GUSTARE L'ITALIA 05 - OTTOBRE 2010

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Periodico

di

cultura

enogastronomica

e

turismo

Anno

1

-

Numero

5

-

Ottobre

2010

Con il patrocinio di

Tempo di Vendemmia


La tenuta Cà da Meo di Magda Pedrini è il risultato di un profondo amore per una terra che, grazie alla sua particolare posizione, da origine a coltivazioni assolutamente straordinarie nell’ambito dei vitigni che producono eccezionali Gavi docg. Da questa storia così carica di sentimenti umani e di lavoro nascono i vini della Tenuta che arrivano ad arricchire di stile e di gusto le nostre tavole. Tel. +39 0143 667923 Fax +39 0143 667929 • www.magdapedrini.it • E-mail: nuovacadameo@virgilio.it


L’autunno è arrivato! La natura, in una fantasmagoria di colori, tono su tono, si prepara al letargo invernale, mentre ci regala gli ultimi frutti di stagione: noci, fichi, castagne, uva..., soprattutto uva. L’uva e il vino hanno accompagnato, da millenni, l’evoluzione sociale dell’uomo - com’è stato ampiamente disquisito nell’editoriale e nei diversi “pezzi” pubblicati sul primo numero della nostra rivista; ma considerata l’importanza della cultura e dell’economia che nel tempo si sono sviluppate intorno alla vigna, all’uva e al vino, ritorniamo sull’argomento e presentiamo un numero quasi monografico, da leggere tutto d’un fiato, grazie alla spontaneità con la quale i nostri redattori hanno trattato gli argomenti ed alla varietà dei differenti punti di vista. Presentiamo un sommario, per dirla con linguaggio gastronomico, da... “leccarsi i baffi”, che ha nel vino il comune denominatore.

A raccontare il rapporto vino-territorio-turismo aiutano “Re Barolo e il suo museo”, “I turisti amano il vino italiano”, “Franciacorta, un territorio un vino”, “Romagna terra del Sangiovese” ...e così via. Ci è sembrato doveroso anche illustrare, affinché se ne capisca il senso e se ne condivida l’uso, le tante “sigle” che tutelano e salvaguardano la qualità del vino che consumiamo: la maggior parte di noi si limita al significato della DOC e DOCG, non andando oltre e non pensando alla vastità e varietà dell’argomento. “I sapori del vino”, “Il vino in cucina” ed altre rubriche completano l’odierna “Gustare l’Italia”. Insomma un numero questo che, lungi dal pretendere di esaurire la materia vigna-uva-vino, contribuisce - peraltro no-frills, senza fronzoli, come direbbero gli inglesi - a saperne un pò di più. E non ci sembra poco (ce lo diciamo da soli)!

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Gustare l’Italia

Editoriale

Si comincia con “Tempo di vendemmia”, che illustra alcuni degli aspetti e dei problemi della moderna viticoltura (manodopera, raccolta meccanizzata, scelta del momento giusto, opportunità dell’analisi sensoriale), per arrivare a ciò che i “cugini” francesi hanno compreso da decenni e cioè “Produrre meno vino, ma di qualità” - ecco, allora, le cifre in Italia, regione per regione, con gli scarti in più o in meno nei confronti dello scorso anno, arricchite dai dati climatologici, che di solito causano gli scarti stessi. Si continua illustrando gli abbinamenti cibo/vino, commentati secondo le regole, le tradizioni i gusti e, addirittura, in relazione al nostro segno zodiacale.


Sommario ottobre 2010

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Tempo di vendemmia

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Previsioni: si produrrà meno vino, ma di qualità

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Vini: tutta questione di scelta

38

Il Sangiovese di Romagna: storico riscatto dell’enologia romagnola

42

“Re Barolo” e il suo museo

28

Le sigle del vino

48

I turisti amano il vino italiano

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Corso di sommelier A lume di naso

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Franciacorta un territorio, un vino

34

Un vino da scoprire Lacrima di Morro d’Alba

56

L’Aquila Reale spicca il volo

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Tre bicchieri di... “Selvarossa riserva 2007”

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La costa che seduce

60

Il vino in cucina

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A tavola con le stelle La cena della bilancia

Res Tipica I guardiani del nostro patrimonio “tipico”

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Libri da mangiare

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Quiz Sei un vero gourmet?

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Autunno, tempo di zafferano

80

Le lune di Gustare l’Italia Villa Franceschi Periodico di enogastronomia e turismo - Anno 1 - Numero 6

Ottobre 2010 - Reg. Trib. di Milano n° 201 del 14/04/2010

Direttore Responsabile: Massimo Balletti - Direttore Editoriale: Cino Tortorella Caporedattore: Raffaele Montagna Responsabile Dipartimento Grafico: Daniele Colzani Grafica e impaginazione: Daniele Colzani - Giovanni Di Gregorio Responsabile Diffusione: Roberto Zanutto Concessionaria pubblicità: Press Video Edizioni Pubblicità Responsabile Trattamento Dati Personali: Paola Cattaneo L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti e la possibilità di richiedere gratuitamente la rettifica o cancellazione ai sensi dell’art. 7 del D. Lgs 196/2003 scrivendo al Responsabile del Trattamento Dati Personali: Press Video Edizioni - Via Milanese, 5/11 - 20099 Sesto San Giovanni (Mi)

Contatti: info@gustarelitalia.it - www.gustarelitalia.it Hanno collaborato: Roy Berardi - Fabrizio Cimino - Marinella Croci - Bruno Goglione - Simona Lombardo - Angelo e Piero Solci - Reghina Zater

Fotografi e Uffici Stampa : Emanuela Cattaneo - Enrico Lombardo - Debora Montoli - Giangiacomo Rocco di Torrepadula - Associazione Res Tipica - Azienda Agricola Baroni Cappa - Cantine Due Palme - Cesarini Sforza SpA - Consorzio Tutela del Franciacorta - Ente Turismo Alba Bra Langhe Roero - Enoteca Italiana - Equipe srl Strategia e Comunicazione - Garzanti Editore - Gourmadia srl - Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali - Newton Compton Editore- Romagna Terra del Sangiovese - Vinidea - Volentieri Pellenc -

Foto cover: Debora Montoli © Riproduzione (anche parziale) vietata

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Tipica ma non esclusiva delle zone collinari, la viticoltura è alquanto diffusa nel nostro paese. In autunno, quando le foglie si tingono di giallo, i vigneti si animano di gente. È tempo di vendemmia, un duro lavoro che riesce ancora a dare grandi gioie e soddisfazioni

© Marinella Croci

di Marinella Croci

Tempo di vendemmia

Tra settembre e ottobre i vigneti si animano di colori, fatti di gente, cassette e tini, carri e trattori.

Da fine estate i viticoltori sono già impegnati nelle frenetiche attività che ruotano intorno all’imminente vendemmia. Ma è soprattutto tra settembre e ottobre che i vigneti si animano di colori, fatti di gente, cassette e tini, carri e trattori. Pochi rapidi movimenti e le cassette si riempiono di grappoli, si spostano, si caricano e... via, verso la cantina, dove sono predisposti gli ampi recipienti che accolgono il mosto destinato a trasformarsi in nuovo vino. Giornate lunghe e faticose, ma permeate da una gioia diffusa, quasi a preannunciare l’imminente festa per una buona vendemmia. In cantina i ritmi sono incalzanti, con i carri allineati, pronti per essere pesati, prima di passare al prelievo per conoscere il grado zuccherino. E

poi arriva il momento in cui l’uva viene riversata nelle vasche di raccolta, imprigionata per la pigiatura. È sempre vivo il ricordo di quando questa operazione veniva eseguita con i piedi, in tini colmi di uva. Ora è puramente meccanica ma mantiene il suo fascino, quasi in un estremo saluto al grappolo e benvenuto al mosto nelle vasche di fermentazione. In attesa di diventare vino.

Manodopera stagionale La raccolta dell’uva viene ancora fatta prevalentemente a mano, soprattutto nei luoghi con stretti legami alle tradizioni, proprio perché assicura una buona cernita e selezione delle uve: vengono dapprima eliminati i grappoli marci o

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persone che cercano lavoro saltuario e che, in periodo di vendemmia, si trovano ogni mattina, proprio come succedeva una volta, nelle piazze principali di Santa Maria La Versa, Canneto e Borgo Priolo, nella zona centrale o est dell’Oltrepò a viticoltura più intensa, per cercare lavoro a giornata”. Provengono da Romania e Polonia, sono comunità che ogni anno si organizzano e restano nella zona per tutto il periodo della vendemmia, occupando la casa messa a loro disposizione dal viticoltore. Al termine della raccolta tornano al loro paese mentre alcune donne si fermano per prestare servizio come badanti. “Sono tutti inquadrati regolarmente con contratto stagionale - prosegue Panont - perché la vendemmia deve essere ben pianificata calcolando in anticipo quanti addetti saranno impegnati in funzione dei quintali da conferire in cantina. Al lavoro giornaliero ricorrono i piccoli viticoltori per inte-

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malati per poi raccogliere, al secondo passaggio, solo l’uva perfettamente matura. Guardando attentamente i vigneti in periodo di vendemmia, si scorgono gruppi di persone che si muovono rapidamente per riempire i cesti e i colorati recipienti con l’uva raccolta. Un tempo era un lavoro ambito dagli studenti. Oggi, come ci racconta Carlo Alberto Panont, direttore Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, è appannaggio di immigrati ed extracomunitari. “Il lavoro in campagna è fatto di gioie e dolori ma anche dello stare insieme. Ricordo come, da studente, si raccoglieva l’uva con i compagni per un’intera settimana e alla fine si festeggiava con una grande grigliata. Ora gli studenti non partecipano più alla vendemmia sia per motivi pratici, perché l’inizio delle scuole è stato anticipato, sia perché certi tipi di lavoro sono disprezzati oppure non ci si ricorda più che si possono fare. Le tradizioni vengono mantenute con le

Pochi rapidi movimenti e i recipienti colorati si riempiono di grappoli.

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© Volentieri Pellenc

grare temporaneamente l’attività dei familiari oppure in caso di emergenza, utilizzando comunque il sistema di pagamento tramite voucher”. La situazione è simile in tutta Italia, con qualche differenza: quasi per tradizione in Franciacorta prevalgono i senegalesi, in Sud Italia i nordafricani e in Friuli sloveni, ungheresi e croati… “In Franciacorta quest’anno sono stati vendemmiati 220.000 quintali, che hanno occupato 3000 persone, con un’incidenza del 65% di stranieri sul totale degli stagionali - spiega Maurizio Zanella, presidente del Franciacorta -. In realtà gli italiani, soprattutto disoccupati, sono aumentati del 12% rispetto allo scorso anno mentre sono diminuiti gli studenti. La manodopera stagionale è però fatta prevalentemente di stranieri, provenienti da La meccanizzazione della vendemmia potrebbe contribuire Senegal, Romania e Polonia, Pakia ridurre sensibilmente i costi della raccolta. stan e Bangladesh, mentre possono essere impiegati più facilmente i cassaintegrati, Secondo Giuliano Boni di Vinidea, società spele casalinghe e i pensionati grazie al voucher. In cializzata in formazione professionale per il setpratica l’azienda acquista in posta i voucher ne- tore, se le macchine sono ben regolate, la vencessari e li consegna a ciascun lavoratore nella demmia meccanizzata è compatibile con la quantità corrispondente al salario; il lavoratore maggior parte degli stili di vino che si intende presenta poi il voucher all’ufficio postale riscuo- produrre “La difficoltà consiste nel regolare cortendo il contante. Attraverso questo processo il rettamente le macchine - afferma -, che devono pagamento è molto più veloce ed efficace sia funzionare su vigneti con forme di coltivazione per le aziende sia per il lavoratore”. impostate a spalliera e che consentono quindi operazioni vendemmiali con qualità paragonaRaccolta meccanizzata bile a quelle della raccolta manuale con il vanLa polverizzazione della proprietà, le forme di taggio della tempestività, che su appezzamenti allevamento inadeguate e la difficoltà di acces- di grandi estensioni sono significativi perché si so ai vigneti ostacolano una maggiore diffusio- possono scongiurare i problemi causati dalle ne in Italia della meccanizzazione, che peraltro improvvise perturbazioni oppure si può lavorare potrebbe contribuire a ridurre sensibilmente i nelle ore più fresche evitando la raccolta pomecosti della raccolta. ridiana quando l’uva è molto calda”.


© Marinella Croci

Nel nostro Paese la meccanizzazione riguarda solamente il 15% circa della superficie vitata, come spiega Alessandro Salvestrini, amministratore di Volentieri Pellenc, tra le principali società del settore. “In Italia la superficie vitata è intorno ai 700.000 ettari che, se togliamo l’uva da tavola e i catasti in eccesso, scende a circa 650.000 ettari. Se poi consideriamo che i viticoltori sono quasi 980.000, è facile intuire la dimensione del frazionamento: meno di un ettaro per viticoltore. Questo significa che per molti il vigneto è un semplice passatempo. Stimiamo quindi un parco macchine di 1700 vendemmiatrici e calcoliamo che ciascuna operi su circa 60 ettari ciascuna, arrivando a circa 100.000 ettari cioè circa il 15% della superficie vitata. Le regioni più meccanizzate sono il Friuli, con aree pianeggianti; la Romagna; il Veneto nella zona del lago di Garda, dove si contano 120 macchine; la Toscana, la Sicilia, con 120 unità nel Trapanese. In Oltre-

Gli ultimi grappoli riversati nelle vasche di raccolta.

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pò Pavese, dove ci sono circa 70 macchine, la meccanizzazione si è diffusa negli ultimi tempi nonostante le difficili condizioni degli allevamenti, grazie allo sviluppo di macchine che riescono a lavorare in salita. La Puglia, partita in ritardo poiché i costi della manodopera erano molto bassi, ora è abbastanza meccanizzata. In Abruzzo e Marche la meccanizzazione è limitata per problemi legati alla tipologia del vigneto. Diversa è la situazione all’estero, soprattutto in Paesi come la Francia, dove su una superficie vitata simile a quella italiana, si contano circa 13-14.000 macchine. Ma non dimentichiamo che il nostro è un settore di nicchia: a livello mondiale si vendono circa 700 macchine all’anno”. Un altro aspetto che influisce su questa situazione tipicamente italiana è il fatto che le uve sono prevalentemente gestite da cantine sociali, punto di riferimento dei viticoltori più piccoli, che si vedrebbero penalizzati dalla meccanizzazione. Diversamente dalla cantina sociale, l’azienda privata ha tempi di svuotamento bassi per cui riesce a migliorare la qualità con la raccolta meccanica, che può essere fatta di notte, nelle ore più fresche, con uve raccolte nel momento migliore. Anche in questo settore, dunque, la tecnologia ha fatto passi da gigante. E una macchina vendemmiatrice è mediamente ammortizzabile in dieci anni, considerando che la raccolta

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è puramente stagionale. Eppure lo scetticismo è ancora diffuso. “Spesso i vigneti non sono deliberatamente adattati alle macchine - prosegue Salvestrini -. Vengono mosse critiche sull’ammostamento delle uve, condizione che riscontrabile con le qualità a buccia più sottile ma del tutto controllabile con idonei sistemi di trasporto. Quando l’uva arriva in cantina e viene

lasciata al sole per la pausa pranzo oppure perché bisogna rispettare l’ordine di ingresso, si può incappare in problemi ben più grossi”.

Quando il momento è ‘giusto’ La maturazione enologica dell’uva avviene tra settembre e ottobre, con il raggiungimento dell’equilibrio ottimale tra concentrazione zuccherina e contenuto in acidi. Il raccolto varia però da regione a regione, da zona a zona: in Alto Adige il particolare microclima consente di distribuire la raccolta nel tempo mentre in meridione le temperature elevate potrebbero provocare una eccessiva maturazione. E nelle zone limite del Nord le operazioni di raccolta devono essere accelerate a causa del maltempo. Quest’anno i primi grappoli sono stati tagliati a metà agosto in Sicilia, Lombardia (Franciacorta) e Puglia. È poi toccato a Veneto, Romagna, Toscana, Friuli Venezia Giulia e Abruzzo, ma solo per le varietà precoci (Chardonnay, Pinot, Sauvignon). Gran parte della raccolta incomincia solo nella terza decade di settembre per concludersi tra fine ottobre e metà novembre con i conferimenti degli ultimi grappoli di Nebbiolo in Valtellina, di Cabernet in Alto Adige, di Aglianico del Taurasi in Campania e dei vitigni autoctoni sulle pendici dell’Etna. Che la raccolta influisca sul vino è evidente, per esempio, nei bianchi o in quelli destinati alla spumantizzazione, per i quali bisogna vendemmiare in anticipo in modo da ottenere un tenore più alto di acidi, portatori di freschezza e garanzia di profumi e aromi. Corpo e alcoolicità sono invece il risultato del massimo tenore zuccherino, ottenuto ritardando il più possibile la vendemmia. La raccolta dell’uva viene ancora fatta prevalentemente a mano.

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Perché l’analisi sensoriale

individuare disequilibri nel grado di maturità delle diverse componenti dell’acino. “L’analisi sensoriale delle uve contribuisce all’organizzazione della vendemmia - prosegue Boni -, definendo obiettivi di maturità adeguati a ogni tipo di vino che si vuole produrre e impostando di conseguenza il calendario vendemmiale. Si possono poi tracciare dei profili di riferimento per i principali vitigni internazionali, definendo le esigenze minime e il livello ottimale di maturità”. E conclude: “In un’annata molto eterogenea come quella di quest’anno la degustazione delle uve è ancora più importante per individuare le caratteristiche delle diverse parcelle e per capire il momento ottimale per la raccolta perché a distanza di pochi chilometri i vigneti posso avere caratteristiche variabili da eccellente ad appena sufficiente”.

© Vinidea

La corretta maturazione delle uve è tra gli argomenti che vengono affrontati nei corsi di formazione e aggiornamento professionale per i tecnici della filiera vitivinicola. Vinidea sostiene che la qualità del vino si determini in vigneto ma debba essere commisurata agli obiettivi di produzione e al target di riferimento dell’azienda. “La valutazione della qualità enologica dell’uva è l’obiettivo dei tecnici viticoli - afferma Giuliano Boni, Vinidea -, che devono disporre di parametri oggettivi per indirizzare le scelte in vigneto, ma anche degli enologi, che devono adattare la tecnologia di vinificazione sulla base delle caratteristiche dell’uva. Noi proponiamo la metodica di analisi sensoriale messa a punto dall’Institut Coopératif du Vin (ICV) di Montpellier, Francia, che, grazie alla sua ripetibilità e al costo ridotto, si sta affermando come tecnica di riferimento complementare alle analisi chimicofisiche dell’uva (zuccheri, acidità, maturità fenolica)”. La metodologia ICV permette infatti di valutare le caratteristiche meccaniche degli acini, l’equilibrio tra zuccheri e acidità, la potenzialità aromatica, l’intensità e la qualità fenolica nonché di

Per valutare la qualità enologica dell’uva, Vinidea propone la metodica di analisi sensoriale messa a punto dall’Institut Coopératif du Vin (ICV) di Montpellier, Francia.

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Buone previsioni per un’annata particolare danti precipitazioni hanno ricostituito le riserve idriche e le grandinate primaverili ed estive hanno colpito zone produttive circoscritte. A un caldissimo luglio è seguito un agosto con sbalzi di temperatura anche di 10 gradi. “Le piogge abbondanti al Centro Nord - prosegue Martelli - hanno rischiato di ‘annegare’ la produzione mentre le alte temperature del Sud hanno rischiato di bruciarla. Lo scorso anno l’Italia vitivinicola era stata idealmente divisa longitudinalmente, mentre quest’anno può essere divisa in tre parti: nel Nord si riscontrano aumenti di produzione abbastanza omogenei (5-10%), soprattutto in Piemonte e Lombardia; Emilia Romagna, Toscana e le Isole presentano invece un calo del 5-20% cui si contrappone l’aumento del 5% delle regioni meridionali, con punte del 10% in Puglia”. Secondo Assoenologi nel 2010 la produzione di uva potrebbe oscillare tra i 60 e i 64 milioni di quintali che, applicando il coefficiente medio di trasformazione del 73%, danno circa 45,5 milioni di ettolitri, quantitativo equivalente a quello dello scorso anno (45,4 milioni di ettolitri). La media quinquennale (2005/2009) è di 46.885.000 ettolitri e quella decennale (2000/2009) di 48.263.000 ettolitri. I dati sono confermati anche da Ismea e Unione Italiana Vini che, per la vendemmia 2010, stimano poco più di 45 milioni di ettolitri: dalla ricognizione dei vigneti di settembre risultava che la campagna potrebbe essere lievemente inferiore (-1%) a quella del 2009. Per il quinto anno consecutivo i volumi italiani si attesterebLa qualità del vino si determina in vigneto ma deve essere bero così sotto la soglia dei 50 commisurata agli obiettivi di produzione milioni di ettolitri.

