Hermes - Giugno 2015

Page 1

Giugno 2015 Anno III Numero XII


Sommario

2

3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 12 14 15

Sommario

Attualità

Buon compleanno Dante!

Di Arianna Dessì

Bioetica

Voa Voa

Giugno

..l'amor che move il sole e l'altre stelle Di Manfredi Pinzauti IV B

Come da tradizione maggio, mese del primo caldo, ha lasciato spazio a Giugno, l'ultimo dell'anno scolastico accompagnato solitamente dal delizioso corredino di materie da recuperare in extremis. E' un mese che ho Astronomia sempre vissuto con particolare tristezza, è il momento E quindi uscimmo a dell'anno in cui ci si rende conto dell'inevitabile scorrere veder le stelle del tempo. Facile parlar di tempo a diciassette anni, con Di Chiara Camarlighi tutta la vita davanti, è vero. Eppure non è facile parlarne con la consapevolezza che stanno per finire i giorni da Scienza poter passare con le quinte. Tranne forse qualche Gli immortalisti giovanissimo delle prime abbiamo tutti l'amico di quinta, quel baluardo di saggezza ed esperienza sempre Di Niccolò Garbarino pronto a dispensar consigli su argomenti, e spesso materie, mai sentiti. Allora voglio chiedere a tutti voi (o Sociologia almeno a coloro che non hanno ancora bruciato questo Omologazione numero del giornale dopo le prime due righe di editoriale) cosa provate all'idea di perdere, anche se solo Di Ginevra Salesia in parte, queste persone? E cosa all'idea che sarete voi le quinte di domani? Sono passati ormai due anni dalla prima volta che mi sono ritrovato orfano, era l'anno Musica d'oro dell'Antigone, l'anno della mia triade solare The show must go on composta da Maddalena, Elisa e Davide, e dopo di loro, Di Giulia Lanzafame appena un anno fa, Bianca, Chiara, Greta, Leonardo e Viola, compagni di Rane e di tantissimi altri momenti. Venerdì 29 Maggio è andata in scena la nostra Elena, Fotografia frutto di mesi e mesi di lavoro, litigi e discussioni, Cogli l'attimo meritatissimo trionfo di, perdonatemi l'immodestia, grandi attori. Il primo pensiero voglio dedicarlo alla Di Rebecca Papi nostra compagnia, quest'anno notevolmente ringiovanita grazie all'afflusso di “bambini”. Ma oltre ai nuovi volti Eventi ne abbiamo visti molti altri per l'ultima volta nello Estate a tempo di musica spensierato gruppo del Machiavelli. Un ulteriore pensiero va automaticamente a Tommaso, Viola, Eva, Di Flavia Tossi Irene, Valentina e Gabriele, glorie di un Machiavelli felice. Anche per il giornale è stato un anno di rinnovamento. Rubrica di letteratura Innanzitutto nella guida con l'arrivo di mamma Pagine in sequenza Giovanna, la Professoressa Sansone, barlume di speranza nella nebbia di un ottobre tormentato e incerto. Di Margherita Barzagli La redazione stessa si è arricchita col tempo di persone volenterose e capaci che hanno permesso il Scrittura creativa concretizzarsi del nuovo Hermes. Innanzitutto i giovanissimi, Rebecca, Giulia, Ginevra, Eleonora e, con Il bel paese un po' di ritardo, anche l'altra Giulia. Poi Giovanni e Di Costanza Mannini Ginevra, Niccolò e Chiara, Elisabetta, Margherita e Arianna, correttrice e disegnatrice disorganizzata quanto brava nelle sue mansioni. Un po' più in luce, mi Esperienze di vita perdonino gli altri, Vieri e Flavia, nuovi caporedattori, Ave atque vale nati da elezioni senza conflitti o contrasti. Infine Isabelle, Francesca, Camilla ed Elena arrivate agli ultimi Di quasiex­redattori momenti con noi. A loro e a tutti gli studenti delle quinte rivolgo il mio augurio per un futuro luminoso. Cosa ne Giochi sarà delle vostre vite? E' giunto il momento di scoprirlo! Di Ginevra Baratta

