L’angolo di Cyrano
Editoriali di Pino Rotta Pubblicati su La Riviera Sito web: LaRiviera online Per esprimere opinioni e commenti: E-mail: heliosmag@hotmail.com - www.heliosmag.it
L’angolo di Cirano
Reggio: Vigili Urbani al posto delle Ronde! di Pino Rotta
Ma quanti sono i Vigili Urbani a Reggio Calabria? Ufficialmente sono 185, prossimi a diventare 235. A camminare per il centro cittadino sembrerebbe che ce ne sia uno ad ogni angolo di strada tra il Corso Garibaldi e la Via Marina, traverse incluse, e l’impressione è molto vicina alla realtà se si considera che ogni pattuglia in genere è formata da due-tre agenti, che camminano riempiendo modelli per le multe. Però a guardarli bene si nota subito che non ci sono più i vigili di una volta! Infatti questi sono quasi tutti neoassunti che finalmente hanno cominciato a lavorare, buon per loro, sono pur sempre figli di questa Reggio! Comunque figli o nipoti sono lì. In una città dove il livello di inciviltà degli automobilisti è un record (non solo tra i paesi europei!) portare un pò di regole tra le soste impazzite, la movida balneare e i venditori di nzuddhi è opera meritoria. Solo che a contarli bene non sono più di 20 a girare. Ma dove sono gli altri Vigili Urbani? Perché se i lavoratori del centro città pagano multe, non solo per inciviltà ma anche perchè costretti tra i parcheggi a pagamento e l’inaffidabilità degli orari degli autobus, nelle strade di periferia sud e nord della città non se ne vede uno neanche con il lanternino! Di sera poi neanche a parlarne! Eppure noi paghiamo quasi 200 Vigili Urbani, a naso sono 5 milioni di euro l’anno senza contare le auto, il carburante, le armi, le divise, ecc! Nonostante tutti questi soldi spesi abbiamo solo il presidio del Centro Storico. Sarebbe bello capire se questa strategia è pianificata con una qualche logica o se ci sono delle zone della città che rimangono franche nell’illegalità, se non proprio consentita quanto meno ignorata. Ad esempio davanti al seminario pontificio di Modena, sul Viale Europa, in quasi tutte le traverse del Viale Calabria, Viale Aldo Moro, San Sperato, a Pentimele e ad Archi. Tutte zone dove tra l’altro il numero di atti di vandalismo e di incidenti stradali, spesso molto gravi, è costante. Ma i Vigili Urbani forse hanno altro da fare? Ne avrebbero per la verità, ma a guardare l’occupazione abusiva di suolo pubblico diffusa soprattutto nella zona Sud (ma è solo una coincidenza!), le piccole discariche di copertoni, cessi, frigoriferi, materassi e quant’altro, presenti al fianco dei cassonetti, possiamo dire che di questo certo non si occupano, nè ci risulta che si occupino di scippi e rapine, o che controllino i piccoli spacciatori a San Brunello, Sbarre, S. Anna, Ciccarello, o della repressione della devastazione delle strade da parte di ditte più o meno autorizzate che lasciano per mesi buche e detriti, tanto poi paghiamo noi….ecc. Ma allora oltre a fare le multe agli automobilisti incivili ed ai lavoratori che non possono pagare 5 euro al giorno (o 50 al mese) con uno stipendio da impiegati o da commesse, che altro fanno? Ne ho visto due che cacciavano un suonatore di fisarmonica dal Corso Garibaldi… ma molto gentilmente… erano neoassunti. Sembra proprio che a Reggio le ronde non servono a salvare la facciata della città dallo straniero invasore ci pensano loro, inflessibili ma… contenuti! heliosmag@hotmail.com 20-9-2009
L’angolo di Cirano
Passerelle di legalità di Pino Rotta
Stuprata da coetani, pestato perché gay, accoltellato per futili motivi. Siamo sempre più colpiti dagli episodi si violenza fisica ai danni di donne, omosessuali, stranieri dalla pelle scura, insomma persone che sono (o sono ritenute) soggetti deboli. Non sono fenomeni lontani da noi, ogni giorno, anche nella nostra città, possiamo assistere ad atti di violenza che diventano fatti di cronaca solo se ci scappa il morto o il ferito. Eppure questi fatti quotidiani non danno scandalo, se non in misura minima rispetto al “mostro in prima pagina” proposto ripetutamente dalla televisione. Non vogliamo fare qui un discorso sui media, invece vogliamo capire se le istituzioni locali hanno la benché minima idea di quello che accade nella nostra società, nella scuola, nella famiglia. Di quali sono i motivi che stanno alla base di questo tipo di violenza. E questa domanda di comprensione deriva dal fatto che proprio queste istituzioni locali continuano a propinarci costose passerelle di politici ed uomini in divisa in occasioni ormai consunte che si autodefiniscono “educazione alla legalità”. Per certo è sempre utile sapere che un libro viene pubblicato e ci spiega cosa è la ‘ndrangheta e si spera che questi libri vengano letti da molte persone, ma qui il fenomeno è diverso. Può concernere la cultura mafiosa ma non appartiene a questo ambito criminale. Atti di violenza fisica, il possesso di armi, legalmente o illegalmente detenute nel contesto è poco rilevante, atti di vandalismo contro un monumento o un edificio pubblico o nell’ambito di un evento calcistico, sono la manifestazione simbolica di una cultura più diffusa e radicata alla cui base c’è la negazione dell’altro ed il perverso ma reale bisogno di affermare la propria esistenza, il proprio esserci nel presente. Per riconoscere e poter intervenire su questa realtà bisogna smetterla con le barzellette sull’educazione alla legalità in cui gli “esperti pontificano” davanti ad un pubblico interessato solo alla presenza delle telecamere e di quello che si ritiene essere il vip del momento, è necessario mettere in atto delle serie iniziative di studio dei linguaggi e dei comportamenti premonitori di questi fenomeni e destinare risorse economiche ed umane per guidare un processo di consapevolezza di questi segnali. Questo può essere fatto nelle scuole, ma occorre anche coinvolgere personale qualificato e le famiglie, ma può essere fatto anche in ambiti più da “adulti” come uffici pubblici di varia natura. L’importante è capire che il problema è serio e va affrontato con serietà non con la superficialità consueta della “cultura dell’immagine”!
13-9-2009
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L’angolo di Cirano
Università senza luce? No comincia il futuro! di Pino Rotta
Comincia a calare la temperatura e, neanche il tempo di spegnere i condizionatori d‘aria fredda, che anche le aule dell’Università Mediterranea a Vito devono pensare ad accendere i riscaldamenti. Una bella botta ai già magri bilanci dell’Ateneo e francamente quando ho scoperto che tutta la cittadella universitaria va ancora a gasolio e non è allacciata alla rete del metano sono rimasto un pò interdetto. Non riuscivo a credere che la più importante istituzione culturale della città, quella che da sempre propugna la lotta all’inquinamento potesse aver scelto di continuare a bruciare gasolio con i ben noti effetti inquinanti ma anche con costi significativamente più alti. Lo confesso sono pregiudizialmente portato a pensare bene della nostra Università, un pò perché la conosco, un pò perché “spes ultima dea” in questa società della vacuità, pertanto mi sono messo in testa di indagare ed ecco scoperto l’arcano. Da ottobre di quest’anno la Cittadella universitaria di Vito manderà in appalto un impianto fotovoltaico da 1Mw di potenza, il tutto a costo zero per l’Università! Come dire: oltre a predicare razzoliamo anche bene. Certo non ci aspettiamo di vedere i pannelli fotovoltaici sui tetti dell’Università tra un paio di giorni, anzi, come è costume in questa città, ci aspettiamo di vedere quanti e quali problemi sorgeranno per passare dalla proposta progettuale all’accesa della prima lampadina ma la serietà e la dimensione dell’operazione ci impone una vigilanza democratica sulla realizzazione di opere di questo genere. Ma c’è di più. Il progetto prevede una concessione ventennale dell’impianto all’impresa che realizzerà il progetto, il risultato in termini di produzione di energia dovrebbe dare l’autosufficienza alla Cittadella universitaria e realizzare un surplus di guadagno per l’impresa. Inoltre come farsi sfuggire l’occasione proprio “in situ” di poter effettuare anche ricerca e didattica sul campo
11-10-2009
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L’angolo di Cirano Politica: BRAVO PIETRO! Controllori e controllati di Pino Rotta
Sono settimane che ogni volta che vedo in televisione quella pubblicità del maggiordomo che arriva risolve e poi, battendosi la mano sulla spalla, si consola dicendo “Bravo Pietro!” non so perché ma mi vengono in mente i politici nostrani. Per esempio da più di un anno si fa un gran baccano sulle sferzanti e ripetute dichiarazioni del ministro Brunetta sui cosiddetti “fannulloni” eppure non tutti si rendono conto che questa polemica è una sceneggiata ben congeniata per chiudere la borsa per i lavoratori delle pubbliche amministrazioni nazionali e locali (in effetti è Sacconi che passa ai fatti!). Posto che risulta difficile (anche se non impossibile!) pensare che il ministro Brunetta non sappia di quello che parla, chiediamoci in base a quali parametri si definisce un lavoratore fannullone? Ne proponiamo un paio (la proposta è supportata scientificamente ma non pretendiamo di ergerci a professori in materia!): il primo è il gradimento riscontrato dai cittadini che usufruiscono di un servizio (customer satisfation), il secondo è la valutazione della produttività, cioè la resa in termini economici o il miglioramento della qualità di un servizio. Brunetta non lo sa, ma… L’indice di gradimento, molto sponsorizzato da Franco Bassanini che oggi lavora in Francia per il Presidente Sarkozy, in Italia le amministrazioni pubbliche, centrali o locali che siano, si guardano bene dal sondarlo e quando lo fanno cadono nel ridicolo distribuendo dei fogliettini con domande che nessuno mai prederebbe sul serio in un’analisi oggettiva, se lo fanno è per potersi dire “Bravo Pietro!”. Ma “Pietro” è ancora più bravo quando si tratta di valutare la produttività! Brunetta non lo sa, ma… Nelle pubbliche amministrazioni centrali è in vigore il sistema della “autovalutazione”, cioè i dirigenti che sono chiamati a fissare gli obiettivi da raggiungere a fine anno decidono quanto sono stati bravi nel raggiungere lo scopo e quindi beccarsi decine di migliaia di euro di indennità, questo sistema, con l’accordo sindacale, viene esteso a tutto il resto del personale che però si deve accontentare di somme tra il 5 e il 10% rispetto a quelle dei dirigenti, ma siccome a caval donato non si guarda in bocca, perché protestare… Di peggio succede negli Enti locali dove esistono i Nuclei di valutazione, composti da esperti ben pagati nominati dai politici di turno. Sono loro che devono valutare i risultati di una dirigenza che Bassanini voleva preparata e indipendente dalla politica ed invece si accomodata sulla produttività formale: basta avere le carte a posto se poi le cose non funzionano nessuno ne ha colpa. Inoltre con questo espediente il politico decide indirettamente quali sono i dirigenti da premiare e quelli da castigare, ma in base alla fedeltà personale non certo alla competenza. Fannulloni non si nasce si diventa! E’ questo il sistema che divora le nostre finanze pubbliche producendo solo il malcontento dei cittadini. Nel paese dei conflitti di interesse i controllati sono anche i controllori di sé stessi. Bravo Pietro! 27-9-2009
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L’angolo di Cirano
Il cemento in testa di Pino Rotta
