Il "codice del fazzoletto" Handkerchief Code — chiamato anche Hanky Code o Bandana Code — è un sistema utilizzato nelle comunità gay dagli anni Settanta, in Europa e Stati Uniti, per segnalare agli altri la propria
disponibilità e preferenza sessuale, tramite un fazzoletto collocato nella tasca posteriore dei pantaloni. Come si vede in copertina il codice cromatico viene applicato a tutti i numeri stampati di Handkerchief.
Al nero viene accostata una seconda tinta, scelta in base al tema trattato nel numero. L’oro indica "uno in cerca di due" o "due in cerca di uno", ma anche "mi piacciono i muscoli"; per chi non si accontenta.
aberrant
effeminate
abnormal
highly dangerous criminal
degenerate
common criminal
stray
criminal dressed as a woman
shameless
sexual deviant
snitch
dressed up
antisocial
entity of HIV transmission
scandalous
fake woman
weird
weirdo
stray gay
gay with a miniskirt
thug
tea-leaf
man in feminine man dressed clothing as a woman
stray homosexual
un-desirable
strange individual
immoral
inverted
gossip
social evil
crazy
crazy street hag
unlawful
scumbag
illegitimate
faggot
fag
erotic minority
passive pederast
pedophile
pervert
personality
vulnerable
character
antisocial character
lowlife character
third gender
transformer
ambiguous being
marginalized being
YOU
Main sponsor: Nicola Miulli Creations
Progetto realizzato presso ISIA Urbino www.isiaurbino.net
Biennio Specialistico in Comunicazione e Design per l'Editoria
Corso di Progettazione Grafica, docente Mauro V. Bubbico
Handkerchief No. 2
Lesbiche e gay a sostegno dei minatori È la primavera del 1984 quando la battaglia sindacale dei minatori britannici prende il via. Il governo conservatore di Margaret Thatcher annuncia la chiusura della miniera di Cortonwood, nello Yorkshire…
Museo Travesti del Perú Quando le persone si domandano a riguardo delle identità sessuali, una parte di loro li porta a conoscere le molteplici sfumature di ciò che ruota attorno ad ogni individuo…
Intervista ad Andrea Bizzo Esibizionismo forse, spettacolarizzazione anche, di sicuro quel che è certo è che non necessariamente sono sinonimo di identità sessuale o di genere, per fortuna!
No. 2 SULL'ECCESSO Manifestare, attivarsi, rivendicare la propria identità, anche in grande stile e in maniera spettacolare. La moltitudine dei Pride, i colori delle drag queen, la spinta dell'attivismo. Su quelle cose che la società convenzionale vede come "eccesso" e che non sono che altri modi di esprimersi e di essere riconosciuti.
Handkerchief No. 2
Sull'eccesso: l'identità manifesta
LESBICHE E GAY A SOSTEGNO DEI MINATORI
È la primavera del 1984 quando la battaglia sindacale dei minatori britannici prende il via. Il governo conservatore di Margaret Thatcher annuncia la chiusura della miniera di Cortonwood, nello Yorkshire, primo atto dello smantellamento di altri venti siti estrattivi, considerati non sufficientemente redditizi. Interi villaggi in tutto il Regno Unito rischiano di rimanere strozzati dalla chiusura delle miniere di carbone, su cui sono nati e hanno vissuto per generazioni; per questo i colletti blu decidono di bloccare l'attività di estrazione. Lo sciopero durerà per 53 settimane, dall'8 marzo 1984 al 3 marzo 1985, coinvolgendo oltre 165 mila lavoratori: sarà una delle manifestazioni più lunghe che la storia del movimento operaio ricordi.
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"All Out! Dancing in Dulais", è il documentario, rintracciabile online, realizzato dal movimento LGSM per i minatori, che con video e fotografie dell'epoca tramanda il clima convulso e di solidarietà dei mesi dello sciopero.
Lesbiche e gay a sostegno dei minatori
Nelle case non arrivano più gli stipendi, sorgono comitati per la raccolta di fondi pro-scioperanti: è in questo quadro di agitazione sociale che, in un club gay di Marchmont Street a Londra, Mark Ashton, un ragazzo di origini irlandesi, pensa che sarebbe il caso di fare qualcosa per i minatori, provare a raccogliere dei fondi per le loro famiglie. L’idea prende piede e in breve tempo undici gruppi LGSM (Lesbians and Gays Support the Miners) vengono formati in tutto il paese. Il gruppo londinese identifica un paesino del Galles, Dulais, del quale una ragazza del movimento era originaria. Ventisette ragazzi partono a bordo di due piccoli minibus, per andare a portare le 11.000 sterline raccolte attraverso collette e l'organizzazione di concerti.
