11 minute read

ALL IN

Next Article
CESARE MAESTRI

CESARE MAESTRI

BY FRANCESCO “PACO” GENTILUCCI PHOTOS PAOLO SARTORI

Ogni volta che si senti parlare di Varese hai l’impressione che stia diventando una delle zone italiane più calde per quanto riguarda la corsa. Se fino a qualche tempo fa si nominavano le solite Courmayeur o Cortina per via delle gare, adesso che il Coronavirus ha raso al suolo le competizioni e sono rimaste solamente delle piccole realtà formate dalle persone, Varese è per molti corridori uno di quei posti magicamente comparsi sulla cartina italiana. C’è fermento, ci sono personaggi e ci sono sentieri.

Ma cosa succede sul serio a Varese? Lo abbiamo chiesto direttamente a Manuel Crapelli, che potremo definire “il frontman”, nonché il local di riferimento di questa cricca di corridori.

Manuel, raccontaci un po’ meglio cosa sta succedendo a Varese e dintorni e perché questa città sta diventando sempre più uno dei punti di riferimento del running in Italia? È vero, credo anch’io che nella zona di Varese e dintorni in questi ultimi anni ci sia grande fermento sia per la corsa in generale ma soprattutto per il trail running. Ti dico la mia provando a fare una piccola analisi storica ed empirica. Da sempre questa è una terra di sport: ciclismo, canottaggio e basket ancora prima del calcio. Oggi anche la corsa è protagonista, credo per un insieme di aspetti logistici, geologici, infrastrutturali e soprattutto perché è una cosa semplice. Varese si raggiunge rapidamente e questo porta tante persone dalla provincia, ma anche da Milano, a spostarsi qui per vivere una parvenza di montagna e fare trekking, e di questi poi alcuni finiscono anche per iniziare a correre. Ultimamente questa moda è esplosa. Si tratta di una zona prealpina, siamo a circa 400m slm e a soli 2km dal centro iniziano i sentieri del parco Campo dei Fiori che portano a vette di circa 1200m, con una buona varietà di percorsi, non particolarmente difficoltosi e generalmente ben tenuti grazie ai volontari di Anima Trail e da qualche iniziativa individuale. C’è anche una ciclabile che costeggia il lago di Varese, circa 27km sempre popolatissimi. Insomma ce n’è per tutti i gusti e per chi inizia a correre da queste parti ad un certo punto è inevitabile salire al Sacro Monte passando per i circa 2,5km in ciottolato della via Sacra completamente in salita. Quando succede a qualcuno scatta quella curiosità che lo porta ad andare oltre il piazzale in vetta e proseguire sui sentieri.

Tu come hai iniziato a correre? Io nasco ciclista e la corsa per anni è stata solo un elemento delle preparazioni invernali. Ho gareggiato in bicicletta su strada dalla categoria Giovanissimi e ho smesso poco prima del passaggio ad U23. Anni bellissimi, sempre in giro tra gare e camp di allenamento. Dopo il ciclismo e prima di scoprire il trail running, ho fatto il pugile,

combattendo oltre 50 match. Della boxe ti parlerei per ore, è uno sport meraviglioso, completo e complicato. Penso sia difficilissimo spiegarlo, certamente non è solo fare a cazzotti come tanti pensano. Non si basa nemmeno sulla sola forza, il fiato è importantissimo e la corsa è parte integrante del programma dell’allenamento di un pugile. Correvo quindi un paio di giorni a settimana, poi una volta appesi i guantoni al chiodo, ho semplicemente pensato di fare un po’ di più lanciandomi in qualche garetta da 5/10km su percorsi misti. Era il 2017 e in poco tempo è scattata la molla per avvicinarmi alla corsa in montagna, insieme al mio grande amico Lorenzo Barack.

Con lui ho fatto la prima gara in linea di corsa in montagna in Svizzera: la Kreuzegg Classic, circa 1km in salita. Ma il vero battesimo del fuoco è stato qualche settimana dopo con la Grand Bucc Sky Race, 30km e circa 2000m di dislivello. Era una domenica di giugno ed ero tornato il giorno prima da una settimana al mare. Avevo sempre corso ma non ero preparato per quella distanza e quel dislivello, mi sono comunque fatto convincere in trenta secondi dall’amico e corridore di alto livello Stefano Rino Rinaldi che semplicemente mi ha detto che con la 30km avremmo raggiunto una vetta bellissima, che non era invece toccata dalla gara corta. È stata durissima perché non mi son risparmiato e sono arrivato al traguardo con dei crampi mai provati. Quello forse è stato il primo tassello che mi ha portato, nel giro di poco, a innamorarmi delle lunghe distanze.

