Integrazione delle reti Ue, questa la sfida Enrico Morando
Ecobonus stimolo per famiglie e imprese
Periodico del GSE Aprile - Giugno 2015
Tariffa Regime Libero - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Roma
Sandro Gozi
Gaetano Maccaferri
Approvvigionamento energetico a condizioni sostenibili Agostino Re Rebaudengo
Mercato rinnovabili, agevolare i metodi di produzione Carlo Andrea Bollino
Nuove tecnologie contro le fonti fossili Pietro Cavanna
Produzione idrocarburi? Si può fare di più Massimiliano Dona
Mercato energetico, una liberalizzazione a metà Laura Olivetti
Verità, giustizia, bellezza e amore. Il cuore di ogni Comunità
SPECIALE SISTEMI DI ACCUMULO
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L’ITALIA VOLA IN EUROPA CON L’EFFICIENZA ENERGETICA Dal 30 novembre all’11 dicembre prossimi si terrà a Parigi l’atteso vertice internazionale sul clima, che getterà le basi per il superamento del Protocollo di Kyoto e per una nuova strategia post 2020 sulla lotta ai gas serra. I leader mondiali concordano sul concentrare gli sforzi verso l’efficienza energetica, considerata una leva fondamentale per abbattere i consumi e gli sprechi, ottimizzando non solo il fabbisogno energetico, ma riducendo anche le emissioni di CO2. L’Italia si sta muovendo nella giusta direzione e i risultati raggiunti dai maggiori sistemi incentivanti concessi, costituiscono un segnale di incoraggiamento. Se guardiamo ad esempio ai Certificati bianchi, rilasciati dal GME previa autorizzazione di Autorità per l’energia e GSE, il volume scambiato nel 2014 è aumentato di 1,5 milioni di certificati, che corrisponde a un incremento di oltre il 22% rispetto all’anno precedente. Dall’inizio del meccanismo sono stati rilasciati in totale 32,3 milioni di Titoli di efficienza energetica. Anche il Conto Termico, strumento studiato in maggior misura per la Pubblica Amministrazione, ha raggiunto numeri considerevoli. A fine 2014 erano stati riconosciuti dal GSE quasi 8.000 progetti, per un ammontare di incentivi pari a 23,4 milioni di euro.
Passi in avanti sono stati compiuti anche con l’istituzione della “Cabina di regia unica” tra i Ministeri dello Sviluppo economico, dell’Ambiente e delle Infrastrutture, che si avvalgono del GSE e dell’Enea per la valutazione dei progetti. Tra i primi obiettivi c’è la rapida attuazione del programma per la riqualificazione energetica degli edifici dell’Amministrazione centrale, previsto dal decreto legislativo 102 del 2004 di recepimento della Direttiva 2012/27/UE. Un programma per il quale il Governo ha stanziato 350 milioni di euro nel periodo 2014-2020. Si tratta di una scelta molto importante, che colloca la Pubblica Amministrazione al centro di un processo di cambiamento che deve essere, prima ancora che economico, culturale. E ad avviarlo deve essere proprio il settore pubblico, affinché s’inneschino una serie di meccanismi che conducano verso gli obiettivi stabiliti dall’Unione Europea al 2030. Ad accompagnare la “Cabina di regia” ci sarà anche il Green Act, provvedimento allo studio del Governo Renzi proprio in vista del vertice di Parigi 2015 ed importante cardine sul quale si basa la strategia italiana avviata con la SEN. Puntando sulla green economy, e in particolare sull’efficienza energetica, il Green Act ha come obiettivo quello di semplificare e mettere in rete gli strumenti esistenti, spingendo verso un migliore coordinamento delle amministrazioni coinvolte. L’Italia ha tutte le carte in regola per giocare un ruolo di rilievo nelle future politiche energetiche europee, certamente in materia di green economy ma soprattutto sull’efficienza energetica, una filiera nella quale il Made in Italy costituisce un’eccellenza a livello mondiale.
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l’Editoriale di Nando Pasquali / Presidente e Ad GSE
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Anno 2015 n. 34 Aprile - Giugno 2015 Direttore Responsabile Romolo Paradiso Redazione e Amministrazione Viale M.llo Pilsudski, 92 00197 Roma Editore GSE Segreteria di redazione e pubblicità Gabriella Busia gabriella.busia@gse.it tel. 06. 80114648 Collaborazione redazionale Mauro De Vincentiis Comitato di redazione Romolo Paradiso Gabriella Busia Livia Catena Claudia Delmirani Maurizio Godart Piergiorgio Liberati Michele Panella Guido Pedroni Luca Speziale Editing Maria Pia Terrosi Progetto grafico Imaginali Impaginazione Pomilio Blumm Realizzazione impianti e stampa Arti grafiche Tilligraf Via del Forte Bravetta, 182 00164 Roma
Foto Fototeca Elementi Fototeca Andrea Amato Hanno collaborato a questo numero Simone Aiello Andrea Amato Roberto Antonini Luca Benedetti Michele Benini Stefano Besseghini Edoardo Borriello Alessandro Buttà Libero Buttaro Stefania Concari Fausto Carioti Mauro De Vincentiis Vittorio Esposito Liliana Fracassi Daniel Giannetti Matteo Giannì Jacopo Giliberto Roberto Laurenti Maurizio Godart Piergiorgio Liberati Alessandro Manara Fabrizio Mariotti (la vignetta di Fama) Gabriele Masini Luca Miraglia Alberto Pela Ilaria Proietti Prometeo - Adnkronos Sallie Sangallo Luca Speziale Gabriele Susanna Maria Pia Terrosi Simone Togni Tommaso Tetro
Si ringraziano per la collaborazione alla realizzazione di Elementi Adn Kronos (Prometeo) Anev Axpo Italia Banca Intesa San Paolo Bartucci S.p.A Centro Documentazione Giornalistica City Life Cobat Enel Energymed iCASCO Hfv Italia Energia IVPC Leitwind Manutencoop Nuovo Trasporto Viaggiatori Punto Com Quale Energia Quotidiano Energia Rinnovabili.it Staffetta Quotidiana Trans Adriatic Pipeline
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Elementi è distribuito presso le principali rappresentanze diplomatiche italiane all’estero.
Direttore Editoriale Fabrizio Tomada
In copertina "Omaggio a Paul Klee", 2014, pannello musivo parietale-mosaico eseguito con metodo indiretto, cm 63x62,5 di Maria Angela Donato Registrazione presso il Tribunale di Roma n.105/2001 del 15.03.2001
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Chiuso in redazione il 24 marzo 2015
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L’ITALIA E IL MERCATO CINESE
LA FORZA DELL’INNOVAZIONE C’è un crescente interesse del mondo industriale italiano verso il mercato cinese. L’atteggiamento è giustificato innanzi tutto dalle levitanti potenzialità economiche e di sviluppo industriale che ha il paese asiatico e dai buoni rapporti politici oggi esistenti tra i due Stati. In questa ottica però, molto c’è ancora da fare per permettere alle nostre imprese di imprimere un’accelerazione ulteriore ai rapporti commerciali con la Cina, soprattutto sul versante dell’innovazione tecnologica. E’ qui che si giocherà la partita più importante, ed è sulla base dell’innovazione che si verificheranno le selezioni di mercato tra i paesi.
Ad oggi il nostro export nazionale verso la Cina, nei comparti a più alto contenuto tecnologico, è equivalente solo ad un terzo di quello tedesco, e si attesta al di sotto del 20% rispetto a quello francese. Un settore dove l’Italia può giocare un ruolo determinante è sicuramente quello legato all’ambiente e all’energia. La trasformazione continua della realtà cinese da agricola a fortemente industrializzata, con aumenti sensibili della sua capacità produttiva, ha comportato e comporta un mutamento delle condizioni di vita della popolazione, tale da favorire investimenti in tecnologie ambientali, in grado di rimediare ai danni prodotti all’eco sistema. E la conseguente necessità di concepire e realizzare un piano energetico capace di far fronte ai continui crescenti consumi di energia. Si tratta di potenziali collaborazioni che l’Italia deve saper prendere al volo, sulle quali giocherà un ruolo fondamentale il nostro Governo che dovrà svolgere la funzione di apri pista a livello politico con le autorità cinesi. Cosa peraltro già avviata. Sull’esempio tedesco, occorrerebbe rafforzare ulteriormente il ruolo delle nostre università, quelle più meritevoli, perché in grado di sfornare tecnici e soprattutto innovazione tecnologica di rilievo, affidando loro il compito di ambasciatrici delle “intelligenze italiane”, favorendo in tal modo oltre allo scambio culturale con i giovani del posto, un interesse per il nostro mercato delle tecnologie. A questo punto per l’Italia potrebbe non essere difficile introdursi come partner tecnologico nel piano di sviluppo delle smart grid, voluto dal governo cinese e il cui valore si aggira attorno ai 400 miliardi di dollari, mettendo in campo la progettazione e la realizzazione delle reti così dette “intelligenti”, versante nel quale non siamo secondi ad alcuno. Oppure, nel settore ambientale, offrire le nostre esperienze per la riduzione dei livelli di Co2 e la gestione dei rifiuti, permettendo alla Cina di tracciare un nuovo e più sostenibile modello di urbanizzazione. La sfida non è di quelle impossibili. Con un pizzico di visione e con una spinta economica e intellettuale a favore della ricerca tecnologica ce la si può fare. Certo, determinanti saranno il contributo e la mutualità di tutti gli attori, Governo e imprese in testa.
Virgolette di Romolo Paradiso
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rubriche
03 l’E l’Editoriale 05 “ Virgolette 08 P° il Punto 78 Mc il Mondo di Corrente 82 En Elementi Normativi 84 Be Bizzarre Energie 93 Bi Biblioteca 94 Mp Fn Mondo Piccolo e Filo di Nota 97 Fo La foto di Andrea Amato 99 E+ Energia, letteratura, umanità 101 Co La copertina 102 Cc Controcopertina Elementi
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primo piano
10 Integrazione delle reti UE, questa è la sfida 12
Intervista a Sandro Gozi
Dialogo con Enrico Morando
Ecobonus, stimolo per famiglie e imprese
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Confronto con Gaetano Maccaferri
Approvvigionamento energetico a condizioni sostenibili
Speciale Sistemi di accumulo
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L’evoluzione passa dall’accumulo energetico
neotecnologie
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Smartainability, il contributo di RSE ad Expo
energia rinnovabile
28 Mercato elettrico, agevolare i metodi di Parla Agostino Re Rebaudengo
produzione
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A tu per tu con Carlo Andrea Bollino
Nuove tecnologie contro le fonti fossili
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La rivoluzione energetica passa dall’eolico Di Simone Togni
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La Green Economy, sinonimo di ripresa economica
38 Quando rinnovabile significa successo mercato energetico
40 Intervista doppia ai servizi AU
Noi…per il consumatore
petrolio
62 Futuro accordo globale, il contributo europeo e la major economies
efficienza energetica
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Il parere di Cesare Boffa
Efficienza energetica? Non perdiamoci in chiacchiere
ambiente ed energia
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Intervista ad Alberto Clô
La bolla del petrolio… ve la spiego io
energia
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Il pensiero di Pietro Cavanna
Ricerca e produzione? Si può fare di più
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Il punto di vista di Piero Gattoni
Biogas, l’integrazione tra aziende agricole e imprese energetiche
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Incontro con Massimiliano Dona
Mercato energetico, una liberalizzazione a metà
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Faccia a faccia con Sergio Castellari
Quota… meno due gradi!
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Sarà rivoluzione energetica?
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Inquinamento atmosferico, ci salveranno le città intelligenti?
energia del pensiero
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Un caffè con Laura Olivetti
Verità, giustizia, bellezza e amore. Il cuore di ogni comunità.
Biometano, flessibile ed efficiente
clima ed energia
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Colloquio con Mannino Bordet
Piccoli emettitori, così ci si conforma agli obblighi di compensazioni
Sommario
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Mercato libero e greggio, cosa succede? Per alcune settimane l’argomento più discusso dalle associazioni dei consumatori riguardava il progetto di portare tutti i consumatori nel mercato libero, facendo scomparire il segmento di maggior tutela, erede del “mercato vincolato” nel riassetto di mercato avviato 16 anni fa. L’abbandono del segmento protetto, regolato dalle tariffe dell’Autorità dell’energia e dell’acqua, sarebbe dovuto accadere in estate. Poi è stato spostato di tre anni in avanti. Contro il progetto di far uscire famiglie, negozi e uffici dalla tutela si sono mobilitate le associazioni dei consumatori.
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Hanno affermato che chi si trova nel segmento protetto ha tariffe più basse rispetto a chi ha scelto (oppure è stato indotto a scegliere) il mercato libero. L’istituzione dell’Acquirente Unico nasceva proprio dall’intento di proteggere i consumatori dalle incertezze del mercato aperto che, 16 anni fa, era una vera sorpresa per tutti. Il mercato libero in altri settori simili – per esempio, nei telefonini – ha abituato a cambiare fornitore e a scegliere piani tariffari. Nell’elettricità e nel gas milioni di contratti sono liberi, a volte in modo inconsapevole come sanno le migliaia di persone bersagliate ogni giorno dalle telefonate di compagnie energetiche con proposte insistenti. Tuttavia solo un 16,1% dei consumatori, rileva una ricerca commissionata l’anno scorso dall’Acquirente Unico, sceglie il cambiamento. E la scelta che porta verso il mercato libero, a parte rari ma non rarissimi casi di contratti fatti in modo inconsapevole, deriva in modo marginale dal fattore prezzo. La tariffa, ritenuta più o meno conveniente secondo il punto di vista di gran parte dei consumatori che hanno scelto il cosiddetto switch, non sembrerebbe determinante. La vera spinta sta probabilmente nella propensione individuale al nuovo. Per gli altri, e sono i più, non c’è ancora troppa fiducia nel mercato libero. Si temono sgradevoli contraccolpi di prezzo, o situazioni non chiare nei contratti. Forse è per questo che il segmento tutelato piace. Soprattutto in questi mesi di ribasso, chi ha stipulato forniture a prezzo fisso sul mercato libero s’arrabbia: mentre il greggio scende, mentre la Borsa elettrica ribassa i listini, mentre al distributore di benzina il rifornimento costa un po’ meno, il consumatore a tariffa bloccata non vede alcun beneficio. Volendo fare un confronto con il mondo dei derivati, ha acquistato un future sbagliato. Il ribasso del greggio sta avendo effetti importanti sul grande mercato dell’energia, e non solamente su quello. Per chi vede rincarare il prezzo (o non lo vede ribassare quando potrebbe) il costo dell’energia è insopportabile. Ma tranne che per poche attività industriali in cui l’energia è un ingrediente della produzione (come per la fusione dei metalli o del vetro), per gran parte dell’economia il peso economico dell’energia è contenuto, in alcuni casi assolutamente marginale rispetto ad altre voci di costo. La conseguenza più evidente del ribasso del petrolio è nella riduzione della spesa energetica. Non è solamente una questione di abbassamento dei costi dei trasporti, anche se questo è il fenomeno di percezione immediata. Meno evidente ma assai diretto è l’effetto sui costi dei voli aerei: non tutti sanno che la prima voce di costo dei voli è il cherosene, che viene pagato direttamente in aeroporto prima del decollo dal comandante dell’aereo con la carta di credito aziendale della compagnia nello stesso modo in cui noi paghiamo il benzinaio. L’energia però è assai più pervasiva di quanto appaia al cittadino medio. La discesa delle quotazioni del petrolio ha effetti su tutti i settori della vita economica e sui bilanci delle famiglie. È sufficiente l’esempio dei prodotti ortofrutticoli, sui quali il petrolio incide non solamente sul costo del camion che porta cipolle e mandarini ai centri di distribuzione ma anche sul riscaldamento delle serre, sul costo dei teloni di plastica per la copertura e la
pacciamatura, sui fertilizzanti (sono anch’essi di derivazione petrolifera), sulla bolletta della catena del freddo fino al supermercato e al congelatore domestico. Il petrolio poi incide sulle quotazioni del metano, aumentando il divario fra le forniture di lungo periodo contrattate con i take-or-pay (con negoziazioni poco flessibili) e le partite contrattate sui mercati spot (che hanno visto listini decisamente bassi). Chi ha accordi d’importazione vincolati si sente spesso in difficoltà perché il mercato è “lungo”, spesso c’è abbondanza di metano a prezzi convenienti, e le crisi ricorrenti dei grandi fornitori (come i terribili e sanguinosi scontri fra Russia e Ucraina o come le lotte in Africa Settentrionale e nel Vicino Oriente) hanno fatto sperare gli importatori in “cause di forza maggiore” che sospendessero alcuni dei contratti a lungo termine più rigidi. Un’altra conseguenza del petrolio a prezzo contenuto è nei progetti di sviluppo delle fonti rinnovabili d’energia. Le politiche per promuovere il ricorso a fonti più pulite e la giusta aspirazione verso una conversione tecnologica che porti a ridurre il ricorso ai combustibili convenzionali si scontrano con la concorrenza temibile di un’energia sporca sì, ma diventata assai più competitiva. Oggi nemmeno incentivi da satrapi convincerebbero molti investitori a condurre investimenti in centrali a fonti rinnovabili che qualche anno fa sarebbero stati decisi senza nemmeno pensare. I progetti vengono esaminati con molta più cura non solamente per gli incentivi meno appetitosi, ma soprattutto per il minor valore del chilowattora.
P° il Punto di Jacopo Giliberto
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Integrazione delle reti Ue, questa la sfida INTERVISTA A SANDRO GOZI Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri di Roberto Antonini “Bisogna costruire un’Unione europea dell’energia” poiché “non è possibile avere 28 politiche energetiche in Europa, sebbene sia giusto che ogni paese abbia la propria politica di diversificazione energetica. Ma occorre avere delle regole comuni al fine di avere delle politiche, in particolare per il prezzo del carbone, che possano essere particolarmente efficaci per centrare gli obiettivi”. Così, in occasione dell’incontro semestrale con la stampa all’Eliseo, lo scorso febbraio, il Presidente francese François Hollande. Parigi, infatti, come è noto, ospiterà a dicembre la Cop21, appuntamento decisivo per le sorti delle negoziazioni climatiche post Kyoto. Per quanto riguarda i negoziati di Parigi Hollande è fiducioso: "Dobbiamo farcela, si tratta del futuro del Pianeta". Per avere una visione più di dettaglio e da un punto di vista Sandro Gozi
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nazionale, ’Elementi’ ha deciso di parlare con Sandro Gozi, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con delega agli Affari Europei. Un’Europa, quella che descrive Gozi, che “ha dato prova di concretezza e pragmatismo”, spiega a ’Elementi’, di impegno per dotarsi di “una posizione ambiziosa” che se è stata raggiunta “è anche merito della Presidenza Italiana” dell’ultimo semestre europeo. Sullo sfondo del disegno energetico dell’Ue, però, ricorda il Sottosegretario, resta “l’integrazione delle reti”, che rappresenta “una delle più importanti sfide che abbiamo di fronte”, sia nella prospettiva delle politiche climatiche che di quelle energetiche e di mercato, quota parte di tante inefficienze del sistema energetico italiano ed europeo. Misure di mercato e industriali, però, che continuino a ritenere “il criterio dell’eco-sostenibilità ambientale” tra quelli “determinanti”, come accade nel caso dell’assegnazione dei fondi ai progetti del piano di investimenti lanciato da Jean-Claude Juncker. Questo perché “investire e creare occupazione sarà più facile nell’ambito della green economy”, quindi puntare ad esempio sui green jobs “è davvero fondamentale”, segnala Gozi. Ma ecco le sue parole nel dialogo con ’Elementi’. E: Dovremo arrivare pronti, come Ue, in vista della Conferenza di Parigi dell’anno prossimo: a che punto siamo? L’Ue potrà e saprà mantenere la propria leadership climatica nel mondo? E l’Italia come è messa? SG: L’Europa ha dato prova di concretezza e pragmatismo nel momento in cui è riuscita a trovare un accordo sulle questioni climatiche. Non era scontato, e non è stato facile poiché c’erano diverse resistenze, ma credo che il risultato raggiunto al Consiglio Europeo di ottobre sia più che positivo. La Ue si presenterà ai negoziati di Parigi con una posizione ambiziosa: se ci siamo arrivati è anche merito della Presidenza Italiana che nel corso del semestre appena concluso ha dimostrato grande convinzione nell’affrontare il tema come prioritario. E: L’Italia nell’Ue rappresenta un caso di successo per la crescita - anche troppo arrembante nel caso del fotovoltaico delle rinnovabili. Una soluzione ai nostri ’problemi di crescita’ potrebbe essere una maggiore integrazione a livello europeo delle reti, anche nell’ottica della Energiewende tedesca tanto per fare un esempio, fornendo elettricità verde mentre i
tedeschi escono dal carbone e dal nucleare: la vede possibile? Come cresce l’integrazione europea delle reti? SG: Credo che l’integrazione delle reti sia una delle più importanti sfide che abbiamo di fronte. La ragione è semplice quanto fondamentale: aumentando le interconnessioni a livello europeo, avremo molte più possibilità di essere immuni da eventuali ripercussioni esterne. Questo non significa, naturalmente, ambire ad una totale indipendenza energetica, più realisticamente vuol dire avere la sicurezza che qualsiasi evento di qualsiasi natura possa accadere nei teatri regionali a contatto con l’Unione Europea, non produrrà conseguenze gravi da un punto di vista del reperimento delle risorse. E: Nel semestre di presidenza europea l’Italia ha premuto molto sull’accoppiata ’green economy – occupazione’: chi è ’del settore’ è convinto di questo assioma, ma siete riusciti a convincere i nostri partner europei? SG: Un esempio vale molto più di tante parole: il criterio dell’eco-sostenibilità ambientale è tra quelli determinanti per l’assegnazione dei fondi ai progetti del piano di investimenti lanciato da Jean-Claude Juncker. Significa che investire e creare occupazione sarà più facile nell’ambito della green economy. Insistere sui green jobs è davvero fondamentale: la lezione americana, da questo punto di vista, ci insegna che la Presidenza Obama ha raggiunto alcuni dei suoi migliori risultati proprio lavorando con convinzione sulla creazione di un’economia verde. E: Il nostro Paese, sul fronte delle rinnovabili, è stato sinora molto ’attraente’ per gli investitori stranieri, anche in virtù di incentivi piuttosto generosi. Il necessario intervento sui conti pubblici ha creato però malumori per l’instabilità normativa. Possiamo rassicurare chi voglia investire nel nostro Paese in energia pulita? SG: Crediamo nelle rinnovabili e crediamo nella necessità di attirare investimenti che possano portare occupazione e crescita economica. Naturalmente, questa volontà deve bilanciarsi con l’esigenza di tenere i conti a posto. Il nostro Paese deve essere credibile sotto ogni aspetto. Ma, fatta salva questa condizione, siamo assolutamente convinti dell’importanza del settore delle rinnovabili.