Cruciverba a piramide

Di Fox


Buon compleanno Dante! Tutta l'Italia celebra il 750° anniversario dalla nascita del Poeta Di Arianna Dessì IV B “Quali fioretti dal notturno gelo chinati e chiusi, poi che’l sol li ‘mbianca si drizzan tutti aperti in loro stelo, tal mi fec’io di mia virtude stanca”

Perché alcuni versi, alcune parole, alcuni suoni ci rimangono dentro, al contrario di altri? Raccontano qualcosa, che spesso ci sfugge, di noi. È il motivo per cui siamo così creativi: abbiamo bisogno anche della spontaneità per riuscire a esprimere ciò che proviamo. C’è chi ha bisogno di fare grandi quadri, chi di suonare sempre le stesse tre note componendole ogni volta in modo diverso. Dante era un’artista della parola, che passava dal parlare dei più grandi sentimenti alle più piccole cose, caratterizzando le sue descrizioni con un incredibile realismo; come nei versi che ho scelto, nei quali compara dei semplici fiori di campo che riprendono vigore alla luce del sole al suo animo confuso che ha recuperato la forza di andare avanti. A 750 anni dalla nascita di Dante (tra il 14 maggio e il 13 giugno del 1265), saranno 187 le manifestazioni che celebrano questo anniversario in tutta Italia, ed avranno luogo principalmente a Firenze, Ravenna, Verona e Roma. Un percorso culturale che si concluderà nel 2021, in occasione del settimo centenario dalla morte del poeta. La celebrazione ha avuto inizio il 4 maggio, a palazzo Madama, alla presenza del Presidente della Repubblica e del Presidente del Senato. L’immancabile lectura dantis di Roberto Benigni ha dato alla giornata un carattere particolare. Già il 24 aprile, Samantha Cristoforetti aveva letto dalla Stazione Spaziale Internazionale alcune terzine del I Canto del Paradiso (il video lo ritrovate su YouTube). Era stata proprio “AstroSamantha” a esprimere il desiderio di poter leggere, un giorno, alcuni versi di Dante dallo spazio, quando

venne in visita a Firenze, alla Società Dantesca. Il 14 maggio, sempre a Firenze, la città dantesca per eccellenza, si è svolta la sfilata dei gonfaloni, a ricordo di quella del 1865, che inaugurò la statua di Dante dello scultore Enrico Pazzi, in Piazza S. Croce. Sempre nella città d’origine del Poeta, si è svolta la decima edizione di All’improvviso Dante 100 Canti per Firenze, durante la quale centinaia di improvvisati cantori hanno letto l’intera Divina Commedia. Si sono svolti inoltre tre appuntamenti al battistero, il 5, il 12 e il 19 maggio, per delle lectiones magistrales sulla Divina Commedia. Per coinvolgere il centro storico fiorentino, il progetto 100 Canti 100 Vetrine propone l’esposizione su ogni vetrina di una riproduzione di una pagina miniata del poema; sono copie fotostatiche provenienti da manoscritti custoditi nelle principali biblioteche fiorentine quali Nazionale, Laurenziana e Riccardiana. La Società Dantesca Italiana ha commissionato una medaglia celebrativa destinata alle personalità protagoniste delle iniziative dantesche: su una faccia vi troviamo un profilo di Dante di tre quarti, sull’altra il giglio di Firenze. Esistono però molti altri i modi per rendere omaggio al poeta. La Divina Commedia, sebbene richieda un importante bagaglio culturale per essere pienamente compresa, è sempre rimasta un’opera attuale, rivisitata oggi nei modi più originali: libri, film, videogiochi e fumetti. Sarà proprio un fumetto ad uscire in occasione di quest’anniversario: “Dante Alighieri”, di Alessio D’Uva e Filippo Rosso, illustrato da Astrid Lucchesi, giovane fumettista toscana. Questa graphicnovel coniuga alcuni spezzoni della vita di Dante con il suo viaggio immaginario tra Inferno, Purgatorio e Paradiso, mettendone in risalto gli aspetti culturali, religiosi e politici ancora così coinvolgenti. Questo perché a Dante interessava parlare dell’essenza dell’uomo, che in fondo non cambia mai.