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La sorte della spedizione è incerta: in Gran Bretagna l'omosessualità non era più un reato per i maggiorenni dal 1967, ma l'omofobia comunque imperava, lì come ovunque. È in quelle giornate di tensione che James Anderton, allora comandante della polizia inglese, pronuncia la sentenza omofobica contro i malati
Hefina Headon, una delle mogli dei minatori gallesi, viene ricordata come il cuore pulsante della comunità di Dulais Valley: "Il coraggio e la determinazione che dimostrò, insieme a molte altre donne locali, fu di grande ispirazione in tempi così bui." L'atteggiamento di apertura delle donne, pionieristico per quell'epoca, rappresentò effettivamente un passaggio
fondamentale nel riuscire ad avvicinare due mondi, inizialmente lontani ed ostili, fino a scioglierne i rispettivi pregiudizi. Una volta dipanate le iniziali ritrosie, queste infatti accettarono con affetto e gratitudine l'aiuto di quegli strani ragazzi e ragazze londinesi, non proprio consoni alla sobria tradizione della classe operaia inglese.
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Sull'eccesso: l'identità manifesta
Lesbiche e gay a sostegno dei minatori
di AIDS gay: “vivono in una cloaca umana creata da loro stessi”. Sui minatori in sciopero fu altrettanto grossolano, descrivendo i picchetti fuori dalle fabbriche e le manifestazioni di strada come “atti di terrorismo”. Avrebbe dovuto essere licenziato, ma la Thatcher aveva bisogno di alleati nella sua battaglia per screditare i sindacati e portare avanti i suoi piani di riforme. Il governo aveva inoltre il sostegno della stampa: sulle pagine del The Sun esce in quei giorni a caratteri enormi un articolo intitolato "Pits and perverts" (letteralmente "pozzi e pervertiti"), con il quale si cerca di ridicolizzare lo sciopero dei minatori e banalizzare il sostegno da parte di lesbiche e gay. Mark tuttavia riconosce un'affinità comune: "Le comunità minerarie sono vittime della prepotenza come lo siamo noi, sono molestate dalla polizia, proprio come noi. Una comunità dovrebbe dare solidarietà a un’altra. È davvero illogico dire: ‘Sono gay e sto difendendo la comunità gay, ma non mi importa di nient’altro' ".
Per Mark infatti l’attivismo non era una novità e non si limitava alla lotta per i diritti degli omosessuali: è già fra le fila della Young Communist League di cui diviene, negli ultimi due anni della sua vita, segretario generale, nonostante questa non riconoscesse fra le sue prerogative la tutela degli omosessuali. Ray Goodspeed, fra i fondatori del LGSM, racconta come Mark avesse insistito fin dall'inizio che il supporto ai minatori sarebbe stato incondizionato, anche in caso di un loro aperto rifiuto nei confronti dei giovani attivisti gay. La storia ci racconta come in realtà, dopo un'iniziale diffidenza, i due gruppi avessero sciolto i rispettivi pregiudizi e ogni ostilità, tanto che nel mese di giugno 1985 il London Pride vide riuniti, in un improbabile sodalizio, i giovani attivisti e i minatori, uniti dall’orgoglio per una lotta condivisa e per un mondo che cambia.
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Sull’eccesso: l'identità manifesta
MUSEO TRAVESTI DEL PERÚ — ARTE E TRAVESTITISMO
Museo Travesti del Perú — arte e travestitismo
Quando le persone si interrogano sul mondo delle identità sessuali, una parte di loro li porta a conoscere le molteplici sfumature di ciò che ruota attorno ad ogni attratta/o da persone del proprio sesso
si riconosce nel sesso opposto
indossa abiti del sesso opposto
si esibiscono a fini artistici o di spettacolo omosessuale
transessuale
transgender
Nel grafico: senza pretesa scientifica, si propone un'idea di massima da approfondire. L'aumento dei dettagli dei pittogrammi è direttamente proporzionale al riproporsi di quanto descritto in un campione di persone. Per le strade di New York, il 28 giugno 1969, si svolgono violente proteste e manifestazioni di piazza in seguito ad un'incursione della polizia allo Stonewall Inn, il leggendario Gay bar del Greenwich Village. La seguente serie di scontri tra omosessuali e forze dell’ordine, prende il nome di Moti di Stonewall, che simbolicamente rappresentano la nascita del moderno movimento per i diritti gay. Questa data viene scelta per la "Giornata mondiale dell'orgoglio LGBT", il "Gay Pride".
