentre chi investe denaro è il gestore. E: Quale sarà l’effetto del Conto Termico 2.0 sul comparto rinnovabili e più in generale sull’economia italiana? LT: Sarà un affetto assai positivo come ipotizzato dal Governo, noi siamo un Paese che deve insistere in questa direzione. Perché insistendo avremo due effetti positivi, quello esplicito ovvero l’efficientamento energetico degli edifici interessati e la diminuzione dell’impatto sull’ambiente. Ma soprattutto in un Paese come il nostro, ha un riverbero pedagogico e culturale di cui abbiamo bisogno.
E: Quali i soggetti potranno accedere agli incentivi? LT: Come accennato gli enti associati a Federcasa rientrano nella categoria della “Pubblica amministrazione” e hanno quindi la possibilità di richiedere l’erogazione dell’incentivo in un’unica rata nel caso accedano agli incentivi attraverso la procedura dell’Accesso diretto, ovvero presentando la domanda di concessione dell’incentivo a seguito dell’avvenuta realizzazione dell’intervento. Nel caso di Prenotazione dell’incentivo le modalità di erogazione risultano particolarmente interessanti: infatti le Pubbliche Amministrazioni che optino per tale procedura possono
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energia rinnovabile
Più rinnovabili nei trasporti A TU PER TU CON ADNAN Z. AMIN DG Irena Servono anche soluzioni di heating e cooling nelle aree urbane e industriali. Così l'Italia potrebbe più che triplicare la quota di rinnovabili nel mix energetico e risparmiare fino a 13 miliardi di dollari su costi per inquinamento atmosferico ed emissioni di CO2.
Adnan Z. Amin - D.G. Irena
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di Riccardo Toxiri E: Il 2016 segna il 5° anniversario della nascita di IRENA, ormai riconosciuta come la voce globale delle energie rinnovabili. Come è cambiato il settore energetico in questi anni e quali prospettive vede per IRENA? AZA: Dall’istituzione di IRENA, le rinnovabili sono considerate al centro del sistema energetico e viste come la soluzione ad alcune sfide che il mondo si trova ad affrontare. Ciò è successo perché le rinnovabili sono ormai competitive con le altre fonti in molte aree del pianeta: ad esse sono stati destinati maggiori investimenti negli ultimi anni, con il record di 286 miliardi di dollari nel 2015. Dal 2009 il costo del fotovoltaico è sceso dell’80% ed entro il 2025 potrebbe ancora ridursi del 59%, così come quello di eolico on-shore (-26%) e off-shore (-35%). Nel 2015 la capacità di generazione delle rinnovabili è cresciuta ad un valore record dell’8,3% e la capacità globale è a quasi 2 TW. La trasformazione energetica è diventata anche motore di sviluppo, con più di 8,1 milioni di persone nel mondo che lavorano nelle rinnovabili. Il settore energetico è sempre più decentralizzato con molti consumatori che sono anche produttori. Nuovi modelli di business stanno emergendo e i governi si spostano sempre più verso nuovi meccanismi di incentivazione, come le aste competitive: IRENA continuerà a lavorare per sostenere la loro transizione verso sistemi energetici sostenibili. E: Secondo il REmap Global Report di IRENA, raddoppiare la quota delle energie rinnovabili nel mix energetico globale entro il 2030 potrà far risparmiare in seguito fino a 4.200 miliardi di dollari ogni anno. Che ruolo possono avere Paesi come Italia e Germania che hanno già raggiunto un’alta percentuale di rinnovabili nel mix energetico? AZA: Questi Paesi hanno già sviluppato quantità significative di energia rinnovabile, ma possono fare ancora di più attraverso innovazione e R&S. REmap individua una serie di priorità per i prossimi anni, tra cui un maggiore utilizzo delle rinnovabili nel trasporti e lo sviluppo di soluzioni di heating e cooling nelle aree urbane e industriali. Con tali soluzioni, ad esempio, l'Italia potrebbe più che triplicare la quota di rinnovabili nel mix energetico e risparmiare fino a 13 miliardi di dollari su costi per inquinamento atmosferico ed emissioni di CO2.
rinnovabile. Lanciato nel 2015, il Marketplace ospita già più di 140 progetti - con 5 GW di capacità e 8 miliardi di dollari come opportunità di investimento. IRENA è anche coinvolta in altre iniziative internazionali. In collaborazione con il G20, IRENA ha sviluppato un kit di strumenti per l'implementazione accelerata delle energie rinnovabili tra i Paesi del G20 e ha lavorato a stretto contatto con la Presidenza cinese del G20 per l'adozione di un piano d'azione per le energie rinnovabili, adottato dai ministri dell'energia G20 a Pechino lo scorso giugno. Questi sono solo alcuni esempi di come IRENA continui a diffondere conoscenza, fornire assistenza e consulenza e raggiungere i vari interlocutori per informare e influenzare il dibattito in tema di energia e sviluppo. E: A gennaio 2017 dell'Italia sarà designata come presidente della Settima sessione dell'Assemblea IRENA. Cosa si aspetta dal nostro Paese e quali sono le vostre aspettative sul coinvolgimento d'Italia nelle iniziative di IRENA? AZA: L'Italia è forte sostenitrice dello sviluppo sostenibile e leader nelle energie rinnovabili in Europa, con oltre il 12% di tutta l'energia rinnovabile prodotta all'interno dell'Unione europea nel 2014. In qualità di membro non solo della UE ma anche del G7 e G20, l'Italia svolge un ruolo chiave nel sistema internazionale ed è nella posizione ideale per guidare attività di cooperazione sulle rinnovabili. Il vostro Paese è inoltre attivamente impegnato nelle attività di IRENA fin dalla sua creazione e ha recentemente aderito al Global Geothermal Alliance per promuovere il geotermico in tutto il mondo. L'Italia avrà un forte ruolo in IRENA in qualità di Presidente della Settima Assemblea di IRENA, guidando le discussioni sulle strategie e politiche per la transizione energetica in atto: accogliamo con favore l'entusiasmo e la competenza che l'Italia porterà a questi dibattiti. Raggiungere obiettivi su clima, accesso all'energia e sostenibilità richiede che tutti noi lavoriamo insieme per garantire un futuro comune ad energia sostenibile. IRENA è pronta a sostenere l'Italia in tutti i suoi sforzi verso questo traguardo.
E: In relazione all'agenda internazionale in materia di energia, clima e sviluppo sostenibile, quali sono le iniziative più significative di IRENA? AZA: IRENA si impegna a cooperare con tutti i 175 paesi e la UE per continuare a guidare la transizione energetica globale. Una grande opportunità è sfruttare il potenziale di rinnovabili esistente in Africa: con l'iniziativa “Africa Clean Energy Corridor” cerchiamo di soddisfare la crescente domanda di energia del continente attraverso nuove reti di trasmissione alimentate dalle rinnovabili. IRENA sta avviando progetti analoghi in America Latina e Asia. Un'altra nostra iniziativa è il Sustainable Energy Marketplace che riunisce imprese, governi, finanziatori e fornitori di servizi e tecnologie interessati a sviluppare progetti ad energia
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energia rinnovabile Nuovo fotovoltaico
Centro Chose
Quando la ricerca è d’eccellenza
CONVERSAZIONE CON ANDREA REALE Professore di elettronica per l’energia rinnovabile e cofondatore del Centro Chose
Andrea Reale - Professore di elettronica per l’energia rinnovabile
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di Tommaso Tetro Si chiama Chose (Center for Hybrid and Organic Solar Energy) ed è un centro di ricerca d’eccellenza nell’ambito delle rinnovabili. Si concentra sulle nuove tecnologie per il fotovoltaico. Progetti nazionali ed internazionali, spinoff, incubazione di idee e rientro dei cervelli fanno del Chose - Polo Solare Organico della Regione Lazio nato nel 2006 all'Università degli Studi di Roma Tor Vergata - un vero laboratorio per realizzare idee innovative nel campo dell'efficienza energetica e del solare fotovoltaico. Insomma, qui le idee non rimangono sulla carta ma diventano strumenti operativi con potenzialità applicabili e spendibili all'interno di logiche di mercato. Ce lo racconta Andrea Reale, professore di elettronica per l’energia rinnovabile e tra i fondatori di Chose. E: Professor Reale, cosa è il Centro Chose? AR: Il Chose è formato da un gruppo di docenti universitari che lavorano efficacemente in squadra. Gli obiettivi principali del Polo riguardano lo sviluppo di tecnologie per le celle solari organiche e ibride organiche-inorganiche, la definizione di un processo di industrializzazione, il trasferimento delle tecnologie fotovoltaiche e lo sviluppo di applicazioni in collaborazione con le aziende nazionali e internazionali. E: Cosa succede dopo la fase di ricerca? AR: Come detto, oltre all’innovazione, il Polo Solare Organico ha come scopo il trasferimento tecnologico delle ricerche sviluppate. Questo avviene con la creazione di spin-off, di consorzi pubblici-privati o attraverso la collaborazione diretta con Pmi o altre società di grandi dimensioni. Quattro sono gli spin-off e le start-up innovative attive (Intellienergia, TiberLab, Ingem e Cicci Research): società che operano, a vari livelli, nella progettazione e realizzazione di sistemi fotovoltaici e nelle tecnologie correlate. In sostanza, formiamo il personale di ricerca che ha poi le competenze per proporsi e inserirsi all’interno degli spin-off innovativi. E’ il caso di un consorzio università-industria che ha portato avanti l’industrializzazione di una tecnologia legata al fotovoltaico per gli edifici: celle su vetro con tecnologia a colorante. E: Di cosa si tratta? AR: Dyepower è uno spin-off che ha avuto dei numeri importanti - e un finanziamento privato di 10 milioni di euro negli ultimi anni - per una tecnologia adattabile al mercato dell’integrazione sulle facciate in vetro degli edifici e dei grattacieli. L’obiettivo è lo sviluppo di un processo tecnologico e di una linea pilota per produrre pannelli fotovoltaici organici su vetro con tecnologia DSC (Dye Solar Cell) per applicazioni di integrazione architettonica. Le caratteristiche di semitrasparenza, controllo dei colori e adattamento architettonico, rendono il fotovoltaico DSC ideale per l’utilizzo sia all’esterno che all’interno dell’edificio. Il consorzio Dyepower, che dopo aver portato molti brevetti ora ha un suo percorso in fase di liquidazione, lavora nell’ambito dello sviluppo della tecnologia su vetro con colorante (il colore è dovuto al principio attivo di queste celle semi-trasparenti).
E: Progetti promettenti? AR: Le tecnologie di cui ci occupiamo si adattano a diverse prospettive di mercato: naturalmente l’efficacia dipende dal contesto economico e politico. Citerei proprio il progetto Dyepower, un pacchetto tecnologico ‘chiavi in mano’, perché l’ambito di efficientamento degli edifici era un settore molto promettente: si trattava di un prodotto importante che costituiva un valore aggiunto per gli elementi architettonici degli edifici ad alto impatto energetico. Ma ci sono altri processi, come le celle a perovskite: una tecnologia interessante con prospettive anche a livello europeo per la progettazione e l’industrializzazione. E’ competitiva con i sistemi più tradizionali (oggi siamo al 22% di efficienza), con le tecnologie a soluzione, stampabili, e scalabili a livello di modulo; ed è un ambito potenziale enorme per il fotovoltaico a film sottile stampabile. E: Altri progetti? AR: Abbiamo anche promosso spin-off di piccola taglia, a seconda degli strumenti a disposizione. E abbiamo potuto far nascere diverse iniziative, favorendo l’incubazione di differenti tipologie di spin-off. Ci sono anche progetti legati agli inchiostri polimerici e allo spray. C’è poi un progetto legato al ‘rientro dei cervelli’: è un meccanismo che, per come è strutturato il nostro Centro di ricerca, ha fatto sì che molti ricercatori internazionali potessero trovare spazio da noi, creando le condizioni per farli rientrare. Ciò grazie al fatto che il Chose occupa una posizione scomoda per molti centri universitari proprio perché riesce a fare ‘trasferimento tecnologico’, riesce cioè a essere promotore di tecnologie che poi possono trovare impiego industriale. E: Il contesto politico e normativo come potrebbe aiutare? AR: Se vogliamo continuare a promuovere la ricerca, può essere utile trovare forme che incoraggino soluzioni per l’autonomia energetica. Magari può essere interessante capire di quale supporto abbia bisogno l’operazione di trasferimento tecnologico, individuando quali strumenti possano attivarne la promozione. Incoraggiare ad investire su tecnologie innovative per farle così approdare nel mercato: questa può essere una politica lungimirante in termini di costi, di occupazione e di nuovi mercati.
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Piccola rassegna di giurisprudenza
A CURA DELL’UNITÀ GESTIONE DEL CONTENZIOSO GSE 50
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Il panorama delle fonti rinnovabili - per importanza e complessità - è un orizzonte in costante divenire, pieno di sfide tecniche, economiche, etiche e giuridiche. La realtà italiana non fa eccezione e il GSE, quale attuatore del quadro normativo-regolamentare, si trova a dover gestire costantemente nuove sfide cui dare soluzioni che non sempre vengono condivise in modo unanime dagli operatori del settore. Spesso in questi casi si giunge a discutere dei diversi punti di vista davanti ad un tribunale, dove (statistiche alla mano) il GSE di rado perde e molto più spesso vince.
Al di là dei freddi numeri e delle percentuali, lo scopo di questa rubrica è proprio quello di dare evidenza delle decisioni giurisprudenziali che confermano la correttezza dell’operato del Gestore, per fare tesoro dei principi affermati e ricavarne utili strumenti per il futuro. Il caso che vogliamo portare oggi all’attenzione dei lettori è giunto a conclusione definitiva con la sentenza del Consiglio di Stato n. 3014/2016, intervenuta ad inizio dello scorso luglio, dando ragione al GSE su tutte le questioni oggetto di causa. Il contenzioso riguardava un impianto eolico che si era iscritto (come previsto dal D.M. 6 luglio 2012) al registro teso a individuare, entro limiti di costo predeterminati, una graduatoria degli impianti che potevano accedere agli incentivi pubblici previsti. Inizialmente l’impianto era risultato in posizione utile per accedere agli incentivi ma il GSE, a seguito di approfondimenti istruttori conseguenti alla proposizione della richiesta di incentivazione, aveva disposto la decadenza dalla graduatoria e dai benefici economici richiesti. Era stato accertato, infatti, che in sede di iscrizione il titolare dell’impianto aveva dichiarato di essere munito, quale titolo autorizzativo, di una Dichiarazione di Inizio Attività, indicando come data di conseguimento il giorno della presentazione al Comune territorialmente competente. Le procedure applicative predisposte dal GSE in attuazione del citato D.M. 6 luglio 2012, contenenti le modalità di presentazione della domanda e di formazione della graduatoria, prevedevano invece espressamente che “nell’ipotesi di Denuncia di Inizio Attività (DIA) il titolo abilitativo si intende conseguito decorsi 30 giorni dalla data di presentazione della relativa documentazione all’Ente comunale competente”. E questo, prescindendo anche dalla più recente giurisprudenza e dottrina, che ritiene che la DIA (da un punto di vista di diritto amministrativo generale) si perfeziona, se non interviene entro 30 giorni un diniego espresso del Comune, alla data di presentazione della stessa. Ad avviso degli operatori una scelta quale l’esclusione dell’impianto in questione dagli incentivi costituiva una penalizzazione eccessiva e irragionevole. Ma, come riconosciuto già dal TAR in primo grado e poi dalla sentenza del Consiglio di Stato, non lo è affatto. Uno dei criteri sulla cui base era stata redatta dal GSE la graduatoria degli impianti da ammettere agli incentivi era la data di conseguimento del titolo autorizzativo: chi prima l’aveva conseguito (nel senso previsto delle procedure applicative) si collocava più in alto, a
parità di altre condizioni. Le “regole del gioco” erano chiare a tutti, e prevedevano come detto - che la data da dichiarare ai fini della graduatoria fosse quella che cadeva 30 giorni dopo la data di presentazione della DIA. Peraltro, la scelta del GSE di richiedere la data di “consolidamento” dell’autorizzazione era più che giustificata, per evitare la proliferazione di domande ancora soggette ad un possibile diniego dell’amministrazione comunale. Il Consiglio di Stato ha riconosciuto, quindi, che dichiarare una data diversa (e precedente) da quella prevista dalle specifiche regole del bando del GSE si configura come un tentativo di ottenere un indebito vantaggio nei confronti degli altri partecipanti alla gara, tentativo per il quale le procedure applicative del Gestore prevedono l’esclusione dalla gara stessa. Il Giudice Amministrativo ha ritenuto pure irrilevante che, nel caso specifico, se anche il Soggetto Responsabile non avesse posto in essere tale tentativo, la graduatoria sarebbe stata sostanzialmente identica: questa è, infatti, una valutazione che si è potuta fare solo dopo la compilazione della graduatoria, mentre al momento della presentazione della domanda non si poteva sapere se l’indebito vantaggio, ottenibile tramite la falsa (o errata) indicazione della data rilevante, avrebbe potuto avere l’effetto di far incentivare l’impianto in questione a discapito di altri. In sintesi, il Consiglio di Stato, partendo dalla constatazione che le regole che detta il GSE in tema di procedure d’asta sono la “legge speciale” che governa la procedura stessa, ha ritenuto che la completezza, correttezza e veridicità delle dichiarazioni dei Produttori è già di per sé un valore da perseguire, perché consente di operare con efficienza e celerità la selezione dei progetti meritevoli di incentivazione. Al contrario, una dichiarazione falsa o incompleta è da sanzionare anche laddove l'impresa meriterebbe sostanzialmente di partecipare, proprio perché in contrasto con i sopra citati principi di efficienza e buon andamento dell’azione della Pubblica Amministrazione.
