Progettare l'interazione

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Teorie dell’interazione, IUAV Venezia a. a. 2012/2013 Professori: Gillian Crampton Smith e Philip Tabor Studente: Elena Principato


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Dichiarazione di originalità Questo documento è stato consegnato dalla sottoscritta, Elena Principato, per l’appello d’esame del 31/01/2013 del corso Teorie dell’interazione tenuto da Gillian Crampton Smith con Philip Tabor alla Facoltà di Design e Arti, Università Iuav di Venezia. Tutte le sequenze di parole riprese da altre fonti, sono state: a) riprodotte in corsivo, o incluse tra virgolette di citazione, inoltre b) sono state indicate, per ogni sequenza, il numero della pagina o lo URL del sito web della fonte originale. Per tutte le immagini riprese da altre fonti, sono stati indicati: a) l’autore e/o proprietario, inoltre b) il numero della pagina o lo URL del sito web della fonte originale. Dichiaro che tutte le altre sequenze e immagini di questo documento sono state scritte o create esclusivamente dalla sottoscritta.

11/01/2013

Elena Principato




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Indice 1. Introduzione, pag. 8 2. Comprendere le abitudini Il mio ambiente intelligente, pag. 12 3. Affordance e Mapping Buono e cattivo design, pag. 15 4. Le modalità di interazione Pausa caffè in una palestra di karate, pag. 17 5. Il modello concettuale, pag. 21 6. L’utilizzo della metafora Semplificare concetti complessi, pag. 25 7. Intervista, Scoprire e capire le necessità dell’utente pag. 27 8. Conclusioni, pag. 30



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Introduzione Cosa si intende per interaction design? È questa la domanda che mi sono posta nella stesura di questo libricino, che contiene alcuni piccoli spunti per capire un concetto così complesso ma, al tempo stesso, così semplice, come quello dell’interazione applicato al design. Il vebo“Interagire” è un composto di agire con la preposizione inter e signica “Agire mutuamente, reciprocamente; esercitare un’azione o avere un’influenza l’uno sull’altro” (Vocabolario Treccani della lingua italiana, http://www.treccani.it/vocabolario/tag/interagire/). Ciò significa che l’interaction design è genealmente la progettazione delle ralazioni fra gli esseri umani e gli oggetti che li circondano. Per un designer progettare correttamente l’interazione significa dare al proprio oggetto la possibilità di essere compreso e utilizzato da tutti. Infatti come sostengono J. Preece, H, Sharp, Y. Rogers (2004) l’interaction design “mira a sviluppare prodotti interattivi facili, efficaci e piacevoli da usare per gli utenti finali”, cap 1, pag.1. L’interaction design è una disciplina trasversale e perciò adattabile a moltissimi ambiti del design. Con il costante avanzamento della tecnologia nelle normali pratiche quotidiane, la progettazione dell’interazione si fa sempre più essenziale. Infatti “la nascita della rete internet commerciale nella metà degli anni ‘90 e la sempre più diffusa inclusione di microprocessori in macchine quali automobili, lavatrici e telefoni, ha portato all’esplosiva crescita del numero di interaction designer perché improvvisamente una moltitudine di gravi problemi di interazione aveva bisogno di essere risolta” Dan Saffer, 2009, Design dell’interazione. Creare applicazioni intelligenti e dispositivi ingegnosi con l’interaction design, cap.1, pag.3.


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Saffer, Dan. Design dell’interazione. Creare applicazioni intelligenti e dispositivi ingegnosi con l’interaction design. Milan: Pearson Education. 2009, cap. 1, pag. 4.