Parlaci meglio del connubio piuttosto singolare tra ultra running e boxe. Effettivamente non è così evidente. La boxe è adrenalina pura, in particolare il momento in cui sali la scaletta e scavalchi le corde per salire sul ring. Poi quando suona il gong devi pensare e agire velocemente, realizzando quello che maniacalmente hai provato per settimane in palestra. Mentalmente è una disciplina diversa dall’ultra running. Ma a fronte di queste e altre differenze, boxe e ultra running sono accumunate dalla necessità di saper soffrire e stringere i denti, sono sport che regalano grandi emozioni, qualcuno li definisce estremi, io credo che siano entrambi ottimali per chi ha dentro un vulcano di energie da incanalare. Sono attività per solitari, nel senso che sul ring come sui sentieri alla fine si è soli, quando arriva la crisi bisogna saper scavare dentro di sé per trovare le energie, le motivazioni, a volte l’orgoglio o semplicemente la voglia per non mollare.

Penso anche che siano accumunate in un aspetto, secondo me, negativo. Ovvero questa retorica del sacrificio, del riscatto e della redenzione di cui continuamente si sente parlare quando c’è qualche intervista o articolo su questi sport. Non penso ci sia nulla di eroico nel salire su un ring o correre una 100 miglia. Nessuno ti obbliga, quando non sei un professionista e c’è dedizione e passione per uno sport, il vero sacrificio è non poterlo praticare per altri impegni, non al contrario il fatto di praticarlo.

Che rapporto hai con la tua città essendoci nato? Varese è la mia città, ma non ho sempre avuto un rapporto idilliaco con questo posto. Per esprimere il concetto cito una vecchia canzone dei Mercanti di Liquore che dice: “Lombardia, com'è facile volerti male. Di sorrisi non ne fai e ti piace maltrattare…”. Per un periodo della mia vita vedevo così Varese, mi stava stretta, non mi piaceva la mentalità dominante un po’ chiusa e conservatrice. Finito il liceo ho avuto la possibilità di andare a fare l’Università a Bologna, poi la specialistica a Venezia e poi due anni in Francia tra Montpellier e Parigi per un master e il mio primo lavoro. Chiaramente non ho mai reciso

le mie radici con Varese, qui ho sempre avuto la famiglia e gli amici più cari, ma stare lontano per tanti anni me l’ha fatta riapprezzare quando sono tornato e l’ho letteralmente riscoperta.

Cos’è il Ciuk Running Team? Siamo l’avanguardia di un modo di vivere la corsa alternativo, informale ed essenziale: senza tessere e affiliazioni. Siamo una banda di amici e amiche, di persone che si rispettano e che rispettano l’ambiente in cui corrono, con una spiccata devozione alla montagna, alla corsa e in particolare alle lunghe distanze. Anche se non c’è nulla di strutturato, siamo un team nel senso di aver formalizzato con un nome e qualche maglietta un qualcosa che appaghi il nostro bisogno di appartenenza.

Chi sono i membri più illustri del Team? Lorenzo “Barack” Clerici e Marco “El Tractor” Frattini sono quelli con cui condivo più km e giorni di gara. Barack è l’amico di una vita, dai tempi del liceo. Anche a correre abbiamo iniziato insieme, prima completamente a caso e poi provando ad allenarci con un po’ di cognizione per riuscire ad allungare sempre più le distanze. Da diversi anni si è trasferito in Svizzera, riusciamo però a vederci spesso qui a Varese o su da lui nell’Appenzello e naturalmente una corsa o una pedalata non ce la facciamo mai mancare. È una delle persone che mi fa più ridere al mondo, di grande sensibilità e acume, fa anche il cantautore e il musicista. El Tractor invece l’ho conosciuto grazie alla corsa, abbiamo iniziato ad allenarci insieme nei weekend e la sintonia personale e atletica è scattata subito. Anche lui è della zona e quasi ogni lungo lo facciamo insieme. L’ultra running è uno sport individuale, ma poter condividere ore e km con persone così fa un’enorme differenza in termini di benessere. È vero che all’interno del vostro gruppo c’è gente che viene dal mondo del punk? Come si è integrato e ha trovato il suo spazio uno come Oscar in questo gruppo? Verissimo, il punk hardcore è una delle tante anime che caratterizza la nostra banda. Come attitudine, ma anche come background musicale e culturale: Oscareddu ad esempio. Anche lui viene dalla boxe e da un paio di anni ha iniziato a correre. Ricordo che mi ha scritto chiedendomi consigli su che gare da fare, io gli ho dato qualche alternativa e lui praticamente le ha fatte tutte. Pensa che l’anno scorso se non ci fosse stato il blocco causa Covid avrebbe gareggiato ogni settimana, si era già iscritto a non so quante gare senza timore per le distanze o il dislivello, ma con invece voglia irrefrenabile di passare delle belle giornate di fatica sui sentieri con anche un po’ di hardcore nelle cuffie!