Reggio Città metropolitana, città turistica e testa di ponte dell’Europa nel mediterraneo… Sembra un programma da favola e invece è solo il programma delle favole! Non è una novità che in tutta l’Europa, da almeno 20 anni le città cominciano a svuotarsi e si ripropone una sorta di controesodo verso la campagna. Ci sono studi interessanti sul perché questo accade. Studi che certo a livello universitario anche in riva allo Stretto sono ben conosciuti, di questo siamo certi avendo vissuto la storia dell’ateneo reggino e soprattutto della facoltà di architettura. Eppure se guardiamo ai progetti che il Comune di Reggio Calabria si appresta a realizzare (senza però dirci quale è il rapporto costi-benefici sia economici che sociali!) dobbiamo aspettarci da qui a dieci anni montagne di cemento armato da Pellaro a Catona e soprattutto nel cuore della città. Fanno bene i nostri amministratori a mandare i nostri ragazzi in Spagna a conoscere un paese che negli ultimi 20 anni ha conosciuto uno sviluppo turistico travolgente anche se praticamente concentrato sulla costa da Barcellona a Cadice. Fanno bene perché i nostri ragazzi forse si informeranno del fatto che ormai da cinque anni i prezzi delle case (Barcellona esclusa) sino caduti in picchiata e nonostante questo non si riesce a venderle! Perché? Troppo cemento sulle coste, chi ha soldi da spendere compra in campagna lontano dall’inquinamento, dai rumori e dagli speculatori. Ma non c’è bisogno di andare all’estero per capire come vanno queste cose. In Italia le regioni più ambite sono la Toscana, l’Umbria, le Marche ed il Trentino, sia per il turismo che per andare a viverci. La forza di queste Regioni? Cemento ZERO! Riqualificazione dei centri storici, valorizzazione degli antichi mestieri, ampliamento del verde urbano e una politica dei trasporti che punta sul trasporto pubblico e sull’energia pulita. A Reggio invece cemento e pilastri come se piovessero dal cielo! Certo tutti stiamo pensando che attorno a queste scelte ci sono gli interessi degli speculatori, della ‘ndrangheta e dei corrotti, ma a me pare che si sia toccato un fondo ancora più fondo. C’è la resa incondizionata dei professionisti e dei cosiddetti “intellettuali” alla causa della pagnotta. O meglio “pochi, maledetti e subito!”. Logica suicida e per non pochi motivi. Prima di tutto per quanti cantieri si possano aprire questi non basteranno mai a dare lavoro e sicurezza a professionisti e manodopera se non in media per due-tre anni a testa. In secondo luogo mentre il resto del mondo occidentale va nella direzione del verde a Reggio si apriranno cantieri che martorizzeranno la città per i prossimi dieci anni se tutto va bene (vedi autostrada Salerno-Reggio Calabria o i lavori per la metanizzazione). Terzo questa politica dei cantieri avrà ripercussioni gravissime sul traffico e in definitiva sulla qualità della vita in una città che certo già oggi non può vantare eccellenze in questo campo. Intanto però… state tranquilli… i turisti rimarranno in fila ad aspettare che tutto questo finisca e poi, tra dieci anni, si precipiteranno a frotte nella nuova Città Metropolitana, tanto più che potranno anche vederla dall’alto, da lontano, andando in Sicilia, sul Ponte…. Già anche quello è fatto di cemento armato e squarcerà la costa più bella del Mediterraneo! 8-11-2009
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L’angolo di Cirano
Al congresso ti “riconfermo”! di Pino Rotta
Non so se qualcuno ci fa più caso, ma ogni tanto leggiamo comunicati trionfali di segretari e segreterie di partiti, sindacati o associazioni che “celebrati” i loro congressi annunciano i nuovi eletti. Ora c’è un problemino che forse ai più sfugge o, molto più probabilmente passa nell’indifferenza, cioè sono almeno venti anni che i “nuovi eletti” sono sempre gli stessi! Sarebbe più onesto parlare di riconferme più che di elezioni, in molti casi di mandato a vita ed in qualche altro di incarico ereditario familiare! Si fa presto a predicare di rinnovamento, nuove generazioni, pari opportunità, l’esperienza ci dice che una volta preso possesso di una poltrona scatta la sindrome di Napoleone: “Dio me la data, guai a chi me la tocca!”, anche per le donne sempre più spesso la frase si riferisce alla “poltrona” (crisi del femminismo?!..). Se guardiamo questo fenomeno dal punto di vista della democrazia il problemino diventa un problema gigante. L’assuefazione alla riconferma delle stesse persone nello stesso incarico, o al massimo di un cambio di poltrona o di parenti e affini, ha di fatto precluso la rappresentanza democratica, che in una realtà come è quella di Reggio Calabria già molto compromessa per la presenza della ‘ndrangheta, si traduce di fatto nella riduzione del potere politico e amministrativo nella mani di poche famiglie. E come se non bastasse lo scandalo che non scandalizza più, questo stato di cose porta verso una gestione sempre più mediocre della cosa pubblica, perché, quando gli interessi sono concentrati per anni nelle mani di poche famiglie e persone, raramente ci si avventura verso il miglioramento, piuttosto si tende a non rompere gli equilibri per non rischiare di perdere la poltrona che può essere grande come la presidenza di un Ente o piccola come lo sgabbelino di un portaborse. Il merito non conta contano gli interessi privati di chi ha in mano i soldi della cittadinanza e li gestisce per sé. Nell’ombra di questo meccanismo forse mancano ancora un paio tasselli da illuminare: il mito dei giovani e delle donne. Dopo anni di assuefazione a questo sistema a gestione “familiare” delle istituzioni democratiche pubbliche o private ma che gestiscono interessi pubblici, dopo che il merito è diventato una dote da “fessi” è difficile che i figli, le figlie o le mogli o altre parentele di nuova generazione siano migliori dei vecchi, in genere sono peggio perché, a differenza dei vecchi, i giovani non hanno l’esperienza ed in genere le donne sono, nella maggior parte dei casi (rare eccezioni confermano la regola!) dei maschi in gonnella. Cioè sono perfettamente coerenti con questo sistema di potere, annullando di fatto la tanto decantata differenza di genere. Quindi quando leggete titoli: “Eletto il nuovo….”, un consiglio: controllate se è veramente nuovo o è solo lavato con Perlana! 4-10-2009
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L’angolo di Cyrano
Commesse sempre giovani e belle di Pino Rotta
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Di recente Il Sole 24ore ha pubblicato uno studio sul reddito degli italiani e, come spesso succede, la Calabria fa notizia. I Calabresi spendono più di quanto guadagnano! Bella novità, si dirà, siamo pieni di debiti! E’ vero nell’indagine è stata presa in considerazione questa condizione, così come pure il fatto che ci possano essere entrate da stranieri (turisti o emigranti che mandano qualche risparmio alle famiglie) ma non ci siamo lo stesso. Perché se è vero che tutti gli italiani consumano più di quanto guadagnano (la media nazionale è di circa il 19%) in Calabria il rapporto è abnorme: l’80%! Cioè l’ottanta per cento di consumi più di quanto sia il reddito dichiarato procapite. Di questo 80% una grossa parte è evasione fiscale, cioè per dirla con parole semplici: una minoranza calabresi (in genere a reddito fisso da lavoro dipendente) che paga le tasse mantiene la minoranza che evade e non le paga. La qualità dei servizi è sproporzionata rispetto alla spesa (diciamo che una metà è colpa della mala gestione ma l’altra metà è colpa della carenza di soldi!). Noi paghiamo per avere scuole che non cadano a pezzi, le strade pulite non la spazzatura che rimane ad invadere strade e marciapiedi, paghiamo per avere l’acqua potabile e invece dobbiamo comprare quella minerale, ecc. Inoltre tutto il mercato, soprattutto nella città di Reggio Calabria, è drogato da un’economia sommersa che non è fatta solo di evasori fiscali ma da un sistema diffuso di illegalità che rende la qualità della vita dei cittadini molto al di sotto di quella che dovrebbe avere un paese civile. Prendiamo i costi dei prodotti di prima necessità (ad esempio quelli alimentari), basta guardare le etichette e vediamo che di Calabrese c’è poco o niente, nemmeno i mostaccioli (‘nzuddhi per i diversamente parlanti!) prodotto tipico è fatto con ingredienti fatti in Calabria, la farina che si usa l’impasto la compriamo da altri, così, pur avendo acqua in abbondanza, l’acqua minerale la portiamo dal nord Italia. Tutto quello che compriamo è un salasso per le nostre tasche e un affare per il nord ed altre aree produttive anche estere. Con i gentili omaggi e ringraziamenti della ‘ndrangheta che ha abolito il libero mercato! Ma non sono solo le merci ad avere prezzi imposti, anche le persone hanno prezzi imposti! Ad esempio la media del salario di una commessa di un qualunque negozio è di 500 euro al mese (quasi sempre in nero, senza contributi per la pensione e per la sanità!) per dieci ore di lavoro al giorno! Per questo le commesse sono sempre giovani e carine! Perché con 500 euro al mese in nero non ci arrivano ad invecchiare in quel negozio! Ora ci aspetteremmo che una situazione conosciuta da decenni da tutti, sindacati, forze dell’ordine, camera di commercio, associazione dei commercianti e degli esercenti, inps, ispettorato del lavoro, ecc., qualcuno intervenisse, invece tutto resta immobile! Qualcuno azzarda a dire che se si interviene poi le commesse vengono licenziate… a me sembra una balla! Le commesse già ora sono “a scadenza”! E’ una scusa per giustificare una diffusa mentalità illegale, spesso fatta di connivenze! Se si interviene sul lavoro nero anche le commesse finalmente cominceranno a poter reclamare qualche diritto e magari si vedrà qualche classifica del Sole 24ore dare ogni tanto qualche buona notizia sulla Calabria. 18-10-2009
L’Angolo di Cyrano
Primarie PD: i bulgari ci guardano con nostalgia! di Pino Rotta
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La libertà è partecipazione, così cantava l’indimenticabile Giorgio Gaber. E non ci sono dubbi la gente alle primarie del PD ha partecipato in misura superiore alle aspettative e superando le difficoltà organizzative che hanno creato un pò di confusione sul dove, come e quando votare. Questo è il dato più importante di questo evento, la voglia di partecipazione esiste ed è ancora in grado di emergere. Dentro questo quadro emerge un dato tipicamente calabrese e reggino in particolare: la personalizzazione del rapporto tra elettore e capo corrente. Non c’è dubbio che il risultato di Bova e poi di Loiero sia stato clamoroso. Ci chiediamo perché, visto il risultato, non possa essere proprio Peppe Bova il prossimo candidato a Presidente della Giunta regionale calabrese? Insomma c’è del merito nella capacità di questi due esponenti politici nell’avere saputo intessere rapporti così intensi con il proprio elettorato ma questo non ha impedito la clamorosa disfatta elettorale alle passate elezioni a Sindaco di Reggio e non assicura certo la vittoria del centrosinistra alle prossime regionali. D’altra parte la mancanza di contatto con la base elettorale ha penalizzato uno dei big della politica come Marco Minniti, un risultato scontato anche questo e anche se Minniti e Caminiti si presentavano con idee di rinnovamento e personale politico nuovo e valente i pochi punti in cui il messaggio è permeato non sono serviti a fare dei due franceschiniani altrettanti trascinatori di voti. Certo, andreottianamente parlando, il potere logora chi non ce l’ha e in una terra come la nostra dall’elettore è più facile sentirsi chiedere un “che può darci?” più che un “che vuole fare?”. Di sicuro non è colpa di Peppe Bova se quasi mezzo Consiglio regionale è sotto indagine giudiziaria e qualcuno già condannato, ma per noi che siamo degli irriducibili idealisti questo fatto è ancora scandaloso e ci aspettiamo che ci sia un reale cambiamento. Sotto questo aspetto i risultati delle primarie PD, nella percentuale bulgara tipicamente calabrese, appare più un segnale di continuità che di cambiamento. L’ideale sarebbe un giusto equilibrio tra realismo politico e progetto di cambiamento. E mentre ciò accade all’orizzonte c’è il “vecchio che avanza” con il nascente o redivivo (mai morto per la verità!) leghismo del Sud, malsana idea di una forma di leghismo meridionale che non si sa bene in quali meandri affonda le sue radici e che, sotto varie formule e nomi, da circa venti anni, periodicamente si ripropone. Intanto questa fase, che solo in provincia di Reggio Calabria ha coinvolto più di 35 mila persone, si conclude e, con tutti i suoi limiti, lancia una sfida importante alla destra: una nuova forma di politica è possibile, sarà in grado la destra di raccogliere la sfida? Non ci aspettiamo sconvolgimenti nei prossimi sei mesi ma qualche segnale di dignità personale da parte sia degli elettori che della classe politica…. Almeno quella!.... 31-10-2009
L’angolo di Cyrano
LA LESBICA E IL RE DI SVEZIA
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di Pino Rotta
Si chiama Eva Brunne, ha 55 anni, è lesbica, è legalmente sposata con un’altra donna che gli ha dato un figlio che oggi ha tre anni. Cosa può esserci di più particolare in questa notizia? Molto! Infatti la signora Brunne è la nuova Vescova di Stoccolma (eletta con 412 voti contro i 365 andati al reverendo Hans Ulfvebrand) ed è sposata con una donna che fa anche lei di mestiere la pastora nella chiesa dei cristiani luterani svedesi che sono oltre il 75% della popolazione. Alla cerimonia di insediamento della Vescova, a rendergli omaggio, c’era la famiglia reale di Svezia, nonostante il fatto che in Svezia non ci sia, come è in Italia, una religione di Stato. E come se non bastasse in Svezia i vescovi luterani vengono eletti dai fedeli, prendono uno stipendio e vanno in pensione, sempre con i soldi dei fedeli e non dello Stato. Già queste poche notizie marcano la differenza di concezione tra le numerose culture cristiane e pone un serio interrogativo sul significato del concetto “radici cristiane” che il Vaticano vorrebbe vedere scritto nella Costituzione dell’Unione Europea. Già perché nessuno ha ancora spiegato a quali radici cristiane, di preciso, occorra fare riferimento. A meno che il Vaticano non ritenga che il suo cristianesimo sia “più” cristianesimo di quello dei luterani tedeschi, svedesi, norvegesi, finlandesi, olandesi, svizzeri, islandesi e di quasi metà dei nuovi stati dell’Europa dell’Est, solo per rimanere in Europa. Di certo c’è che le comunità cristiane protestanti sono governate con sistemi democratici e liberali mentre quelle cattoliche sono rette da una monarchia assoluta e conservatrice. A questo punto vorrei fare un “mea culpa” (tanto per restare in tema…): da modesto scribacchino della comunicazione, ho forzato sul titolo per attirare l’attenzione dei lettori. Me ne vergogno un poco e mi scuso. L’unica attenuante è che purtroppo la notizia apparsa sulla stampa italiana non è che una donna, eletta e pagata dai fedeli della sua chiesa sia diventata Vescova di Stoccolma ma che è “lesbica”! Francamente, da “anche cristiano” che non ha l’abitudine di frequentare parrocchie, non avrei messo mano a quest’articolo se non per la stizza che mi da vedere squallidamente violata la camera da letto delle persone anzicché entrare nel merito di questioni ben più importanti. E’ più importante per la gente la vita sessuale di un sacerdote o quali sono i principi spirituali e con quali mezzi questo si propone alla gente. E’ più democratico e liberale non imporre a nessuno la presenza di un crocefisso in una scuola o ufficio pubblico o gridare allo scandalo perché la Corte Suprema europea ha riconosciuto che quest’atto viola il rispetto della dignità delle diverse concezioni di vita a cui ogni cittadino europeo ha diritto? Siamo proprio sicuri che senza i 20 miliardi di euro l’anno che gli da lo Stato italiano la chiesa cattolica sarebbe così pesantemente presente nelle scelte private e politiche degli italiani? Quanti sono gli italiani disposti, di tasca propria, a pagare la pensione di un parroco? No, queste domande sono blasfeme, le ritiro! Fa può comodo buttarla sul sesso, giocando sull’emotività della gente! E allora vai con i trans e la vescova gay! 15-11-2009
L’angolo di Cyrano
Legalità: un modello fallito di Pino Rotta
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San Luca. A San Luca la squadra di calcio locale mette il lutto formale e pubblico in onore del boss della ‘ndrangheta. Qualche tentativo di minimizzare la cosa più che inutile è stato patetico. Così si esprime la cultura popolare nella nostra provincia, e in molte realtà è maggioritaria. Eppure sono due decenni che facciamo convegni, musei, parate, dibattiti, spendiamo soldi pubblici per la cosiddetta “educazione alla legalità”, se ancora siamo a questo punto è un segno evidente (ma per gli specialisti dovrebbe esserlo da tempo!) che l’azione di contrasto culturale nei confronti della devianza criminale è stata un fallimento. Possiamo discutere sull’entità del fallimento ma non credo che si posso negarlo. Chiedersi perché un gruppo di ragazzi rende onore ad un criminale che dissemina morte con droga e traffici di ogni tipo anziché ribellarsi e rabbrividire per quelle stesse attività criminose è il primo passo per cercare di capire in che cosa il contrasto culturale alla devianza si è mostrato inadeguato. La prima risposta che verrebbe da darsi è che appare chiaro che persiste una cultura del “noi e loro” in cui “noi” sarebbe la comunità, il clan familiare o anche il branco e “loro” rappresenterebbe lo Stato, le istituzioni o il branco rivale. E’ brutta questa considerazione, non c’è dubbio, però questa è la realtà. Accade a livello internazionale dove si attacca militarmente l’Iraq e anziché fermare il terrorismo si espande il suo consenso popolare. Accade nei quartieri delle città, nei condomini e nelle scuole dove l’aggressività prevarica le regole di civiltà. Se lo Stato si presenta in divisa nelle scuole per insegnare ai ragazzi che cosa è la legalità, se la televisione ci bombarda con serie appassionanti (qualche volta anche istruttive) del tipo La Piovra, La Squadra, C.S.I., ecc. in cui si esaltano modelli di competizione frontale e violenta, l’effetto che si ottiene è una piccola e fragile consapevolezza formale ma, contemporaneamente a livello emotivo, scatta potente l’effetto attrattivo dell’azione, del gioco dei ruoli, della scelta di campo. E a questo punto il discorso si complica. Cosa sceglie un adolescente? Come fa un adolescente a scegliere di schierarsi con lo Stato ribellandosi alla propria famiglia, al gruppo dei pari, ai riti di passaggio da ragazzo ad adulto? La politica e spesso anche uomini delle istituzioni locali e nazionali non danno certo un buon esempio. Se la scelta è da che parte stare in una visione di solo scontro violento e militare, dove tu non sei un “soldato dello Stato”, non ti rimane che diventare “soldato dell’Antistato” con il vantaggio che quest’ultima posizione ti fa intravedere una prospettiva economica (illegale, suicida, catastrofica ma concreta!) mentre dall’atra parte, se l’unica alternativa è indossare una divisa che non tutti possono o vogliono indossare, ti aspetta l’incertezza del futuro. A tutto questo si aggiunga che il messaggio che arriva dalla politica da almeno venti anni è un messaggio che incoraggia la furbizia e la ragione del più forte non certo la dignitosa responsabilità verso sé stessi e verso il futuro dei nostri giovani. Non è certo un modello edificante quello che ogni giorno arriva dalle cosiddette “classi dirigenti” locali e nazionali. Oggi è necessario pensare a strumenti di educazione alla civiltà che coinvolgano le istituzioni culturali, le imprese, gli ordini professionali, i sindacati, gli artisti e gli intellettuali. E se tutti quelli che pensano che l’onestà sia un valore e che la legalità sia il frutto del progresso economico e culturale, quindi una pratica e non una predica, sono minoranza? Se è così… allora: Viva le minoranze! 22-11-2009
L’angolo di Cyrano
Reggio e i suoi Trans
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di Pino Rotta
Desiderio ed ipocrisia: la chiamavano bocca di rosa. Anche a Reggio, l’ipocrisia la fa a padrona. I pareri sulla prostituzione vanno dalla condanna e disprezzo totale all’accettazione “però solo se regolamentata”. Premesso che ognuno ha il diritto di vivere la sua sessualità, consapevole e consenziente, come e con chi gli pare, nessuno mi convincerà che, tranne rarissime eccezioni, la prostituzione sia una libera scelta. Certo tra il prostituirsi e vivere di miseria e di stenti allora si sceglie, ma di fatto la prostituzione è ancora una forma di schiavitù. Con l’aggravante che ci sono molti che ritegonoe del tutto accettabile che ci siano persone che si prostituiscano mentre ritiene ingiusto che un politico accusato di collusione mafiosa debba dimettersi! L’Italia è questa, per ora ci dobbiamo accettarla! Per ora… Anche Reggio, per adeguarsi al suo status di città metropolitana, offre lo spettacolo delle “passeggiatrici” sul chilometro più bello d’Italia, dal Tempietto al Porto, e dei suoi trans nella zona storica che da oltre 10 anni è luogo di appuntamenti con il terzo sesso, la Stazione Centrale e le vie attorno ad essa. Ma se alla luce dei lampioni possiamo trovare qualche decina di prostitute e trans, per tenere fede al detto “occhio non vede e cuore non duole” sembra che non siano poche le case di appuntamento che dal centro alla periferia offrono la loro merce, cambiando l’offerta ogni fine stagione. Ma qualcosa è cambiato dai tempi di Bocca di rosa. Come per tanti altri mestieri duri e umilianti anche quello della prostituzione non piace più tanto agli italiani ed il mercato delle schiave e degli schiavi del sesso viene invaso dagli stranieri, ovviamente clandestini. Ricordo un viaggio fatto una decina di anni fa nella Repubblica Ceca, sui circa 170 chilometri di strada alberata tra Praga e Dresda, in Germania, L’orribile visione di decine di bambine tutte tra i dodici e i quindici anni che si offrivano ai “civilissimi” camionisti tedeschi, stando seminude sul bordo della strada. A parte il senso di ripugnanza provato guardando quella squallida processione, mi veniva una domanda: “dove andranno a fine queste bambine tra dieci anni?”. Ecco oggi lo sappiamo! Alcune di loro sono arrivate in riva allo Stretto in compagnia di altre sventurate bulgare, russe e romene o moldave. Non tutte le schiave vengono dall’est però. Capita di sentire parlare uno strano spagnolo in città. Non sono i turisti spagnoli che ricambiano la visita offerta dal Comune ma colombiane ospiti della ‘ndrangheta custodi di “biancaneve” che si fermano per sfruttare al meglio le proprie potenzialità. E poi ci sono loro: i trans. Sono lì, da sempre nello stesso posto, ma tutti fanno finta di non vederli. Perché è imbarazzante parlarne! La culla del cattolicesimo può accettare le puttane e i loro clienti è una tradizione religiosa che risale alle ziggurat di Babilonia, ma l’omosessualità no! Quella non si può accettare e se anche ci sono degli esseri umani che vengono sfruttati, come carne a perdere, bisogna negarne anche l’esistenza! Invisibili tranne che per quelli che ipocritamente li pagano per farci sesso per poi negarne l’esistenza. 6-12-2009
L’angolo di Cyrano
Elezioni regionali: Con chi è perché? di Pino Rotta
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La politica è l’arte di governare la realtà. E dalla realtà bisogna partire per dare risposte ai bisogni della Calabria, senza dimenticare che, se tutta la regione se la passa male, la situazione di Reggio è drammatica. Disoccupazione alle stelle, devastazione ambientale e ‘ndrangheta sono tre elementi intimamente legati l’uno all’altro e tutti insieme hanno sfaldato il già fragile tessuto sociale. Si procede spediti in Calabria con nuove pratiche di partecipazione democratica, merito di Bova e di Loiero: le primarie sono una realtà. Ma si sente parlare solo di numeri e tecniche! Dal partito Democratico, tra gli altri, non si sentono commenti chiari su quello che succede ad esempio sulla Piana di Gioia Tauro (Porto incluso) o a Villa S. Giovanni (Ponte incluso)! Le dichiarazioni che annunciano una presa di distanza strategica da Italia dei Valori sarebbero, sul piano di principio condivisibili se praticate coerentemente. Così sarebbe opportuno e istituzionalmente più corretto non candidare uomini e donne che hanno ricoperto ruoli istituzionali per loro natura “super partes” o familiari di vittime della violenza ai quali va tutto il nostro affetto, concreta e quotidiana solidarietà ma ai quali non si può attribuire a priori qualità politiche particolari. Il PD in questo non è affatto diverso dagli altri partiti sia di sinistra che di destra. Berlusconi sparla tanto di “toghe rosse” ma molto tace di “trame nere”. Se magistrati e forze dell’ordine stessero fuori dalle beghe politiche ci sentiremmo tutti più tranquilli, ma se proprio devo scegliere… toghe rosse siano, anche se faccio fatica ad individuarne tra i martiri della mafia e della ‘ndrangheta! I martiri non hanno colore! Tra un mese andremo a votare per le primarie, a quanto pare si presenterà solo il Centrosinistra e questo merito glielo si deve riconoscere. Nel Centrodestra contano ancora i “papi-padroni”! Ma prima di scegliere le persone qualcuno deve pur spiegare ai calabresi perché si deve votare l’uno o l’altro e soprattutto perché ci si deve alleare con alcuni e non con altri. Ci presenteranno in anticipo programmi e “casellario politico-morale” in regola oltre che quello giudiziario che spesso conta poco? Questo sarebbe auspicabile, ma francamente ho la più che solida convinzione che aspetteremo invano queste risposte. Nell’attesa non ci annoieremo! Seguiremo le telenovelas di Dorina Bianchi e di Cosimo Cherubino che, l’una sulla via di Damasco l’altro sul piazzale di Anagni, sono stati illuminati dalla Santa Fede, naturalmente continuando a dichiararsi coerenti e laici. Noi saremo lì a farci carico e preoccuparci del destino di questi due importanti personaggi, mentre aspettiamo di sapere chi e perché voteremo alle prossime elezioni regionali mentre accompagniamo alla stazione i i nostri giovani che continuano a partire in cerca di un posto migliore per vivere la loro vita. 13-12-2009
L’angolo di Cyrano
Integrazione immigrati? A Reggio è un fatto!