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Rapporto tra identità sessuali e attitudini espresso per incidenza
crossdresser
drag queen/king
individuo: il proprio io sessuale e quello degli altri, la necessità di capire più a fondo cosa siano davvero l’omosessualità, la transessualità, la bisessualità. Oggi si può parlare di omosessualità con la maggior parte delle persone senza incorrere in fraintendimenti o tabù da dopoguerra. Il silenzio è stato interrotto mediante lotte di tipo culturale e politico e da una maggior possibilità di informazione. Il contributo del web è stato determinante, la lotta per i diritti civili degli omosessuali è anche in rete: si possono così trovare terminologie specifiche appartenenti al mondo LGBT, articoli, associazioni, condividere contenuti
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ed esperienze; la scoperta delle identità sessuali è sempre più ubiqua e a portata di mano. Questa propagazione di informazioni, insieme alla battaglia per i diritti civili degli omosessuali, è oramai così insita nella società che l’identità sessuale si è trasformata in una presa di posizione politica e culturale. I forti dibattiti che oggi pervadono la rete e le pagine di giornali hanno distolto lo sguardo da alcuni aspetti molto interessanti che riguardano la manifestazione della sessualità e che vengono talvolta considerati una forma di eccesso e di esibizionismo, tralasciando il valore artistico che un gesto simile può assumere. Il travestitismo può in un certo senso definirsi una forma d’arte, diventando a volte il mezzo attraverso il quale gay o transgender manifestano la propria identità sessuale. Tuttavia, quest’ultimo è parte integrante dell’espressione teatrale di molte opere liriche, letterarie e cinematografiche che fondano la propria entità sull’impatto scenico, il travestimento, la maschera. Quando poi, associato al travestitismo, vi è il cambio del proprio sesso, la pratica è ancora più complessa: il corpo dei travestiti diventa luogo di enunciazione di una falsità, un corpo che per natura è incerto. Quella di Giuseppe Campuzano, filosofo, artista e drag queen peruviano (Lima, 1969-2013) è l’idea di un
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A destra: Giuseppe Campuzano (1969–2013) artista, filosofo e drag queen peruviano originario di Lima.
Museo Travesti del Perú — arte e travestitismo
“travestitismo” concepito come strumento dalla forte valenza politica. Nel 2004 si delinea quello che è a tutti gli effetti un museo dedicato alla questione trans-gender nella storia, che dà vita così ad un progetto non solo temporaneo ma anche itinerante: una struttura flessibile, la quale permette a questo piccolo “archivio mobile” di adattarsi facilmente a qualsiasi tipo di scenario, dalle piazze, ai mercati di strada, sino alle fiere di quartiere. In realtà, già dalla fine degli anni Ottanta, prima ancora di fondare il museo, Campuzano ha sempre esplorato ed esibito (in un’ottica politicamente attiva) il proprio corpo, soprattutto in contesti quali feste, fiere di strada, manifestazioni e gallerie d’arte. Le sue possono essere lette come critiche al conformismo borghese che si traducono, in modo provocatorio, mediante una moltitudine di personaggi insoliti e curiosi come donne barbute, indigeni androgini, prostitute su tacchi alti. Il Museo Travesti del Perú è stato presentato per la prima volta in forma completa in Europa dal progetto "Visible", il cui obiettivo è quello di produrre e sostenere pratiche artistiche socialmente impegnate all’interno di un contesto globale. Il progetto è intrapreso da Cittadellarte - Fondazione Pistoletto in collaborazione con Fondazione Zegna ed è a cura di Matteo Lucchetti e Judith Wielander. Uno dei principali obiettivi del Museo Travesti del Peru è quello di tentare una lettura diversa dei queer, interpretando in chiave assolutamente critica e in modo originale
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Sull’eccesso: l'identità manifesta
la storia del Perù, attraverso una vasta collezione di oggetti, costumi, accessori, immagini, testi e documenti, che “Giucamp” (come Miguel A. Lopez, curatore della mostra, lo definisce in un suo articolo) ha accumulato sin dalla sua infanzia e che vengono così riorganizzati in una sorta di album-ricordo in divenire del travestito. Un racconto, quindi, non solo visivo bensì multidisciplinare che si discosta da una concezione lineare della storia. Si assiste così ad una serie di vicende raccontate attraverso figure di transgender, travestiti, transessuali, intersessuali e androgini che si presentano come i protagonisti principali di una storia che viene man mano ricostruita e che sfida qualsiasi modalità di narrazione canonica e standard di un paese e della sua cultura. Museo Travesti del Perú significa, quindi, ricostruire la storia di un territorio in modo poco convenzionale: ricorrendo a strumenti diversi da quelli di un istituzione museale classica, si prova a dare voce a tutte quelle forme di “diversità”, che in un contesto simile assumono un'assoluta centralità. Attraverso, quindi, il dialogo tra componente testuale e componente iconografica, il museo prova a met-