© Marinella Croci

“Nonostante questa vendemmia si inserisca in un anno caratterizzato da sbalzi di temperatura e livelli di piovosità elevati, non escludo la possibilità di firmare un grande millesimo - afferma Giuseppe Martelli, direttore generale di Assoenologi, l’Associazione enologi enotecnici italiani -. La vite manifesta la sua capacità di adattamento, riuscendo a superare i momenti di criticità che hanno invece compromesso l’esito di altre colture. A causa del bizzarro andamento climatico e meteorico, fatto di temporali, caldo torrido, basse e alte temperature, la qualità è eterogenea anche nell’ambito della stessa regione. Complessivamente è buona, con punte di ottimo ma poche di eccellente. L’andamento climatico del mese di settembre è decisivo per il livello qualitativo della produzione”. Le basse temperature invernali hanno infatti ritardato il risveglio della vite mentre le abbon-

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PER SAPERNE DI PIU’ Associazione Enologi Enotecnici Italiani - Assoenologi Via Privata Vasto, 3 - 20121 Milano Tel. 02.99785721 r.a. - Fax. 02.99785724 E-mail: info@assoenologi.it Website: www.assoenologi.it

Consorzio per La Tutela del Franciacorta Via G. Verdi, 53 - 25030 Erbusco BS

UIV - Unione Italiana Vini Soc. Coop.

Tel. 030.7760477 - Fax 030.7760467

Via San Vittore al Teatro, 3 - 20123 Milano

E-mail: info@franciacorta.net

Tel. 02.72222825 - Fax 02.866575

Website: www.franciacorta.net

Webiste: www.uiv.it

Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese

P.zza I° Maggio, 20 - 29028 Ponte dell’Olio (PC)

P.zza Vittorio Veneto, 24 - 27043 Broni PV

Tel. 0523.876423 - Fax 0523.876340

Telefono: 0385.250261 - Fax: 0385.54339

E-mail: info@vinidea.it

E-mail: info@vinoltrepo.it

Website: www.vinidea.it

Vinidea

Website: www.vinoltrepo.it

Volentieri Pellenc Via Pancole, 16 - 53036 Poggibonsi (SI)

La Jasse de Maurin - 34970 LATTES

Tel. 0577.983611 - Fax 0577.985547

Tel. 04 67070490 - Fax 04 67070495

E-mail: info@volentiripellenc.com

E-mail: icv@icv.fr - Website: www.icv.fr

Website: www.volentieripellenc.com

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ICV - Institut Coopératif du Vin

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Nella produzione di vino, l’Italia risulta ‘divisa’ in tre parti, con il Veneto in testa alla classifica, seguito da Emilia Romagna, Puglia e Sicilia. Per Assoenologi quest’anno la qualità dovrebbe essere buona. Conferma UIV (Unione Italiana Vini), che però prevede una lieve flessione in termini di quantità

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di Simona Lombardo

Previsioni: si produrrà meno vino, ma di qualità

Nella produzione l’Italia non è omogenea e risulta divisa in tre parti: il Veneto (8.585.000 ettolitri) è la regione italiana più produttiva. Quasi il 60% del vino italiano (26.650.000 ettolitri) viene prodotto da Veneto, Emilia Romagna, Puglia e Sicilia. In diverse regioni, in particolare del Sud, la produzione risulta diminuita anche a causa delle estirpazioni volontarie e con premio comunitario, nonché dall’entrata in essere della ‘vendemmia verde’, che consiste nel rendere improduttivo il terreno per un anno. La qualità, nel comples-

so, si presenta buona, ma molto dipenderà dagli ultimi 20 giorni prima della raccolta, durante i quali sarà determinante il clima caldo ma non umido. Una panoramica sulle prime previsioni di vendemmia ci viene fornita dalle statistiche pubblicate a fine agosto da Assoenologi, risultato di rilievi e valutazioni eseguite dalle diciassette sedi periferiche, e a metà settembre da UIV sulla base di monitoraggi sul ‘vigneto Italia’ realizzati dalla rete di rilevazione Ismea e dalle oltre 500 imprese associate su tutto il territorio nazionale.

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Piemonte (+6%) Dopo un inverno lungo e particolarmente rigido, cui ha fatto seguito una primavera perturbata, i vigneti piemontesi hanno dovuto fare i conti con il caldo intenso di giugno e luglio, per poi passare alla pioggia di metà agosto e nuovamente al caldo intenso con un alto tasso di umidità alla fine del mese. A causa di questa continua alternanza, la raccolta in Piemonte è stata ritardata di 10-15 giorni rispetto al 2009, senza tuttavia che quantità e qualità fossero pregiudicate. In generale, il vigneto piemontese si presenta con un buon carico di uva ed è stato necessario il diradamento, pratica peraltro attuata da tempo sia per avere un maggiore equilibrio domanda/offerta sia per ottenere qualità più elevate. La gradazione si presenta buona. I primi giorni di settembre è incominciata la vendemmia di Chardonnay e Pinot Nero, basi spumante Alta Langa, seguita a ruota dai conferimenti di Brachetto e Moscato. Verso la metà di settembre è stata la volta di Dolcetto, Freisa e Cortese. Per Barbera e Nebbiolo si è attesa la fine del mese; i conferimenti terminano nella prima decade di ottobre. Quantitativamente Assoenologi prevede una produzione superiore di poco meno del 10% rispetto a quella dello scorso anno. Per UIV si dovrebbe registrare un aumento quantitativo del 6%.

Valle d’Aosta (+10%)

susseguite in maniera regolare e la qualità del prodotto si prospetta buona.

Lombardia (+5%) Una crescita produttiva del 10% è prevista anche in Lombardia, dove i primi cambi di colore del grappolo sono iniziati sul Pinot a metà luglio, in ritardo di oltre 10 giorni rispetto allo scorso anno, ma nella norma pluriennale. Il clima asciutto e la freschezza del terreno hanno favorito una buona maturazione determinando una buona qualità in tutta la regione per le uve a bacca bianca. In Fanciacorta la raccolta di Chardonnay e di Pinot è incominciata a metà agosto, anche se il pieno della vendemmia è avvenuto qualche giorno più tardi. In Oltrepò Pavese i grappoli delle varietà precoci sono stati invece staccati il 23 agosto per proseguire con i Pinot nella prima settimana di settembre e quindi con i Riesling e i Moscati. La vendemmia si chiude nei primi giorni di ottobre con Croatina e Cabernet, le varietà a bacca rossa. In Valtellina, a esclusione del Nebbiolo destinato alla produzione di Sforzato, la vendemmia avviene solamente a inizio ottobre. Dal buono all’ottimo è la ‘votazione’ assegnata da UIV, che sottolinea le buone performance registrate nell’Oltrepò Pavese, ma ridefinisce le previsioni al ribasso: +5%.

Veneto (+3%)

In Valle d’Aosta UIV prevede una decisa ripresa produttiva, in crescita del 10% sull’anno scorso. Le diverse fasi fenologiche, in ritardo di una settimana sullo scorso anno, si sono

Dopo un inverno particolarmente rigido e una primavera piovosa, il caldo di giugno ha ridato vigore alle vigne che sono arrivate alla fase vendemmiale in ottimo stato. Nelle zone di

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produzione del Soave, Valpolicella, Bardolino e Custoza, Assoenologi stima una produzione in aumento dal 5% per salire al 10% nell’Arcole e nei vigenti del vicentino. Un po’ più caute le previsioni di UIV (+3%), che stima una produzione intorno a 8,5 milioni di ettolitri. La raccolta delle uve precoci nelle province di Verona e Vicenza è iniziata il 23 agosto, con un ritardo di circa una settimana sulla vendemmia 2009; per le uve da riposo i conferimenti sono incominciati a metà settembre. Nel Veneto Orientale, a causa del ritardo della maturazione, le varietà precoci sono state raccolte a partire dai primi giorni di settembre; la vendemmia dei grappoli di Prosecco è incominciata intorno al 20 settembre. Nelle province di Treviso Venezia, Rovigo e Padova la quantità dovrebbe essere in linea con quella del 2009, con un decremento per i vitigni a bacca rossa, come il Merlot. Dal punto di vista qualitativo, Assoenologi ipotizza un’annata interessante per i vini bianchi, soprattutto per le basi spumante e frizzante.

Trentino Alto Adige (+5%) In linea con la media pluriennale, la vendemmia in Alto Adige è incominciata nella prima decade di settembre con la raccolta delle varietà precoci a bacca bianca del fondo valle, per continuare con i primi rossi di mezza collina ((Schiave e Pinot nero). ( A seguire le varietà a bacca rossa (LaMerlot e i bianchi aromatici (Müller ( grein, Merlot) Thurgau e Sauvignon) per chiudersi a fine ottobre con le varietà tardive di Cabernet. In Trentino la raccolta delle varietà base spumante era nel pieno a fine agosto, cui ha fatto

seguito nella prima decade di settembre la vendemmia del Pinot grigio e dello Chardonnay da vino, per proseguire in collina con la raccolta del Müller Thurgau. Per il Teroldego, il Merlot e il Marzemino si è dovuto attendere la metà di settembre. Per UIV la raccolta sarà positiva sia dal punto di vista quantitativo (+5%) sia qualitativo. Anche le previsioni qualitative di Assoenologi sono orientate verso vini di alto livello, mentre quelle quantitative rispecchiano i valori del 2009.

Friuli Venezia Giulia (+5%) Il calendario vegetativo in Friuli Venezia Giulia è risultato nella media degli ultimi cinque anni, ma in ritardo di circa una settimana rispetto al 2009. La vendemmia è incominciata a fine agosto con la raccolta delle uve base spumante, seguita dalle uve da vino e, a fine settembre, dalle varietà a bacca rossa, con i conferimenti di Merlot e Cabernet. Si conclude nella seconda settimana di ottobre con la raccolta delle varietà tardive (Verduzzo, Refosco, Picolit e Ramandolo). Assoenologi non esclude vini ai massimi livelli qualitativi, ricchi di struttura, profumi, colore e composti aromatici.

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La produzione dovrebbe essere leggermente superiore (+5%) a quella del 2009, dato confermato da UIV, che prospetta una ottima qualità per le uve bianche e buona per le rosse, in maturazione tardiva.

Grappoli pieni e mediam e n t e grossi caratteLambruschi rizzano i Lambruschi, mentre quelli delle Ancellotte sono piccoli, con acini sotto le dimensioni normali. I primi grappoli sono stati staccati a inizio settembre, con il pieno della vendemmia a metà mese. Le gradazioni dovrebbero essere al di sotto della media, con alti livelli di acidità. Il calo del 5% stimato da UIV sarebbe invece omogeneo sia in Romagna che in Emilia quale conseguenza non solo delle grandinate ma anche della scelta dei viticoltori di diradare i grappoli e, soprattutto, delle estirpazioni con premio: nella scorsa campagna sono state accolte domande per oltre 700 ettari che, sommati ai 1.500 della precedente, hanno portato a un depauperamento del vigneto regionale di oltre 2.200 ettari. Restano comunque ottimiste le aspettative sulla qualità.

Liguria (-3%) In controtendenza rispetto al resto del Nord, la Liguria ha segnato un ritardo di circa una settimana nello sviluppo della vite. Secondo UIV il calo sarà intorno al 3%.

Emilia Romagna (-5%) In Emilia Romagna l’inizio della raccolta è stato ritardato di una decina di giorni rispetto allo scorso anno, 4 - 5 più tardi giorni rispetto alla media pluriennale. In Romagna la vendemmia è incominciata il 23 agosto con la raccolta delle varietà precoci, cui ha fatto seguito l’Albana nella seconda settimana di settembre, quindi Sangiovese e Trebbiano nell’ultima decade del mese. A causa delle violente gradinate e degli estirpi effettuati sfruttando i contributi dell’Ocm vino, Assoenologi segnala che in questa zona la quantità risulterebbe inferiore del 5% rispetto lo scorso anno, diversamente dall’Emilia, dove si registra una quantità identica. © Emanuela Cattaneo

Toscana (-3%) A fine agosto è incominciata la raccolta delle uve Chardonnay, Pinot, precoci (Chardonnay, Sauvignon) tuttavia nella zona di produzione del Morellino di Scansano,, così come per le uve a bacca rossa a Bolgheri e per quelle a bacca bianca a San Giminiano, i grappoli sono stati staccati a metà settembre. A fine mese sono iniziati i conferimenti per le uve base della produzione del Chianti, Chianti Classico, Carmignano, Nobile di Montepulciano e Brunello di Montalcino. La stima quantitativa per Assoenologi è di un decremento produttivo del 10% rispetto allo scorso anno mentre la qualità dovrebbe esse-

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re buona, con punte di ottimo. Concorda sulla buona qualità UIV, che però limita la flessione intorno al 3%, attribuibile essenzialmente al Sangiovese, mentre meno problematica appare la situazione dei bianchi.

Lazio (invariata)

Marche (+5%) Nelle Marche la vendemmia è incominciata all’inizio di settembre, in ritardo di una decina di giorni, con le uve precoci, cui hanno fatto seguito quelle di Pecorino, quindi Verdicchio e Sangiovese, per concludersi a ottobre con il Montepulciano. Secondo Assoenologi, la resa uva/vino è superiore alla media per cui si prevede una produzione quantitativa di vino in crescita del 5% rispetto allo scorso anno. Concorda con questo dato UIV, che sottolinea tuttavia come l’aumento previsto recuperi solo in parte le perdite dello scorso anno mantenendo la produzione della regione ben al di sotto della media degli ultimi cinque anni quale conseguenza della riduzione di superficie vi-

© Enrico Lombardo

Dopo un inverno e una primavera decisamente piovosi, è arrivato il bel tempo auspicato dai viticoltori per i mesi di luglio e agosto. I grappoli d’uva hanno continuato a svilupparsi riducendo il ritardo di maturazione da due a una settimana. Per UIV le uve risultano essere di buona qualità, con un corredo zuccherino nella media; la produzione dovrebbe essere in linea allo scorso anno, ma si sottolinea la diminuzione rispetto alla media degli ultimi due anni dovuta alle estirpazioni che hanno sottratto quasi il 5% del potenziale produttivo.

La raccolta è incominciata nella prima decade di settembre per le varietà bianche e rosse precoci, mentre per le varietà autoctone si è attesa la fine del mese.

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Umbria (-2%) Stagione complicata quella dei viticoltori umbri che dovrebbero ottenere una produzione leggermente al di sotto di quella dello scorso anno (-2%). Dopo un inverno rigido, che si è protratto fino a primavera inoltrata, sono seguiti due mesi con precipitazioni piovose intense e frequenti. Condizioni queste che hanno determinato un forte ritardo nella ripresa vegetativa dei vigneti. A contenere le produzioni sono state anche le adesioni, sebbene in misura inferiore a quanto ci si aspettasse, alla vendemmia verde.

Abruzzo (+10%)

sia per i danni provocati dalle grandinate sia per le domande accolte negli ultimi due anni per espianto, che hanno riguardato 1.900 ettari, il 6% delle superfici vitate. La vendemmia, iniziata con 10 giorni di ritardo, ha visto i buoni risultati dello Chardonnay sia sul piano qualitativo che quantitativo. Buone le aspettative anche per le varietà più tardive.

Molise (+10%) Il vigneto in Molise si presenta in buone condizioni e il leggero ritardo vegetativo è stato superato anche grazie al clima asciutto. Dalla fine del mese di agosto è stata avviata la vendemmia e vinificazione di Pinot bianco con uve sane e qualitativamente migliori della scorsa annata. Il grado zuccherino risulta superiore a quello dello scorso anno. UIV prevede un aumento della produzione intorno al 10%.

Nelle zone costiere abruzzesi, la raccolta delle varietà precoci (Chardonnay e Pinot grigio) è incominciata il 23 agosto mentre in quelle collinari a fine mese. ( Per le altre uve bianche (Trebbiano, Malvasia, Passerina e Pecorino) il pieno della vendemmia è previsto a fine settembre mentre per le varietà a bacca rossa ( (Sangiovese e Montepulciano)) si incomincerà i primi giorni di ottobre per protrarsi fino a fine mese. Sulla quantità finale peserà l’andamento di settembre ma anche le superfici vitate estirpate con premio e quella abbandonata per la mancanza di redditività negli ultimi anni. Complessivamente Assoenologi si stima una produzione superiore del 5% rispetto allo scorso anno. Ben più ottimiste le stime di UIV (+10%), che sottolinea però quanto questo risultato sia al di sotto della media dell’ultimo quinquennio

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© Emanuela Cattaneo

tata causata da estirpi, abbandoni e vendemmia verde. La qualità delle uve è prevista al momento ottima per il prodotto bianco e buona per il rosso.


Campania (+5%)

Puglia (+10%)

Nel 2010 si stima una produzione in crescita del 5% rispetto allo scorso anno grazie soprattutto all’ottima performance delle varietà bianche del Beneventano. In contrapposizione si è registrato un lieve decremento in Irpinia. La vendemmia in Campania incomincia nella terza decade di settembre con la raccolta delle uve di Asprinio nell’Agroaversano e di Fiano nel Cilento. Seguono il Beneventano e la Falanghina Falanghina, per continuare nell’Avellinese con il Fiano di Avellino e il Greco di Tufo; nei Campi Flegrei la raccolta del Piedirosso inizierà nella terza decade di ottobre. Concluderà la vendemmia l’Aglianico di Taurasi nell’Avellinese verso nella seconda decade di novembre. Il livello qualitativo, se le buone condizioni meteo perdureranno, è da considerarsi migliore dello scorso anno.

Previsioni più che positive per tutte le varietà di uve pugliesi, dalle precoci (Char( donnay e Sauvignon)) alle autoctone sia Verdeca, Malvasia, Bombino bianche (Verdeca, ( bianco, Fiano)) che nere (Negroamaro, Primiti), che dovrebbero contribuire vo, Nero di Troia), a un aumento di produzione del 10% rispetto alla vendemmia 2009. La vendemmia è iniziata con Moscato, Chardonnay a cui sono seguiti gli stacchi di Sangiovese, Ciliegiolo, Merlot e Primitivo.

Basilicata (-3%) L’estate ha cambiato di segno alle stime di luglio. UIV prevede in questa regione una flessione produttiva del 3%.

Calabria (+20%) La produzione in Calabria è in decisa progressione per UIV, che stima una crescita del 20% nonostante l’adesione dei viticoltori alla vendemmia verde. E il caldo estivo potrebbe aver avuto un effetto positivo sulle gradazioni.

© Marinella Croci

Sicilia (-22%) Anche se con qualche giorno di ritardo rispetto alla precedente campagna, la vendemmia in Sicilia è incominciata nella settimana di ferragosto per le varietà bianche precoci (Pinot grigio e Sauvignon); nella terza settimana del mese si è raccolto Chardonnay, Viognier, Müller Thurgau e il Moscato bianco in provincia di Siracusa. A fine agosto è quindi toccato alle uve nere (Merlot), seguite da Sirah, Nero d’Avola e Frappato, per chiudere verso la seconda decade di settembre con il Cabernet Sauvi-

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Sardegna (-16%) In Sardegna le miti temperature primaverili sono state turbate da consistenti piogge e sensibili abbassamenti della temperatura che hanno condizionato la fioritura e determinato una riduzione della produzione del 15%, con punte anche del 40%. La produzione si presenta a macchia di leopardo: ottima nei vigneti razionalmente condotti, buona in altri solo mediocre in altri ancora. Complessivamente Assoenologi stima un decremento produttivo del 20% rispetto allo scorso anno. Lievemente migliori le previsioni di UIV (-16%), secondo cui le buone escursioni termiche dei mesi estivi e l’assenza di scirocco hanno bilanciato bene gli eccessi di calore, facendo sperare in vini dal profumo intenso e persistente.

© Enrico Lombardo

gnon. La raccolta delle varietà autoctone a bacca bianca (Catarratto, Insolia e Grillo) è incominciata nella prima decade di settembre. Nonostante la buona resa uva/vino, Assoenologi prevede un decremento produttivo del 20% rispetto alla passata campagna, dovuto all’abbandono di oltre 2.000 ettari di superficie vitata in seguito ai contributi comunitari ma anche dagli abbandoni volontari causati dalla preoccupante situazione di mercato nonché dalla vendemmia verde, operata in Sicilia su oltre 9.000 ettari. Piuttosto consistente il calo produttivo anche per UIV, che azzarda un -22%. In termini percentuali le variazioni più elevate dovrebbero essere nelle province di Trapani, Palermo e Ragusa, mentre più contenute sembrano quelle di Caltanisetta e Agrigento. In linea con lo scorso anno, invece, Catania.

In Italia la viticoltura è una tradizione ben radicata.

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Si dice che il pesce debba essere abbinato al vino bianco e la carne al rosso. Esistono regole ben precise di accostamento del vino al cibo e regole che richiamano consuetudini e tradizioni locali. Ora vengono proposte anche teorie astrologiche…

Alcuni sostengono che l’accostamento di vino e cibo sia questione di gusto personale. Per i professionisti si tratta di un incontro armonioso quasi spontaneo, un vero e proprio ‘matrimonio’. In realtà esistono regole ben precise, che prescindono dal gusto e dalla valorizzazione del cibo o del vino, per orientarsi ad accostamenti poetici e psicologici. E poi ci sono affascinanti teorie basate sugli influssi astrologici. Per non sbagliare, ci si può affidare a esperti e visitare le cantine per imparare ad abbinare i vini con i piatti tipici oppure lasciarsi guidare alla scoperta di itinerari enogastronomici.

© Consorzio Tutela del Franciacorta - Giangiacomo Rocco di Torrepadula

di Marinella Croci

Vini: tutta questione di scelta

Itinerari del gusto Nelle consuetudini si è ormai affermato un turismo specializzato del gusto, alla ricerca di piatti gustosi e buoni vini. L’offerta di prodotti vinicoli è ampia e differisce per qualità e per quantità prodotte, talvolta estremamente ridotte, ma indicativa di diversità, creatività e valore. Secondo un’indagine condotta nel 2009 dall’Associazione Città del Vino in collaborazione con Censis, il vino è il principale richiamo turistico per il 67% dei comuni italiani a vocazione enogastronomia, capace di incidere fino al 30% sull’economia legata allo sviluppo turistico locale.