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di Pino Rotta
Nei giorni scorsi la chiesa di Spirito Santo ha ospitato un evento di grande significato simbolico ma anche di reale e concreta manifestazione dell’integrazione di cittadini stranieri che vivono nella città di Reggio Calabria. Organizzata dall’International Women’s Club, un’associazione di donne italiane e straniere, si svolta una serata di festa all’insegna della musica e della gastronomia etnica. La serata è stata animata da Elena Polevik, Annalisa Cappelleri, Cristina Mocanu, Evelyn LLoyd, América Liuzzu, con la partecipazione del Coro Evangelico. Davanti ad un pubblico di oltre duecento persone di diverse nazionalità, canti natalizi, messaggi e testimonianze letti in italiano e nelle lingue di origine hanno manifestato per prima cosa la voglia di pace e serenità che, senza distinzioni di sesso, razza e religione, ogni persona presente alla manifestazione ha espresso anche solo con il fatto di esserci. Dopo la serata musicale i partecipanti si sono spostati in un locale vicino dove era allestita una degustazione di dolci preparati dalle donne dall’International Women’s Club secondo le diverse tradizioni gastronomiche delle nazionalità rappresentate. La generosità della chiesa dello Spirito Santo ha permesso di realizzare un evento che diversamente, mancando, come in tutta la città, un qualunque luogo pubblico di incontro, non avrebbe potuto tenersi. Forse è questa l’unica nota negativa da evidenziare in quest’evento: dove va chi non vuole prendere parte ad eventi in ambienti religiosi? Risposta: per strada! Il fatto curioso è che qualche giorno dopo quest’evento, mi è capitato di assistere ad un altro e ben diverso tipo di integrazione culturale, tutta di sapore reggino! In una strada del Centro ad un certo punto il traffico si è bloccato per circa una decina di minuti. Si poteva immaginare che fosse successo un incidente o qualche altro evento accidentale del genere. Niente di tutto questo! Semplicemente una ragazza straniera, alla guida della sua Fiat 500 si era fermata in mezzo alla carreggiata e tranquillamente stava chiacchierando con un negoziante senza curarsi delle auto ferme dietro la sua né dei clacson strombazzanti che protestavano per la sosta inaspettata. Ma anche questo è un esempio di integrazione culturale! A Reggio la stragrande maggioranza degli automobilisti si comporta così, è normale quindi che chi viene da fuori a vivere in questa città si adegui alle sue abitudini, nel bene e nel male. In fondo la gente ho voglia di integrarsi per il prevalente motivo che, in genere, nessuno vuole sentirsi diverso dagli altri. 20-12-2009
L’angolo di Cyrano
Matti per la guerra! di Pino Rotta
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E’ di questi giorni la notizia che i soldati americani tornati dall’Iraq soffrono in percentuale altissima di disordini mentali e difficoltà di reinserimento nella vita civile. Non è un fenomeno nuovo, Già gli Stati Uniti avevano studiato queste coneseguenze sia dopo al seconda guerra mondiale che dopo la guerra in Vietnam. Studi seri e documentati e, vista la provenienza, non si può certo dire che fossero propaganda! E sì! Sarà anche vero che gli antimilitaristi come noi non vanno più di moda, ma i risultati della cultura del "Soldato Rayan" e del "SìSSignore! Sì, Signore!" è diventata più che uno spot televisivo del tipo "Vieni con noi e girerai il mondo!". Nella neofranchista Spagna di Aznar, solo pochi anni fa, la destra affermava la sua filosofia rispolverando vecchie teorie parascientifiche sul rapporto tra quoziente intellettivo ed idoneità ai servizi militari ed all’obbedienza in genere. Il generale Josè Luis Garcia Gutierrez, Direttore dei Servizi psicologici del Ministero della Difesa spagnolo, per risolvere il problema di avere un esercito obbediente e disciplinato propose di abbassare da 90 a 70 il coefficiente intellettivo richiesto per l’arruolamento. Diciamo subito che la media dell’intelligenza umana è compresa tra 85 e 115 su 100 e che 70 è il livello limite al di sotto del quale viene definito un ritardo mentale. Ma la proposta di Gutierrez non è una sparata "cervellotica" ma attinge a studi precisi. Dall’Università di Yale (USA) già dagli anni sessanta si studiano questi problemi. Afferma lo scienziato di Yale Stanley Milgram che è dimostrato che una persona con un alto Quoziente Intellettivo è più portata a disobbedire ad ordini assurdi di quanto non lo sia una con un QI sotto la media. E Philip Ackerman, ricercatore sull’intelligenza e apprendimento al Georgia Institute of Technology di Atlanta, a Gutierrez che sostiene che in Spagna per guidare un’auto è richiesto un QI di 70 e quindi questo può valere anche per l’esercito risponde che una persona con un QI di 70 ha un’età mentale di un bambino di 6 anni e le cronache di tutti i giorni ci fanno vedere cosa può fare un bambino con una pistola in mano. Credo comunque che la proposta di Gutierrez prima o poi passerà, magari non ufficialmente, magari con qualche circolare "interpretativa" della norma generale, tanto si sa che dentro le mura di una caserma vige il cameratismo ed il riserbo più ferreo. Gli episodi tragici dai suicidi al nonnismo sono fenomeni che ogni tanto ci ricordano quanto sia pericoloso mettere "il cervello in divisa", ma la cultura che viene da questi valenti politici e militari spagnoli dovrebbe evitare una parte del problema e lo slogan potrebbe essere "SOTTO IL BERRETTO NIENTE!". 27-12-2009
L’angolo di Cyrano
Addio alle Circoscrizioni comunali
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di Pino Rotta
Con la finanziaria approvata a dicembre tra i tanti tagli ne arriva uno che, mascherato da “esigenza economica”, azzera una battaglia e una vittoria storica dei riformisti in Italia: saranno soppresse le Circoscrizioni comunali. Pensare che a Reggio Calabria da appena un mese, dopo anni di discussioni, si era arrivati a prendere la decisione di accorpare quasi la metà delle 15 circoscrizioni per ridurne il numero e aumentare il territorio di competenza. Di questa scelta del Governo siamo certi che in pochi si lamenteranno poiché, come spesso succede in Italia, un principio buono (la partecipazione popolare al governo del territorio) è stato svilito dalla mediocrità politica che invece di esaltare la democrazia ha fatto di questo strumento una specie di ufficio di collocamento per le clientele politiche e per giunta senza alcun potere reale. Alle Circoscrizioni infatti non sono mai arrivate le deleghe per l’amministrazione diretta di servizi comunali. Per non parlare dei consigli circoscrizionali che non sono mai riusciti ad essere un vero punto di riferimento per la gente che li ha eletti. Eppure questo strumento ha cambiato, nel bene e nel male, la percezione dell’Amministrazione della città facendola sentire più vicina alla gente; facendo capire che alcuni servizi non sono elargiti per “magnanimo paternalismo” ma perché sono un diritto dei cittadini. Come per molte altre cose a Reggio Calabria, la vera svolta nella gestione delle Circoscrizione è venuta nel periodo della Giunta Falcomatà e forse la più importante è stata quella di decentrare ed informatizzare i servizi di anagrafe per il rilascio di quasi tutti i documenti. Dopo più nulla. Si poteva fare molto, anzi moltissimo ma la mediocrità ed il tirare a campare ha avuto la meglio. Si potevano ad esempio attuare i S.I.T. (sistemi informativi territoriali) e mettere in rete servizi importanti come la gestione delle condotte idriche, la manutenzione stradale o la gestione dei trasporti pubblici e privati. Si poteva programmare ed attuare una politica di decentramento degli spazi destinati ad attività sociali o culturali, magari collegandosi con le scuole presenti sul territorio. Ma di tutto questo non si è sentito neanche il rumore. E’ ovvio che se non vede benefici concreti la gente non prende in seria considerazione uno strumento di partecipazione democratica per ottenere il quale ci sono voluti quasi trent’anni di lotte e se arriva “il salvatore della patria” e dice “sono inutili e costose, aboliamoli!” anzicchè protestare e mandare a casa quelli che non si sono dimostrati capaci di dare attuazione alla necessità di modernizzare e rendere trasparente la pubblica amministrazione si ha l’effetto opposto. Si è portati a applaudire: “Come è bravo Brunetta che taglia le cose inutili!”. Piano piano, siccome la scuola non funziona, la sanità non funziona, la giustizia non funziona, il decentramento non funziona… aboliamo tutto e lasciamo che ci pensi qualcuno al posto dei cittadini. Anzi a pensarci bene anche i Comuni, le Provincie e Regioni non è funzionino tanto bene…. Non sarebbe meglio un bel Consiglio Unico d’Amministrazione, con un Amministratore Unico Delegato? Così ci togliamo il pensiero! 3-1-2010
L’angolo di Cyrano
Craxi, come Cesare, ucciso da Bruto! di Pino Rotta
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La polemica e il senso di colpa. Bettino Craxi è un capitolo ancora apertissimo della storia italiana. Chi conosce “da dentro” la storia del partito socialista italiano, quello che fu negli anni ’80, non può, senza che sia in malafede (dote abbondante nell’ipocrita politica italiana!), avere dubbi sul fatto che il sistema di potere intriso di corruzione, collusione mafiosa e tradimento dei valori socialisti sia confluito “armi e bagagli” nel cosiddetto berlusconismo. Questo fatto ha due testimoni di eccellenza sotto gli occhi di tutti: la continuazione del sistema di corruzione senza discontinuità e la presenza nei posti di sottogoverno delle stesse identiche facce di prima, più vecchie e incartapecorite ma con la stessa espressione rapace di un tempo. Come è noto dalla storia di Tangentopoli l’unico a uscirne distrutto è stato Bettino Craxi, per la sua incapacità di svincolarsi da un sistema di potere che però rimase intatto. Ma un uomo non è la storia d’Italia. Cattolici progressisti e comunisti subirono subirono una caduta meno devastante non per questo meno importante. Come sta emergendo in questi anni, a cominciare dalla mafia siciliana Craxi si era fatto molti nemici ed i più potenti erano la Chiesa cattolica che non perdonò all’italiano garibaldino la revisione del Concordato e l’alleato americano che non gli perdonò l’affronto di Sigonella e la sua politica estera di aiuti, anche economici, ad Arafat ed alla resistenza cilena dopo il colpo di stato fascista e più in generale la sua visione di una “grande Europa socialista e liberale” (molti hanno dimenticato che fu proprio Craxi a far entrare Berlinguer nell’Internazionale Socialista!). Caduto Craxi il sistema si è ricompattato in fretta sotto mentite spoglie. I falsi socialisti si sono svelati e gli ex comunisti ed ex democristiani hanno continuato il percorso iniziato da Moro e Berlinguer negli anni ’70 ed il cui risultato è il Partito Democratico di oggi. Mai Craxi avrebbe accettato di sedere accanto a fascisti e razzisti secessionisti, ma non ebbe il tempo di dimostrare che aveva ragione. Dopo Craxi i socialisti non sono stati uccisi, semplicemente si sono suicidati per l’incapacità di tenere alta la dignità del pensiero laico e progressista. Oggi quella storia che era cominciata in Italia si è riformata in altri paesi come la Spagna di Zapatero ma intanto la caduta del muro di Berlino e la rinnovata spinta del militarismo americano hanno cambiato la geografia politica del mondo e portato all’estremo i conflitti in quella parte del Medioriente che la politica di mediazione euro-mediterranea tracciata da Craxi aveva tentato di governare. Ma l’Europa forte ed unita non poteva essere accettata dagli americani che, complici Berlusconi, Blair ed Asnar, è stata relegata ad ancella dei nuovi equilibri mondiali. In Italia sono rimasti una politica mediocre contesa dai cattolici conservatori e da una classe imprenditoriale inadeguata alle sfide di una crisi economica che vede il suo teatro principale spostato sullo scenario asiatico. Sì decisamente la storia di Bettino Craxi e dell’Europa dopo Craxi è tutta ancora da scrivere, ma non sembra che ci siano molti ad avere interesse ad aprire gli armadi e tirare fuori gli scheletri. 10-1-2010
L’angolo di Cyrano
Il Compagno Fini e la stanca civiltà italiana
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di Pino Rotta
L’Italia è un paese curioso! Il Presidente della Camera esercita correttamente e nel rispetto della Costituzione le sue funzioni e proprio da destra gli piovono addosso accuse di faziosità! E’ il segno di una ormai congenita caduta di civiltà giuridica che il nostro paese sta scontando da anni ormai e che ha ripercussioni su tutto il sistema democratico italiano (se anche un paese l’Egitto si permette, giustamente, di darci lezioni di civiltà…. è quanto dire!). Ma a parte la corretta gestione della carica istituzionale il Presidente Fini da un pò di tempo si è messo a esternare con una certa fermezza pensieri di chiaro stampo liberale, imperniati su principi di laicità e diritti civili. Non è una novità questa faccia di Fini, già da Presidente di Alleanza Nazionale si era sforzato di dare un volto liberale al suo partito troppo carico dell’eredità fascista. Atti simbolici come la visita in Israele, la condanna delle leggi razziali, la presa di distanza da Mussolini, la richiesta di cittadinanza breve e di voto per gli immigrati, sono ormai agli atti della recente storia dell’uomo politico che tenta di costruire una destra moderna e liberale in Italia. A quanto pare però Fini, su questi temi, è in forte difficoltà ed in netta minoranza nel nuovo Partito delle Libertà dominato dall’asse Bossi-Berlusconi. E, crudeltà del destino, mentre cerca di liberarsi dalla memoria del Cavaliere Mussolini, si trova a sottostare ai dettami del Cavaliere Berlusconi. Proprio perché è stretto nella morsa tra il Cavaliere ed il Senatur da anche l’impressione di bleffare un pò con le parole e restare abbastanza inquadrato con i fatti. In questi due anni nessuna delle promesse fatte in campagna elettorale dal Governo Berlusconi, di cui Fini è componente di rilievo, è stata mantenuta: le tasse sono aumentate, la disoccupazione è aumentata, il debito pubblico è raddoppiato dal 2008 al 2009 e la posizione economica e politica dell’Italia all’estero è sempre più marginale. Fini avrebbe la forza, anche parlamentare, per intervenire e spostare le scelte politiche di Berlusconi e di Bossi ma si limita a fare il teorico del destra liberale e solo dopo due anni si ricorda di ammonire il Governo sull’uso dei decreti d’urgenza e dei voti di fiducia che in sostanza hanno fatto del Parlamento il notaio di Berlusconi. Certo ci vuole coraggio a dire di no, in questo caso se ti metti di traverso rischi di far cadere il governo e addirittura mandare a casa un Parlamento fatto di ignoti miracolati che non si sa da dove sono arrivati e non si sa dove andrebbero a finire con una nuova legge elettorale (che non a caso ancora non è stata fatta!). Ma il gioco dei compari prima o poi scopre le carte e Fini dovrà chiarire se il suo è un autentico tentativo di rinnovare il sistema italiano introducendo un mai esistito elemento liberale oppure se sta manovrando un amo, con la solita strategia di comunicazione a cui gli ingenui italiani sono sempre pronti ad abboccare, per tirare a campare ed arrivare a guadagnarsi il diritto di succedere “per grazia ricevuta” al Cavaliere Berlusconi. 17-1-2010
Il Posto Fisso di Tremonti: dopo 15 anni al governo finalmente ci arriva!