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energia rinnovabile
Luce Smart, nel 2020 varrà 1,6 mld ma puo’ arrivare a 3,3 POLITECNICO DI MILANO RICOSTRUISCE UNO SCENARIO CHE PUNTA SU ‘EFFICIENT & SMART LIGHTING’
a cura di Prometeo-Adnkronos
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Lampade a led e soluzioni 'intelligenti' - da qui a quatto anni - ridurranno del 5% i consumi elettrici registrati nel 2015 con un risparmio energetico totale pari a 10,8 TWh/anno, contribuendo per il 26% al raggiungimento degli obiettivi di efficientamento che l'Italia si è posta con il Pacchetto 20-20-20. Ma le cose potrebbero andare molto meglio. Secondo l'Efficient & Smart Lighting Report redatto dall'Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano, l'illuminazione 'smart' potrebbe rappresentare un mercato potenziale complessivo al 2020 di oltre 3,3 miliardi di euro, contro gli 1,6 miliardi di euro del mercato atteso. Un gap da colmare puntando su informazione e semplificazione. Per ‘efficient & smart lighting’ si intende la somma di due componenti: illuminazione efficiente che attraverso i led garantisca minori consumi a parità di prestazioni, e illuminazione 'smart' da realizzare con soluzioni hardware e software in grado di controllare l'impiego delle sorgenti luminose, massimizzandone l'efficacia e l'efficienza. Complessivamente, nel corso del 2015, il mercato dell'‘efficient & smart lighting’ in Italia ha raggiunto un valore di oltre un miliardo di euro, con prospettive di sviluppo estremamente interessanti. Le sorgenti luminose led si sono assestate attorno ai 900 milioni di euro, dei quali circa 540 milioni in ambito residenziale (per un equivalente di oltre 40 milioni di lampade), circa 200 milioni nell'industriale/terziario e 170 milioni nella pubblica illuminazione. A queste cifre
vanno sommati 140 milioni di euro di soluzioni smart per l'illuminazione: 40 milioni nel residenziale/domestico, 35 milioni nell'industriale/terziario e 65 milioni nella pubblica illuminazione. Il mercato atteso al 2020 in ambito residenziale/domestico si stima possa raggiungere un valore complessivo compreso tra 770 e 810 milioni di euro (+45% rispetto al 2015). A quella data saranno oltre 400 milioni le sorgenti luminose led installate nelle abitazioni italiane, cui si aggiungono altri 20 milioni di apparecchi integrati led. In ambito industriale/terziario i valori in gioco saranno compresi tra i 350 e i 370 milioni di euro, con una crescita dell'80% rispetto al 2015. Ma qual è il potenziale di mercato? Nel Rapporto si è provato a dare una risposta a questa domanda costruendo uno scenario in cui al 2020 le fonti luminose siano costituite al 100% da led in tutti i settori, mentre le soluzioni smart si attestino al 10% per le abitazioni residenziali, il terziario commerciale e la pubblica illuminazione, al 5% per l'industriale e al 15% per gli uffici. Il mercato potenziale complessivo al 2020 costruito secondo questo scenario risulta – come detto - pari a oltre 3,3 miliardi di euro, contro gli 1,6 miliardi di euro del mercato atteso (+106% sul 2015). Se si scompongono le due componenti dell'‘efficient & smart lighting’ si nota che l'incremento è pari a 2.032 milioni di euro (+40% rispetto all'atteso) per le sorgenti luminose a led e a 1.335 milioni (+580% rispetto all'atteso) per le soluzioni smart.
‘Energy citizen’, metà della popolazione UE potrebbe produrre energia al 2050 I risultati di una ricerca commissionata da Greenpeace Entro il 2050 la metà della popolazione dell'Unione europea, circa 264 milioni di persone, potrebbe produrre la propria elettricità autonomamente e da fonti rinnovabili, soddisfacendo così il 45% della domanda comunitaria di energia. Lo dimostra il Rapporto 'The Potential for Energy Citizens in the European Union', redatto dall'Istituto di ricerca ambientale CE Delft per conto di Greenpeace, Federazione Europea per le Energie Rinnovabili (Eref), Friends of the Earth Europe e ReScoop.eu. Il rapporto evidenzia il potenziale in Europa degli energy citizens, ovvero di quegli individui o famiglie che producono energia o gestiscono in maniera flessibile, individuale o collettiva, la propria domanda di energia. Una definizione valida anche per enti pubblici come città ed edifici comunali, scuole, ospedali o edifici di proprietà del governo, così come le piccole e medie imprese con meno di 50 dipendenti. "I cittadini che autoproducono almeno parte dell'energia che consumano saranno la figura chiave delle politiche
energetiche dei prossimi anni", commenta Luca Iacoboni, responsabile della Campagna Clima ed Energia di Greenpeace Italia. "Togliendo il monopolio della produzione di energia alle grandi aziende che continuano a puntare su fonti fossili come carbone, petrolio e gas, sarà possibile definire un modello più democratico, in cui ciascuno contribuisce a produrre energia: è l'unica possibilità per un futuro 100% rinnovabile". Il rapporto fornisce anche i dati per ciascuno Stato membro dell'Unione. Per esempio in Italia gli energy citizens potrebbero arrivare a produrre entro il 2050 il 34% dell'elettricità, grazie al contributo di oltre 26 milioni di persone. In particolare il 37% di tale produzione verrebbe da impianti domestici, e altrettanto da cooperative energetiche; il 25% sarebbe il contributo delle piccole e medie imprese, mentre appena l'1% proverrebbe da enti pubblici. A dimostrazione – conclude Iacoboni – che "il potenziale dell'autoconsumo e della generazione distribuita in Italia è alto".
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energia
Meno gas e più rinnovabili: garantisce il carbone INCONTRO CON ANDREA CLAVARINO Presidente Assocarboni
Carbone e petrolio sono le fonti di energia più utilizzate al mondo. Una situazione che, con gli accordi di Parigi sul clima, è destinata a cambiare. Ma su tempi e modi della transizione il dibattito è tutt’altro che chiuso. E se il petrolio sembra essersi “arroccato” nel settore dei trasporti, il carbone sembra ricavare la propria ragion d’essere nell’affidabilità, nell’economicità e nella sicurezza, soprattutto per i Paesi più “affamati” di energia. Questo il pensiero di Andrea Clavarino, Presidente di Assocarboni.
Andrea Clavarino - Presidente Assocarboni
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di Gabriele Masini E: Pensa che la presenza del carbone sia sottodimensionata nel mix elettrico italiano? AC: Nel mondo il 40% dell’elettricità è prodotta dal carbone, mentre in Europa tale quota è pari al 28% seguita dal nucleare (24%). L’Italia è il solo Paese in Europa che, pur non ricorrendo al nucleare, utilizza molto poco il carbone (13%). La torta della produzione di energia elettrica italiana è unica in Europa: se qui in media il 60% circa viene generato da un mix variabile di carbone e nucleare, in Italia il 38% è prodotto dalle rinnovabili, un altro 38% dal gas naturale, per il 13% dal carbone, il 2% da derivati del petrolio e il 9% da altre fonti. Questa quota del carbone, seppur modesta, è fondamentale nel garantire stabilità all’Italia, poiché il carbone è un combustibile caratterizzato da certezza di approvvigionamento, ampia disponibilità, competitività dei costi, sicurezza nella movimentazione, trasporto e uso, e compatibilità con l’ambiente grazie alle nuove tecnologie. E: La chiusura della centrale Enel di Genova, la rinuncia al repowering di Fiumesanto, la chiusura di Vado Ligure: il ruolo del carbone in Italia è al tramonto? AC: La proposta di Assocarboni è mantenere stabile la quota di carbone, aumentare le rinnovabili e ridurre il gas, costoso e con significative implicazioni in termini di sicurezza degli approvvigionamenti. Così hanno fatto molti Paesi come Germania, Usa, Corea del Sud, Giappone, Taiwan, Turchia e Vietnam. E: Il problema del carbone rispetto alle emissioni è innegabile. Come si può risolvere?
europeo più severa rispetto alla ISO 14001. I nostri moderni impianti ad alta efficienza e a basse emissioni emettono tra il 25 e il 33% di CO2 in meno e vantano un rendimento medio del 40%, con un picco del 46% registrato nell’impianto di Torrevaldaliga Nord: livelli che nel mondo sono stati raggiunti solo da un impianto in Giappone e uno in Danimarca. E: Nonostante le intenzioni enunciate a livello internazionale, nel mondo gli investimenti nel carbone continuano ad aumentare. Bloomberg New Energy Finance stima che da qui al 2040 questi investimenti raggiungeranno i 1.200 miliardi di dollari, quasi il 50% in più rispetto alle centrali a gas. Insomma, le centrali vanno fatte, basta che non si dica troppo ad alta voce? AC: Tra le economie maggiori, l’India è il Paese che ha pianificato il maggiore incremento nell’impiego di carbone, anche per garantire il pieno accesso all’energia elettrica per i 240 milioni di persone che ancora ne risultano prive e per espandere il settore manifatturiero. L’India ha un programma ambizioso anche per l’accelerazione degli investimenti nelle rinnovabili, ma la necessità di energia elettrica è talmente alta da non poter prescindere da nuovi investimenti e da un’ulteriore crescita del consumo di carbone. E nella stessa condizione sono i paesi chiave del sud-est asiatico. Inoltre, la tecnologia sta migliorando: due terzi del carbone sono utilizzati per la generazione elettrica, settore che influenza fortemente sia le prospettive future della domanda che gli impatti ambientali. I segnali sono positivi: è in corso il passaggio dalla tecnologia subcritica a tecnologie ad alta efficienza e impianti ultra-supercritici. Più dei due terzi della nuova capacità di carbone in costruzione sono a tecnologia SC/USC, con la Cina all’avanguardia.
AC: Uno dei centri di ricerca medico-scientifica indipendenti più autorevoli al mondo iPRI-International Prevention Research Institute ha dimostrato ( “The Environmental and Health Impacts of Coal Thermoelectric Plants”) come la gran parte delle analisi mirate a cercare una correlazione tra emissioni delle centrali termoelettriche ed effetti sulla salute abbiano portato a risultati inutilizzabili, in quanto mancanti di un’appropriata metodologia. Secondo iPRI, finora non c’è stata alcuna evidenza di aumento o diminuzione del rischio di mortalità né di altri effetti sulla salute delle persone che lavorano nelle centrali o risiedano nelle vicinanze, associabili direttamente alle emissioni inquinanti degli impianti. In particolare, nel periodo dal 2000 al 2010 in Europa le emissioni di polveri sottili PM2,5 sono diminuite del 15%, mentre nel settore termoelettrico la riduzione è stata del 41,5%. Anche in Italia, nel 2010, la sorgente maggiore di PM2,5 risultava essere l’uso domestico di energia - gli impianti di riscaldamento - e per le attività di commercio e servizi e Pubblica Amministrazione (50%), seguita dai trasporti (29%), dalle industrie e dalla gestione dei rifiuti (5%). Solo il 2,6% derivava dalla produzione e distribuzione di energia. La produzione elettrica da carbone ha quindi un ruolo marginale in termini di contributo all’inquinamento atmosferico, anche grazie agli efficienti e innovativi sistemi di abbattimento delle emissioni. Tanto più in Italia dove tutte le centrali a carbone sono certificate EMAS la certificazione ambientale di standard
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energia
L’eccellenza italiana del biogas IL PUNTO DI VISTA DI PIERO GATTONI Presidente Consorzio Italiano Biogas
di Roberto Antonini L'Italia si candida a diventare il Paese con il metano più pulito del mondo sviluppando il settore del biogas, una tecnologia che trasforma un problema – scarti di lavorazioni agricole e agroalimentari – in un vantaggio – la produzione di energia pulita. E il nostro Paese incarna una leadership nel settore
Piero Gattoni - Presidente Consorzio Italiano Biogas
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con il modello del 'Biogas fattobene', “che rappresenta una nuova frontiera e un laboratorio di ricerca e di innovazione tecnologica a livello europeo”. Piero Gattoni, Presidente del Cib -Consorzio italiano biogas - parla con 'Elementi' di un settore in vivace sviluppo, che in 6 anni ha visto costruire circa 1.300 impianti. Impianti di medie dimensioni con investimenti che “possono andare dai 2 ai 6 milioni”, uno sforzo “molto importante se fatto da azienda agricola”, ci spiega. Ne è però valsa la pena, visto che il settore “ha generato 4 miliardi di investimenti negli ultimi 6 anni e secondo dati Gse ha sviluppato 2.000 posti di lavoro stabili, unendo due eccellenze made in Italy: l'agroalimentare e la distribuzione metano”. Insomma, rileva il presidente Cib, c'è stato “un grande sforzo da parte delle nostre aziende che in un momento di difficoltà hanno rilanciato con nuovi investimenti e con ricerca e innovazione, con l’orgoglio di fare impresa agricola in Italia”. E: Quali sono le potenzialità delle agroenergie in Italia? PG: Le potenzialità sono importanti. In particolare per quanto riguarda la digestione anaerobica, una tecnologia che - in questi anni - ha dimostrato di sapersi adattare molto bene al contesto agricolo italiano. In un nostro studio recente - supportato da un position paper sottoscritto con Confagricoltura e Snam - abbiamo stimato in circa 8 miliardi di metri cubi il potenziale di biometano producibile al 2030, pari a circa il 10% dei consumi nazionali di gas naturale. Quindi riteniamo che le potenzialità siano importanti, ma perché vengano colte appieno il settore deve aver la capacità di fissare dei modelli di sviluppo coerenti con l'esigenza di produrre dal terreno per l'alimentazione e in futuro anche per i biomateriali. E: E tutto all'insegna del modello del 'Biogas Fattobene' lanciato da Cib. PG: L'elemento centrale del 'Biogas Fattobene' è la consapevolezza che per produrre energia bisogna rivoluzionare anche il modello agricolo alla base della produzione della bionergia, arrivando ad un sistema che permetta un uso efficiente ed ecologico del terreno anche su piccola scala, e consenta una crescita della resilienza delle aziende agricole e una maggiore capacità di adattarsi alla competizione globale essendo anche meno impattante dal punto di vista ambientale. E: Lo scorso luglio è stato pubblicato il decreto con le attese misure sugli incentivi alle rinnovabili elettriche non fotovoltaiche. Come giudica il mondo del biogas le misure che lo riguardano?
venisse concepita con un orizzonte temporale nel medio e lungo periodo. Però devo dire che c'è stata una positiva interlocuzione con il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, il suo insediamento è stato positivo e poco dopo il suo arrivo si è sbloccato questo provvedimento da lungo atteso. E: E quali sono le vostre aspettative rispetto al decreto biometano? PG: È in fase di revisione il testo sulla norma del biometano, che ho discusso anche con il presidente Gse in occasione della prima qualifica rilasciata al primo impianto di biometano agricolo. Le aspettative sono quelle di poter valorizzare al meglio questa potenzialità e giungere al più presto alla definizione della revisione del decreto 5/12/2013 che permetterà un supporto corretto alle nostre industrie per aprire anche questa nuova frontiera della produzione green che sarà indispensabile per decarbonizzare la rete del gas naturale. E: Quali sono, allora, le vostre richieste per il periodo post 2016? Una stabilità che favorisca gli investimenti? PG: Il mondo delle imprese del nostro settore ha fatto un grosso sforzo per pensare agli importanti investimenti infrastrutturali fatti in questi anni in un’ottica di lungo periodo. In questo senso le nostre proposte sono sempre volte a tentare di ottimizzare e valorizzare al massimo la flessibilità che la digestione anaerobica consente di avere sia nell'utilizzo di diverse matrici organiche, di diverse biomasse, che nell'output finale, negli usi finali. Il biogas, infatti, è un vettore energetico che può essere usato per produrre energia elettrica termica e come biocarburante. È una tecnologia che può garantire questa nostra visione: un impianto che rappresenta una piccola bioraffineria, utile sia per la produzione di energia elettrica quando serve, sia per quella di biometano quale biocarburante avanzato 100% made in Italy.
Le bioenergie in Italia
+177%
1.339
+586%
l'aumento degli
megawatt di potenza
l'aumento di impianti
impianti a biogas in
installata
a biogas di attività agricole nello stesso
Italia tra il 2010 e il 2013
periodo
PG: Sono misure coerenti con il nostro percorso, volte a indirizzare il settore verso una maggiore sostenibilità ed efficienza nella produzione di bioenergia. Il problema maggiore che abbiamo vissuto non è tanto nei contenuti quanto nella tempistica perché il decreto è arrivato con un forte ritardo: ciò ha prodotto un lungo stop negli investimenti e molta incertezza nell'industria del nostro settore. Non è stato un passaggio positivo, ma tutto questo si potrebbe recuperare quando il governo si apprestasse a definire la strategia post 2016, e nel momento in cui questa strategia
45%
16%
4,2 mld
della generazione
dalle bioenergie
di euro gli investimenti
elettrica nel 2014 è stata
in impianti a biogas tra
coperta da rinnovabili
il 2010 e il 2014
Fonte: Consorzio Italiano Biogas e Althesys Srl
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energia Energia su Misura RSE
La persona al centro del progetto di Marco Borgarello*
*Responsabile del Gruppo di Ricerca Efficienza Energetica di RSE
Il punto di partenza è la consapevolezza nei consumi energetici. Essere consapevoli significa agire coerentemente: l’utente risparmia energia ed è efficiente se sceglie cosa fare e sa come farlo. Ecco allora il progetto Energia su Misura, sviluppato da Rse nell’ambito della RdS (Ricerca di Sistema). Misura dell’energia, ma anche l’energia che è a misura. Un
calembour che gioca sul fatto che il progetto ha l’obiettivo di entrare nelle case degli utenti per misurare l’energia consumata e - grazie appunto alla consapevolezza misurata - di fornire le informazioni e indicare le buone pratiche per consumare il giusto. Senza sprechi. L’approccio proposto da Rse si basa sull’interazione di due aspetti: supporto
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tecnologico e utilizzo delle tecniche e dei sistemi di consumer engagement. In particolare quest’ultimo punto mette a fattor comune le esperienze e il know-how acquisiti nel settore a livello internazionale nella partecipazione a progetti europei quali S3C o Natconsumer. In pratica si misurano online i consumi elettrici domestici totali e suddivisi per i principali elettrodomestici di uso comune (ad esempio lavatrice, lavastoviglie, frigo, Tv) e si ricostruisce il profilo di carico degli utenti, caratterizzando i principali comportamenti e le principali voci di costo energetico all’interno delle abitazioni. Poi si passa alle valutazioni operative: procedere alla rottamazione degli elettrodomestici obsoleti (valutando i tempi di ritorno dell’acquisto del nuovo in termini di minore richiesta di kWh) o modificare i comportamenti poco virtuosi, che costituiscono un inutile speco. I primi a partire nella sperimentazione sono stati i cittadini definiti “più vulnerabili” e meno abbienti (ridotto potere di spesa, bassa scolarizzazione e - almeno per il campione esaminato finora - spesso monofamiliari). Per noi, questi utenti si chiamano Calogero e la sua compagna ucraina, Mario pensionato, Adelina e il suo cane, Carlos e la sua famiglia latino americana: tante storie, spesso trasparenti alle statistiche. Li abbiamo conosciuti e monitorati a Milano, grazie alla partecipazione di MM, Metropolitana Milanese, che ha messo a disposizione i propri edifici di Residenza Popolare e che ha consentito di instaurare con gli utenti una buona collaborazione. Siamo partiti con un complesso costituito da circa 350 alloggi in cui abbiamo coinvolto poco meno di 25 famiglie. Entrando nello loro case, abbiamo imparato a conoscerli: vivono in abitazioni di circa 45 m2, chi più chi meno, con due vani e servizi. Quasi il 70% del campione è “single”, che spesso vuol dire “soli”, età media di oltre 70 anni. Si tratta nel 60% dei casi di donne e solo il 25% del campione produce reddito - lavorando come operaio o nei servizi - mentre il restante vive di pensione o di sussidi. Solo l’8% dei residenti ha figli. Il 92% delle abitazioni è dotato
di scaldabagno a gas, ma solo quattro famiglie hanno un condizionatore portatile. Dai primi risultati si è verificato che in questo campione, nella maggior parte dei casi i consumi elettrici annui sono inferiori a 700 kWh, lontani da quelli della mitica Casalinga di Voghera, campione standard italiano. A riprova del fatto che il pollo di Trilussa funziona sempre. Nelle case c’è lo stretto necessario, laddove necessario ha una sua definizione molto spartana: tutti hanno un frigorifero che consuma mediamente da 220 a 260 kWh/anno, almeno una televisione - spesso più profonda che larga - per sentire le notizie e una radio per vivere connessi. Quasi tutte le famiglie (90%) hanno una lavatrice, mentre solo l’8% la lavastoviglie. Il dato stride parecchio con le rilevazioni Istat che riportano una diffusione media di questo elettrodomestico del 45% al Nord e 25% al Sud. Il forno a microonde è presente nel 40% delle famiglie. In ragione di questa dotazione, per le famiglie analizzate, i frigoriferi sono responsabili del 40% cento dei consumi e incidono maggiormente proprio là dove si consuma di meno. Le lavatrici, nelle famiglie single, sono utilizzate una volta alla settimana; anche 3 volte nelle case con figli (più o meno come rileva Istat) con cicli che durano mediamente un’ora e mezzo; come ordine di grandezza al lavaggio è destinato il 5% dei consumi della bolletta. La Tv, accesa mediamente 11 ore al giorno, è energeticamente più impegnativa: consuma dal 15 al 20% del totale. Negli appartamenti monitorati ci sono più seconde TV (presenti nel 16% dei casi) che PC (10%): l’entertainment è ancora pensato come negli anni Sessanta e il social non è quello di Facebook. In conclusione, un primo importante spunto (tutto da approfondire) ci sembra già di averlo colto. Per certe fasce estreme della popolazione - che poi tanto estreme non sono e in Italia possono quantizzarsi in qualche milione di individui - che non arrivano a 2-3 kWh al giorno di consumi, ogni riflessione sull’ottimizzazione dei consumi dovrebbe sempre tener in conto la salvaguardia della energy poverty.
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energia Settore elettrico
Modernizzare o si va a picco IL PENSIERO DI FABIO LEONCINI Fondatore e Ad del gruppo italiano Innowatio
Fabio Leoncini - Fondatore e Ad del gruppo italiano Innowatio
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«Il settore elettrico italiano è stato disegnato intorno all’idea che la domanda è sostanzialmente passiva – cioè non reagisce ai segnali di prezzo – e che l’equilibrio tra immissioni e prelievi, necessario per la continua disponibilità del servizio elettrico, debba essere garantito da relativamente pochi grandi impianti asserviti al gestore del sistema, Terna Spa». Le cose, però, sono cambiate. «Lo sviluppo della generazione rinnovabile e distribuita ha portato a mettere in discussione questo paradigma, in Europa e non solo», spiega Fabio Leoncini, fondatore e amministratore delegato del gruppo italiano Innowatio, specializzato in energy portfolio management ed efficientamento energetico in modalità ESCo (Energy Service Company) e ormai attivo in tutto il mondo, anche grazie ad una serie di acquisizioni realizzate in questi anni.
di Fausto Carioti E: Quali sono le caratteristiche del nuovo paradigma? E cosa cambia per regolatori e operatori? FL: Nel paradigma emergente – oggi riconosciuto esplicitamente nelle normativa dell’Unione – anche i consumi di energia esprimono una flessibilità rispetto ai prezzi e le risorse cosiddette “disperse”, piccoli generatori e consumatori, contribuiscono all’equilibrio continuo tra immissioni e prelievi modificando il loro comportamento in funzioni dei prezzi. L’attuazione di questo modello richiede la messa in campo di nuove tecnologie, per altro ampiamente disponibili, e un contesto regolatorio e di mercato che permetta la corretta valorizzazione della capacità di consumatori e piccoli generatori di modificare rispettivamente prelievi e immissioni in funzione delle esigenze del sistema (la cosiddetta “flessibilità”). E: Operando in molti Paesi del mondo vi siete fatti un’idea chiara di come il settore pubblico si comporta dinanzi al mercato dell’energia. Alla luce di quest’esperienza, quale è la vostra opinione sull’Italia? FL: Vediamo l’Italia sorpassata nel processo di modernizzazione del suo settore elettrico da due modelli opposti. Quelli adottati dai Paesi del centro-Europa, in primo luogo la Germania, che sono stati più veloci a reagire – anche istituzionalmente - alle sfide poste dalla maggiore penetrazione delle fonti rinnovabili nella generazione di elettricità. Poi ci sono alcuni Paesi con economie più deboli, come l’Argentina, che – in condizioni di domanda crescente ed elevato costo del capitale – vedono nell’applicazione delle tecnologie dell’informazione e in strutture del settore de-centralizzate un modo per ridurre i costi complessivi di fornitura. Inoltre i Paesi emergenti stanno vivendo un incremento delle fonti rinnovabili simile, se non maggiore a quello che ha interessato i Paesi più maturi, con le stesse conseguenze e la necessità per gli operatori di avere un modello di business esportabile per poter affrontare questi scenari. E: Cosa chiedete quindi al legislatore italiano? FL: Trovo che l’esigenza di nuova legislazione sia limitata, se non rispetto all’obiettivo di ridurre la discrezionalità del regolatore del settore. È proprio al regolatore che chiediamo di concentrarsi meno sul mantenimento – sulle spalle dei
consumatori - di ingiustificate rendite per i portatori di interessi tradizionali. E soprattutto di abbandonare logiche retroattive che non giovano a nessuno, spostano l’attenzione sul passato obbligando gli operatori a mantenere logiche difensive e danno troppo poco rilievo al futuro da costruire. Il regolatore dovrebbe lavorare di più sul creare le condizioni per la modernizzazione del settore, sulle linee che ho accennato, come sta avvenendo in molti paesi Europei, in primis la Germania. E: Questo comporterebbe una revisione importante del mandato dell’Autorità. FL: Il mandato dell’Autorità dovrebbe essere rifocalizzato sugli aspetti tecnici del funzionamento dei settori di competenza. In particolare, dovrebbe limitarsi al perseguimento degli obiettivi dell’efficienza di breve e lungo periodo e della promozione della concorrenza. Inoltre, per garantire un adeguato controllo del merito tecnico delle decisioni dell’AEEGSI, dovrebbe essere stabilita (come già avviene ad esempio nel Regno Unito) la possibilità di appello contro le decisioni di AEEGSI di fronte all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. E: Uno dei settori nei quali siete attivi è quello della messa in efficienza degli edifici pubblici. Gran parte delle amministrazioni non ha i soldi per gli investimenti necessari. Esistono soluzioni possibili ancora poco sfruttate? FL: I tecnici comunali e gli amministratori sono abituati a giudicare la bontà di un intervento in base al solo costo sostenuto - meno spendo più sono bravo – e non in base a indicatori di efficacia ed efficienza. La nostra esperienza ci insegna invece che la progettazione di soluzioni che prevedono un mix fra interventi impiantistici e sulle strutture, l’introduzione di logiche innovative di telemonitoraggio e telegestione, oltre che l’integrazione fra ambito elettrico e termico, è possibile e favorisce investimenti diversamente non sostenibili se presi singolarmente. Se la volontà è quella di restituire un patrimonio pubblico più efficiente senza gravare sulla finanza pubblica, l’unica strada percorribile è quella del Partenariato Pubblico-Privato e del Finanziamento Tramite Terzi. Per andare in questa direzione, dal nostro punto di vista c’è una sola strada: il ricorso alle ESCo e alla Finanza di Progetto.
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Le nuove frontiere della ecosostenibilità energetica di Giacomo Giuliani
La Cop21 di Parigi ha recentemente rinnovato l’interesse sui temi relativi all’efficientamento energetico e al rispetto ambientale. Tante belle parole e propositi che - finalmente - sembrano destinati a divenire realtà. Questioni vitali per l’ecosistema globale non da tutti però ancora pienamente comprese. Non è infatti semplice confrontarsi con questioni, spesso altamente specialistiche come queste. Risulta più facile approcciare tematiche quali l’efficienza energetica e il rispetto dell’ambiente da una prospettiva diversa, ovvero partecipando al cambiamento. In quest’ottica la ricerca scientifica ci sta dando una mano. Le nuove tecnologie rappresentano una leva sempre più importante nella prospettiva dello sviluppo sostenibile, stimolando al riguardo una maturazione culturale, oggi quasi
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del tutto assente nella nostra società. La strada è ancora lunga, ma i risultati ottenuti negli ultimi anni sono davvero confortanti: molte scoperte stanno cambiando le nostre abitudini quotidiane, modificando lo stile di vita e la nostra impronta ecologica. Lo sviluppo tecnologico è un fiume in piena che continuamente sforna invenzioni, applicazioni, scoperte innovative: un ventaglio di nuove possibilità grazie alle quali noi stessi saremo gli attori principali della rivoluzione green in atto. Ecco alcune delle più strabilianti invenzioni che, nel giro di qualche anno, potranno rivoluzionare il nostro modo di vivere. Ricordate la discoteca di Rotterdam nella quale il pavimento sospeso produceva elettricità? Il meccanismo era semplice, basato su un sistema piezoelettrico (tipo accendigas) che consentiva un notevole recupero energetico attraverso il movimento continuo dei ballerini. Ebbene, i ricercatori hanno sviluppato il modello, pensandolo più in grande. In Sardegna la Smart Energy Floor vuole trasformare in energia elettrica il movimento cinetico delle persone sui
marciapiedi delle nostre città, utilizzando particolari piastrelle capaci di produrre energia. Una vera intuizione che, se diffusa su larga scala, potrebbe risolvere molti problemi legati all’approvvigionamento energetico di strade e luoghi pubblici, ma anche di abitazioni e strutture private. Ed ancora. Alla ricerca di nuove tecnologie per risparmiare carburante, Renault Trucks e Scania hanno sviluppato nuovi circuiti di conduttori e semiconduttori metallici che, grazie all’Effetto Seebeck ed alla differenza di temperatura, generano elettricità che poi va ad alimentare componenti elettrici del veicolo, riducendo il consumo di carburante. Un’idea che potrebbe rivoluzionare il concetto stesso di mobilità sostenibile. E che dire, rimanendo in tema di mobilità, delle futuristiche “ferrovie sulle ali del vento”? Accadrà in Olanda dove, dal 2018, 2900 chilometri di binari saranno alimentati dall’energia eolica. Non solo. In un periodo in cui il problema rifiuti sta assumendo nelle nostre città proporzioni inquietanti appare sulla scena
il “dissociatore molecolare”: un impianto che, grazie ad un sistema termochimico, scompone i rifiuti attraverso la combustione, senza ossigeno, ad appena 400°. Il risultato è un particolare gas (syngas) convogliato come vettore energetico. E, grazie al dissociatore, la produzione di nano polveri e diossine risulta inferiore a quella prodotta dagli inceneritori tradizionali. Un bel risultato no? Potremmo continuare, andando avanti con mille e più esempi. Chiudiamo questa panoramica con una scoperta sorprendente, almeno per noi italiani. Chi sapeva che dal caffè si può creare energia? Opportunamente trattati i suoi scarti possono, infatti, trasformarsi in un ottimo combustibile. Accade in Corea del Sud dove è stato studiato un nuovo procedimento che utilizza i fondi del caffè per produrre carbonio attivato, grazie al quale catturare il metano in atmosfera. Il risultato è duplice: la riduzione di un pericoloso gas serra e il suo stoccaggio in modo da poterlo utilizzare come combustibile. Un’altra piccola, grande, rivoluzione verde.
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energia
Efficienza energetica, il ruolo della cogenerazione di Enrica Cottatellucci
Attualmente la cogenerazione è una delle modalità di produzione dei vettori energetici per usi finali più efficiente: permette, infatti, di produrre contemporaneamente energia elettrica e calore sfruttando in maniera ottimale l’energia primaria contenuta nel combustibile. Nel caso di un fabbisogno contemporaneo di energia elettrica e termica dunque, anziché installare una caldaia e acquistare energia elettrica dalla rete, si può pensare di produrre elettricità e recuperare il calore residuo per soddisfare le esigenze termiche. Per questi motivi la cogenerazione risulta una delle tecnologie che negli ultimi anni si è dimostrata più efficace ai fini del raggiungimento degli obiettivi di politica energetica nel medio-lungo termine. In particolare, nel recepimento della Direttiva 2012/27/Ue, alla cogenerazione viene assegnato un
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importante ruolo per il raggiungimento degli obiettivi in termini di efficienza energetica e si stabilisce che qualsiasi possibile sostegno sia subordinato alla condizione che l'energia elettrica prodotta provenga da cogenerazione ad alto rendimento (Car). Uno dei principali benefici, a livello nazionale, è il riconoscimento di condizioni tariffarie agevolate sull'energia elettrica consumata e non prelevata dalla rete, limitatamente alle parti variabili degli oneri generali di sistema, come previsto dal Dlgs n. 115/08 e dall'articolo 25-bis del decreto legge n. 91/14 convertito con legge n. 116/14 a sistemi comprendenti impianti di cogenerazione operanti ad alto rendimento (qualifica Seu). Un altro strumento messo in campo, fondamentale per lo sviluppo e la diffusione della cogenerazione, è rappresentato dalla valutazione globale del potenziale della cogenerazione ad alto rendimento e del teleriscaldamento e teleraffreddamento. Tale valutazione ha come scopo l’individuazione delle eventuali barriere alla diffusione e la definizione delle strategie, politiche e misure che
possono essere adottate entro il 2020 e il 2030 per realizzare il potenziale individuato e gettare le basi per il futuro di questa tecnologia efficiente ed efficace in termini energetici, ambientali ed economici. Da questo punto di vista la cogenerazione può risultare un valido strumento anche per il risparmio energetico. Cosa però non scontata: è necessario, infatti, valutare quando sia davvero vantaggiosa e rispetto a quale alternativa. Proprio per valutare il risparmio di energia conseguito da un impianto di cogenerazione, rispetto alla produzione separata, è stato introdotto l’indice di risparmio di energia primaria (Primary Energy Saving - Pes): se superiore al 10% consente di certificare l’energia elettrica prodotta da un impianto come Car. Nel caso in cui l’impianto non raggiunga la soglia minima di rendimento del 75% (80% per alcune tecnologie), solo una parte dell’energia elettrica prodotta può considerarsi cogenerativa e partecipare alla determinazione dell’indice Pes. Per supportare lo sviluppo della cogenerazione in Italia è stato introdotto (decreto 5 settembre 2011) un regime di sostegno attraverso il sistema dei Certificati Bianchi (Cb-Car).