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Ecobonus, stimolo per famiglie e imprese DIALOGO CON ENRICO MORANDO Viceministro dell'Economia e delle Finanze Enrico Morando, sottosegretario all’Economia, è il “padre” dell’Ecobonus. In questa intervista spiega perché è inutile e anzi dannoso rendere permanenti le detrazioni. E affronta una serie di altri temi, dalla presenza dello Stato nei “campioni energetici” al nodo delle utility locali, dalla Carbon Tax (europea) al calo dei prezzi petroliferi.
di Gabriele Masini Enrico Morando
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E: Si susseguono voci sulla cessione di quote di Eni ed Enel e delle altre società “pubbliche”. Ha ancora un senso la presenza dello Stato in queste società, dividendi a parte? EM: La presenza dello Stato nel capitale di queste società è utile sotto il profilo della valorizzazione del patrimonio pubblico che si è costruito negli anni. Ma non è detto che al fine della piena valorizzazione occorra mantenere il livello di presenza che c’è oggi. Per questo devono essere
prese in considerazione ipotesi di ulteriore collocazione sul mercato di quote di queste società. Il governo lo sta facendo nel quadro di un disegno di privatizzazioni che abbiamo rilanciato con il Def: abbiamo ipotizzato che di qui al 2018 si realizzino introiti da privatizzazioni per lo 0,7% del Pil ogni anno, in modo da avere un concorso alla riduzione del volume globale del debito. Quanto al valore industriale, la presenza dello Stato nei settori in cui operano Eni ed Enel non è certo una
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particolarità italiana nel quadro delle società industriali avanzate d’Europa, anzi. Se storicamente si è determinata questa presenza, non c’è ragione di rimetterla in discussione, naturalmente accompagnandola con operazioni di riequilibrio. Non occorre avere una presenza dello Stato così forte per garantire la collettività sugli orientamenti strategici nella gestione di queste società che riguardano l’interesse nazionale. E: A questo proposito, molte sono state le polemiche sull’ingresso dei cinesi di State Grid in Cdp Reti e, quindi, in Terna e Snam... EM: Per combattere la recessione dobbiamo prima di tutto attirare maggiori capitali dall’estero, smettendo di gridare a non so quale lesa maestà ogni volta che qualcuno prova a portare un po’ di capitali in Italia. L’economia globale funziona così: come la Fiat prende Chrysler, è possibile che qualcuno prenda o pensi di investire in un’azienda importante italiana. I capitali esteri, quando sono in quantità e qualità adeguata, sono una delle condizioni fondamentali per favorire la crescita. E da noi non ci sono né quantità e né qualità adeguate. Per questo ci vogliono riforme strutturali: giustizia, capacità di garantire i diritti economici fondamentali, funzionamento della pubblica amministrazione e stabilità della regolazione. Non si possono cambiare continuamente le regole perché questo allontana gli investitori internazionali e li induce ad andare, non in Romania o in Turchia dove il costo del lavoro è più basso, ma in Germania e Francia. E: Il governo Renzi si è posto l’obiettivo di ridurre le società partecipate dagli enti locali da 8.000 a 1.000. Il disegno di legge sulla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche contiene un nuovo intervento in questo senso, dopo la legge di Stabilità e lo Sblocca Italia. Sarà la volta buona? EM: Credo di sì, anche se c’è bisogno di una politica concertata tra governo centrale e parlamento da un lato, e sistema delle autonomie locali dall’altro. Faccio notare a tutti quelli che chiedono interventi di autorità che ci sarebbe di mezzo un particolare chiamato Costituzione della Repubblica. Io sono convinto però che sia venuto il tempo di chiudere il cantiere delle riforme perché si continuano a fare interventi che rimangono sulla carta. Per prima cosa occorre distinguere tra partecipate. Tra quelle 7-8.000 aziende, qualche centinaio è in grado di operare sul mercato. Hanno, certo, bisogno di conoscere processi di modernizzazione, ristrutturazione e, in particolare nel settore idrico, di investimenti. Bisogna incrementare le fusioni, le incorporazioni e le acquisizioni con gli incentivi e la regolazione. Poi c’è una marea di partecipate che sono state create, specie negli ultimi 15 anni, con l’obiettivo di aggirare il patto di stabilità interno. Qui bisogna disboscare, ma l’unico modo per farlo è superare il patto di stabilità interno. E: Come? EM: Local tax, pareggio di bilancio obbligatorio, sanzione immediata in caso di violazione della regola del pareggio,
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ma per il resto autonomia piena. Ogni anno rimangono inutilizzate quote di risorse pubbliche che avrebbero potuto essere spese in conto capitale e che non lo sono a causa del carattere “stupido” del patto di stabilità interno. Una volta fatta questa operazione, poi ci vuole l’accetta della regolazione, con premi e penalizzazioni. E: Ecobonus. È possibile rendere permanenti le detrazioni per gli interventi di efficienza? EM: Sta parlando con il senatore che da relatore alla Finanziaria del 1998, introdusse la detrazione per le ristrutturazioni edilizie. È stato l’incentivo alla crescita più forte che abbiamo utilizzato in questi ultimi anni. Funziona, e deve continuare a funzionare. Quanto al fatto di renderlo permanente, ho un’obiezione, soprattutto ora che lo abbiamo reso così potente alzando sia la percentuale di detrazione, sia il massimo di investimento detraibile. Abbiamo interesse a che un incentivo con questa intensità sia tale da indurre le famiglie e le imprese a fare adesso ciò che altrimenti farebbero in un lasso più lungo di tempo. Quindi io difendo la scelta di concentrarlo nel tempo. Sono invece d’accordo a decidere che duri per un orizzonte più lungo di quello annuale, diciamo tre anni, per gli investimenti che riguardano realtà edilizie che non sono di proprietà di un’unica famiglia, come condomini o palazzi dove ci sono diversi proprietari. Lì è necessario allungare il periodo. E: Il calo del prezzo del petrolio può essere un elemento di stimolo dell’economia. Quanto può valere per l’Italia? EM: Abbiamo a lungo auspicato il calo del prezzo del petrolio e siamo contenti che si sia determinato. Deriva da elementi strutturali che riguardano il mercato globale. È prevedibile che i prezzi tenderanno almeno per un po’ a stabilizzarsi verso il basso. Noi calcoliamo che questo possa determinare un potenziale aumento del Pil dello 0,3-0,4%. E: In molti, soprattutto dal fronte ambientalista, hanno chiesto di approfittare dei prezzi bassi per introdurre una Carbon Tax. La delega fiscale ne prevedeva l’introduzione, ma solo in caso di un analogo intervento al livello europeo. Cosa ne pensa? EM: Questo ragionamento ha un senso se condotto alla dimensione europea. Dobbiamo fare un salto di qualità. Oggi c’è un contesto di maggiore coordinamento delle politiche economiche, si può immaginare un’imposizione di tipo europeo in funzione di nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni. Tutto ciò con la delega fiscale non c’entra nulla. E: Qualcuno ha anche espresso il timore che il governo approfitti dei ribassi dei prezzi dei carburanti per aumentare le accise... EM: Nessuno nel governo pensa di alzare ulteriormente una pressione fiscale che su questo prodotto è molto elevata. A meno che questa ipotesi non avanzi in una dimensione globale ed europea, come dicevamo prima sulla Carbon Tax.
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primo piano Approvvigionamento
Energia a condizioni sostenibili CONFRONTO CON GAETANO MACCAFERRI Vicepresidente di Confindustria di Fausto Carioti
Gaetano Maccaferri
Dopo il varo del pacchetto europeo clima-energia, Gaetano Maccaferri, vicepresidente di Confindustria con delega per la Semplificazione e l’Ambiente, vede profilarsi tanti rischi e tante opportunità.“La crescita sostenibile - avverte - dovrà costituire la priorità principale delle future linee di sviluppo del sistema energetico italiano. Occorrerà tuttavia una strategia in grado di non penalizzare la vocazione manifatturiera del nostro Paese e quindi capace di garantire l’approvvigionamento energetico a condizioni efficienti”. E: Quali sono le principali criticità dell’attuale situazione? GM: Come noto il prezzo dell’elettricità sulla Borsa italiana è strutturalmente superiore al resto dei principali Paesi europei e anche il prezzo pagato dagli utenti industriali per l’energia elettrica risulta
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GM: Dipenderà dalla possibilità per ogni Stato membro di adottare le politiche di promozione delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica agendo prioritariamente sulle tecnologie più efficienti per l’abbattimento delle emissioni, così come previsto dalla nostra Strategia energetica nazionale. L’Italia, in particolare, è uno dei Paesi con il maggiore sviluppo di efficienza energetica. Se confrontato con l’Europa, il nostro Paese primeggia, con circa –19% di intensità di energia primaria rispetto alla media UE. E: Toccherà all’industria sopportare l’impatto dell’adeguamento ai nuovi target? GM: Gli usi industriali rappresentano il 26% dei consumi e nel 2012 avevano già riportato una riduzione superiore a 20.000 GWh/anno, target di efficienza per il settore. Insomma, fin dal principio l’industria italiana ha preso molto seriamente il rispetto dei temi ambientali e questo le ha consentito di raggiungere livelli elevatissimi di efficienza, come si vede anche dalle previsioni di risparmio al 2016 sviluppate dall’ENEA. Proprio per questo, credo che sarebbe opportuno valutare la riduzione complessiva delle emissioni coinvolgendo maggiormente negli sforzi altri settori quali il terziario, il residenziale e i trasporti, per i quali esistono importanti margini di miglioramento. E: Comunque serviranno investimenti. I soldi ci sono?
maggiore della media europea. Questo differenziale è dovuto al mix energetico italiano, fortemente dipendente dal gas naturale, al quale vanno aggiunti gli effetti di una politica di incentivazione della produzione da fonte rinnovabile elettrica. Inoltre la nostra dipendenza energetica, pari ormai a oltre l’80% per quanto riguarda i combustibili fossili, secondo le valutazioni dell’Agenzia Internazionale per l’Energia è destinata a salire in assenza di provvedimenti adeguati, raggiungendo percentuali ancora maggiori nel 2035, quando per i combustibili fossili è prevista una dipendenza dall’estero pressoché totale. E: Come evitare tutto questo? GM: Deve essere predisposta una strategia di sviluppo che sappia coniugare l’implementazione delle nuove tecnologie con adeguate politiche industriali, affinché la green economy divenga un effettivo volano di crescita industriale per il manifatturiero italiano. Per raggiungere questo obiettivo è necessario pervenire ad un quadro regolamentare stabile nel tempo e determinato negli obiettivi a lungo termine. Solo in questo modo potremmo dare alla leadership tecnologica italiana – presente in molti settori dell’efficienza energetica - prospettive di sviluppo su scala internazionale. E: Il pacchetto “clima-energia” sottoscritto a ottobre dal governo in sede europea prevede la riduzione delle emissioni di CO2 del 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1999. Lo ritiene un obiettivo condivisibile e raggiungibile?
GM: Questi obiettivi comportano notevoli investimenti pubblici e privati ed è quindi necessario raccordare la politica di sostenibilità con il programma di investimento comunitario da oltre 300 miliardi di euro previsto da Junker. A livello microeconomico, al fine di agevolare gli investimenti green, bisogna poi sviluppare adeguati strumenti finanziari garantiti per le imprese. E: Come evitare che le aziende energivore italiane perdano ulteriore competitività a causa dell’adozione di questi vincoli? GM: È necessario un approccio realistico a livello europeo. Occorre identificare un percorso per il raggiungimento dei nuovi obiettivi accompagnato da misure di tutela delle industrie europee, in modo da evitare effetti di spiazzamento rispetto alle produzioni extra-UE, per le quali le misure di lotta ai cambiamenti climatici sono estremamente esigue. In concreto, ad esempio, riteniamo che i nuovi obiettivi di riduzioni delle emissioni al 2030 debbano prevedere anche nel periodo 2020-2030 le misure di Carbon Leakage per i settori più esposti alla concorrenza internazionale. E: Esiste un problema di tutela della concorrenza tra Stati europei. GM: Per questo occorre un quadro di regole comune per quanto riguarda i costi indiretti del meccanismo ETS, ovvero i costi derivanti dal maggior onere per il settore elettrico. Paesi come Germania, Francia e Spagna hanno adottato opportune riserve dai proventi d’asta per la copertura di questi maggiori oneri; l’Italia non ha ancora fatto nulla. Trattandosi di un meccanismo europeo, riteniamo che il problema debba avere una soluzione omogenea a livello comunitario, evitando così di alterare la concorrenza tra Paesi europei.
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Speciale Sistemi di accumulo
Sistema elettrico
L’evoluzione passa
di L. Benedetti, M. Benini, M. Giannì, D. Giannetti, L. Miraglia
Il sistema elettrico italiano è molto mutato negli ultimi anni e stupisce la velocità con cui tali trasformazioni sono avvenute, spinte dal calo dei consumi e dalla crescita della produzione rinnovabile, giunta al 40% della produzione nazionale. L’elemento chiave per il futuro sembra essere la flessibilità. Nella domanda di energia ma anche nell’offerta, nelle regole e nei tempi di partecipazione ai mercati elettrici e nelle modalità per garantire la gestione in sicurezza del sistema. In questo contesto, i sistemi di accumulo potrebbero avere le carte in regola per giocare un ruolo di rilievo nell’evoluzione del sistema elettrico. Sono, infatti, sistemi versatili e modulabili, installabili facilmente pressoché ovunque, con elevate prestazioni tecniche e in grado di assolvere contemporaneamente a più funzioni. Sebbene gli elevati costi attuali e le regole di sistema ne limitino oggi la convenienza economica ad alcune nicchie di mercato, le loro caratteristiche e l’elevato interesse a
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livello mondiale porteranno a una discesa dei costi e a una evoluzione regolatoria che potrebbero aprire interessanti spazi per la loro diffusione.
Sistemi di accumulo: tecnologie e diffusione Esistono svariate forme di accumulo energetico: meccanico (volani o sistemi ad aria compressa), potenziale (pompaggio idroelettrico), elettrochimico (batterie), elettrostatico (condensatori e supercondensatori), elettromagnetico (bobine in materiale superconduttore). Le diverse tecnologie si prestano ad applicazioni differenti a seconda del livello di potenza e autonomia richieste e in funzione del tempo di
dall’ACCUMULO
ENERGETICO
risposta (capacità di variare rapidamente la potenza erogata). I supercondensatori e i volani, in grado di erogare grandi potenze per una breve durata (compresa tra qualche secondo e pochi minuti), si prestano ad applicazioni “in potenza”, quali la regolazione della tensione e della frequenza delle reti elettriche. Gli impianti di pompaggio idraulico, i sistemi ad aria compressa e alcune tipologie di accumulatori elettrochimici sono invece in grado di fornire potenza con un’autonomia di ore e si prestano per applicazioni “in energia” quali il peak shaving e il time-shift. Mentre i sistemi a pompaggio idraulico e ad aria compressa, capaci di grande autonomia ed elevata potenza di scarica, ben si applicano alla rete di trasmissione, le batterie, grazie alla loro modularità, possono essere integrate nelle reti di distribuzione, negli impianti produttivi e nelle utenze finali. In merito agli accumulatori elettrochimici si stima ad oggi
una capacità installata nel mondo di circa 800 MW, di cui circa il 50% è costituita da batterie sodio/zolfo, il 30% da batterie al litio, il 10% da batterie avanzate al piombo, il 6% da batterie a flusso di elettrolita e il 4% da batterie al nickel cadmio. Le batterie sodio/zolfo e quelle a flusso di elettrolita sono le tecnologie principali per applicazioni di lunga durata (diverse ore); nel caso di applicazioni di durata più breve (fino a un paio d’ore) risultano più adeguate le batterie al litio, mentre le batterie sodio/cloruro di nichel hanno un livello di durata intermedio. Le tipologie di batterie che mostrano le migliori prospettive di sviluppo sono gli accumulatori al sodio/cloruro di nichel, a flusso di elettrolita e agli ioni di litio. Quest’ultima è la tecnologia su cui si sono focalizzate le maggiori attenzioni da parte dei principali paesi attivi nello sviluppo dei sistemi di accumulo, come Stati Uniti, Cina, Giappone e gli stati europei.
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Speciale Sistemi di accumulo
Diffusione tecnologica e geografica dell’accumulo elettrochimico al 2014
Costo del kWh accumulato delle diverse tecnologie per applicazioni di breve, media e lunga durata
Applicazioni dell’accumulo nel sistema elettrico I sistemi di accumulo si prestano a numerose applicazioni che interessano varie fasi della filiera e diversi operatori. Nella fase di generazione, la capacità di accumulo delle batterie può essere sfruttata per ridurre gli sbilanciamenti dell’energia e i relativi oneri rispetto al programma di produzione (assorbire l’energia in eccesso in caso di
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sbilanciamenti positivi e compensare l’energia in difetto in I problemi relativi alla qualità della fornitura e alla sicurezza caso di sbilanciamenti negativi). Altra possibile applicazione è del servizio elettrico hanno assunto una crescente importanza il time shift dell’energia, ovvero la modulazione dei profili di a seguito dell’impatto che fenomeni legati a squilibri repentini produzione in funzione delle condizioni di mercato. di tensione e presenza di armoniche potrebbero causare alle Sempre nella fase di generazione, ma anche a livello di utenze. In tal senso i sistemi di accumulo possono ridurre sistema, gli accumuli possono essere impiegati per i servizi di l’impatto in rete di eventuali carichi disturbanti, offrendo regolazione di frequenza primaria, secondaria e terziaria in anche una preziosa risorsa per gestire i sempre più frequenti sostituzione o in ausilio degli impianti di generazione convenzionali. In caso Diffusione tecnologica e geografica dell’accumulo elettrochimico al 2014 di utilizzo accoppiato con impianti convenzionali, gli accumuli possono consentire un’ottimizzazione della gestione degli impianti aumentando le ore di funzionamento a pieno carico (sfruttando anche la banda ad oggi utilizzata per la regolazione di frequenza). Nell’utilizzo accoppiato con impianti FER, oltre a ridurre gli sbilanciamenti, la diffusione degli accumuli potrebbe anche incrementare la disponibilità di riserva di potenza necessaria per la sicurezza del sistema. Per quanto riguarda il trasporto e la distribuzione, gli accumuli potrebbero far fronte a una serie di criticità connesse ai picchi di produzione e di consumo e alle conseguenti congestioni di rete. In alcuni casi il gestore di rete potrebbe valutare di ricorrere all’installazione di questi sistemi posticipando altri eventuali investimenti infrastrutturali.
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Speciale Sistemi di accumulo
flussi inversi di energia in risalita dalle reti di distribuzione a quelle di trasmissione e, in caso di black-out, per avviare la procedura di riaccensione di porzioni della rete elettrica. Il supporto di tensione, data l’impossibilità di trasmettere potenza reattiva su lunghe distanze, è un ulteriore servizio che potrebbe essere svolto da un’applicazione distribuita dei sistemi di accumulo. Per quanto riguarda gli impatti sul mercato elettrico, la diffusione degli accumuli, limitando le congestioni di rete, potrebbe favorire una riduzione dello spread tra le diverse zone di mercato. Sul cliente finale è possibile immaginare un impiego dei sistemi di accumulo volto a massimizzare gli autoconsumi di energia. Nel caso di autoproduttori, infatti, gli accumuli consentono di affrontare il problema legato alla non contemporaneità tra produzione e consumi, minimizzando i prelievi dalla rete, tipicamente più onerosi rispetto alla valorizzazione del surplus di produzione immesso in rete.
Regolazione e incentivazione dell’accumulo in Italia e all’estero È arrivata il 20 novembre 2014 l’attesa delibera dell’AEEGSI sull'integrazione dei sistemi di accumulo nel sistema elettrico (574/2014/R/EEL, seguita dalla 642/2014/R/EEL). Concettualmente, i sistemi di accumulo sono considerati come impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti non rinnovabili. Possono essere indipendenti, oppure accoppiati con altri gruppi di generazione, rinnovabili o meno. Si distingue tra sistemi di accumulo monodirezionali
e bidirezionali a seconda che possano assorbire energia solo dall’impianto di produzione oppure anche dalla rete, e tra sistemi di accumulo lato produzione, installati tra l’impianto di produzione e il misuratore dell’energia prodotta, e postproduzione, installati tra il misuratore dell’energia prodotta e quello dell’energia immessa. In merito all’energia prelevata dalla rete e destinata ad alimentare esclusivamente i sistemi di accumulo, l’AEEGSI ritiene opportuno applicare, per equità di trattamento, le agevolazioni previste per i prelievi degli impianti di pompaggio: non sono dovuti i corrispettivi per i servizi di trasmissione e di distribuzione, né sono applicati gli oneri generali di sistema. Un tema di rilievo affrontato dall’AEEGSI, che delinea la compatibilità con i meccanismi di incentivazione vigenti, è quello delle misure dell’energia prelevata e immessa in rete da un sistema di accumulo, il cui servizio dovrà essere erogato secondo quanto previsto dal TIME (Testo integrato per l'erogazione del servizio di misura dell'energia elettrica). Per gli impianti a Certificati Verdi, Conto Energia fotovoltaico (eccetto il I conto) o termodinamico, la misura dell’energia elettrica assorbita e rilasciata dai sistemi di accumulo si rende necessaria solo nel caso di sistemi di accumulo lato produzione, mentre lo è sempre nel caso di impianti che accedono alle Tariffe Onnicomprensive. Non è invece necessaria per coloro che usufruiscono dello Scambio sul Posto o del Ritiro Dedicato, salvo si benefici dei prezzi minimi garantiti. Sul fronte degli incentivi può essere citata, nel caso del fotovoltaico domestico, la possibilità di beneficiare della detrazione fiscale del 50% anche sul sistema di accumulo, inteso come una componente dell'impianto fotovoltaico. Con il supporto pubblico sono stati anche avviati i progetti pilota di Terna, sia di tipo energy intensive (34,8 MW di batterie sodio/zolfo ad un costo di circa 100 € mln, da installare nel sud Italia per ridurre i tagli alla produzione eolica in caso di congestioni di rete) che di tipo power intensive (16 MW di batterie a ioni litio e sodio/cloruro di nichel da installare in Sicilia e Sardegna per fronteggiare situazioni di criticità per la sicurezza di esercizio dei sistemi elettrici delle due isole). Nel panorama internazionale, alcuni paesi, tra cui California, Germania e Giappone, hanno optato per un supporto diretto alla diffusione dell’accumulo, sia pure con approcci diversi. La California incentiva l’installazione dei sistemi di accumulo da parte delle utility elettriche (1,325 GW di capacità di stoccaggio entro il 2020), favorendo dunque un accumulo installato in rete ed integrato nei relativi sistemi di controllo. La Germania favorisce l’accumulo distribuito accoppiato a impianti fotovoltaici di piccole dimensioni (non superiori ai 30 kWp) mediante un contributo che copre fino al 30% del costo complessivo del sistema di accumulo: un programma per cui sono stati stanziati 50 milioni di euro nel 2014. Il Giappone non impone vincoli di accoppiamento, ma prevede un limite massimo dell’incentivo erogabile per il singolo sistema di accumulo (al litio), differenziato tra privati e imprese: il finanziamento del programma ammonta a circa 70 milioni di euro. segue a pagina 24
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Speciale Sistemi di accumulo
Prospettive di diffusione dei sistemi di accumulo Le prospettive di diffusione dei sistemi di accumulo dipendono dalla domanda dei servizi a cui tali sistemi possono essere dedicati e dalla competitività economica con cui essi possono soddisfare tale domanda. La domanda dei servizi che possono essere soddisfatti dai sistemi di accumulo è peraltro fortemente condizionata dal quadro regolatorio. Ad esempio, si pensi alla possibilità di utilizzare un sistema di accumulo accoppiato a un impianto fotovoltaico allo scopo di incrementare gli autoconsumi, accumulando l’energia in eccesso nelle ore in cui la produzione supera il consumo per poi utilizzarla nelle ore in cui è il consumo a prevalere, evitando così di comprare energia dalla rete a prezzi significativamente più elevati del prezzo a cui l’energia in eccesso potrebbe essere venduta. Un sistema di accumulo potrebbe svolgere tale servizio, tuttavia, per gli impianti che accedono allo Scambio sul Posto è la rete stessa a fungere da accumulo virtuale, per cui, dal punto di vista economico, l’investimento non troverebbe giustificazione. Un altro esempio è costituito dal possibile accoppiamento di un sistema di accumulo a un impianto a fonti rinnovabili per gestirne gli sbilanciamenti. La delibera 522/2014/R/ EEL dell’AEEGSI prevede che l’operatore dell’impianto rinnovabile possa optare per l’applicazione dei corrispettivi di sbilanciamento attualmente vigenti per le unità di produzione non abilitate al mercato dei servizi di dispacciamento. In questo caso tuttavia l’utilizzo di un sistema di accumulo non sarebbe conveniente poiché comporterebbe una riduzione dei ricavi (a causa dell’energia dissipata dal sistema di accumulo e dunque non valorizzata) più penalizzante rispetto alla riduzione degli esborsi per l’energia sbilanciata. Nel caso invece dei corrispettivi di sbilanciamento attualmente vigenti per le unità di produzione abilitate, la riduzione degli sbilanciamenti
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conseguita dai sistemi di accumulo sarebbe più vantaggiosa, ma comunque ancora lontana dalla sostenibilità economica a causa degli elevati costi di investimento dell’accumulo. Il quadro regolatorio potrebbe aprire nuovi spazi di mercato per i sistemi di accumulo: si pensi ad esempio all’abilitazione alla fornitura di servizi di dispacciamento da parte delle unità di produzione a fonti rinnovabili non programmabili, prefigurata dall’AEEGSI (vedi il Documento per la Consultazione n.557/2013/R/EEL). In tale contesto, l’utilizzo dell’accumulo potrebbe rendere più interessante la partecipazione delle rinnovabili non programmabili all’offerta di servizi in quanto risulterebbe possibile erogare tali servizi senza limitare lo sfruttamento della fonte primaria e garantendo tempi di risposta più rapidi rispetto agli impianti convenzionali. Pur in presenza di una forte domanda di servizi e di un quadro regolatorio favorevole, condizione necessaria per lo sviluppo dell’accumulo è la riduzione dei costi attuali. Questa potrà venire sia da ulteriori miglioramenti delle tecnologie sia da economie di scala che potranno essere sostenute anche dallo sviluppo della mobilità elettrica. Innescare un processo di crescita dei volumi di vendita nelle condizioni di costo attuali, tuttavia, sembra richiedere, al momento, adeguati meccanismi di incentivazione. Indipendentemente dalla questione dei costi, vi sono poi applicazioni dedicate a garantire la sicurezza di esercizio del sistema elettrico, quali l’inerzia sintetica, che non trovano remunerazione esplicita su specifici mercati, ma il cui valore è potenzialmente comunque molto elevato, in quanto consentono di evitare distacchi di carico che, seppur rari, comportano costi altissimi per l’utenza, specie nei settori industriali. Sempre più spesso si ha notizia di nuovi promettenti sviluppi tecnologici e di prospettive di riduzione dei costi particolarmente significative, dell’ordine del 5/10% annuo. È evidente che, se queste promesse saranno mantenute, il futuro dei sistemi di accumulo al servizio del sistema elettrico e della mobilità sostenibile sarà particolarmente brillante.
neotecnologie
Smartainability
Il contributo di RSE ad Expo Smartainability: un indice di smartness e sostenibilitĂ
Stefano Besseghini
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di Stefano Besseghini* Il termine adattativo è quello che sposa al meglio la traduzione di Smart. Un sistema è tanto più Smart tanto più è adattativo, nel senso che è in grado in maniera autonoma di adattarsi alle mutate condizioni al contorno. Ciò vuol dire che se il sistema può assumere un certo numero di configurazioni possibili e sostenibili esso, potrà autonomamente assumerle in funzione della minimizzazione di qualche parametro predefinito. In questo senso è più corretto riservare il termine intelligente (spesso usato come equivalente di Smart) ad un sistema che non solo è in grado di assumere l'ottimale tra un set di configurazioni date ma che è in grado di "apprenderne" di nuove. Cosa vuol dire in concreto che un contesto urbano sia adattativo? Vuol dire che la città assume la capacità di adattarsi funzionalmente ad eventi di contesto che interessino l'ecosistema complessivo della città oppure che singoli sottosistemi urbani si adattino alle necessità del singolo cittadino utente per consentire un accesso più facile ai servizi della città stessa. Alla prima categoria possiamo ricondurre quelle situazioni in cui il sistema città deve rispondere collettivamente, richiamando funzioni e servizi anche di sottosistemi diversi. La situazione più intensiva è quella della risposta alle grandi sollecitazioni naturali, quali eventi metereologici o sismici estremi. Si tratta però di eventi con tale carattere di eccezionalità da giustificare di per sè interventi di natura straordinaria. Esistono situazioni più "ordinarie" come grandi eventi civili, congestioni nella mobilità, prevedibili variazioni metereologiche stagionali rispetto a cui invece si potrebbe adottare un approccio di progettazione adattativa ab initio volta a massimizzare la capacità di risposta del sistema urbano. Il sito dell’Esposizione Universale di Milano 2015 vuole costituire un esempio di quartiere di una “smart city”.