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La tecnologia ha portato il più delle volte al caos nell’utilizzo degli oggetti. Essa “ha reso le nostre vite più piene ma allo stesso tempo siamo diventati spacevolmente pieni” sostiene John Maeda (2006, Le leggi della semplicità, cap.1, pag. 1). Tuttavia, anche se la tecnologia è considerata la causa del “problema della complessità”, è sempre lei che “offre nuovi materiali e nuovi metodi per modellare le nostre relazioni a riguardo” (John Maeda, 2006, cap. 2 pag. 20) . Oggi la maggior parte degli oggetti che ci circondano, comunicano con noi quasi esclusivamente attraverso la loro interfaccia, dal momento che la loro complessità spesso ci impedisce di comprenderne a pieno il funzionamento interno. Disegnare e progettare tenendo conto dell’interazione umana con gli oggetti, aiuta a studiare i meccanismi che rendono un’azione comprensibile e ripetibile. “Gli oggetti disegnati male possono essere difficili e frustranti da usare: non offrono indizi o ne danno di sbagliati. Mettono in trappola chi li utilizza e fanno violenza al normale processo di comprensione e interpretazione” D. Norman, 1997, La caffettiera del masochista, cap. 1, pag. 10. Per tale motivo credo che ogni designer che si definisca come tale (che sia un grafico, uno stilista di moda oppure un product designer) debba sempre, prima di intraprendere un progetto, chiedersi in che modo gli utenti potranno utilizzarlo, comprenderlo, amarlo. Dopotutto, a cosa serve il design se non a migliorare la vita delle persone? Nelle prossime pagine ho cercato di descrivere i concetti basilari su cui si fonda il progetto dell’interazione. Tutto questo, tramite dei brevi esempi illustrati, flowchart e storyboard, mezzi molto semplici e divertenti ma che si rivelano molto utili, poiché sono in grado di esplicare in forma amichevole, la complessità dei processi di interazione umana.


Utente: studentessa universitaria fuori sede; EtĂ : 22 anni; NazionalitĂ : italiana; Bisogni: svegliarsi in tempo la mattina per prepararsi e andare a lezione;


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Comprendere le abitudini Il mio ambiente intelligente Le abitudini e i bisogni di una persona cambiano in relazione al suo stile di vita e al contesto in cui essa si trova. Così, studiare l’interazione di una persona nel suo ambiente aiuta a comprendere quali siano i suoi problemi e le sue necessità. Pensare ad un ambiente intelligente, che risponde ai comandi e alle necessità dell’utente che ne usufruisce, stimola la fantasia di chiunque. Se si fa una breve riflessione sulle proprie abitudini giornaliere, non sarà difficile trovare una lista di problemi nei quali incappiamo ogni giorno e ai quali vorremmo dare una soluzione. Sebbene ormai la tecnologia non lasci più molto spazio all’immaginazione, sembra ancora lontano (ma non troppo!) il momento in cui la vita degli uomini sarà completante relazionata a dispositivi elettronici. Il rischio che corriamo di fronte a tale scenario è quello di essere sottomessi dalle macchine, oggetti complicatissimi e incomprensibili, che regolano la nostra esistenza. Ma il buon design potrebbe salvarci! Per fare del buon design è necessario, prima di tutto prendere in considerazione l’utente, le persone. L’utopia dell’interaction design è quella di creare un mondo in cui sia molto semplice fare qualsiasi cosa, sebbene utilizzando tecnologie complesse. Immaginando la mia giornata tipo, dal risveglio al momento in cui mi preparo per andare all’università, ho immaginato di essere circondata da un ambiente intelligente che mi aiuti ad arrivare in orario e a conseguire i miei (sebbene piccoli) obbiettivi giornalieri.


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15 Nella mia casa intelligente tutte la mie azioni quotidiane sono semplificate e rese pi첫 veloci da un sistema elettronico che controlla gli elettrodomestici e i mobili. Impostando la sera prima le preferenze del sistema, posso svegliarmi senza pensieri l'indomani mattina, dal momento che la mia casa pensa alla colazione, alla scelta dei miei abiti in base al tempo e mi avverte sugli orari e ritardi degli autobus! In questo modo riesco ad essere puntuale e non faccio grandi sforzi per riuscire nelle mie piccole imprese quotidiane.