Attualità

3


Voa Voa Credere, amare, resistere Di Ginevra Baratta II B

4

Le cellule staminali sono cellule non specializzate, in grado di rinnovarsi, che hanno quindi la capacità dì trasformarsi in altri tipi di cellule, poiché la loro funzione non è stata stabilita a priori. Nelle prime fasi dello sviluppo umano, le cellule staminali si trovano nell’embrione e sono diverse da tutte le altre. Nello studio delle potenzialità di cura che possono offrire queste straordinarie cellule sono coinvolti molti ricercatori in tutto il mondo, uniti dall’obiettivo di sfruttare la loro duttilità per poter curare malattie mortali o pesantemente invalidanti quali Alzheimer, Parkinson, ictus, diabete e sclerosi multipla. In pratica queste cellule rappresentano una sorta di serbatoio per rigenerare i tessuti danneggiati e possono essere prelevate da cordone ombelicale, placenta, midollo osseo e sangue: una volta prelevate, vengono stoccate in banche di conservazione, ovvero immerse in contenitori di azoto liquido. La legislazione che regolamenta il prelievo, la conservazione e l’uso delle cellule staminali varia da Paese a Paese; in Italia sono autorizzate solo banche cordonali pubbliche per autotrapianti o donazioni. Tuttavia, in molti Paesi non esistono ancora leggi atte a regolamentare la ricerca sulle cellule staminali umane; l’utilizzo di embrioni apre una questione assai controversa in termini etici, per cui gli scienziati si stanno adoperando per sfruttare altre fonti come, ad esempio, il midollo osseo degli adulti. Negli ultimi anni, le cellule staminali sono diventate argomento di dibattito a livello scientifico, istituzionale e mediatico, soprattutto, per la drammatica storia della piccola Sofia De Barros. Sofia, che fino all’età di due anni appariva sana e bellissima, è una bambina di cinque anni affetta da leucodistrofia metacromatica, una malattia genetica infame che porta alla paralisi ed offre un’aspettativa di vita limitata. Quando i genitori di Sofia, Caterina e Guido, hanno scoperto la malattia della loro piccina, nonostante un dolore “primitivo” che solo il genitore di una figlia con una malattia così terribile può provare, si sono dedicati con tutte le loro forze a cercare una cura. Purtroppo però la cura non esiste. L’unico sistema che hanno scoperto poter offrire un po' di sollievo a Sofia, che quotidianamente convive con dolori atroci, è la terapia con cellule staminali secondo il protocollo Stamina. Il Metodo Stamina è stato ideato da Davide Vannoni ed è rivolto soprattutto alle malattie neurodegenerative, poiché si basa sulla conversione di cellule staminali in neuroni.