La maggior parte dei sindaci interpellati pone la qualità del prodotto-vino al primo posto tra i punti di forza per promuovere il proprio territorio. La qualità ambientale e paesaggistica viene collocata al secondo posto (49% degli intervistati), seguita a distanza da fattori come le attrattive culturali e storiche, l’identità dei luoghi e la varietà degli itinerari. In termini strutturali, il vino contribuirebbe allo

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Gusti, tradizioni e regole Per tradizione, il vino viene accostato al cibo in modo da esaltare ulteriormente le rispettive caratteristiche. Esistono regole ben precise, che richiederebbero lunghe e dettagliate spiegazioni. Come regola generale, è bene servire prima i vini più leggeri e meno impegnativi per passare poi a quelli più corposi. In genere gli antipasti vengono serviti con il vino bianco, tenendo però presente che quelli a base di carne e di salumi piccanti preferiscono vini rossi. Per le minestre e zuppe a base di verdure o pesce sono indicati i vini bianchi. Per i risotti l’accostamento dipende dal tipo di condimento: vini rossi con sughi di cacciagione, vini bianchi con funghi, verdure e pesce. Questa regola vale anche per le paste asciutte, dove a volte ci si scontra però con le tradizioni locali.

© Emanuela Cattaneo

sviluppo del turismo locale dal 18% al 30%, con punte dell’80-90%, in funzione della ‘notorietà’ di ciascun comune. Si passa quindi dall’incidenza del 2% di enoturisti per il comune di Rimini a quella del 90% per Montalcino. Una cosa è certa: l’enoturista piace al turismo e anche ai viticoltori, tanto che sono numerosi gli itinerari predisposti da enti e associazioni sotto forma di guide, che abbinano la storia del territorio e le tradizioni locali alla dimensione delle coltivazioni, alle informazioni sui vini e all’ubicazione di enoteche e musei del vino. E le cantine spalancano le porte ai visitatori organizzando veri e propri percorsi di visita e degustazione mentre alcune propongono addirittura degustazioni in abbinamento ai piatti della tradizione locale. Ovviamente su prenotazione.

Le cantine spalancano le porte ai visitatori organizzando veri e propri percorsi di visita e di degustazione.

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© Enrico Lombardo

Per i dolci sono consigliati i vini passiti, ottenuti da particolari uve che subiscono un periodo di appassimento prima di essere pigiate.

Le carni sono il regno dei vini rossi e il pesce di quelli bianchi. Per i formaggi non esiste una regola precisa poiché la scelta del vino è condizionata dalle abitudini regionali e per i dolci vi è un’ampia scelta, dai bianchi ambrati e passiti ai rossi più o meno frizzanti, sconsigliando vini e spumanti secchi, che non si accoppiano bene al gusto dolce. A fine pasto, la frutta dovrà essere abbinata a un vino di tono superiore a quello del dessert, come un bianco o un rosso dolce, alcoolico e liquoroso con buon invecchiamento. Ma poi bisogna fare i conti con l’accostamento di colori e temperature. Per esempio il cibo piccante richiederebbe un vino rosso eppure talvolta si preferisce un bianco dalle caratteristiche marcate. E per ridurre la differenza di temperatura tra una minestra calda e il vino fresco, si preferisce un vino rosato o un rosso leggero, dalle temperature di mescita superiori. Teniamo presente che la temperatura dovrebbe oscillare tra i 6 e i 23 gradi: la bassa temperatura mette in risalto la freschezza di un vino e poiché questa è legata all’acidità, la

bevanda acida e calda risulterebbe sgradevole. Tutto poi cambia quando si devono fare i conti con i ricordi, che legano momenti indimenticabili a un cibo consumato con un determinato vino. A questo punto non importa quale.

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Di che segno sei Un’affascinante teoria è quella elaborata da Isabella Montwright, che abbina il vino al cibo in base al segno zodiacale. Secondo la teoria AniMani della scrittrice canadese, esistono vini e cibi adatti a differenti personalità, stati d’animo e persino situazioni particolari. La teoria non abbina vini con pietanze e non indica come cucinare a seconda delle stagioni o delle origini: l’idea è quella di predisporre la mente del commensale ad accoglierci proponendo ciò che più gli si addice. “Quando si vuole instaurare un rapporto con una persona che non si conosce bene, l’AniMani guida nella scelta del vino e della pietanza da preparare attraverso la conoscenza della persona che si vuole conquistare. In pratica i tratti caratteriali manifestati dai dodici segni zodiacali vengono collegati con il palato, che a sua volta amplifica il nostro essere. I messaggi provenienti dal palato sono stati così identificati e codificati in vini e pietanze adatte alle diverse personalità in modo da permettere a chiunque di arrivare diritti al cuore, cioè all’anima della persona con cui si ha a che fare.” La teoria, che sarà presto pubblicata, inse-

gna che prima di intrattenersi con la persona in questione, è utile consultare le linee guida sul proprio carattere e sui tratti principali della personalità: riconoscere cosa caratterizza il proprio palato porta a trarne piacere a tavola indipendentemente dall’occasione. Il passo successivo consiste nella conoscenza dei tratti caratteriali del commensale, raggruppati secondo l’AniMani in base ai segni zodiacali. E così la tavola diventa il campo della vittoria culinaria e psicologica. Forse un buon investimento o un’abile trovata, certamente un vantaggio in più da sfruttare a tavola! A proposito, nel 2003 e 2004 Isabella Montwright ha partecipato al concorso internazionale Wines of the World di Los Angeles, dove ha conquistato ben 23 medaglie per la propria collezione di vini. Tra le medaglie d’oro annovera lo ‘Special Award’ per il migliore vino bianco di produzione limitata, premio destinato a 9 dei 4000 vini partecipanti. Isabella Montwright. Secondo la sua teoria AniMani, esistono cibi e vini che meglio si adattano alle situazioni e alla nostra personalità.

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della Redazione

Le sigle del vino Impariamo a conoscere meglio il significato di alcune sigle che tutelano, garantiscono e salvaguardano la qualità dei vini che consumiamo e portiamo quotidianamente sulle nostre tavole

D.O.C. La sigla DOC (Denominazione Origine Controllata) è un marchio di origine italiano che certifica la zona di origine e delimitata della raccolta delle uve utilizzate per la produzione del vino sul quale è apposto il marchio; esso viene utilizzato per designare un prodotto di qualità e rinomato, le cui caratteristiche sono connesse all’ambiente naturale ed ai fattori umani e rispettano uno specifico disciplinare di produzione approvato con apposito decreto ministeriale. Tali vini, prima di essere messi in commercio, devono essere sottoposti in fase di produzione ad una preliminare analisi chimico-fisica e ad un esame organolettico che certifichi il rispetto dei requisiti previsti dal disciplinare; il mancato rispetto dei requisiti ne impedisce la messa in commercio con la dicitura DOC. Il marchio fu ideato negli anni Cinquanta dall’avvocato romano Rolando Ricci, funzionario dell’allora Ministero dell’Agricoltura. Alcuni esempi di vini DOC sono: il Montepulciano e il Trebbiano d’Abruzzo, il Cirò, il Falanghina, il Lacryma Christi, il Gutturnio, il Bonarda, l’Ortrugo, il Lambrusco Grasparossa, il Lambrusco Salamino, il Sangiovese, il

Trebbiano di Romagna, l’Est! Est!! Est!!! di Montefiascone, il Frascati, il Cinque Terre Sciacchetrà, il Lacrima di Morro d’Alba, il Biferno, il Barbera d’Alba, l’Erbaluce di Caluso, il Locorotondo, lo Squinzano, il Cannonau, il Malvasia delle Lipari, il Moscato di

Pantelleria, il Teroldego Rotaliano, il Lago di Caldaro, il Lugana, il Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene.

D.O.C.G. La sigla DOCG (Denominazione Origine Controllata e Garantita) è un marchio di origine italiano che indica al consumatore l’origine geografica di un vino. Il nome della DOCG è indicato obbligatoriamente in etichetta e consiste o semplicemente nel nome geografico di una zona viticola (ad esempio Barolo, comune in provincia

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di Cuneo o Carmignano, comune in Provincia di Prato), o nella combinazione del nome storico di un prodotto e della relativa zona di produzione (ad esempio Vino Nobile di Montepulciano, il nome con cui è noto storicamente il vino prodotto a Montepulciano, in provincia di Siena). La categoria dei vini DOCG comprende i vini prodotti in determinate zone geografiche nel rispetto di uno specifico disciplinare di produzione, approvato con apposito Decreto Ministeriale. Le DOCG sono riservate ai vini già riconosciuti a denominazione di origine controllata (DOC) da almeno cinque anni che siano ritenuti di particolare pregio, in relazione alle caratteristiche qualitative intrinseche, rispetto alla media di quelle degli analoghi vini così classificati, per effetto dell’incidenza di tradizionali fattori naturali, umani e storici e che abbiano acquisito rinomanza e valorizzazione commerciale a livello nazionale ed internazionale. Tali vini, prima di essere messi in commercio, devono essere sottoposti in fase di produzione ad una preliminare analisi chimicofisica e ad un esame organolettico che certifichi il rispetto dei requisiti previsti dal disciplinare; l’esame organolettico inoltre deve essere ripetuto, partita per partita, anche nella fase dell’imbottigliamento. Per i vini DOCG è infine prevista anche un’analisi sensoriale (assaggio) eseguita da un’apposita commissione; il mancato rispetto dei requisiti ne impedisce la messa in commercio con il marchio DOCG. Alcuni esempi di vini DOCG sono: Aglianico del Vulture Superiore, il Fiano di Avellino, il Greco di Tufo, l’Albana di Romagna, il Franciacorta, il Verdicchio dei Castelli di Jesi, il Barolo, il Roero, il Dolcetto di Dogliani, il Brunello di Montalcino, il Chianti, l’Amarone della Valpolicella.

I.G.T. La sigla IGT (Indicazione Geografica Tipica) è la terza delle quattro classificazioni dei vini riconosciuti dal Governo Italiano, indica vini da tavola di qualità prodotti in aree generalmente ampie. I requisiti sono meno restrittivi di quelli richiesti per i vini a denominazione di origine controllata (DOC). Questa categoria comprende i vini da tavola prodotti in determinate regioni o aree geografiche (autorizzate per legge), talvolta secondo un generico disciplinare di produzione; essi possono riportare sull’etichetta, oltre all’indicazione del colore, anche l’indicazione del o dei vitigni utilizzati e l’annata di raccolta delle uve. La menzione IGT può essere sostituita dalla menzione Vin de pays per i vini prodotti in Valle d’Aosta, e dalla menzione Landwein per i vini prodotti nella provincia di Bolzano.

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Generalmente in questa categoria rientrano i vini da tavola di qualità ma inferiori rispetto ai vini a Denominazione di Origine Controllata e a denominazione di origine controllata e garantita (DOCG). È opportuno precisare inoltre che la collocazione di un vino tra gli IGT è dovuta sia a scelte commerciali, sia all’impossibilità, per la loro composizione (vitigni utilizzati), di rientrare nei disciplinari dei vini di qualità delle zone di produzione (DOC e DOCG). Alcuni esempi di vini IGT sono: l’Alto Tirino, il Grottino di Roccanova, il Condoleo, il Pompeiano, il Malbo Gentile, l’Alto Livenza, il Civitella d’Agliano, il Golfo dei Poeti, il Kurni, il Rotae, il Rosa del Golfo, il Trexenta, il Mitterberg, il Cannara.

la pressione interna alla Bottiglia non deve essere inferiore ai 3,5 Bar.

V.S.Q.P.R.D., V.F.Q.P.R.D., V.L.Q.P.R.D. e V.S.A.Q.P.R.D. Altro non sono che variazioni della categoria VPQRD a seconda della tipologia di vino e più precisamente:

- VSQPRD: (Vino Spumante di Qualità Prodotto in Regioni Determinate): spumanti VSQ che sono prodotti secondo un disciplinare DOC o DOCG; - VSAQPRD (Vino Spumante Aromatico di Qualità Prodotto in Regioni Determinate): spumanti VSAQ che sono prodotti secondo un disciplinare DOC o DOCG;

V.Q.R.P.D. La sigla VQRPD (Vini di Qualità Prodotti in Regioni Determinate) sta ad indicare tutti quei vini la cui zona di raccolta è definita in appositi disciplinari. In Italia sono tutti i vini DOC e DOCG.

V.D.T. La sigla VDT (Vino Da Tavola) indica un ottenuto nella comunità europea, non classificabile in altra categoria, purchè di titolo alcolometrico compreso tra 8,5% e 15%.

V.S.Q. e V.S.A.Q. Le due sigle indicano rispettivamente tutti gli spumanti la cui presa di spuma avviene in almeno un mese per i vini aromatici (VSAQ Vini Spumanti Aromatici di Qualità) come il Moscato, il Malvasia o il Brachetto, od in 9 mesi per gli spumanti metodo classico (VSQ - Vini Spumanti di Qualità). In entrambi i casi

- VFQPRD (Vino Frizzante di Qualità Prodotto in Regioni Determinate): indica tutti quei vini frizzanti che appartengono ad una DOC o DOCG, con una pressione interna compresa tra 1 e 2,5 Bar; - VLQPRD (Vino Liquoroso di Qualità Prodotto in Regioni Determinate): vini DOC e DOCG con titolo alcolometrico compreso tra 15% e 22%. I Vini Passiti si distinguono per la possibilità di aggiungere mosto di uve concentrato o alcol durante la vinificazione.

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L’amore per la qualità Il rispetto per la tradizione Benagiano Pastificio srl Corso Italia 138-140/b - 70029 Santeramo in Colle (Ba) Tel. 080-3036036 - E-mail: benagiano@benagiano.it - Website: www.benagiano.it


di Angelo e Piero Solci

Corso di sommelier

A lume di naso “El vin l’é bon par chi lo sa bever”,, dice un antico proverbio veneto (il vino fa bene a chi lo sa bere): avanti, quindi, con il nostro corso di degustazione, considerando l’aspetto olfattivo nella sua terminologia e nella sua analisi; è questa la fase più importante della degustazione, pertanto vi consigliamo di cominciare ad abbinare le sensazioni che troverete nei vini con la terminologia descritta nell’articolo e rendervi conto se esiste una coerenza, ma - soprattutto - di memorizzare le sensazioni riconosciute ed accertate e cominciare così una catalogazione mentale molto importante per diventare un buon degustatore.

Aspetto olfattivo Ci sono due tipi di stimoli olfattivi: gli odori e gli aromi; i primi si percepiscono per via nasale, inspirando, i secondi per via orale (retrogusto), espirando. Le sostanze che concorrono alla loro formazione possono provenire: - dall’uva, come i sentori di frutta e fiori costituenti il fruttato e facenti parte dell’aroma primario; - dalle fermentazioni, alcolica e malolattica, con alcoli superiori e lieviti provenienti dalla prima e il diacetilene dalla seconda; l’insieme forma l’aroma secondario; - dall’invecchiamento, che fa nascere nel vino il bouquet, tramite i processi di esterificazione ed ossido-riduzione; è questo l’aroma terziario che inizia a formarsi alla fine delle fermentazioni, con contemporanea e conseguente diminuzione (e anche scomparsa) del fruttato; bisogna tenere presente che in molti vini il fruttato non sparisce, ma viene coperto dall’evoluzione del bouquet, rispuntando (difficile ma necessario “sentirlo” quando si degusta) a fine invecchiamento, anche in vini di grande età.

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Dichiarazione L’intensità delle sensazioni susseguentemente percepite porta a compilare una elencazione caratteriale in ordine di crescenza: - acuto: pungente, aggredisce con immediatezza; - delicato: gentile e raffinato, dotato di garbo; - etereo: sentore del bouquet d’invecchiamento, non è presente nei vini giovani; - fine: elegantemente e compostamente armonico; - sottile: sensazione di eleganza accennata, quasi raffinato; - tenue: pervaso di delicatezza, s’avverte appena il sentore; - fragrante: gradevolmente aggressivo ed immediato; - fresco: giovane e vivace; - intenso: pieno, con sensazione continua ed avvolgente; - netto: il profumo è deciso e solitamente anche unico, definito; - penetrante: aggressivo e continuo, può essere sinonimo di qualità o meno, a seconda del tipo di vino; persistente: come il precedente, con maggiore tempo di percezione; pronunciato: immediato e pieno, raggruppa le caratteristiche riferite ai due precedenti termini, quasi violentemente. Le precedenti sono sensazioni positive, in generale; per comodità elenchiamo a parte, qui di seguito, quelle negative: - pungente: sentore immediato e violento, sgradevole e aggressivo, sinonimo di un difetto evidente, come l’eccesso di alcool; - sfuggente: appena delineato, poco avvertito; - sgradevole: cattivo odore, disarmonia accentuata con puzze varie.

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di Angelo Solci

Un vino da scoprire

Lacrima di Morro d’Alba Qualche volta mi domando per quale deformazione mentale molti italiani se ne vanno in giro per il mondo alla ricerca di esotiche terre lontane quando a due passi da casa c’è ancora tanto da scoprire. Prendete il mio caso: per ragioni di lavoro giro l’Italia in lungo e in largo da più di quarant’anni percorrendo migliaia e migliaia di chilometri; penso di conoscerlo bene lo Stivale anche nei paesini più nascosti, però mi trovo continuamente di fronte a sorprese spesso piacevoli. Una terra della mia predilezione che credevo non potesse avere più segreti per me è la regione Marche dove ritorno da anni sempre con grande allegria perché la piacevolezza dei luoghi si sposa con il carattere della gente generosa, gioviale, sincera… Gente per la quale, come nel paese sognato da Zavattini, “buongiorno” vuol veramente dire “buongiorno”.

Eppure mi è capitato non molto tempo fa di scoprire due deliziosi paesi, due gioielli di architettura di cui ignoravo l’esistenza e gli esaltanti prodotti della loro terra: Monte San Vito e il suo straordinario olio, Morro d’Alba e il suo vino emozionante. Monte San Vito si trova a poche decine di chilometri da Ancona su un’altura compresa tra i torrenti Triponzio e Guardengo; nel suo centro storico vi si potrebbe girare un film in costume talmente è stato conservato con amore e rispetto; le vie del paese si sviluppano seguendo una curiosa linea a chiocciola, una rarità architettonica che ha come punto d’arrivo la bella collegiata di San Pietro del XVIII secolo. Tutto intorno al paese una campagna ricca di uliveti che danno un olio di grande prestigio alla pari e spesso superiore di quello di regioni che molto più delle Marche vengono considerati di grande vocazione olearia.

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Eccezionale per esempio quello prodotto dal frantoio Pedrini, uno dei pochi che macina ancora a pietra. Scopro così che fin dal XIII secolo - ne fanno fede alcuni documenti - la qualità degli olii marchigiani era considerata superiore per le sue caratteristiche: “boni, clari, dulcis et zalli”; qualità che ritrovo per esempio nell’olio San Vito prodotto dal frantoio Pedrini, che macina ancora a freddo con macine a ruota di granito. Per due anni consecutivi, il ’93 e il ’94, ha vinto l’Ercole Oliario, il più importante riconoscimento nazionale, come l’extravergine più genuino d’Italia e pochi anni fa è stato insignito di un altro prestigioso premio: l’Orciolo d’oro dell’Enohobby primo premio della categoria “Fruttato medio”. A pochi chilometri da Monte San Vito ecco l’altra entusiasmante scoperta: Morro d’Alba e il suo vino. Il paese, bellissimo, è situato sul versante orientale dell’Appennino Marchigiano a nord di Jesi, la capitale del Verdicchio; si presenta racchiusa nella cinta muraria del XV secolo e comprende case con porticati e torri pentagonali. Un buon gourmet che si dirige verso Morro d’Alba non può fare a meno di andare col pensiero ad un piccolo paese dal nome quasi simile: La Morra d’Alba, alto sulla valle nel cuore della Langhe. Oltre al nome molte sono le caratteristiche che accomunano i due paesi, dal codice telefonico composto dalle stesse cifre (0173 La Morra, 0731 Morro) alla vocazione vinicola delle campagne, alla grande qualità della loro cucina legata al territorio e rispettosa della tradizione, perfettamente interpretata da due ristoranti d’eccellenza: il “Belvedere” a La Morra, il “Mago” a Morro, entrambi nella piazza del paese ed entrambi dominanti le splendide vallate.