Poi c’è Rino (Stefano Rinaldi) che non solo è l’atleta più forte e competitivo delle Prealpi, ma anche quello più punk. Grande motore, grandissima testa, infinita dedizione e poi è uno vero. Si allena tutti i giorni con un’intensità pazzesca. Anche lui arriva dal ciclismo (nelle categorie giovanili abbiamo anche corso insieme) e andava già molto forte. Poi per anni si è dato allo skate prima di scoprire la corsa e diventare in poco tempo uno degli atleti più competitivi della scena ultra. Penso che non sia il classico talento naturale, ma è figlio del duro lavoro e poi in gara è un cagnaccio. Per attitudine non si tira mai indietro, non gliene frega niente della vana gloria delle gare locali, quando attacca il pettorale spinge sempre duro. Come dovrebbero fare tutti gli Elite. E questo gli ha permesso di arrivare appena dietro a Miller, pur non essendo un professionista e lavorando in ufficio 8 ore al giorno.

E Rob Isolda? Che atleta Rob! Forse uno dei primi del varesotto ad alto livello. Penso che abbia corso tutte le distanze e su ogni superficie, ora si dedica alle 24 ore in pista e alle 100km su strada. È il soggetto più temuto dalle palestre del nord-est, cultore e profeta degli allenamenti sul tapis roulant, capace di correrci sopra per ore mettendo a dura prova la resistenza dei motori delle macchine. Dopo essersi comprato un treadmill lo ha inaugurato correndoci 85km in circa 8 ore.

Le tue cronache degli allenamenti sono sempre molto divertenti, e che ogni volta che qualcuno corre all in ti tagga nelle storie. Cosa significa correre all in? È il modo in cui cerco di vivere la gara, adottando la strategia “parti fuori giri, a metà vai a tutta e sul finale aumenta”. Detta così sembra una cosa scellerata, ma, al di là dello slogan, in realtà è piuttosto ponderata e tarata su quella che è la distanza da affrontare e la preparazione. Non vuol dire “o la va o la spacca”, perché metto sempre molta razionalità e rispetto nell’affrontare una gara. Semplicemente cerco di provare ad andare oltre quello che sento sia il mio massimo, tengo in considerazione il rischio di poter saltare e lo accarezzo, ma non ne faccio un problema. È uno stile che mi ha dato delle belle soddisfazioni, anzi direi proprio delle emozioni uniche come la prima volta che ho corso più di 50km.

Qual è il posto preferito in cui vi allenate? Avete dei punti di ritrovo legati alla corsa, alla boxe o anche ai bar? Quelli che battiamo di più sono sicuramente i sentieri del Parco Campo dei Fiori: sentiero 10, Martica, Chiusarella, Scala del Cielo, Punta di Mezzo, forte di Orino sono alcuni tra i passaggi chiave dei nostri giri. Punto di ritrovo principale è diventato casa mia, proprio perché abito ai piedi del Sacro Monte e appena uscito dal cancello possiamo entrare subito sui sentieri. Lockdown a parte, partiamo spesso da qui e concludiamo con una bella birretta ristoratrice in giardino.

Ci consigli un posto dove andare a correre da quelle parti ed un bar dove andare a bere qualcosa dopo? Un posto dove andare a mangiare? Per correre a Varese sicuramente consiglio di puntare al forte di Orino, passando per Sacro Monte e Monte Tre Croci: bello e semplice. Nei dintorni direi invece i Pizzoni di Laveno partendo dal paesino di Cittigli, oppure il Monte Orsa che si raggiunge da Saltrio e che permette di fare dei giri molto belli al confine con la Svizzera.

Per restare in provincia, un bar con una bella atmosfera è sicuramente Le Pine a Bodio Lomnago, dove si può anche mangiar bene. Un ristorante che consiglio è Il Borgo a Brinzio, proprio nel cuore del Campo dei Fiori. Per chi ci va d’inverno può trovare anche una bella pista di sci di fondo battuta. Da grande appassionato di pizza, qui abbiamo diversi opzioni interessanti: La Piedigrotta a Varese e in provincia il Made in Italy a Cassano Magnago.

Qualcosa da aggiungere per i nostri lettori? Andate per sentieri e scoprite l’ultra running, prendetevi cura dei boschi e delle montagne tenendole sempre pulite e non aspettate che lo faccia qualche istituzione al vostro posto. E poi passate a trovarci a Varese, se le Marche sono l’Oregon d’Italia, questa è la Squaw Valley. Vale davvero la pena farci un giro, un bel all in e passa la paura!

This article is from: