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Oltre la punta dell’iceberg

Una nuova leadership per il cambiamento: sfide per donne e uomini

Paolo Groppo

Se l’obiettivo che vogliamo raggiungere è quello di una nuova generazione di donne lider politiche e sociali, da quale parte dobbiamo cominciare? Quali aspetti sono poco considerati, quasi non facessero parte delle caratteristiche fondanti di questo mondo futuro?


Quali aspetti sono poco considerati, quasi non facessero parte delle caratteristiche fondanti di questo mondo futuro? Esiste una coscienza crescente che l’essere umano sia il responsabile principale dell’accelerato cambiamento climatico che stiamo vivendo. Per porvi rimedio, due piste vengono generalmente proposte. La prima è quella di colonizzare nuovi pianeti. Malgrado una certa retorica insista a promuovere questa idea e perfino uno scienziato del calibro di Stephen Hawking l’appoggi¹ , credo sia una via degna del dottor Stranamore. L’altra pista è quella tecnologica: grazie al “progresso”, un mito che nel passato ha già combinato parecchi pasticci, avremo a disposizione nuove tecnologie che salveranno il pianeta Terra. Sono già in tanti a provarci e, fra questi, non poteva certo mancare Bill Gates che si attiva per ricerche dirette ad “oscurare” il sole.² È il mondo della geo-ingegneria, per la quale esisterebbe una moratoria, come stabilito dalla COP10,³ ma che, nella pratica, non viene rispettata da vari attori avidi di profitti a tutti i costi. Papa Francesco ha provato a proporre un cammino diverso, di armonia tra Uomo e Natura⁴ . Un buon inizio secondo me, al quale però manca il passo seguente, e cioè di premettere la necessaria ricerca di un’armonia tra l’Essere Maschile e quello Femminile. Solo quando inizieremo a toccare queste asimmetrie di potere, partendo da dentro casa, sarà allora possibile intraprendere un cammino di ricerca d’armonia con la Natura. Siamo cresciuti con l’idea di una “naturale” predisposizione femminile ad attività legate alla cura (crescere figli, occuparsi degli anziani, “servire” il marito ...) e una “naturale” predisposizione maschile a ruoli di comando (in casa e fuori⁵) . Figli di questa cultura, simo convinti che questo “equilibrio” non debba essere toccato, altrimenti viene giù tutto l’impianto societario.⁶ Questa visione maschilista e paternalista la Chiesa l’ha voluta e difesa strenuamente fino ai giorni nostri⁷. L’ortodossia neoliberale, che ha avuto in Ronald Reagan e Margaret Thatcher i lider più riconosciuti a livello mondiale, ha accelerato queste tendenze. Un credo ideologico che si è esteso dall’economia alla finanza, cultura, divertimento, sport che ha influito anche all’interno del mondo femminista, veicolando l’idea della competizione individuale per arrivare in cima alla vetta, sulla base di una errata interpretazione del concetto di uguaglianza e cioè il voler diventare come gli uomini: l’assimilazione attraverso gli stessi strumenti della competitività e dell’arrivismo.