Fin dalle prime fasi di sviluppo del progetto, Expo 2015 SpA si è posta l’obiettivo di misurare e confermare con dati quali-quantitativi il contributo di sostenibilità delle soluzioni tecnologiche adottate per il sito espositivo e fornite dai partner tecnologici di Expo. E’ stato pertanto sottoscritto un Protocollo d’Intesa tra Expo 2015 SpA ed RSE - Ricerca sul Sistema Energetico Spa per la collaborazione allo sviluppo di un progetto ad hoc, inserito nell’ambito dei programmi di ricerca finanziati dal Fondo “Ricerca per il Sistema Elettrico Nazionale” del Ministero per lo Sviluppo Economico. Il progetto “Valutazione dell’impronta di sostenibilità delle tecnologie applicate alla Smart City Expo” ha portato allo sviluppo di una metodologia di analisi denominata “Smartainability®” dall’unione di “Smartness” e “Sustainability”; l’analisi è stata realizzata in collaborazione con Expo2015 Spa e con il contributo dei partner tecnologici di Expo Milano 2015. Scopo di Smartainability® è quello di misurare come e quanto una città possa risultare più sostenibile grazie all’impiego di tecnologie “smart”. Partendo dal caso-studio di Expo Milano 2015 - che realizza 5 livelli di infrastrutture tecnologiche progettate in modo integrato e capaci di offrire servizi migliori, più accessibili e più numerosi rispetto alle tecnologie tradizionali, energeticamente efficienti e, quindi, maggiormente sostenibili - può essere ampliato e replicato ad altri “grandi eventi” ed a contesti più estesi e complessi. I risultati espressi mediante gli indicatori rappresentano la differenza di prestazione tra le tecnologie smart e le rispettive tecnologie tradizionali che andranno a sostituire. Gli aspetti salienti di Smartainability® possono essere sintetizzati come segue: • Offre la possibilità di effettuare valutazioni ex ante • Valuta la sostenibilità legata alle tecnologie smart • Permette la valutazione combinata di sostenibilità e smartness • La valutazione è legata alla massima potenzialità degli asset presenti. Smartainability ha avuto recentemente una importante vetrina figurando tra le proposte più interessanti della mostra interattiva Exponendo, inaugurata lo scorso settembre presso il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano. L’evento - ideato, curato e progettato dallo stesso Museo in collaborazione con Expo2015 – si propone di approfondire tre temi/percorsi: Esposizioni Universali, Milano 2015, Eredità. Tra i protagonisti dell’evento anche Smartainability® di cui viene presentata la capacità di rispondere ad alcune domande di fondo. Le tecnologie smart possono davvero creare benefici ambientali, energetici, economici e sociali? Offrono davvero prestazioni migliori di quelle già oggi presenti nelle città? Giustificano un investimento in nuove tecnologie? Smartainability® si è rivelato un ottimo strumento in quanto coniuga i concetti di smartness e di sostenibilità che spesso vengono considerati sovrapponibili, quasi due sinonimi, ma non è così! È una operazione che guarda avanti proiettandosi idealmente alle prossime due edizioni dell'Expo, ad Astana e a Dubai, e più in generale ai Paesi in rapido sviluppo come la Cina, l'India, il Brasile dove nuove urbanizzazioni vedono rapidamente la luce e metriche di valutazione sono necessarie per comprendere la reale efficacia delle diverse tecnologie prese in considerazione. *AD e Presidente RSE
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energia rinnovabile Mercato elettrico
Agevolare i metodi di produzione PARLA AGOSTINO RE REBAUDENGO Presidente Assorinnovabili Bisogna rendere possibile l'autoproduzione attraverso un sistema di reti interne utili allo scambio di energia e soprattutto bisogna passare definitivamente dalla logica delle grandi centrali a quella della generazione distribuita. di Ilaria Proietti
Agostino Re Rebaudengo
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E: Presidente, rispetto ai fasti degli anni scorsi, il 2014 è stato archiviato con dati non proprio buoni per il vostro settore. Quali gli effetti? ARR: Per il 2014 gli investimenti nel settore hanno registrato una frenata incredibile: -60% rispetto all'anno precedente a fronte del +1 % in Ue e +16 % a livello mondiale. E il 2015 non si presenta meglio sia perché siamo molto vicini al tetto degli incentivi, sia perché continuiamo ad avere grandissime difficoltà sui permessi. L'incertezza normativa e la burocrazia rallentano molto il processo. Se il trend rimarrà questo, anche gli investimenti nel fotovoltaico si ritiene saranno abbastanza contenuti. Inevitabilmente si registrerà una contrazione di circa 10 mila posti di lavoro all'anno. E: Qual è l'effetto che avete potuto riscontrare a seguito dell'approvazione del decreto 'Spalma-incentivi'? ARR: Un effetto tangibile nei corrispettivi ancora non c'è: immagino che la ragione sia quella di attendere l'esito della discussione al Tar del nostro ricorso prima di procedere alle riduzioni previste. E' indubbio però che un effetto negativo, anzi fortemente negativo si è già prodotto ed è quello all'immagine del settore. Gli investitori sono molto confusi e questo precedente preoccupa anche chi non ha ancora investito. E: Questo è l'effetto immagine, poi ci sarà il problema per chi ha già investito... ARR: Registriamo delle tensioni importanti con gli istituti finanziari in una situazione, lo voglio ricordare, in cui l'accesso al credito è già di per sé molto complicato. La difficoltà è quella di trovare nuova finanza per gli impianti già realizzati e che magari hanno bisogno di migliorie. E: Di qui la decisione di intraprendere questa battaglia giudiziaria che è articolata e va addirittura oltre i confini italiani. ARR: Il ricorso al Tar è l'inizio della battaglia. La nostra speranza è che gli atti vengano rimessi alla Corte Costituzionale. Dal nostro punto di vista si ravvisa anche una violazione della Costituzione europea e quindi è lecito attendersi l'invio degli atti alla Corte di Giustizia. Poi c'è tutta la partita delle aziende che non hanno sede in Italia e che si sono attivate per l'apertura di una procedura di arbitrato europeo. E: Al di là dell'asprezza della contesa giudiziaria come sono i rapporti con il governo che, peraltro, ha annunciato il varo di un Green act? ARR: Con il Ministero dello Sviluppo stiamo cercando di dialogare costruttivamente per ragionare sul futuro.
C'è da risolvere il problema del tetto incentivi prossimo al raggiungimento dei 5,8 miliardi per gli impianti non fotovoltaici e quindi definire quali saranno i criteri del nuovo sistema. Bisogna lavorare per arrivare a definire nuove regole del mercato per i prossimi anni anche in vista dell'integrazione con il mercato europeo. Ma lo snodo resta quello dei metodi di produzione e di quello che dobbiamo fare per agevolarli anziché ostacolarli: bisogna rendere possibile l'autoproduzione attraverso un sistema di reti interne utili allo scambio di energia e soprattutto occorre passare definitivamente dalla logica delle grandi centrali a quella della generazione distribuita. Se funzionano i Seu e se lavoriamo sugli autoconsumi noi non abbiamo più bisogno di sostegno. Poi ci sono ambiti come per esempio il settore delle biomasse in cui ce ne è ancora bisogno anche se molto meno che nel passato. E: Lei ritiene davvero praticabile una nuova stagione di incentivi? ARR: Noi vorremmo essere trattati come gli altri: i danni ambientali, e non solo, che gli altri producono devono essere conteggiati. Facciamo i calcoli di queste esternalità e lavoriamo sulle compensazioni. Ormai le rinnovabili sono quasi tutte competitive rispetto ai combustibili fossili e al nucleare, ma ci deve essere una sede in cui viene riconosciuta e penalizzata la qualità intrinseca che attiene alla produzione dei beni. Quello che riceviamo o abbiamo ricevuto in termini dii incentivi è molto inferiore rispetto al danno prodotto dagli altri e che viene pagato dalla collettività in termini di impatto ambientale o sanitario, ad esempio. Per non parlare dei rifiuti radioattivi la cui sistemazione ha un costo per i cittadini anche - come succede in Italia - a distanza di tanti anni dalla fine della produzione di energia attraverso il nucleare. E: Lei è un sostenitore della carbon tax? ARR: Sì, spero che in sede internazionale si arrivi alla definizione di una misura di questo tipo in modo da bilanciare la situazione rispetto ai beni che stanno sul mercato perché costa meno produrli, ma si emette più C02. Io credo che occorra definire dei nuovi standard che tengano conto anche di questo fattore. Ciò darà un grande vantaggio alle nostre aziende che già hanno una leadership tecnica. E: Presidente, un'ultima battuta sulla crisi del prezzo del petrolio… ARR: Credo che sia una occasione meravigliosa ma da sfruttare immediatamente perché i prezzi prima o poi torneranno a schizzare al rialzo. E' l'occasione per le economie di trasformarsi, per sviluppare nuove realtà. Potrebbe essere un momento magico a patto di non cedere alla tentazione di sfruttare questi margini in modo miope.
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energia rinnovabile
Nuove tecnologie contro le fonti fossili A TU PER TU CON CARLO ANDREA BOLLINO Presidente Aiee Grande esperto di temi energetici, ordinario di Economia politica all’Università Luiss Guido Carli. Past president e Coordinatore europeo Iaee (International association for energy economics) e Presidente della Aiee, la affiliata italiana della Iaee. È stato Presidente del Gestore dei servizi elettrici e dell’allora Gestore della rete di trasmissione nazionale. Si tratta di Andrea Bollino, con il quale ‘Elementi’ ha affrontato i temi più in vista del settore energetico.
di Roberto Antonini E: Le rinnovabili riusciranno a rispondere alla domanda di energia o resteranno dominanti le fonti fossili?
Carlo Andrea Bollino
CAB: Le tendenze in atto mostrano una domanda energetica mondiale in crescita, sebbene il suo trend risenta per lo più della spinta proveniente dai Paesi in via di sviluppo, piuttosto
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che dalle economie più mature. In effetti, negli ultimi decenni, stiamo assistendo ad un graduale riequilibrio dei consumi tra i Paesi Ocse e i Paesi non-Ocse. Nel periodo 1990-2013 la domanda energetica di questi ultimi è cresciuta ad un tasso medio annuo del 3%, rispetto al più contenuto 0,8% dei Paesi industrializzati. Ma è soprattutto nell’ultimo decennio che la crescita ha assunto valori interessanti: dal 2000 ad oggi, infatti, la domanda energetica dei Paesi non-Ocse è salita del 4,8% m.a., ben superiore rispetto allo 0,2% dei Paesi Ocse. Nei prossimi anni la domanda energetica proveniente da Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente continuerà a restare elevata, trainata non solo dal loro forte sviluppo economico (basti pensare che Cina e India viaggiano su incrementi del Pil tra il 3-6% nonostante la crisi economica mondiale e che l’Arabia Saudita ha raggiunto il livello USA di consumo energetico pro-capite: 7,5 tep/procapite), ma anche dall’incremento della popolazione, da cui dipende la domanda energetica stessa. Il principale nodo per il sistema energetico mondiale è come far fronte alla richiesta energetica proveniente da queste aree, dove purtroppo si assiste ancora al largo impiego di fonti fossili, in primis il carbone. Fonte energetica a basso costo e soprattutto ampiamente posseduta da questi Paesi che possono facilmente farvi ricorso. Né sembra destinato ad esaurirsi a breve l’uso del petrolio, soprattutto ora con prezzi al di sotto dei 50 $/b.
i suoi effetti, specie se la sua applicazione è adottata solo in alcuni Paesi, facendo perdere alle imprese nazionali/europee competitività sul mercato sia interno che esterno. L’attuale discussione sulla tassazione ambientale è volta a individuare meccanismi condivisi a livello globale perché globale è il problema stesso del cambiamento climatico. L’idea che si sta in qualche modo facendo strada mira a rendere edotto il consumatore finale sulla “carbonicità” contenuta nel prodotto e - tramite una partecipazione attiva ed alle sue scelte consapevoli - veicolare gli acquisti. In questa maniera diventerebbe automatica una conversione dei sistemi produttivi verso tecnologie a minor impatto emissivo. Ma realizzare questo progetto, specie a livello globale, non è per nulla semplice, come si può ben immaginare. E: Quali le direttrici economiche per una rimodulazione non traumatica degli incentivi?
E: I fossili resistono... CAB: Le tecnologie che impiegano fonti fossili sono ormai ampiamente note e a buon mercato, mentre quelle relative alle fonti rinnovabili richiedono un grande sforzo in termini di investimento. Basti pensare che nei Paesi industrializzati per far aumentare la loro presenza nel sistema energetico si è dovuto ricorrere a strumenti incentivanti. E: Carbon tax quale strumento per incorporare il ‘prezzo del carbonio’ nella merce senza aggravare solo i settori produttivi? CAB: L’applicazione di una tassa di questo genere in un sistema economico globalizzato non necessariamente sortisce
Scegliere il solare oggi è... Molto/abbastanza in %
CAB: Il generoso sistema di incentivazione delle Fer nel nostro Paese ha determinato un incremento del loro contributo al sistema energetico, accelerando di fatto il raggiungimento della grid-parity di alcune tecnologie. Non è stato però un meccanismo ben calibrato, sia in termini di premi riconosciuti sia in termini applicativi. Basti pensare che dal 2005 ad oggi si sono susseguiti ben cinque Conto Energia (gli ultimi della durata di appena 1 anno) e di volta in volta l’ambito di applicazione veniva ampliato o ristretto. Le tecnologie a FER richiedono senza dubbio investimenti più consistenti rispetto a quelle già affermate ed è questa la ratio di un sistema di incentivazione, che dovrebbe permettere agli operatori di poter elaborare i propri business plan contando sull’affidabilità della normativa di riferimento, così da poter valutare oculatamente la validità o meno del progetto. Il mutamento continuo sia delle tariffe riconosciute che delle modalità applicative mettono a dura prova gli investitori, determinando il loro scoraggiamento. Un sistema così mal tarato non ha danneggiato solo gli operatori, ma tutti i consumatori finali sui quali incombe un appesantimento della bolletta elettrica dove è confluita la necessaria copertura di spesa.
100 84 80 64 60 47 40
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20 0
Sicuro
Burocraticamente Un passaggio difficile economicamente dispendioso
Tecnicamente complesso
Caro da sostenere e gestire
Fonte: IPR Marketing e Fondazione UniVerde
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energia rinnovabile
La rivoluzione energetica passa dall’eolico di Simone Togni* L’attuale situazione dello sviluppo dell’energia eolica in Italia vive di sentimenti contrastanti: se da un lato l’industria mondiale del vento è in salute (continua a crescere con numeri a doppia cifra con le conseguenti positive ricadute anche nel nostro Paese che è produttore di componentistica), in Italia invece siamo fermi al palo, con il record negativo dell’installato nel 2014 pari ad appena 107 MW. Se sappiamo che tale risultato è in parte falsato dal fatto che i meccanismi di aste e registri stanno dimostrando alcune criticità (previste e più volte segnalate dall’ANEV), sappiamo anche che la situazione nazionale vede la crisi finanziaria aggravare le difficoltà degli operatori per il più complesso accesso al credito necessario per finanziare i progetti. Ne emerge che sono necessari interventi urgenti. Il rischio è che alla brusca frenata (da 1.273 MW del 2012 ai 107 MW del 2014) si aggiunga l’abbandono degli investitori internazionali e dei player europei che oggi in Italia ancora hanno strutture e personale, anche come base per il Simone Togni
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e di riduzione della bolletta elettrica, il saldo è positivo mediterraneo, e che potrebbero decidere di lasciarci. mediamente per oltre 1,5 miliardi di euro. A questo beneficio L’eolico è una tecnologia molto efficiente, oramai si deve poi aggiungere il beneficio derivante dall’uscita dal tecnologicamente matura e all’avanguardia tanto da essere una delle gambe sulle quali si reggerà nel mondo la rivoluzione periodo di incentivazione di molti impianti eolici realizzati nel passato e che godono di incentivi assai maggiori di quelli energetica già iniziata e che entro pochi anni dovrà portarci attuali. Infatti l’onere complessivo medio delle prime tre aste è ad una produzione energetica decarbonizzata. Il superamento vicino ai 30 milioni di € per ogni asta, mentre dal 2016 al 2023 della dipendenza energetica dalle fonti fossili, come noto, ci usciranno in media 300 Milioni di € ogni anno, con un delta consentirebbe anche di svincolarci dei rischi geopolitici che favorevole assai significativo di 2 miliardi di €. ciclicamente ci mettono in difficoltà dal punto di vista degli In conclusione l’eolico è una tecnologia oggi matura dal punto approvvigionamenti, ovvero da quelli economici connessi alle di vista economico rispetto a molte altre, per il nostro Paese fluttuazioni di disponibilità o di costi di dette fonti primarie. questa considerazione vale ancor di più anche alla luce dei Inoltre per il nostro Paese l’eolico è una fonte strategica anche benefici industriali ed occupazionali. Ora è necessario un serio perché l’Italia è diventata un forte esportatrice di tecnologia piano di rilancio che consenta la prosecuzione della crescita e di componentistica, cosa che genera benefici significativi dell’eolico anche grazie alla definitiva emanazione di quei anche sulla nostra bilancia commerciale. Tuttavia per sostenere provvedimenti tanto attesi che favoriscano la semplificazione questa industria nazionale, è necessario che il mercato interno autorizzativa. Un esempio su tutti è quello relativo ai non si fermi. I grandi player oggi presenti in Italia, infatti, provvedimenti necessari e attesi per consentire finalmente i giustificano la loro presenza non solo con la strategicità rifacimenti di impianti obsoleti che unirebbero al beneficio geografica, ma anche con la presenza di un mercato interno economico di sostituire impianti vecchi con alti livelli di quantitativamente sufficiente a sopperire agli alti costi del sostegno impianti nuovi e con incentivi molto bassi, il beneficio lavoro e agli altissimi livelli di tassazione cui sono sottoposti. paesaggistico di ridurre anche l’impatto visivo di questi Per analizzare le principali motivazioni del crollo delle nuove installazioni in Italia, si deve partire dall’analisi del meccanismo impianti per la produzione pulita di energia elettrica. di aste e registri entrato in vigore nel 2012 che sta dimostrando Aspettiamo con fiducia che questa possibilità di rilancio sia concessa agli imprenditori eolici. molte criticità di funzionamento non legate solo al livello degli incentivi, ma al sistema di formazione delle offerte *Presidente ANEV che talvolta non garantisce la selezione necessaria di progetti e proponenti. Il risultato è Costi VS Benefici totali dell’eolico: le prospettive (2014-2035) avere progetti vincitori delle aste che poi non riescono ad essere realizzati. Ciò comporta che a fronte della riduzione a 500 dei MW annui installabili onshore oltre al contingente per l’offshore di 680 MW fino al 2020, nelle realizzazioni effettive neanche ci si avvicina a questo numero. Il motivo della fissazione a 500 MW annui da parte del Governo era il controllo dei costi annuali degli incentivi, ma ora è necessario che anche su questo punto si faccia chiarezza. La conoscenza dei numeri infatti potrà far prendere al decisore politico iniziative correttive ponderate ed efficaci. A tal fine l’ANEV ha commissionato una ricerca ad eLeMenS, centro studi indipendente, che dimostra come l’eolico sia una tecnologia largamente positiva nel bilancio tra costi e benefici per il nostro sistema Paese. Dallo studio, disponibile sul sito ANEV, emerge che nel periodo 2015-2035 considerando i costi complessivi degli incentivi dati all’eolico per consentire il raggiungimento degli obiettivi europei, e i benefici fiscali, territoriali
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energia rinnovabile
Green Economy, sinonimo di ripresa economica La prospettiva di un’economia che si misura con le grandi sfide in campo ambientale scommettendo su innovazione, ricerca e conoscenza di Maria Pia Terrosi Lo scorso novembre, secondo i dati Istat, in Italia il tasso di disoccupazione giovanile aveva raggiunto il 43,9%. Negli stessi giorni in cui veniva diffuso questo dato sconcertante Fondazione Symbola e Unioncamere hanno pubblicato GreenItaly 2014. Il rapporto racconta lo stato della Green economy nel nostro paese - dalle energie rinnovabili alla riconversione verde dei comparti tradizionali del made in Italy - consegnandoci fortunatamente un’immagine meno desolante. Chiariamo che la Green Economy non rappresenta una moda, nÊ solo una via di uscita per contrastare i mutamenti climatici,
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ma un modello economico, una strada concreta per rilanciare la competitività dell’Italia e proporre una strategia vincente per misurarci con le grandi sfide economiche e ambientali che ci aspettano. Lo spiega bene Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola: “Non usciremo dalla crisi, non ci metteremo alle spalle questa tempesta perfetta se non cambiando e imboccando con convinzione la via della green economy che è anche la strada maestra per contrastare i mutamenti climatici. L’Italia deve affrontare i suoi mali antichi, che vanno ben oltre il debito pubblico e che la crisi ha reso ancora più opprimenti: le diseguaglianze sociali, l’economia in nero, quella criminale, il ritardo del Sud, una burocrazia spesso persecutoria e inefficace. Deve rilanciare il mercato interno, stremato dalla mancanza di lavoro, dalle politiche di rigore e dalla paura. E deve saper fare tesoro della crisi per cogliere le sfide, e le opportunità, della nuova economia mondiale. Scommettendo sull’innovazione, la qualità, la bellezza, la green economy, per rinnovare la sua vocazione imprenditoriale e artigiana”. Partiamo da un dato: in Italia oggi ci sono 3 milioni di green jobs, cioè posti di lavoro collegati alla Green economy. Sono il 13,3% dell’occupazione complessiva nazionale (erano il 10,9% nel 2009) e si prevede crescano ancora nei prossimi anni. Se guardiamo tra i nuovi assunti quelli con competenze green sono stati 234.00, circa il 61%. Percentuale che sale al 70% nei comparti destinati alle attività di ricerca e sviluppo. È fuori dubbio che la Green economy produca nuova occupazione e quindi ricchezza. Ad essa si devono 101 miliardi di euro di valore aggiunto, 10,2% dell’economia nazionale al netto del sommerso, coinvolgendo moltissimi settori economici, dall’agroalimentare, all’edilizia, dalla chimica al manifatturiero, all’energia e ai rifiuti fino all’hi-tech, al cartario e al tessile. Quello che risulta evidente è che scommettere sulla Green economy fa bene anche alle aziende e contribuisce a rilanciarne la competitività. Negli ultimi 5 anni un’azienda su 5 ha scommesso sul green. Con non pochi vantaggi. Nel 2013 nel solo comparto manifatturiero ad esempio, tra le imprese eco-investitrici più di 1 su 4 ha visto crescere il proprio fatturato, mentre tale incremento si è registrato solo in 1 azienda su quasi 6 nel caso delle noninvestitrici. Una prima spiegazione sta nel fatto che il modello green aumenta l’efficienza dei processi produttivi: riduce i consumi energetici (-20,3% per unità di prodotto) e l’impiego di materie prime, così come le emissioni di CO2 (-8,9%) e la quantità di rifiuti prodotti (-6,8%). Green economy significa anche innovazione: dal 2008 ad oggi sono state 341.500 le aziende - sia del settore industriale che dei servizi - che hanno investito in tecnologie green ed il 30% dei queste aziende – solo nel 2014 - ha sviluppato nuovi prodotti o nuovi servizi. Investire green ha già portato a risultati importanti per il nostro paese. L’Italia è una delle economie europee a minore intensità di carbonio: per ogni euro prodotto si emettono 104 tonnellate di anidride carbonica. Meglio di quanto accade nel Regno Unito (130), in Spagna (110) e in Germania (143). Ma quali sono le professioni green più ricercate e con maggiore prospettiva occupazionale? In realtà in quasi tutti i settori economici ci sono ambiti interessati dal modello green o che possono adottare una logica di maggiore efficienza e
sostenibilità ambientale. Si va dai bioprogettisti agli architetti specializzati nella riqualificazione energetica, dagli ingegneri ambientali ai tecnici esperti in risparmio energetico o nelle demolizioni con recupero dei materiali, per restare nei settori dell’edilizia. Ma nelle aziende sono molto richiesti anche gli studiosi di green marketing come l’ecobrand manager (responsabile della corretta progettazione e della promozione dei prodotti ecosostenibili) o gli esperti nella commercializzazione dei prodotti di riciclo. Ed ancora – nel settore dell’ambiente e della gestione del territorio – sono in crescita figure come il programmatore delle risorse agroforestali, lo statistico ambientale, il risk manager ambientale o anche geologi specializzati nella valutazione dei dissesti idrogeologici, chimici ambientali e esperti in bonifiche. Per finire con i green copywriter (curano i testi delle campagne pubblicitarie a contenuto ambientale) e con gli agronomi specializzati nel selezionare le specie che meglio si adattano ai cambiamenti climatici. CITTÀ ITALIANE E GREEN ECONOMY. Dati più significativi.