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Affordance e Mapping Buono e cattivo design Buona Affordance a. guanti; b. occhiali; c. matita; Cattiva Affordance d. caffettiera 9090 di R.Sapper: un bellissimo oggetto di design il cui utilizzo però, è ambiguo perché è difficile comprendere come si apre; e. apentura della porta interna ai vagono Trenitalia: non si capisce da che lato della maniglia bigogna tirare o spingere; f. Trackpad apple, dal design così pulito ma forse troppo. Ad un primo approccio non si capisce dove è necessario premere con le dita. Buon Mapping g. segnalazione dei binari del treno; h. pulsanti calcolatrice; i. cambio dell’automobile. Cattivo Mapping j. interruttori della luce: non si capisce mai a quale luce si riferiscono; k. apertura delle merendine: è sempre difficile trovarla e spesso si ricorre ai denti; l. alcuni barattoli hanno un’apertura complicata che viene indicata da un disegno sul tappo, spesso incomprensibile.

“Le cose complesse possono richiedere spiegazioni, ma quelle semplici non dovrebbero averne bisogno” (D. Norman, 1997, La caffettiera del masochista, cap. 1, pag 17). Donald Norman fa questa affermazione, che potrebbe apparire quasi banale, quando parla della predominanza del cattivo design nella vita quotidiana. Ma l’ovvietà di questa frase, a pensarci bene, non trova un riscontro concreto nella realtà delle cose. Quanti oggetti banali con cui interagiamo tutti i giorni ci appaiono complicati e criptici? “So usare cose piuttosto complicate. Sono abbastanza esperto di computer e di elettronica e di apparecchiature scientifiche complesse. Perché ho problemi con le porte, gli interruttori della luce e i rubinetti dell’acqua? Com’è possibile che possa far funzionare un’installazione computerizzata da molti milioni di dollari, ma non il frigorifero di casa mia? Mentre tutti diamo la colpa a noi stessi, il vero responsabile -il cattivo design- passa inosservato” (D. Norman, 1997, pag.4). Il rapporto forma-funzione è un aspetto imprescindibile del design ed è uno dei primi elementi che favorisce una buona interazione, anche se a volte per favorire la bellezza di una forma si dimentica volutamente questa regola (v. caffettiera 9090 di Richard Sapper). Sempre Norman ci spiega l’importanza di questo concetto utilizzando il termine affondance che indica “quelle proprietà fondamentali che determinano come si potrebbe verosimilmente usare la cosa in questione” (cap. 1, pag.17). Ma, quando gli oggetti si fanno più complessi e l’affordance non basta, è necessario un buon mapping definito dallo studioso come “insieme di correlazioni logico-spaziali fra quello che si vuole fare e ciò che pare fattibile” (cap.1, pag. 12): un buon esempio di mapping può essere rappresentato dal cambio dell’automobile, come illustrato nella pagina a fianco. Il famigerato cattivo design maschera e nasconde la funzione degli oggetti o gli indizi per il loro utilizzo rendendoli ostili agli occhi dell’utente.


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Buona Affordance

a. b. c. Cattiva Affordance

f. d.

e.

Buon Mapping

h.

g.

Cattivo Mapping

j.

i.

l. k.


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Le modalità di interazione Pausa caffè in una palestra di karate Il segreto per progettare qualcosa che sia davvero utile e funzionale è quello di riflettere sulle modalità di interazione che possono verificarsi tra oggetto e utente. Questo vale per qualsiasi oggetto progettato, da quelli più semplici, come ad esempio una moca classica, a quelli più complessi, come una macchinetta automatica per il caffè. Un interaction designer è un professionista in grado di progettare l’interazione tra uomo e oggetto e, per fare ciò si serve di numerosi strumenti. Uno di questi strumenti è la costruzione di flowchart, un flusso di azioni che serve a studiare il comportamento umano di fronte all’oggetto. Grazie a questo strumento è possibile analizzare i meccanismi di interazione già esistenti e cercare di migliorarli. Nell’esempio riportato in questo capitolo ho cercato di proporre un nuovo approccio con una macchinetta del caffè, contestualizzato in una palestra di karate. Ho immaginato che durante la pausa della lezione di arti marziali, gli utenti potessero apprezzare un nuovo e singolare tipo di macchinetta che gli permettesse di giocare in gruppo e testare la propria forza. La flowchart è completata da uno storyboard (pag. 18) che ne illustra un ipotetico utilizzo e ne racconta lo scenario. L’esempio è ovviamente paradossale ma può essere utile a comprendere l’efficacia di questi due strumenti, con i quali i designer studiano il funzionamento di un’azione determinata da rapporti di causa-effetto. Grazie al flusso di azioni della flowchart e al piccolo racconto dello stroryboard, è semplice comprendere il rapporto tra gli utenti e questa macchina fantasiosa, che eroga il caffè più velocemente quanto più si colpisce il punchingball a lei collegato.