Ma mentre il Belvedere lo conosco da oltre quarant’anni, il “Mago” - con imperdonabile ritardo - l’ho incontrato soltanto pochi anni fa. Solo da poco conosco la cucina del grande mago Romiti realizzata con cura e passione. Quello del “Mago” è davvero un grande ristorante dove si possono gustare al meglio gli

antichi piatti della tradizione marchigiana: dai “ciavattoni al pepe nero” ai “tagliolini al Campofilone” agli strepitosi arrosticini di cacciagione. Ma il grande incontro che ho fatto dal “Mago” - un incontro esaltante, paragonabile soltanto alle più emozionanti scoperte gastronomiche della mia vita - è stato il vino “Lacrima” del quale fino a quel momento, incredibilmente, ignoravo l’esistenza. Come si può raccontare un vino come il “Lacrima”? Posso dire che è di colore rosso rubino intenso, che ha un bouquet ampio e ricco di uva appena pigiata, fragrante, sensuale, che è di sapore intenso e morbido, pieno ed

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armonico, allegro e vitale; che mantiene tutto ciò che promette al primo respiro, appena uscito dalla bottiglia, e aggiunge altre sensazioni che attengono al mondo del sogni. Questo ed altro posso raccontarvi ma non avrò mai dato che una pallida idea di ciò che è il “Lacrima”. Narra la mitologia che gli dei dell’Olimpo furono molto riconoscenti alla ninfe Esperiadi che avevano scoperto sul Monte Atlante le fonti dell’Ambrosia che li rendeva allegri e li predisponeva agli incontri d’amore; sono certo però se avessero gustato il succo delle uve di Morro d’Alba il dono sarebbe stato ancora più gradito. I francesi quando vogliono indicare una grande cucina dicono che vale un viaggio (vaut le voyage); penso che sia il caso di cominciare ad attribuire questa valutazione anche ai vini che è molto difficile trovare in commercio o

che è impossibile gustare al meglio se non nella terra d’origine. Nella mia predilezione ho solo tre vini per i quali affronterei un viaggio: il Greco di Tufo della vigna del pittore Domenico Trasi di Salerno, biondo, aromatico, intenso, il Rossese della mia Liguria, il “vero” Rossese di Dolceacqua dal bel colore rubino e dal lieve profumo di fragola che ogni volta mi riporta ai giorni spensierati della mia giovinezza, e il Lacrima, appunto. Sono tre vini che hanno la stessa caratteristica: non vogliono invecchiare, proprio come le belle donne. Sono subito perfetti; alla luna di marzo la loro maturità è completa così che mantengono inalterata la piacevolezza del vino giovane e la sposano con la virtù di quello invecchiato. Oltretutto sarebbe impossibile berli invecchiati; nelle cantine del Conte Saltamartini - uno dei pochi produttori - a metà gennaio non c’era più una bottiglia in vendita; così accade per il grande Rossese e il Greco di Tufo, “quel” Greco di Tufo se lo volete dovete andare a berlo col pittore Trasi.L’unica possibilità per gustare il Lacrima è andarselo a bere sul luogo, magari dal “Mago”, perché è perfetto con i suoi piatti. È un vino completo, a tutto pasto; anche se rosso e corposo è bene berlo fresco di cantina e si può abbinare con qualsiasi piatto, dagli antipasti agli arrosti, perfino col delizioso baccalà all’anconetana; sempre giovane, fragrante, esaltante. Un vino allegro per gente allegra. D’altra parte lo aveva già scritto Leonardo da Vinci qualche secolo fa: “Credo che vi sia molta felicità nella gente che è nata dove si trovano i buoni vini”. L’unico mistero intorno al Lacrima che non sono riuscito a svelare: perché chiamare Lacrima un vino che dà tanta gioia, che predispone all’allegria e all’amore?

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© Francesco Sgroi

di Roy Berardi*

Il Sangiovese di Romagna: storico riscatto dell’enologia romagnola

C’è chi la definisce la “nuova Toscana”, chi la “nuova Provenza”: certo che la Romagna interna, quella a monte della via Emilia tra i colli imolesi e quelli riminesi in vista dell’Adriatico, è un meraviglioso carosello per il visitatore motivato, curioso, goloso. Dolci colline, borghi stupendamente ripristinati (Dozza, Brisighella, Castrocaro, Predappio, Bertinoro, Longiano, Torriana, Verucchio, il Montefeltro riminese…), aziende rurali genuine e vere dove vivere la campagna di qualità (az. agricole, agriturismi, ristoranti delle tipicità, artigianato tipico).

Il tutto anche senza scendere nella trafficata via Emilia, percorrendo l’ itinerario delle Strade dei Vini e dei Sapori di Imola, Faenza, Forlì-Cesena e Rimini: piccoli valichi e controcrinali in un paesaggio armonico e dolce, ricco di vigneti ed uliveti, intramezzato più volte da pittoreschi e spettacolari calanchi…!

L’epopea del vino in Romagna “E’ bé” ha accompagnato la vita dei romagnoli da alcuni millenni, come già scrissero autori latini sottolineando la grande produttività delle terre di Romagna.

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Un pregio che poi si è paradossalmente rivelato un handicap per la qualità: tra il ‘700 e la metà del ‘900 infatti l’interesse dei romagnoli è stato rivolto principalmente a produrre quante più uve e vino possibile (ciò anche per far fronte alla pessima qualità dell’acqua del passato). E così la tumultuosa riscossa dell’enologia romagnola degli ultimi dieci anni, rappresenta il riscatto del Vigneto Romagna sulla strada dell’eccellenza.. C’è stato anche qui infatti, un forte rinnovamento generazionale dei produttori che ha favorito l’introduzione di nuove e moderne tecniche di coltivazione della vite e di vinificazione Il Sangiovese, vino rosso che identifica la Romagna, è padre maggioritario di vini assai importanti: le uve di sangiovese, da sole o associate ad altre, concorrono alla produzione di vini famosi quali il Brunello di Montalcino, i vari Chianti, e tanti altri…il Sangiovese anche in Romagna è ora un grandissimo vino, che nasce da un grande vitigno, troppo a lungo qui sottovalutato e bistrattato per le ragioni sopra esposte..! Di più: l’eccellente livello qualitativo raggiunto dal Sangiovese in Romagna, si accompagna all’eccezionale rapporto qualità-prezzo, nonchè - dirigendosi dall’imolese al riminese - alla stupefacente e composita galassia con tutte le sue magnifiche e sorprendenti sfumature territoriali, zonali e sottozonali, caratterizzazioni e specificità che saranno presto ufficialmente riconosciute con “menzioni geografiche aggiuntive” alle varie denominazioni.

Il colore di questo vino è un bel rosso rubino, con sentori di viola e frutti rossi, al gusto si presenta asciutto, armonico e leggermente tannico, con retrogusto gradevolmente amarognolo…si dice spesso che il Sangiovese della Romagna (Sanzve’s) contiene il carattere dei romagnoli: franco, esuberante, schietto robusto ed ospitale e nello stesso tempo ruvido, all’esterno, ma sincero e delicato, all’interno. Compagno davvero inseparabile di questa ricca tavola e saporosa cucina: con le minestre, condite con ragù di carni, con arrosti misti e grigliate, con i classici castrato e cosciotto d’agnello, con selvaggina e cacciagione, nonché con stracotti, brasati e formaggi a pasta dura… Romagnoli e toscani continuano a disputarsi anche l’origine del vitigno Sangiovese… ma lo storico riscatto è vicino: tale è la bontà del prodotto romagnolo che, secondo lo scrittore Dario Zanasi “..il Sangiovese romagnolo è un vino che meriterebbe un saluto militare. Come fece il generale francese Mac Mahon, davanti al celebre vigneto di Clos-Vougeot”.

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E ora spesso supera nelle “degustazioni alla cieca” dei sommelier il pari Toscano, nonostante il prezzo sia mediamente inferiore di un buon 25/30%! Insomma, a chi capita di transitare a sud di Bologna o a nord di Ancona, il consiglio è quello di fermarsi ed annusare… assaggiando di persona: sul sito www.romagnaterradelsangiovese.it si troverà il recapito delle 20 cantine di eccellenza delle Strade dei Vini e dei Sapori della Romagna…terra con l’anima!

Non solo vino: fare, vedere, degustare nel territorio… Romagna Terra del Sangiovese, l’aggregazione delle eccellenze delle quattro Strade dei Vini e dei Sapori di Romagna, ha composto sul sito web www.romagnaterradelsangiovese.it per il viaggiatore e visitatore dall’“aria nuova”, un affresco di questa Romagna in forma di suggestione ed offerta turistica fruibile e concreta…una sorta di gigantesco e sagace “zapping territoriale” dove suggestioni di viaggio, itinerari ricomponibili, spunti di vacanza, si collegano e si combinano con il calore e la qualità dei ser-

vizi e delle strutture aderenti alle Strade; con oculati “Rimandi” a 11 Personaggi ed a 11 Miti “immateriali” della storia e del modo di vivere romagnolo; con ulteriori curiosità su caratteri ed aspetti della Romagna interna e della sua anima profonda, contenuti nella apposita sezione del sito denominata “La mia Romagna” In particolare, la novità delle 14 “Suggestioni di viaggio ” indicate, è che, grazie alla navigazione nel sito, il turista/viaggiatore può realmente “costruirsi la propria vacanza”: ogni Suggestione è accompagnata da una rosa di aziende per scegliere dove e cosa Mangiare Degustare Fare Vedere (digitandone il nome si ispeziona subito il sito della struttura), con in più la possibilità di accedere alla vicina sezione Carta dei Prezzi su ogni tipo di servizio offerto. Direttamente dal sito www.romagnaterradelsangiovese.it il navigatore/viaggiatore potrà poi scaricarsi la Fidelity Card Romagna Terra del Sangiovese, una “scheda-fedeltà alla Romagna” dove verranno apportati i timbri delle aziende visitate, che daranno diritto a premi ad accumulo (gadget, libri, degustazioni, cene e pernottamenti), incentivanti al Ritorno dell’ospite a vivere …la Romagna sincera!

ROMAGNA TERRA DEL SANGIOVESE Via A. Costa, 23 - Casa Artusi 47034 Forlimpopoli (FC) Tel./Fax +39 0543 742059 Fax + 39 089 858900 info@romagnaterradelsangiovese.it www.romagnaterradelsangiovese.it

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*Giornalista - Relazione Pubbliche Romagna Terra del Sangiovese



della Redazione

“Re Barolo” e il suo museo Il WiMu - Wine Museum non poteva che sorgere a Barolo.Qui, fra ordinate colline pettinate a vigneto, è nato oltre due secoli fa quello che è riconosciuto come il «re dei vini», nell’Ottocento divenuto vino ufficiale della Corte dei Savoia e oggi fra i più prestigiosi ambasciatori internazio-

© Emanuela Cattaneo

I luoghi del vino

nali del made in Italy

Bottiglie di Barolo d’annata in bella mostra all’Enoteca Regionale presso il Wi-Mu

Il castello dei marchesi Falletti nel cuore dell’abitato riapre le sue storiche sale per ospitare un museo che aggiunge un importante tassello all’offerta turistica, culturale ed enogastronomica di questa terra acclamata come meta da visitatori e buongustai di tutto il mondo. Il WiMu - Museo del Vino rappresenta una realtà unica al mondo, il cui valore turistico è strettamente connesso con quello enologico e culturale che ruota attorno all’intero mondo del vino. Un viaggio intenso, che parte dal Piemonte per raccontare una storia fatta dei

colori e dei profumi della terra e di uomini e donne che hanno dedicato la propria vita alle vigne. Il Museo di Barolo sarà non solo un’attrazione per gli enoturisti di tutto il mondo ma anche una tappa imperdibile per coloro che in viaggio su queste splendide colline, candidate a diventare Patrimonio dell’Umanità Unesco, vogliano conoscerne a fondo il prodotto simbolo che le ha rese celebri nel mondo e costituirà un adeguato completamento all’offerta enogastronomica di un’area riconosciuta a livello internazionale.

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© Emanuela Cattaneo

Dimenticatevi il classico «museo del vino» con i tini, le botti e le bacheche zeppe di tappi e vecchie bottiglie. Il WiMu non è una statica collezione di memorabilia, ma un viaggio emozionale tra la produzione, la cultura e la tradizione del vino, attraverso un percorso di evocazioni e suggestioni che partono dal ruolo che il vino come archetipo di vita riveste da millenni nella cultura umana, nelle religioni, nell’immaginario delle arti e della creatività. Il WiMu è pensato per offrire un complemento ludico all’esperienza del turista che da queste parti - nello spazio di pochi chilometri - può godere di un’esperienza indimenticabile che va dalla visita alle cantine e produttori del territorio alla scoperta di un paesaggio punteggiato di castelli medievali, da un sistema ricettivo che spazia dal b&b familiare al resort a cinque stelle a un’offerta enogastronomica fra le più celebrate d’Italia, con i suoi 14 vini Doc e Docg e un gioiello come il Tartufo bianco d’Alba. Il percorso di visita è una celebrazione del vino in venticinque sale disposte su cinque piani. Un viaggio emozionale fra buio e luce, suoni e colore, fra realtà e mito attraverso i colori e i suoni delle stagioni, dei tempi del giorno e dell’anno. L’allestimento, nato dalla fantasia di François Confino (autore di numerosi e apprezzati allestimenti museali in tutto il mondo fra cui, a Torino, il Museo del Cinema alla Mole Antonelliana e il restyling del Museo dell’Automobile) mescola rigore scientifico e di-

Il castello dei Marchesi Falletti, sede del WiMu

vertissement puro, citazioni colte e ironiche, trovate a volte spiazzanti ma mai banali. Non un museo dove si «guarda» soltanto, ma dove si viene immersi in atmosfere avvolgenti, colpiti dalle suggestioni di installazioni multimediali, diorami, teatrini e cappellette, macchine e pulsanti che il visitatore può mettere in moto e azionare di persona. Si parte dall’ultimo piano. Una discesa fra buio e luce, fra suono e colore, sopra e sotto le zolle di questo suolo miracoloso. Il clima, la terra, i tempi delle stagioni, i colori dell’autunno e i silenzi dell’inverno, la sapienza della mano. Il vino nella storia e nell’arte, in cucina e nel cinema, nella musica e nella letteratura, nei miti universali e nelle tradizioni locali.

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Walter Mazzocchi, Sindaco di Barolo, e l’architetto François Confino inaugurano il Wi-Mu

il centro della città di Torino fra lo stupore dei cittadini. Vi è anche la camera-studio del patriota Silvio Pellico, uno dei grandi protagonisti del Risorgimento italiano, che qui fu bibliotecario. E dopo il vino evocato e narrato, ecco il vino da vivere e gustare. Si scende al Tempio dell’Enoturista dove si scatena la pienezza del piacere sensoriale.

© Emanuela Cattaneo (2)

Il WiMu è anche un omaggio alla storia del castello e ai personaggi illustri che lo hanno abitato. Il marchese Carlo Tancredi Falletti e la consorte, la marchesa Juliette Colbert, più nota come Giulia di Barolo. A lei si attribuisce il merito con il quale il barolo divenne “il vino dei Re”: il re Carlo Alberto incuriosito dalla fama del nuovo vino chiese alla marchesa di Barolo di poterlo assaggiare. Fu così che ben 325 carrà (botti capaci di contenere ben 600 litri di vino) - una per ogni giorno dell’anno, esclusi i 40 giorni di astinenza della Quaresima, giunsero al palazzo reale su carri trainati da buoi, attraversando

Fatica e passione segnano in profondità le mani dei vignaioli: il frutto del loro operato è pura armonia

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© Emanuela Cattaneo (2)

Qui incontriamo il Barolo e i grandi vini e possiamo degustarli da soli o sotto la guida di esperti. Impariamo giocando a riconoscerne profumi, aromi, personalità. Scopriamo il legame fra il vino e il suo territorio. E di qui possiamo continuare il nostro viaggio di esplorazione virtuale e reale alla scoperta di una terra ricca e generosa. Una finestra sul paesaggio, i riti, i segreti dei vini del Piemonte scandita dalle immagini emozionali del videoclip appositamente scritto e realizzato da Maurizio Bonino. L’itinerario si conclude nel modo più appagante all’Enoteca Regionale del Barolo, rappresentativa degli 11 paesi dove si produce il “re dei vini” (Barolo, Castiglione Falletto e Serralunga d’Alba e parte dei territori dei comuni di La Morra, Monforte d’Alba, Roddi, Verduno, Cherasco, Diano d’Alba, Novello e Grinzane Cavour), sita nelle antiche cantine marchionali del castello che tennero a battesimo questo vino leggenda-

rio. Lo spettacolo delle grandi etichette e delle annate memorabili. Qui potremo scegliere le nostre bottiglie e portarcele a casa per continuare a rivivere questo magico momento.

L’installazione “La nostra casa nell’universo” ci offre il passaggio dalle profondità dell’universo fino ad arrivare alle Langhe, caratterizzate dalle colline pettinate a vigneto

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Il vino Barolo prende il nome dal paese omonimo. E come il suo vino, anche il borgo di Barolo ha origini antiche e profonde. Pare che il primo insediamento sia stato di origine barbarica e che risalga all’alto medioevo. Questa interpretazione è avallata dalla più accreditata spiegazione relativa all’etimologia del nome, originato con buone probabilità dal celtico «bas reul», cioè «luogo basso»: interpretazione sostenuta anche dalla conformazione geografica del territorio, poiché il paese si sviluppa su un altipiano circondato da colline. Nel 1200 il paese è citato con il nome di Villa Barogly, che nel 1600 si trasforma in Barrolo o Barollo. Sotto il dominio longobardo, Barolo dipende dal Gastaldo di DiaUna veduta di Barolo immerso nelle colline delle Langhe no, passando poi con Carlo Magno a far parte della Contea di Alba prima e della Marca di Torino poi. È in questi anni che, per difendersi dalle continue scorrerie saracene, Berengario I permette l’erezione del nucleo originario del castello. Nel 1233 il territorio di Barolo torna al Comune di Alba che lo amministra fino al 1250: anno in cui la potentissima famiglia dei banchieri Falletti acquisisce l’intero possedimento. Esponenti della nascente borghesia e privi di lignaggio nobile, i Falletti segnano le sorti di Barolo per alcuni secoli grazie soprattutto ad una grande disponibilità economica che consente loro, negli anni intorno al 1300, di controllare circa cinquanta feudi piemontesi. Nel 1486 Barolo entra a far parte dello Stato Monferrino, passando poi nel 1631 ai Savoia con il trattato di Cherasco, stipulato dal Duca Vittorio Amedeo I. Già eretto a Contea nei primi anni del ’600, Barolo diviene Marchesato nel 1730: il primo Marchese è Gerolamo Falletti, uomo di grandi abilità militari che arriva nel 1731

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© Emanuela Cattaneo (2)

La storia del paese di Barolo


persino ad ottenere il titolo di vicerè di Sardegna. Dopo Gerolamo IV si incontrano due altri marchesi: Ottavio Alessandro Falletti, più dedito agli studi che alla carriera militare e politica, e Carlo Tancredi. Siamo già nella prima metà dell’Ottocento. È la beneficenza l’attività in cui Carlo Tancredi si impegna maggiormente, in perfetta comunione di intenti con la moglie Juliette Colbert, ultima marchesa Falletti e personaggio di spicco della vita sociale e culturale dell’epoca. Il XX secolo vede il paese di Barolo subire fortune alterne. Nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale e, più tardi, in concomitanza con il boom economico, Barolo è investito dal destino che acJuliette Colbert, Marchesa di Barolo comuna molte realtà rurali del Piemonte e di tutta Italia in genere: le difficili condizioni di vita prima, l’esodo della gioventù verso le grandi città e le fabbriche poi determinano un abbandono delle campagne e un progressivo impoverimento del territorio e della popolazione. A partire dagli anni ’70 la tendenza si inverte, fino ad arrivare, oggi, ad essere una delle più significative realtà della storia vitivinicola e produttiva italiana e mondiale.

Le colline ricoperte di vigneti sono la caratteristica principale dei paesaggi delle Langhe

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E’ quanto emerge chiaramente dal bilancio stilato da Enoteca Italiana di Siena, il più antico ente nazionale per la promozione del vino Made in Italy, durante il periodo estivo (giugno - agosto), registrando un boom di presenze: quasi 5000 visitatori al mese.

© Emanuela Cattaneo

della Redazione - Fonte: Enoteca Italiana

I turisti amano il vino italiano

L’enoteca è sempre più meta di turisti amanti del vino italiano di qualità

“Un ottimo risultato - spiega Claudio Galletti, Presidente di Enoteca Italiana - che dimostra la voglia di voler scoprire e conoscere le nostre eccellenze. Abbiamo avuto la presenza di francesi, italiani, giapponesi, tedeschi, inglesi, americani, spagnoli, olandesi, scandinavi, affascinati dalla nostra struttura e dalla mostra multimediale, Parladivino con circa 1600 vini di tutte le regioni italiane in esposizione. Dell’80% di stranieri, il 30% è rappresentato da francesi, principali acquirenti di partite di bottiglie”.

Consumi Gli italiani e i giapponesi sono i principali consumatori di vino a bicchiere al Wine Bar e i più richiesti sono i marchi prestigiosi, come

il Tignanello, Solaia, Sassicaia, Ornellaia, Biondi Santi, oppure l’Amarone, il Franciacorta, il Nero d’Avola, l’Aglianico e il Vermentino. La vendita per bottiglia si divide soprattutto tra i grandi vini: Barolo, Brunello di Montalcino, Chianti e Chianti Classico, Vernaccia di San Gimignano, Prosecco e Lambrusco, tra i più richiesti, anche se non grandi numeri, i vini prodotti con vitigni autoctoni minori, come (Ansonica, Pecorino, Cortese, Bonarda, Canaiolo, Frappato, Grillo, Pigato, Falanghina, Montepulciano, Negroamaro, Gaglioppo, Primitivo, Ribolla Gialla, Refosco). I turisti ai quali piace il vino, ma conosco poco le varie tipologie ed i vari vitigni autoctoni, espressione dell’enologia Italiana (circa il

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60%) si lasciano guidare dagli esperti sommelier dell’Enoteca Italiana che, dopo aver ascoltato le loro esigenze, li aiutano a scegliere il vino giusto, con il miglior rapporto qualità/prezzo. Discorso a parte per il ristorante Millevini di Enoteca Italiana, situato nei bastioni di nordest della Fortezza Medicea di Siena, che con la sua splendida terrazza riesce ad ospitare più di 100 persone. I dati registrano che le preferenze dei commensali a pranzo si indirizzano soprattutto verso bollicine, bianchi giovani e rosati, rossi IGT giovani, preferendo un consumo a bicchiere che permette di abbinare la singola portata al vino giusto. La sera preferiscono anche i rossi che bevono in abbinamento ai piatti del territorio (tagliata, fiorentina, salumi e formaggi), occasione in cui si prende più volentieri una bottiglia. Il problema della patente a punti, comunque, ha inciso in modo sostanziale sul consumo del vino nella ristorazione.