CITTÀ
IMPRESE GREEN
ADDETTI GREEN
BARI
920
7018
BERGAMO
1034
6998
BOLOGNA
768
12750
BOLZANO
1455
10245
BRESCIA
1212
10312
CUNEO
843
3288
FIRENZE
742
7260
GENOVA
589
10089
MILANO
3695
35361
NAPOLI
1279
10035
PADOVA
963
5329
PALERMO
556
5111
PISTOIA
1181
3818
ROMA
2724
58982
TORINO
1994
67792
TREVISO
815
8214
VERONA
701
5246
VICENZA
814
9724
Fonte: elaborazione camera di commercio di Milano e Union camere Lombardia registro imprese terzo trimestre 2014
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energia rinnovabile
Quando rinnovabile significa successo
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Tra energie rinnovabili e trasporti a idrogeno è l’Alto Adige la regione più sostenibile d’italia
a cura di
Adnkronos
Dall’efficienza energetica ai supermercati bio, ecco dove trovare un lavoro green AAA lavoro verde cercasi. La green economy offre grandi opportunità, ma il settore è ampio e cambia velocemente, quindi la prima regola è aggiornarsi e tenere d’occhio il mercato. Ma quali sono oggi le aree della green economy su cui puntare e quali le figure professionali verdi più richieste? Ingegneri meccanici, energetici, elettrici e gestionali, “soprattutto nell’ambito dell’efficienza energetica, un settore che offre grandi opportunità anche ai neolaureati” spiega Matteo Plevano, responsabile di Greenjobs.it, il primo collocamento dei green jobs in Italia. Tre i settori su cui puntare: “Il primo è quello dell’efficienza energetica legato anche alle rinnovabili, il secondo è la chimica verde, in cui si stanno sviluppando nuove tecnologie, dai biocombustibili alle bioplastiche ai nuovi materiali per l’edilizia. Qui, c’è molto spazio per chimici e ingegneri dei materiali. Un terzo filone è quello dell’agroalimentare biologico e di qualità – continua Plevano – e qui vanno per la maggiore le figure degli export manager con conoscenza di una o più lingue e capacità di sviluppo commerciale sui mercati esteri”. Da segnalare anche il boom dei supermercati biologici, dove si moltiplicano le opportunità per tutte le figure, dal cassiere al magazziniere. Ma la green economy rappresenta una grande opportunità di carriera per chi sa cogliere i cambiamenti e i “vuoti” ancora da colmare, con enormi spazi di sviluppo imprenditoriale. Lo dimostra il fatto che “più di una persona su 5 tra quelle che si presentano allo sportello Greenjobs, mi parla di progetti imprenditoriali”. Difficile elargire consigli generici per chi è in cerca di un lavoro green: è un campo talmente vasto che ogni posizione rappresenta un caso a sé. Ma c’è un elemento distintivo che tutti coloro che sono in cerca di lavoro verde devono tenere presente: “la motivazione, che deve trasparire soprattutto nella lettera che accompagna il curriculum e che deve essere autentica”. No, quindi, alle lettere fotocopia; sì a quelle in grado di manifestare il reale interesse e coinvolgimento e che siano in grado di convincere della validità del proprio apporto lavorativo.
L’Alto Adige si conferma numero uno a livello nazionale per sostenibilità ambientale. A stabilirlo è la classifica stilata da Fondazione Impresa incrociando dati Istat, Terna, Ispra, Sinab ed Enea. A permettere al territorio di raggiungere il gradino più alto del podio sono stati diversi elementi: ottimi risultati raggiunti in termini di energia pulita, risparmio energetico, riciclo dei rifiuti, bioagricoltura, eco-edilizia e diffusione di licenze Ecolabel. Ad accrescere il punteggio hanno contribuito la presenza di piste ciclabili, la diffusione del turismo ecologico, la vendita di prodotti bio e l’eco-edilizia. E ancora: l’avanguardistico utilizzo dell’idrogeno nella mobilità locale e in un’ottica di stoccaggio, la capacità di valorizzare le risorse e il circuito virtuoso del sistema economico che si è costruito intorno. I parametri valutati dalla ricerca hanno permesso alla provincia di Bolzano di scalare anche le classifiche relative alla qualità della vita e di attirare sul territorio sempre più imprese operanti nel settore della green economy. “Questi nuovi risultati – commenta Ulrich Stofner, direttore di Bls, Business Location Südtirol-Alto Adige - non fanno altro che mettere in luce l’impegno della Provincia di Bolzano verso sostenibilità e rispetto dell’ambiente. Il nostro territorio si conferma il luogo ideale per le imprese che operano nel settore della green economy, grazie a un ecosistema fondato su innovazione e sviluppo, alla presenza di fonti rinnovabili e al costante sostegno alla ricerca di energie alternative”.
Dal risparmio energetico alla solidarietà, le imprese italiane puntano sulla Csr Etica e responsabilità sono le nuove chiavi del successo delle imprese: 920 milioni di euro investiti nel 2014 in Italia in Csr (la Responsabilità sociale d’impresa) da più del 70% delle aziende con più di 80 dipendenti. In media ciascuna impresa ha destinato 158.000 euro a risparmio energetico e contenimento degli sprechi (65%), a iniziative in favore dei dipendenti (55%), al contrasto dell’inquinamento e allo smaltimento dei rifiuti (53%), a solidarietà e impegno umanitario (38%), a favore della pratica sportiva (31%), al sostegno di arte e cultura (24%). È questo il quadro dell’impegno sociale delle aziende in Italia secondo l’Osservatorio Socialis, il cantiere di promozione culturale della responsabilità sociale d’impresa promosso da Errepi Comunicazione, che nel corso del Forum Csr dell’Abi ha consegnato il Premio Socialis per le migliori tesi di laurea su Csr e sviluppo sostenibile. I dati dell’Osservatorio Socialis “devono spingere le università ad accrescere i corsi per la formazione di una classe dirigente che sia più attenta all’ascolto del territorio e delle persone, commenta Roberto Orsi, direttore dell’Osservatorio Socialis. Oggi solo 42 atenei su 80 prevedono insegnamenti che riconducono alla Csr, all’etica, allo sviluppo sostenibile”.
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mercato energetico
Intervista doppia ai servizi AU
Noi… per il consumatore Pratiche commerciali scorrette ma anche disservizi legati ai contratti, come le mancate letture o le doppie fatturazioni, oltre ad un’informazione non chiara su le offerte del mercato e i suoi funzionamenti. Per questo le istituzioni hanno ideato servizi per fornire supporto e tutela al consumatore, strumenti per liberare il potenziale di sviluppo dei mercati. Parliamo dello Sportello per il consumatore di energia e del Servizio Conciliazione clienti energia, gestiti dall’Acquirente Unico. Li abbiamo “sentiti”.
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di Luca Speziale
Iniziamo con le “presentazioni” Sportello: Sono attivo dal 2010 e fornisco informazioni e assistenza sui diritti dei consumatori nei mercati dell’elettricità e del gas. Sono stato voluto dall’Autorità per l’energia, il gas e il sistema idrico e sono gestito dall’AU. Grazie al mio personale altamente specializzato, supporto alle richieste d’informazione dei consumatori attraverso due canali. Il primo è l’Unità Reclami, per la gestione dei reclami scritti già presentati al proprio fornitore dai clienti finali, dai consumatori-produttori o dai loro delegati. Il secondo è il Numero Verde 800.166.654. Servizio di conciliazione: Sono stato istituito nel 2013 dall’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico e anch’io sono gestito da AU. Nello specifico facilito la composizione delle controversie tra clienti finali e operatori (venditori o distributori) di energia elettrica e gas, facendoli incontrare online e fornendo un conciliatore esperto per individuare una soluzione di comune accordo. E: Le vostre principali caratteristiche? Sportello & Servizio di conciliazione: Mettiamo a disposizione dei consumatori procedure semplici e veloci di soluzione delle contese con gli operatori, in maniera completamente gratuita. Aiutiamo nella ricerca di una risoluzione stragiudiziale delle controversie. Cosa necessaria per alleggerire i tribunali da quel piccolo contenzioso che, in tal modo, può essere risolto più rapidamente e con maggiore economicità per tutti. E: Perché siete stati affidati ad Acquirente Unico? Sportello & Servizio di conciliazione: L’essere gestiti da un soggetto terzo e indipendente, quale appunto l’AU, è garanzia d’imparzialità nella gestione dei casi.
e fornitore. La pratica presentata a noi in seconda istanza è di tipo esclusivamente documentale. Potranno esserci numerose interazioni tra lo Sportello e il consumatore, ma non c’è un rapporto diretto dell’utente col fornitore. Siamo noi, invece, a chiedere spiegazioni all’operatore che, così, è obbligato a rispondere. A seguito di tale risposta nella stragrande maggioranza dei casi il reclamo si risolve: infatti individuate le cause del disservizio si sceglieranno le modalità di risoluzione. Inoltre segnalo all’Autorità i casi di anomalie diffuse, al fine di mettere in atto eventuali aggiornamenti della regolazione o avviare procedure specifiche nei confronti degli esercenti che non rispettano la normativa vigente. Servizio di conciliazione: Noi mettiamo uno di fronte all’altro consumatore e operatore. Tale situazione ha una natura volontaria e facoltativa e, svolgendosi totalmente online, ha tempistiche di risoluzione decisamente più brevi di qualunque tipo di contenzioso, ma anche di altre forme di conciliazione. L’interazione, oltre che immediata, è anche facilitata dalla presenza di un soggetto terzo, il conciliatore del Servizio, che aiuta a trovare l’accordo ed un eventuale risarcimento. La soluzione può avvenire non solo, secondo parametri giuridici, ma anche basandosi sugli interessi specifici di entrambe le parti. E: Uno sguardo al prossimo futuro? Sportello & Servizio di conciliazione: Continuare a far fronte ad ogni tipo di disservizio e proporre le giuste soluzioni. Anche perché il reclamo è una spia importantissima di quello che non funziona nel sistema e indica dove necessario intervenire. L’obiettivo è che, grazie al nostro lavoro e alle nostre segnalazioni, l’Autorità e lo stesso legislatore se necessario, “aggiustino il tiro” del quadro normativo affinché il settore energetico, lato retail, funzioni meglio e sia sempre di più a sostegno del consumatore.
E: Risultati ad oggi? Sportello: Dal mio avvio ho gestito ad oggi circa 3.000.000 di chiamate arrivate al Numero Verde, con un livello di soddisfazione dei clienti pari a circa il 96%. Mentre i reclami e le segnalazioni pervenuti sono stati circa 195.000. Il 95% dei reclami ha avuto soluzione positiva e in tempi brevi (30 gg. lavorativi medi). Servizio di conciliazione: I risultati raggiunti sono più di quanto ci si aspettava: circa 1.900 richieste ricevute, di cui il 75% del totale ammissibili e quindi avviate. Di queste, il 90% ha trovato un accordo di risoluzione positiva tra le parti. E: A prima vista potrebbe sembrare che le finalità siano le stesse ma siete due strumenti in realtà diversi. Quali le vostre peculiarità? Sportello: Oltre a dare informazioni tramite il Numero Verde, tratto reclami non risolti direttamente tra il consumatore e il fornitore del servizio: quei casi, insomma, in cui ci sia stato un intoppo, una disfunzione nel rapporto fisiologico tra cliente
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petrolio
L a “bolla del ve la spiego io INTERVISTA AD ALBERTO CLÔ Economista, esperto di energia di Jacopo Giliberto
Alberto Clô
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petrolio”… E: Professor Clô, da cosa dipende questa crisi energetica e la caduta del prezzo del petrolio? AC: Le cause non sono dissimili da quelle dei passati contro-shock petroliferi (1985-1986, 1997-1999). Ma nel fenomeno di oggi ci sono anche altri fattori. Troppi non hanno compreso dinamiche sottostanti rispetto a quelle più apparenti. Per esempio, da qualche anno l’Aie, l’Agenzia internazionale dell’energia di Parigi, alimenta dubbie aspettative sulla crescita della domanda petrolifera. Nel 2013 ne proiettava un aumento sino a 1,4 milioni barili al giorno per il 2014: una previsione che le imprese prendevano a riferimento per decidere quanto produrre. E: Stime confermate? AC: Dalla metà del 2014 l’Aie ha cominciato a correggere al ribasso le sue stime di crescita della domanda, riducendole a fine anno alla metà: 700mila barili al giorno. Diversamente dal passato il crollo dei prezzi non è stato indotto da una caduta della domanda ma da una grande abbondanza di offerta a fronte di errate aspettative della domanda. E: Il prezzo del greggio è crollato perché l’Arabia ha aperto i rubinetti? AC: L’Arabia Saudita ha deciso di lasciare al libero mercato la fissazione dei prezzi, abbandonando ogni pratica restrittiva dell’offerta. Si è detto che i sauditi non hanno fatto il loro mestiere; sostenere i prezzi. Negli ultimi quindici anni l’Arabia Saudita ha contenuto la produzione di petrolio per sostenerne i prezzi, a vantaggio non solo proprio ma delle produzioni non
convenzionali americane, delle politiche climatiche europee, della competitività delle rinnovabili. Forse che i sauditi avrebbero dovuto tenere alti i prezzi per favorire ulteriormente i produttori statunitensi di shale oil, che sottraveano loro quote di mercato? Avrebbero dovuto assecondare le politiche energetiche che vogliono promuovere le rinnovabili e i biocarburanti? Avrebbero dovuto conservare le loro riserve col rischio di trovarsi con stranded asset difficili da valorizzare? Eppure il non-mercato del petrolio contava sul fatto che l’Opec continuasse a garantire un prezzo minimo sotto il quale non si sarebbe scesi. E: E invece? AC: Dobbiamo ipotizzare che questo crollo dei prezzi possa significare un cambiamento drastico rispetto a quanto pensavamo. Altrimenti continueremo a illuderci sugli scenari che costruiamo. Quel che sta avvenendo potremmo giornalisticamente indicarlo come lo scoppio della "bolla del petrolio". E: Una bolla? AC: Negli ultimi dieci anni l’industria petrolifera ha realizzato investimenti nel solo upstream per 4 mila miliardi di euro, facendo affidamento su prospettive di crescita della domanda ampiamente superiori a quelle pur consistenti che si sono registrate. Le previsioni di domanda al 2020 formulate nel 2000 dal Dipartimento americano dell’energia ammontavano a 120 milioni di barili, ridotte lo scorso anno a 97 milioni. Nell’ottobre scorso l’Fmi, quando i prezzi del greggio erano già in calo vorticoso, ravvisava i rischi di un forte aumento dei prezzi del petrolio. La conseguenza è che si è sovra-investito
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E: E le conseguenze per le compagnie petrolifere?
su aspettative di domanda che non si sono realizzate. La straordinarietà dell’evento è che la tecnologia –di estrazione ma anche di consumo - ha battuto la politica. Il fenomeno non era stato capito se non in modo aneddotico. Come tutte le bolle, il suo scoppio è salutare: fa cadere una serie di false idee.
AC: Al contro-shock dei prezzi del 1997-99 l’industria rispose con le fusioni BP-Amoco-Arco, Exxon-Mobil, Chevron-Texaco, Total-Fina-Elf che aumentarono l’efficienza ma non crearono valore. Il modello di business adottato nello scorso decennio dall’industria internazionale si è basato sull’aumento esasperato dei ricavi: con livelli insostenibili di investimenti spesso in mega-progetti che hanno accusato un raddoppio dei costi ed enormi ritardi di realizzazione. Solo le tre grandi compagnie – Shell, Exxon Mobil, Chevron – hanno rispettato una maggior disciplina finanziaria, mentre l’integrazione verticale le ha meno penalizzate. Il crollo dei prezzi ha evidenziato la fragilità delle strategie e dei modelli di business dell’industria petrolifera. In dieci anni, di fronte ai grandi investimenti la redditività si è ridotta di un terzo nonostante prezzi del petrolio triplicati. Le società si sono indebitate molto, a volte per pagare i dividendi. Il debito netto delle 135 maggiori compagnie internazionali in cinque anni è raddoppiato, con un rapporto debito netto/mol (margine operativo lordo) passato da 0,7 a 1,8.
E: Chi vince e chi perde? AC: In termini positivi, il ribasso dei prezzi dell’energia mette a disposizione grosso modo 80-100 euro al mese per le famiglie italiane a sostegno dei loro consumi, mentre si ridurranno i costi delle imprese accrescendone la competitività grazie anche al rafforzamento del dollaro. Altro è il discorso a livello internazionale. Le passate crisi petrolifere erano in qualche modo a somma zero, c’era chi vinceva e chi perdeva. Oggi invece il grado di globalizzazione e di interdipendenza delle economie è tale per cui vi è il rischio che ai benefici per gli uni corrispondano costi per gli altri, con effetti di destabilizzazione dell’economia mondiale. E: Perde la competitività delle fonti rinnovabili? AC: Sulle fonti rinnovabili si fanno spesso calcoli sbagliati. Si legge della raggiunta grid parity del fotovoltaico. In questi calcoli viene comparato il costo del fotovoltaico col prezzo del petrolio (o del correlato metano), mentre il costo del fotovoltaico andrebbe confrontato col costo del petrolio. Il potere del petrolio non sta tanto nella sua quota sul mix energetico mondiale (35%), ma nel suo vantaggio di costo rispetto a qualsiasi altra fonte. E: Quali effetti sui prezzi del metano? AC: In primo luogo cade l’idea dell’inevitabilità e auspicabilità del decoupling dei prezzi del gas rispetto a quelli del petrolio, come se fossero prodotti del tutto diversi. Sono due medicine diverse ma con lo stesso principio attivo (struttura molecolare), e un farmaco con lo stesso principio attivo non può costare cinque volte più dell’altro. Inevitabilmente anche il prezzo sul mercato del metano si avvicinerà a quello del petrolio.
E: La soluzione? AC: Oggi sono in crisi le rinnovabili, il carbone, il gas, da ultimo il petrolio. Ovunque vi è eccesso di offerta, capacità inutilizzata, sofferenza per le imprese. In Italia, nel gas come nell’elettricità le infrastrutture sono il doppio della domanda. Vi è da chiedersi se l’Europa ha la consapevolezza di questo scenario e come intenderà operare, ovvero farà finta che non sia successo niente? Cambierà la sua impalcatura di politica energetica e ambientale? Come sosterrà, se sosterrà, le fonti rinnovabili? Idem per l’Italia. Come evitare che la nostra industria di raffinazione scompaia del tutto? Come tutelare le competenze delle imprese dei servizi petroliferi, dell’ingegneria energetica, come quelle di Ravenna o di Piacenza che sono fra le prime al mondo? Aumentare la domanda interna, accelerando lo sfruttamento delle nostre riserve di idrocaburi, sarebbe una risposta utile, superando veti spesso ideologici.
Quotazioni petrolio greggio Europe Spot Brent Price FOB ($/bbl) 125
2013 2014 2015
US$ per barile
100
75
50
25 Gen
Feb
Mar
Apr
Mag
Giu
Lug
Ago
Set
Ott
Nov
Dic
Fonte: U.S. Department of Energy, Energy Information Administration - Download: 13 Feb 2015
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energia
Idrocarburi
Ricerca e Si può IL PENSIERO DI PIETRO CAVANNA Presidente settore idrocarburi di Assomineraria L’articolo 38 dello Sblocca Italia ha introdotto nuove norme per facilitare l’attività di ricerca e produzione di idrocarburi. Delle potenzialità dell’Italia in questo settore si è molto discusso. Ne abbiamo parlato con Pietro Cavanna, ingegnere, presidente del settore Idrocarburi di Assomineraria.
di Gabriele Masini Pietro Cavanna
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produzione? fare di più E: Qual è il potenziale di produzione di petrolio e gas in Italia? PC: L’Italia ha un potenziale tra i più elevati d’Europa, dopo Norvegia e Inghilterra. Ci sono più di 700 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, secondo i dati del Ministero dello Sviluppo economico. Sono quantitativi già individuati e pronti per iniziare sviluppo e produzione. L’Italia consuma circa 70 mln di tep l’anno. In teoria se immaginassimo di produrre contemporaneamente tutte queste riserve, potremmo soddisfare il nostro fabbisogno per più di dieci anni. Con un risparmio sulla bolletta energetica intorno ai 600 miliardi di euro. Senza contare le ulteriori riserve che si potrebbero scoprire continuando a fare esplorazioni, ferme purtroppo da almeno dieci anni. E: Le risorse si trovano principalmente sulla terraferma o in mare? PC: Sia in terraferma che in mare. Su terra le zone a concentrazione più elevata sono in Basilicata e in Val Padana. In mare c’è gas in Adriatico, mentre il Canale di Sicilia ha elevate potenzialità con progetti a gas e olio in acque abbastanza profonde. C’è poi una zona di grande interesse, recentemente messa in gara dal Mise, a ovest della Sardegna. E: Qual è il costo medio al barile per le produzioni in Italia? Con i prezzi attuali è conveniente perforare? PC: Il costo varia molto. In mare costa molto di più che a
terra; poi bisogna distinguere tra un giacimento di gas o olio. In media il costo a barile può variare dai 40 dollari a terra fino ai 60 a mare, in funzione anche della dimensione del giacimento. E: In passato le aziende hanno spesso sottovalutato l’importanza della comunicazione e del coinvolgimento dei territori. Come associazione avete elaborato iniziative per coinvolgere le popolazioni locali? PC: In passato abbiamo sempre preferito il low profile. Oggi la strategia è cambiata e c’è la completa trasparenza su quello che facciamo: l’apertura dei siti di lavoro, la visita alle piattaforme, la realizzazione di pubblicazioni che illustrano il nostro modo di lavorare e la cura che abbiamo per la sicurezza, per la protezione dell’ambiente e per lo sviluppo di sinergie con l’industria della pesca, agricoltura e turismo. Il nostro settore vanta i migliori indici di sicurezza dell’industria italiana ed europea. Dal punto di vista ambientale quando perforiamo o produciamo offshore, non buttiamo assolutamente nulla in mare. Tutto viene raccolto e spedito a terra nei centri autorizzati di trattamento. La roccia perforata viene raccolta, essiccata e mandata a terra. Le acque nere e bianche vengono trattate, stoccate in serbatoi e inviate a terra per il trattamento. L’acqua piovana viene raccolta e separata da eventuali contaminazioni di idrocarburi. Quindici anni fa, nel Mar Caspio, lavoravo in un impianto in cui l’acqua dei gabinetti veniva potabilizzata. Alla fine del processo c’era un bicchiere da birra. Io ricordo che portai in visita la ministra dell’Ambiente kazaka e la invitai a berne
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un bicchiere. Siccome c’era la televisione non poté sottrarsi, anche perché io ne avevo già bevuto uno. Inoltre le Compagnie associate, in sinergia con gli enti locali e le regioni, realizzano progetti per la protezione delle coste e monitoraggio ambientale sia a terra che a mare. E: Le perforazioni, tolta la parte ingegneristica, non sono attività ad alta intensità di manodopera. Come rispondere a chi, a fronte di questo, ne denuncia il notevole impatto ambientale? PC: La nostra attività richiede molti investimenti, soprattutto l’esplorazione. Un impianto di perforazione e servizi ausiliari a mare in alti fondali costa un milione di euro al giorno. Non è un’attività labour intensive, ma crea lavoro indotto. La nostra intensità di lavoro sta nell’indotto industriale e muove un esercito di società contrattiste: in Italia 65 mila persone lavorano nell’indotto. E si tratta di società che hanno sviluppato tecnologie di avanguardia che poi hanno esportato all’estero soppiantando contrattiste americane ed europee. E: Lo Sblocca Italia sarà sufficiente a far ripartire il settore? Avete riscontrato un aumento dell’interesse da parte di aziende italiane ed estere? PC: Era un atto necessario e atteso da tempo. Renzi si è reso conto che è importantissimo e strategico sviluppare le nostre risorse nazionali. Noi, per gli idrocarburi, dipendiamo
al 90% dalle importazioni: è il caso di restare con questo cappio al collo? Lo Sblocca Italia ha risvegliato l’interesse di molte società sia italiane e straniere. Inoltre garantisce anche una maggiore tutela all’ambiente: avocare la possibilità di Via al ministero dell’Ambiente è una buona cosa perché la Commissione Via è composta da persone di alta competenza ed esperienza. Anche l’introduzione del titolo concessorio unico è stata molto importante perché dà maggiore tranquillità agli investitori. Ci sono casi in cui l’investitore nella campagna esplorativa ha speso decine di milioni di euro rinvenendo idrocarburi a livello commerciale e sta faticando per ottenere la concessione di coltivazione per realizzare il progetto di sviluppo e produrre gli idrocarburi stessi. E: Quali sono gli ostacoli presenti dal punto di vista legislativo? PC: Bisogna completare il cammino delle riforme, soprattutto quella del Titolo V, accentrando le attività e i progetti strategici per il Paese. E: Quanti sono attualmente i pozzi attivi in Italia? PC: Abbiamo 887 pozzi produttivi, 117 piattaforme offshore, 95 impianti di trattamento, 14 centrali di stoccaggio. E nel 2013 abbiamo pagato 400 milioni di euro di royalty, 1,25 miliardi di imposte e contribuito a ridurre la bolletta energetica per importazioni di 5,4 mld euro.