Io credo sia ben altro ciò di cui abbiamo bisogno. Un movimento che chiarisca che non si tratta di diventare “uguali”, perché siamo profondamente, biologicamente diversi/e. Imparare a crescere nella differenza (che non è disuguaglianza), accettare l’altro/altra, rispettare e entrare in sintonia. Una strada che, partendo dalla sfera domestica, tolga di mezzo l’idea del “più forte”, del “dominio” di uno sull’altra, e che privilegi la condivisione dei compiti e il crescere assieme. Le due interrogazioni che mi portavo dietro nel mio lavoro sul tema dei diritti alla terra erano: come promuovere dei riconoscimenti strutturali dei diritti alla terra per le donne a livello non solo nazionale ma anche locale, all’interno di sistemi basati su un pluralismo giuridico; e se questa lotta fosse sufficiente per promuovere un riequilibrio che interessasse anche la sfera del privato. Più mi interessavo a come rafforzare le capacità delle donne e delle loro organizzazioni, più mi rendevo conto di come la semplice questione del diritto alla terra non fosse una risposta sufficiente al cambiamento di paradigma che è necessario costruire. Questo mi ha portato a passare dalla prospettiva iniziale centrata su donne e terra a una visione più amplia, del patriarcato e dell’importanza delle asimmetrie di potere nella sfera privata⁸. Aprire una discussione relativa alla sfera privata-riproduttiva nel settore agrario è operazione quanto mai difficile per le resistenze di tutti i tipi. Come ben lo ricorda uno studio delle Nazioni Unite, “[è] chiaro che il possesso della terra è legato ad altre strutture sociali che si riflettono attraverso il matrimonio, l'eredità, l'accesso alle risorse territoriali e anche l'esercizio del potere nella comunità e nell'ayllu⁹ stesso; nella pratica c'è resistenza alle donne che titolano la terra a loro nome, è una sfida alle pratiche culturali e alle tradizioni che dicono che i figli possono ereditare la terra e le donne, il bestiame”.¹⁰ Se il dibattito stenta a prendere forma nel mondo indigena, malgrado le numerose voci che cominciano ad elevarsi, lo stesso succede all’interno del mondo dell’agricoltura familiare. Per quanto mi riguarda, anche grazie alle riflessioni dell’amica Patricia Castillo¹¹, mi è diventato più chiaro come non si volessero vedere le forme di organizzazione familiare della produzione, e l’ideologia che la sottende. Le cambianti modalità di inserimento nel mercato e la crescente pluriattività stanno pian piano ridisegnando i rapporti di potere interni al nucleo familiare, ma resta la difficoltà, per non dire le resistenze, che il mondo dei movimenti contadini continua ad opporre all’apertura a una discussione seria sulle dinamiche di potere interno.


Col tempo sono arrivato alla conclusione che è da qui che bisogna partire. Non si può più continuare ad appoggiare le lotte che riguardano solo la parte emersa dell’iceberg, dimenticandosi di quella sommersa (sfera domestica, sfruttamento sessuale e violenza associata). Come scrive Bourdieu: “solo una trasformazione delle condizioni sociali di produzione che portano i dominati a percepirsi come tali può provocare una rottura di questo rapporto di complicit๲.” Il riconoscimento della soggettività politica della donna in agricoltura non è un tema che deve essere lasciato a qualche specialista e basta. Deve diventare una pratica strutturale da integrare nei movimenti contadini e le organizzazioni che appoggiano le lotte contro la disuguaglianza nell’agricoltura. L'orizzonte dell'equità nei prossimi anni resta ancora molto incerto. La persistenza delle conquiste realizzate finora dipende strettamente dall'armonia tra la ricostruzione delle identità e dal fatto che entrambi i generi trovino un posto sociale accettabile, riconosciuto dall'altro genere e desiderabile¹³.

Come ricorda Pamela Caro: “è necessario un doppio

movimento: l'ingresso massiccio delle donne nella sfera pubblica e quello degli uomini nella sfera privata, solo allora sarà possibile condividere le responsabilità politiche e domestiche”.¹⁴ Che il fine ultimo di una rivoluzione eco-femminista passi per una ridefinizione totale del modello capitalista di tipo neoliberale e individualista, è un’affermazione che mi trova totalmente d’accordo. Ma sono anche cosciente che si tratta di lotte non di lungo, ma di lunghissimo periodo e che il rischio è di finire nelle sabbie mobili della retorica istituzionale, maestra nell’evitare cambiamenti strutturali dato che toccherebbero gli equilibri di potere sulle quali si fonda. Quindi guardare genericamente al livello locale non basta. Dobbiamo iniziare mettendo in pratica quanto chiedono le donne della Unión de Trabajadores de la Tierra¹⁵ argentine, e cioè che l’uomo prenda la sua parte di responsabilità nella sfera riproduttiva e della cura, liberando tempo ed energie per far sì che le donne possano occuparsi di gestire le organizzazioni o di fare semplicemente quello che vogliono. Già adesso esistono nuove reti di donne e giovani che in vari paesi (Colombia, Bolivia, Brasile, Perù) si stanno muovendo con idee e pratiche diverse ed un’agenda spesso più aperta e inclusiva. Non lasciamoli/e soli/e.


Ecco perché da alcuni mesi stiamo lavorando a un indice di parità domestica (IPAD), pensato per un pubblico particolare, cioè quei gruppi, associazioni, movimenti e/o partiti che esprimono delle posizioni pubbliche impegnate a favore della parità di genere. L’IPAD permetterà di mostrare quindi la coerenza tra il discorso, la parola e le azioni concrete intraprese al loro interno per stimolare le persone partecipanti (o simpatizzanti) a questi gruppi, a iniziare (continuare, accelerare) un percorso di cambiamento verso una vera uguaglianza. Noi stiamo

Nei prossimi mesi saremo in grado di farne una presentazione dettagliata, sperando poter trovare, nel vasto gruppo della Plataforma Diversidad Biocultural y Territorios, delle persone interessate a questa riflessione nonché alla sua messa in pratica.

1. https://www.repubblica.it/scienze/2015/02/20/news/hawking_colonizzare_altri_pianeti_l_unica_salvezza_per_l_umanit-107791145/ 2.https://www.corriere.it/tecnologia/23_luglio_04/bill-gates-vuole-oscurare-il-sole-si-ma-per-combattere-il-cambiamento-climatico-con-l-ap poggio-della-casa-bianca-00d33cdd-645b-412b-84b0-3a88803a3xlk.shtml 3. https://www.etcgroup.org/sites/www.etcgroup.org/files/publication/pdf_file/ETCMoratorium_note101110.pdf 4. https://www.vatican.va/content/francesco/es/encyclicals/documents/papa-francesco_20150524_enciclica-laudato-si.html 5. https://www.scuola7.it/2022/310/parita-di-genere-nella-vita-scolastica/ 6. Secondo Bourdieu, questo ordine “naturale” androcentrico, che serve a legittimare un rapporto di dominio iscrivendolo in una natura biologica, altro non è che una costruzione sociale naturalizzata. Bourdieu, P. 1998. Il dominio maschile, Feltrinelli, Milano 7. https://www.teologhe.org/2018/03/14/le-donne-nella-chiesa-un-banco-di-prova/ 8. Groppo, P., Cangelosi, E., Siliprandi, E. Groppo, Ch. 2023. Quando Eva bussa alla porta – Donne, terre e diritti. Ombre Corte, Verona 9. L'Ayllu era l'unità politica e sociale della civiltà Inca e di altre civiltà precolombiane. Si trattava essenzialmente di un gruppo familiare estesohttps://www.bivica.org/files/mujeres-tierras-situacion.pdf) 10. UNIFEM. 2009. Nosotras somos de la tierra, de la Pachamama – Estado de situación sobre tierras y mujeres indígenas, https://www.bivica.org/files/mujeres-tierras-situacion.pdf) 11. Weber S. 2021. Vida y Voces de Mujeres Revolucionarias, Serviprensa, Guatemala 12. Bourdieu, op. cit. 13. Concepcion Fernandez Villanueva, 2010. La equidad de género: presente y horizonte próximo - researchgate 14. Caro, P. 2011. La transgresión del feminismo campesino y popular: autonomías y soberanías in Autonomía política de las mujeres, algunas reflexiones. Humanas, Santiago de Chile 15. (https://uniondetrabajadoresdelatierra.com.ar/2019/10/15/ primer-encuentro-nacional-de-mujeres-trabajadoras-de-la-tierra-utt/)

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