Bioetica

Tuttavia, la validità scientifica di questo trattamento non è mai stata dimostrata, anche perché Vannoni (con una scelta certamente discutibile) ha sempre evitato di rivelare i dettagli del suo metodo. Nonostante ciò, alcuni medici e il direttore degli Spedali Civili di Brescia hanno consentito a Sofia di poter essere sottoposta alle infusioni e non solo i dolori sono diminuiti, ma il suo corpicino inerme ha provato a reagire facendo dei piccoli movimenti. Non avendo l’autore del Metodo Stamina seguito il protocollo di validazione previsto dalla normativa italiana, dopo qualche mese dall’inizio della cura un giudice del lavoro ha fatto interrompere le infusioni. Da quel momento la triste vicenda di Sofia si trasforma in una battaglia burocratica combattuta non solo in tribunale ma anche con denunce televisive, articoli di giornale, manifestazioni di piazza e sui social networks. Caterina e Guido sono usciti dalla loro riservatezza e hanno mostrato con compostezza e forza il loro dolore; Sofia è apparsa in televisione, aura splendente in un corpo martoriato dalla malattia. Il collage di filmati in cui Sofia ancora sana pedala sul triciclo e poi del suo corpicino pieno di cannule e cerotti ha fatto il giro di tutto il Paese, spezzando il silenzio di tante altre famiglie che vivono la stessa condanna e che chiedono attenzione, amore, una fine dignitosa per i loro cari. In pratica il Metodo Stamina è proprio questo: una terapia compassionevole. Attualmente le malattie genetiche rare non conoscono guarigione ma il loro decorso può essere rallentato, il loro dolore può essere lenito grazie all’impiego di cellule staminali. Allora vi (mi) chiedo: perché uno Stato civile non può garantire ai propri cittadini più sfortunati la decenza di una vita senza dolore e la dignità di una morte serena? Come si può rimanere indifferenti davanti allo sguardo fermo e triste di quelle mamme guerriere che la vita ha condannato alla peggiore delle prove? Il Metodo Stamina, secondo questi genitori, fa proprio questo: non cura, ma lenisce. L’immane tragedia che ha colpito Sofia non può avere risvolti positivi: l’unico germe di ottimismo è l’associazione che i suoi genitori hanno creato per sostenere la ricerca e, soprattutto, le famiglie con malati. “Voa Voa” è una onlus che ha consentito a molte persone di non sentirsi abbandonate nella lotta per ottenere le cure compassionevoli; “Voa Voa” è diventata una grande famiglia e Sofia De Barros un simbolo di sofferenza, coraggio, solidarietà e amore infinito.


E quindi uscimmo a veder le stelle Dal Cile alla Lapponia, passando per l’Italia: i viaggi astrali fanno boom. E tendenza.

Di Chiara Camarlinghi III B

Saranno le app per gli smartphone che oggi aiutano i neofiti a leggere il cielo stellato, sarà l’ammirazione suscitata dall’astronauta italiana Samantha Cristoforetti, saranno i numerosi film usciti recentemente che trattano di esplorazioni spaziali e teorie fisiche sui buchi neri, certo è che ultimamente l’osservazione del cielo fa tendenza e nessuno, fino a qualche anno fa, avrebbe previsto una tale crescita tra gli appassionati alla materia. In migliaia si sono trovati il 20 marzo sulle isole norvegesi di Svalbard e sulle Faer Oer, i punti migliori per vedere l’unica eclissi solare totale del 2015. Si va, si attende, poi si guarda, ci si stupisce, si cerca di fotografare. Sono stati tantissimi a farlo; pur di assistere, almeno una volta nella vita, all’incredibile spettacolo di un’aurora boreale si sopporta anche il gelido vento dell’Artico. Le mete più gettonate? Norvegia, Russia, Finlandia e Lapponia sono i luoghi che garantiscono la possibilità per scattare la foto della vita; ma la prima meta mondiale per i viaggiatori astrofili è il Cile, che ha addirittura lanciato un piano governativo: “Astroturismo Chile”. L’interno del paese andino si presenta infatti con un clima secco, poche città (quindi scarsa illuminazione) e alte catene montuose: condizioni perfette per osservare al meglio l’universo. Qui sorgono appunto i più grandi ed efficienti osservatori al mondo; il più avanzato, l’ALMA, ha annunciato l’apertura nel 2015 ai turisti. La notizia ha scatenato subito il business: in vista dell’ondata di turisti, nel vicino deserto di Atacama, si stanno edificando

dei residencias. Il non distante paese di San Pedro, del resto, vive di “tour astronomicos”. I tour operator consigliavano di arrivare entro il 23 maggio, per assistere alla pioggia di meteore di Lyrid e per osservare Saturno, che si trovava allora molto vicino alla Terra e opposto al Sole, quindi pienamente illuminato (il prossimo appuntamento è per il 3 giugno 2016). Ma è il 28 settembre la data da segnare in agenda per gli appassionati del cielo: ci sarà infatti l’eclissi lunare, una sorta di party astronomico globale. In Italia è nato il portale dell’astroturismo nazionale (Astronomitaly.com), che raduna astrofotografi e associazioni che organizzano gite. Diversi agriturismi e hotel di montagna si attrezzano per le serate astrofile: da citare almeno la Valle delle Aquile nei Monti Sibillini. Cielobuio.it è il portale italiano che mappa le zone più e meno “inquinate” dalle luci, il nemico numero uno degli astrofili. Secondo un recente studio un terzo dell’umanità, quella più urbanizzata, non ha mai visto le stelle. Durante l’ultimo black out totale a Los Angeles i vigili del fuoco furono contattati da moltissime persone che segnalarono “una strana scia luminescente nel cielo”: era la Via Lattea. Evidentemente, anche se le stelle stanno tornando di moda, forse ancora non lo sono abbastanza.