Due filiere collegate di imprese nazionali: un “made in Italy” che contribuisce alla bilancia commerciale per 27 mld €
Attività Upstream 22 compagnie energetiche impegnate in Esplorazione & Produzione di Olio e Gas, e nello Stoccaggio sotterraneo di Gas
Impianti 887 pozzi produttivi 117 piattaforme offshore 95 impianti trattamento 14 centrali stoccaggio
Produzione idrocarburi (2013) - Petrolio: 5,5 Mtep = 110.000 bbl/g (9,3% dei consumi) - Gas: 6,4 Mtep = 7,8 mld Smc (11,2% dei consumi) Più di 400 Imprese O&G coinvolte
Investimenti – 1,0 miliardo €
Fatturato 6,4 miliardi €
Para-petrolifero 115 imprese fornitrici di beni e servizi al settore upstream, ad elevato contenuto tecnologico e specialistico
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R&S 300 milioni €
+ fatturato para-petrolifero italiano nel mondo > 22 miliardi €
Occupazione – 40.000 addetti su progetti Italia 13.000 (diretti e indiretti) 27.000 (indotto non O&G) 100.000 addetti para-petrolifero per export
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Royalties e Canoni 398 milioni € (x prod. 2012)
Imposte – 1.250 milioni €
Riduzione bolletta energetica del Paese 5,4 miliardi €
Contributo Bilancia Commerciale > 27 miliardi € (> Alimentari+Bevande+Tabacco)
energia Biogas
Integrare aziende agricole ed energetiche IL PUNTO DI VISTA DI PIERO GATTONI Presidente del Cib (Consorzio italiano biogas) di Tommaso Tetro
Ricerca e innovazione, regole coerenti in tutto il Paese e stabilità normativa oltre che fiscale. Questi i capisaldi che servono al settore del biogas in Italia. Punti fondamentali declinati dal presidente del Consorzio italiano biogas (Cib) Piero Gattoni che, a pochi giorni dall'apertura dei primi Stati generali incentrati proprio sul biogas alla Fiera di Rimini - punto di incontro dei massimi rappresentanti della produzione, della ricerca e dell’innovazione, dell’industria collegata per parlare anche del ruolo che il biogas avrà all'Expo 2015 a Milano – traccia un quadro dello stato dell'arte. Non solo. Si spinge anche al di là, per offrire una visione futura delle potenzialità della filiera italiana, puntando soprattutto sull'efficienza, la qualità dei processi e la sostenibilità economica e ambientale delle attività agricole e zootecniche. Senza dimenticare la strada del biometano ma neanche il punto centrale che coniuga alla perfezione il concetto di integrazione tra azienda agricola e impresa produttrice di energia cioè di 'carburante' verde, e per di più interamente made in Italy. Piero Gattoni
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E: Il quadro della situazione? PG: Il settore delle imprese produttrici di biogas vanta 4,5 miliardi di euro di investimenti negli ultimi 5 anni (più 490%), circa 1.300 impianti in ambito agricolo, con una potenza di 1.000 Megawatt (MW) installati elettrici e una produzione di 7,4 mila Gigawattora (GWh) di energia elettrica nel 2013; a questo bisogna aggiungere che si sono creati 12 mila nuovi posti di lavoro stabili e altamente qualificati. L’Italia è il terzo produttore dopo Germania e Cina. Il biogas italiano copre il 10% della produzione nazionale di energia elettrica da fonti rinnovabili. E: Biogas significa modello flessibile. PG: Ciò testimonia quanto questa tecnologia sia stata messa in piedi dalle aziende anche per contribuire ai nuovi obiettivi fissati per le rinnovabili. Le sue applicazioni si estendono alla cogenerazione, alla produzione di fertilizzanti naturali, di biometano e di materie prime per la bioeconomia. La digestione anerobica è una struttura flessibile che ha una forte integrazione con le aziende agricole, rendendole più competitive. Si tratta di infrastrutture in grado di rafforzare l'indotto.
parla non a caso di 'biorefinery' per intendere un’impresa agricola che, preservando le sue produzioni tradizionali, ricicla gli scarti della zootecnia o dell’agricoltura e li valorizza in energia, calore, carburanti ecologici e fertilizzanti. E: Quanto conta la ricerca e l'innovazione in questo ambito? PG: Sono determinanti per consentire alle imprese di raggiungere i livelli di efficienza e sostenibilità. Oggi in Italia abbiamo sviluppato un modello di inserimento di queste opportunità, forse unico al mondo, quello di una forte integrazione con l'eccellenza agroalimentare. Penso che proprio la ricerca sia determinante per migliorare la sostenibilità dell'intero processo. E: Il quadro normativo. PG: Riteniamo che il decreto del 5 dicembre 2013 sia molto positivo: prevedeva che ci fosse il supporto al biogas non solo a cogenerazione ma anche al biometano, che nel settore dei trasporti può essere una risorsa molto importante. Specie se si pensa che stiamo parlando di carburante made in Italy. E: Proposte e richieste?
E: Lo sviluppo delle imprese, le prospettive? PG: Le possibilità di sviluppo sono ancora buone nel settore elettrico. Siamo consapevoli che ci sono discussioni in corso sugli incentivi. Crediamo che i numeri finora creati possano essere un buon motivo per proseguire con l'incentivazione almeno per la parte del plafond non utilizzato con i registri. E anche per le regioni che finora hanno avuto meno opportunità; mi riferisco all'accesso alla rete elettrica. Per questo le potenzialità del biogas non si limitano alla sola produzione di energia elettrica ma spaziano dalla produzione di biocarburanti avanzati, che non competono cioè con le produzioni alimentari, all’utilizzo di fertilizzanti naturali, alla fornitura di materie prime utilizzabili nella bioeconomia. Si
PG: In questi anni abbiamo sempre aperto tavoli istituzionali. Poi, c'è senz'altro la richiesta di una politica comprensibile da parte del governo: sia per le aziende mature che per quelle che vogliono fare investimenti serve una strategia chiara, perché gli investimenti richiedono tempi lunghi. Quello che serve è in primo luogo una politica più stabile e chiara possibile, poi un'idea di sviluppo nel lungo periodo. Per una strategia chiara sugli incentivi e per programmare gli investimenti. Naturalmente stabilità anche per il capitolo fiscalità. E ancora norme per la gestione degli impianti che siano coerenti su tutto il territorio nazionale insieme con le procedure autorizzative. Infine, una pronta applicazione del decreto sul biometano.
La mappa degli impianti italiani (suddivisione per tipologia) In esercizio Impianti Marini
N.
Potenza (MW)
A progetto Energia Ei (GWh)
Potenza (MW)
N.
Energia Ei (GWh)
1
0
0
0
0
0
20
631
1.594
-
-
-
Biomasse solide
217
2.207
3.013
81
195
718
Bioliquidi
477
1.058
3.306
131
550
1.065
1.239
955
5.690
36
21
114
226
30
1.022
4
4
15
36
967
192
5
137
204
5.109
21.883
38.773
530
1.562
3.188
Geotermoelettrici
Biogas Gas di discarica Rifiuti TOTALE
Fonte: Sole 24 Ore
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energia Mercato energetico
Una liberalizzazione a metà INCONTRO CON MASSIMILIANO DONA Segretario generale dell'Unione Nazionale Consumatori È un percorso ancora a metà strada quello della liberalizzazione del mercato energetico in Italia, così come fotografato da Massimiliano Dona, Segretario generale dell'Unione Nazionale Consumatori. Molto infatti resta da fare: sul fronte della trasparenza e della correttezza degli operatori, sui servizi che accompagnano le nuove offerte, aumentando gli investimenti nelle Reti di Trasmissione e Distribuzione, riducendo le rendite sulle energie rinnovabili e difendendo il ruolo dell'Acquirente Unico. Massimiliano Dona
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di Fausto Carioti E: Come stanno reagendo i consumatori alla liberalizzazione del mercato del gas e della elettricità? MD: Agli sportelli dell’Unione Nazionale Consumatori giungono numerosissimi reclami per i disagi sopportati per passare ad un nuovo operatore sul mercato libero. Alcuni consumatori segnalano la scarsa informazione sui contenuti dell’offerta, specialmente in occasione dei contatti porta a porta o telefonici; altri l’aggressività degli operatori a caccia di nuovi contratti. E poi i disagi causati dalle difficoltà di comunicazioni fra distributori e venditori che provocano errori di fatturazione, mancate letture e conguagli stratosferici in bolletta, doppie fatturazioni e molto altro. E: Quali passi sono necessari per aumentare libertà di scelta e convenienza? MD: La convenienza per le famiglie di optare per un'offerta sul mercato libero risiede non tanto su prezzi più convenienti di quelli dell’Autorità, quanto sulla tipologia e la qualità dei servizi che accompagnano tali offerte. Ci riferiamo ai servizi per il risparmio energetico, soprattutto quelli che riguardano il miglioramento dell’efficienza energetica delle abitazioni e degli edifici condominiali. Agli amministratori condominiali, in particolare, sarebbe utile proporre analisi energetiche dell’edificio, corrette e indipendenti, in modo da permettere loro di proporre alle assemblee condominiali progetti di riqualificazione energetica dell’involucro e dell’impianto termico convincenti ed economicamente validi, tali da indurre i condomini ad effettuare gli investimenti necessari. E: La bolletta elettrica delle famiglie italiane è una delle più care d'Europa. Le ragioni in parte sono legate a un mix di combustibili costoso, che non può essere cambiato da un giorno all'altro, ma Governo e Parlamento hanno comunque modo di alleggerire questo peso? MD: L’Autorità per l’energia ha definito che il prezzo di riferimento dell’energia elettrica per il primo trimestre 2015 sarà, per il cliente domestico, di 18,72 centesimi di euro per kilowattora tasse incluse. Di questi, soltanto 11,86 centesimi (pari al 63,36% del totale della bolletta) sono riferibili all’effettivo costo della fornitura dell’energia. Il resto riguarda l’IVA, le accise e i cosiddetti oneri generali di sistema, che rappresentano ben il 23,24% della bolletta. Governo e Parlamento dovrebbero intervenire per alleggerire parte di questi oneri.
E: Quali sono le responsabilità degli operatori privati? MD: Gli operatori elettrici propongono il superamento del mercato tutelato e quindi un sostanziale ritorno al mercato elettrico monopolistico, o al massimo oligopolistico. Ciò significherebbe che tutte le famiglie italiane sarebbero obbligate a scegliere un nuovo contratto di fornitura sul mercato libero e che l’Autorità per l’energia non potrebbe più stabilire i prezzi di riferimento per elettricità e gas per i clienti domestici e le PMI. Di conseguenza si sancirebbe la fine del ruolo di Acquirente Unico, che fino ad oggi ha comprato a prezzi concorrenziali l’elettricità nel mercato all’ingrosso per i clienti del mercato tutelato, assicurando un’efficace tutela di prezzo ai piccoli clienti elettrici. Non è difficile immaginare che i prezzi dell’elettricità per i consumatori subirebbero aumenti forti e incontrollati. E: Sul fronte degli investimenti quali interventi ritenete necessari? MD: Prioritaria è la completa eliminazione delle strozzature nella rete di trasmissione e l’ammodernamento delle reti locali di distribuzione dell’elettricità. Questo consentirebbe una maggiore diffusione delle energie rinnovabili attraverso lo sviluppo dei punti di generazione distribuita, contribuendo anche per questa via al contenimento del prezzo dell’elettricità. E: Il finanziamento delle energie rinnovabili anche al di fuori delle logiche di mercato ha reso in questi anni la sostenibilità ambientale nemica della convenienza del chilowattora. E' possibile conciliare ecologia e risparmio? MD: È vero, gli incentivi alle energie rinnovabili, e soprattutto quelli per il fotovoltaico, se da un lato hanno consentito all’Italia di raggiungere anzi tempo gli obiettivi UE, dall’altro hanno scaricato sui clienti elettrici il costo del finanziamento degli incentivi. La politica a favore delle energie rinnovabili deve ridurre il costo degli incentivi che sta gravando sulle bollette delle famiglie e delle imprese. Le strade possono essere diverse: a noi interessa riaffermare il principio che i diritti acquisiti non si toccano, a differenza delle rendite acquisite, che invece si debbono ridurre. Inoltre occorre semplificare le procedure autorizzative di quelle tecnologie oggi competitive, come l’installazione sulle coperture di pannelli fotovoltaici e termici, facilitando lo sviluppo delle filiere industriali italiane che producono apparecchiature per l’utilizzo delle energie rinnovabili.
SALDO COMMERCIO ESTERO E IMPORT ENERGIA: 2014-2013 (MILIONI DI EURO - DATI GREZZI) 2013
2014
var.
var. %
Esportazioni Energia
17.075
14.621
-2.454
-14,4
Import Energia
71.711
57.745
-13.967
-19,5
-54.637
-43.124
11.513
-21,1
-3,4
-2,7
Petrolio greggio
34.989
29.053
-5.936
-17,0
Gas naturale
20.510
15.207
-5.303
-25,9
Coke e prodotti petroliferi raffinati
12.205
10.122
-2.083
-17,1
2.286
1.924
-362
-15,8
Saldo % del Pil Importazioni per commodities
Energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat
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energia
Biometano, flessibile ed efficiente di Liliana Fracassi Il Decreto ministeriale del 5 dicembre 2013 disciplina le modalità di incentivazione del biometano immesso nella rete del gas naturale. Il provvedimento, attuativo del D.lgs. 3 marzo 2011 n. 28, completa il quadro normativo/regolamentare in tema di promozione dell’energia da fonti rinnovabili derivante dal recepimento della direttiva 2009/28/CE, e rappresenta uno strumento legislativo finalizzato a facilitare il raggiungimento degli obiettivi al 2020 in materia di quota complessiva di energia da rinnovabili sul consumo finale lordo di energia e di quota di energia da fonti rinnovabili nei trasporti. Sarà il GSE a predisporre e ad applicare le regole per l’ammissione agli incentivi, a qualificare gli impianti di produzione di biometano, a gestire l’erogazione degli incentivi e a ritirare, ove previsto, il biometano prodotto e immesso nella rete di trasporto e distribuzione del gas naturale. Il biometano è un gas che contiene almeno il 95% di metano ed è prodotto da fonti rinnovabili. Deriva dal biogas prodotto dalla digestione anaerobica di biomasse in ambiente controllato (digestore) o in discarica, in seguito alla decomposizione dei rifiuti, o dal gas derivante dalla
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gassificazione di biomasse. Sottoposto a un processo di purificazione e di upgrading, raggiunge la qualità del gas naturale e, rispettando le caratteristiche chimico-fisiche previste nelle direttive dell’AEEGSI, è idoneo alla successiva fase di compressione per l’immissione nella rete del gas naturale. Per rete del gas naturale vanno intese: • le reti e i sistemi di trasporto e distribuzione del gas naturale in concessione; • le altre reti di trasporto (reti private); • i sistemi di trasporto mediante carri bombolai; • i distributori di carburanti per autotrazione sia stradali sia a uso privato, compreso l’uso agricolo, anche non connessi alle reti di trasporto e distribuzione. Sulla base di una definizione così ampia di rete del gas naturale e del fatto che le possibili destinazioni del biometano sono del tutto analoghe a quelle del gas naturale, distinguiamo: • stazioni di rifornimento di carburante per i veicoli che
impiegano comunemente il metano di origine fossile (compresi veicoli bi-fuel metano-benzina e veicoli dual-fuel metano-gasolio); • impianti di cogenerazione; • utenze domestiche e industriali, è evidente come il biometano rappresenti un vettore energeticamente più flessibile e si presti a un uso più efficiente rispetto al biogas. Il biogas ad esempio viene impiegato come combustibile in impianti di cogenerazione in cui l’energia termica recuperata dal cogeneratore non viene utilizzata in maniera efficiente ma, nella maggioranza dei casi, solo per un risibile autoconsumo. Il biometano invece può essere “trasportato” laddove si può utilizzare integralmente la produzione di energia termica. A seconda dell’utilizzo del biometano, il Decreto prevede tre meccanismi di incentivazione: - tariffe incentivanti per il biometano immesso nelle reti di trasporto e distribuzione del gas naturale; - rilascio di certificati di immissione in consumo nel caso in cui il biometano sia usato per i trasporti;
- tariffe incentivanti per l’energia elettrica prodotta da biometano in impianti di Cogenerazione ad Alto Rendimento. Per quanto riguarda il primo meccanismo se il produttore vende il gas direttamente sul mercato ha diritto per 20 anni a una tariffa premio pari alla differenza tra il doppio del prezzo medio del gas riscontrato nel 2012 sul mercato di bilanciamento gestito dal GME e il prezzo medio mensile nel medesimo mercato. Per gli impianti con capacità produttiva fino a 500 Sm3/h, il soggetto produttore può optare per il ritiro del biometano da parte del GSE a un prezzo pari al doppio del prezzo medio del gas 2012. E’ prevista una maggiorazione del 10% per impianti con capacità produttiva inferiore ai 500 Sm3/h e una riduzione del 10% per quelli oltre i 1000 Sm3/h. Inoltre, al biometano prodotto esclusivamente a partire da sottoprodotti, come definiti nella tabella 1A del DM 6 luglio 2012, e rifiuti è riconosciuta una maggiorazione dell’incentivo del 50%. Interessanti gli incentivi per il biometano usato come
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carburante per autotrazione. Al soggetto che immette in consumo il biometano vengono rilasciati per 20 anni dal GSE i certificati d’immissione in consumo (CIC). Anche in questo caso è possibile beneficiare di maggiorazioni. Qualora infatti l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio dell’impianto di produzione del biometano preveda l’utilizzo esclusivo di una o più delle materie di cui all’articolo 4, comma 3 del Decreto (quali la frazione biodegradabile dei rifiuti urbani a valle della raccolta differenziata, i sottoprodotti di cui al comma 5-ter dell’art. 33 del D.lgs. 28/2011, le alghe e le materie di origine non alimentare e i sottoprodotti elencati nella tabella 1A del DM 6 luglio 2012) la produzione presenta il pre-requisito per il riconoscimento di un numero doppio di CIC rispetto a quelli normalmente spettanti. Qualora poi il Produttore immetta direttamente in consumo il biometano tramite un nuovo impianto di distribuzione realizzato a proprie spese, senza utilizzo della rete, riceve per 10 anni un numero di CIC maggiorato del 50%. Infine, il biometano immesso nella rete del gas naturale e utilizzato come combustibile in impianti riconosciuti dal GSE di Cogenerazione ad Alto Rendimento è incentivato mediante le tariffe previste per la produzione elettrica da biogas di cui al DM 6 luglio 2012, con le modalità e le condizioni ivi previste a eccezione delle maggiorazioni di cui all’art. 26 del medesimo
decreto. L’energia elettrica incentivabile è quella cogenerata netta e immessa in rete. Il costo derivante da questo meccanismo di incentivazione concorre al tetto di cui all’art. 3, comma 2 del DM 6 luglio 2012. Il decreto prevede la possibilità di riconvertire in tutto o in parte un impianto esistente di produzione di biogas alla produzione di biometano. Nel caso l’impianto da riconvertire benefici di incentivi per la produzione elettrica, gli incentivi biometano saranno riconosciuti, per il periodo residuo di incentivazione esteso di 5 anni, in misura del 40% di quelli spettanti alle nuove iniziative, se il biometano è immesso in rete o è destinato alla generazione elettrica, oppure in misura del 70% se destinato ai trasporti. Scorrendo le disposizioni del Decreto si rileva che il legislatore ha voluto incentivare prioritariamente l’uso del biometano nei trasporti come biocarburante e promuovere lo sviluppo di nuovi impianti di distribuzione di metano per autotrazione, anche nell’ottica di ridurre le emissioni di gas serra e quelle generate dai trasporti. La produzione di biometano a partire da sottoprodotti e rifiuti è stata privilegiata, coerentemente con quanto disposto nella normativa per l’incentivazione dell’energia elettrica e dei biocarburanti e con l’intento di favorire la partecipazione delle aziende agricole tradizionali.
DECRETO 5 DICEMBRE 2013 Meccanismi di incentivazione
Art. 3 Biometano immesso nelle reti di trasporto e distribuzione del gas naturale Art. 4 Biometano utilizzato nei trasporti previa immissione nella rete del gas naturale Art. 5 Biometano utilizzato in impianti di Cogenerazione ad Alto Rendimento
Durata incentivazione Nuovo impianto
Modalità di erogazione
Impianto riconvertito
20 anni
20 anni o periodo residuo incentivo per en. el. +5 anni
Tariffa/incentivo
20 anni
20 anni o periodo residuo incentivo per en. el. +5 anni
Titoli (CIC)
20 anni
20 anni o periodo residuo incentivo per en. el. +5 anni
Tariffa/incentivo per en. elettrica
Il produttore può scegliere per tre volte, durante la durata dell’incentivo, di cambiare il meccanismo di incentivazione scelta. Fonte: GSE
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clima ed energia
Piccoli emettitori
CosĂŹ ci si conforma agli obblighi di compensazioni COLLOQUIO CON MANNINO BORDET Membro del Consiglio direttivo del Comitato ETS Mannino Bordet
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di Simone Aiello e Alessandro Manara La direttiva 2003/87/CE e successive modificazioni (c.d. Direttiva ETS) istitutiva del sistema europeo di scambio di emissioni (EU ETS) interessa circa 1.200 impianti italiani, di cui il 78% nel settore manifatturiero. La direttiva esclude dal suo campo di applicazione ospedali e “piccoli emettitori” a partire dall’1 gennaio 2013, ovvero impianti con emissioni inferiori a 25.000 tonnellate di CO2 equivalente e, nel caso di impianti di combustione, con potenza termica nominale inferiore a 35 MW, escluse le emissioni da biomassa (art. 27). Il Comitato ETS, ossia l’Autorità nazionale competente per l’attuazione della direttiva ETS in Italia, ha adottato la proposta italiana per l’applicazione dell’articolo 27 con Delibera 12/2012B del 24 maggio 2012, approvata dalla Commissione Europea il 12 dicembre 2012. La ratio insita nella clausola di esclusione intende esentare gli impianti, che per dimensione dei flussi di emissione, non godrebbero di sufficienti economie di scala per trarre dal sistema ETS un beneficio per l’efficientamento dei processi e la riduzione delle emissioni. Successivamente, il Comitato con delibera 16/2013 del 25 luglio 2013 ha disciplinato gli impianti di dimensioni ridotte esclusi dall’EU ETS (art. 38 d. lgs. 13 marzo 2013, n. 30), distinguendo tra impianti con emissioni verificate medie del periodo 2008-2010 comprese tra 5.000 e
25.000 tCO2 eq (art. 8 (2) della delibera 16/2013) ed impianti con emissioni inferiori alle 5.000 tCO2 eq. (art. 8 (1) della delibera 16/2013). L’attività di verifica per questi ultimi impianti è svolta direttamente dal Comitato ETS. Per gli altri le operazioni di verifica sono condotte da un verificatore accreditato per la constatazione “fuori sito”. Le emissioni risultanti dalle comunicazioni sono annotate nel RENAPE, Registro dei piccoli emettitori, istituito con delibera 16/2013 (art. 10), entro il 31 luglio 2014, a cura del Comitato. Il RENAPE elenca tutti i Piccoli Emettitori esclusi da ETS, lo stato dell’impianto e le relative “Emissioni consentite”. Si tratta di 166 impianti, di cui oltre il 55% appartenente al settore della ceramica e dei laterizi, che si aggiungono ai circa 1.200 impianti italiani ricadenti nel campo di applicazione della direttiva ETS. Rientrano nel complesso anche centrali a cogenerazione, termoelettrici, ospedali, centrali per il teleriscaldamento, raffinerie. I 166 piccoli emettitori incidono per circa il 13% sul totale degli impianti italiani soggetti all’ETS, con un peso in termini emissivi assai contenuto (circa il 2%). Pur essendo esclusi dal campo di applicazione della direttiva ETS, tuttavia, questi impianti non dovranno superare i livelli
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di emissioni consentite, calcolati sulla base del criterio del benchmark o in direzione di una riduzione delle emissioni al 2020 del -21% rispetto ai livelli del 2005. In caso di mancato rispetto di tali obblighi, per ciascuna tonnellata di CO2 eq. in eccesso rispetto alle emissioni consentite, il “piccolo emettitore” dovrà corrispondere all’erario un ristoro economico determinato in base al valore economico di un corrispondente ammontare di quote in eccesso, valorizzate sulla base del prezzo medio della quota EUA dell’anno di riferimento o restituendo un corrispondente numero di quote EUA. L’intervista a Mannino Bordet intende chiarire le modalità di conformità agli obblighi di compensazione delle emissioni (compliance) per i “piccoli emettitori” per i quali è previsto un regime semplificato di conformità agli obblighi dettati dalla direttiva ETS. La compliance dovrà avvenire entro il 20 maggio 2015 (art. 2, comma 4, lettera a della delibera 16/2013). E: Bordet, come sarà determinato il prezzo medio delle quote di emissione su cui verrà calcolata la "carbon tax" per i gestori d'impianto "corti" che non volessero restituire quote per le emissioni in eccesso rispetto a quanto consentito? Quali i mercati di riferimento? MB: Secondo il decreto legislativo 30/2013 (art. 38, comma 4) che recepisce in Italia la direttiva 2009/29/CE che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra, la “carbon tax” (cioè il prezzo medio della quota EUA nell’anno di riferimento) è calcolato dall’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico (AEEGSI). Per il 2013 quest’ultima ha provveduto con la Determina 31 maggio 2014 n. 7/2014 – DMEG, individuando il prezzo della quota EUA 2013 in 4,38 €/t. E: A fronte della rendicontazione biennale, il gestore potrà compensare il proprio disavanzo cumulato nei due anni. A quale prezzo medio della quota dovrà fare riferimento?