Possono accedere ai Cb-Car, per un periodo di 10 anni solari, le unità riconosciute ad alto rendimento che, a decorrere dal 7 marzo 2007, sono entrate in esercizio a seguito di nuova costruzione o sono state sottoposte a interventi di “rifacimento”. Nel caso in cui tali unità siano abbinate a una rete di teleriscaldamento, il periodo di incentivazione può essere esteso a 15 anni. Il meccanismo prevede il rilascio di certificati bianchi determinati sulla base dei risparmi di energia primaria conseguiti. Il tep risparmiato viene moltiplicato per un coefficiente K (variabile da 1 a 1,4) in funzione della taglia dell’impianto e della categoria di intervento. I certificati bianchi riconosciuti agli impianti di cogenerazione possono essere scambiati sulla piattaforma gestita dal Gme, con contratti bilaterali o mercato, oppure ritirati dal Gse a un prezzo di ritiro determinato sulla base dell’anno di entrata in esercizio dell’unità e costante per tutto il periodo di incentivazione. Per rappresentare lo stato della diffusione della cogenerazione
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milioni di tep, corrispondenti a circa 2,8 milioni di tonnellate di emissioni CO2 evitate. Le turbine a gas e i motori a combustione interna raggiungono un elevato valore percentuale di energia elettrica riconosciuta ad alto rendimento sulla produzione complessiva. Ciò è dovuto rispettivamente all’elevato rendimento termico e al medio-alto rendimento elettrico. Rispetto alla produzione dell’anno 2013, è cresciuto il numero degli impianti (18,7%) mentre la capacità di generazione elettrica totale risulta più o meno invariata. L’incremento è dovuto sia a nuovi impianti entrati in esercizio sia a quelli che, sebbene già in esercizio, non avevano presentato richiesta fino all’introduzione dell’obbligo del riconoscimento Car per la qualifica Seu. La diversa tendenza tra numerosità di impianti e capacità di generazione è dovuta al fatto che le unità che non hanno presentato richiesta (per lo più turbine a gas a ciclo combinato) sono caratterizzate da un valore di capacità di generazione elettrica media molto superiore rispetto alle nuove unità. Dall’introduzione del regime di sostegno sono stati riconosciuti circa 2.300.000 Certificati Bianchi -Car per le produzioni dal 2008 al 2014. Per il 53% di tali certificati gli operatori hanno scelto l’opzione del ritiro da parte del Gse. Questi dati, confrontati con quelli delle economie mondiali più avanzate in tema di efficienza energetica riportati nell’ultimo rapporto dell’American Council for an EnergyEfficient Economy (Aceee), mostrano come l’Italia sia il secondo paese per risparmi derivanti da interventi di efficienza energetica e il primo al mondo per utilizzo della cogenerazione. Tale risultato deriva dal notevole sviluppo che questa tecnologia ha avuto storicamente in ambito industriale in Italia, principalmente a servizio di processi produttivi in impianti di produzione medio-grandi.
La Vignetta di Fama in Italia è utile analizzare le informazioni contenute nelle richieste pervenute al Gse ai fini del riconoscimento Car, relativamente alla produzione dell’anno 2014. Dall’analisi emerge che la capacità di generazione installata in cogenerazione è stata pari a circa 13.100 MW. Le turbine a gas a ciclo combinato, in termini di capacità di generazione elettrica installata, sono risultate la tecnologia maggiormente utilizzata (circa 84%), mentre i motori a combustione interna, in termini di numerosità, sono risultati la tecnologia maggiormente diffusa. La produzione di energia elettrica lorda è stata pari a circa 52 TWh, mentre quella di energia termica utile è stata di circa 31,5 TWh. Sulla base dei rendimenti di primo principio e dell’indice Pes sono stati riconosciuti 25,3 TWh di energia elettrica Car. Dall’analisi complessiva è stato possibile valutare che producendo in cogenerazione, nel corso del 2014, si è conseguito un risparmio di energia primaria, rispetto alla produzione separata di energia elettrica e calore, di circa 1,2
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ambiente
Una “sterzata� alle emissioni INTERVISTA AD AURELIO NERVO Presidente di ANFIA Benzina, gas, diesel o vetture ad inquinamento zero, quali sono i trend del parco di autovetture circolante in Italia? E ancora, quali sono le direttive UE in materia di controlli delle emissioni? Per fare il punto della situazione abbiamo intervistato Aurelio Nervo, Presidente di ANFIA ( Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica).
Aurelio Nervo - Presidente di ANFIA
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di Luca Speziale E: In un momento di crisi generale, il settore dei veicoli sembra tenere un andamento positivo. Qual è oggi la percentuale di crescita e cosa si prevede per il prossimo futuro? AN: La ripresa del mercato e della produzione di autoveicoli - autovetture e veicoli commerciali - in Italia è cominciata nel 2014, primo anno di crescita delle vendite di auto (+4,3%) dopo 6 anni in flessione. Il 2015 (1,58 milioni di nuove auto immatricolate) ha rappresentato, poi, un importante passo avanti verso volumi di immatricolazioni adeguati alle nostre potenzialità di sviluppo, pari a 1,8-1,9 milioni di unità annuali. Target che verrà sfiorato a fine 2016, con una previsione attorno a 1,84 milioni di immatricolazioni (+15%). La produzione italiana di autoveicoli, nel 2015 ha superato il milione di unità. Nei primi 6 mesi del 2016 sono stati prodotti circa 573.000 autoveicoli, il 10,3% in più rispetto allo stesso periodo del 2015 che già risultava in crescita del 43% su gennaio-giugno 2014.. La domanda interna, in particolare, ha trainato la produzione domestica, con un incremento del 20%, per un totale di oltre 1,1 milioni di nuove registrazioni. Stimiamo che i volumi produttivi degli autoveicoli in Italia a fine 2016 si attestino attorno a 1,1 milioni di unità, di cui 710.000 autovetture, il 7% in più rispetto al 2015. E: Benzina, gas o diesel, il parco auto italiano come è attualmente composto? Quali sono gli sviluppi e i trend viste anche le direttive europee in merito e le variazioni del prezzo del petrolio? AN: La composizione del parco circolante - fonte ACI - uno dei più obsoleti e inquinanti d’Europa per la prolungata riduzione dei volumi di vendita delle autovetture degli anni passati, è cambiata nel decennio 2006-2015. Le auto a benzina sono passate dal 64,9% al 49,9%, mentre quelle diesel – 15,7 milioni di autovetture nel 2015 (4,66 milioni in più rispetto al 2006) – sono passate dal 31,2% al 42%. Il parco delle auto ad alimentazione alternativa, nello stesso periodo, è aumentato del 120%, con oltre 3 milioni di unità e una quota dell’8,1% (3,9% nel 2006 e 7,9% nel 2014). Le auto a GPL sono passate dal 2,8% nel 2006 al 5,7% nel 2015, mentre le vetture a metano (gas naturale compresso - GNC) sono passate dall’1,1% al 2,4%. Con una quota del 33% nel mercato europeo (UE28 + EFTA) nel 2015, l'Italia è leader in termini di volumi di immatricolazioni di autovetture ad alimentazione alternativa ( AFVs), una specificità dovuta soprattutto al mercato delle auto a gas (GPL e metano), che rappresenta quasi il 90% del totale mercato a trazione alternativa italiano, contro una media europea del 34% (dati 2015). Negli ultimi anni, la quota di mercato degli AFVs in Italia si è mantenuta su livelli alti, anche se ha visto un calo del 3,5% nel 2015, portandosi al 13,4%, comunque un valore quasi triplo rispetto alla quota di mercato degli AFVs in Europa (pari al 5%). Può aver inciso su questa dinamica la diminuzione dei prezzi dei carburanti tradizionali: il prezzo alla pompa, infatti, è sceso, in Italia, del 10% per la benzina e del 13% per il gasolio nell’anno 2015. Potrà dare nuovo impulso a questo comparto l’implementazione di infrastrutture per i combustibili alternativi attraverso specifici piani di sviluppo,
come previsto dalla Direttiva comunitaria 2014/94/UE “DAFI”, il cui recepimento nei Paesi membri è previsto entro fine 2016 (è attualmente in approvazione, in Italia, il relativo Schema di Decreto Legislativo). Si affronteranno così i problemi della scarsa diffusione e capillarità della rete di rifornimento riguardanti in particolare metano ed elettrico. E: Per quanto riguarda l’elettrico, vetture ibride e plug-in, cosa si sta facendo nel nostro Paese? AN: In Italia, nel 2015 le vetture elettriche sono l’1% e quelle ibride-elettriche il 12% del mercato auto a trazione alternativa. Il mercato dell’elettrico è molto contenuto rispetto a quello di altri Paesi UE, non solo per la scarsa diffusione della rete di rifornimento, ma anche per la minor percentuale di popolazione urbana: Italia 68,7%; UK 82,6%; Paesi Bassi 90,5%; Francia 79,5%; Germania 75,3%. La possibilità di usufruire di una rete capillare dell’elettricità è uno degli elementi che, superate le criticità dovute ai costi e alle tecnologie, potrà favorire una maggiore diffusione di questo tipo di motorizzazione. Le potenzialità di crescita, del resto, ci sono anche nella nostra Penisola, grazie a una filiera che sta individuando competenze e risorse per incrementare gli investimenti in tal senso e sostenere così la competizione sui mercati internazionali. E: La normativa Ue sui controlli delle emissioni è stata recentemente rivista, qual è la sua considerazione in merito? AN: Con il pacchetto normativo RDE (Real Driving Emissions), il cui Step 1 è stato adottato dal Parlamento europeo lo scorso febbraio, l’Europa è la prima regione al mondo ad adottare, nel calcolo dei limiti alle emissioni dei veicoli, un approccio basato, anziché soltanto sul ciclo omologativo, anche sulle condizioni di guida reali. È un cambiamento su cui l’industria stessa concorda per il raggiungimento degli obiettivi condivisi di miglioramento della qualità dell’aria – in special modo nelle aree urbane, dove è più sentito il problema della concentrazione delle polveri in atmosfera - considerando le tempistiche minime e la fattibilità degli adeguamenti industriali ai nuovi target.
CO2, Le emissioni per settore Utility
59,2
Energia
19,6
Materiali
16,5
Consumi
2,2 1,5
Industria IT
0,6
Finanza
0,3
TLC
0,1 Volumi in %
Fonte: CDP, Climate Change Report 2016
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ambiente
L’economia sia attenta all’ambiente INCONTRO CON STEFANO LAPORTA Direttore Generale Ispra
Stefano Laporta - Direttore Generale Ispra
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di Roberto Antonini “Serve un modello di economia verde cucita sui caratteri del nostro Paese”. Così afferma Stefano Laporta, direttore generale Ispra, in una conversazione con 'Elementi'. E esorta a individuare la strada da percorrere, una di quelle dalle quali indietro non si torna. Ma il percorso dovrà essere pensato e misurato sulle capacità e caratteristiche del nostro Paese. Si tratta di un percorso che va sostenuto sia da interventi pubblici di incentivazione ma anche, anzi molto, dallo sviluppo del mercato. In tutto ciò ricerca e innovazione giocano un ruolo centrale, essenziale anche per stimolare gli investimenti produttivi e generare nuovi percorsi di crescita. E: L'Ispra è un presidio scientifico ambientale centrale in Italia. Quali sono le sfide principali che affronta il nostro Paese sul fronte della Green economy? SL: La prima sfida che abbiamo di fronte è quella di riuscire ad affermare l'idea che quella dell'economia verde è una strada obbligata per generare crescita e creare posti di lavoro di qualità, oltre che per tutelare le risorse naturali e la salute dei cittadini. Un ritorno al 'business as usual' non è più proponibile: abbiamo bisogno di operare trasformazioni fondamentali dei sistemi economici, di trovare percorsi innovativi per usare le risorse in maniera efficiente, di convivere con i limiti del capitale naturale del pianeta. La seconda sfida riguarda la ricerca e l'innovazione, che insieme alla infrastrutture e all'informazione sono considerate le basi dell'economia verde e circolare e per separare la crescita economica dal depauperamento delle risorse naturali. E: Ma qual è la strada per affrontare, sostenere e vincere queste sfide? SL: Che ricerca e innovazione siano essenziali per affrontare le sfide ambientali nazionali e globali è una cosa ormai ovvia. Meno ovvio è il concetto per cui una strategia di ricerca e innovazione verde non solo rende più a portata di mano gli obiettivi ambientali e di sviluppo sostenibile (inclusi l'Accordo di Parigi e gli obiettivi 2030 per lo sviluppo sostenibile approvati nel 2015 dall'Assemblea Generale dell'Onu), ma è essenziale anche per stimolare gli investimenti produttivi e generare nuovi percorsi di crescita. Le imprese, man mano che vengono introdotte normative ambientali, reagiscono investendo in soluzioni innovative, non solo per ridurre i costi attesi di regolamentazione, ma anche per generare crescita della produttività. Inoltre, gli effetti positivi della ricerca e dell'innovazione sulla crescita della produttività forniscono una logica addizionale per le politiche ambientali, che a loro volta possono favorire una maggiore innovazione.
E: E poi? SL: Terza sfida. L'economia verde non prevede "una taglia unica" per tutte le economie. Bisogna definire un modello di economia verde cucita sui caratteri del nostro Paese, considerandone le specificità sociali, storiche, culturali, politiche e geografiche. In questi ultimi cinque anni abbiamo sviluppato molte storie di successo nel campo della green economy: dall'agro-industria all'eco-design, dalla produzione su larga scala di componenti industriali per aumentare l'efficienza energetica all'eco-turismo. Dobbiamo trasformare queste storie in "casi di studio" per tracciare il percorso del tipo di economia verde che vogliamo perseguire. E: Una strada che ci apre prospettive. Quali le opportunità? SL: L'Italia è estremamente dipendente dall'importazione di risorse naturali, dall'energia al cibo, fino ai nuovi materiali 'critici', quali rame e fosforo. In questo contesto l'efficienza del riuso delle risorse che solo l'economia verde e circolare può garantire, è, direi, obbligatorio. Inoltre vanno considerate anche le opportunità di nuovi posti di lavoro, senza contare i benefici per il benessere dei cittadini. Il mio compito, attraverso l'Istituto che dirigo, è di sostenere le decisioni politiche che vanno verso la green economy e di assicurare che i rischi ambientali siano integrati nei processi decisionali. Una sfida importante per l'Ispra riguarda lo sviluppo di appropriati indicatori e database per evitare che la crescita dell'economia verde sia percepita come 'lo stesso vino in una bottiglia nuova' e per dimostrare in maniera trasparente e scientificamente solida che la base produttiva di un Paese è usata in maniera sostenibile. E: C’è stato un grande impegno nel tagliare le emissioni dei processi industriali ed energetici, ma abbiamo un grande 'buco' sul residenziale e sui trasporti. SL: Per quanto riguarda il riscaldamento degli edifici l'obiettivo è ben identificato: è quello di incentivare il risparmio energetico, lo sviluppo di sorgenti rinnovabili e l'incremento di efficienza energetica degli impianti di combustione esistenti. Per quel che riguarda il trasporto su strada molte sono le opzioni in gioco e il bilancio tra queste opzioni (come lo sviluppo della tecnologia elettrica e ibrida, l'utilizzo di carburanti bio o a minore impatto emissivo come il gas o il Gpl, il bilancio tra mobilità pubblica e privata o tra diverse fonti di trasporto) è determinato sia da interventi pubblici, di incentivazione/investimento e normativo, sia dallo sviluppo del mercato a livello nazionale e internazionale. Gli scenari possibili devono tenere conto di tutti i vari aspetti.