della serie: “come ti distruggo la vita e poi ti consolo!“ di Pino Rotta
Se dobbiamo dirlo, meglio tardi che mai! Il problema è che è tardi. Tremonti, che non scende oggi dal pero, fa finta di niente. Come se per la gente lui fosse trasparente e cancellando il fatto che sta al governo del paese dal 1994! (ed è probabile che lui ci creda!). E’ lo stesso Tremonti che ha sostenuto politiche economiche che hanno fatto diventare il lavoro “una variabile” della globalizzazione, in cui una persona e un cofano hanno la stessa funzione e quando non servono più ci si può disfare di entrambe? O è stato toccato dall’Unto del Signore e si ravveduto dei peccati suoi e del mercato selvaggio? Ma la colpa non è di Tremonti, lui ci era arrivato anche per la bolla finanziaria che ci ha fatto precipitare nella recessione. Certo ha sostenuto la guerra del petrolio in Iraq che ha portato il greggio da 32 a 105 dollari al barile in tre anni e poi lo ha ributtato giù (si fa per dire!) a 40 dollari facendo scoppiare le casse dei finanzieri e mandando sul lastrico milioni di lavoratori, però “dopo” lui ci è arrivato e ammonisce “Io ve lo avevo detto!”. Ministro!?.. Tra un giro e l’altro di poltrone, sta al Governo da 15 anni! A chi doveva dirlo che stava arrivando la crisi? E a chi viene a dire oggi che ci vuole il posto fisso? A quelli che in questi quindici anni di posti non ne hanno trovati ne fissi ne mobili? Ai trentenni e quarantenni che non possono pensare ne una famiglia ne un futuro neanche se il “suo” posto fisso lo trovassero domani? Bhè… magari con il suo di posto sì… con il suo reddito ed i suoi benefit da ministro… ma non è questo che volevo dire… volevo dire che il posto fisso, cioè la stabilità di un lavoro nella vita di una persona, non è una scelta che si fa a tavolino o per annuncio televisivo, investe l’esistenza delle persone. Una volta distrutto il sistema di produzione che metteva al centro la persona non si ricostruisce per decreto legge! Ma voglio chiudere con una speranza. Il sindacato ovviamente ha risposto a Tremonti che è sempre stato d’accordo e che chiedesse agli industriali come la pensano. Il problema è che oggi con la flessibilità (leggasi lavoratori usa e getta) come regola è molto difficile parlare di posto fisso, però visto che queste proposte non arrivano per bontà d’animo ma per calcolo politico ed economico speriamo che almeno da domani qualcosa si cominci a vedere. Ad esempio leggiamo questa posizione del ministro Tremonti come una netta e definitiva presa di distanza, non solo dalla politica di Berlusconi, ma anche da quelle di Brunetta e di Sacconi e lo vediamo più vicino a quella di Casini (quasi coerente, dico quasi visto che anche lui ha governato un bel pezzo con Berlusconi e Tremonti ed ha condiviso tutte le scelte che ci hanno portato allo stato in cui siamo). Tra lo smarcamento di Fini e quello di Tremonti, nessuno lo ammetterà ne sono certo, ma sembra che l’era berlusconiana sia arrivata al capolinea, lasciando sul terreno molti lavoratori più che flessibili “piegati a vita”! 25-10-2009
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L’angolo di Cyrano Reggio – Comune generoso con i ricchi! di Pino Rotta
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E’ l’ultimo dell’anno, il 31 dicembre 2009, e mentre tutti sono distratti e si preparano per il cenone ed i botti di Capodanno gli intrepidi assessori del sindaco Scopelliti non conoscono riposo e mettono sotto anche dirigenti e collaboratori. Alla fine però ecco il pacco per la Befana! Delibere nr. 606, 607 e 608 con le quali, memori dei sentimenti del Natale ancora così vicino, la Giunta del Comune di Reggio Calabria, con il sindaco Scopelliti e molti degli assessori che con lui si stanno prodigando per esportare il “modello Reggio” anche alla Regione Calabria, si sono distinti per atti di generosità veramente sbalorditivi! Per una spesa di ben 545 mila euro (circa 100 volte quello che riesce a guadagnare in un anno un lavoratore precario o part-time!) si sono viste prodighe elargizioni tra cui fanno bella mostra i 1.000 euro (mille!) alla Fondazione Falcomatà, lo stesso alla Associazione Italiana contro le Leucemie, mentre 16.000 (sedici mila!) agli sport equestri, 15.000 (quindici mila!) per il windserf, 10.000 (dieci mila!) agli amanti del Poker, fino, dopo discoboli e kermesse sportive che hanno avuto cifre attorno ai 20.000 euro, ad arrivare ai 45.000 (quarantacinque mila!) del Motor Show! Per un Comune che riceve ingiunzioni per morosità bisogna dire: alla faccia della generosità! Ma siamo contenti, in fondo con i nostri soldi, il Sindaco Scopelliti e la sua Giunta eletti da noi, possono fare quello che vogliono! Noi aspettiamo i risultati… A proposito che fine ha fatto la tanto annunciata pubblicazione con i dati della ricerca sul bullismo fatta dal Comitato Pari Opportunità dello stesso Comune? Anche lì vorremmo sapere se si è trattato di atto di magnanimità o di impegno effettivo e reale sul nostro territorio. Noi aspettiamo i risultati… Senza preconcetti. Infatti, per noi appassionati di ippica, sarebbe bellissimo poter dire che a Reggio Calabria il prossimo anno si terrà la FEI National Cup ed entrare nella cronaca sportiva internazionale invece che nella cronaca nera, ci convince meno la fiera di paese che chiamano Motor Show e che ci è costata 45.000 euro e meno che mai ci convince la bontà della donazione di 10.000 euro alla Poker Mania! Insomma non vogliamo fare i moralisti (sarebbe fuori moda oltre che inutile!) ma forse il segnale morale che arriva ai cittadini di Reggio e soprattutto ai giovani è che fare cultura o fare ricerca sul cancro vale 1.000 euro mentre giocare a poker o guardare le belle auto degli altri ne vale 10.000-20.000-40.000 mila e più! E se poi finita la kermesse ai ragazzi rimane la voglia di continuare a giocare con i soldi di papà? Niente paura, basta entrare in un bar o in un circolo “culturale” e lì trovi le macchinette mangiasoldi e puoi continuare a divertirti e anche indebitare… tanto qualcuno che ti presta i soldi a un tasso che “non puoi rifiutare” lo trovi di sicuro! E’ bene ripeterlo: non vogliamo fare i moralisti! Ci piacerebbe tanto però che dai nostri amministratori, con i nostri soldi si finanziassero iniziative utili ed educative, anche divertenti ma… magari… che si sappia almeno dove hanno sede quelli che le organizzano… in qualche caso non siamo proprio riusciti a capirlo. Ma di certo è colpa della nostra ignoranza. (laotze@alice.it) 24-1-2010
L’angolo di Cyrano
Non voglio né burka né veli!