Vendite Le vendite di bottiglie sono leggermente in calo rispetto agli ultimi anni, circa il 5%, dovuta con tutta probabilità, non solo alla crisi, ma anche alle problematiche di trasporto aereo e ai costi di trasporto via corriere. Gli acquisti di rilievo vengono effettuati dai francesi, olandesi e italiani che si muovono con mezzi propri (auto, camper) in quanto ne fanno un uso immediato nel corso della vacanze oppure come ricordo di un’esperienza. E’ aumentata del 12% la vendita a bicchiere al wine bar, anche perché il cliente è sempre

più curioso e con il costo per l’acquisto di una bottiglia riesce ad assaggiare almeno 4/5 tipologie di vino e di diverse regioni provenienza. Interessante è stata l’esperienza di alcuni turisti olandesi, tedeschi e francesi che, essendo molto curiosi, sono sempre alla ricerca di prodotti di altre regioni. Hanno, infatti, acquistato vino siciliano, pugliese, piemontese e calabrese. Al termine della loro vacanza in Toscana, sono ritornati per comprare altre bottiglie di Nero d’Avola, di Salice Salentino, Barbera e Cirò.

Il lavoro di promozione dell’Enoteca Italiana, riguarda anche mini corsi e degustazioni guidate. Questa tipologia di turisti chiedono mediamente 4/5 vini in degustazione, prediligendo i bianchi del nord, in primis del Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e le bollicine, a cui aggiungono le eccellenze toscane quali il Vino Nobile di Montepulciano, Chianti Classico e Brunello di Montalcino ma anche vini del centro e del sud come il Moscato di Siracusa, la Malvasia delle Lipari, il Moscato e il Passito di Pantelleria. Molto richiesti sono i corsi di 2/3 ore sul vino con degustazione e l’80% delle domande proviene da stranieri.

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di Bruno Goglione

Franciacorta un territorio, un vino Alla scoperta di questo spicchio di Lombardia, che custodisce con gelosia un “tesoro” di inestimabile valore: il Franciacorta DOCG

L’origine del termine Franciacorta deriva da “curtes francae”, cioè quelle piccole comunità di monaci benedettini insediate nell’Alto Medioevo in zona collinare vicino al Lago d’Iseo che erano esentate dal pagamento dei dazi, ai Signori e al vescovo, per il trasporto ed il commercio delle loro merci in altri Stati o possedimenti, poiché i frati erano dediti alla bonifica dei territori assegnati e istruivano i contadini alla coltivazione dei campi. Infatti le “curtes” erano i principali centri di commercio dell’epoca. Il toponimo Francia Corta è riportato in modo chiaro e per la prima volta in un’ordinanza dell’ottavo libro degli Statuta Communis Civitatis Brixiae dell’anno 1277, per identificare l’area ad ovest della città di Brescia che ricomprendeva i comuni di Gussago, Sale, Urago, Rodengo e Ronco, ingiunti a pagare un contributo per la costruzione del ponte sul fiume Mella. La prima carta toponomastica e geografica della Franciacorta compare in uno Statuto del Doge Francesco Foscari (1429) e ricalca gli attuali confini, definiti dal disciplinare di produzione dei vini di Franciacorta approvato il 21 luglio 1967 cioè quel territorio delimitato a nord dalle sponde del Lago d’Iseo a est dal proseguimento delle Alpi Retiche che dividono la Valle Camonica dalla Val Trompia, a ovest dal fiume Oglio, a sud dal Monte Orfano.bIl territorio della Franciacorta si sviluppa su 19 comuni della Provincia di Brescia: Adro - Capriolo - Cazzago San Martino - Cellatica

- Coccaglio - Cologne - Corte Franca - Erbusco - Gussago - Iseo - Monticelli Brusati Ome - Paderno Franciacorta - Paratico - Passirano - Provaglio d’Iseo - Rodengo Saiano - Rovato e Brescia.

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La storia

Per Conforti, che tra l’altro conosceva a fondo l’enologia francese, i vini franciacortini divenivano più spumeggianti durante il periodo invernale, per deperire, smorzandosi, nel corso dei mesi estivi. L’origine della spuma stava dunque nell’ebollizione del mosto o, per dirla più correttamente, nella fermentazione, che, anche allora, andava controllata, affinché la “scoria gassosa, leggera e pungente” non si disperdesse. E’ da queste illustri considerazioni che forse i primi produttori di vino franciacortino con le bollicine ricominciarono ad utilizzare i chicchi di orzo per accentuare e prolungare la fermentazione.

I vigneti L’età dei vigneti presenti in Franciacorta è variabile, ma si trovano soprattutto vigneti risalenti a tre epoche di sviluppo successive. Una prima fase di impianto è avvenuta negli anni 1960 - 1970. Di quell’epoca rimangono i segni negli ultimi impianti a pergola, impianti ora circoscritti a pochi vigneti, la cui superficie va sparendo

© Consorzio Tutela del Franciacorta - Giangiacomo Rocco di Torrepadula (2)

Nell’intreccio tra storia, vino e cultura della Franciacorta si inserisce una delle prime pubblicazioni al mondo sulla tecnica di preparazione dei vini a fermentazione naturale in bottiglie e sulla loro azione sul corpo umano. Stampato in Italia nel 1570, il testo viene scritto dal medico bresciano Gerolamo Conforti con il significativo titolo di “Libellus de vino mordaci”. Questo medico, i cui studi precedettero le intuizioni dell’illustre abate Dom Perignon, mise in rilievo la notevole diffusione e il largo consumo che i vini con le bollicine avevano in quell’epoca, definendoli “mordaci”, cioè briosi e spumeggianti. Non solo, egli li descrisse con perizia da esperto degustatore, arrivando a giudicarli “dal sapore piccante o mordace che non seccavano il palato, come i vini acerbi e austeri, e che non rendevano la lingua molle come i vini dolci” e ne elencò i pregi terapeutici.

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© Consorzio Tutela del Franciacorta - Giangiacomo Rocco di Torrepadula

proprio perché le performance qualitative di queste vigne non sono più in linea con gli attuali obiettivi qualitativi della Franciacorta. La seconda fase di impianto è stata realizzata intorno alla metà degli anni ’70, metà anni ’80. Quella fu l’epoca della scelta guidata da nuove esigenze di meccanizzazione del lavoro in campo e quindi si optò per le forme di allevamento a spalliera alta quale il Sylvoz o il Casarsa poi modificato in Miotto. Ad oggi, esiste ancora una buona parte dei vigneti investiti in tale modo, e la produzione è stata ricondotta ai criteri di qualità oggi richiesti con pratiche colturali attente ed evolute.

La terza fase di costituzione del vigneto Franciacorta si colloca attorno agli anni ’90. In quel momento si operò una precisa sterzata verso impianti più fitti, con un numero di ceppi ad ettaro di almeno 4000-5000 piante, con viti di ridotto sviluppo vegetativo e contenuta produzione a ceppo. Da allora la strategia di impianto si è consolidata verso questa ten-

denza, passando anche per esperienze di densità estreme quali le 10.000 viti ad ettaro. Oggi non è più in discussione che il fattore qualità delle uve passa per una contenuta produzione a ceppo, nell’ordine di 1-1.5 massimo 2 Kg.

La vendemmia La vendemmia inizia con la raccolta delle uve destinate alla base del Franciacorta. Intorno alla metà di agosto, le uve delle zone più precoci, hanno i valori zuccherini ed acidici idonei alla preparazione dei vini base che saranno fatti rifermentare in bottiglia per originare il Franciacorta DOCG. Inizia così la raccolta delle uve Chardonnay, rigorosamente a mano e in piccole cassettine di circa 15-17 Kg ciascuna. La variabilità pedoclimatica della Franciacorta distribuisce l’inizio della vendemmia nelle diverse unità pedopaesaggistiche su un lasso di 8-10 giorni. Tanta è la differenza del ciclo di maturazione tra le zone più precoci e le zone più tardive della Franciacorta. La raccolte delle uve da base per le nobili bollicine DOCG prosegue per circa 3 settimane, passando dallo Chardonnay al Pinot nero, al Pinot bianco. Dopo circa 3 settimane dedicate alla vendemmia del DOCG, inizia la raccolta delle uve del Curte Franca o Terre di Franciacorta bianco. Tale operazione si protrae per circa15 giorni fino al momento in cui iniziano a maturare le uve rosse.

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Le più precoci sono le uve di Merlot, seguite da Nebbiolo, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Barbera. Il tutto si conclude normalmente verso la prima metà del mese di ottobre, assicurando, quindi, alla Franciacorta, circa due mesi di vendemmia.

Il Consorzio Il Consorzio per la tutela del Franciacorta con il suo logo inconfondibile - una effe merlata, simbolo delle antiche torri medievali che caratterizzano il territorio - nasce il 5 marzo 1990 a Corte Franca, in provincia di Brescia, come aggregazione di un gruppo di viticoltori accomunati da passione e stimoli comuni, interessati soprattutto alla tutela, alla valorizzazione e alla promozione della vitivinicoltura franciacortina e del territorio nel suo insieme. Si tratta di un’organizzazione consortile interprofessionale, indipendente, in grado di fornire quel supporto di servizi, d’immagine, di aggregazione forte e uguale per tutti. Al Consorzio, che dal 1993 ha sede a Erbusco, nel cuore della Franciacorta, aderiscono le tre categorie professionali dei viticoltori, vinificatori e imbottigliatori che sono interessati alla filiera produttiva delle denominazioni Franciacorta Docg, Curtefranca Doc e Sebino Igt. Sono aziende di varie dimensioni: dalle piccole, a gestione familiare, alle imprese strutturate e conosciute nel mondo. Le aziende associate al Consorzio del Franciacorta rappresentano la quasi totalità di quelle attive sul territorio e sono presenti sul mercato soprattutto con il prodotto principe di quest’area vitivinicola, il Franciacorta, il primo e l’unico brut italiano prodotto esclusivamente con la rifermentazione in bottiglia ad aver ottenuto

fin dal 1° settembre 1995 la Docg, Denominazione di Origine Controllata e Garantita. “L’attività consortile è molto ampia - spiega Maurizio Zanella, Presidente del Consorzio (foto sotto) - va dal controllo sulla produzione alla tutela e valorizzazione della denominazione e del vino, alla comunicazione del prodotto e del suo territorio. Il controllo avviene nel vigneto durante tutto l’anno - continua Zanella - sulle uve e nella cantina durante l’elaborazione dei vini con analisi chimiche e organolettiche dei campioni nelle varie fasi della produzione, sul rispetto dei tempi di vinificazione, imbottigliamento, affinamento e commercializzazione delle bottiglie” Il Consorzio è da sempre attivo anche nell’attività di sperimentazione. Da ricordare il completamento e la successiva pubblicazione nel 1997 della ricerca sulla zonazione iniziata nel

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1992 che ha permesso di definire la vocazionalità dell’intera area viticola, studiando l’effetto dell’insieme delle caratteristiche geopedologiche e morfologiche del paesaggio sulle prestazioni vegetoproduttive e qualitative del vigneto franciacortino. Su tale studio è da poco partita una nuova fase di approfondimento. Nel 2000 è stata avviata una ricerca sulla valutazione dello stato nutrizionale della vite in collaborazione con il mondo accademico, mentre è in programma un ulteriore studio per un maggior dettaglio delle informazioni fino ad ora acquisite sul terroir e sulle interazioni degli esiti viticolo-enologici. Dal 2001 al 2005, sempre allo scopo di approfondire la ricerca per la valorizzazione del binomio territorio-prodotto per un sistema produttivo di elevata qualità, il Consorzio ha realizzato un progetto di viticoltura di precisione su vasta scala.

Grazie all’uso combinato di immagini satellitari ad alta precisione, di complessi algoritmi e di rilevazioni Gps sul terreno, i produttori hanno la possibilità in tempo reale di ottenere informazioni estremamente importanti e dettagliate sulla produzione ad ettaro, sullo stato di maturazione dell’uva in termini di tenore zuccherino, acidità e polifenoli.

Il rapporto con i Produttori Il Consorzio segue costantemente l’impegno dei produttori nel mettere in pratica tutte quelle scelte produttive e commerciali che garantiscono una sempre più elevata qualità al consumatore: • limitare correttamente le rese di uva; puntare soprattutto sulla cura del vitigno Chardonnay per una armonizzazione e specificità di gusti; • vincolare i vigneti ai tipi di impianti e di potature di forma compatta e corta; elevare le

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caratteristiche fisico-chimiche del prodotto base; • allungare il più possibile il periodo di evoluzione in bottiglia del Franciacorta; • fornire le più complete informazioni al consumatore. Oggi nuovi compiti spettano al Consorzio: la certificazione dell’intera filiera, dalla produzione di uva alla consegna dei contrassegni di Stato per tutte le Aziende, consorziate e non, che utilizzano la denominazione. Una normativa pesante sul piano applicativo, risultato della collaborazione tra il Ministero, la Regione, la Camera di Commercio e il Consorzio stesso e che ha consentito di raggiungere l’ulteriore controllo che richiedeva l’applicazione della Docg: il definitivo livello di certezza rispetto ai quantitativi di prodotto atto ad essere designato come Franciacorta.

contatti con giornalisti e opinion leaders, • organizzando banchi d’assaggio e in generale eventi e iniziative finalizzate a una conoscenza sempre più diffusa e approfondita del Franciacorta e del territorio in cui nasce.

Il Consorzio ha, tra i suoi compiti, non solo un’opera di controllo e tutela anche legale del prodotto in tutto il mondo, ma anche una grande azione di promozione e diffusione del marchio Franciacorta. Opera su tutto il territorio nazionale e internazionale cone queste iniziative: • presenziando in modo significativo alle più importanti manifestazione del settore vitivinicolo • promuovendo incontri con le principali istituzioni, presentazioni con degustazioni guidate di Franciacorta, conferenze stampa,

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© Consorzio Tutela del Franciacorta - Giangiacomo Rocco di Torrepadula (3)

Promozione e diffusione


della Redazione

L’ Aquila Reale spicca il volo Cesarini Sforza “Aquila Reale” Riserva 2003 – Trento D.O.C. ha conseguito il premio “Miglior

Premi e riconoscimenti

Metodo Classico” in assoluto nella categoria “Spumanti” della Guida Luca Maroni 2011.

Il premio verrà consegnato in occasione del galà di apertura dell’evento “Sensofwine 2011”, in programma la sera del 28 gennaio 2011 presso il Palazzo dei Congressi - EUR di Roma. La Cuvée Cesarini Sforza “Aquila Reale” è prodotta dalla vinificazione di uve Chardonnay provenienti dai vigneti situati a Maso Sette Fontane, in Val di Cembra, su terreni detritici, leggermente calcarei, sabbiosi non molto profondi, a 500 metri sul livello del mare.

Dopo la vendemmia, che avviene di solito nella prima metà di settembre, si procede alla pressatura soffice delle uve; il mosto ottenuto, dopo una pulizia statica a temperatura controllata, è avviato, tramite l’inoculazione dei lieviti, alla fermentazione alcolica, fatta svolgere a temperatura termoregolata per il 50% in legno e per il 50% in tank di acciaio. Qui i vini svolgono la fermentazione malolattica e rimangono 12 mesi sur lies, durante i quali vengono effettuati bâtonnage settimanali.

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Seguono poi l’assemblaggio delle partite, l’aggiunta della liqueur de tirage per la presa di spuma e l’imbottigliamento. Il vino resta in cantina sui propri lieviti per almeno 72 mesi, quindi si dà avvio al remuage delle bottiglie, alla sboccatura e all’aggiunta della liqueur d’expédition, costituita da vini di riserva elevati in legno. Cesarini Sforza “Aquila Reale” si presenta con una spuma che risuona melodiosa nel calice, lasciando una sinuosa corona di bollicine sul bordo del cristallo; il perlage è molto fine, di valida trama e modulata persistenza. Veste il bicchiere di un colore paglierino brillante, con riflessi quasi zecchini; il bouquet risulta maturo, con sentori di composta di mele cotogne, tarte tatin, crema pasticcera, scorza di agrumi canditi. Un profilo olfattivo rotondo e opulento, di esuberante personalità e decisa intensità, che chiude su note di fichi secchi e bonet all’amaretto. In bocca è coerente con le sensazioni olfattive, arricchito da un morbido ricordo di rovere. Cremoso, strutturato, caldo, di bella intensità. La freschezza acida bilancia le note più mature, instaurando un bell’equilibrio gustativo. La beva si chiude persistente su sensazioni di frutta tropicale e nocciole tostate.

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della Redazione

Tre bicchieri di... “Selvarossa riserva 2007” Per il quarto anno consecutivo i “Tre Bicchieri” della guida dei Vini d’Italia di Gambero Rosso

Premi e riconoscimenti

hanno premiato le “Cantine Due Palme” per il “Selvarossa riserva 2007”

Angelo Maci, Presidente di Cantine Due Palme in mezzo ai vigneti della sua azienda

Con l’umiltà e la dedizione il percorso tutto in salita di Cantine Due Palme ha portato la prestigiosa cooperativa di Cellino San Marco ad aggiudicarsi per il quarto anno consecutivo i Tre Bicchieri della Guida dei Vini d’Italia, la guida più letta e seguita del panorama enologico italiano, edita da Gambero Rosso. Senza sbavature, dubbi o ripensamenti il Salice Salentino Selvarossa Riserva 2007 è stato giudicato uno dei migliori vini d’Italia.

“E’ grande la soddisfazione e l’orgoglio - ha commentato il Presidente di Cantine Due Palme, l’enologo Angelo Maci - con cui accogliamo il prestigioso riconoscimento a dimostrazione dell’attività svolta negli ultimi 20 anni per la valorizzazione del nostro patrimonio vitivinicolo, un prodotto strettamente legato al territorio, alla storia e alla cultura della Puglia ed emblema del saper fare dell’imprenditoria locale Si tratta di un riconoscimento prestigioso che dona lustro al

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Salento e alla vitivinicoltura meridionale e all’attività svolta dalla nostra cantina che raccoglie oltre quasi 1000 soci e si è prefissata l’obiettivo di imporsi per la qualità del prodotto e il forte radicamento al territorio d’origine”. Il Presidente ci fornisce anche alcuni dati legati alla vendemmia corrente; ad oggi, le Alcune collaboratrici della Cantina Due Palme: Francesca Valzano, uve conferite, sono staAntonella Maci, Debora Giannone e Melissa Maci te pari a 229.500 mila quintali e a fine vendemmia, prevista tra una politiche agricole, Dario Stefano - ha comdecina di giorni, si raggiungerà la quota di mentato il Presidente - per gli auguri e i 250 mila quintali. complimenti a noi riservati, e per il suo lavoIn qualità di Presidente del Consorzio di Tu- ro e impegno che dedica al settore vitivinitela e valorizzazione del Salice Salentino colo”. Dop, Angelo Maci, si complimenta con tutte Quasi duecentocinquanta persone sono stale altre cantine della Puglia, premiate dal te coinvolte per stilare la guida, trenta le Gambero Rosso; in particolar modo con commissioni che per diversi mesi hanno asConti Zecca e Leone De Castris. saggiato più o meno 25mila vini, recensito “Ringrazio di cuore il nostro Assessore alle 2245 aziende e circa 18000 vini.

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di Reghina Zater

Il vino in cucina Il vino è utilizzato in cucina come ingrediente in molte ricette. Il principio, in generale, è di aggiungerlo all’inizio della cottura e lasciarlo evaporare, per conferire alla preparazione il suo aroma e dissolvere gli elementi alcolici e acquosi del vino. Questo vale prima di tutto per i risotti o gli stufati, dove, infatti, la cottura inizia con il vino, bianco o rosso secondo il piatto, per proseguire con brodo, salsa di pomodoro o acqua. Nelle marinate, invece, o in altre preparazioni, il vino è usato come liquido di cottura, per questo il suo sapore è particolarmente avvertibile dal palato, soprattutto se il fondo di cottura serve per preparare la salsa con cui nappare il piatto. Vi è la tendenza, spesso, ad usare in cucina per le ricette avanzi di vino in bottiglia, oppure un vino di qualità mediocre. E’ un errore!, perché un cattivo vino può rovinare un piatto; mentre utilizzare un vino eccellente, può migliorare il gusto finale anche di un piatto mediocre. E’ buona norma servire a tavola, possibilmente, lo stesso vino con il quale si è cucinato il piatto principale.