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Profilo di una maschera esposta presso il Museo Travesti del Perú
Museo Travesti del Perú — arte e travestitismo
tere in scena il travestitismo in prospettiva storica come un vero e proprio strumento di emancipazione dalla cultura etero-normativa della società. Il Museo Travesti del Perú è, in definitiva, un viaggio attraverso l’esperienza stessa di Giuseppe Campuzano, all’interno di un paese come il Perù, che prova a riconoscersi e a ritrovare la sua identità in un progetto simile. Quella sinora descritta, però, non è l’unica realtà artistica che dà rilievo a tematiche difficilmente affrontate nel quotidiano. Lo spagnolo Álvaro Laiz, ad esempio, ha fotograficamente esplorato le vite di alcuni transgender in Mongolia, ad Ulaanbaatar, soggiornandovi per circa tre mesi e mezzo. Ha così visivamente messo in luce una delle tante realtà dove il “diverso” è segretamente nascosto, tenuto al margine, discriminato, represso, rifiutato e vittimizzato. Molti di loro si danno alla prostituzione ed altri ancora vivono in totale solitudine, in un paese che si porta sulle spalle tutto il peso di una tradizione e di anni passati sotto il controllo sovietico. Molto spesso, i più giovani si battono per fuggire dal proprio paese, dirigendosi verso le Filippine o il Giappone, dove vi è molta più tolleranza per la loro condizione e dove è possibile un cambio di sesso. Ma soprattutto i giovani transgender vanno alla ricerca di un’identità che il loro paese natale gli ha sempre negato e impedito. In sostanza quello che i transgender peruviani o mongoli possono avere in comune, insieme a tutti gli altri queer del mondo, è una vita molto spesso fatta di solitudine e occultamento della loro reale identità.
Il termine drag queen viene spesso associato all’esibizionismo e alla spettacolarizzazione della propria identità sessuale. Puoi descrivere gli aspetti che distinguono questo spettacolo?
Esibizionismo forse, spettacolarizzazione anche, di sicuro quel che è certo è che non necessariamente sono sinonimo di identità sessuale o di genere, per fortuna! Poi ci sono delle evidenze che non si possono negare, ossia che la maggior parte della platea di riferimento è in ambito gayfriendly, e molto ruota su questo. Per il resto c’è libertà assoluta di espressione artistica, è difficile descriverne i caratteri, molto dipende dai contesti, dai luoghi e anche dalla tipologia del pubblico. Gli spettacoli drag queen si possono adeguare alla tipologia del pubblico e mi sento di dire che possono essere adatti anche ai bambini. Per quanto mi riguarda posso citare interventi a matrimoni, avanspettacolo in albergo come accompagnamento alla cena in sale adibite a teatro etc.
Le foto di Geena pubblicate in questo numero sono state scattate dalla fotografa bolzanina Claudia Corrent claudiacorrent.carbonmade.com
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Andrea, in arte Geena, è l’unica drag queen dell'Alto Adige. È politicamente attiva nelle associazioni ed è responsabile della promozione nel nord Italia di Acidqas.
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Pensi che essere Geena sia uno strumento di emancipazione o una forma di attivismo per il riconoscimento dei diritti omosessuali in Italia?
Indossare un costume ti permette di costruire un personaggio, che rapporto hanno Andrea e Geena nella tua quotidianità?
Intervista ad Andrea Bizzo — in arte Geena
Significa molto, significa soprattutto usare il proprio personaggio in contesti diversi anche non gayfriendly per lanciare un messaggio, per sensibilizzare su un determinato argomento, si tratta di una forma d’arte comunicativa non legata necessariamente ad una forma di emancipazione personale o collettiva. Detto questo sono fiera di lottare anche per i diritti sacrosanti degli omosessuali. Gemelli diversi, alle volte può sembrare che ci sia confusione, ma vi assicuro che Andrea e Geena hanno peculiarità completamente diverse, quasi in antitesi. Molto meglio la Geena! Scherzi a parte, ci tengo a rimarcare il fatto che la vita di tutti i giorni non c’entra col personaggio, e che arriverà il momento in cui appenderò i vestiti in armadio, riporrò le scarpe nelle scatole, i trucchi nel vano trucco, e dirò addio a questo mondo e tornerò ad essere semplicemente Andrea senza rimpianti.