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di Pino Rotta Oggi tutto è prodotto per essere consumato in giornata, usato, bruciato, buttato e sostituito con il prodotto del giorno dopo: anche la storia. È la rivincita del Bignami, della cultura fast-food, della logica del mercato che vuole prodotti "accessibili a tutti" e il serpente che si morde la coda: la gente è sempre più ignorante e superficiale e gli autori sono spinti ad andare incontro alle "esigenze del pubblico", quindi: autori sempre più superficiali ed inutili! Scusate ma non accetto questa logica! Scusate ma per leggere questo giornale dovete avere una buona cultura di base (che non è di destra o di sinistra è solo un poco di sangue e sudore buttato sui libri), altrimenti non perdete tempo vi annoiereste e basta! La storia non si inventa è sempre conseguenza di qualche evento precedente! Così quando si sente cha la Francia vuole proibire il burqa ed il chador nei luoghi pubblici, la classe politica italiana tira fuori la propria storia e si divide in dibattiti salottieri, tanto per parlare non avendo nessun interesse per la questione, mentre quando la Corte Costituzionale Europea decide che il crocefisso non deve essere esibito nelle scuole pubbliche eccoli i nostri “papalini” di destra e di sinistra insorgere e strapparsi i capelli in difesa delle tradizioni cristiane (valide solo per il 70% degli studenti delle scuole, perché con l’altro 30% non sappiamo che fare!). Ipocrisia genuflessa della politica italiana. Le decisioni europee sul burqa o sul crocefisso sono sullo stesso piano di civiltà giuridica: nessuna tradizione può rimettere in discussione anni di lotte per l’emancipazione delle donne o per la laicità delle istituzioni. Concetti liberali e, ben lo capisco che in Italia con la cultura formatasi nel fascismo, nel clericalismo democristiano e nel clerico-comunismo queste cose non si riesce a capirle. Niente è proprio un’altra lingua! Ma noi insistiamo, la libertà della donna passa anche dalla libertà di gestire il proprio corpo e la propria sessualità come meglio crede, chi dice che il burka è una tradizione dice il vero: il burka e il velo sono simboli di sottomissione delle donne, tradizione religiosamente accattata, ma sempre di sottomissione si tratta. Il velo in testa c’era anche in Italia fino agli anni sessanta, la stessa cattolicissima Italia che pensava che uccidere una donna per onore si poteva fare, la pena era di appena 5-6 anni di carcere, l’art. 587 del codice penale fu abrogato solo il 5 agosto 1981 (ma gli italiani si sa hanno la memoria corta!). E per finire, scusate, ma se dobbiamo rispettare le tradizioni, io rivendico la mia cultura magnogreca e pretendo che in ogni scuola e ufficio pubblico siano esposti falli di terracotta di misure esagerate e soprattutto intere, non solo la testa, che di quelle già in giro ce ne sono anche troppe! E che nessuno mi venga a dire che 3000 anni di culto dionisiaco valgono meno di culti che sono venuti dopo, molto dopo e che non hanno mai smesso di onorare il dio Priapo fatto uomo! (laotze@alice.it) 31-1-2010
L’angolo di Cyrano Un monumento che divide di Pino Rotta
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E’ veramente brutta! Si parla naturalmente della scultura fatta con i metalli accocchiati con una pretesa cuspide solare (almeno così ci pare… ma non ne siamo certi!). Ma aldilà dei significati simbolici che ogni artista ha il diritto di esprimere liberamente, è proprio l’opera in sé che è brutta! I metalli sono sempre da lasciare fuori da percorsi spirituali come quelli che invece può ispirare un luogo bellissimo quale è il Lungomare Falcomatà. Non sappiamo se l’opera della scultrice Cristina Carlini sia stata acquistata o affittata dal Comune di Reggio Calabria. Se fosse stata solo affittata poco male, gliela restituiamo con tanti ringraziamenti. Ma se è stata acquistata ci chiediamo da chi vengono fatte certe scelte? Che competenze hanno quelli che scelgono come spendere i nostri soldi? Non per esporre le opere che sia ben chiaro è sempre un bene ed un fatto che arricchisce anche quando si assiste ad un’opera brutta. Ma per decidere di acquistare un’opera d’arte un minimo di competenza ci dovrà pur essere. Comunque se i soldi ormai hanno preso il volo non resta augurarsi che almeno l’opera cambi sito. Forse sarebbe più adatta a guardare il Mediterraneo dalle alture, dalle colline sempre in mezzo alla natura mediterranea sarebbe ma almeno avrebbe un impatto meno crudele sull’estetica della città. (laotze@alice.it) 31-1-2010
L’angolo di Cyrano
Ma a Reggio chi vince e chi perde? di Pino Rotta
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Dovrebbero preoccuparsi di spiegare alla gente di Calabria cosa hanno fatto in questi anni, quanti posti di lavoro hanno creato, quanti soldi si sono spesi per migliorare la qualità della vita dei calabresi, sia dal punto di vista materiale che culturale. Insomma il sindaco di Reggio Calabria Scopelliti, candidato del centrodestra e il quasi unico candidato del centrosinistra Loiero di questo dovrebbero parlarci. Invece niente! Sentiamo noiosissimi richiami ad accordi fatti, da fare, che si potevano però non si sono fatti….. ecc. Si parla di posti in Giunta probabili, di nomi di candidati possibili (alcuni innominabili!). Alla fine qualcuno avrà vinto e qualche altro avrà perso, ma noi, i calabresi…? La mia posizione socialista è nota da sempre. Ma io non sono il Partito Socialista (anzi il Partito Socialista forse non c’è più!) quindi mi fanno un pò ridere qualche volta frasi di amici o conoscenti che in un discorso su certi temi sbottano dicendo: “tanto avete già vinto!” (o avete perso… dipende…) oppure “siete stati al Governo…” e restano un pò interdetti quando mi sentono rispondere: “guarda che io al Governo non ci sono mai stato né ho mai vinto! Sono altri che vincono e governano, noi semplicemente, al massimo, partecipiamo!”. Da qualche anno anzi possiamo solo dire sì o no! Visto che non ci sono le preferenze e che le candidature le decidono in pochi a sinistra e uno solo a destra. Almeno hanno avuto la decenza di abolire il cosiddetto Listino. Questa specie di autorimorchio dei perdenti che però non possono essere scaricati per non rompere equilibri ed interessi, insomma una vergogna che, aggiunta alla mancanza di scelta con le preferenze, ha fatto delle elezioni una barzelletta più che un diritto di partecipazione al governo delle istituzioni. Intanto tra un mese si vota. Il PD decide che fare le primarie è cosa buona e giusta ma non dice su quali programmi e soprattutto sulla base di quali risultati ottenuti in questi anni (qualcuno pure positivo!) il Centrodestra è già in campagna elettorale, e anche per loro quello che contano sono i voti, anche loro non si sognano nemmeno di mettere in chiaro programmi e risultati di cui farsi vanto o vergognarsi. Un risultato però vogliamo suggerirlo noi: negli ultimi tre anni la città di Reggio Calabria, la sua provincia e l’unica vera industria a potenzialità di sviluppo della provincia, cioè il Porto di Gioia Tauro, hanno visto arretrare paurosamente le loro posizioni nella graduatoria dello sviluppo e delle prospettive di incremento. In compenso è aumentata la disoccupazione e, mentre massacriamo gli immigrati, mandiamo i nostri giovani a cercare lavoro, anche loro da migranti, al nord o all’estero e non solo i figli dei poveri ma anche i figli di questa piccola borghesia parassita che ha visto i padri accontentarsi di non pagare le tasse, di fregare qualche contributo, di approfittare di un piccolo privilegio passeggero e adesso consegnano questo bel futuro ai loro stessi figli. Ecco anche per Reggio, dopo le elezioni potremo dire “loro hanno vinto!” (“o perso!”), ma Reggio ha già perso e non da oggi. (laotze@alice.it) 7-2-2010
L’angolo di Cyrano L’uomo che voleva essere Papa di Pino Rotta
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L’abilità più riconosciuta e meno capita di Berlusconi è la capacità di costruire la sua immagine. A Palermo Ciancimino jr. scopre altarini e gestazioni mafiose, cose che non porteranno certo una sola verità ed in breve tempo, quello che sarà lo scriveranno più facilmente gli storici che non i magistrati. E’ un pò come la storia di Andreotti. Quello che invece è già scritto e poco conosciuto, proprio per la capacità di Berlusconi e dei suoi Soci di creare un’immagine pubblica abbagliante per non permettere di vedere dietro le luci della ribalta è l’asse di ferro che da venti anni è stretto tra il Vaticano e Berlusconi. Finalmente, anche grazie politici ex berlusconiani che hanno deciso di rompere il silenzio, si comincia a vedere ed a leggere qualcosa per capire questo patto e questa strategia. Ha cominciato Massimo Teodori, radicale e deputato dal 1969 al 1992, nel 2001 si avvicina a Forza Italia si candida alla Camera ma non viene eletto. Suo il libro, edito da Longanesi, Contro i Clericali, un libro sulla storia recente dell’Italia in cui Teodori spiega, avendolo conosciuto e sofferto dall’interno che cosa è oggi il “clericalismo”: […] Il lider del Popolo delle Libertà usa la religione come instrumentum regni, assecondato dalla gerarchia ecclesiastica, interessata molto più al potere che non ai valori religiosi dei politici che sostiene. […]. C’è da dire che Massimo Teodori è stato anche componente della Commissione di Inchiesta sulla Loggia P2 e relatore di minoranza con una relazione di 20 volumi. Una persona si direbbe “informata sui fatti”, da Calvi a Mons. Marcinkus, il grande manovratore dello IOR, cioè il Tesoro del Vaticano. Con le relazioni strettissime e l’intreccio di interessi tra Berlusconi ed il Vaticano si spiegano alcune delle sconfitte più importanti delle battaglie sui diritti civili in Italia negli ultimi venti anni. A cominciare dal referendum sulla fecondazione assistita, alla messa in discussione della legge 194, sull’aborto, fino al blocco di qualunque iniziativa in materia di diritti delle coppie di fatto (con l’aiuto, bisogna dirlo dalla senatrice del PD Binetti devota dell’Opus Dei e di altri cattolici del centro e del centrosinistra). Ma leggendo il libro di Massimo Teodori, al netto delle notizie tra l’altro molto documentate, su quest’accordo politico di mutua assistenza, al lettore vengono in mente molte domande. Ad esempio: se il Vaticano e Berlusconi stringono quest’accordo già nel 1992 e se lo scopo del Vaticano è fermare l’avanzata laica che negli anni ’80 aveva portato con i governi Craxi e Spadolini risultati, tra cui la riforma del Concordato (ahi! quale bestemmia!) siamo sicuri che a fare fuori Craxi siano state le cosiddette “toghe rosse” o quelli che ancora Berlusconi si ostina a chiamare Comunisti? Se con il potere mediatico e finanziario di Berlusconi e quello organizzativo del Vaticano si è bloccata la trasformazione in senso liberale dell’Italia non solo sul piano economico ma soprattutto su quello civile siamo sicuri che l’Italia è governata dalle stanze di Palazzo Chigi e non da Piazza San Pietro? E per finire. Se Ciancimino avesse ragione sui rapporti tra Forza Italia e la mafia non sorgerebbero altre e ben più serie domande sul ruolo del Vaticano e delle sue banche? Conoscere non fa mai male… cercare a volte sì! (laotze@alice.it) 14-2-2010
L’angolo di Cyrano Elezioni: rendere conto, non promettere! di Pino Rotta
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Ecco che ormai è partita la bagarre elettorale per le prossime elezioni regionali e comunali e come sempre comincia il penoso rosario delle promesse, dei buoni intenti per il futuro, dei programmi che si realizzeranno se… forse… speriamo… ecc… E con un effetto ipnotico il bombardamento mediatico nazionale e locale amplifica questo cracchiare di rane e di rospi che, come nella favola, chiedono di essere baciati per diventare “principi”! Ora, esattamente come per il “principe” delle favole tutti sperano che sia bellissimo ma non è affatto detto! Alla meglio diventa principe fuori ma resta rospo dentro! Periodo di Pasqua è come l’uovo con la sorpresa, non sai cosa ci trovi dentro! Per scongiurare, almeno in parte quelle che potrebbero rivelarsi come grosse delusioni forse è meglio chiedere prima ai rospi ed alle ranocchie che cosa ha “già fatto” per meritarsi di essere baciati! Insomma in quest’epoca di escort, veline, corrotti e corruttori è sicuramente preferibile il conto chiederlo prima, per evitare sorprese. Il centrosinistra, ad esempio, ha cominciando quasi per gioco ma quando la gente ha cominciato a crederci quel famigerato “listino” per la Giunta regionale l’ha dovuto abolire! Le liste portate al vaglio della Commissione Antimafia, non saranno la soluzione del problema, ma comunque è un passo avanti. Buone cose, bravi! Ma come cittadini ed elettori, sia da destra che da sinistra, dobbiamo pretendere di avere i numeri di quello che ogni candidato ha fatto per meritarsi di essere votato. Un uomo o una donna che si propone di rappresentarci ha dovere di dirci prima perché si sente all’altezza del compito, quali meriti ha, quali competenze culturali o professionali ha, cosa ha già fatto nella propria vita. Questo, si intenda bene, vale anche per i giovani uomini e donne, perché essere giovani così come essere donne in sé non è una qualità ne buona ne cattiva. Un giovane o una donna potranno essere ottimi giocatori di tennis, medici o parrucchieri e non capire assolutamente nulla di politica e di amministrazione. Perché dovremmo votarli? Se poi i candidati si presentano dopo aver già amministrato, da eletto o da nominato, hanno il dovere di dare conto di quello che hanno fatto e noi abbiamo il diritto-dovere di chiedere conto. Su alcune cose in primo luogo: cosa hanno fatto per dare lavoro ai giovani? Cosa hanno fatto per migliorare la qualità della vita nelle città e nelle campagne? Hanno fatto aumentare o diminuire con la propria azione la partecipazione democratica alla gestione della cosa pubblica? E altre domande che ognuno potrà ritenere importanti fare anche sulla condotta personale, perché chi entra in politica ha il pieno diritto alla riservatezza della sua vita privata ma non ha nessun diritto di riservatezza per ciò che riguarda la sua vita pubblica e sociale. Personalmente ad esempio ritengo quanti trasmigrano da uno schieramento a quello opposto elementi portatori di valori negativi e quindi non li voterei mai. Il fatto che non ci siano più destra e sinistra è una balla colossale inventata proprio dai trasformisti che usano i partito come autobus per fare un pezzo di strada quando conviene e poi cambiare al volo. Destra e sinistra esistono eccome! E’ ovvio che non sono più quelle del secolo sorso o di due secoli fa, ma tra un lavoratore precario, un disoccupato, un operaio di Termini Imerese e un imprenditore fattosi con i soldi dello Stato, un evasore fiscale, un mafioso o un corrotto ci sono o no differenze? Queste sono le nuove categorie di destra e di sinistra. Per favore, chiediamo il conto prima! (laotze@alice.it) 21-2-2010