CURIOSITA’ Come togliere le macchie di vino rosso dalla tovaglia o da un abito di cotone? Mettete subito sulla macchia del sale fino, immergete l’indumento in acqua fredda e strofinate bene prima di lavare normalmente.

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Torta con salsa al vino Ingredienti per 6 persone:

400 gr di zucchero - 5 uova - 120 gr di mandorle tritate - 150 gr di biscotti secchi (tipo petit beurre)) tritati - 50 gr di canditi - ½ bicchierino di rum - poco burro per la tortiera - mezza stecca di cannella o 1 cucchiaino di cannella in polvere - 2 chiodi di garofano - 1 cucchiaio di maizena - ½ litro di vino liquoroso (Erbaluce di Caluso passito o Moscato passito di Pantelleria). Attrezzatura:

due terrine - 1 cucchiaio di legno - una frusta metallica o sbattitore elettrico - un setaccio, 1 pentolino con manico - 1 tortiera rotonda a bordi alti - forno ad una temperatura di 200°. Tempo di preparazione: 20’; Tempo di cottura: 45’ per la torta + 5’ circa per la salsa di vino.

Preriscaldate il forno. Separate i tuorli dagli albumi. Mettete in una terrina i tuorli e 200 gr di zucchero, lavorateli con un cucchiaio di legno fino a quando l’amalgama è di colore giallo chiaro e ben fluido. Aggiungete le mandorle, 130 gr di biscotti, i canditi e il rum. Mescolate tutto con cura finché gli ingredienti si saranno amalgamati. Nell’altra terrina mettete gli albumi e montateli a neve ben soda con la frusta metallica o lo sbattitore elettrico. Aggiungete a poco a poco, con il cucchiaio di legno, gli albumi all’impasto, mescolando sempre nello stesso senso rotatorio. Prendete quindi la tortiera, imburratela leggermente, mettete i 20 gr di biscotti tritati rimasti, facendoli aderire uniformemente sul fondo, versate l’impasto e livellatelo con il cucchiaio di legno. Mettere la tortiera nel forno caldo e fate cuocere per circa 45 minuti. Quando la torta sarà quasi cotta, preparate la salsa al vino. Mettete il vino nel pentolino con 200 gr di zucchero, la cannella e i chiodi di garofano e la maizena, mescolate accuratamente per evitare che si formino grumi e fate bollire per circa 5 minuti. Passate poi la salsa al setaccio e mettetela in una salsiera. Verificate la cottura della torta mettendo uno stuzzicadenti di legno nel centro, se esce asciutto la torta è pronta. Togliete dal forno e fatela raffreddare. Servite la torta con la salsa di vino mettendone uno o più cucchiai in ciascun piatto dei commensali. Vino da accompagnare:

Erbaluce di Caluso Passito (Piemonte) o Moscato Passito di Pantelleria (Sicilia) servito a 11°, in alternativa uno spumante demi-sec servito a 7°.

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Ricette

Esecuzione:


Pollo al vino Ingredienti per 4- 6 persone: 1 pollo novello di circa 1 chilo e 200 gr, già pulito - 3 cucchiai d’olio d’oliva extravergine - 1 carota tritata - 1 porro tritato - 1 costa di sedano verde tritata - 1 cipolla piccola tritata - poca farina - il succo di ½ limone - 2 bicchieri di vino bianco (lo stesso servito a tavola) - ½ cucchiaino di cannella in polvere - 8 fegatini di pollo (facoltativi) - sale q.b. Attrezzatura: Una casseruola, un cucchiaio di legno, spago da cucina. Tempo di preparazione: 10’; Tempo di cottura: 45’. Esecuzione: Fiammeggiate, lavate, asciugate bene il pollo, legatelo con lo spago sottile e infarinatelo. Mettete nella casseruola l’olio e fatelo scaldare, aggiungete le verdure tritate e fatele leggermente appassire mescolando con il cucchiaio di legno. Aggiungete il pollo e fatelo rosolare bene da tutti i lati a fiamma media, badando che non si attacchi sul fondo. Versate prima il succo di limone e fate cuocere a fiamma bassa per circa 10 minuti, quindi il vino bianco, il sale e la cannella, date una mescolata e fate cuocere a fuoco lento, girando di tanto in tanto il pollo. Quando mancano 10 minuti dal termine della cottura, potete aggiungere i fegatini di pollo e finire di cuocere. Nel caso si asciugasse troppo il sugo, aggiungete ancora del vino bianco fatto scaldare in un pentolino. Sgocciolate il pollo, togliete lo spago, tagliatelo a pezzi e servitelo su un piatto di portata scaldato in precedenza. Versate sopra la salsa; se dovesse essere troppo liquida, fatela addensare a fuoco vivo con mezzo cucchiaio di maizena, mescolando bene per prevenire la formazione grumi. Per accompagnare: funghi trifolati, o patate bollite, o carote al vino bianco. Vino da accompagnare: Pinot di Franciacorta (Lombardia) o Soave Classico (Veneto) o Orvieto Classico (Umbria) serviti a 12°.

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Periodico

di

cultura

enogastronomica

e

turismo

Anno

1

-

Numero

1

-

Aprile

2010

Speciale Vinitaly


GOURMADIA s.r.l. Via Pacchioni, 365 - 47521 Cesena (FC) - ITALY Tel. +39 0547 23821 - Fax +39 0547 25791 Internet: www.lamadia.com - Email: lamadia@lamadia.com


Gli aceti di Cesare: tradizione, passione e cultura “Ho cominciato a produrre aceti di monovitigno negli anni ’70, seguendo l’antica tradizione piemontese che si stava purtroppo dimenticando. Sono ottenuti da vini Barolo, Moscato, Arneis e Barbera dei produttori di Langa, travasati gradualmente in botti di gelso, rovere e ciliegio”. CESARE GIACCONE Località San Bernardo, 9 - Albaretto della Torre (CN) Tel. +39 0173.520141 - info@acetodibarolo.it


di Cino Tortorella

A tavola con le stelle

La cena della bilancia Il segno della Bilancia inizia con l’equinozio del 23 settembre; la natura rinnova il guardaroba e dai colori violenti dell’estate passa ai toni delicati e sfumati dell’autunno.

E’ un segno di armonia simboleggiato dal geroglifico egizio che indica equilibrio oppure è rappresentato da una figura femminile che tiene in mano una bilancia simbolo di giustizia. E’ governato dal pianeta che ha il nome di Venere, la Dea dell’Amore e della Bellezza; i colori favoriti sono le tinte tenui come quelle delle foglie che tra poco si staccheranno dai rami. Le pietre sono la giada, lo smeraldo, il quarzo. Il numero magico è il 7. Il giorno del destino il venerdì.

Sotto il segno della Bilancia sono nati personaggi che hanno lasciato un’impronta profonda nella storia dell’Umanità: grandi scrittori: Miguel de Cervantes, Oscar Wilde, Eugene O’Neill, Dino Buzzati, Eugenio Montale; architetti: il Borromini o Le Corbusier; filosofi: Diderot, Nietsche, Foucault; fisici: Cavendish, Torricelli, Fermi; musicisti: Liszt, Ghershwin, Shostakovic e il nostro grandissimo Verdi. E ancora, attori: Eleonora Duse e Marcello Mastroianni, Walter Matthau e Rita Hayworth,

Gustare l’Italia 66


Jerry Lewis e Buster Keaton; cantanti: Luciano Pavarotti e John Lennon, Yves Montand e Ray Charles; campioni sportivi: Nordhal, Falcao, Juri Chechi, Dorina Vaccaroni; politici: Eisenhower, Sandro Pertini, Juan Peron e il Mahatma Gandhj; registi: Visconti, Antonioni, Lattuada, Almodovar e Coppola… I nati sotto il segno della Bilancia amano il bello e l’arte in tutte le forme ed è per questo che sono molto esigenti e severi sia nei confronti degli altri che di sé stessi, spesso incontentabili e insoddisfatti. Non sopportano la solitudine e sono perciò alla continua ricerca di contatti umani per soddisfare la sete di amore e di amicizia. Gli amici sanno di poter contare su di loro e sono certi che il loro giudizio, lontano da piaggerie e ipocrisie, è sempre sereno e obbiettivo. Il sentimento più importante è l’amore ed è per questo che si danno alla persona amata con slancio e passione ma per loro esigono uguale passione e dedizione e se traditi sono capaci di durissime reazioni. Anche a tavola come nell’arte e in amore i na-

ti sotto il segno della Bilancia sono molto attenti al bello e molto esigenti e selettivi; l’approssimazione, la superficialità non fa per loro. E’ grazie ai nati sotto questo segno che certi ristoranti hanno successo anche se lontani da città importanti. La Guida Michelin ha creato per certi locali la dicitura “Vaut le Voyage” (vale il viaggio) per dire che vi si mangia talmente bene che vale la pena di sottoporsi anche ad un lungo viaggio per gustarne le delizie. Un gourmet Bilancia è disposto appunto a fare decine e decine di km pur di poter andare a gustare i cibi preparati dallo chef della loro predilezione; pronti a partire da Napoli per andare a gustare le delizie di Don Alfonso a Sant’Agata sui Due Golfi, o da Milano per una cena all’Albereta dal divino Marchesi o da Bologna per far visita al grande Bolognesi che da Castrocaro si è trasferito sulla riviera adriatica. Ed è proprio a Gianfranco che chiediamo di creare il menu per la cena dedicata ai nati sotto il segno della Bilancia; è nato il… è perciò un… ma è ascendente Bilancia e lo si capisce subito perché anche lui è un esteta con il culto dell’eleganza e della raffinatezza. Da quando nel ’71 ha aperto il suo ristorante “La Frasca” a Castrocaro

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è diventato amico di grandi artisti le cui opere hanno impreziosito il suo locale (Giò Pomodoro, Folon, Maccari, Gentilini, Cascella, Baj, Turcato e Matta) che oggi ritrovo nell’elegante locale della Rotonda Don Minzoni a Milano Marittima, frazione di Cervia. Quando gli esponiamo il nostro desiderio se ne dichiara entusiasta e subito chiama i suoi fedeli collaboratori Marco Cavallucci e Angelo Asirelli che con la supervisione di Donna Bruna, la moglie di Gianfranco, si mettono al lavoro per decidere il menu. Gianfranco Bolognesi con Donna bruna, sua moglie A questo punto come è ormai tradizione per le nostre cene dello zodiaco non ci re- ro segno; è così che a poco a poco La Frasca sta che invitare i più importanti personaggi si trasforma in un “parterre de roi”. nati sotto il segno della Bilancia e dar loro ap- Si ritrovano vecchi amici che non si incontrapuntamento per la sera. vano da anni. Ad un tavolo Catherine DeneuE’ incredibile ciò che accade nel regno della ve (22 ottobre) con Brigitte Bardot (28 setfantasia: nessuno rifiuta l’invito, alcuni anzi ci tembre), Anita Ekberg (29 settembre) e Silvana suggeriscono i nomi di altri vip nati sotto il lo- Pampanini (25 settembre) stanno ricordando gli anni delle loro folgoranti bellezze; ad un altro tavolo Gino Paoli (23 settembre), Ivan Graziani (6 ottobre), Julio Iglesias (23 settembre), Renato Zero (30 settembre) e Zucchero (25 settembre) stanno facendo pronostici sul prossimo Festival di Sanremo. Lì accanto Romina Power (2 ottobre), Mara Venier (20 ottobre), Milly Carlucci (1 ottobre), Valeria Golino (22 ottobre), Loretta Goggi (29 settembre) stanno spettegolando sul mondo della televisione. Un altro tavolo è occupato da vecchie stelle del calcio: Antonio Cabrini (8 ottobre), Rummenigge (25 settembre), Falcao (16 ottobre), Shevchenko (29 settembre), Omar Sivori (2 ottobre) con Enzo Bearzot (26 settembre) stanno scommettendo sulla squadra che vincerà il prossimo Campionato.

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Ad un altro tavolo vediamo anche Silvio Berlusconi (29 settembre) che per non smentirsi si è circondato di belle donne alle quali sta raccontando barzellette: Monica Bellucci (30 settembre), Gwyneth Paltrow (27 settembre), Francesca Dellera (2 ottobre), Catherine Zeta-Jones (25 settembre), Martina Hingis (30 settembre). Ad un altro tavolo Antonio Di Pietro (2 ottobre) accortosi di essere dello stesso segno del suo non amato antagonista sta pensando seriamente di cambiare segno ma arriva a distendere gli animi il delizioso aperitivo scelto da Gianfranco Bolognesi per dare il via alla cena. Come sempre è una scelta perfetta: Bolognesi fino ai 18 anni non aveva mai assaggiato un sorso di vino; credeva addirittura di essere astemio, poi un luminoso giorno - come Paolo sulla via di Damasco - fu toccato dalla Grazia ed è stata la folgorazione, l’incontro con l’assoluto, la certezza di essere vocato ad una nobile missione: offrire gioia ed allegria ai palati più raffinati. Questo vino adempie perfettamente al compito di ogni aperitivo: aprire il palato e predisporre lo spirito alla degustazione di deliziose leccornie. Ed ecco giungere in tavola l’antipasto.

“Insalata ricca di crostacei e molluschi tiepidi con petali di foie gras, olioextra vergine di Brisighella e alcune gocce di aceto balsamico” L’arrivo del primo piatto dovrebbe essere preceduto da uno squillo di trombe come all’inizio della Marcia Trionfale dell’Aida: si tratta delle

“Tagliatelle all’Antica con ragù profumato allo scalogno e stridoli di fosso” un delizioso piatto. Le Tagliatelle sono scottate in padella con burro e prosciutto e ricoperte da una pioggia di petali dei tartufi di Ovadola che nulla hanno da invidiare alle più titolate “trifole” di Alba o Acqualagna. Per il piatto di mare Bolognesi è stato incerto se servire i l “Fritto Misto del Mare e dell’Orto” con i pesci e i molluschi che sembrano proveni-

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re da un mare lunare, tanto sono leggeri e aerei… ma poi ha deciso per il

“Tortino di gamberi melanzane e pomodoro con ratatouille di verdure e basilico fritto” “E’ l’unico piatto che non abbiamo mai tolto dal menu e che i clienti continuano a chiederci da oltre 30 anni” - dice Gianfranco con malcelata soddisfazione. E’ così che i felici ospiti si vedono arrivare un piatto nel cui centro troneggia una composizione di melanzane, pomodori e gamberi con i colori dell’Italia e tutto il profumo delle Terre che si affacciano sul Mediterraneo. Le bollicine sono la compagnia ideale di questo piatto ed è perciò che è stato portato a tavola un delizioso e italianissimo Franciacorta Cuvée Annamaria Clementi. Il “Tortino di cioccolato e castagne di Marradi” conclude in un crescendo rossiniano la cena; lo accompagna un calice di Scacco Matto della Fattoria “La Zerbina”, è un’Albana Passito ottenuto con lo stesso metodo dei grandi Sauternes. Era il vino preferito dal disegnatore francese Folon, caro amico di Gianfranco, perché lo aiutava ad immaginare il suo universo fantastico. L’entusiasmo degli ospiti è alle stelle. A gran voce chiamano gli eroi della serata, gli chef, i camerieri, che sfilano tra gli applausi come attori in passerella. Poi accolto da una standing ovation arriva il regista, Gianfranco Bolognesi, accompagnato da Donna Bruna, la sua compagna di sempre. Il sipario cala mentre gli ultimi ospiti si avviano alle loro macchine in attesa. Molti però preferiscono sostare al Palace Hotel, lo splendido 5 stelle di Milano Marittima, e riposare in una delle bellissime camere che si affacciano sull’Adriatico o sul Giardino degli Ulivi. Prima di lasciare il ristorante Berlusconi si è fermato a parlottare con Gianfranco; pare che gli abbia proposto di inserirlo nella lista del suo partito per le prossime elezioni. Bolognesi ha però gentilmente declinato l’invito. E’ troppo innamorato della sua terra e del suo lavoro che non lascerebbe nemmeno per la Presidenza della Repubblica.

Gustare l’Italia 70


Le ricette proposte sono dello Chef Marco Cavallucci del Ristorante “La Frasca” di Milano Marittima e tratte dal volume “Il lusso della Semplicità” Gourmadia Editore

Insalata ricca di crostacei e molluschi tiepidi con petali di foie gras, olioextra vergine di Brisighella e alcune gocce di aceto balsamico

Preparazione: Impastare le uova con la farina e tirare una sfoglia, tagliarla con una rotellina dentata ricavando delle pappardelle lunghe circa cm. 12 e larghe 1. Tritare finemente le verdure e appassirle

Ingredienti: 8 scam-

con un poco d’olio e la foglia d’alloro, unire la

pi; 8 mazzancolle; 8

carne mista tritata e rosolare dolcemente; ba-

gamberi rossi; 8 ca-

gnare con il vino e far evaporare.

pesante; g. 100 di

Tagliare a piccoli pezzi i pomodori privati della

calamaretti; 1 astice di circa g. 500; 8 canoc-

pelle e dei semi e versarne metà sulla carne, sa-

chie; g. 100 di valeriana; g. 300 di fegato grasso

lare, pepare e aggiungere un poco d’acqua.

d’oca; 1 mazzetto di erbe aromatiche (basilico,

Cuocere fino a quando il ragù risulterà ristretto.

verbena, aneto); dl. 1 di cognac; aceto balsami-

Pulire gli scalogni, tagliarli a fettine sottili e te-

co tradizionale di Modena; olio extravergine di

nerli in acqua fresca per qualche minuto. In una

oliva; sale e pepe

padella con poco olio appassire metà dello sca-

Preparazione: rivare il fegato delle venature in-

logno, unire i pomodori rimasti e cuocere per 2

terne e delle pellicine. Condirlo con sale, pepe e

minuti; aggiungere il

il cognac, avvolgerlo su se stesso in uno

ragù e la metà degli

straccio,stringendo molto bene.

stridoli puliti, alzare il

Legare le estremità con dello spago e cuocerlo

bollore e togliere dal

in acqua a 80°C per circa 25 minuti. Far raffred-

fuoco.

dare in frigorifero per 24 ore prima dell’utilizzo.

Friggere le foglie di

Pulire i pesci, salarli e cuocerli a vapore con il

stridoli e gli scalogni

mazzetto degli aromi. Disporre i pesci nel piatto,

rimasti, salare e asciugare con carta assorben-

unire le foglioline di valeriana e il fegato d’oca

te. Cuocere le pappardelle in abbondante ac-

tagliato a fettine sottili; condire con l’aceto bal-

qua salata, scolarle e condirle con il ragù otte-

samico e l’olio.

nuto. Sistemare nel piatto ben caldo un nido di pap-

Pappardelle all’antica con ragù profumato allo scalogno e stridoli di fosso

pardelle contornato dagli scalogni e dagli stri-

Ingredienti: g. 50 di carne di vitello; g. 50 di car-

Tortino di gamberi melanzane e pomodoro con ratatouille di verdure e basilico fritto

cipolla; g. 20 di carota; g. 20 di sedano; dl. 1 di vino bianco secco; g. 200 di pomodori maturi; 2 scalogni; g. 100 di stridoli; 1 foglia di alloro ; 2

Per la vinaigrette all’aceto balsamico: 1 cucchia-

foglie di basilico; olio extravergine di oliva; sale

io di aceto balsamico tradizionale di Modena;

e pepe; g. 200 di farina “00”; 2 uova; g. 30 di

dl. 1 d’olio extravergine di oliva; sale

parmigiano

Per il ripieno: g. 200 di gamberi già puliti; 1 cuc-

71 Gustare l’Italia

Ricette

ne di manzo; g. 50 di carne di maiale ; g. 20 di

doli fritti.


chiaio d’aceto balsamico tradizionale di Mode-

ogni tortino. Friggere le foglie di basilico in olio

na; dl. 1 d’olio extravergine di oliva; sale

bollente, salarle e posizionarne una sopra cia-

Per la ratatouille: g. 50 di carote; g. 50 di sedano

scun mucchietto di ratatouille.

rapa; g. 50 di zucchine; g. 50 di fagiolini; aceto

Tagliare a spicchi i pomodori rimasti, alternarli ai

di vino bianco; 1 spicchio d’aglio; sale e pepe

mucchietti di ratatouille e condire il tutto con la

Per il tortino: 1 melanzana tonda di media gran-

vinaigrette all’aceto balsamico.

dezza; g. 100 di pomodori ciliegini; 1 mazzetto di basilico; 8 gamberi; sale; olio extraver-

Tortino di cioccolato e castagne di Marradi, riccio di marzapane

gine di oliva Per la decorazione: 4

Ingredienti: g. 70 di cioccolato fondente; g. 70

gamberi; 12 pomo-

di castagne lessate e passate al setaccio fine;

dori Pachino; 12 fo-

g. 120 di burro; 4 uova; g. 50 di farina; g. 110 di

glie di basilico.

zucchero; g. 200 di marzapane; 4 castagne

Per la vinaigrette: sbattere l’aceto con il sale,

grosse; dl. 2 di acqua; g. 100 di zucchero; g.

aggiungere lentamente l’olio fino ad ottenere un

200 di cioccolato fondente

composto ben emulsionato. Per il ripieno: lessare i gamberi e passarli al cut-

Preparazione: Bollire l’acqua con lo zucchero e

ter con l’aceto balsamico, l’olio e il sale fino ad

ridurre di metà, unire le 4 castagne, cuocerle

ottenere un composto omogeneo.

per alcuni minuti senza romperle e lasciarle raf-

Per la ratatouille: tagliare a pezzetti molto picco-

freddare. Stendere il marzapane, tagliare 4 qua-

li tutte le verdure. In una padella scaldare l’olio

drati uguali e avvolgere una castagna in ogni

con l’aglio, unirvi le verdure e cuocere per circa

quadrato.

3 minuti, bagnare con l’aceto e salare; eliminare

Sciogliere il cioc-

l’aglio e terminare la cottura.

colato a bagno-

Per il tortino: tagliare a fette sottili la melanzana,

maria e lasciarlo

salarla e cuocerla in padella con un poco d’olio.

raffreddare,

Privare i ciliegini della pelle e tagliarli a pezzetti;

mergervi le casta-

saltarli velocemente con olio e basilico.

gne, sgocciolarle

Lessare in acqua i gamberi e tagliarli a fettine.

e adagiarle su carta oleata.

Posizionare al centro del piatto un anello di cm.

Con una forchetta pizzicare il cioccolato dando-

10 di diametro e cm. 2 di altezza; foderarne il

gli la forma di un riccio e lasciar raffreddare

fondo con le melanzane e le pareti interne con i

completamente.

gamberi tagliati; sistemarvi il ripieno in modo

Sbattere i rossi d’uovo con lo zucchero,

che al centro rimanga lo spazio per aggiungere

unire il cioccolato sciolto a bagnomaria, le ca-

i pomodori saltati.

stagne passate, il burro fuso,

Ripetere l’operazione fino al riempimento

la farina setacciata e gli albumi montati a neve.

dell’anello e terminare con le melanzane. Siste-

Imburrare 4 stampini monodose, riempirli per

marvi attorno quattro mucchietti di ratatouille di

3/4 con il composto e cuocerli in forno a 170°

verdure.

per 8 minuti circa.

Per la decorazione: tagliare 8 pomodori a fettine

Sistemare nel piatto un tortino, posizionarvi ac-

e ricoprire la superficie del tortino, lessare i

canto un riccio di marzapane e spolverare con

gamberi, tagliarli a metà e sistemarne uno sopra

lo zucchero a velo.

Gustare l’Italia 72

im-



di Fabrizio Cimino

Autunno, tempo di zafferano

Fiore all’occhiello dell’azienda “Baroni Cappa” è la produzione di zafferano DOP purissimo dell’Aquila. Coltivato, raccolto e lavorato completamente a mano secondo criteri tradizionali e biologici, proseguendo una tradizione che si tramanda inalterata nei secoli e viene confezionato mantenendo intatti gli stigmi a tutela da ogni contraffazione. L’azienda agricola Baroni Cappa nasce dall’amore per le tradizioni legate al territorio e per la riscoperta e la valorizzazione delle stesse. Per molti secoli il commercio dello zafferano è stato il traino del l’economia di questi territori. Negli archivi di famiglia sono custoditi centinaia di documenti che attestano un fiorente rapporto commerciale di zafferano dell’Aqui-

la, che il Barone Francesco Cappa, Capostipite della Famiglia, intratteneva con Venezia e Firenze in particolare, dal 1750 fino ai primi del 1800. Inoltre sono presenti due diplomi, del concorso agrario regionale del 1888, di medaglia d’oro per razionale coltura dello zafferano e di medaglia d’argento per quantità di produzione dello zafferano. Lo zafferano è una pianta erbacea perenne dotata di un bulbo-tubero sferico, esternamente rivestito da membrane color marrone roccia, mentre all’interno è carnoso e bianco. Esso appartiene alla famiglia delle iridacee. La parola zafferano, deriva dalla parola latina safranum, che significa “giallo”. Lo zafferano fiorisce in autunno ed assomiglia molto ai famosi “crocus” coltivati nei giardini

Gustare l’Italia 74


per la loro fioritura multicolore a primavera. La parte aerea dello zafferano può raggiungere circa i 30 centimetri. Ogni fiore presenta tre stigmi che sporgono fuori dal calice; gli stigmi vengono separati a mano, essiccati e conservati con una umidità che deve mantenersi non troppo al di sopra del 10%, pena il deperimento del prodotto. Per ottenere 1 kg di zafferano secco occorrono più di 300 mila fiori, il cosiddetto “oro Rosso”.

Le origini dello zafferano dell’Aquila I cuochi che riuscivano ad esaltare i cibi con lo zafferano erano contesi fra le famiglie patrizie, ma la sua diffusione in Europa si ebbe per opera degli arabi. Non sappiamo l’esatta provenienza di questa pianta ma è noto che dopo l’invasione araba della Spagna nel 961 a.C. e il conseguente dominio marittimo dei Saraceni, vi fu un aumento notevole dell’uso di questa spezia in tutto il bacino del Mediterraneo. La Spagna capì rapidamente che lo zafferano sarebbe stato fonte di ricchezza e cercò di ottenere il monopolio della coltivazione. Questo

portò all’emanazione di leggi molto severe verso chi cercava di esportare i bulbi fuori dal paese: era prevista la prigione e perfino la morte. Padre Cantucci, inquisitore all’epoca di Filippo II, riuscì a trafugare la pianta portandola in Abruzzo, a Navelli (AQ) per l’esattezza, una delle tre regioni italiane, insieme alla Sardegna ed alla Toscana, dove si coltiva lo zafferano. Quando in altre zone d’Italia l’importanza di questa coltivazione cominciò a regredire, a L’Aquila lo zafferano dava fortuna e splendore alla città (XVI secolo). A quell’epoca le quotazioni della spezia raggiungevano i quattordici ducati la libbra, vale a dire che ogni filamento costava più dell’argento e che le terre che lo producevano erano considerate vere miniere. Nel medioevo lo zafferano era un vero e proprio simbolo di ricchezza: basti pensare che 500 grammi erano sufficienti per acquistare un cavallo. Nella seconda metà del XII secolo L’Aquila, città appena nata, trovò nello zafferano il perno su cui far ruotare la sua economia. Carlo Magno, lo portava con sé in Oriente per scambiarlo con tessuti pregiati. E’ certo che a soli 50 anni dalla propria nascita, L’Aquila avesse il potere di intessere rapporti economici con le maggiori città italiane: Firenze, Venezia, Milano, e straniere: Marsiglia. In breve, lo zafferano, con la sua bella polvere dorata, s’impose in tutto il paese e divenne il “re della cucina”, perché il suo sapore, il profumo inAffresco raffigurante raccoglitori di zafferano, proveniente dagli scavi dell’età del bronzo ad Akrotiri, sull’isola greca di Santorini

75 Gustare l’Italia


tenso ed aromatico, le proprietà terapeutiche, ben esaltavano le pietanze e soddisfacevano i palati più esigenti.

Le tecniche di coltivazione Il ciclo produttivo inizia di fatto nel mese di agosto. Nella seconda settimana circa i coltivatori provvedono a piantare i bulbi, su terreni in precedenza lavorati e specificamente preparati. Precedentemente nella prima settimana di agosto negli appezzamenti a coltura nella passata stagione si procede alla raccolta dei bulbi e successivamente si effettua una selezione degli stessi eliminando quelli danneggiati e di piccole dimensioni (diametro inferiore a 2-2,5 cm), dato che questi non produrrebbero i fiori.

I bulbi utilizzabili per la piantagione vengono mondati delle tuniche esterne secche, prima di essere messi a dimora nel nuovo appezzamento nella seconda settimana di agosto. La piantagione consiste nel sistemare i bulbi in solchi profondi circa 15 cm, intervallandoli sulla fila circa 1 cm e distanziando i solchi di 25-30 cm.

Una volta sistemata la terra sopra i bulbi con un rastrello, è bene approfondire i solchi laterali per evitare ristagni d’acqua che potrebbero risultare dannosi. Il rapporto quantità di bulbi/superficie di terreno è di circa 1-1,3 Kg/ m2. La fioritura si verifica tra ottobre e novembre. Avviene in maniera scalare e si protrae per 3-4 settimane.

Raccolta I fiori devono essere raccolti al mattino, prima che i raggi solari più intensi inducano l’apertura del fiore alterandone i principi attivi presenti negli stigmi dello zafferano. E’ un lavoro che viene fatto rigorosamente a mano con delicatezza poi si deve procedere alla “sfioritura” cioè alla separazione degli stigmi dalle corolle e vanno subito essiccati mediante setacci su brace di legna di quercia o mandorlo, e posti in contenitori e tenuti in luogo asciutto. Terminata l’epoca della fioritura le piante continuano a vegetare da novembre a giugno, mentre nel terreno, dal bulbo madre destinato a scomparire, si differenziano i bulbilli che raggiungeranno le dimensioni definitive di bulbo tuberi figli nel periodo di maggio-giugno. In questi mesi il ciclo vegetativo della coltura termina ed il materiale per la riproduzione rimane quiescente nel terreno, pronto per essere raccolto e piantato nuovamente.

Nemici naturali dello zafferano Pericolosi “nemici” dello zafferano sono i topi campagnoli, gli istrici ed i cinghiali che vanno ghiotti del tubero e, tra i parassiti vegetali c’è

Gustare l’Italia 76


Altri usi dello Zafferano

lo Scleroticum crocarum, un fungo, che provoca un rigonfiamento del bulbo facendo ingiallire e poi morire la pianta. Il terreno colpito da questo parassita rimane inutilizzabile per 10-13 anni. Altro parassita è il fusarium che impedisce alla pianta la fioritura.

Uso in cucina Svariate sono le ricette in cui lo zafferano può essere utilizzato. Dagli antipasti ai dolci, il suo particolarissimo sapore dovuto alla presenza fra gli elementi che lo compongono il suo profumo costituito dal principio attivo del safranale unito al bel colore giallo oro donatogli dalla crocina, ne fanno una delle spezie più particolari e versatili. I romani ne facevano uso nella preparazione di piatti a base di selvaggina e per quella di vini aromatizzati. Gli arabi per dolci e pani. Durante il medioevo e il rinascimento si utilizzava per la preparazione dei”pastelli” pasticci di spezie e carni, nel pane, nelle minestre, nelle torte salate, sulle verdure e i legumi, nei salumi e i formaggi, sulla frutta e nei dolci. Oggi, apprezzato dai migliori “chef” internazionali viene utilizzato per la preparazione di innumerevoli ricette tradizionali e di cucina creativa.

Nell’antichità lo zafferano veniva anche usato come colorante per abiti, calzature e bende per la mummificazione; anche i romani utilizzavano lo zafferano come colorante per i veli delle spose. Nelle miniature spesso sostituiva l’oro e veniva utilizzato anche da Cleopatra come cosmetico, per tingere pelle, capelli, unghie e labbra. Possedere zafferano era una vera prova di ricchezza, al punto che le madri arrivavano a conservare la preziosa spezia come dote delle figlie da maritare.

Proprietà terapeutiche Lo zafferano noto fin dall’antichità per i suoi effetti benefici sull’organismo, è stato riscoperto in tempi recenti dalla scienza come uno degli antiossidanti più potenti in natura. In minuscole quantità, contiene infatti una straordinaria concentrazione di vitamine, sali minerali e oligoelementi preziosi per la salute. In particolare è il caso dei caroteni, sostanza che il nostro organismo trasforma in vitamina A, noti per le loro proprietà antitumorali e stimolatrici del sistema immunitario.

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Questa ricetta è dello Chef Marco Cavallucci del Ristorante “La Frasca” di Milano Marittima

Risotto bianco nero con stigmi di zafferano abruzzese, capasanta grigliata, profumo di nocciole Ingredienti per 4 persone: 140 g di riso Carnaroli; 140 g di riso venere; 12 capesante; 1 scalogno; 0,5 g di pistilli di zafferano; fumetto di pesce; sale; olio di nocciola; olio extra vergine d’oliva; vino bianco secco. Preparazione: far appassire mezzo scalogno tritato in un tegame con un filo d’olio, versare il riso Carnaroli e farlo tostare; bagnare con il vino; continuare la cottura con il fumetto di pesce. Scolarlo e finire la cottura con il rimanente scalogno tritato, appassito con un filo d’olio e il fumetto di pesce; mantecare anche questo con l’olio alle nocciole. Pulire e lavare le capesante e cuocerle sulla griglia, condirle con il salfiore di Cervia. Disporre al centro dei piatti un poco di riso venere, adagiarvi attorno il riso Carnaroli, aggiungere i pistilli ammorbiditi con un poco di fumetto bollente.

Ricette

Servire con le capesante adagiate sopra il riso.

Gustare l’Italia 78


Questa ricetta è dello Chef Omar Casali del ristorante Le Giare di Montenovo di Montiano (FC) - Ricetta tratta da “La dieta una volta per tutti” Gourmadia Editore

Riso alla zucca Ingredienti per 4 persone: g. 300 di riso vialone nano; g. 200 di zucca; 6 pistilli di zafferano; 4 porcini di media grandezza; 1 cipolla bianca; 1 spicchio d’aglio; 1 rametto di timo; 3 cucchiai d’olio extravergine d’oliva; sale e pepe q.b. Preparazione: Lessare il riso in abbondante acqua salata o brodo vegetale. A tre quarti della ottura inserire la crema di zucca ottenuta facendo rosolare la cipolla condita con sale e pepe nei due cucchiai d’olio, a cui viene aggiunta la zucca privata della scorza e tagliata a cubetti, tenerne da parte un terzo. Ultimare la cottura del riso, aggiustare di sapore, se necessario, inserire lo zafferano, quindi servire con i porcini tagliati a spicchi e saltati brevemente in padella con un cucchiaio d’olio, sale e pepe, timo e lo spicchio d’aglio. Saltare la zucca rimanente tagliata a cubetti in un’altra padella con un cucchiaio d’olio, sale e pepe. Disporre sul riso.

79 Gustare l’Italia


di Cino Tortorella

Le lune di Gustare l’Italia

Villa Franceschi

Non è facile trovare a Venezia un ristorante all’altezza del suo fascino; la città dei Dogi è il sogno di tutti i turisti, soprattutto degli innamorati; amanti di tutto il mondo vi arrivano in cerca di conferme e suggestioni, ogni angolo di questa città è affascinante e seducente per gli amanti… per tutti, tranne per chi oltre a essere innamorato è anche un gourmet, perché a Venezia - è incredibile - è difficile mangiare bene. Molti ritengono peraltro che il problema sia del tutto insignificante perché la tradizione romantica vuole che cibo e amore non vadano d’accordo; secondo certa letteratura l’amore è soltanto abbandono, sospiri, tormenti, privazioni… l’amore dovrebbe essere anoressico perciò per gli innamorati basta che ci sia un luogo romantico dove poter vivere il loro amore, un notte di luna, un comodo giaciglio, il resto è assolutamente irrilevante.

Noi riteniamo invece che due innamorati se sono anche veri gourmet vogliono godere anche dei piaceri della tavola e quando entrano in un ristorante vogliono gustare i cibi di una grande cucina e i vini di una certa cantina e se lì troveranno il calore della loro passione ne sarà esaltato. E’ per questo che consigliamo agli innamorati che vanno a Venezia, dopo aver ammirato le bellezze di queste città magica, di completare il piacere recandosi a Mira, un paesino lontano 10 km, sulla riviera del Brenta, quella che i veneziani considerano una continuazione del Canal Grande, sul fiume dove si specchiano le splendide ville costruite nei secoli scorsi per le vacanze dei Signori della Serenissima. Una di queste, Villa Franceschi, una costruzione seicentesca di scuola palladiana, acquistata mentre stava per andare in rovina dai Del Corso, una famiglia che da quasi un seco-

Gustare l’Italia 80


lo ormai occupa un posto importante nella storia della ristorazione veneta. La ristrutturazione della Villa nel rispetto dell’arte e della storia è un esempio di come si deve compiere un restauro; averla restaurata così com’è equivale ad aver recuperato un Canaletto o un Tiziano che si credevano perduti. Oggi Villa Franceschi è una stupenda realtà alberghiera, il rifugio per golosi che mancava a Venezia, la meta per chi è alla ricerca, oltre che di poesia, del buon mangiare, del buon bere e del buon dormire. I Dal Corso hanno incominciato a occuparsi di ristorazione all’inizio del ‘900 quando nonna Margherita, appena sposata, acquista un locale tutto suo dove diventa in breve tempo popolare per la sua abilità ai fornelli; segue le orme il figlio Remigio che dopo una serie di esperienze in importanti ristoranti d’Europa, tornato in Italia, sposa la giovanissima e bella Valeria e insieme aprono una trattoria ad Oriago che subito ha un buon successo. Fin dagli inizi la cucina di Remigio si era imposta all’attenzione di una esigente clientela per la qualità delle materie prime e soprattutto per il pesce che arrivava - e continua ad arrivare - da Chioggia e dalla Laguna. È questa assoluta freschezza che permette di servire una incredibile varietà di frutti di mare crudi o appena scottati: carpaccio di tonno, di branzino, di salmone, ostriche, capesante, tartufi, caparossoli, granseole… Fino ai rarissimi “coccia”, gli scampi non raccolti sui fondi sabbiosi ma pescati ad uno ad uno fra le rocce; in alcuni periodi dell’an-

no si possono trovare anche le uniche, vere, inarrivabili “moeche”, i granchi pescati nel momento in cui si liberano della corazza per poter crescere e restano del tutto indifesi offrendosi come prelibatezze ai buongustai. “Moeche frite, n’ombreta de vin e x’è ‘l massimo de la vita”, dicono i vecchi saggi veneziani. Per chi ama la cucina marinara, quella di Remigio è un luogo di delizie: “Astice alla catalana”, “Insalata tiepida di canocchie, gamberi e calamaretti”, “Risotto marinaro”, “Seppie con polenta bianca”, “Tagliolini agli scampi”, “Grigliate di anguille, orate, branzi-

81 Gustare l’Italia


ni”, “Coda di rospo in guazzetto”… E così via, in una continua tentazione per commettere peccati di gola che saranno però facilmente perdonati. “Oci, naso, boca … tuti tre ghe toca” dice un adagio veneto che sintetizza le qualità che deve avere un perfetto sommelier. Qualità che non mancano certo ai Dal Corso padre e figli che hanno messo insieme 1200 etichette fra italiane e straniere con particolare attenzione per i grandi champagne che sono la passione di Remigio e ai nobili e non meno piacevoli spumanti italiani prediletti invece da Alessandro e Dario. Per farli apprezzare al meglio hanno fatto realizzare a un grande maestro vetraio di Treviso, Federico De Maio, una serie di bicchieri di purissimo cristallo studiati apposta perché i vini possano emanare tutti i loro profumi. Andando contro la consuetudine Remigio ha voluto grandi anche i bicchieri per i vini bianchi dove entra comodamente anche un naso prepotente per avere giustamente la sua parte inebriante di profumi e di sensazioni (“per un

buon gourmet - dice - anche il naso, oltre l’occhio, vuole la sua parte”). I vini più preziosi per valorizzare i suoi piatti arrivano da tutta Italia: dal Friuli (Jermann, Kante, Russiz, Schiopetto, Gradnik, Gravner…) al Piemonte (Gaja, Ceretto, Giacosa…) e giù fino alla Sicilia (Planeta, Donnafugata, Spadafora…) ricercati con passione e competenza. La vista del Brenta e delle ville che vi si specchiano immerse nel verde ricorda ai giapponesi quelle dei fossati e dei canali intorno agli antichi castelli e alle residenze dei samurai; la stessa serenità, la stessa atmosfera, lo stesso fascino di un mondo perduto; manca però in Giappone l’emozione più intensa, manca Venezia…

Gustare l’Italia 82


E allora qualcuno ha pensato di regalare la città dei dogi ai giovani giapponesi che vogliono coronare il loro sogno d’amore e ha organizzato, con il Comune di Mira e con i Dal Corso matrimoni per i figli del paese del Sol Levante. Nel luglio del 2003 è giunta da Tokio la prima coppia: avevano nelle loro valigie i ricchi, ricamatissimi costumi con i quali qualche giorno dopo si sarebbero uniti in matrimonio; era tutto ciò di cui avevano bisogno perché al resto avrebbe pensato il sindaco di Mira (per la cerimonia), i Dal Corso (per la calorosa accoglienza e l’ospitalità) e Venezia, con le sue magiche atmosfere. Da allora molti sono stati gli innamorati giapponesi, dagli occhi a mandorla, che hanno deciso di ripetere l’esperienza dei coniugi Nakazato e qualcuno forse si è deciso all’impegnativo passo solo per poter vivere le stesse emozioni.

Pensano le donne di casa Dal Corso a creare l’atmosfera per la cena; hanno innata la passione per le cose belle e lo si avverte nella scelta di ogni particolare, dai fiori agli arredi, alle attenzioni perché ogni cliente - e soprattutto gli innamorati - si senta fra amici in una casa amica. In estate la tavola sarà apparecchiata ai margini del parco, sotto gli altissimi olmi cipressini, le tuie, le magnolie, e le portate saranno servite, su un finissimo tovagliato, negli eleganti piatti che la Richard Ginori ha creato per i Dal Corso. Remigio cucinerà l’“Aragosta in bellavista con le verdure dei nostri orti” che ritiene il cibo più intrigante e sensuale per chi cerca anche a tavola complicità e coinvolgimento; è una scelta maliziosa perché dà al “lui” della coppia la possibilità di rendersi utile alla sua bella aiutandola nel non facile compito di non farle perdere nulla della carne preziosa dell’aragosta senza rischiare di ferirsi le mani

83 Gustare l’Italia


delicate. E mentre lui si dà da fare con coltelli e schiaccianoci, lei lo guarderà con occhi grati e sognanti sorseggiando il delizioso Soave classico La Rocca, ottenuto da vitigni che Pieropan coltiva a ridosso del castello sforzesco di Soave, l’antico borgo del veronese. Per il riposo notturno non c’è che l’imbarazzo della scelta tra una delle 25 stanze di “Villa Franceschi”, tutte arredate in stili diversi, ognuna con il suo fascino e il suo mistero… Come la suite “La romantica” o quella detta della “Baronessa” per il dipinto di una misteriosa e seducente figura femminile…. La Villa fa parte della catena internazionale “charming hotels”; “charme” in francese significa “seduzione”, ma viene dal latino “carmen” che significa “magia”. La collocazione è dunque perfetta perché siamo davvero in un luogo, di magia e di amore. Vi si pernotterà come dei nobili veneziani del

Settecento, anzi meglio perché i signori della Serenissima non si sarebbero certo potuti permettere un bagno in una vasca Jacuzzi o una così ricca colazione come quella che oggi si può consumare di prima mattina nella luminosa veranda aperta sul parco di piante secolari. Questa è Villa Franceschi che per misteriose ragioni che continuano a sfuggirci è più conosciuta dai giapponesi che dai critici italiani (ancora lo scorso anno la gran parte delle guide davano alla Villa valutazioni come per una qualsiasi mediocre trattoria). Ci auguriamo che le guide che stanno per uscire e che tra poco riempiranno edicole e librerie siano più generose con i Dal Corso, come si meritano; nell’attesa però noi di “Gustare l’Italia” li attribuiamo la nostra luna piena, risplendente, magica come quella che il 23 ottobre sorgerà ad illuminare gli innamorati che si troveranno in laguna.

Gustare l’Italia 84



della Redazione

La costa che seduce

Adagiato su una collina che domina la Costa d’Amalfi, Ravello è un antico borgo medievale, conosciuto in tutto il mondo per la sua storia, i suoi pregevoli monumenti, la magia dei suoi paesaggi e le sue dimore patrizie.

Meta preferita dei grandi della cultura, delle arti e dello spettacolo, questa terra d’incanto è diventata “Patria dello spirito” degli illustri viaggiatori di ogni tempo da Goethe a Hemingway. In questo scenario mozzafiato, a 350 metri sul livello del mare, si trova Palazzo Sasso, Hotel a cinque stelle lusso di immenso charme che grazie alla sua posizione sopraelevata offre il miglior panorama sulla costiera amalfitana. Il Palazzo, risalente al XII secolo, prende il suo nome dai Sasso, una nobile e potente famiglia scalese discendente da San Romoaldo, fon-

datore dell’ordine dei Cistercensi. Inserito nell’esclusiva rosa dei Preferred Hotels and Resorts, l’albergo fin dal 1997, anno della sua apertura, è considerato uno dei migliori al mondo tanto che nel 2006 “The Worlds Best Service” lo ha nominato numero uno in Italia e l’anno precedente Prix Villégiature gli ha riconosciuto il titolo di miglior Resort d’Europa. Le sue 32 camere e le 11 Suite di rara bellezza sono tutte decorate con ceramiche di Vetri fatte a mano e dotate di vasca idromassaggio, TV satellitare, aria condizionata, riscalda-

Gustare l’Italia 86


mento centralizzato, minibar e accesso internet per regalare anche all’ospite più esigente il massimo del comfort. Il fascino particolare delle architetture, i mobili del XVII e XVIII secolo, l’eleganza degli arredi e i tappeti antichi contribuiscono all’atmosfera raffinata e preziosa.

Ospitalità d’eccezione ed un servizio impeccabile si sposano alla filosofia dell’Hotel sempre attenta a soddisfare ogni esigenza dell’ospite, anche con servizi davvero esclusivi come limousine ed elicottero. Perla dell’albergo è il suo prestigioso Ristorante Rossellinis, insignito di ben due stelle Mi-

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chelin, posto dall’atmosfera ideale per una cena a lume di candela servita sulle terrazze dell’hotel da cui si può contemplare il miglior tramonto di tutta la costiera. Dal 2001 è sotto la guida del pluripremiato Chef Pino Lavarra, che ha raggiunto l’eccellenza lavorando nei migliori ristoranti del mondo da Londra, a Monaco, fino alla Malesia. Il suo sapiente tocco creativo riesce a sedurre i suoi commensali con un mix di innovazione e tradizione trovando un giusto equilibrio nella rielaborazione di ricette classiche della Napoli storica, alternate ad un menu originale che racchiude in sé gli inconfondibili profumi e sapori della cucina mediterranea. Il Caffè dell’Arte e la Terrazza Belvedere sono i luoghi ideali da cui godere della meravigliosa vista panoramica sorseggiando un cocktail e gustando uno dei deliziosi snack mentre si viene cullati dalle note del pianoforte in sottofondo. Per gli amanti del benessere con la “B” maiuscola, Palazzo Sasso è un vero santuario di pace con vista sul mare. La sua confortevole

ed attrezzata Spa dotata di piscina scoperta di 20 metri riscaldata, vasche idromassaggio, sauna e bagno turco offre una ricchissima scelta di servizi e trattamenti di bellezza. I trattamenti Carita, prestigioso brand presente dallo scorso anno, da quelli per il viso fino a quelli per il corpo, dalle proprietà disin-

Gustare l’Italia 88


tossicanti e tonificanti, sono un vero momento di benessere, realizzati da personale attento e altamente qualificato che ama prendersi cura dei propri ospiti. Non sarà facile scegliere se farsi coccolare da un lussuoso massaggio aromaterapico, a base di oli profumati che riesce a riequilibrare mente, corpo e spirito, dai lunghi e armoniosi tocchi di quello Californiano oppure se farsi conquistare dalle qualità armonizzanti dello Shiatsu. Sotto i bianchi gazebo dei giardini si trova una palestra con attrezzi Technogym a disposizione di tutti i clienti e sul tetto dell’albergo uno splendido solarium con 2 piscine Jacuzzi. A rendere ancora più speciali i soggiorni, siano essi di piacere o di lavoro, le numerose attrattive locali e dei dintorni, come i concerti organizzati a Villa Ruffolo da marzo a ottobre. Il clou della stagione concertistica avviene nella prima settimana di luglio con il Festival della musica, tradizione inaugurata da Wa-

gner nel 1880, quando le migliori orchestre al mondo si esibiscono su un palcoscenico sospeso sul mare. Imperdibili le bellezze di Villa Cimbrone e della Cattedrale di Santa Maria Assunta e indimenticabili i tour in battello alla scoperta di Amalfi, Atrani, Minori, Maiori, Scala e il fiordo di Furore.

HOTEL PALAZZO SASSO

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Via San Giovanni del Toro, 28 84010 - Ravello (Salerno) Tel. +39 089 818181 Fax + 39 089 858900 info@palazzosasso.com www.palazzosasso.com


Palazzo Sasso presenta Sasso sul Mare Arrampicato sulla scogliera di Ravello che domina la costa di Amalfi e il mar Mediterraneo, Palazzo Sasso vanta uno dei più straordinari panorami al mondo. Da più di dieci anni Palazzo Sasso ha il piacere di regalare ai suoi ospiti un’elegante esperienza in uno dei luoghi più mozzafiato della terra. Dai suoi giardini di si apre una generosa vista sul vicino Mediterraneo e, a partire dal primo di giugno 2009, il lussuoso hotel è lieto di offrire agli ospiti la sensazione del contatto diretto con il mare attraverso l’esordio della nuovissima struttura che li farà sentire viziati e coccolati, Sasso sul mare. Sasso sul mare è una villa privata acquisita da Palazzo Sasso e situata solo pochi passi dalle acque incontaminate che hanno attratto membri delle famiglie reali, celebrità e illustri visitatori per secoli. Gli ospiti di Palazzo Sasso avranno accesso esclusivo a Sasso sul mare giornalmente, a partire dal primo di giugno fino a settembre, tramite una navetta privata operativa da Palazzo Sasso alla villa sul mare nel villaggio di Marmoreta, a quindici minuti di strada. Le attrattive includono una piscina salata, lussureggianti giardini con due gazebo, uno spogliatoio maschile ed uno femminile più due salottini relax. Sulla tranquilla terrazza si trova un piccolo ristorante che serve piatti tipici tra cui una favolosa pizza e frutti di mare pescati direttamente nelle acque circostanti, oltre a un ampio servizio di bar. Seguendo un sentiero attraverso i giardini si incontra una scala di pietra che conduce alle meravigliose acque del mar mediterraneo. Tagliando direttamente a lato della scogliera troverete terrazze per prendere il sole fornite di lettini posizionati su differenti livelli della gradinata. Lo staff di Sasso sul mare, premuroso e attento a tutte le necessità dei suoi ospiti provvederà ad esaudire qualsiasi desiderio per un momento di relax accarezzati dalla brezza marina.

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della Redazione

I guardiani del nostro patrimonio “tipico” Il progetto “Res Tipica” - ideato e portato avanti dall’Anci (l’Associazione Comuni Italiani) si propone di valorizzare le identità territoriali; nasce per salvaguardare e promuovere il patrimonio am-

Res Tipica

bientale, culturale, turistico ed enogastronomico dei comuni piccoli e medi del nostro Paese

“Res tipica” è perciò un progetto di marketing territoriale per la tutela e la valorizzazione dei prodotti tipici locali. E’ un’iniziativa tesa alla difesa e allo sviluppo delle tradizioni locali intese come beni culturali. Il significato del mondo sta nelle sue diversità. Il valore delle culture va ricercato nelle differenze che arricchiscono la nostra società. Non è facile cancellare quanto ogni comune ha saputo produrre, nello sforzo, continuamente ripetuto, di soddisfare bisogni universali, attingendo alle risorse locali. Nell’interazione fra ambiente naturale e intelligenza degli uomini si è definita la tipicità, che si traduce in oggetti, lingue e saperi, cibi e sapori, arte e fantasia. Gli obiettivi del progetto sono i seguenti: • valorizzazione e promozione della ristorazione di qualità; • miglioramento dell’accesso e della conoscenza dei prodotti tipici territoriali attraverso i canali distributivi delle principali catene italiane; • tutela e valorizzazione delle botteghe storiche e degli antichi mestieri, attraverso il recupero della memoria storica, delle conoscenze e dei saperi legati alle produzioni; • inserimento delle tipicità nelle reti di promozione dei prodotti, dalle strade tematiche, alle comunità virtuali, al commercio elettronico, alle manifestazioni specializzate; • segnalazione dei luoghi di produzione, trasformazione e fruizione dei prodotti nel territorio;

• tutela del consumatore attraverso una corretta informazione e promozione di azioni efficaci contro l’agropirateria, con la predisposizione di sistemi di tracciabilità ed etichettatura dei prodotti; • creazione di eventi permanenti ed itineranti; • visibilità dei piccoli Comuni, rappresentanti il 72% del tessuto comunale italiano; • assistenza tecnica Anci ai comuni per la partecipazione ai bandi comunitari, redazione e sviluppo dei progetti legati a “Res Tipica”; • attivazione di un partenariato pubblico/privato, concependo i progetti da sviluppare come contenitori nei quali far confluire tutte le iniziative di valorizzazione e promozione di tutti gli attori sociali. Le Associazioni cooptate riguardano le tipicità dei prodotti (città delle castagne, del miele, del pane, dell’olio, del vino, dei tartufi, delle ciliegie), dei metodi produttivi (città della ceramica, città slow, città del biologico), della cultura (paesi dipinti, borghi più belli d’Italia).

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della Redazione

Il Mangiarozzo 2011 - Carlo Cambi L’antidoto alla volgarizzazione della cucina, all’invasione dei kebab, ma anche al caro-cibo: questo è Il Mangiarozzo, divenuto ormai un bestseller dell’enogastronomia. Con il suo racconto delle osterie e trattorie d’Italia non è solo una guida gastronomica: si può leggere come un romanzo delle nostre radici, che racconta dei luoghi dove la cucina ha il sapore del territorio, lo spessore della tradizione e il tempo delle stagioni. È poi un baedeker per trovare il pasto giusto nel posto giusto, e infine è una sorta di viaggio per profumi e gusti dei nostri territori. Il Mangiarozzo non ha nulla a che vedere con le solite guide dei ristoranti: qui non si fanno classifiche perché tutte le tavole recensite sono buone ma quanto buone spetta a chi si siede a tavola stabilirlo. Quattro sono le caratteristiche che un locale deve avere per essere recensito nel Mangiarozzo: deve fare cucina tradizionale e di territorio, deve tenere il conto complessivo sotto i 40 euro, deve avere una conduzione familiare, deve essere un locale storico o comunque trovarsi in un luogo dove si percepisce la storia.

Libri da mangiare

Inoltre molte delle osterie e delle trattorie recensite - sono quasi 1500 in tutte le regioni d’Italia e si riconoscono perché espongono la vetrofania de Il Mangiarozzo - praticano sconti dal 5 al 20% ai lettori della guida. Edizione: Newton Compton - Pagine: 912 - Prezzo: € 20,00

Il club delle ricette segrete - Andrea Israel e Nancy Garfinkel La cucina è invasa dal profumo del caramello e delle mandorle tostate. Val e Lilly ce l’hanno quasi fatta. Basta aggiungere l’ultimo ingrediente, raro e segreto, ed ecco che i cioccolatini sono pronti, perfetti per addolcire un primo appuntamento, stuzzicare un bacio o suggellare un’amicizia. Proprio come quella tra Val e Lilly, amiche per la pelle fin da bambine, eppure così diverse. La prima, seria e timida, da sempre soffocata da una famiglia opprimente, e la seconda, estroversa e sicura di sé, che vive all’ombra di una madre bellissima e di un padre distante. Opposte, ma unite dalla comune passione per la cucina, che le accompagna sin dalla nascita della loro amicizia. Una unione forte e salda, fatta di ricette speciali per ogni occasione. Torta ai mirtilli per condividere speranze e delusioni, latte all’amaretto tiepido per festeggiare e fare pace, scorze d’arancia candite per costruire sogni e demolire illusioni, e gelato alla cannella per sussurrarsi i loro più grandi segreti. Ma c’è un segreto di cui nessuna delle due è a conoscenza. Una menzogna insopportabile che aleggia inconfessata tra le loro famiglie e con il tempo si farà sempre più insostenibile, fino a dividerle per sempre, imprigionandole in un silenzio duro come la pietra. Ma adesso forse qualcosa può essere salvato. Recuperare è ancora possibile... Edizione: Garzanti - Pagine: 280 - Prezzo: € 18,60

Gustare l’Italia 94


CRUDO E MANGIATO - Sandro Masci Crudo per scelta, comodità, abitudine, moda, vezzo o semplicemente per gola? Qualunque sia la motivazione, l’arte di preparare il crudo ha conquistato in questi ultimi anni tantissimi nuovi appassionati. Sono molte le tavole che mettono in bella mostra una varietà di pietanze create rigorosamente senza l’utilizzo di forni e fornelli. Ma non sempre è facile come potrebbe sembrare. Dietro l’apparente semplicità di piatti che non richiedono cotture tradizionali, si nascondono segreti e trucchi sorprendenti, per ottenere delle marinate con limone, aceti e agrumi, o abbinare ad arte una salsa, un condimento o un dressing, sempre privilegiando l’utilizzo di prodotti freschi. Crudo & Mangiato descrive le diverse tecniche di taglio di verdure e di sfilettatura dei pesci, i metodi di preparazione e i suggerimenti per la presentazione di innumerevoli piatti: dall’antipasto al dolce e, naturalmente, non può mancare un esauriente capitolo sul sushi. Finalmente il crudo messo... a nudo! Edizione: Newton Compton - Pagine: 276 - Prezzo: € 12,90

KITCHEN REVOLUTION- Laura Rangoni Curcuma, kumquat, funghi shiitake, halibut, kren… Basta con la tradizione, il palato si ribella! Finalmente la cucina italiana si arricchisce di nuovi sapori e si vola in India, Giappone, Africa, Thailandia, Libano, Cina... Laura Rangoni, riprende a viaggiare alla ricerca di quegli ingredienti che ormai fanno parte della nostra tradizione gastronomica pur non essendo originari del Bel Paese. Si scopre il nuovo volto della cucina italiana, entrata nel villaggio globale tramite l’uso di spezie, carni, verdure che provengono da paesi lontani ed esotici, o vicini e già conosciuti. Le ricette della tradizione vengono riscoperte e reinterpretate alla luce di una varietà infinita di nuovi sapori, colori e odori. Impossibile resistere... una vera e propria rivoluzione ai fornelli! Edizione: Newton Compton - Pagine: 384 - Prezzo: € 24,90

PANE NOSTRO - Matvejevic Predrag Pane nostro è il frutto di vent’anni di lavoro. Quella del pane è una grande storia, ricca di sapienza e di poesia, d’arte e di fede. Abbraccia l’intera storia dell’umanità: dal giorno lontano in cui i nostri antenati si stupirono per la simmetria dei chicchi sulla spiga, fino a oggi, quando miliardi di esseri umani ancora soffrono la fame e sognano il pane, mentre altri lo consumano e lo sprecano nell’abbondanza. Sulle rive del Mediterraneo, dalla Mesopotamia alle tavole del mondo intero, il pane è stato il sigillo della cultura. Ha accompagnato, anche nella forma della galletta, della focaccia, del biscotto, viaggiatori, pellegrini, marinai. Si è ritrovato al centro di dispute sanguinose e interminabili: le guerre per procacciarsi il cibo, ma anche le lunghe controversie sul pane – lievitato oppure azzimo – da usare per la comunione. Perché il pane è anche un simbolo, al centro del rito eucaristico. E lo si ritrova, nelle sue mille varietà, in molte opere d’arte, dall’antico Egitto alla pop art. Edizione: Garzanti - Pagine: 231 - Prezzo: € 18,60

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della Redazione

Sei un vero gourmet? Dovete rispondere a questo test senza barare, senza consultare enciclopedie, siti internet, o chiedere lumi agli amici; se rispondete esattamente ad almeno 10 domande, potrete fregiarvi del titolo “optimus potor”;; da 5 a 9 potrete sempre vantarvi di essere un “discreto bevitore”;; da 0 a 4 sarà bene smettere di seguire le trasmissioni televisive che trattano di vini e iscriversi a un corso di Sommelier.

6) La

prima coppa di Champagne fu fatta

modellare da Re Luigi XV sul seno della sua amante. Chi era? A) Madame du Barry B) Madame de Stael

1) In quale film di Fellini c’è una bellissima scena sulla pigiatura dell’uva?

C) Madame de Pampadour

7) La UE ha obbligato i viticultori a cambiare

A) La Dolce Vita

il nome del Tokai. Come si chiama oggi??

B) 8 e mezzo

A) Friulano

C) Amarcord

B) Bacca Bianca C) Beverello

2) La Falanghina è un vino: A) bianco

8) Quale grande vino si produce a Mon-

B) rosso

talcino?

C) rosato

A) Il Lacrima Christi

3) Quale cantante ha abbinato in una

B) Il Montepulciano C) Il Brunello

canzone lo Champagne al Barbera? A) Ornella Vanoni

9) Per bere un buon bicchiere di Ne-

B) Enzo Jannacci

ro d’Avola appena spremuto dobbiamo

C) Giorgio Gaber

recarci: A) In Sicilia

4) Quale tra questi non è il nome

B) Nel Lazio

di un uva?

C) In Puglia

Quiz

A) Bigolona B) Dindarella

10) Lo Chateau d’Iquem -

C) Arabella

più costoso vino del Mondo - è: A) Uno Champagne

5) Il Recioto è un vino:

B) Un Sauterne

A) Padovano

C) Un Porto

B) Vicentino C) Veronese

Gustare l’Italia 96

forse il


13) In quale regione si coltiva il vitigno “Bombino”? A) Calabria B) Abruzzo C) Puglia

14) Dicono i francesi che è da selvaggi “sabler le champagne”. Che cosa significa “sabler”? A) Fare esplodere il tappo B) Bere il bicchiere d’un fiato C) Rimuovere le bollicine con un frullino

15) Quale città italiana era chiamata “L’Osteria dei Popoli” per le sue 400

11) Quale di questi vitigni è il più presente nel vino Chianti?

osterie? A) Verona B) Bologna

A) Merlot

C) Napoli

B) Barbera C) Sangiovese

14) b; 15) a

12) Quale di questi vini non nasce nel Monferrato?

8) c; 9) a; 10) b; 11) c; 12) b; 13) c;

A) Grignolino

1) c; 2) a; 3) c; 4) c; 5) c; 6) c; 7) a;

RISULTATI:

B) Gutturnio

© Emanuela Cattaneo

C) Barbera

97 Gustare l’Italia


61

Torta con salsa al vino

62

Pollo al vino

71

Insalata ricca di crostacei e molluschi tiepidi con petali di foie gras, olio extra vergine di Brisighella e alcune gocce di aceto balsamico Pappardelle all’Antica con ragÚ profumato allo scalogno e stridoli di fosso

Indice delle ricette

Tortino di gamberi melanzane e pomodoro con ratatouille di verdure e basilico fritto

72

Tortino di cioccolato e castagne di Marradi, riccio di marzapane

78

Risotto bianco nero con stigmi di zafferano abruzzese, capasanta grigliata, profumo di nocciole

79

Riso alla zucca

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www.champagne-devilmont.fr

L’arôme de la séduction.

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