Flowchart del funzionamento di un particolare dispencer per caffè in una palestra di karate

START VAI ALLA MACCHINETTA DA SOLO

VAI ALLA MACCHINETTA E GIOCA IN GRUPPO PER VINCERE UN CAFFÈ IMPOSTA IL NUMERO DI GIOCATORI

SCEGLI UNA BEVANDA (caffè, cappuccino, cioccolata, ecc..)

INSERISCI DENARO

SELEZIONA BEVANDA (ad esempio caffè)

ZUCCHERO?

NO

SI

ANCORA ZUCCHERO? SI

NO

AGGIUNGI ZUCCHERO

3... 2... 1... VIA! SE COLPISCI IL PUNCHINGBALL MOLTO FORTE E VELOCEMENTE, LA MACCHINETTA PREPARERÀ IL TUO CAFFÈ IN MINOR TEMPO

COLPISCI IL PUNCHINGBALL

NO SEI STATO IL PIÙ FORTE E VELOCE DEI GIOCATORI?

SEI SOLO?

NO

SI

APPENA SARÀ PRONTO, PRENDI IL TUO CAFFÈ

SI HAI VINTO!

LA MACCHINETTA TI RIDÀ I SOLDI

END


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Lo storyboard è uno strumento molto utille per rendere comprensibile una sequenza di azioni. Dopo aver stilato una flowchart di tutte le interazioni della mia macchina da caffè, ecco qui una piccola contestualizzazione di come possa essere utilizzata dagli utenti finali.

L’interazione con la macchiana è alquanto singolare: colpendo il puchingball con maggior forza, la macchinetta erogherà il caffè più velocemente. Se si sceglie la modalità “gioco” i partecipanti (da due in su), potranno gareggiare fra di loro per vincere un caffè. Infatti, il giocatore che riuscirà ad erogare il proprio caffè prima degli altri lo avrà in regalo.


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Grazie a questo particolare tipo di macchinetta, la pausa caffĂ in una palestra di karate diventa un momento di svago e di gioco.


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Il modello concettuale Quante volte vi è capitato di andare in un bagno pubblico e avere difficoltà nell’aprire il rubinetto del lavello perché fornito di pedale e non delle comuni manopole? Probabilmente il designer di quel rubinetto avrà pensato: “è ovvio, se sul lavello non ci sono le manopole, basta guardare in basso e premere il pedale con il piede”. Ma in realtà spesso ciò non accade perché le persone sono abituate ad un diverso tipo di approccio con questo genere di oggetto e il loro modello concettuale le trae in inganno.

FLOWCHART DELMODELLO CONCETTUALE DEL DESIGNER DI UN LAVANDINO A PEDALE CLASSICO.

START GUARDA IL LAVANDINO

NON C’È ALCUNA MANOPOLA PER L’ALCUA QUINDI...

C’È UN PEDALE E LO PREMO

GUARDO IL PAVIMENTO

NO LE TUE MANI SONO PULITE?

SI

ASCIUGA LE TUE MANI ED ESCI DAL BAGNO

END


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FLOWCHART DEL MODELLO CONCETTUALE DELL’UTENTEDURANTE L’UTILIZZO DEL LAVANDINO A PEDALE CLASSICO

END

Donald Norman utilizza il termine modello concettuale per indicare il modello mentale che progettista e utente si creano di fronte all’immagine del sistema, ovvero all’oggetto nella sua struttura fisica. “Quando l’immagine del sistema è incoerente o inadeguata, […] l’utente non può usare facilmente il dispositivo” (D. Norman, 1997, cap. 1, pag 25). Il breve esempio riportato tra queste pagine mostra l’ipotesi di come un progettista si sia immaginato il flusso di interazione (flowchart a sinistra) fra il proprio oggetto (un lavandino a pedale) e l’utente, il quale ha in mente un diverso modello concettuale che lo porta a fare degli errori (flowchart a destra) oppure direttamente a desistere dall’utilizzo di tale oggetto.