L’angolo di Cyrano Corruzione: da che pulpito viene la predica!... di Pino Rotta
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Sono passati diciotto anni da quando è scoppiata “Tangentopoli”, quella indagine, o meglio quelle indagini, che portarono alla luce una ragnatela di corruzione così radicata nella società italiana da poter parlare senza dubbio di errore di “sistema”. Un sistema collaudato negli anni settanta e ottanta e che, da quello che in seguito è continuato a venire fuori, sembra non si sia mai interrotto. Di quella stagione però sembra si sia dimenticato il pezzo forte, quella che fu chiamata la “madre di tutte le tangenti” la maxitangente dell’affare Enimont. Centinaia di miliardi di vecchi lire. A gennaio di quest’anno però ecco che, inaspettatamente, una nuova luce illumina quel losco passato. Un giornalista, che non può certo essere tacciato di giustizialismo alla Marco Travaglio, Gianluigi Nuzzi (giornalista di Libero, Corriere della Sera e Panorama) pubblica il libro VATICANO S.p.A. (Edizioni Chiarelettere) nel quale viene raccontata la storia di quella Maxitangente e del ruolo centrale che lo IOR, la Banca del Vaticano, ebbe in quella vicenda. Il libro di Nuzzi può essere definito un vero e proprio “diario per interposta persona” poiché altro non è che la molto documentata illustrazione di un archivio segreto lasciatogli da monsignor Renato Dardozzi, già fidato ed espertissimo collaboratore della Segreteria di Stato del Papa uno che ha accesso diretto negli affari dello IOR, già all’epoca del tristemente famoso patto tra l’allora capo dello IOR monsignor Paul Marcinkus, Michele Sindona e Roberto Calvi, questi ultimi due, come si ricorderà, morti in circostanze diciamo misteriose. Monsignor Dardozzi, morto nel 2003, aveva l’abitudine di tenere un accurato diario delle sue giornate di lavoro ed è questo voluminoso e documentato diario che Nuzzi fa diventare Vaticano S.p.A. in cui si racconta come lo IOR fosse una vera “…”lavanderia” nel centro di Roma, utilizzata anche dalla mafia e per spregiudicate avventure politiche. Un paradiso fiscale che non risponde ad alcuna legislazione diversa da quella dello Sato Vaticano…” (letteralmente tratto dalla presentazione del libro). Il libro esamina vicende e conti segreti in Italia ed all’estero, il ruolo di Giulio Andreotti, ma anche di un IOR parallelo, cioè una banca di cui erano a conoscenza solo pochissime persone e da cui passano le tangenti e le operazioni più scabrose, naturalmente la maxitangente Enimont e il vano tentativo della magistratura italiana (leggi Pool di Mani Pulite) di ricostruirne l’origine e la destinazione finale di centinaia di miliardi di vecchie lire, dovendosi districare in atteggiamenti sfuggenti ed elusivi in risposta alle rogatorie fatte al vaticano per avere conti, nomi e testimonianze, ma racconta anche del ruolo di Totò Riina e delle accusa del mafioso Mannoia e dei soldi per Provenzano, per finire con la testimonianza di Massimo Ciancimino. Non vicende passate quindi ma vicende assolutamente di attualità legate ad un losco passato e presente. Naturalmente dopo la strage di Capaci la coscienza di molti italiani, e tra questi molti cattolici, sono state scosse e le cose hanno cominciato a vedersi sotto una nuova luce in tutta la società civile italiana ed anche nella Chiesa che è fatta da tanta gente, tanti parroci e tanti persone che non possono più sopportare che corruzione, mafia e politica trovino comoda connivenza in sedi in cui invece dovrebbero regnare i valori più alti della carità e della solidarietà. Nel libro di Nuzzi c’è anche questo aspetto, questo tentativo di far pulizia dall’interno tra le attività della Banca del Vaticano. Ciononostante rimane il mistero di dove sono e che utilizzo se ne è fatto e se ancora si continua a fare di tutto quel denaro sporco “ripulito” nelle Sante Stanze dello IOR. (laotze@alice.it) 28-2-2010
L’angolo di Cyrano Le radici del potere mafioso e la democrazia “dimezzata” di Pino Rotta
heliosmag@hotmail.com
Solo chi pratica intimamente la democrazia può capire la società. Le forme di devianza più disparate, dal terrorismo, alla criminalità, alla violenza sessuofobica, fino all’autodistruzione di chi si droga, non sono aberrazioni di una società che in sé è perfetta e che viene messa a rischio da questi fenomeni devianti: la devianza è un modo "spontaneo" con cui si manifesta una crisi del sistema, dei rapporti di forza tra i gruppi sociali ai vari livelli della scala del reddito e della sicurezza sociale. La società italiana oggi è il risultato di una scelta oligarchica e parassita messa in essere a partire dagli anni cinquanta, attenuata solo da uno stato sociale frutto di conquiste degli anni ’70, e oggi in rapido declino. Un declino che lascia il posto ad una frammentazione e contemporanea perdita di valore dell’esistenza individuale. La precarietà nel campo del lavoro diventa precarietà esistenziale. Vite concentrate sul presente perché non più in possesso di progetto, di futuro. Perde senso farsi una cultura personale, impegnarsi in rapporti duraturi, vedersi parte di una collettività. Ricordiamo che dal 1950 al 1965 le campagne del Sud si sono svuotate per fornire manodopera a basso costo alle industrie del Nord. Per non rischiare azioni separatiste si scelse allora di dare ai gruppi di potere meridionali mano libera nella gestione di grosse somme di denaro da investire nelle opere pubbliche (soldi pubblici che comprando attrezzature della siderurgia in gran parte tornavano alle imprese del nord). Ingenti capitali pubblici, gestiti dalla Democrazia Cristiana (che superava il 50% dei voti!) e dalla mafia. Una spartizione "industriale" del potere tra queste componenti sociali, la Democrazia Cristiana programmava gli interventi (strade, autostrade, ferrovie, dighe, ospedali) e la mafia-‘ndrangheta-camorra ne garantivano il ritorno in termini di mazzette e di voti. Da Roma e da Washington si guardava compiacenti, l’importante era mantenere saldo il potere e fermare l’avanzata comunista. Ma non c’è solo la mafia in affari con la Democrazia Cristiana, anzi partner naturale, quasi vocazionale, c’è la Chiesa Cattolica alla quale è delegata una parte importante per il consolidamento di questo sistema e cioè l’organizzazione del denaro e del consenso. Una casa popolare, un sussidio di disoccupazione, un posto da bidello, da postino, da ferroviere, ma non solo, l’accesso alle migliori università, con borse di studio e carriera garantita, se non sei sotto l’ombrello di monsignore, dell’assessore o del boss te lo scordi. Ma il sud, si sa, da una grande importanza alla famiglia e quindi i posti migliori, gli appalti migliori, le professioni migliori vanno ai familiari di monsignore, dell’assessore e del boss, le briciole si dividevano tra i "clienti". Il diritto di cittadinanza trasformato in concessione magnanima del potente di turno. E fino alla fine degli anni ’60 di soldi ne arrivarono tanti al Sud. E ne arrivarono di più al nord. Capita così che mentre a Reggio Calabria (patria dei Boia chi molla!) le scuole pubbliche non si costruiscono ma si affittano, gonfiando i prezzi, appartamenti privati per adibirli a scuole o si danno fiumi di denaro a preti e monache per fare e gestire asili e scuole parificate, a Reggio Emilia le scuole pubbliche sono così efficienti ed all’avanguardia che diventano oggetto di studio (vengono perfino dal Giappone a studiarle!). Al Sud il tasso di analfabetismo nel 1970 era quasi del 70%. Cominciano i guai seri. I soldi sono finiti. La crisi del petrolio comincia ad essere un fatto serio. Ma si sa i meridionali hanno fantasia da vendere ed allora ecco che i terreni agricoli delle periferie, passano, sotto l’occhio benevolo della politica e delle istituzioni, nelle mani della mafia. Il nuovo business è la speculazione edilizia, dove vengono reinvestiti i soldi degli appalti pubblici e soprattutto i proventi del traffico di droga e delle estorsioni. Ma al Sud non è come a Milano dove prima Berlusconi lottizza i suoli e poi costruisce Milano 1-2-3, al Sud si costruisce senza licenze, piani regolatori, fogne, acqua, luce, telefono, intanto si costruisce è quella è "cosa nostra", poi l’assessore in cambio di voti e mazzette rilascia "postuma" la licenza (arriveranno infine i condoni!). La mafia è diventata impresa e si allarga, monopolizza il commercio, la distribuzione dell’acqua, del gas, dei lavori dei grandi impianti. Non si privatizza “si priva” la gente del diritto di controllare... Ma per leggere chiaramente questi processi bisogna credere alla democrazia altrimenti si giustifica la legge del più forte.
7-3-2010
L’angolo di Cyrano Liste: comincia la partita, fuori i secondini! di Pino Rotta
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Sembra di assistere ad una commedia di Gaspare e Zuzzurro e invece in scena ci sono quelli che dovrebbero assicurare prosperità e legalità agli italiani. Tempo di elezioni amministrative in mezza Italia e lo show comincia! Ma vi rendete conto di quello che abbiamo assistito in questi ultimi giorni? In Lombardia e nel Lazio, per motivi che forse non sapremo mai e dei quali francamente non ce ne può fregare di meno, fanno casino a presentare le liste collegate a Formigoni e Polverini, liste che da mesi sono impegnati a studiare, pesare, correggere, contrattare e che all’ultimo momento si “dimenticano” di presentarle con le forme e i documenti previsti dalla legge, e per questi motivi vengono bocciate, o meglio riammesse con riserva in Lombardia (nel Lazio vedremo…). Scoppia un casino, all’interno del Partito della Libertà si cominciano a dilaniare tra di loro, Bossi ridacchia ma non infierisce troppo (in fondo sono sempre alleati! Ma non gli sarebbe dispiaciuto neanche tanto se in Lombardia Formigoni fosse rimasto fuori) ma sulla stampa e in televisione rivoltano la frittata e danno la colpa a chi? Ai “giudici comunisti”! Ma questi giudici in Italia sono tutti comunisti? Ma ci hanno preso (tutti…) per imbecilli? Altra barzelletta, che però non fa troppo ridere, è quella delle “liste pulite”. Le liste dovrebbero essere pulite, per definizione, non solo formalmente ma anche nella sostanza, invece si scoprono, nella “sorpresa” di chi le ha presentate, che non lo sono nemmeno nella forma. Onore ad Angela Napoli per la sua coerente battaglia di onestà, battaglia che a dire il vero dura da anni ma continua a rimanere inascoltata soprattutto all’interno del suo partito. Buona l’idea di consegnare le liste al vaglio della Commissione Antimafia, però che succede se la Commissione giudica qualche candidato “indesiderato”? Dopo che le liste sono state presentate che si fa si dice “Votate tutti, tranne quello lì!”? E, ammesso che questo sia pensabile, chi dovrebbe farlo? La Commissione Antimafia? I Candidati a Presidente? I Partiti che li hanno presentati? Siamo veramente nel tragicomico! E poi, visto che ormai lo hanno capito anche i sassi che la criminalità non sta solo in Calabria e Sicilia, perché la Commissione Antimafia non dovrebbe controllare le liste in tutte le Regioni italiane? O forse lo sta facendo… non sappiamo. L’unica e come sempre più logica soluzione è la vigilanza democratica. Elettori informati per poter scegliere con libertà e coscienza. Sì, ma per fare questo ci vorrebbe la libertà di dibattito… invece ce l’hanno tolta con la stretta sulle inchieste giornalistiche e con la par condicio! Sì, siamo proprio messi male. Come direbbe Paolo Villaggio: “Io speriamo che me la cavo!”. 14-3-2010
L’angolo di Cyrano Politica: Si dimetteranno Loiero e Guccione? di Pino Rotta