MB: Non esiste una disposizione esplicita: si potrebbe dire che il prezzo da pagare dovrebbe essere rapportato all’anno di riferimento e non alla media del periodo. Probabilmente il Comitato produrrà delle linee guida prima della scadenza (20 maggio prossimo), così da dare sufficiente certezza agli operatori. E: Se un gestore d'impianto decide di coprire il disavanzo con quote di emissione non pagando la “carbon tax”, come dovrà procedere? MB: È in corso di preparazione una delibera in cui saranno specificati tutti gli elementi: conto del Registro, dove restituire e come. La risposta sul meccanismo di restituzione è tuttavia implicita nel comma 3, art. 2, delibera 16/2013, laddove si specifica che il gestore comunica ad ISPRA e Comitato “il codice di conto da cui è stato effettuato il trasferimento” di quote: in pratica il conto del trader che ha operato per suo conto. E: Se un gestore in opt-out aveva quote di emissione residue sul suo conto ETS e questo è stato congelato dal momento dell'ingresso in RENAPE, è possibile per il gestore recuperare le quote in giacenza? MB: Prima del congelamento del conto dell’impianto opted out, ossia il piccolo emettitore uscito dal Sistema ETS, ISPRA ha provveduto ad avvertire gli operatori affinché svuotassero il conto. Ciò ha comportato il passaggio del conto dallo stato “attivo” a quello “escluso”. Non si ha notizia di conti “esclusi” con quote residue. Se dovesse porsi il problema occorrerà interpellare l’amministratore del Registro (ISPRA) su cosa fare e come farlo. E: Quali saranno le scadenze per il pagamento della “carbon tax” / trasferimento quote per gli impianti in disavanzo sul primo biennio? MB: Il pagamento o trasferimento delle quote deve avvenire entro il 20 maggio 2015 (v. art. 2, comma 4, lettera a) della delibera 16/2013.
Piccoli emettitori per categoria in Italia
Ceramica
6%
4% 2% 4%
Combustione Carta e Cartone
23%
Materiali organico Metalli ferrosi Altri
Fonte: elaborazione GSE su base dati RENAPE (Registro Nazionale Piccoli Emettitori)
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clima ed energia
Futuro accordo globale sul clima
Il contributo major
Lo stato dell’arte dei negoziati internazionali sul Clima, i nuovi concetti emersi, le tappe verso Parigi, il “contributo” dell’Europa e delle principali economie. Il testo in bozza del futuro accordo, prodotto dalla Conferenza di Ginevra, segna sicuramente un passo importante nella “corsa” verso Parigi. La Comunità internazionale dovrà tuttavia intensificare gli sforzi per raggiungere un accordo globale sul clima.
di Simone Aiello I recenti appuntamenti di Lima e Ginevra nel contesto della Convenzione Quadro ONU per il clima sembrano indicare un avanzamento, sia pur timido, verso la definizione di una nuova cornice per la regolazione delle emissioni nel post2020. La firma del nuovo accordo è attesa a Parigi per fine anno. In questi ultimi mesi a cavallo tra 2014 e 2015 sono stati diversi i “segnali di fiducia” da parte della Comunità internazionale in direzione del comune obiettivo di Parigi: in primis, le conclusioni del Consiglio europeo sugli obiettivi clima-energia al 2030, ma soprattutto la dichiarazione
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congiunta Stati Uniti-Cina dello scorso novembre, il comunicato congiunto India-USA di fine gennaio ed, infine, l’elaborazione a Ginevra di un testo ufficiale da cui far partire i negoziati formalmente da giugno. La “corsa verso Parigi” sembra dunque inserirsi in un terreno fertile. Facendo un rapido excursus, la Conferenza di Lima a dicembre ha segnato passi in avanti verso il superamento dell’impostazione che oggi impone impegni di riduzione delle emissioni di gas serra solo ad una parte dei paesi di
europeo e le economies storica industrializzazione (UE e pochi altri), ma non a USA, Cina, India e alle altre principali economie, tra cui Giappone e Russia. Le attese positive alimentate dall’intesa USA-Cina sono state confermate, nonostante i tentativi di alcuni paesi – che la Cina ha almeno in parte avallato – di spostare il baricentro del negoziato dalla mitigazione dei cambiamenti climatici agli impegni finanziari dei paesi con maggiori responsabilità storiche. La Conferenza, infatti, ha deliberato l’ “Appello di Lima per il Clima” all’unanimità: tutti i paesi dovranno avanzare un
proprio impegno di contenimento delle emissioni (cosiddetto “contributo determinato a livello nazionale”); gli obiettivi dovranno essere espressi in termini quantitativi ed essere confrontabili in base a parametri comuni per tutti. Infine Lima aveva indicato l’esigenza di arrivare ad un testo base da cui far partire il negoziato entro maggio. A febbraio i lavori sono proseguiti a Ginevra. Come a Lima, il contesto è sembrato segnato da elementi di fiducia: a fine gennaio India e Stati Uniti hanno comunicato la propria intenzione di muoversi verso un rafforzamento della
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LA GEOGRAFIA EMISSIVA POST-KYOTO: ATTORI GLOBALI paesi africani ma anche dall’”Alleanza dei piccoli Stati isola” che prevede la ripartizione dell’onere di abbattimento delle emissioni sulla base dei principi di responsabilità storica e delle responsabilità comuni ma differenziate. Inoltre i contributi potranno includere anche il tema dell’adattamento alle conseguenze dei cambiamenti climatici, riducendo la centralità fino ad oggi accordata alla mitigazione oltre che il supporto ai paesi in via di sviluppo in termini di finanza, trasferimento di tecnologia e capacity building. Fonte: www.carbonmap.org Ciò dovrebbe però presentare un progresso collaborazione in ambito clima-energia. Pur non individuando rispetto alla netta ripartizione di trattamento tra paesi di storica industrializzazione e paesi in via di sviluppo. un limite esplicito alle emissioni per l’India (diversamente da L’attesa è porre sullo stesso piano paesi emergenti e paesi quanto assunto dalla Repubblica Popolare Cinese), l’intesa di storica industrializzazione. La guida all’azione per il clima indica un avanzamento nella collaborazione tecnologica dovrebbe permanere in capo ad un fronte di paesi, ma l’asse tra i due paesi. Diverse aree di cooperazione: ricerca su dell’onere potrebbe spostarsi anche alla luce della mutata energia solare, efficienza energetica nel settore residenziale, realtà economico-emissiva e delle evoluzioni future. La biocombustibili avanzati, accelerazione dei flussi di finanza ripartizione sinora vigente non è infatti sufficiente a fermare per il clima, strategie per la sostenibilità urbana, riduzione l’innalzamento della temperatura sotto i 2°C: il peso relativo dell’impatto emissivo del trasporto pesante, modello previsionale per favorire la valutazione delle esigenze locali e dei paesi di storica industrializzazione si è ridotto a scapito delle major economies. Se nel 1990 i principali emettitori phase down dei gas HFC. dell'annesso I avevano il 70% delle emissioni globali, oggi Ginevra ha rappresentato il primo di una serie di rappresentano circa il 35% peso ulteriormente ridotto se si appuntamenti in preparazione della Conferenza di Parigi considerano i soli paesi con target Kyoto (20-25% emissioni ospitando, presso il palazzo Onu, la sessione del gruppo di totali). lavoro ADP per definire un testo di base da cui far partire le negoziazioni. La Conferenza ha prodotto il "testo di Ginevra" che presenta un approccio bilanciato su sei elementi: IL PESO EMISSIVO DEI PAESI DI STORICA mitigazione, adattamento e loss and damage, finanza per il INDUSTRIALIZZAZIONE DAL 1990 AD OGGI Clima, sviluppo tecnologico e trasferimento di competenze, capacity-building, trasparenza dell’azione e del supporto fornito. Il risultato non ha consentito, tuttavia, di procedere verso la semplificazione delle opzioni già sul tavolo a Lima ed auspicata alla vigilia dei lavori: il testo è infatti aumentato rispetto alla versione di partenza, passando da 40 a 80 pagine. In sintesi, i possibili contributi che verranno inseriti nel nuovo accordo potrebbero essere più deboli di quelli del vecchio Protocollo di Kyoto ma saranno contenuti in un quadro che ne prevederà il continuo rafforzamento. Inoltre dovrebbero essere collocati in una cornice durevole nel tempo, con un quadro comune per il monitoraggio, la revisione ed il raffronto, sia singolarmente sia nel loro effetto aggregato. Specifica attenzione potrebbe inoltre essere dedicata al supporto fornito in termini di finanza e tecnologia ai “paesi più deboli”. I contributi saranno infatti determinati in base alle priorità nazionali anche se permane sul tavolo negoziale l’idea di un approccio “top down”, caro all’Europa e sposato dai Fonte: AIE
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efficienza energetica
Efficienza energetica? Non perdiamoci in c
IL PARERE DI CESARE BOFFA Presidente di Fire (Federazione italiana per l’uso razionale dell’energia) di Tommaso Tetro L’efficienza energetica in Italia può offrire molto. Ne è convinto il Presidente della Federazione italiana per l’uso razionale dell’energia (Fire), Cesare Boffa, che non solo ricorda i numeri e l’importanza del patrimonio edilizio del nostro Paese, ma analizza gli strumenti che possono offrire una gestione migliore dell’energia. In tale contesto la Pubblica Amministrazione dovrebbe dare l’esempio ai cittadini. Anche se spesso l’efficienza energetica viene vista come un obbligo invece che come un’opportunità; cosa che le imprese dovrebbero capire velocemente. E che il governo dovrebbe favorire, mettendo a punto regole chiare e stabili nel tempo. Cesare Boffa
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E: È il patrimonio edilizio?
chiacchiere
CB: Circa un terzo dei consumi energetici finali del Paese è legato agli usi civili. Il settore immobiliare comprende circa 11 milioni e mezzo di edifici residenziali per 32 milioni di unità abitative, di cui oltre 5 milioni non occupate. A questi si aggiungono oltre 100.000 edifici nel terziario per 3 milioni e mezzo di unità immobiliari. Il 70% degli immobili è stato costruito prima dell’entrata in vigore delle leggi sui consumi elettrici (la prima è del 1976). Ma i nuovi edifici possono essere progettati con criteri che riducano al minimo il fabbisogno di energia; a partire dal 2020 dovranno essere tutti Near Zero Energy Building (NZeb), cioè edifici a energia quasi zero. E: Come si può ottenere il risultato di edifici a energia quasi zero? CB: Con un insieme di accorgimenti che riguardano forma e caratteristiche dell’involucro, incluse le vetrate, gli isolanti, i materiali costruttivi, l’orientamento e l’inserimento nel contesto ambientale, gli impianti di climatizzazione e di illuminazione. Ma anche con la disponibilità di progettisti ed imprese qualificate e il monitoraggio di casi pilota. E: Il ruolo delle Pubbliche Amministrazioni?
E: Qual è l’attuale quadro normativo? CB: Il decreto legislativo con cui l’Italia recepisce gli indirizzi Ue in tema di efficienza energetica risponde a tre esigenze fondamentali: determinare gli obiettivi di efficientamento da conseguire nei prossimi 6 anni, fornire delle politiche di sostegno e favorire la diffusione di strumenti per l’energy management. L’attuazione del decreto legislativo prevede che venga istituito un fondo di garanzia a tutela degli investimenti di efficientamento energetico. Se infatti il governo ha penalizzato le fonti rinnovabili, gli incentivi per l’efficienza energetica sono rimasti in vigore, comprese le detrazioni fiscali su cui interviene il decreto Sblocca Italia. E: Vediamo i numeri dell’efficienza energetica. CB: I risparmi energetici complessivi conseguiti grazie agli interventi previsti dal Piano di azione ammontano ad oltre 73.000 GWh all’anno. L’indice di efficienza energetica è migliorato di un punto in un anno grazie soprattutto a quanto realizzato nel settore residenziale ed industriale. L’intensità energetica primaria dell’Italia è inferiore del 6,3% rispetto a quella della Germania e del 18,2% rispetto a quella della Francia. Per gli usi civili, l’obiettivo di riduzione al 2020 è di oltre 7 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio.
CB: Le Pubbliche Amministrazioni devono essere d’esempio verso il cittadino e le imprese. Nello svolgere il proprio compito istituzionale, la PA si vede assegnato un duplice ruolo: privatistico e pubblicistico. Rispetto al primo è responsabile della gestione immobiliare e di una serie di servizi. La conoscenza del patrimonio pubblico e dei servizi offerti è indispensabile per predisporre i bilanci energetici, proporre delle soluzioni e fare delle scelte, oltre che per sfruttare i meccanismi incentivanti. Il secondo aspetto, quello pubblicistico, riguarda la possibilità di incidere sui consumi energetici delle utenze distribuite sul territorio. La maggior parte dei consumi di energia avviene in città ed è strettamente correlata ai trasporti, al riscaldamento e alle caratteristiche strutturali degli edifici. I principali strumenti disponibili in questo caso vanno dal ‘’Patto dei sindaci’’ ai ‘’regolamenti edilizi’’ che promuovono le rinnovabili, alla gestione delle concessioni pubbliche. Sono importanti anche diagnosi energetiche, attività di formazione, comunicazione, controllo e monitoraggio. E: Cosa si potrebbe fare? CB: Non siamo ancora riusciti a convincere tutti gli imprenditori che investire in efficienza energetica conviene. È troppo spesso vista più come un costo che come un’opportunità che non solo fa risparmiare sui costi energetici, ma consente di ottimizzare i consumi delle risorse: Per ogni euro risparmiato grazie all’efficienza energetica le imprese ne risparmiano due e mezzo per i benefici non energetici. Mancano orizzonti di lungo periodo, il che porta a un continuo cambio delle regole e un freno agli investimenti. Fa bene il governo a cercare di cambiare le regole che ritiene inappropriate. Sbaglia, a nostro parere, a farlo ricorrendo sistematicamente al decreto legge omnicomprensivo; sarebbe meglio fare chiarezza e semplificare veramente.
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ambiente ed energia
Quota…
meno 2 gradi! Stabilizzare le emissioni e scongiurare cambiamenti climatici irreversibili, sviluppare le fonti rinnovabili, mettere a confronto i diversi paesi su efficienza energetica e obiettivi per il 2030. Sono i temi che hanno animato e animano molti dibattiti. Ne abbiamo parlato con Sergio Castellari, fisico e climatologo, in vista della prossima conferenza di Parigi e dei nuovi accordi internazionali sul clima.
di Luca Speziale E: Lei è un fisico e climatologo e fa parte del Centro EuroMediterraneo sui cambiamenti climatici. Qual è il vostro obiettivo?
Sergio Castellari
FACCIA A FACCIA CON SERGIO CASTELLARI Fisico e climatologo
SC: Il CMCC è un ente di ricerca no-profit fondato nel 2005 con l’intento di realizzare in Italia un Centro d’eccellenza sullo studio integrato di temi riguardanti i cambiamenti climatici. Oggi il CMCC è, a livello nazionale e internazionale, un punto di riferimento istituzionale utile ai decisori pubblici, alle istituzioni, alle aziende pubbliche e private che hanno bisogno di supporto tecnico-scientifico. E: Qual è la sua attività principale? SC: Il CMCC organizza, gestisce e promuove attività scientifiche e applicate nel campo della studio internazionale sui cambiamenti climatici, attraverso il proprio network di ricerca costituito da istituzioni pubbliche
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e private che collaborano nelle attività multidisciplinari di studio su questi temi. Inoltre realizza studi e modelli sul sistema climatico e sulle sue interazioni con la società, per stimolare una crescita sostenibile, proteggere l’ambiente e sviluppare, nel contesto dei mutamenti climatici, politiche mirate per far fronte alle criticità che emergono. E: Lei è anche il Focal Point Nazionale dell’ Intergovernmental Panel on Climate Change per l’Italia. Di che cosa si occupa l’IPCC? SC: Il Focal Point Nazionale è un ponte tra l’IPCC, la comunità scientifica e l’opinione pubblica nazionale, per favorire lo scambio di informazioni su attività e progetti in essere. Funzione principale è quella di produrre rapporti di valutazione scientifica sullo stato delle conoscenze nel campo del clima e dei suoi cambiamenti. L’IPCC, quindi, studia tutte le informazioni socio-economiche e tecnicoscientifiche per comprendere il fenomeno del cambiamento climatico, i suoi possibili impatti per l’uomo e le eventuali misure di risposta di adattamento e mitigazione da mettere in atto. E: Da sempre si parla di “riscaldamento globale”: è una partita persa o si può fare qualcosa di concreto per invertire la rotta? SC: Riuscire a “contenere” il riscaldamento globale, non è un’impresa impossibile. Servono, però, patti più chiari e una maggiore cooperazione tra tutti i Paesi, in via di sviluppo e non, per far evolvere e rendere più efficace quanto deciso finora. E la Conferenza di Parigi di fine anno fornirà gli strumenti necessari per far si che questa sfida sia meno invincibile e porti i risultati prefissati. E: Entro il 2030 si parla di ridurre del 40% le emissioni e avere una quota delle rinnovabili pari al 27% dei consumi finali di energia. Traguardi raggiungibili? SC: Non è un obiettivo troppo lontano, ma non va sottovalutato. È necessario un serio impegno da parte di tutti. Soprattutto bisogna pensare che questa “lotta” ha una valenza economica ed etica. L’obiettivo primario - e comune è quello di preservare l’ambiente e dare una risposta concreta
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al problema dei cambiamenti climatici. È doveroso aumentare le forze in campo fiduciosi che si riesca a raggiungere l’obiettivo di non superare i 2° di riscaldamento globale entro la fine del secolo, frenando il processo di surriscaldamento in atto. Nel lungo percorso intrapreso, le priorità devono essere tenute in considerazione senza fare sconti. In questo senso l’aumento dell’efficienza energetica, lo sviluppo delle fonti rinnovabili e delle tecnologie sono elementi fondamentali. E: In tale contesto l’Europa e l’Italia che ruolo svolgono? SC: Il nostro paese si inserisce in uno scenario importante e per questo deve e può fare molto. In materia di politiche climatiche l’Europa è un punto di riferimento per tutti. Ha raggiunto buoni risultati e si è posta obiettivi sfidanti. Mettere in campo la propria esperienza è fondamentale per stimolare costruttivi confronti e per vincere la sfida “all’emergenza clima”. Bisogna subito trasformare la teoria in pratica grazie allo studio e utilizzo di nuove tecnologie, ai cambiamenti dei modelli utilizzati fino ad ora e alle fonti innovative, per preservare l’ambiente e dare nuovo slancio all’economia.
Sergio Castellari… in pillole! Dal 2000 lavora all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). Dal 2006, al Centro EuroMediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), è responsabile dell’Unità di Ricerca “Relazioni Istituzionali e Politiche di Adattamento”. Dall’agosto 2006 è il Focal Point Nazionale dell’IPCC per l’Italia. Dal 2007 è professore a contratto del corso “Cambiamenti climatici e Politiche Internazionali” al Dottorato di Scienze e Gestione dei Cambiamenti Climatici dell’Università Ca’ Foscari (Venezia). Dal 2011 è il coordinatore dell’European Topic Centre on Climate Change impacts, vulnerability and adaptation dell’Agenzia Ambientale Europea (EEA).
ambiente ed energia
Grazie alla fotosintesi clorofilliana
Sarà rivoluzione ENERGETICA? Grazie al progetto “Enlight” del dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa, finanziato con un milione e trecentomila euro dalla Comunità Europea per il quinquennio 2011 – 2015, si stanno scoprendo i segreti della fotosintesi per immagazzinare in modo più efficiente l’energia solare e utilizzarla dove e quando è necessario.
di Maurizio Godart Le piante, con le loro caratteristiche uniche, sono da sempre oggetto di ricerche, specialmente quando si tratta del fenomeno della fotosintesi clorofilliana. La fotosintesi clorofilliana è un processo biochimico vitale alla sopravvivenza della pianta stessa. Già da due miliardi e mezzo di anni, piante, alghe e alcuni tipi di batteri sfruttano la radiazione solare come loro primaria fonte di energia, assorbendo la luce e convertendola in energia chimica attraverso il processo della fotosintesi. È proprio attraverso questo meccanismo che le piante si procurano il nutrimento necessario per crescere. Base e motore di questo processo è la clorofilla, pigmento di
colore verde che si trova sullo strato superficiale della foglia. La clorofilla cattura, come accennato, l’energia del sole trasformandola in energia chimica. A sua volta, l’energia prodotta serve per trasformare l’anidride carbonica assorbita dall’aria in zuccheri, nutrimento della pianta. Scarto della fotosintesi è l’ossigeno essenziale alla vita sulla Terra. Grazie al progetto “Enlight” del dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa, si potrebbe arrivare a una rivoluzione nel settore dell’energia rinnovabile; i sistemi fotovoltaici, infatti, trasformano in elettricità solo il 20% dell’energia solare con cui vengono in contatto. A condurre la ricerca presso il laboratorio MoLECoLab dell’Ateneo pisano è la professoressa Benedetta Mennucci, che coordina un team composto da tre dottorandi e tre ricercatori. “Vogliamo capire i meccanismi molecolari che permettono a batteri, alghe e piante di catturare la luce in modo efficiente, adattandosi alle condizioni ambientali in continuo cambiamento”, spiega.
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“Quello che ci interessa particolarmente”, specifica la Mennucci, è la prima fase della fotosintesi, generalmente nota come light – harvesting o raccolta della luce, soprattutto perché ha un’efficienza praticamente perfetta, in altre parole solo una piccolissima parte della luce assorbita viene dispersa”. Durante questa fase, infatti, dei complessi proteici, detti “antenna”, catturano la luce solare attraverso dei pigmenti contenuti all’interno e poi la trasferiscono ad altri complessi proteici, detti “centri di reazione”, dove l’energia viene utilizzata per iniziare processi chimici. Il progetto “Enlight” cerca, attraverso modelli computazionali, di capire come questi trasferimenti di energia vengano trasmessi senza che quest’ultima venga dispersa. “La difficoltà di queste simulazioni è che i meccanismi alla base dei processi di raccolta della luce non sono spiegabili con le leggi della fisica classica – conclude Mennucci- dato che l’interazione della luce con la materia e la sua trasformazione in energia chimica avviene attraverso gli atomi e le molecole che sono sistemi microscopici che seguono le leggi della meccanica quantistica.” In particolare, “potrebbero essere proprio meccanismi di tipo quantistico a favorire la trasmissione dell’energia assorbita permettendo ai pigmenti di lavorare collettivamente in modo che la stessa energia non si disperda ad ogni passaggio”, aggiunge la docente. I pannelli fotovoltaici immessi attualmente sul mercato utilizzano il cd effetto fotovoltaico, per l’appunto, che attraverso l’uso di un materiale semiconduttore (di solito il silicio) riesce a tramutare la luce del sole in energia attraverso il passaggio di elettroni. L’idea di capire i meccanismi della fotosintesi per progettare sistemi fotosintetici artificiali efficienti, porterebbe anche, nel medio periodo, ad una sensibile riduzione dei costi della bolletta elettrica: il silicio presente negli impianti equivale al 60% del loro stesso costo. Appare intanto interessante accennare ad una scoperta che proviene dall’Università di Wageningen, in Olanda, risalente al 2007. La naturale interazione tra le radici delle piante e i batteri
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che si trovano nel suolo riuscirebbe a generare energia elettrica in maniera assolutamente pulita. Con il processo di fotosintesi, infatti, la pianta produce del materiale organico che per il 70% viene espulso dalle radici e attaccato dai batteri circostanti che, decomponendolo, danno luogo a una fonte di energia. Attraverso il posizionamento strategico di un elettrodo, gli scienziati hanno potuto assorbire gli elettroni dai batteri e sfruttare la differenza di potenziale creata per generare elettricità. Il sistema ha delle ottime potenzialità applicative, ma non è ancora perfettamente sviluppato. La sfida è riuscire a sistemare gli elettrodi nella posizione ideale per aumentare e rendere più efficiente la produzione di energia. In attesa di conoscere gli sviluppi sul fotovoltaico, riflettiamo su come difendere la magia della natura, dalla quale tutto ebbe inizio e grazie alla quale tutto proseguirà.
Pannelli con la clorofilla
ambiente ed energia
Inquinamento atmosferico
Ci salveranno di Edoardo Borriello
La questione ambientale e demografica insieme alla grave crisi economica globale spingono oggi a un cambiamento profondo, che deve partire dalle nostre abitazioni, grandi divoratrici di energia. Le città occupano il 2% della superficie terrestre; ospitano il 50% della popolazione mondiale e consumano il 75% per cento dell’energia, emettendo l’80% dell’anidride carbonica complessiva. Sono cifre impressionanti e convincenti della necessità di un nuovo modello di sviluppo economico. La sfida è nella realizzazione di città intelligenti (“smart cities”) capaci di cavalcare la rivoluzione digitale, e quindi l’innovazione, per migliorare la qualità della vita e dare un nuovo impulso all’economia. Il termine di “città intelligente” è stato introdotto come un qualificatore di vivibilità urbana, dove infrastrutture di comunicazione integranti le più avanzate tecnologie cablate e senza filo si combinano ad apparati terminali, servizi e applicazioni di avanguardia, allo scopo di semplificare la vita dei cittadini e delle imprese, nelle abitazioni, negli uffici e nei luoghi pubblici. Soluzioni avanzate di gestione della mobilità, sia in termini di infrastrutture di trasporto sia in termini di sistemi informativi e monitoraggio, sono venute ad aggiungersi come secondo aspetto tecnologico in una città intelligente.