START

ESCE DAL BAGNO E NON LAVA LE MANI PERCHÈ HA FRETTA

GUARDA IL LAVANDINO

C’È QUALCHE SENSORE?

NO

NON C’È ALCUNA MANOPOLA PER L’ACQUA QUINDI...

PIÙ SPESSO

È NECESSARIO CAPIRE COME FUNZIONA QUESTO RUBINETTO

NO, MA CONTINUA A CERCARE

MOLTO RARAMENTE GUARDA IL PAVIMENTO

GUARDA SUL MURO

NO

SI

C’È QUALCHE SENSORE?

PREMI IL PEDALE

LE TUE MANI SONO PULITE? NO

ASCIUGA LE TUE MANI ED ESCI DAL BAGNO

END

SI C’È UN PEDALE!


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Alla luce dei difetti che un oggetto presenta, dopo aver analizzato gli errori di interazione con l’utente provocate da una poco efficace immagine del sistema, il progettista o l’interaction designer è in grado di effettuare un redesign dell’oggetto, con lo scopo di migliorarlo. Nell’esempio riportato in queste pagine, ho cercato di effettuare un redesign esagerato, al fine di rendere più palesi i difetti dell’oggetto di partenza e far capire bene il metodo con cui avviene questo genere di progettazione, senza soffermermi troppo sull’estetica, che rappresenta, a mio parere, un passo successivo. Infatti l’immagine di sistema del rubinetto a pedale non era efficace per due motivi essenziali. Il primo è il modello concettuale dell’utente, che generalmente immagina il funzionamento di un rubinetto tramite manopole o miscelatore, meccanismi solitamente posti sulla parte superiore dell’oggetto: da qui la scarsa immediatezza nell’osservare la sua parte inferiore e risolvere il “mistero” del funzionamento. Il secondo motivo riguarda la forma

Il breve esempio mostra che l’espediente della flow chart si rivela nuovamente uno strumento utile per comprendere le modalità di interazione. Analizzando il modello concettuale dell’utente tramite una flowchart delle interazioni, è infatti possibile imparare a comprendere meglio quali siano gli errori di progettazione del designer e trovare una soluzione riguardo al modo migliore per rendere usabili e comprensibili gli oggetti progettati. Se tutti i progettisti tenessoro conto in maniera sistematica dell’utente, le persone avrebbero una vita più semplice e piacevole.


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del lavandino. Il pedale è posto in terra ma è quasi un oggetto a sé stante: non sembra far parte del lavandino. Per questo motivo, ho pensato che, enfatizzando la continuità fra lavandino e pedale, fosse più chiaro per l’utente riuscire a comprenderne il funzionamento. La nuova forma del pedale è stata ispirata a quella dei secchi per l’immondizia, il cui utilizzo appare semplice e immediato data la continuità della forma. Così è possibile creare una nuova flowchart per l’oggetto, che risulta essere sicuramente più chiara e meno caotica.

START GUARDA IL LAVANDINO

È CERTAMENTE UN LAVANDINO IL CUI RUBINETTO SI AZIONA CON IL PEDALE SUL PAVIMENTO

PREMI IL PEDALE

SI

ASCIUGA LE TUE MANI

LE TUE MANI SONO PULITE?