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ambiente Futuro rinnovabili
Serve una riconversione tecnologica CONFRONTO CON ARTURO LORENZONI Docente - Centro Levi Cases dell’Università di Padova
Arturo Lorenzoni - Docente - Centro Levi Cases dell’Università di Padova
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E: Non siamo nel futuribile?
di Jacopo Giliberto La Cop21 e l’Accordo di Parigi, diventato vincolante, ma soprattutto le tendenze del mercato, delle imprese e dei consumatori spingono il mondo dell’energia verso una decarbonizzazione quanto più veloce possibile. L’obiettivo sarà raggiunto, e come? Risponde Arturo Lorenzoni del Centro Levi Cases dell’Università di Padova: “Per rispettare Parigi dovremmo ridurre le emissioni di gas serra quasi integralmente entro il 2050. Una missione impossibile, perché implica sia azioni forti sul piano regolatorio che scelte comportamentali da parte dei consumatori, che non avvertono ancora l’urgenza di cambiare. Tuttavia, la maggioranza degli esperti sono concordi nel ritenere che, sebbene l’obiettivo dei 2°di incremento massimo della temperatura sia ormai difficile da conseguire, è indispensabile accelerare i processi di trasformazione nella conversione e l’utilizzo dell’energia. I costi per la difesa e l’adeguamento saranno decisamente maggiori se si ritarda l’azione“. E: Lorenzoni, partiamo dal tema delle tecnologie energetiche e delle emissioni in rapporto con la mobilità, alla quale è dovuto circa un terzo delle emissioni di gas serra in Italia. AL: Il mondo della mobilità si appresta ad affrontare una discontinuità tecnologica molto profonda. E: Uno strappo tecnologico? AL: Sì, nella mobilità vedremo un processo simile a quello che una decina d’anni ha portato dal telefono fisso allo smartphone. Le innovazioni rese possibili in primo luogo dalla capacità di mettere a disposizione istantaneamente un’enorme mole di dati relativi alle condizioni dei flussi, che consente di gestire le possibili congestioni in tempo reale, ma anche dall’applicazione dell’intelligenza artificiale nel settore dei trasporti, stanno per modificare l’idea stessa della movimentazione delle persone e delle cose. E: Non le pare di correre troppo avanti? AL: Provi a entrare nel magazzino di un’azienda logistica: un grande numero di mezzi si muove veloce e autonomo spostando merci con un’affidabilità stupefacente, guidati da criteri prestabiliti e aggiornati in tempo reale sulla base delle informazioni che giungono con continuità. Questa tecnologia è pronta per uscire dai magazzini e diffondersi nelle nostre città, sollevandoci dai rischi degli errori umani nella guida. Non solo per la logistica delle merci, anche per il trasporto delle persone. Quando queste tecnologie si combinano con gli impegni ambientali e la qualità urbana, la mobilità si trasforma da investimento privato in servizio pubblico. Non mi serve più un’auto di proprietà se i miei percorsi possono essere forniti da mezzi pubblici, elettrici, resi disponibili e gestiti con facilità dal nostro telefono. Pensi una città senza parcheggi in cui veicoli arrivano quando sono chiamati e si ritirano quando ci hanno portato a destinazione.
AL: Dal punto di vista delle tecnologie, si tratta di assemblare meglio cose che esistono già. La sperimentazione è partita a Singapore con Nutonomy e a Pittsburgh con Uber. Ma la ricerca è molto avanti e sostenuta da capitali impressionanti. Nel nuovo modello di business sono entrati i maggiori investitori mondiali: il processo ha velocità esponenziale. Se la mobilità migrerà verso la motorizzazione elettrica, quale impatto ci sarà sulla rete elettrica? Sarà un carico sostenibile? Premesso che la domanda elettrica in Italia tra il 2007 e il 2015 è scesa di oltre il 7%, oggi la capacità produttiva non manca. Ma il bello viene proprio dall’integrazione della mobilità elettrica con le nuove tecnologie per la gestione delle reti, con il controllo distribuito e il ruolo attivo della domanda. E: Un esempio? AL: Le batterie delle auto offrono un carico perfetto per consentire la regolazione periferica della rete di distribuzione, dando elasticità alla domanda per seguire la produzione discontinua delle fonti rinnovabili. Se in base all’Accordo di Parigi nel 2050 dovremo avere oltre il 90% dell’energia elettrica da fonte rinnovabile, è opportuno iniziare a disegnare un percorso di conversione tecnologica adeguato. E l’integrazione della mobilità elettrica è un fattore importante per questo processo. E: Cioè una parte degli accumulatori della rete potrà essere offerto dalle auto allacciate in ricarica. AL: Sì, non servono grandi accumulatori sulle reti se sono connessi milioni di veicoli. Se un veicolo mette a disposizione un accumulo di 10 kWh, un milione di veicoli offre una capacità di accumulo di 100 GWh, il 10% circa della domanda media giornaliera in Italia. E l’investimento lo farebbero i cittadini, non gli operatori del mercato elettrico. E: Quindi in teoria gli operatori dovrebbero pagare ai consumatori il servizio di stoccaggio? AL: Più che altro va riformata la struttura del mercato e le regole per la fornitura dei servizi alla rete. Se sono forniti in modo distribuito (grazie alle tecnologie Ict), dobbiamo introdurre regole corrette che chiedano e diano a ciascuno ciò che scambia con la rete. È una trasformazione anche culturale, che apre spazi interessanti di mercato per gli aggregatori e per i portafoglio bilanciati. È la tecnologia che spinge in quella direzione. E: Ma il sistema tariffario si adeguerà? AL: Le strutture di prezzo si adegueranno alle regole. C’è anche un tema fiscale: come rimpiazzeremo le accise che verranno a mancare dai carburanti? Ma la fiscalità energetica è un tema delicatissimo che va affrontato su scala europea, tenendo conto delle esternalità ambientali e dei vincoli di bilancio nazionali.
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ambiente Smart city
La fruibilità’ prét a porter
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di Edoardo Borriello Mattonelle fotovoltaiche, panchine smart, sensori per il parcheggio, lampioni intelligenti, attrezzi per la ginnastica che generano energia elettrica pulita. Ecco alcuni esempi concreti di come può essere una città intelligente. È recente l'inaugurazione a Torino della "piazza smart city". Pensata per avvicinare i cittadini a una nuova idea di città, Piazza Risorgimento è stata infatti predisposta per dimostrare concretamente che è possibile ridurre i consumi elettrici, rispettare l’ambiente ed essere più accogliente. Alle porte di Pisa, dove è sorta una piccola città del futuro, una app mette in contatto coloro che devono recarsi al lavoro nello stesso luogo e li invita a condividere la stessa auto. Un'altra app dice agli automobilisti se c'è un parcheggio libero e indica il percorso più breve per raggiungere il proprio ufficio. Una rete di sensori tiene invece sotto controllo i consumi energetici degli edifici, spegne il riscaldamento se non fa freddo e le luci quando non servono. Per ora è solo un esperimento portato avanti dal Cnr, ma presto questo modello di smart city potrebbe essere applicato in altre città. "Alcune innovazioni introdotte nella nostra cittadella della scienza, alle porte di Pisa - dice Domenico Laforenza, direttore dell'Istituto di informatica e telematica del Cnr - stanno avendo successo anche nelle città vere. Pisa ha adottato la
nostra applicazione per il car-sharing. Bologna, invece, usa i nostri totem che aiutano i cittadini a orientarsi tra le offerte di servizi pubblici. Mentre un sistema di sensori controlla i flussi del traffico". A Milano 500 hotspot garantiscono una rete wi-fi gratuita su tutto il territorio, mentre i totem delle isole digitali consentono di ricaricare i propri dispositivi direttamente in strada. Ma è con l'Expo 2015 che il capoluogo lombardo ha visto concretizzarsi il concetto di smart city. Non solo perché la manifestazione è stata la prima esposizione universale basata totalmente sulle tecnologie digitali (grazie a una piattaforma realizzata dalla Cisco insieme agli altri partner tecnologici dell'Expo), ma anche perché ben 20 milioni di persone hanno potuto sperimentare cosa significhi vivere in una città intelligente dove la tecnologia abilita ogni tipo di infrastruttura o servizio. Per l'occasione sono stati installati 360 chilometri di fibra, 45 nodi di "core" e 1.100 switch di accesso, per un totale di 30 mila porteIP, 2.700 accessi wi-fi indoor e outdoor con una banda di 5 Mbit upload e download. Il tutto per informare, intrattenere e coinvolgere i visitatori in un'ottica di Digital Expo, in cui tutto è interconnesso e più semplice. Altre iniziative sono state programmate dalla Cisco in Friuli Venezia Giulia nell'ambito del progetto "Digitaliani". Cinque le aree interessate: la diffusione delle competenze digitali nella regione, la Business Innovation, lo sviluppo di nuovi servizi digitali per la Sanità e per l'Industria 4.0 e l'innovazione tecnologica del porto di Trieste. Proprio per quest'ultimo ci saranno nuove soluzioni per la gestione del traffico navale, ferroviario e su gomma legato alle attività del porto, nonché allo sviluppo della sensoristica in ambito portuale, per rendere più efficienti i flussi grazie alle tecnologie smart. Un approccio, questo, dalle potenzialità enormi, considerati i risultati che un progetto simile, avviato dalla Cisco, ha ottenuto nel grande porto di Amburgo. Cisco ha investito ben 100 milioni di dollari nel progetto "Digitaliani", avviato ai primi di quest'anno in Italia. In questo progetto le smart city rappresentano uno dei pilastri fondamentali. "Non è un caso che oggi nel mondo - dice il professor Frank R. Watanabe - ci sono 1.6 miliardi di dispositivi connessi e che entro il 2018 saranno più di 3 miliardi". È indubbiamente una cifra importante, soprattutto se si considera che la tecnologia digitale non ha più solo fini di lucro, ma è anche uno strumento in grado di migliorare la qualità dei servizi pubblici. Perché, che si tratti una rete open wi-fi più estesa, di una serie di pannelli interattivi sparsi per la città in modo da agevolare la visita del centro storico o di sensori in grado di ridurre i consumi energetici negli uffici pubblici, il risultato di una maggiore innovazione è uno solo, molto importante: le persone vivono meglio. "Nelle città italiane però - rileva Paolo Testa responsabile dell'Osservatorio Smart Cities dell'Anci - creare nuove infrastrutture è più complesso che altrove, per il particolare tessuto urbano e per gli investimenti necessari. Testa ricorda che sono stati avviati oltre 1.300 progetti e molti di questi riguardano la mobilità, il risparmio energetico, le app per i servizi. L'approccio è tuttavia un po’ diverso, perché si pensa che essere smart significhi anche riportare nella città il lavoro, l'economia e la coesione sociale, dopo questi anni di crisi.
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Le nuove rotte del gas
di Giacomo Giuliani
Il gas naturale rappresenta una leva importante e strategica nei piani di sviluppo energetico a livello globale e – al tempo stesso - un compromesso accettabile tra le esigenze economiche e quelle del rispetto ambientale. Questo in attesa della definitiva affermazione delle fonti rinnovabili e della realizzazione del sogno di un’energia pulita, sicura e praticamente inesauribile, attraverso la fusione nucleare. A fronte della scarsità di risorse e della cronica dipendenza dall’estero, il gas naturale ha assunto per il Vecchio Continente una valenza prioritaria per rispondere a un fabbisogno
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energetico in costante e rapido aumento. Imponenti infrastrutture, un risiko di reti di gasdotti internazionali, portano oggi nelle nostre case l’agognato “oro azzurro“. Un reticolo di condutture costosissime che, attraverso Paesi spesso contraddistinti da instabilità politiche, sono divenute i crocevia di molti interessi contrapposti. Ne deriva che la sicurezza delle forniture risulti influenzata sia da parametri economici, oggi molto incerti, sia da uno scacchiere geopolitico in continuo divenire. Il mercato del gas è inoltre caratterizzato da accordi bilaterali e da contratti di lunghissimo periodo (Take or Pay) che concedono ai produttori un immenso potere: se decidono di chiudere i rubinetti, “si resta al freddo”… o peggio, se il gas non serve, si paga comunque. Il contrasto fra il Cremlino e l’Ucraina, il Paese dove transita l’80% del gas russo, e
l’interruzione dell’approvvigionamento del 2006 dopo la svolta filo-occidentale dell’ex Repubblica, fa riflettere. Una situazione estremamente complessa le cui origini partono però da lontano. Il crollo dell’Urss ha comportato un drastico ridimensionamento dell’influenza economica di alcuni Paesi a fronte di un notevole incremento dei player presenti sul mercato. L’Europa è chiamata quindi a confrontarsi con una maggiore volatilità e con la crescita esponenziale della domanda proveniente anche dai Paesi Brics. In questo scenario i gasdotti si sono trasformati in potenti armi di pressione e ricatto politico. Una Guerra Fredda 2.0 nella quale l’Europa è “al centro fra due fuochi”. Alle criticità provenienti da est non si deve sottovalutare la posizione degli Stati Uniti, più forti grazie alla nuova frontiera del gas liquefatto e da sempre desiderosi di limitare la dipendenza
energetica dell’Europa dalla madre Russia. Una partita complessa caratterizzata dall’assenza di una ben definita strategia comunitaria. Nel mezzo dello scontro tra Ue e Russia a causa del conflitto ucraino, e con le sanzioni ancora in vigore, la Germania ha infatti annunciato il raddoppio del gasdotto Nord Stream, recentemente bocciato dall’Europarlamento. Un gioco ad incastro che vedeva il tentativo di Mosca di bypassare l’ex alleato, attraverso il progetto South Stream. Questo gasdotto, dal costo stimato di 25 miliardi di euro promosso inizialmente da Gazprom e dall’italiana Eni, avrebbe dovuto trasportare più di 60 miliardi di metri cubi di gas attraverso il Mar Nero, verso i mercati europei sud-occidentali e balcanici. Un progetto poi naufragato per via degli ingenti costi, per i divieti imposti dall’esecutivo comunitario e soprattutto per il rifiuto della Bulgaria a concedere il transito sul proprio territorio.
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Proposed Nabucco gas pipeline Proposed South Stream pipeline
In questo contesto va registrata la decisione del consorzio internazionale di Shah Deniz di scegliere il progetto di gasdotto Trans Adriatic Pipeline (Tap) come principale corridoio d’esportazione del gas azero verso l’Ue. Il Tap è il gasdotto di 870 chilometri capace di collegare le regioni caspiche all’Europa, attraverso Grecia e Albania, aggirando quindi la Russia: un hub energetico in grado di diversificare le fonti, limitando le forniture da est ed assicurando gli approvvigionamenti energetici anche in momenti di crisi. La scelta del consorzio azero ha di fatto sancito il tramonto del gasdotto Nabucco che, definito negli ultimi anni come il progetto principe della strategia energetica europea, avrebbe dovuto portare il gas di Shah Deniz, fino a Baumgarten in Austria, per essere poi stoccato e distribuito all’Europa centrale. La conduttura, dalla capacità di 31 miliardi di metri cubi, poi ridotta (Nabucco West) avrebbe potuto essere l’alternativa al South Stream. Le cose sono però andate diversamente. Nel corso degli ultimi mesi lo scenario internazionale si è inoltre arricchito di un nuovo protagonista, la Turchia, che per la sua collocazione strategica gioca un ruolo sempre più importante. Prima della crisi ucraina e dell’abbattimento del jet russo Erdogan aveva avviato con il Cremlino la costruzione del Turkish Stream, un gasdotto della lunghezza off - shore di 990 km e on - shore di circa 180 che partendo dalla costa russa doveva arrivare fino in Turchia, vicino al confine con la Grecia. Il progetto, prima sospeso a causa della crisi fra i due Paesi,
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ora è ripartito. Gazprom ha ricevuto le autorizzazioni da Ankara: 63 miliardi di metri cubi di gas, questa la portata del gasdotto, che andranno a costituire una grande opportunità soprattutto per i Paesi mediterranei. Alla luce di un’offerta (di gas) oggi superiore alla domanda, è molto difficile prevedere cosa succederà in futuro. Le incognite economiche, e soprattutto quelle geopolitiche, sono all’ordine del giorno. Parecchio dipenderà dai livelli di crescita dell’Europa, cosi come da quelli dei giganti asiatici. Sono inoltre molti a ritenere che Mosca per fronteggiare i suoi impegni internazionali dovrà attingere dai mercati dell’Asia centrale (Turkmenistan e Uzbekistan) nei quali però sembra abbiano appreso dall’ingombrante vicino la tecnica del ricatto energetico e del rialzo dei prezzi. Una partita quindi intricata, nella quale anche l’Europa sembra però poter giocare le sue carte, continuando ad essere uno sbocco strategico per i gasdotti provenienti da Est, di cui anche la Russia ha estrema necessità per poter sviluppare la propria economia. Senza contare le recenti scoperte di idrocarburi nel Mar Mediterraneo che potrebbero modificare ulteriormente le cose… E siamo solo all’inizio!
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Elementi Normativi La rubrica ha l’intento di aggiornare i lettori sui principali aspetti normativi del settore energetico.
a cura di Piergiorgio Liberati, in collaborazione con l’Osservatorio Normativo del GSE
La Commissione europea presenta il “nuovo” pacchetto clima-energia Il 20 luglio scorso la Commissione europea ha presentato il pacchetto di misure mirato al raggiungimento dell’obiettivo europeo di riduzione del 40% delle emissioni di CO2 al 2030. Il pacchetto, principalmente rivolto agli Stati membri, è costituito da vari documenti tra cui la proposta per ampiare i settori non regolati dalla Direttiva Ets ed una comunicazione in tema di mobilità sostenibile. Per i settori non ancora inclusi nell’Ets (trasporti, residenziale, agricoltura, etc.), la nuova proposta quantifica il target di riduzione per ciascuno Stato, sulla base del criterio del prodotto interno lordo pro capite. Per l’Italia la riduzione è fissata al 33% entro il 2030.
“Correttivo Efficienza Energetica”, c’è il Decreto legislativo Pubblicato il 26 luglio scorso nella Gazzetta Ufficiale, il Decreto legislativo 141 del 2016 è stato approvato dal Consiglio dei Ministri per recepire nel modo più corretto la Direttiva europea 27 del 2012 sull’efficienza e sul risparmio energetico. La norma modifica, infatti, alcune definizioni di efficienza energetica, rivede le modalità di calcolo dell’obiettivo nazionale e rende più chiare le disposizioni per la misurazione e la fatturazione del consumo energetico. L’articolo 3 del decreto stabilisce inoltre che il Gse, gestore del meccanismo dei Titoli di efficienza energetica, pubblichi entro il 30 giugno di ogni anno il valore del risparmio energetico conseguito a livello nazionale, nonché i risparmi realizzati da ognuno dei soggetti obbligati.