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La realtà spesso tende a essere filtrata da pregiudizi e preconcetti, producendo immagini distorte, potresti raccontarci in cosa consiste il tuo lavoro?
Come viene interpretato dall'immaginario collettivo la professione che svolgi?
Esistono eterosessuali che svolgono questo lavoro?
Cosa significa essere una drag queen impegnata per il riconoscimento del proprio lavoro?
Sull’eccesso: l'identità manifesta
Intervista ad Andrea Bizzo — in arte Geena
Il mio lavoro è raccontare in chiave allegorica la triste realtà e denunciarla, detto questo c'è spazio per il divertimento e l’intrattenimento. I preconcetti ci sono e ci saranno sempre per qualsiasi cosa che sia considerata "diversa" o non usuale, il compito arduo è ridicolizzare ed esasperare questi preconcetti generando una sana ilarità o anche semplicemente facendo riflettere. Ovviamente il trucco e il parrucco deve esserne la chiave di volta. In tanti pensano all’identificazione di una sessualità, ma finalmente oggi la maggioranza delle persone inizia a comprendere che si tratta d’altro, ossia di arte scanzonata ma pur sempre di arte! Si debbono in ciò mettere dei distinguo a questo punto su chi lo fa professionalmente e chi lo fa per diletto, io più che artista mi son sempre definita un’artigiana, ora sto dietro alle quinte senza rinunciare mai al contatto col pubblico e all’immancabile trucco-parrucco. Sicuro che ci sono, qualcuna ne conosco. Oggi però sono più i gay che hanno questo coraggio! Voi avreste il coraggio di misurarvi con questo mestiere o anche semplicemente mettervi su un palcoscenico? Quando ci sali la prima volta ne hai timore, ma poi non ne puoi fare più a meno. Anche se a tutto c’è un termine e sarebbe buona prassi rendercene conto in tempo. È importante puntare sia sulla forma che sulla sostanza, l’arte ‘en travesti’ esiste almeno da quando esiste il teatro e come tale andrebbe trattata; essere drag queen in fondo è proprio questo, indossare i panni di un personaggio, purché rimanga sempre personaggio e non lo si snaturi col quotidiano.
Giacomo Delfini Alessandro Piacente Lorenzo Toso
Fonti sitografiche: Dear Love of Comrades: The politics of Lesbians and Gays Support the Miners — http://rs21.org.uk | Il primo Gay Pride — http://www.raistoria.rai.it | When the gay community stood up for the miners — http://www.walesonline. co.uk | Museum, Musex, Mutext, Mutant: Giuseppe Campuzano’s Transvestite Machine — http://blogs.guggenheim.org | The secret lives of transgender Mongolians — http://edition.cnn.com | When miners and gay activists united: the real story of the film Pride — http://www.theguardian.com | Intervista a G. Campuzano a cura di Lawrence La fountain-Stokes — http:// hemisphericinstitute.org
Fonti bibliografiche: M. Lucchetti e J. Wielander, Visible publishing, Kunsthaus Graz, 2013
Progetto a cura di Francesco Barbaro Giulia Cordin
Handkerchief No. 2 Sull’eccesso: l'identità manifesta Intervista ad Andrea Bizzo — in arte Geena
No.1
SULL'ASSENZA
No.3
SULLA SPONTANEITÀ
No.4
SULL'ESPERIENZA
Illustrazione a cura di Giulia Conoscenti
handkerchiefmagazine.tumblr.com facebook.com/handkerchief.magazine handkerchief@outlook.it
Numero 02
Questo stampato è il risultato di una simulazione di una rivista progettata in ambito accademico.
L'eccesso e la performance come forma di lotta politica. È l'idea di Giuseppe Campuzano, detto "Giucamp", artista e attivista peruviano. È sua la raccolta di termini cancellati in prima di copertina: sono le parole impiegate dalla stampa locale per definire i "travesti" come lui. Travesti, cioè "travestito", è colui che sfida e mette in discussione le identità e i ruoli di genere prestabiliti. La comunità transgender è stata lungamente marginalizzata e rappresenta uno dei gruppi di persone più vulnerabili in America Latina come nel resto del mondo.