END

NO


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L’utilizzo della metafora Semplificare concetti complessi Come abbiamo visto dagli esempi che riguardano il modello concettuale, le persone sono naturalmente portate a crearsi un’idea sul funzionamento degli oggetti che hanno di fronte. Come abbiamo visto spesso il modello mentale del progettista non coincide con quello dell’utente e questo comporta confusione nell’approccio con gli oggetti. Quando un interaction designer si accinge a progettare l’interfaccia di un oggetto complesso (come ad esempio l’interfaccia di un computer, o un’applicazione per smartphone) si trova il più delle volte a considerare l’utilizzo di una metafora, al fine di rendere più intuitivo e semplice il funzionamento del dispositivo. La metafora, è una figura retorica molto utilizzata nel linguaggio comune anche per esprimere concetti complessi. Basti pensare all’espressione “il tempo vola” che crea un collegamento metaforico tra il concetto di tempo e l’azione del volare tipica degli uccelli, utilizzata con il significato di “andare molto veloce”. La metafora ha il grande potere di rendere molto chiaro ed efficace il significato di concetti astratti e complessi, poiché li associa a qualcosa di molto concreto e conosciuto. Essa si dimostra così, molto utile nell’interaction design soprattutto nella progettazione di interfacce per le nuove tecnologie. La metafora diventa dunque uno dei punti chiave del progetto dell’interazione, soprattutto ai giorni nostri, dal momento che la complessità della tecnologia ci impedisce di comprendere a fondo il funzionamento delle cose, ma ci permette di utilizzarle grazie alle metafore delle proprie interfacce. Nell’esempio che segue ho cercato di rappresentare attraverso la metafora del treno, un sistema complesso e articolato come il sistema economico di uno studente fuori sede.


IL TRENO: metafora del sistema economico di uno studente universitario

PASSEGGERI E VALIGE: I PASSEGGERI SENZA VALIGIA (I PENDOLARI) rappresentano le entrate saltuarie dello studente (piccoli lavori occasionali).

I PASSEGGERI CON MOLTI BAGAGLI (LUNGA PERCORRENZA) rappresentano i soldi che la famiglia da regolarmente allo studente per il sostentamento mensile.

LE STAZIONI / FERMATE DEI TRENI: PICCOLE CITTÀ DI PROVINCIA spese giornaliere GRANDI CITTÀ spese periodiche più cospicue come l'affitto, le tasse universitarie, l'abbonamento del bus/vaporetto CAPOLINEA Tassa di laurea

CONTROLLORE: rappresentano i controlli periodici del padre alla situazione finanziaria dello studente: il controllo delle spese che lo studente fa.

RITARDO DEL TRENO: rappresentano la crisi economica che ritarda il sistema monetario e qualche volte anche la vita stessa dello studente.


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Intervista Scoprire e capire le necessità dell’utente

ROSANA PEGORARO Professione: interprete di lingua portoghese; Età: 50 anni; Mi parli del suo lavoro R:”Sono di origine brasiliana e il mio lavoro è quello di fare l’interprete di lingua portoghese. Quando vengo contattata dall’agenzia per svolgere l’interpretariato, mi capita spesso di prendere l’aereo per andare in Brasile. Questa è la parte più divertente del mio lavoro ma anche quella che mi mette più ansia”.

Come abbiamo visto fino ad ora la professione dell’interaction designer, non è una cosa semplice. Per iniziare un progetto bisogna tener conto di numerosissimi fattori. Sapper nel suo libro “Design dell’interazione” (2007, cap. 2, pag. 24), individua l’inizio di un progetto in due ragioni principali: nei casi in cui qualcosa non funzioni o qualcosa non esista. Per rendersi conto dei problemi di progettazione e da qui, iniziare a lavorare, l’interaction designer ha dunque bisogno di rapportarsi alle persone. Questo rapporto si basa, come sostiene Bill Moggridge (Designing Interactions, 2006, cap. 10, pag. 653), sulla loro osservazione e comprensione: “designers have to understand basic human factors”. Le persone infatti, che siano colleghi, utenti, stakeholders, oppure estranei che hanno avuto esperienza in quella data situazione, offrono innumerevoli input per riflettere in maniera preliminare sul progetto. Il designer può apprendere moltissimo dalle interviste a queste persone e avere numerosi spunti progettuali dalle loro opinioni. L’utente, la persona a cui il progetto si rivolge, deve sempre essere in primo piano poiché nessuno meglio di lui conosce i propri bisogni. Per comprendere l’importanza dell’intervista nel progetto, in queste pagine ne propongo un esempio. Ho realizzato un’intervista ad un’interprete di lingua portoghese (di cui riporto solo i pezzi più significativi) che è solita viaggiare molto per lavoro. Dall’intervista sono emersi cinque spunti molto interessanti per la progettazione. Le ansie dell’utente, le sue paure e preoccupazioni potrebbero infatti essere il punto di partenza per numerosi progetti, tutti motivati dalla volontà di rendere migliore la sua vita e quella delle persone che svolgono la sua stessa attività.