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Un terzo aspetto riguarda la maggiore efficienza energetica, derivante non solo dall’adozione di tecnologie “smart grid” nella distribuzione di energia, ma anche dalla progettazione di edifici a basso impatto per quanto riguarda le esigenze di riscaldamento e climatizzazione. Una “smart city” rispetta precisi requisiti nella produzione e distribuzione dell’energia, nel ciclo idrico e nella gestione dei rifiuti, con processi efficaci, rispettosi dell’ambiente e capaci di adattarsi ai diversi profili di utenza, dal single, alla famiglia numerosa, alla struttura turistica. Nella sua Agenda Digitale la Commissione UE prevede un’attenzione speciale per le città intelligenti, come presupposto per una crescita dell’economia, dell’inclusione sociale, del turismo, della cultura e di un ambiente più vivibile. L’evoluzione delle realtà urbane verso città intelligenti è considerata un volano per mantenere, se non per riguadagnare, posizioni di primo piano a livello mondiale. Sono infatti numerose le iniziative di ricerca, i gruppi di sperimentazione, i progetti dimostrativi e le realizzazioni sul territorio. La partita si gioca in Europa, da dove proviene la quasi totalità dei fondi 2014-2020 da investire sull’innovazione. L’obiettivo è rendere le città luoghi che, attraverso il partenariato pubblicoprivato, alimentino dal basso un tessuto imprenditoriale.
le città
INTELLIGENTI? Su scala europea sono molte le sperimentazioni in atto. Per esempio sul fronte della mobilità e dei trasporti pubblici c’è City Mobil 2, che vede coinvolta Milano per l’Expo 2015. Un veicolo elettrico senza conduttore: un progetto pilota che a medio termine potrebbe diventare uno strumento utile per le nostre aree urbane, affinché la macchina non venga più considerata un bene ma un servizio. In Danimarca, sull’Isola di Bornholm, duemila famiglie sperimentano con EcoGrid un sistema in cui la rete elettrica è abbinata a una serie di controlli (tariffe, consumo, temperatura) via internet, in integrazione con le fonti rinnovabili, l’eolico in questo caso. La sperimentazione sarà successivamente allargata ad altre parti del paese. In Olanda la Kuiper Compagnons ha concepito a Heerhugowaard la Città del sole (la più estesa area residenziale con zero emissioni di CO2), e ora su quel modello agisce in tutto il mondo edificando “smart cities”. A Shenzhen, in Cina, è stato riprodotto lo stesso modello olandese, favorendo al massimo il trasporto pubblico. Il giro d’affari delle Smart Cities è in costante aumento: a fine 2014 era di circa 654 miliardi di dollari e nel 2019 dovrebbe raggiungere 1.300 miliardi di dollari. È quanto rileva Markets and Markets in “ Worldwide Market Forecasts and Analysis 2014-2019”: un tema che sarà affrontato anche durante l’Expo
Milano 2015. Ogni continente, nei prossimi anni, vedrà un rapido aumento della popolazione urbana e si troverà ad affrontare i problemi e le sfide che questo fenomeno comporta in un contesto che già presenta una serie di problemi come inquinamento, consumo eccessivo delle risorse naturali ed energetiche, iperdensità abitativa, cementificazione e consumo del territorio, disuguaglianza ed esclusione sociale. “Le tecnologie destinate al mercato Smart City hanno lo scopo di risolvere, anche in maniera rapida, la gran parte dei mali che affliggono le nostre città” afferma Mirella Mastretti, ideatrice e responsabile del programma culturale Rise2Up, progetto che sarà ospitato nel Padiglione della Società Civile Cascina Triulza a Expo Milano 2015. “I settori principali che sono interessati - precisa - sono l’edilizia di nuova generazione, Smart Grid, big Data/ Open Data, connettività mobile e diffusa, comunicazioni elettroniche, internet delle cose, efficienza energetica, sistemi avanzati per la gestione delle risorse idriche, smart mobility, sicurezza delle infrastrutture critiche e del cittadino, automazione industriale, sanità elettronica e formazione digitale. Determinante anche la gestione delle risorse idriche”.
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Il mondo di Corrente INCONTRO CON L’UCRAINA
di Alberto Jr. Pela Il Ministero dello Sviluppo Economico, l’Agenzia ICE e il GSE nell’ambito del Progetto Corrente - in collaborazione con l’Ambasciata Ucraina in Italia - hanno promosso e organizzato la missione di enti ucraini del settore energia, selezionati con il supporto dell’ICE di Kiev, svoltasi dal 28 al 30 gennaio 2015 in Italia. L’iniziativa, sviluppata a seguito del G7 Energia di Roma, ha permesso di presentare le competenze italiane nel settore
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rinnovabili ed efficienza energetica a livello di normativa, di gestione operativa, di tecnologie e di risultati perseguiti. La delegazione ucraina composta da enti e agenzie pubbliche competenti in materia di fonti rinnovabili e efficienza energetica, ha incontrato presso la sede del GSE oltre 30 imprese italiane della green economy interessate ad approfondire le opportunità offerte dal mercato ucraino nel medio e lungo periodo.
La Vignetta di Fama Nonostante l’attuale situazione geopolitica in Ucraina, il mercato locale si prefigura come un contesto dalle elevate potenzialità per le imprese italiane interessate allo sviluppo di impianti a fonti rinnovabili e ad avviare interventi di efficienza energetica nel settore residenziale della PA e industriale. Le imprese italiane partecipanti hanno presentato le proprie esperienze e i progetti innovativi nell’ambito di due seminari settoriali: uno incentrato sulle rinnovabili e l’efficienza energetica, l’altro sui settori geotermico e del teleriscaldamento. A margine dei seminari, l’organizzazione di oltre 50 incontri bilaterali ha permesso di valutare e approfondire numerosi potenziali progetti di collaborazione da avviare sul mercato ucraino. Nel corso della missione i delegati ucraini hanno inoltre effettuato 3 site visits sul territorio durante le quali sono stati presentati progetti innovativi e relativi impianti nei comparti biocarburanti, efficienza energetica e geotermia. Hanno preso parte alle iniziative organizzate nel corso della missione: l’operatore del mercato elettrico ucraino, l’ente della municipalità di Kiev attivo nello sviluppo di progetti e interventi di efficientamento energetico; l’agenzia per l’efficienza energetica, la società pubblica Ucraina impegnata nello sviluppo di impianti geotermici. Per conoscere tutti i dettagli dell’iniziativa, consultare gli atti dei lavori e manifestare il proprio interesse a partecipare alle prossime iniziative sistemiche dedicate al mercato ucraino delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica, collegarsi il sito web http://corrente.gse.it.
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il mondo di Corrente
LB TECH è una società indipendente di advisory tecnico, strategico, progettuale e operativo, specializzata in Project & Construction Management, Technical Due Diligence & Check up e Energy Savings. Nasce nel 2010Borriello da un’idea di alcuni manager che indicano di Edoardo negli strumenti propri del Project Management metodologie che consentano una corretta gestione di progetti nel campo delle energie rinnovabili e dell’efficentamento energetico con particolare attenzione al successo di investimenti in questo settore. Durante questi anni LB Tech si è occupata di energie rinnovabili con un approccio globale tipico del Project & Construction Management arrivando ad essere partner di gruppi importanti, quali Saint Gobain solar, Ravano Green Power, SebiGas. LB Tech, tramite un approccio multidisciplinare, è in grado di assistere il cliente in tutte le esigenze relative agli immobili: In particolare nell’energy savings in cui - tramite precisi controlli riguardanti l’efficienza energetica dell’edificio e degli impianti - LB Tech studia le migliori soluzioni per massimizzare i ritorni e razionalizzare l’utilizzo dell’energia. A seguito degli ottimi risultati ottenuti in Italia, LB Tech ha intrapreso - per conto di suoi prestigiosi clienti - numerose attività all’estero in nazioni quali India, Sud Africa, Ucraina, Albania ottenendo incarichi professionali da importanti da committenti, tra cui - ad esempio - Delmarholding Spa e Red Investimenti, aziende investitrici nel settore delle rinnovabili sia nel mercato principale sia in quello secondario. Attualmente LB Tech sta pianificando e progettando oltre
150 Mw di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili: non solo fotovoltaico ma anche idroelettrico, a biomassa ed eolico. All’estero obiettivo primario di LB Tech è certamente realizzare sinergie con aziende con tecnologia e management italiano operanti nel campo delle rinnovabili. A tal proposito sono stati sottoscritti accordi quadro con alcune primarie aziende per la realizzazione di questi impianti. Contatti: http://www.lbtech.it/ - info@lbtech.it
LB TECH
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I prodotti della SBskin per l’ottimizzazione energetica e l’incremento prestazionale degli involucri edilizi traslucidi. Gli edifici residenziali contribuiscono per il 40% alle emissioni di CO2 nell’aria essendo espressione di un settore - quello edilizio - che risulta, ad oggi, uni dei più energivori del pianeta. Per porre rimedio a questa situazione la Direttiva Europea 2010/31/Ce ha definito il nuovo concetto di “edificio ad energia quasi zero” (noto con l’acronimo NZEB -Net Zero Energy Building-) fissando al 2018 il termine ultimo entro il quale tutti gli edifici pubblici dovranno adeguarsi al nuovo ”standard energetico” e al 2020 il termine entro il quale dovranno farlo anche gli edifici residenziali privati, nell’ottica della sostenibilità energetica e della salvaguardia ambientale. Gli edifici esistenti, quindi, dovranno adeguare gli elementi tecnici dell’involucro - che rappresenta la frontiera tra interno ed esterno - perché risultino in grado di garantire adeguate condizioni di comfort indoor senza incidere eccessivamente sui consumi energetici dell’edificio, anzi contribuendo al suo auto sostentamento attraverso la produzione di energia. La SBskin - Smart Building Skin srl - start up innovativa e spin off accademico dell’Università di Palermo - ha brevettato degli innovativi componenti traslucidi multifunzionali per la realizzazione di involucri edilizi sostenibili ed attivi, in grado, cioè, di ridurre i consumi energetici degli edifici e di produrre energia pulita dal sole. Si tratta di pannelli preassemblati a secco e precompressi realizzati con vetromattoni integrati con celle solari di terza generazione (specificatamente DSC -Dye-sensitized Solar
Cell-, celle solari a colorante organico –o metallorganico-, trasparenti, colorate, stampabili in diverse forme e con diversi gradi di efficienza) che possono contribuire alla produzione di energia garantendo al contempo lo sfruttamento della luce naturale per l’illuminazione degli spazi interni, un adeguato isolamento termico ed un alto grado di caratterizzazione estetica del componente. SBskin ha sviluppato e brevettato 4 diversi elementi innovativi: - i vetromattoni fotovoltaici integrati con celle solari DSC; - i vetromattoni modificati ottimizzati dal punto di vista dell’isolamento termico attraverso l’introduzione di una cintura in materiale plastico posta tra le due conchiglie di vetro che costituiscono il mattone; - il sistema di assemblaggio a secco, con profili sagomati di supporto in materiale plastico riciclato per un rapido assemblaggio dei vetromattoni in pannelli; - la precompressione monodirezionale del pannello, che conferisce allo stesso un adeguato grado di resistenza meccanica consentendogli di resistere all’azione di vento e sisma quando installato in edifici a notevole sviluppo verticale.
SBSKIN
La semplice connessione dei pannelli alle strutture portanti dell’edificio attraverso l’impiego di assemblaggi meccanici, consente con un’unica operazione di installazione, la realizzazione dell’involucro dell’edificio e dell’impianto FV integrato. SBskin intende contrastare l’egemonia delle aziende internazionali imperanti nel mercato della Building Integration proponendo un prodotto multifunzionale made in Italy.
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Elementi Normativi La rubrica ha l’intento di aggiornare i lettori sui principali aspetti normativi del settore energetico.
A cura di Piergiorgio Liberati in collaborazione con l’Osservatorio Normativo del GSE
Al via le regole semplificative del Conto Termico È scaduto il 28 febbraio 2015 il termine per inviare al Ministero dello Sviluppo Economico il parere in merito al processo di semplificazione del Conto Termico. La consultazione, avviata dal Ministero, riguarda un pacchetto d’interventi volti a rendere più efficace lo strumento incentivante. In particolare, per gli impianti di climatizzazione a pompe di calore con potenza superiore ai 500 kW, è prevista l’eliminazione dell’iscrizione ai Registri. Per i collettori solari con potenza termica fino a 35 kW, si passerà alla predisposizione di una lista di “prodotti idonei”, oltre al rilascio dell’incentivo in un’unica rata per valori non superiori a 5.000 euro. Novità anche sulle attestazioni dei pagamenti effettuati on-line e con carta di credito.
Ecco il prezzo dei Certificati Verdi nel 2015 L’Autorità per l’energia ha fissato in 55,10 euro a MWh il prezzo medio annuo di cessione dell’energia elettrica, utile ai fini della definizione del collocamento dei Certificati Verdi sul mercato, nonché del loro prezzo di ritiro da parte del GSE. La delibera 22 del 2015, approvata lo scorso gennaio, va così a individuare il prezzo dei CV nel 2015. Questi ultimi, infatti, vengono emessi dal GSE e sono collocati sul mercato ad un prezzo pari alla differenza tra 180 euro/MWh ed il valore medio annuo del prezzo di cessione dell’energia elettrica, che per il 2014 l’AEEGSI ha stabilito essere 55,10. Il prezzo dei CV collocati sul mercato nel 2015, dunque, sarà di circa 124,9 euro a MWh. Per quanto riguarda, invece, il prezzo di ritiro dei CV da parte del GSE, questo è pari al 78% del prezzo medio di cessione dell’energia elettrica.
All’efficienza energetica ci pensa la Cabina di regia unica Promuovere un piano d’interventi per migliorare la prestazione energetica degli edifici pubblici, assicurare il coordinamento delle misure attivate attraverso il Fondo Nazionale per l’efficienza energetica, favorire sinergie con le Regioni al fine di garantire uno sviluppo omogeneo e sostenere il dialogo tra gli operatori del settore e le istituzioni bancarie. Sono questi alcuni degli obiettivi della Cabina di regìa unica sull’efficienza energetica, istituita dal D.lgs. 102/2014 e attivata il 15 gennaio scorso. La struttura, che consta di 8 rappresentanti, di cui quattro nominati dal MiSE e quattro dal MATTM, si avvarrà per lo svolgimento delle sue funzioni dell’ENEA e del GSE, secondo le rispettive competenze istituzionali.
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Elementi 34
L’Authority aggiorna gli oneri di sistema per il primo trimestre 2015 Circa 520 milioni a riduzione della componente tariffaria A3, 80 milioni a riduzione della componente A4 e 23 milioni per ridurre la UC3. Questi gli interventi stabiliti dall’Authority per il trimestre gennaio-marzo 2015, nel consueto aggiornamento degli oneri generali di sistema. Il calo dei prezzi di acquisto dell’energia elettrica per i clienti in maggior tutela (-13%) e la riduzione dei costi di dispacciamento complessivi (-11,3%) hanno comportato una riduzione dello 0,6% della spesa per il cliente tipo (famiglia con potenza impegnata di 3 kW e consumo 2.700 kWh/anno). Con le modifiche introdotte la nuova spesa stimata per il cliente tipo ammonta a 513 euro l’anno.
Disposizioni in materia d’energia nella Legge Stabilità La Legge di Stabilità 2015 (Legge n. 190/2014) ha previsto, tra le varie norme, la proroga al 31 dicembre 2015 del bonus per la riqualificazione energetica degli edifici, e l’introduzione dal 1 gennaio 2015 del “reverse charge” dell’Iva sulle quote CO2, cessioni gas ed energia elettrica, con la clausola di salvaguardia da 1,7 miliardi di euro che sarà coperta, eventualmente, entro il giugno 2015, con un aumento delle accise sui carburanti.
Costi del GSE, il MiSE approva il nuovo tariffario Il Ministero dello Sviluppo economico, con il decreto 24 dicembre 2014, ha stabilito per il triennio 2015-2017 le nuove tariffe a carico dei titolari di impianti a fonti rinnovabili – con esclusione di quelli fino a 3 kW – destinati alla copertura dei costi sostenuti dal GSE. Nel definire i corrispettivi sono state considerate anche le nuove funzioni e competenze affidate al GSE da specifici provvedimenti normativi e regolatori, come l’incentivazione del bio-metano, la qualificazione delle reti interne di utenza e la rimodulazione degli incentivi. Tariffe ad hoc anche per la gestione delle modifiche tecniche o amministrative.
POA 2014: sbloccati i finanziamenti per la ricerca di sistema elettrico Lo scorso 19 febbraio è stato pubblicato in Gazzetta il Decreto del MISE che approva il Piano Operativo Annuale (POA 2014) per la ricerca di sistema elettrico, sbloccando 28,9 milioni di euro che finanzieranno l’accordo di Programma con la società RSE spa. L’importo complessivo del PAO 2014 è di 58 milioni di euro: di questi 26,3 andranno all’Enea, mentre i restanti 2,8 spettano al Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).
Misure per l’integrazione dei sistemi di accumulo Con la delibera 574/2014 del 2014 l’Autorità è intervenuta nella regolazione dei sistemi di accumulo, prevedendo che siano trattati come singoli impianti di produzione o come gruppi di generazione. Previsto il divieto di installare sistemi di accumulo per impianti fino a 20 kW incentivati attraverso i primi due Conto Energia e in regime di scambio sul posto. La successiva delibera 642/2014 ha inoltre modificato il Testo Integrato Connessioni Attive, al fine di puntualizzare la definizione di sistemi di accumulo.
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Bizzarre energie
A cura di Sallie Sangallo
La mela diventa fazzoletto
Il cerotto ricarica il cellulare
Si chiama “carta mela”, è un materiale ottenuto grazie a un sistema di disidratazione, raffreddamento e fermentazione degli scarti delle mele. Da questo particolare processo si ottiene una farina bianca composta per il 65% da cellulosa, utilissima per la produzione di qualsiasi tipo di carta. Cartamela ha apportato una consistente riduzione sia dei costi di smaltimento delle mele, che dell’abbattimento degli alberi per l’estrazione della cellulosa. In commercio si trovano vari prodotti firmati “carta mela” come carta cucina, fazzoletti e altro.
Nei laboratori dell’università Nazionale di Singapore è stato creato un piccolo dispositivo che applicato sul corpo umano immagazzina l’energia prodotta dall’attrito della pelle con il cerotto. È stato battezzato “skin patch could” e si compone di due parti, una attaccata alla pelle e l’altra ricoperta da silicone con filamenti d’oro. Il dispositivo serve per ricaricare il cellulare, unico neo è l’irrisoria quantità di energia immagazzinata (90 volt) e la possibilità di farlo aderire solo alla gola e sul polso. L’obiettivo dei ricercatori è potenziarne la flessibilità per poter essere attaccato in più parti del corpo e aumentarne la capacità di immagazzinare maggiori quantità di energia.
Un’app contro lo spreco alimentare La lotta allo spreco alimentare si può identificare con “lastminutesottocasa.it” ed è un rete telematica che coinvolge i piccoli negozi di generi alimentari e i potenziali consumatori. Il portale nasce dall’idea di Francesco Ardito e Massimo Ivul che, con il supporto del Politecnico di Torino, hanno creato il portale per porre rimedio allo spreco di pane invenduto denunciato dall’associazione panettieri del capoluogo piemontese. Oggi il portale ha un app che segnala ai clienti di zona quantità e prezzi scontati di prodotti alimentari invenduti e prossimi alla scadenza. “lastminutesottocasa.it” conta circa 12.000 iscritti e rappresenta un modo intelligente per non sprecare risparmiando.
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Il vaso giardiniere Se fino ad oggi il problema delle vostre piante era l’insufficienza di luce solare, ora, con Chasing Sunlight si è trovata la soluzione. Si tratta di un vaso eliotropico, realizzato da un progettista cinese, che grazie a quattro sensori di luce integrati nel dispositivo e a un sistema di programmazione gestibile dall’utente, permette alle piante di godere di luce utile al proprio benessere. Al momento il vaso è ancora un prototipo, ma - per la gioia degli amanti del giardinaggio - a breve sarà lanciato sul mercato.
La Mandal homes, la casa più ecologica che c’è! Le Mandal homes sono case prefabbricate ispirate alla forma architettonica delle yurte, tende circolari dei mongoli, e consentono di risparmiare materiale edile ed energia. I materiali che la compongono sono ecocompatibili, legno di cedro di cui è composta l’intera struttura, cellulosa utilizzata come isolante per il tetto e i muri. Si riscalda grazie alla geotermia o alle pompe di calore alimentate dall’energia dei pannelli fotovoltaici. Questo tipo di abitazione è stata creata da una coppia canadese e sta riscuotendo un grande successo nel settore dell’eco design.
A Bristol si va a spasso con il Bio–Bus
Greencorks arreda... col tappo Greencorks è un’azienda che produce oggettistica e arredamento utilizzando materiali di recupero. Una delle ultime creazioni è lo sgabello a forma di tappo di spumante, alto 45 cm e prodotto con il riciclo di 700 tappi di sughero. Questi vengono raccolti in appositi contenitori chiamati “Save planet box” e permettono di dare nuova vita di una materia naturale e durevole nel tempo.
A Timisoara il fiume lo attraversi con le bottiglie Il ponte che attraversa la città romena è lungo 23 metri ed interamente costruito con bottiglie di plastica riciclate. Per la precisione 157.000, unite da cavi robusti, un lavoro che ha richiesto l’impegno di 500 volontari che si sono occupati di raccoglierle e realizzare la struttura.
Il nuovo fonoisolante lo produce l’agrumeto Nella cittadina del Regno Unito eletta a “capitale verde 2015”, sfreccia un autobus alimentato a biometano, gas prodotto dal trattamento di scarti alimentari e rifiuti organici. Il bio-bus ha 300 km di autonomia e il suo “carburante” viene prodotto dalla società GENeco, che tratta annualmente 75 milioni di metri cubi di liquami domestici e 35.000 tonnellate di rifiuti alimentari, provenienti da abitazioni, supermercati e produttori di alimenti. I veicoli alimentati a biocarburanti producono una quantità di emissioni di Co2 pari quasi al 90% in meno, rispetto a quelle emesse da veicoli alimentati a carburante tradizionale.
Due università spagnole hanno messo in pratica un nuovo isolante acustico a base di scarti della potatura di arance. Dalle fibre di arancio macinate e miscelate con il polipropilene sono state ottenute lastre, capaci di migliorare l’isolamento acustico del 150% rispetto a un tradizionale intonaco. Questo materiale rappresenta un’alternativa ecologica nel mondo del fono isolamento e costituisce una piccola fonte di guadagno per gli agricoltori, che non devono più disfarsi degli scarti della potatura.
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energia del pensiero
UN CAFFÈ CON LAURA OLIVETTI Presidente Fondazione Adriano Olivetti
Verità, giustizia, bellezza e amore. Il cuore di ogni comunità. 86
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di Romolo Paradiso “Ognuno può suonare senza timore e senza esitazione la nostra campana. Essa ha voce soltanto per un mondo libero, materialmente più fascinoso e spiritualmente più elevato. Suona solo per la parte migliore di noi stessi, vibra ogniqualvolta è in gioco il diritto contro la violenza, il debole contro il potente, l’intelligenza contro la forza, il coraggio contro la rassegnazione, la povertà contro l’egoismo, la saggezza e la sapienza contro la fretta e l’improvvisazione, la verità contro l’errore, l’amore contro l’indifferenza”.
Verità
Adriano Olivetti
Così la pensava Adriano Olivetti. Questo era il suo modo di vedere il mondo e l’umanità. Questa la sua filosofia di vita. La stessa che aveva portato in fabbrica. La stessa che aveva fatto di una piccola azienda familiare, una delle più grandi e innovative imprese del mondo. La stessa che aveva contribuito a fermentare la sensibilità, la conoscenza e il rispetto per l’altro, la mutualità, la creatività, il senso d’appartenenza e delle cose comuni nei suoi lavoratori, e a far sì che un insieme eterogeneo di persone, con differenti percorsi di vita e di pensiero, potesse divenire una feconda e felice Comunità. Un esempio per tutti, soprattutto per una società, per un Popolo, per una Nazione, che, se tale vuole essere, quegli stessi valori e principi condivisi dovrebbe sempre ricercare, possedere e strenuamente difendere. E: Signora Olivetti, suo padre Adriano oppone la saggezza, la riflessione e l’esperienza alla fretta e all’improvvisazione. Questo significa dedicare tempo alla ricerca, all’analisi, alla conoscenza, qualsiasi sia l’oggetto del lavoro, per migliorare e render efficiente un’organizzazione. Ecco, il tempo. Di esso le aziende hanno oggi una concezione un po’ troppo “utilitaristica”. Tutto va fatto in fretta e bene, cercando di ottenere immediati vantaggi soprattutto in termini di vendita del prodotto. Quanto è penalizzante tale atteggiamento per le persone dell’azienda e per la qualità del prodotto? LO: Non sono un’imprenditrice, pertanto mi è difficile giudicare le modalità operative aziendali spesso legate a complesse strategie di mercato. Posso però prendere a prestito l’esperienza di mio padre per significare quanto per lui l’organizzazione del lavoro e quindi il tempo di vita lavorativa da coniugare con quella fuori dall’azienda, fosse importante ed altrettanto lo fosse l’indice del profitto. Credo che per l’Adriano imprenditore, il viaggio in America che compì subito dopo la laurea in Ingegneria al Politecnico di Torino, sia stata un’esperienza estremamente significativa. È al ritorno da quel viaggio, dopo aver visitato molte fabbriche americane, che Adriano propone al padre un progetto rivoluzionario di modernizzazione della fabbrica che introduce alcuni fondamenti del management noti ancora oggi: l’organizzazione decentrata del personale, la direzione per funzioni, la razionalizzazione dei tempi e metodi di montaggio, lo sviluppo della rete commerciale in Italia e all’estero, oppure, ultimo, ma non ultimo, l’apertura verso il mercato di massa, che in quegli anni significava una visione estremamente innovativa.