Edifici statali, disponibili i fondi per l’efficientamento energetico Via libera ai finanziamenti per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici della Pubblica amministrazione centrale. Stanziati complessivamente 355 milioni di euro per il periodo 2014-2020, di cui 70 per i progetti presentati nel biennio 2014-2015 dalle Pubbliche amministrazioni. Il decreto interministeriale, firmato il 23 settembre scorso dai Ministri dello Sviluppo Economico Calenda, dell’Ambiente Galletti, dell’Economia Padoan e delle Infrastrutture Del Rio, definisce le modalità attuative del Programma di Riqualificazione Energetica della Pubblica amministrazione centrale (Prepac), finalizzato ad efficientare ogni anno almeno il 3% della superficie utile del patrimonio edilizio dello Stato.
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Combustibili alternativi, ecco le misure del Governo Sostenere la realizzazione di infrastrutture per l’utilizzo di combustibili alternativi al fine di ridurre la dipendenza dal petrolio e attenuare l’impatto ambientale nel settore dei trasporti. Questo lo scopo dello schema di decreto legislativo varato dal Consiglio dei ministri lo scorso 15 settembre. Lo schema recepisce le disposizioni della Direttiva europea 94 del 2014 (Dafi - Directive Alternative Fuel Initiative) stabilendo i requisiti minimi per la costruzione di infrastrutture per i combustibili alternativi, inclusi i punti di ricarica per i veicoli elettrici e i punti di rifornimento di gas naturale liquefatto e compresso, idrogeno e Gpl. Sono inoltre definiti i requisiti per la fornitura delle informazioni ai consumatori. Secondo il provvedimento i distributori di carburanti di nuova costruzione – o quelli oggetto di ristrutturazione – dovranno offrire la possibilità di rifornirsi di metano o Gnl, ed installare colonne per la ricarica elettrica delle vetture. Previsto, infine, l’obbligo per le Pubbliche amministrazioni di acquistare al momento della sostituzione del parco veicoli, almeno il 25% di mezzi a metano, Gnl o elettrici.
Programma Statistico Nazionale: il Quirinale approva Il Decreto del Presidente della Repubblica 30 agosto 2016, pubblicato lo scorso 15 ottobre sulla Gazzetta Ufficiale, ha approvato il Programma Statistico Nazionale 2014-2015 e l’aggiornamento per l’anno 2016. Nell’elenco degli elaborati statistici da realizzare, anche la rilevazione da parte del Gse del calore derivato da fonte rinnovabile e dell’energia termica prodotta da pompe di calore, collettori solari termici e risorse geotermiche.
Riconversione impianti a bioliquidi sostenibili: firmato il Decreto Il Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, il 4 agosto scorso ha firmato il decreto che definisce le condizioni per il riconoscimento di una maggiore valorizzazione dell’energia ottenuta da impianti esistenti alimentati da bioliquidi sostenibili convertiti in impianti di Cogenerazione ad Alto Rendimento (Car). Per accedere al sostegno, tramite istruttoria del Gse, dovrà essere verificato il rispetto della condizione Car e la natura artigianale o industriale del sito nel quale è situato l’impianto.
Oneri generali di sistema, aggiornate le componenti tariffarie L’Autorità per l’energia (Aeegsi) ha aggiornato per il quarto trimestre 2016 le componenti tariffarie a copertura degli oneri generali di sistema e le ulteriori componenti del settore elettrico e del gas. Se la tariffa A3 è rimasta stabile, la delibera 534/2016/R/com ha invece disposto in via prudenziale un incremento della componente UC3 e delle componenti A5 e As. Il tutto sempre in via provvisoria e salvo conguaglio, in attesa che siano attuate le disposizioni previste del Decreto 210 del 2015. Questo decreto, infatti, stabilisce che dal 1° gennaio 2016, per i clienti finali non domestici, i corrispettivi siano determinati con lo stesso criterio utilizzato per le tariffe di trasporto. Con i valori fissati la spesa media annuale per il cliente tipo domestico (consumo 2.700 kWh/anno), sarà di circa 499 euro, (-0.8% rispetto al trimestre precedente), di cui 107 euro (circa il 21,4% della bolletta) per applicazione della componente A3.
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Bizzarre energie
A cura di Sallie Sangallo
TEB, “l’alato” trasporto
Con Solaris “verde” volare
TEB, Transit Elevated Bus, è il mezzo di trasporto cinese amico dell’ambiente e della viabilità. Totalmente alimentato da energia rinnovabile, TEB si muove su rotaie posizionate a 5 metri di altezza dalla sede stradale, riuscendo a scavalcare e così alleggerire il traffico della città. Le sue notevoli dimensioni, lungo 22 e largo 7,6 metri, permettono di trasportare ad ogni corsa circa 300 persone. Grazie a queste qualità e ai costi contenuti per la sua realizzazione, se raffrontati a quelli necessari alla costruzione di una metropolitana, TEB potrebbe rappresentare il mezzo di trasporto del futuro. Attualmente in Cina lo si vede circolare ma è ancora fase di rodaggio.
Solaris è una varietà di tabacco, made in Italy, ottenuta da un processo di mutagenesi tra differenti tipi di tabacco. La singolare pianta priva di nicotina produce un’importante quantità di semi oleosi dai quali si ricava un olio energetico, utile alla produzione di biodiesel, biofuel e bio-jet-fuel. La compagnia aerea South African Airways è stata la prima ad effettuare dei voli utilizzando per metà carburante ottenuto dai semi di Solaris. Solaris è una pianta robusta, resistente ai cambiamenti climatici; può essere coltivata richiedendo alla casa produttrice, Sunchen holding, l’inserimento all’interno della filiera produttrice che garantisce, oltre ai semi, anche il supporto di agronomi esperti nella coltivazione del particolare tabacco. Un prodotto, quest’ultimo, imprenditorialmente appetibile se coltivato per alimentare centrali a biogas o per produrre mangime: infatti l’elevata quantità di fibre e acidi grassi che lo caratterizzano lo rendono, anche, un foraggio di alta qualità.
Un’energia zuccherosa Un gruppo di scienziati del “Virginia Tech” ha creato una innovativa batteria ricaricabile che produce energia dallo zucchero. L’originale dispositivo energetico, economico ed ecosostenibile funziona con la maltodestrina, zucchero complesso che si trova nel mais, nella fecola e nel riso, combinata con l’aria. Da questa reazione è prodotta energia, che viene stoccata in un involucro biodegradabile con ampia capacità di immagazzinamento.
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Un computer per centrale
Il lino “ri-veste” casa
Ideato da una start up italo-spagnola e utilizzato in Ghana, Watly è il primo computer alimentato da energia solare capace di generare energia elettrica, produrre acqua potabile e fornire una rete wifi. Ricoperto di pannelli fotovoltaici, Watly è in grado di catturare elevate quantità di energia solare, una parte viene immagazzinata all’interno di una batteria da 140 kwh, un’altra parte alimenta apparecchi elettronici e un’altra ancora viene utilizzata per sterilizzare l’acqua piovana, rendendola potabile grazie al successivo passaggio in filtri di grafene. Ma oltre a dispensare energia e acqua, riesce a fornire anche una connessione internet. Watly ha avuto un tale successo da ottenere ingenti finanziamenti per la realizzazione di un nuovo modello, più grande.
Il lino, fibra regina tra i materiali utilizzati nell’industria tessile, ora è utilizzato dall’architettura ecosostenibile in qualità di materiale termo e fono isolante. Questo è possibile grazie ad un particolare procedimento, in cui la pianta del lino viene macerata, asciugata e “stigliata”, ovvero liberata dagli steli. In quest’ultima fase si ricavano delle fibre di due grandezze, le più lunghe sono utilizzate dall’industria tessile, mentre le più corte impiegate per la costruzione di pannelli isolanti. Con un trattamento termico a circa 130°C e la aggiunta di fibre di poliestere o collanti a base di amido di patate, vengono ricavati pannelli ecosostenibili dotati di scarsa conducibilità termica ed acustica. Questi pannelli inseriti nelle intercapedini delle pareti, utilizzati come contropareti o coperture dei solai mantengono una temperatura costante all’interno delle abitazioni, isolandole dal caldo o dal freddo esterno e rendendole silenziose grazie alle loro proprietà fono assorbenti.
Agar, le alghe al posto della plastica
Air ink, il cattura e colora CO2
Agar è un tipo di plastica ottenuta dalla lavorazione di tre specifici tipi di alghe rosse. Creata da tre studenti giapponesi, in occasione del concorso a premi indetto dalla Lexus, Agar è una valida ed ecologica alternativa alla plastica. Questo innovativo materiale si ottiene dalla bollitura e successiva modellazione di tre tipi di alghe rosse. Diventa malleabile dopo il congelamento e rigido dopo la pressatura. Con l’ecoplastica si possono creare bottiglie, scatole e vari tipi di imballaggio. Agar è un prodotto tanto innovativo da essersi aggiudicato il primo premio del Lexus Design Award.
Creato nel laboratorio indiano Graviky, Air ink è un inchiostro ecologico prodotto dall’inquinamento, o meglio dallo sfruttamento delle particelle di carbonio prodotte dai gas di scarico. Grazie ad un particolare filtro, inserito nei tubi di scarico, le particelle di carbonio vengono catturate e successivamente lavorate per poi essere trasformate in inchiostro. Anche Air ink, nel suo piccolo, combatte l’inquinamento atmosferico e dà nuova vita alle particelle di carbonio.
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arte e architettura in luce 3 Chiesa del Gesù (Casa Professa)
Nel cuore del barocco siciliano Nel terzo appuntamento della rubrica “Arte e Architettura in luce” Elementi si occupa della Chiesa del Gesù o Casa Professa di Palermo, splendido esempio del barocco siciliano nella sua versione più sfarzosa ed elegante, costruita dai Gesuiti alla fine del 1500. Ne abbiamo parlato con il Professor Giovanni Puglisi, Rettore dell’Università di Enna “Kore” e Vice Presidente della Treccani
Giovanni Puglisi - Rettore dell’Università di Enna “Kore” e Vice Presidente della Treccani
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di Maurizio Godart
E: Professore, ci può parlare del contesto storico che portò alla costruzione della Chiesa del Gesù di Palermo, nel 1590? GP: La storia di questa chiesa è indissolubilmente legata a quella dei Gesuiti che, come vedremo, volevano lasciare una traccia immortale della loro presenza in Sicilia. Il 15 agosto del 1534 nasce a Montmartre, allora periferia di Parigi, la Compagnia di Gesù. Fondatori furono il nobile basco Inigo Lopez de Recalde, conosciuto successivamente come Ignazio di Loyola, con altri sei compagni, tutti studenti a Parigi. In pochissimo tempo la Compagnia di Gesù divenne uno degli ordini religiosi più organizzati e potenti della Chiesa, assumendo un ruolo molto importante nella politica, nella cultura e nella religione di quegli anni. In Sicilia, poco dopo il loro arrivo, fu addirittura concesso loro di sedersi nel Parlamento dell’isola come rappresentanza ecclesiastica, cosa che svolsero attraverso un procuratore nominato a questo scopo. Giunti a Palermo nel 1549, i Gesuiti inizialmente si insediarono nella Chiesa della Madonna della Misericordia ai Lattarini. Ma serviva un simbolo della loro presenza, e per questo pensarono di costruire la Casa Professa, verso la fine del 1500, tra l’altro con forti sovvenzioni da parte del governo spagnolo. Nel 1622, anno della canonizzazione di
Sant’Ignazio di Loyola e di San Francesco Saverio, diedero piena efficacia alla Chiesa stessa, rendendola perfettamente agibile. E: Quali sono le caratteristiche fondamentali di questo edificio? GP: La pianta è a croce latina a tre navate. Realizzata su progetto dell’architetto gesuita Giovanni Tristano, punta a comunicare l’importanza e l’opulenza dell’ordine. Originariamente la chiesa presentava una sola navata centrale, con un ampio transetto e le cappelle disposte ai lati. Fu con Natale Masuccio che fu riadattata, abbattendo le mura divisorie tra le cappelle e ricavando così altre due navate. Nel 1636 i lavori vennero completati e vi fu la consacrazione dell’edificio. Nel corso del tempo la Chiesa del Gesù ha subito molte modifiche, tanti sono stati i rifacimenti necessari, come ad esempio quello del maggio 1943, quando una bomba distrusse la cupola e il crollo interessò gran parte delle opere che affrescavano presbiterio e transetto. Una nuova cupola a doppia calotta nervata venne successivamente disposta sulla sommità della struttura, con una base di cemento armato. Da notare la dicotomia tra l’opulenza degli interni della Chiesa
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e l’austerità della facciata principale, sontuosa nella sua monumentalità ma complessivamente semplice. E: Come si colloca Casa Professa all’interno della tradizione barocca siciliana? GP: È fortemente in sintonia con lo stile del barocco siciliano che è significativamente presente a Palermo. Non dimentichiamo che in pochi metri quadrati a Palermo abbiamo esempi di barocco eccezionali. Pensiamo a San Giuseppe dei Teatini e, quasi di fronte, alla Chiesa di Santa Caterina, sempre chiusa perché abitata da suore di clausura. Il barocco siciliano è celebrato in tutto il mondo, sia nella parte orientale con la Val di Noto, sia in quella occidentale con la Casa Professa e le chiese limitrofe. La Chiesa del Gesù è uno dei monumenti più celebri del capoluogo, tra le massime espressioni dell’arte barocca, nella sua forma più ridondante, ricca, appariscente ed esuberante. E: Quali sono le opere artistiche più significative che decorano l’edificio? GP: È una chiesa ricchissima di opere d’arte, caratterizzata da statue molto importanti di gesuiti come Sant’Ignazio di Loyola, San Francesco Saverio, San Francesco Borgia, San Paolo Miki, San Francesco De Geronimo. Ci sono cappelle molto pregiate, arricchite e curate nel corso degli anni da tanti artisti e artigiani che si sono succeduti. La struttura, corredata con opulenti arabeschi, stucchi, statue e affreschi, è ricordata per la particolare decorazione “a mischio”, cioè intarsi nel marmo costituiti da motivi floreali e figurativi. È opportuno menzionare anche la cupola che fa riferimento all’affresco di Pietro Novelli. Ma basta guardare ogni angolo della Casa Professa per capire che si tratta di qualcosa di unico. E: Soffermiamoci sull’organo a canne del 1954, uno dei più importanti del suo genere.
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GP: Si compone di quattro tastiere, una pedaliera concavoradiale, quattromila canne, per un totale di 61 note. Ci troviamo di fronte ad una polifonia armonica estremamente pregevole. È stato realizzato da una importantissima ditta cremasca, la Tamburini, che ha costruito alcuni fra gli organi più importanti d’Italia. Attiva tra il 1893 ed il 1996, questa fabbrica ha progettato, tra gli altri, l’organo del Duomo di Messina (forse il più raffinato in assoluto) e l’organo del Duomo di Milano, ordinato da Mussolini nel 1937, che è il più grande presente attualmente in Italia. E: Divulgare la conoscenza di questi capolavori, patrimonio dell’intera umanità, può restituire speranza e orgoglio alle giovani generazioni, nel nostro Mezzogiorno e specialmente in Sicilia… GP: Occorrerebbe una seria politica scolastica di accostamento ai patrimoni artistici, per far sì che i cittadini capiscano, sin da bambini, il valore inestimabile di questi capolavori. L’Italia ha una tale ricchezza di patrimoni artistici che si finisce con l’abituarsi agli stessi, a non fare più caso alle meraviglie che ci circondano. I giovani che girano in quel fazzoletto di terra dove c’è la Casa Professa, San Giuseppe dei Teatini e Santa Caterina, non sono abituati a vedere queste opere come le meraviglie che realmente sono, ma come dei punti di riferimento per prendere l’appuntamento con l’amico o con la fidanzata. Ci vuole una forte spinta educativa da parte delle famiglie e delle istituzioni. Inoltre bisogna riqualificare le aree circostanti a questi monumenti. Non bisogna museificare i beni culturali. La città va vissuta fino in fondo, però è assolutamente necessario eliminare il degrado che circonda i centri storici di città come Palermo e come tante altre in Italia dove abbondano queste meraviglie storico-artistiche. In sintesi, possiamo dire che servono risorse finanziarie e morali per rilanciare il patrimonio artistico del Paese e farlo apprezzare soprattutto dai nostri giovani, coloro che domani saranno protagonisti della vita civile e sociale del Paese.