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Nell’antico Giappone era usanza salvare almeno l’onore con il rituale harakiri, inutile dire che, sia per la nostra sensibilità umana che per la obiettiva mancanza di un sufficiente numero di loculi, non auspichiamo che si arrivi a tanto da parte dei responsabili del Centrosinistra che sono riusciti ancora una volta a superare in peggio sé stessi. Ma se non un harakiri di massa ci aspetteremmo un paio di dimissioni, diciamo un dignitoso auto pensionamento. Sia chiaro che tra quello che ci aspettiamo e quello che siamo convinti succederà c’è una enorme differenza! Non solo non si dimetterà nessuno ma, siamo certi, che si stia già sgomitando per sistemare i trombati, perché un conto è la disfatta ma per l’estinzione c’è ancora qualche passaggio da fare. Del Centrosinistra si dice che abbia perso il contatto con la gente ma a mio avviso la cosa non è del tutto esatta: il Centrosinistra ha mantenuto troppo i contatti con la gente sbagliata. Ma cerchiamo di fare qualche ragionamento più in dettaglio. Partiamo dal Lazio, dove la disastrosa fine della legislatura Marrazzo, stava per essere fatta dimenticare dalla dignità e dalla forza di una donna minuta e meravigliosa come Emma Bonino che, da vittima sacrificale designata, non ha strappato la vittoria per un pugno di voti. Nella Regione dove più alto è l’interesse economico e politico della Chiesa, la forza della pulizia e delle idee laiche della Bonino poteva farcela, probabilmente se ci avesse creduto veramente tutto il Centrosinistra. Il pensiero laico è nel DNA della sinistra ed è un potente motore di cambiamento, il voto cattolico invece, coccolato e finanziato dalla Giunte di Centrosinistra alla fine segue la sua vocazione conservatrice, mantenendo ben salda la gestione delle politiche sociali e della formazione, che in periodi e zone di crisi potrebbero essere un volano di sviluppo alternativo e invece rimangono bacino di consenso assistenzialista e clienteleare. In Calabria oltre a questo aspetto, provato dai numeri usciti dalle urne, c’è di più. Per prima cosa l’autoreferenzialità dei dirigenti dei partiti che, anche quando perdono, pensano di essere sempre nel giusto ed insostituibili. A cominciare dai socialisti che, con assessorati regionali e provinciali pesanti, sindaci e consiglieri sono riusciti a scomparire dal Consiglio regionale (esempio pratico di auto cannibalismo!). Ma anche i Comunisti, nonostante una debole resistenza, camminano verso il baratro perché è la gente che “non li capisce”! Discorso a parte va fatto per il maggiore partito della coalizione il PD il quale deve porsi (oltre al ricambio della classe dirigente) la domanda sul che cosa è? Non è il partito degli appalti poiché oggettivamente né ha fatti pochi in questi anni (stendiamo un velo pietoso anche su quelli fatti), non è il partito delle politiche sociali perché le ha delegate, come abbiamo detto, alle diocesi, non è il partito dello sviluppo pur avendo fatto piccolissimi passi di contenimento della disoccupazione con la stabilizzazione di precari e l’assunzione di un centinaio di giovani, cosa che però ha fatto anche Scopelliti in misura più ridotta ma vendendosi meglio mediaticamente il risultato. Insomma il Partito Democratico al momento “non è”. Tra qualche mese non sarà più ne al Comune ne alla Provincia di Reggio Calabria, a meno che non trovi la forza di uno slancio di dignità e non riesca a parlare con le idee smettendo di giocherellare con il pallottoliere. (laotze@alice.it) 4-4-2010
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L’angolo di Cyrano PD – Strangio e il “continuiamo a farci del male”! di Pino Rotta
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Nei giorni scorsi il Segretario provinciale del Partito Democratico, Giuseppe Strangio, si è cimentato, con perizia da funambolo, nell’analisi della “tanto pesante quanto annunciata sconfitta”. Un’analisi politicamente corretta, con tutti i numerini a posto, la sacrosanta chiamata di responsabilità di Loiero, le cose che si potevano fare e quelle che non si è riusciti a fare, le alleanze mancate e i numeri della coalizione con il “super – De Gaetano” (su questo “super” ci sarebbe molto da riflettere…). Insomma il “si poteva ma non si è fatto” proprio di ogni analisi, di ogni sconfitta, dopo ogni elezione. La scorsa settimana ho motivato perchè ritenevo doveroso che sia Loiero che Guccione presentassero le dimissioni da Consiglieri regionali e da dirigenti del Partito Democratico, vedo che in questi giorni si è aperto il “tiro al Segretario” nel PD della provincia di Reggio Calabria e questo, al mio orecchio suona un poco ipocrita (senza voler presumere di avere in tasca nessuna verità! per carità!). Il Segretario del PD reggino ha sicuramente dei peccati da farsi perdonare (uno per tutti la posizione assunta nella vicenda Villa S. Giovanni) ma ha due qualità che altri dirigenti dello stesso partito non possono certo sbandierare: conosce ed ascolta la gente e non ha mai tenuto linee posizioni equivoche. Detto ciò nell’analisi di Strangio sulla sconfitta, a mio avviso, manca un elemento fondamentale, rivelato dalla dimensione quantitativa della sconfitta, e che comporta una radicale e “politicamente scorretta” valutazione della struttura e degli strumenti di selezione dei dirigenti del Partito Democratico. Sembra brutto citare sé stessi ma su un punto un pò di storia forse fa bene: da tre anni critico il sistema delle “primarie” non perché non mi piaccia il principio ma perché da italiano, ed in particolare calabrese, ho una visione pragmatica della partecipazione politica e soprattutto una visione del lungo periodo in cui la politica ha perso credibilità e quindi l’attenzione della gente o si radicalizza o va verso l’astensione. Questo avviene in particolar modo quando ci si misura sull’immagine del leader (che altro sono state finora le primarie?) mentre delle idee e dei fatti non si riesce a discutere, non solo con il “mitico” territorio ma neanche dentro i partiti. Insomma la strategia della comunicazione ha le sue leggi e quella principale è che perché il messaggio arrivi deve “esserci un messaggio”, cioè qualcosa da comunicare ci deve essere, non bastano le facce. Berlusconi e Scopelliti hanno centrato questo obiettivo, si può criticare quanto si vuole il contenuto dei loro messaggi, ma dall’altra parte non c’era nessun contenuto da contrapporre, solo dirigenti autoreferenziali. Insomma le primarie possono essere uno strumento valido di partecipazione popolare ma forse sarebbe il caso di separarle dalla scelta dei dirigenti. O almeno sarebbe auspicabile un sistema di primarie “a doppio turno”, il primo sulle idee e poi su chi deve rappresentarle. Al punto in cui si trova il Partito Democratico, e più in generale il Centrosinistra, ha poco da perdere ormai. Molto di più hanno da perdere i cittadini ai quali va ricordato il famoso detto: “Se tu non ti occupi della politica sappi che la politica si occupa comunque di te!”. (laotze@alice.it) 18-4-2010
L’Angolo di Cyrano I “grillini” e la ‘ndrangheta di Pino Rotta
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All’inizio sembrava la contestazione dei soliti isolati gruppetti, per lo più giovani rifondaroli o comunque vicini a alla sinistra radicale, ma quando hanno cominciato a organizzare la “resistenza” in Val di Susa contro la TAV, ed hanno dimostrato di avere capacità di mobilitare migliaia di cittadini di tutti i ceti popolari anche allora si pensava che fosse “un prezzo da pagare” per la modernizzazione del Paese, la hanno condivisa questa posizione sia la destra che la sinistra ed alle passate elezioni regionali hanno iniziato a pagare il conto. Un conto più salato per il centrosinistra che ha perso una roccaforte storica come la regione Piemonte ma il conto lo pagherà anche la destra perché i Grillini entrano in Consiglio regionale ed hanno dimostrato di sapere fare politica, di sapere leggere le questioni economiche e sociali fuori dagli schemi del politichese. Ma quale è la novità che ha portato il movimento di Beppe Grillo a far breccia sull’elettorato con tanta forza (e non solo in Piemonte)? Hanno dimostrato, a chi aveva orecchi per ascoltare, che la costruzione della linea ferroviaria Torino-Lione non trova nessuna giustificazione economica e che l’unica potente spinta che non si riesce a fermare è quella delle imprese di costruzione e movimento terra che (ma questo noi calabresi lo sappiamo da venti anni!) sono saldamente in mano alla ‘ndrangheta. Ma i Grillini non hanno solo protestato hanno anche analizzato e proposto una diversa politica di investimenti per il potenziamento del traffico marittimo e soprattutto degli hub portuali che invece in questi anni sono rimasti fermi, anzi addirittura ridimensionati come è successo a Genova ma anche a Gioia Tauro, un controsenso se si vuole parlare di trasporto veloce delle merci. E qui arriviamo in riva allo Stretto perché qui da noi la situazione è esattamente identica a quella della Val di Susa solo che la nostra TAV si chiama Ponte sullo Stretto. Mentre il sistema portuale non riesce a svilupparsi perché non si avviano a Gioia Tauro collegamenti ferroviari e zone di stoccaggio e assemblaggio libere, soprattutto dalla ‘ndrangheta, che porterebbero migliaia di posti di lavoro in grado di durare per generazioni, che farebbero arrivare investimenti stranieri e merci soprattutto da paesi come Cina, India e Corea i calabresi di cosa si preoccupano? Ognuno del proprio interesse privatissimo. Stanno uccidendo il futuro dei loro figli seguendo il Pifferaio Magico che adesso è diventato il rappresentante di tutti i Calabresi. Così il Ponte, ma lo stesso discorso vale per il cemento programmato sul Lungomare di Reggio Calabria, serve solo a soddisfare gli interessi di imprese che hanno divorato per decenni questa terra e che hanno fatto diventare la ‘ndrangheta una delle organizzazioni più feroci e pericolose del mondo. La Calabria avrebbe bisogno di investimenti nell’agricoltura avanzata, nella pesca, nell’università, nel turismo culturale, delle energie pulite ed invece è nelle mani di una banda di affaristi succubi della vecchia e suicida logica degli appalti. Forse i calabresi, tutti di destra e di sinistra ammesso che ne esistano veramente, non farebbero male a guardare ai nostri cugini della Grecia chiedendo loro a che cosa li ha portati il fatto di avere speso decine di milioni di euro per costruire faraonici impianti per le Olimpiadi che finite le Olimpiadi hanno lasciato il deserto, i debiti ed i disoccupati.
25-4-2010
L’angolo di Cyrano Fini e D’Alema: due leader ed un cadavere! di Pino Rotta
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Ci sono storie che cominciano con ottime intenzioni, sana fiducia per il futuro e per l’intelligenza collettiva della gente che guarda alla politica con sguardi tra il curioso ed il rassegnato. Sforzarsi di interpretare la realtà sociale che cambia, di capire che occorre gettare il cuore oltre l’ostacolo ed osare mettere la politica al passo con i tempi è un atto che non tutti sono in grado o hanno il coraggio di fare. L’Italia è il Paese del continui “ricominciamo”, senza andare più indietro, si ricominciò con la Costituente, dopo la catastrofe fascista, si ricominciò con il tentativo di Craxi di dare una svolta laica e socialista alla società italiana, si ricominciò dopo la Bolognina con la scomparsa del Partito Comunista e dopo il Congresso di Fiuggi con il tentativo di Fini di buttarsi il passato alle spalle e incamminarsi verso una destra liberale. L’impressione di chi ha vissuto senza paraocchi e pregiudizi troppo marcati (almeno quelli coscienti!) tutti questi tentativi di cambiamento alla fine credo si sia fatta l’idea che dirigenti di indubbio spessore politico e morale come Fini e D’Alema su una cosa abbiamo avuto entrambi un atteggiamento o miope o impaurito: la loro azione è sempre stata fuori tempo, sempre in ritardo. Craxi avrebbe potuto farla una vera svolta, ed anche vincente visto che l’area laicosocialista fino alla fine degli anni Ottanta copriva circa il 25% dell’elettorato, ma è rimasto stritolato dalla corruzione e dal logoramento da destra e da sinistra, da quelli che oggi chiamiamo i cattocomunisti. Ma Fini e D’Alema quando, dopo Tangentopoli, hanno cominciato a pensare di cambiare il modello dei partiti e del confronto democratico hanno perso di vista che il vuoto lasciato dall’uragano Tangentopoli era stato già riempito dalle stesse immondizie raccattate tra le macerie di Tangentopoli. Sia Fini che D’Alema ci hanno messo quindici anni per dare forma a due partiti che nel frattempo non sono più all’altezza della realtà sociale. Quella realtà che Berlusconi ha prima deculturalizzato, poi plagiato ed ora tiene bloccata con le tante paure che, a scelta, può agitare in una società in crisi economica e in asfissia democratica. C’è un tocco di campana nella nebbia, chissà per chi sta suonando? 7-5-2010
L’angolo di Cyrano Gli “oscuri poteri” nel nuovo Consiglio regionale di Pino Rotta
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Il brusio politico è assordante in questi giorni. Mentre in riva allo Stretto tutto tace e, apparentemente, il centrosinistra sembra tornato da una di quelle crociere da pubblicità televisiva, da Cosenza arrivano segnali di rianimazione che ancora non si possono definire vitalità. Così mentre Mario Maiolo parla di “oscuri poteri” nel nuovo Consiglio regionale gli fa eco Marco Minniti il quale conferma convinto “si può vincere praticando la legalità”. Come dargli torto? Avendo davanti il risultato della roccaforte di Lametia Terme. Solo che come appunto afferma non solo Maiolo ma la stessa Commissione parlamentare Antimafia, ci sono pesanti indizi di condizionamento mafioso in seno al nuovo Consiglio regionale. Ben 18 i consiglieri sarebbero stati attenzionati dalla Commissione Antimafia! Dico sarebbero poiché dopo l’eclatante dichiarazione fatta sulla stampa, ancora ad oggi, i calabresi non sanno chi, come e perché collude con la mafia in Consiglio regionale. Ecco, forse la legalità può voler dire andare fino in fondo e non limitarsi alle seppur comprensibili prudenze nelle dichiarazioni pubbliche e sarebbe auspicabile farlo esercitando le proprie funzioni ad ogni livello, al Parlamento, alla Regione, nelle singole provincie, fino al più piccolo paesino della Calabria, Chiarezza e conseguenti determinazioni in questioni come questa sono un diritto che la gente onesta della Calabria deve vedere soddisfatto.
18-5-2010