Taranto Oggi 1-08-2009

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Turista, indigeno o straniero, che cammini lungo queste antichi passaggi, hai idea di cosa si nasconda sotto i tuoi passi per andare a prendere un bel bagno rinfrescante, passando affianco a Torre Castelluccia, subito dopo Lido Silvana? No? Allora proviamo a spiegarlo per sommi capi, rieditando un articolo da noi pubblicato nel novembre 2008. E non stupitevi se nessuno abbia da allora mosso un dito per migliorare la situazione... (A.) La Torre è lì, in fondo, circondata da villette che non si capisce con quale criterio siano state erette e con quali permessi. Ma si sa. Il condono cancella tutto: anche la dignità di un luogo che ne ha, di storie, da raccontare. Torre Castelluccia è solo l’emblema di quella che è tutta un’area che da oltre 2000 anni rappresenta uno dei luoghi più ameni della litoranea salentina, visto che vi si trovano nelle vicinanze tombe ricavate nelle grotte (a grotticella, appunto) che risalgono a secoli e secoli precedenti. All’interno di giardini di ville private. Tant’è che se qualche appassionato volesse visitarle dovrebbe chiedere il permesso al proprietario di villa e terreno annessi. E meno male che non ci hanno costruito sopra, così come avvenuto nelle aree cir-

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Benvenuti al Parco... costanti. I cartelli (introvabili, se non si sa che ci sono e dove sono) mostrano come già dagli anni ’50 (più di mezzo secolo fa) la zona era da sottoporre a vincolo. Ma, evidentemente, la Soprintendenza dell’epoca ritenne più opportuno (per chi?) lasciar fare. Ed ecco che, sovrastante la litoranea salentina in prossimità di Lido Silvana (l’antico Porto Serrone), la Torre è inagibile, con tanto di cartello che avverte, minaccioso: “pericolo di crollo”. Alla Torre si arriva costeggiando il bosco Caggione, la pineta a nord della zona (altrettanto brulicante di ville, villette e villoni,) dominata dal-

“Attenzione: pericolo di crollo” Questo l’invito agli incauti visitatori che volessero vedere più da vicino tracce importanti della nostra storia, come Torre Castelluccia. A ridosso della litoranea salentina, ci sono tanti (ma tanti) tesori nascosti che ne hanno di storie da raccontare. O meglio: ne avrebbero, se il menefreghismo non avesse avuto il sopravvento, lasciando queste aree in balìa dei palazzinari o di agiati professionisti che potevano farsi la villa al mare. Come gli antichi romani...

l’Eden Park. Scendiamo verso la litoranea e troviamo subito un promontorio che nasconde un villaggio protostorico che risale, come dimostrato da anni di ricerche, a circa 1500 anni prima di Cristo. Un promontorio che qualche mente illuminata aveva pensato, qualche anno fa, di “tagliare”, per ricavarne un bel parcheggio che potesse ospitare bagnanti e consumatori di bibite, pizze e focacce, giusto così, per insultare maggiormente il territorio. Tale promontorio domina l’area di Porto Serrone, che comprende varie baie sempre affollate di bagnanti e buongustai che, invece di rispettare il suolo che calpestano, si portano tradizionalmente pasta al forno, parmigiana di melanzane o zucchine, lasciando “segni” altrettanto “storici”, visto che - purtroppo raramente - solo qualche sparuto gruppo di volontari cerca di riparare al danno, a proprio rischio e pericolo. E qui viene il bello. Tutta l’area dello “Scoglio” così come è stata commercialmente denominata calpesta ciò che resta di una villa patrizia, di cui si scorgono emergenze che qualche sprovveduto scambia per scogli, ma che in realtà rappresentano.... (segue a pag.13)


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...che non c’è... quanto rimane di un insediamento che farebbe morire di invidia persino Berlusconi, con le sue “ville” in Sardegna. Mosaici che si notano, spostando solo quel po’ di sabbia che la ricopre e che stanno a testimoniare come ci si ritrovi di fronte a qualcosa che, 2000 anni fa, rappresentava non solo un simbolo di potere di qualche centurione omaggiato dall’imperatore dell’epoca, ma anche una grande opportunità di sviluppo commerciale. Nella stessa baia di Porto Serrone, infatti, negli anni ’60 (come ben raccontato qualche anno fa da Gianluca Guastella) sono insabbiati due relitti di navi romane, scoperti dall’archeologo Peter Throckmorton (ne parleremo prossimamente su queste pagine). Almeno, una delle due è sicuramente di origine romana, situata al largo dello “Scoglio”: l’altra potrebbe anche essere di origine greca. Il fasciame di tali relitti è insabbiato dalle maree, ma è lì, a 300 metri dalla battigia e ad un metro e mezzo di profondità, proprio di fronte allo stabilimento balneare dell’Aviazione militare. A testimonianza dell’importanza che questa zona rivestiva anche da punto di vista commerciale. E l’imponenza della villa romana che si suppone da quanto ritrovato e confermato dalle suddette emergenze, lascia presupporre che il luogo doveva rappresentare un vero e proprio porto, modello molo polisettoriale. Solo che, al posto di container contenenti materiale di dubbia fabbricazione e provenienza, si trattava di prodotti decisamente più naturali, come olio e spezie allora sconosciute dalle nostre parti. E non è tutto. Al largo del promontorio che volevano trasformare in una specie di “Drive-In” è stato scoperto, sui fondali prospicienti la costa, una sorta di cimitero di mammu-

Elaborazione grafica: A. Votano per TarantOggi

(continua da pag.12)

Gli ingredienti ci sono tutti: mare, enogastronomia, ma soprattutto tanta storia e tanta cultura che emerge dalla sabbia e persino dal mare, come approfodiremo in seguito. Eppure le istituzioni preposte, dalla Soprintendenza al Comune di Pulsano (per quanto riguarda l’inchiesta odierna) continuano ad essere silenti, nonostante le tante testimonianze che nel corso degli anni hanno dimostrato come l’area intorno a Lido Silvana rappresenti un vero e proprio scrigno da cui attingere a piene mani. Cosa che però hanno finora fatto solo i tombaroli. Non la comunità e la sua economia

La zanna di mammuth conservata presso il Comune di Pulsano

th, animali notoriamente estinti, che hanno vissuto nel Pliocene e nel Pleistocene: come a dire da 5 milioni a 5000 anni fa. Gli antenati dell’elefante, per intenderci. E qui viene il bello. I resti di qualche povero mammuth sono esposti nella sala consiliare del Comune di Pulsano.Comune su cui insiste l’intera area. Ma di essi - a quanto pare . non esiste più traccia, almeno a quanto ci risulta, se non da qualche foto dell’epoca. Sarebbe interessante sapere, dal Comune di Pulsano e - naturalmente - anche dalla Soprintendenza, che fine abbiano fatto; ma soprattutto sapere che intenzioni abbiano, nelle rispettive competenze, per far sì che un patrimonio del genere non rimanga per sempre seppellito non solo dalla sabbia portata dalle maree, ma anche dall’incuria. Anzi: dalle incurie. Quelle inconsapevoli di chi va solo a prendersi un po’ di refrigerio nelle splendide acque che lambiscono la litoranea e quelle consapevoli di come si stia “buttando a mare” (il gioco di parole è del tutto volontario) un autentico tesoro. In termini non solo archeologici e storici, ma anche e soprattutto culturali. Che senso ha, infatti, avere a Taranto una sede universitaria che dovrebbe “magnificare” ciò che è di Taranto, da sempre, se poi non solo si lasciano questi siti all’abbandono più completo?

Arcibio


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