giornalismo d’impresa Riviste aziendali
Quel grande tesoro culturale di Mauro De Vincentiis
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Una storia degli house organ in Italia può cominciare con il maggio 1913, quando uscì il primo numero della Rivista Fiat. L’azienda torinese mostrava di aver capito l’importanza di un periodico interno e se ne fece promotrice. Fino alla guerra, questa rivista sarà voce vivace di quell’impresa. Vi si trovano tutte le componenti tipiche dell’immaginario industriale del primo ‘900, dal mito del record, all’esaltazione del campione del momento, all’agiografia dei tecnici della fabbrica. Sospesa nel 1915, riprese le pubblicazioni nel maggio del 1923 fino al 1927. Alla fine del 1932 uscì un nuovo periodico: Il Bianco e Rosso, giornale del dopolavoro aziendale (ventimila copie) per il pubblico dei dipendenti Fiat, destinato a coinvolgere anche un’area più estesa di operai e di impiegati. La rivista promosse anche un appello alla “letteratura operaia”, con invito ai lettori a scrivere racconti sugli ambienti di lavoro. La storia degli house organ in Italia divenne più organica con la fine della Seconda Guerra mondiale quando cominciò il rilancio dell’economia. In evidenza “vere e proprie” riviste, con cui aziende e holding hanno inteso dimostrare agli interlocutori esterni e interni qual era il livello di cultura interdisciplinare di riferimento. Comunità, periodico fondato da Adriano Olivetti, dal 1946 è stato un polo importante del dibattito culturale, oltre che socio-politico. La sua vita è stata articolata in serie diverse: dopo i primi sei numeri, nell’aprile 1947 iniziarono le pubblicazioni del secondo periodo, d’impronta più divulgativa; la terza, avviata all’inizio del 1949 durò fino al 1992. La redazione si avvalse di firme di livello, tra tante, quelle di Norberto Bobbio, Giorgio Bassani, Franco Ferrarotti, Carlo Bo. Nel 1948, nello stesso anno della riapertura della “Fiera di Milano”, all’ombra della “Madonnina”, si vivono tempi culturalmente ed economicamente irripetibili; viene lanciata Pirelli (Rivista d’informazione e di tecnica) che guadagnò subito un posto di prima fila nella storia del giornalismo industriale. Collaborazione, circolare interna di notizie, riservata ai dipendenti della Pirelli, nel numero dell’1
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novembre 1948, presentando la rivista, scrive: “Non sarà eminentemente tecnica con mattoni indigeribili, riservata a poche categorie di iniziati, bensì vivace, brillante, dedicata al gran pubblico, che tratterrà gli argomenti in modo tale da interessare per quello che dice e per come lo dice”. Il Gatto Selvatico fu la rivista aziendale voluta da Enrico Mattei, perché servisse da “punto d’incontro” per tutti coloro che facevano parte del gruppo Eni. Il nome della rivista, la cui paternità il poeta Attilio Bertolucci, chiamato a dirigerla alla fine del 1954, attribuisce allo stesso Mattei, è la traduzione di “wildcat”, parola che indica il pozzo esplorativo, ossia “il trabocchetto che l’uomo, scavando nelle viscere della terra, tende al petrolio e agli altri idrocarburi”. Tra i collaboratori: Carlo Emilio Gadda, Vincenzo Cardarelli, Raffaele La Capria, Carlo Cassola. Dal 2008, Eni edita Oil, per diffondere la cultura dell’energia, del mondo del petrolio e del gas. In primo piano anche i grandi temi internazionali: dalla salvaguardia dell’ambiente all’efficienza energetica, dalla salute all’innovazione tecnologica. Altra rivista “storica” fu Civiltà delle macchine della Finmeccanica. Lo spirito e il modello originario erano un po’ quelli “pirelliani”, con argomenti comuni, ma con più temi
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tecnici (aeronautica, astronautica, cantieri navali, chimica, cibernetica, ferrovie, fisica, matematica, metallurgia). La rivista riuscì a creare un giusto mix tra l’esigenza di comunicare al mondo esterno Finmeccanica e la necessità di rafforzare lo spirito interno di gruppo. Non una rivista “impegnata”, né un house organ, ma un organico tentativo di portare all’ordine del giorno del Paese anche quella che, molti anni dopo, sarà chiamata la social responsability dell’impresa. Tra i giornali aziendali “elettrici”, censiti prima della nazionalizzazione del settore nel 1962, troviamo i notiziari della Selt-Valdarno, della Società Generale Elettrica della Sicilia (Sicilia Elettrica) e della Siemens. Altre testate: Acqua e Luce (Azienda Comunale Elettricità ed Acque di Roma); Il Chilowattora (Azienda Elettrica Municipale di Milano); Via Poli (Società Romana di Elettricità); Notiziario Sme (Società Meridionale di Elettricità). Il testimone di questi giornali aziendali fu raccolto da Illustrazione Enel, fondata da Giorgio Tamberlani, Direttore della Comunicazione Enel per oltre 25 anni, che, nella sua più che trentennale vita aziendale ha saputo rendere coese le due culture interne, quella tecnico-scientifica e quella classica. Verso la fine degli anni ’60, e per tutti gli anni ’70, in relazione all’inasprirsi delle relazioni sindacali, il clima mutò all’interno delle organizzazioni, provocando ripercussioni anche sulle riviste aziendali: a fronte di una più o meno generalizzata contestazione, che le facevano percepire come la “voce del padrone”, i manager cominciarono a dubitare della convenienza e della validità di questo strumento. Una ripresa degli house organ si ha a partire dagli anni ’80 del secolo scorso: con la rivista Colors di Benetton (1991) che attraverso l’uso di fotografie “parla del resto del mondo”.
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Con if, periodo della Fondazione Ibm (1993), ideata per favorire “momenti di dialogo e confronto” fra coloro che operano all’interno delle imprese e il mondo della ricerca e di chi fa cultura. Oxigen, magazine Enel, nato nel settembre 2007, partendo dal legame con la sua matrice scientifica, ha scelto un focus tematico per ogni numero. Gli argomenti trattati vanno dal “global warming” al boom delle energie rinnovabili. Nel 1998, Enel lanciò Focus una newsletter mirata per il suo management, con l’obiettivo di rafforzarne il senso d’identità comune. Nel 2001, poi, il Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (Grtn) ha editato Elementi, per sostenere la liberalizzazione e l’innovazione in atto nel settore elettrico, sia all’interno che all’esterno della società. In quest’ottica, Elementi si avvale della collaborazione e delle professionalità del settore energetico e di quelle esterne (economisti, sociologi, esperti della comunicazione e della cultura). Nel novembre 2005, con il trasferimento a Terna del ramo d’azienda, relativo alla trasmissione e sviluppo della Rete, la Società è stata ridenominata Gse (Gestore Servizi Energetici). La rivista, reimpostata graficamente è restata invariata per la parte redazionale, ma con una maggiore focalizzazione sui temi riguardanti l’energia rinnovabile.
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energia del pensiero Favola di Natale
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di Romolo Paradiso
Era la cosa migliore che sapesse fare. Certo, di qualità ne aveva e anche di rare, ma quella di fare l’albero di natale era proprio di gran lunga la più bella. Non c’era solo tradizione nella sua passione, ma sentimento, mescolato a un senso spiccato del Natale e a un frammento di antico romanticismo che le conferivano un’immagine delicata, di altri tempi. Mi piaceva guardare trasformare con religiosa cura e magica fantasia quell’alberello spoglio, in una sfavillante e luminosa figura a cui le sue mani avevano donato il senso della gioia e un pizzico di anima. La scena si ripeteva anche quest’anno, ma ora accanto a lei si muoveva, non senza un po’ d'impaccio, un panciuto personaggio dal sedere pesante, a cui tre anni addietro decidemmo di dare nome Beniamino. Era il suo allievo. Lo stava addestrando a porgere le palline colorate e lui si districava con impegno notevole, già cosciente del significato dell’opera che si compiva, attratto di tanto in tanto dal luccichio che quelle biglie colorate emanavano. Nella sua mente però balenava il pensiero di conoscere cosa ci fosse dentro e questo spiegava perché qualche pallina ruzzolasse in terra sospinta dal tocco deciso della sua manina. Assorbita la consueta sgridata, Beniamino ritornava con lo sguardo ai frammenti sparsi sul pavimento, li fissava un po’ cercando tra essi quella fonte di luce che tanto calamitava la sua fantasia. Ma non riusciva a capire e ritornava pensoso al suo lavoro, affascinato da ciò che si stava realizzando. -Come si chiama questo albero, Mamma? -Bè, l’albero non ha un nome come l’abbiamo noi. -E come si distingue dagli altri? -È la specie che li fa riconoscere. -Cos’è la “specie”? -La “specie” indica l’appartenenza di un albero a una famiglia di alberi a lui simili. -Tra loro parlano? -C’è un linguaggio a noi nascosto, con il quale le piante comunicano. -Vuoi dire che noi non comprendiamo cosa dicono quando parlano? -Non solo non li comprendiamo, ma non li sentiamo neppure! -È vero, sono così silenziosi! Mamma, anche loro festeggiano il Natale? -Sicuramente! Il Natale è la festa di tutti, uomini, piante, animali, cose... -Di tutto quello che ha creato il papà di Gesù, vero? -Si Beniamino, vero! -E si fanno gli auguri nella loro lingua... -Si, nella loro lingua. -Chissà come dicono “Buon Natale”?...e se ricevono
regali?...io avrò i regali, vero mamma?... -Forse!...Pensi di esserteli meritati?... -Sono stato buono! -E le palline che hai rotto fino ad ora? -Perché non erano belle come queste! -E ti sembra una cosa saggia? Beniamino non rispose. Si limitò a porgere la stella cometa, ultimo ornamento dell’albero di Natale e a esclamare: “È fortissimo!”. -Vuoi dire che è “bello”- rispose la madre. -No! È proprio “fortissimo”!- ripeté con fare seccato Beniamino. Poi corse verso di me che stavo seduto di fronte alla macchina per scrivere, facendo finta di lavorare. - Hai visto papà cosa abbiamo fatto io e la mamma?...non ti pare una “bomba”?! -Oh si, certo è proprio un’ “apocalisse”, risposi con meraviglia. -Cosa è?- domandò lui storcendo il naso. -Ho detto che è un’ “apocalisse”. -E che vuol dire questa parola “apocapisse”? -Apocalisse Beniamino!...Vuol dire che è ...”forte”, che è.. una “bomba”, come dici tu. -Sarà,- rispose con fare incerto- ma io alla televisione non l’ho mai sentito dire! E se ne andò nella sua stanza a “fare la cuccia” come diceva lui, imitando un suo idolo televisivo, voltandosi ogni tanto e ripetendo sottovoce: “apolapisse”...”apocapisse”...boh!... Mia moglie mi parlò per un’oretta dei progressi, soprattutto di quelli psicologici, che ella riscontrava in Beniamino, riferendomi, da un punto di vista “tecnico”, tutto quello che a suo avviso significasse maturazione, evoluzione del bambino. Ogni tanto mi strattonava sostenendo che facessi solo finta di ascoltarla, mentre ero intento a pratiche sognatorie. Dicevo che non era vero, ma ero cosciente di mentire. Del resto le mie risposte risultavano molto vaghe e frazionate nel tempo. Quando cominciai a entrare, forzatamente, nell’argomento, lei si addormentò lasciandomi all’esposizione di variopinti monologhi. Pensai con rabbia al maledetto inventore della cavalleria, per colpa del quale l’uomo è costretto da secoli a compiere gesti di gentilezza nei confronti dell’altro sesso, quasi sempre mal ripagati. Ma tant’è… Mi assopii così, immaginando di guidare un movimento di massa per il riscatto del maschio, il cui simbolo era rappresentato da un omino dagli occhi vispi con il piede sinistro poggiato sul corpo disteso di una femmina corpulenta e gli avambracci alzati a mò di “mister muscolo”. Più tardi un rumore che giungeva dal salotto mi distrasse. Girai lo sguardo verso mia moglie, ma dormiva beatamente.
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Decisi di andare a vedere non senza rafforzare d’intensità il pensiero di cui sopra sulla cavalleria. Mi avvicinai piano piano e quando fui davanti alla porta, vidi Beniamino a piedi nudi, intento a conversare con l’albero di Natale. -Shhh!... non dobbiamo svegliarli, altrimenti non possiamo chiacchierare!- fece lui con un dito sul naso, rivolgendosi al curioso interlocutore. -Allora alberello, sei contento di come ti abbiamo conciato?...La mamma è tanto soddisfatta e pure io sai? Le ho detto che sei un “bomba”!... Papà ti ha definito “un’apocapisse”, che non so cosa voglia dire, ma credo sia felice anche lui! -Bè, sono contento per te Beniamino, è sempre bello fare felice il cuore di un bambino!... -Meno male!... -Si, però io non sto mica bene così!... -Perché? -Perché non sono nato per essere riempito di palline colorate e strisce luccicanti e luci e uccelletti di vetro e candeline.. insomma di questa roba qui! -Vuoi dire che non sei contento? -Bè,...non proprio!...Vedi Beniamino, noi alberelli siamo nati per stare nel nostro posto, insieme agli altri alberi, in mezzo alla natura, con il vento che ci soffia nelle orecchie, gli uccellini che ci cantano la ninna nanna e gli scoiattoli che ci raccontano le loro favole, con la pioggia che lava i rami e il sole che ce li asciuga...con la mamma e il papà... -La tua mamma?...il tuo papà?...e dove sono ora? -Non sono lontani, stanno nel parco vicino alla strada da dove sono stato sradicato. -E tu vorresti tornare lì? -Tu sapresti stare senza i tuoi genitori? -Io voglio bene alla mia mamma e al mio papà e li voglio sempre accanto a me! -Anch’io Beniamino vorrei averli vicino. Da quando sono andato via la mia mamma si dispera tanto. -E tu la senti? -Si, ci parliamo. -E come? Con il linguaggio che io non capisco? -Il nostro modo di parlare è diverso dal vostro. Noi comunichiamo attraverso le radici e le vibrazioni che queste creano nel terreno. -E tu le hai detto che sei qui, che noi ti vogliamo bene? -Certo, ma questo non può bastare. Mi vuole con sé, sa che se continuassi a rimanere qui, non ci potremmo vedere più. -Perché? Noi dopo le feste ti portiamo via. Stai tranquillo! -No, finirò dentro un vaso, fuori al terrazzo, ad aspettare di morire. -Morire?...Io non voglio! Non permetterò mai che accada una cosa simile! -Non c’è nulla da fare Beniamino, è sempre stato così.
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Quando ci tolgono dal nostro terreno, incominciamo già a morire, lentamente. -Anche adesso? -Si, anche adesso! -E non si può fare nulla? -Credo di no! -Ma allora non è un bel Natale?!...Io, io lo dirò alla mamma e ti farò portare via, dai tuoi genitori. Stai tranquillo! -Grazie Beniamino, non so se sarà così, ma grazie! -Ora torno a letto, tu resisti fino a domani, vedrai che tutto andrà a posto! -Grazie Beniamino, grazie! -Però, scusami, toglimi una curiosità: cosa fa luccicare quelle palline colorate? -Oh, è una banale lampadina, molto piccina che sta dentro. -Ma io non l’ho vista ! -Certo, perché rompendo le palline distruggevi anche lei! -Una banale lampadina...grazie alberello... -Ciao Beniamino! E se ne andò verso la sua stanza, senza fare rumore. Si rimboccò le coperte e si addormentò. Mia moglie con tocco fatato bussò alla mia testa alle sette del mattino, consigliandomi di sbrigarmi a uscire dalle lenzuola. Ma prima di tutti si alzò Beniamino. -Hanno rubato l’alberello! L’hanno portato via!- gridava piangendo. Andammo di corsa a constatare ed effettivamente l’albero non c’era più. Per terra un’infinità di oggetti sparsi qua e là. Di lato, la finestra del terrazzo aperta. -Hanno rubato tutto!- gridò mia moglie- Sono venuti i ladri in casa nostra e non ce ne siamo neppure accorti! -Avranno usato uno spray per renderci il sonno pesante. le dissi. -Non dire fesserie!- rispose indiavolata- Li avrei sentiti avvicinare, sai che ho il sonno leggero! Annuii con la testa, cosciente dell’inutilità di qualunque risposta. -Oh poveri noi! Siamo rovinati!- continuava lei in preda a una crisi d’isterismo. -Tu Beniamino, va a letto!- disse con tono furioso. -E il mio alberello?...Forse la sua mamma se lo è portato via? -Cosa dici Beniamino, lo hanno rubato!- gli gridò nelle orecchie. Facemmo l’inventario delle cose che avevamo in quella stanza e di quelle che si trovavano in terra, guardammo nelle altre camere e alla fine, meravigliati, scoprimmo che non mancava nulla, tranne l’albero. -Sono entrati qui dentro e non hanno preso che l’albero?... Volevano solo lui, sembra impossibile!- asserì stupefatta mia moglie.
-Può darsi che volevano fare un regalo ai loro figli le risposi. -L’avevamo fatto con tanta cura io e Beniamino... -Lo so!- le dissi - In compenso però abbiamo il Presepe che non hanno toccato, vorrà dire che i regali li metteremo vicino la grotta del Bambinello e tutto sarà uguale. Anzi, avrà ancor più senso. Feci un sorriso e le accarezzai i capelli. -Peccato!...- sussurrò lei a capo chino.