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R: "Viaggiare in aereo non mi preoccupa anche perché ci sono abituata ma non sopporto l'aria condizionata perché mi fa sempre venire mal di gola. Nel mio lavoro la voce è fondamentale e non posso avere mal di gola, altrimenti le persone non mi capiscono. Mi mette molta ansia il pensiero di perdere i biglietti o il passaporto. Quello si che mi spaventa!".

R: “Il problema del mio mestiere è quello di dovere essere sempre al 100% anche dopo un lungo viaggio! Per fare l'interprete devi sempre essere impeccabile ed elegante anche dopo ore di viaggio e devi decidere bene cosa indossare perché spesso hai solo il bagaglio a mano."

R: "Un'altra cosa che non amo dell'aereo è il cibo che ti portano per cena, quando viaggio di notte. Mi piacerebbe sapere che ingredienti utilizzano… I sedili della seconda classe sono spesso stretti e se poi capito vicino ad una persona grassa rischio di non dormire tutta la notte ed essere nervosa l'indomani. Nel mio lavoro devo essere molto paziente e rilassata altrimenti non riesco a esprimermi al meglio."


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Conclusioni Questo piccolo libro rappresenta una summa riassuntiva dei concetti base dell’interaction design disciplina, come abbiamo visto, trasversale e utile per qualsiasi tipo di progetto riguardante l’uomo. Osservando gli oggetti di ogni giorni ci accorgeremo di quanto sia diffuso il cattivo design e di quanto le persone si sentano incapaci e frustrate difronte ad un oggetto che non comprendono. Il nostro compito di designer è creare oggetti utili, belli, ma soprattutto usabili e comprensibili. Per fare ciò è necessario prima di tutto analizzare gli oggetti esistenti e i loro difetti per comprendere la loro interazione con l’utenza. Una volta svolte tutte le possibili analisi sul problema entrerà in gioco la nostra fantasia che può dimostrarsi fondamentale nella risoluzione del problema. Infatti, come abbiamo visto trovare una metafora può servire al designer per convertire un progetto complesso in un oggetto semplice e divertente da usare. Ma, sebbene la creatività del progettista rappresenti l’elemento magico di ogni suo progetto, è bene tenere sempre uno sguardo fisso sulla terra per ricordarsi di avere a che fare con persone in carne ed ossa. Infatti l’intaraction design in particolare e il design in generale, ha come unico scopo l’uomo e la facilitazione della sua vita. Da qui l’importanza di comprendere le persone, fare interviste e renderci conto dei problemi reali. Una volta comprese le basi concettuali dell’interaction design, con gli strumenti e i metodi da utilizzare, non c’è altro da fare se non iniziare a progettare, ma questa volta con uno sguardo più vigile e attento verso i bisogni delle persone.


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Bibliografia e fonti Maeda, John, Le leggi della semplicità. Milano: Bruno Mondadori. 2006 Moggridge, Bill, Designing Interactions. Cambridge: MIT Press. 2006 Norman, Donald A., La caffettiera del masochista. Psicopatologia degli oggetti quotidiani. Firenze: Giunti. 1997 Preece Jenny, Rogers Yvonne, Sharp Helen, L’interaction design Milano: Apogeo editore. 2004 Saffer, Dan, Design dell’interazione. Creare applicazioni inteliigenti e dispositivi ingegnosi con l’interaction design. Milano: Pearson Education. 2009 Vocabolario Treccani della lingua italiana, http://www. treccani.it/vocabolario


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Font utilizzati: titoli: Din Regular Alternate 42 pt, 23 pt; testo: Din Regular Alternate 12 pt; didascalie: Din Regular Alternate 12 pt; numeri di pagina: Din Regular Alternate 12 pt.

Palette colori:

C= 0, M= 81, Y= 85, K= 0;

C= 0, M= 7, Y= 7, K= 2;

C= 59, M= 37, Y= 19, K= 0;

C= 76, M= 60, Y= 19, K= 3;

C= 87, M= 86, Y= 35, K= 36.

Software utilizzati: Adobe Photoshop; Adobe InDesign; Adobe Illustrator.





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