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giustizia
I molteplici aspetti che hanno caratterizzato l’azione di Adriano Olivetti, dall’urbanistica all’editoria, passando per la politica e la sociologia, non devono distogliere l’attenzione dalla sua vocazione di imprenditore. Un imprenditore che guardava al profitto, ma il cui sguardo riusciva ad andare soprattutto oltre. Mi permetta di ricordare le parole che mio padre ha pronunciato nel celebre discorso ai lavoratori in occasione dell’inaugurazione dello stabilimento Olivetti di Pozzuoli, di cui quest’anno celebreremo i 60 anni: “Può l’industria darsi dei fini? Si trovano questi semplicemente nell’indice dei profitti? Non vi è al di là del ritmo apparente qualcosa di più affascinante, una destinazione, una vocazione anche nella vita di una fabbrica? Possiamo rispondere: c’è un fine nella nostra azione di tutti i giorni, a Ivrea, come a Pozzuoli” 1. E: Olivetti usa sempre la parola “persona” e mai “individuo” o, peggio ancora, “risorsa”. Perché? LO: Adriano Olivetti ha sempre messo al centro delle sue riflessioni la persona. Sia l’Adriano industriale, sia l’urbanista, il politico, l’editore. Forse l’alta considerazione che aveva della persona, intesa come portatrice di una missione, bisogna rintracciarla nelle sue radici, valdesi da parte di madre e ebraiche da parte di padre. La città che Adriano immagina “a misura d’uomo” è il luogo in cui la Comunità diventa concreta. Una Comunità costituita dall’insieme di persone, una Comunità che si fa diaframma tra uomo e Stato, e che è dominata dalle quattro forze spirituali, fondamento e insieme fine di ogni vero progresso sociale: Verità, Giustizia, Bellezza e Amore.
“L’impresa come luogo di armonia” E: Questo sta a dimostrare l’importanza dell’uso delle parole nella comunicazione. Perché ogni parola ha un suo “peso”, un senso e un valore che possono mutare il momento e a volte l’esistenza di una persona. Nel bene e nel male. LO: Credo che nella Olivetti fondata da mio nonno Camillo nel 1908, guidata e largamente espansa da mio padre Adriano a partire dal 1938, ed, in ultimo, ereditata da mio fratello Roberto nel 1960, i dipendenti - dagli operai ai manager – non siano mai stati considerati “risorse”, almeno secondo l’accezione, svuotata di senso, che oggi si attribuisce a questo termine e che genera un equivoco. Temo che quel senso di appartenenza, tipico del lavoratore responsabile che si riconosce nel proprio lavoro, non solo perché gli restituisce dignità, ma anche perché si sente autenticamente parte di un meccanismo fatto di condivisione e crescita, abbia nel tempo prestato il fianco a logiche legate più alla reputazione dell’azienda che non alla sua reale vocazione e relazione con la comunità e con il territorio. Anche
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Adriano Olivetti, Ai Lavoratori. Discorso agli operai di Pozzuoli e Ivrea, Edizioni di Comunità, 2012.
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bellezza 2
A partire dal dicembre 2012 la Fondazione Adriano Olivetti e le Edizioni di Comunità hanno portato di nuovo in libreria le opere più importanti di Adriano Olivetti, oramai non più disponibili da diversi anni. Negli scritti e nei discorsi di Adriano Olivetti ritroviamo una straordinaria attualità, pagine in cui si parla di dignità delle persone, di conoscenza, di comprensione profonda dei valori della cultura, di responsabilità dell’impresa verso i lavoratori e l’ambiente, e dove la scienza, la tecnologia e l’economia sono strumenti al servizio dell’uomo e della comunità. Per approfondire si rimanda al sito www.edizionidicomunita.it
quando si parla di Responsabilità Sociale di Impresa, bisogna considerare che Adriano Olivetti, ma prima anche suo padre Camillo, non ha mai inteso la Responsabilità Sociale dell’impresa come una mera ridistribuzione del profitto al territorio in modo “caritatevole e paternalista”. Piuttosto la RSI era un processo virtuoso e complessivo che legava Impresa, Comunità e Territorio in un comune agire politico e culturale che generava crescita, benessere e sviluppo. E: I valori spirituali, la cultura, sono elementi che Adriano Olivetti mette al centro della sua visione societaria. In un periodo contrassegnato da un nichilismo dominante e da una scarsa propensione al pensiero, quanto servirebbe, invece, per avviare un cambiamento di rotta in positivo, avere un vissuto lavorativo caratterizzato da cultura e valori spirituali? LO: Come ho detto la mia famiglia non ha mai inteso il profitto generato dall’impresa come fine a se stesso, bensì come uno strumento per la costruzione di un mondo spiritualmente più elevato. L’impresa era concepita come un luogo di armonia attraverso cui restituire identità e confini alla comunità e al territorio. Un modo di agire che coniuga cultura e business, una visione atipica dell’economia vista come mezzo di risanamento sociale, culturale, politico. Il modello imprenditoriale olivettiano credo sia un esempio concreto e riuscito di realtà industriale del XX secolo che speriamo possa essere un faro per le generazioni di nuovi imprenditori. E: Adriano Olivetti sosteneva che il rapporto con i dipendenti deve essere fondato sulla “autenticità”. Cioè sulla lealtà degli atteggiamenti. “Più si è autentici – diceva - più è forte il legame che si crea tra base e vertice, per una simbiosi in grado migliorare il vissuto societario e l’attività aziendale”. Cosa non facile da attuare, vuoi per mancanza di una cultura su questo tema, vuoi per le paure che può suscitare un tal comportamento. Quali, allora, le azioni da cui partire per raggiungere l’obiettivo? LO: È difficile individuare azioni precise. Non esistono manuali dell’imprenditore perfetto o del dipendente felice. Né le mie competenze mi permetterebbero di dare suggerimenti o individuare strade percorribili. Penso però che alcuni paradigmi dell’esperienza olivettiana, possano essere utili per rintracciare il valore dei legami autentici e leali tra lavoratore e impresa. In questo senso i discorsi o gli scritti di Adriano Olivetti, di recente pubblicati con le Edizioni di Comunità, permettono di rileggere
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quell’esperienza senza filtri o interpretazioni2.
“Mutualità tra capitale e lavoro, contro lotta di classe e liberismo sfrenato”
amore
E: Nella cultura Olivettiana si sente l’influsso di un pensiero capace di coniugare visione sociale e imprenditoriale. Secondo l’idea che tra capitale e lavoro debba esserci incontro, comprensione, mutualità, condivisione e partecipazione. Non crede che questa possa essere la ricetta per rendere meno conflittuale e più proficuo il mondo del lavoro? LO: Partirei innanzitutto da una considerazione: l’azione olivettiana, che possiamo definire più determinante, si è espressa tra il 1946 e il 1960, anno della morte di mio padre. Era il secondo dopoguerra, caratterizzato da un profondo senso di ricostruzione, prima di tutto economica, ma anche sociale, politica, direi strutturale. In questi anni di riscatto per il nostro Paese, l’impulso dato da Adriano ha trovato una condivisione dovuta sia dall’autenticità delle sue riforme sia da uno spirito del tempo vissuto dalla comunità. Un’occasione per la ricostruzione di un mondo nuovo, un sentimento anche di responsabilità verso le nuove generazioni, per sperare di non ritrovarsi nella barbarie patita durante la guerra. La mutualità tra capitale e lavoro va intesa come superamento da una parte della lotta di classe e dall’altra come freno a una visione del lavoro e dell’impresa in termini ultra liberisti. E: Fa piacere e non nascondo, suscita un po’ di meraviglia sentire parlare di “responsabilità” e di “speranza” in azienda. Eppure è su questi concetti che Adriano riuscì a creare la sua “cittadella Olivetti”. LO: Mio padre ha seguito le orme paterne, sotto diversi aspetti, non solo in termini imprenditoriali ma anche sociali, politici, culturali. È come se avesse amplificato ogni aspetto in linea con il tempo che stava vivendo. Le grandi difficoltà affrontate dalla Olivetti sin dai tempi di Camillo, hanno sempre generato una forte coesione interna, una dimensione stupefacente di appartenenza, ancora oggi sentita e tramandata da coloro che si definiscono “olivettiani”, come fosse un riconoscimento, un lasciapassare per dichiarati meriti etici, morali e professionali. E: La tecnica ha la sua importanza in un’azienda, così come lo stimolo e l’impegno economico allo sviluppo della ricerca sono motori per la buona riuscita di un percorso societario. Ma Olivetti ha sempre pensato che la tecnica non deve trionfare sull’uomo, non deve costringerlo a esserne succube, a dover subire le sue logiche, come purtroppo sembra oggi accadere, quanto invece essere al suo servizio. Ma c’è, a suo avviso, la volontà e la capacità di riportare il tutto nel suo alveo naturale dove è l’uomo a governare la tecnica e non il contrario?
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LO: Adriano Olivetti sentiva il pericolo della macchina sull’uomo. Si interrogava sul come far diventare la macchina funzionale per l’uomo e non far soccombere l’uomo alla macchina. L’ormai notissima frase che Camillo pronuncia ad Adriano nel momento in cui gli lascia il timone della fabbrica: “Tu puoi fare qualunque cosa tranne licenziare qualcuno per l’introduzione di nuovi metodi perché la disoccupazione involontaria è il male più terribile che affligge la classe operaia”, credo sia la giusta sintesi per interpretare il suo operato che ha sempre coniugato dignità della persona e del lavoro, valore della cultura e capacità di creare innovazione. E: L’azienda è un microcosmo di persone e valori fondato sulla condivisione. È un segmento importante della Società, con una sua autonomia gestionale, nella quale trovano vita principi, regole e comportamenti che a volte possono stimolare e ispirare anche la Comunità nazionale. Adriano Olivetti ci aveva provato. Ma è rimasto un caso isolato. Oggi sarebbe immaginabile farlo? E che valore potrebbe avere un messaggio del genere? LO: I valori di coesione, condivisione e partecipazione, sono valori che oggi, forse, abbiamo necessità di ritrovare per rifondare un’economia più umana.
“Serve un’Europa Nazione” E: Un altro argomento che stava a cuore di Adriano Olivetti era l’Europa unita in una federazione di stati. Non soltanto un’unione di facciata, basata solo su una moneta comune, ma un’Europa federale e solidale, capace di condividere storia e valori. Capace di fronteggiare con intelligenza e visione le sfide proposte dal mercato e dalle ideologie materialistiche e sfrenatamente liberiste. Non le sembra che sia arrivato il tempo di porre in atto azioni in linea con questo pensiero? LO: Sul pensiero politico di mio padre si è molto discusso, e la recente riedizione del suo scritto più noto, L’Ordine Politico delle Comunità3, ha concorso perché il dibattito si rivitalizzasse. Nel libro, scritto negli anni dell’esilio svizzero durante la seconda guerra mondiale, Adriano definisce le linee guida per un nuovo Stato che chiama appunto lo “Stato Federale delle Comunità”. Un vero e proprio progetto di riforma costituzionale dello Stato italiano che dà corpo a un’idea di organizzazione politico-istituzionale che condensa in sé un impianto federalista. Si tratta di uno scritto molto complesso, che appunto ricordiamo essere stato scritto in anni di grandi speranze riformatrici. Penso che da questo “trattato di ingegneria istituzionale”, come lo ha definito Ottiero Ottieri, si possa trarre ispirazione per riconsiderare il valore che negli scorsi decenni è stato negato alla cultura, al concetto di comunità e alla sua dimensione, all’urbanistica, alla politica e alle istituzioni che ci rappresentano.
Asterisco Quel sentiero perduto del senso di libertà di Stefania Concàri “La verità è per noi perenne, infinito movimento. Scorgere la verità è la dignità dell’uomo. Solo attraverso la verità diveniamo liberi, e solo la libertà ci rende pronti incondizionatamente per la verità.” Karl Jaspers, (Piccola scuola del pensiero filosofico) La Verità si identifica con il “sapere”. Un “sapere” che per sua natura è infinito. Il raggiungimento della Verità consisterebbe, dunque, nella piena consapevolezza di tutto ciò che esiste nella realtà. Pensare liberamente aiuta a conoscere, a imparare, a chiedersi il perché delle cose, a capire l’uomo e la realtà. In altre parole, aiuta ad essere coscienti, condizione per interpretare al meglio il modo per affrontare la vita nelle sue molteplici sfumature. La libertà di pensiero è un diritto a cui nessuno, in democrazia, dovrebbe rinunciare, ma allo stesso tempo richiede il rispetto del pensiero e dei valori altrui, a prescindere dal fatto di condividerli o meno. La nostra libertà, dunque, dipende da una responsabile e cosciente autolimitazione della stessa. Ne fa fede l’art. 21 della Costituzione italiana, che, nel sancire la libertà di espressione, non intende favorire la licenza di offendere il pensiero e il credo degli altri, in linea con i caratteri e i valori liberali e cristiani. I fatti di Parigi, quelli relativi alle vignette pubblicate su Charlie Hebdo, mostrano come un malinteso concetto di libertà d’espressione possa travalicare il senso e il valore del rispetto e sconfinare in un autoritarismo dell’individualismo. L’uomo libero è dunque quello che percorrendo il sentiero che porta al senso di libertà, riesce ad agire e a esprimersi secondo spiritualità e umanità, nel rispetto delle diversità. Fonte di ricchezza e di verità per ogni società.
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Adriano Olivetti, L’Ordine Politico delle Comunità, a cura di Davide Cadeddu, Edizioni di Comunità, 2014.
Foto: Archivio Fondazione “Adriano Olivetti”.
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ENERGIA PER L’ITALIA
VOLERE BENE ALLA TERRA
INTRODUZIONE ALL’ECOLOGIA APPLICATA
di Giovanni Caprara
(Dialoghi sul futuro del Pianeta)
(Dalla teoria alla pratica della sostenibilità)
CO2 NEI BENI E COMPETITIVITÀ INDUSTRIALE EUROPEA
Bompiani, 2014, pag.324,
di Carlo Petrini
di S. Galassi, I. Ferrari, P. Viaroli
di Agime Gerbeti
Euro 20,00
Giunti, 2014, pag.240,
Città Studi Edizioni, 2014, pag.288,
Editoriale Delfino, 2014, pag. 154,
Euro 12,00
Euro 30,00
Euro 19.00
Con il meeting internazionale delle comunità del cibo di Torino, una rete radicata in quasi ogni nazione del Pianeta, Terra Madre compie i suoi primi dieci anni. Li festeggia con “Voler bene alla Terra”: un collage di dialoghi pubblicati prima su “La Stampa” e su “la Repubblica”, che presenta le idee, i progetti e le esperienze di quanti aderiscono ai suoi valori. Sono le voci di donne e uomini in sintonia con la rete e con l'umanità che ne fa parte: contadini, pescatori e nomadi, artigiani, musicisti, intellettuali, semplici cittadini. In queste pagine parlano premi Nobel, cuochi che hanno cambiato la gastronomia mondiale, icone del mondo artistico (musicale e letterario).
Gli Autori affrontano lo studio del processo e delle funzioni degli ecosistemi, come riferimento di base per la gestione delle risorse ambientali, effettuando una valutazione critica delle più note strategie di prevenzione e di ricostruzione dell’habitat naturale. Per approfondimenti, il volume è integrato da varia documentazione che consente un affinamento specialistico sui temi trattati.
"Quella dei cambiamenti climatici è la sfida del nostro tempo, non c'è tempo da perdere: la politica deve fare la sua parte". Arrivare a un accordo vincolante e universale non sarà facile, per le conseguenze in termini di competitività delle imprese europee e dumping ambientale. Un approccio innovativo alla questione arriva dal libro "CO2 nei beni e competitività industriale europea", che accantona la visione territoriale e sposta l'attenzione sul contenuto di CO2 presente nei beni prodotti e/o importati in Europa.
Se il futuro è legato alle energie rinnovabili, è in questa direzione che deve puntare la ricerca. Scrive Caprara: “Purtroppo quello che manca è un Piano di ricerca nazionale, mentre i quattro decenni trascorsi hanno messo in evidenza una carenza fondamentale del nostro Paese: un distacco abissale tra le tecnologie energetiche da installare nei territori e la popolazione che le deve accettare. Questa situazione ha riguardato ogni tipo di impianti e qualsiasi tipo di intervento, dal ponte di Messina ai trafori alpini. Si tratta del famoso effetto NIMBY (Not in My Back Yard), letteralmente non nel mio cortile, che indica un atteggiamento di protesta e di rifiuto contro le opere di interesse pubblico che si teme abbiano un impatto negativo sull’ambiente. Ma per evitare o ridimensionare simili rischi che impediscono la realizzazione di ogni tipo di opera, l’unica terapia possibile è l’informazione adeguata, costante e approfondita. La paura dei cittadini può essere trasformata in coscienza civica capace di accettare gli interventi avviando un rapporto diretto con la popolazione, fondato sulla correttezza dei problemi e delle soluzioni adottate per il benessere comune della nazione. Solo la conoscenza può abbattere il muro NIMBY”.
Bi
Biblioteca a cura di Mauro De Vincentiis
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Il dono Non è la prima volta che in un momento di maggiore vulnerabilità incappo in qualche cosa che mi aiuta a capire la difficoltà e a offrirmi i motivi per superarla. È successo con un articolo di Gianfranco Ravasi, pubblicato sull’Avvenire. La cosa mi ha ancora una volta fatto pensare.
Mp Mondo Piccolo
Perché sono andato a prendere quel giornale? Perché Ravasi ha scritto un articolo su una condizione che ora sto vivendo? Cosa c’è dietro tutto questo? Semplice combinazione? Caso? O altro? Non lo so. Ma è possibile che tale situazione si ripeta con grande facilità solo per un fatto fortuito? Molti, forse, direbbero di sì.
A me piace pensare che dietro a tutto ciò ci sia una regia. Qualcuno cui io sto a cuore. Qualcuno che mi ha voluto e mi vuole bene, e così me lo dimostra. Nel silenzio. Nell’anonimato. Come farebbe chi vuol donare, veramente, un bene senza che chi lo riceva debba necessariamente sentirsi in obbligo di dire: “grazie!”.
lo Smilzo
Fn
Filo di Nota a cura di Mauro De Vincentiis
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La rivincita dello scarabocchio È diffusa la tendenza a riempire un occasionale supporto cartaceo con lettere maiuscole, rombi, cerchi, figure, disegni di piante o di fiori. Si racconta che negli anni Ottanta, in un vertice G7, il Presidente USA, Ronald Reagan si divertì a fare schizzi di volti; la Thatcher, al termine dei lavori vide quel foglio abbandonato e lo conservò. John Fitzgerald Kennedy, nel tempo, ha riempito decine di fogli con disegni e con parole. Lo scrittore Vladimir Nabokov, su una pagina delle “Metamorfosi” di Kafka, ha disegnato un insetto, scrivendo considerazioni tra le righe di alcune pagine. Charles Bukowski, narratore statunitense di origine tedesca, tracciava sottomarini e nomi scritti in verticale e in orizzontale. Dopo decenni di “sottovalutazioni” sembra che per gli scarabocchi si sia aperto un processo di riabilitazione. Studi di neuro-scienziati, di psicologi e di esperti del comportamento umano, dicono che quei segni aiuterebbero a concentrarsi e a esprimersi meglio e che siano una “cartolina” che ci fa ricordare particolari dimenticati di un luogo, di un evento o le parole di un relatore. Provare per credere.
Elementi 31
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Fo La foto di Andrea Amato
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CURRICULUM Si stupisce del gioco e s’inizia. Tutti i sensi appassiona all’avventura. Si cinge una corona surrettizia nella clausura delle quattro mura. Cresce in voce, in statura ed in malizia. Scopre in un grembo caldo la paura. D’esistere s’affligge e si delizia. Si flagella, bestemmia, prega, abiura… Triste in ilarità, lieto in tristizia, dei suoi giorni la callida giuntura adombra in ardue sillabe di Pizia. Sanguina all’alba da una piaga oscura. Stremato dall’assidua milizia, si misura con l’ultima impostura. Gesualdo Bufalino*
E+ Energia, letteratura, umanità
*Gesualdo Bufalino, da “Calende Greche” (1992 Bompiani editore)
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Maria Angela Donato La copertina di questo numero è dedicata ad un’opera dell’artista siciliana Maria Angela Donato, attiva a Roma in ricerche sul design. La sua attività, incentrata essenzialmente sulla valorizzazione delle esperienze “storiche” nell’affrontare il rapporto oggetto estetico - ambiente, ha in questo caso utilizzato la tecnica del mosaico rimasta inalterata nei secoli e che non ha avuto contaminazioni dal progresso tecnologico. Gli strumenti e i materiali usati sono, infatti, la “martellina”, il “tagliolo”, marmi, smalti e paste vitree tagliati prevalentemente in forme quadrangolari e legati tra loro con malta, gesso o altro collante. L’opera realizzata da Maria Angela Donato è un “Omaggio a Paul Klee”, artista tra i massimi esponenti dell’Astrattismo del quale ha fatto proprie le esperienze sui valori simbolici della forma e dei segni in relazione ai problemi di luce, colore e movimento. La costruzione ritmica del mosaico è ottenuta dalla Donato modulando le gradazioni di colore (ombre più o meno profonde e larghi spazi di luce che esaltano o smorzano i toni cromatici dei vari elementi) e la loro ripartizione come una frase musicale. Il fil rouge che unisce le “tessere” e che forma il significato, è la volontà di rappresentare, attraverso l’accordo cromatico, la matericità delle componenti di un paesaggio del quale l’occhio ha registrato l’impressione della “natura” ricreata attraverso quadratini di grandezza e materiale diverso (marmo e pasta vitrea) per ottenere, attraverso la loro specificità, gli effetti cromatici di una nuova realtà costituita non più da forme note ma dalle sensazioni ed emozioni sollecitate dalla visione. Maria Angela Donato ha catturato e riportato nello spazio del mosaico la natura esprimendone, sintetizzandoli, tutti gli
"Omaggio a Paul Klee", 2014, pannello musivo parietale-mosaico eseguito con metodo indiretto, cm 63x62,5.
intensi cromatismi e, grazie ad un prezioso bilanciamento dei colori, rimanda l’osservatore all’essenza della natura. È un diverso modo di interpretarla. Non ha tradotto lo scorcio del paesaggio in elementi figurativi ma ha concentrato la sua ricerca sul colore per creare una visione “astratta”, ricordo visivo di una commozione, capace di evocare l’aspetto della realtà senza riprodurlo ma senza negarlo. La realtà visibile, sua fonte primaria di ispirazione, è stata da lei proiettata nel mosaico come sensazione autonoma, libera e indipendente dall’imitazione di ciò che è a lei esterno.
Co Copertina a cura di Vittorio Esposito
Maria Angela Donato Immagine di sfondo di Caspar David Friedrich: “Viandante sul mare di nebbia”
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controcopertina Dateci la politica, no pantomime di Romolo Paradiso Se manca la politica? Certo che manca e non da poco tempo. Manca la politica, quella vera, quella che nasce dal vissuto, dall’osservazione delle cose del mondo, delle situazioni emergenti e di quelle appena in nuce, il cui stato non può sfuggire a sguardi che sanno travalicare l’istante e il tangibile e carpire ciò che chiaro e concreto ancora non è. Manca la politica frutto di un pensiero complesso, non di azioni istintive legate alle logiche tipiche della finanza e dell’economia, divinità di questi tempi. Ciclopi monocchio senza sentimento d’umanità. Freddi sovrani d’ogni espressione del mondo, d’ogni suo palpito, d’ogni suo respiro. Che ogni palpito, ogni respiro, ogni espressione hanno trasformato in viatici buoni per il profitto. Solo il profitto. Manca la politica, riverbero e risposta alla sofferenza popolare, ai suoi veri bisogni, alle sue necessità, alle sue aspettative e perché no, ai suoi sogni. Una politica che sappia comprendere gli
Immagine di sfondo di Caspar David Friedrich: “Viandante sul mare di nebbia”
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uomini, li sappia aiutare a trovare un equilibrio etico e sociale che li spinga a vivere secondo il senso di Comunità, di condivisione delle cose, di partecipazione, di solidarietà, in un percorso di responsabilità. Ecco, la responsabilità! L’elemento base di qualsiasi impresa umana, e a maggior ragione di chi la politica vuol fare e vuol applicare come materia fecondatrice del bene comune. Lei deve essere il pilastro sul quale edificare la cittadella societaria. Ripartiamo dunque dalla responsabilità per rifondare l’uomo, per offrire al suo sguardo, al suo pensiero, alla sua azione e al suo sogno, la forza, il coraggio, il sentimento per alimentare e costruire qualcosa capace di sfidare il tempo e vivere con fiducia il suo momento. E non solo il suo momento. Riaccendiamo quella fiaccola di civiltà che, per dirla con Antoine De Saint Exupéry, “non sia solo la somma dei nostri interessi, ma quella dei nostri doni”.