La sera, tornato a casa, chiesi a Beniamino di venire a fare una passeggiata con me e lui non si fece pregare. Faceva freddo e l’aria era pulita. Camminammo un po’, poi decidemmo di tornare a casa per il parco. -È qui che è nato il nostro alberello?- mi chiese con voce sommessa Beniamino. -Si, proprio qui! -È vero che la sua mamma piangeva quando lui stava
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a casa nostra? -Penso di si. -Allora è stata lei a prenderlo? -Forse. -Vuol dire che può essere qui? -Potrebbe. -Perché non lo cerchiamo, papà? -Va bene! Cominciammo a osservarli uno a uno, tentando di riconoscere quello che stava impallinato e luccicante nella nostra casa. Ne guardammo una cinquantina, ma nessuno gli assomigliava. Il freddo si era fatto pungente e dal cielo calavano in silenzio alcuni fiocchi di neve. Allora presi in braccio Beniamino, tutto rosso in viso e sfinito dalla fatica e lo portai con me alla salita vicino alla strada che conduceva a casa. Qui, piantato sul terreno in mezzo a due grossi abeti che con i suoi intrecciavano i loro rami, stava un alberello piccino, dal quale usciva un melodioso concerto di fringuettii. -Papà!- esclamò Beniamino - è lui, il nostro alberello, lo riconosco! -Sei sicuro? -Si, si, è lui! -Sei contento Beniamino? -Si, sono molto contento perché adesso è felice, con la sua mamma, il suo papà e gli uccelletti...il vento...e la cosa, la.. insomma, non muore più! Rideva e saltava di gioia sulle mie braccia, con tanta forza e tanta eccitazione, come solo i bambini sanno fare. -Tornerò a trovarti, alberello! Ci rivedremo presto! ...Vero papà? -Certo, torneremo! A casa Beniamino raccontò di aver visto il suo albero di Natale nel parco e di essere contento che la mamma lo era venuto a prendere. Ma nessuno gli dette retta. Poi attese la mezzanotte dormendo tra i cuscini del divano e sognando del suo alberello. Mia moglie posava i regali confezionati con cura accanto alla grotta del Presepe e io lasciai per un attimo le palpebre socchiudersi sotto i colpi incalzanti del sonno, sognando di una furtiva corsa nella notte, di un freddo cane, di un abete felice, di un rapina simulata, di uno spray soporifero, di una sveglia improvvisa. Fuori, la neve colorava di bianco le case e le strade, mentre nei nostri cuori si inneggiava alla bontà che stava nascendo.
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Asterisco Quel segreto che è in noi di Stefania Concàri “Anche noi, come l'acqua che scorre, siamo viandanti in cerca di un mare”. (Juan Baladán Gadea)
Quando arriviamo in spiaggia ci troviamo davanti ad uno spettacolo che desta in noi meraviglia e allo stesso tempo timidezza. L’azzurro del cielo, quello del mare con il dipanarsi delle onde che velocemente cambiano la loro forma. Nasce in noi un forte senso di limitatezza davanti a qualcosa di così maestoso e inspiegabile. Il mare, forza della natura! La nostra esistenza può essere paragonata all’acqua che scorre incessantemente, andando più o meno verso un’unica direzione. Scorre attorno alle cose cambiando continuamente la forma. Trova sentieri segreti. Anche noi, come l’acqua, siamo alla ricerca di quel sentiero segreto che ci apra alla meraviglia, allo stupore, alla gioia e al dolore. Tante sono le emozioni che l’uomo vive ricercando quel sentiero segreto. Un mistero unico, magico, in grado di suscitare l'entusiasmo. Quell’energia vitale che stimola le nostre idee e che ci conduce alla scoperta di quella grande sorpresa che siamo proprio noi stessi!
Fo La foto di Andrea Amato
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La bellezza Non so descrivere la bellezza. Non riesco a trovare le parole. Di fronte a lei ho palpiti improvvisi. E brividi. A volte piango. Altre sorrido. Altre ancora lascio che il silenzio mi aiuti a scrutare e comprendere quanto dentro di me sto vivendo. La bellezza è emozione e, come dice Ezra Pound, “solo l’emozione resiste!” Non ci si abitua alla bellezza. La si aspetta sempre. Perché essa colora e illumina il nostro momento. Lo fa splendere prepotentemente. E ci consegna al momento che segue con una gioia e una vivacità dirompenti. Influenzabili per chi ci incontra. Per chi ci ascolta. Per chi ci ama. La forza della bellezza è la forza che sta nella vita. È un dono della vita. Il più generoso. Il più fecondo. Il più commovente. Non si cela la bellezza. È sempre evidente. Se hai occhi. Se hai tempo. Se hai cuore. In lei alberga l’alito di quanto a noi sconosciuto che le cose governa. È il mistero. La risposta e il senso alla domanda di sempre: “perché la vita?”
Fn
Filo di Nota a cura di Mauro De Vincentiis
Mp Mondo Piccolo
lo Smilzo
Serendipità Tra i neologismi della nostra lingua c’è “serendipità”. Fu coniato dallo scrittore inglese Horace Walpole (1717-1797), dopo aver letto la fiaba “Tre principi di Serendippo”, nella quale i protagonisti scoprono, lungo la loro strada, indizi che li aiuteranno in varie occasioni. Il termine indica la fortuna di fare scoperte per puro caso o di trovare una cosa imprevista. Nel 2008, Steve Hollinger lanciò in aria, per gioco, una macchina fotografica digitale e, recuperando l’immagine fissata per caso dall’obiettivo, gli venne in mente di costruire un apparecchio per registrare foto particolari. Negli anni Sessanta del secolo scorso, Gay Talese, giovane reporter, sostenne che New York era una città di cose che passano inosservate. A Manhattan, durante le sue peregrinazioni, seguì le scorribande dei gatti randagi, catalogò i lustrascarpe e scoprì una colonia di formiche. Alla fine, pubblicò le sue scoperte nel libro “New York: A Serendipiter’s Journey”. Fu serendipità anche per Cristoforo Colombo, con la scoperta dell’America mentre cercava la via per le Indie.
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PIANETA TERRA
il
PERIODICO FONDATO DA CIRO VIGORITO
Mensile di informazione scientifica e cultura dell’ambiente, dell’energia e delle fonti rinnovabili Il PIANETA
TERRA ospita
• la Newsletter dell’ • carta, penna e diritto rubrica dedicata ai temi giuridici e legislativi in cui si alternano avvocati esperti di settore
• i membri del
raccontano
si alternano le opinioni dei membri di questo importante istituto di rappresentanza del comparto energetico
Dà voce ogni mese ad autorevoli personalità del settore energetico Redazione - Pubblicità segreteria.redazione@ilpianetaterra.it www.ilpianetaterra.it 100
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L’ETNA SPRIGIONA LA SUA ENERGIA Era festa dovunque: in ogni chiesa; in ogni casa: intorno al ceppo, lassù; innanzi a un Presepe, laggiù; noti volti tra ignoti riuniti in lieta cena; eran canti sacri, suoni di zampogna, gridi di fanciulli esultanti, contese di giocatori… E le vie delle città grandi e piccole, dei villaggi, dei borghi alpestri o marini, eran deserte nella rigida notte. E mi pareva di andar frettoloso per quelle vie, da questa casa a quella, per godere della raccolta festa degli altri; mi trattenevo un poco in ognuna, per augurare: “Buon Natale” e sparivo… Ero già entrato così, inavvertitamente, nel sonno e sognavo.
Luigi Pirandello
Luigi Pirandello (1867-1936. Premio Nobel per la letteratura 1934)
E+ Energia, letteratura, umanità
Immagine di fondo ideata e realizzata da Alessandro Buttà
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a apid puter, r , e l com sati Ver ta per hone rtp zza timi t e sma t o e e tabl
LA PRIMA E PIÙ COMPLETA BANCA DATI ONLINE DELL’INFORMAZIONE E DELLA COMUNICAZIONE ITALIANA L'Agenda del Giornalista Digitale è lo strumento online per i professionisti della comunicazione, del giornalismo e delle relazioni pubbliche. Giornalisti, media, uffici stampa e pubblica amministrazione sono raccolti in 4 banche dati consultabili online, con più di 200.000 riferimenti in costante aggiornamento, che possono essere ricercati, selezionati ed esportati per pianificare e realizzare campagne di comunicazione e marketing, incrociando e gestendo i dati da qualsiasi postazione, semplicemente accedendo ad Internet. L'offerta è arricchita dal costante aggiornamento dei dati, preziosa opportunità che consente di lavorare su riferimenti sempre validi. All'interno delle banche dati è possibile consultare e ricercare i contatti, in maniera semplice (es. il nome di una testata) o in maniera complessa (es. solo i redattori di cronaca che lavorano in una testata in una determinata città). I risultati della ricerca, che può essere affinata aggiungendo criteri sempre più selettivi, appaiono in una griglia da cui è possibile esportare i dati per gestire direttamente attività di ufficio stampa e relazioni pubbliche.
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L’ANNO CHE NON CADDERO LE FOGLIE
IL MARE SPIEGATO AI MIEI NIPOTI
IL MIO LONGANESI
IL LIBRO DELL’ACQUA
di Paola Mastrocola
di Hubert Reeves e Yves Lancelot
di Pietrangelo Buttafuoco
di Alok Jiha
Guanda, 2016, pag.168
Baldini & Castoldi, 2016, pag.119
Longanesi, 2016, pag.251
Bollati Boringhieri, 2016, pag.372
Euro 13,00
Euro 12,00
Euro 18,00
Euro 24,00
Questa è una storia di vento, di foglie e di scoiattoli. È una storia di timidezza e di coraggio, di ribellione e di saggezza. Di uno strano autunno in cui le foglie si rifiutano di cadere e tutti si domandano perché. Specialmente i bambini, che sanno guardare, e una scoiattola inquieta che ha bisogno di sapere. Mentre tutti – umani e animali – cercano di fronteggiare la nuova vita, la scoiattola si avventura in una indagine che finirà per sollevare interrogativi sulla felicità e sulle leggi della natura. Intorno a queste domande soffia il vento, che conosce le storie di tutti; ed è il vento, in questa favola scritta in punta di penna, a incrociare i destini, cambiare gli animi e decidere le sorti. Paola Mastrocola ha esordito con il romanzo “La gallina volante” (2000). Finalista al Premio Strega 2001 con “Palline di pane”, nel 2004 ha vinto il Premio Campiello con “Una barca nel bosco”.
Sono qui raccolti i perché delle correnti e delle derive dei continenti, insieme al mare, ai vulcani, agli atolli, alle onde alte trenta metri, ai fondali inesplorati. Per gli Autori di queste pagine, capire i segreti del mare, la danza dei continenti, il potere della luna, il vortice dei venti, può essere il primo passo per un pianeta salvato, soprattutto dai giovani. Hubert Reeves, astrofisico e direttore di ricerca del Cnr francese, è consigliere scientifico della Nasa; è Autore di “L’universo spiegato ai miei nipoti” (pensato per i bambini e letto dagli adulti). Yves Lancelot è direttore scientifico del programma americano di ricerche oceaniche.
Leo Longanesi (1905-1957) è stato uno scrittore anticonformista che ha incarnato la migliore tradizione del giornalismo italiano e trasmesso il suo spirito alla casa editrice che ha fondato. Un enfant terrible i cui scritti conservano ancora a distanza di anni la stessa capacità di fissare vizi e virtù del nostro Paese. In occasione dei settant’anni di vita e di pubblicazioni, la casa editrice festeggia il suo fondatore con una antologia che ne raccoglie ricordi, aforismi e gli scritti più corrosivi. Queste pagine, curate da Pierangelo Buttafuoco (giornalista e scrittore), ci restituiscono – con la grande personalità di Leo Longanesi – uno dei capitoli più importanti del giornalismo e della letteratura italiana del Ventesimo secolo.
L’Autore, già corrispondente scientifico del “Guardian” e per la “Bbc”, ci guida alla scoperta del miliardo e mezzo di chilometri cubi di acqua del nostro pianeta. Dalla punta meridionale della Nuova Zelanda, viaggiando verso l’Antartide, si scopre che il ghiaccio che siamo abituati a vedere è solo una delle forme possibili in cui l’acqua cristallizza. Pagina dopo pagina, troviamo luoghi estremi, come il lago Vostok dove è stata registrata la temperatura più fredda del pianeta (-89°C): eppure anche nelle sue profondità si trovano tracce di microrganismi. Altri batteri sono sotto la superficie del deserto salato di Yungay, grazie alla condensazione di vapore in minuscoli pori del terreno. “Negli ultimi anni – precisa Jiha – abbiamo capito una cosa: per quanto difficile siano le condizioni fisiche, basta una debole traccia d’acqua per trovare la vita”.
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Biblioteca a cura di Mauro De Vincentiis
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Maria Angela Donato Un’ora incerta di una giornata piovosa (è mattina o crepuscolo?) in un luogo altrettanto incerto. Attraverso il vetro anteriore di un’automobile, sul quale scorre la pioggia, si riconosce una strada nella quale si muovono altre auto la cui presenza è resa visibile dalla luce rossa dei fanali posteriori. La foto: “Se piove” dell’artista Maria Angela Donato, della quale abbiamo in passato analizzato la sue capacità di mosaicista, testimonia la condizione passiva dello spettatore davanti ad un evento naturale che rende evanescente lo scenario urbano. La percezione che questa fotografia dà della realtà, in un mondo che comunica quasi esclusivamente attraverso immagini, diventa terreno d’incontro tra la descrizione che potrebbe dare la parola scritta e l’immagine percepita dall’occhio umano nella ricerca del desiderio di penetrare la diffusa semioscurità rotta soltanto dalla luce di un’insegna, che tende a confondere tutte le componenti dell’ambiente circostante. Ciò che sembra premere a Maria Angela Donato è fissare e lasciare nella memoria un segno indelebile di un attimo di vissuto come testimonianza di sensazione e mistero del nostro vivere quotidiano. Lo fa portando un pezzo di città all’interno dello spazio di una foto nell’intento di sottolineare il contenuto emozionale e lo stupore suscitati da un diverso modo di guardare la realtà di un luogo a noi noto, rivelato in una dimensione e in un’atmosfera evocativa nella quale domina l’assenza del tempo. La scelta di esprimere le sue necessità comunicative anche attraverso la tecnica fotografica, non tanto per documentare e accertare la realtà quanto piuttosto per renderla quasi illusoria, consente a Maria Angela Donato di creare le immagini necessarie all’osservatore per tradurre un’esperienza visiva in emozione, in stato d’animo.
“Se piove”, tratta dalla raccolta d’immagini di Maria Angela Donato: “Attimi diversi”
Co Copertina a cura di Vittorio Esposito
Immagine di sfondo di: Caspar DavidFriedrich “Viandante sul mare di nebbia”
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controcopertina L’inutile utile di Romolo Paradiso Siamo utili all’utile. Fino a un certo punto. Fin quando produciamo, acquistiamo, consumiamo. Poi, se una delle tre capacità scema, scema anche l’interesse della società nei nostri confronti. Come dire, “favorisco l‘utile, quindi sono”. Lontano parente del cartesiano “cogito ergo sum”, dove l’essere è identificato con la capacità di pensare, che, dell’uomo è caratteristica fondamentale insieme a quella del “sentire”, cioè del vivere un tempo di sentimento e d’amore. Pensare la persona come elemento di utilità economica è ridurla a cosa fungibile, a strumento, a mezzo per il raggiungimento di un fine. Quando il suo fine è quello di dare alla vita una risposta di senso e valore. Dove il senso è l’attuazione dei princìpi che la governano per operare nella ricerca del bene e della crescita interiore e intellettuale, e il valore è il riverbero che tali ricerche e le conseguenti azioni hanno per la Comunità in cui si vive e opera. Di tutto questo l’umanità sembra aver smarrito qualsiasi concezione e interesse. Tanto è presa, catturata, ammaliata dalle logiche invadenti del tecnicismo e del materialismo economico, imbonitori smaliziati di felicità, di benessere, di “progresso”. Tutte cose la cui vacuità si rivela con costante evidenza, non appena l’effetto delle loro azioni si esaurisce. Lasciandoci appesi alla parete della vita senza alcuno elemento né forza in grado di risollevarci verso la meta
Immagine di sfondo di: Caspar David Friedrich “Viandante sul mare di nebbia”
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della tranquillità. Salvo riaggrapparsi ancora a un altro strumento di imbonizione materiale i cui effetti dureranno ugualmente lo spazio di un fiat. La condizione in cui oggi siamo costretti a esprimerci è proprio la precarietà, psicologica e morale, nella quale ci si dibatte invano senza riuscire a vincere le ansie, le fobie, le nevrosi che improvvise arrivano a condizionare i giorni, braccandoci come prede inermi, rassegnate all’immutabilità d’una situazione che è poi un’inevitabile sconfitta. E alla precarietà psicologica e morale si è ora aggiunta anche quella sociale, nel momento in cui viene calpestata la dignità della persona attraverso la provvisorietà del lavoro o della stessa libertà, condizionata da una mancanza di sicurezza, figlia di miopi e irresponsabili azioni politiche nate proprio dall’assenza di princìpi guida e di un conseguente pensiero ponderato. Se non si ha la forza di opporsi alle logiche utilitaristiche, materialistiche e relativistiche attraverso il ritorno ai valori base dell’uomo, quelli che ne elevano lo spessore etico e spirituale ponendolo al di sopra di quanto altro con esso ha a che fare e offrendogli sempre la direzione giusta nell’agire, il domani dell’Occidente e dell’umanità, che in tali gabbie si trova confinata, è destinato a cedere il passo a nuove ed emergenti culture, la cui essenza e i cui riverberi rimarranno racchiusi all’interno di un fitto e misterioso dubbio.
AY P D N MO A A E I V T O R À. O M T P I . V S I T S T E BUSIN UE LA TUA A OVUNQ AS IDE G N I R SH A
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