Astronomia

5


Gli immortalisti Quanto a lungo vorresti vivere? Di Niccolò Garbarino III B

“Fermerò il mio declino e quello dei miei amici. E farò un sacco di soldi”, “Gli uomini hanno il diritto di vivere quanto desiderano”. Così Bill Andrews e Aubrey de Grey, un biologo molecolare di 63 anni e un biochimico di 51, che non hanno nulla in comune tranne il mestiere e la stessa ossessione: la ricerca dell'eterna giovinezza. E' una storia vecchia quanto la civiltà, dalla mitologia grecoromana alla fonte della Giovinezza in Florida, passando per il Sacro Graal e la pietra filosofale: cercare di fermare il tempo che, impietoso, passa e devasta, fa sempre tendenza. Questi due scienziati eccentrici e bizzarri, esponenti estremi del filone della medicina anti-aging (scienza dell'estensione della vita), sono i protagonisti del film-documentario americano “The Immortalists”, in cui vengono seguiti da una troupe nel lavoro e nella vita privata. Volendo puntare le nostre chance di eterna giovinezza su uno dei due ricercatori della foto sopra, pochi avrebbero dubbi: scartato quello che pare un neandertaliano in abiti civili, la scelta cadrebbe sull'altro, sguardo serio dietro gli occhiali, cravatta scura e camice bianco. Poi guardatevi alcune puntate della serie: chi di loro sia più pazzo o più affidabile è questione aperta. I loro percorsi scientifici in definitiva diventano personali mentre combattono la loro maturazione e subiscono le perdite dei loro cari. Condividendo lo stesso obiettivo, Andrews e de Grey hanno affinato tattiche differenti per sconfiggere il comune “nemico”. La formula magica del biologo, che dopo un'ottima carriera alla compagnia di biotecnologie Geron ne ha fondata una sua, la Sierra Science del Nevada in cui passa 18 ore al giorno, si basa sui telomeri, le regioni che proteggono i cromosomi. Avendo scoperto nel 1997 un gene in grado di impedire l'accorciamento dei telomeri, lo inserì nelle cellule facendole diventare “immortali”. La pepita d'oro di tutte le sue ricerche sarebbe mettere a punto un farmaco in grado di attivare la telomerasi nel nostro organismo,

6 Scienza

stoppando il processo di invecchiamento senza effetti collaterali. Particolare, quest'ultimo, fondamentale: una cellula immortale va maneggiata con cura perché potrebbe dare origine a un tumore. Ma Andrews lo sa bene: “Quando abbiamo scoperto il fuoco, abbiamo dovuto imparare anche a non bruciarci. Ogni progresso arriva con le sue sfide. Ma evitare di andare avanti per paura di scottarci non è la soluzione”. De Grey è direttore in California del progetto “Strategies for engineered negligible senescence”, definisce l'invecchiamento “una faccenda immorale”, la morte “una condanna non necessaria che colpisce 100 mila persone al giorno”, e vuole disattivare tutti i proiettili con cui, a suo dire, il tempo ci trafigge: degenerazione cellulare, accumulo di cellule adipose in eccesso, mutazioni genetiche, accumulo di scorie dentro le cellule e di rifiuti nel fluido extracellulare, danni ai tessuti del corpo... La sua missione anti-aging, altrettanto feroce di quella di Bill, prevede un “approccio ingegneristico multiplo”, per dirla a parole sue. Ossia: “Ripariamo periodicamente tutti i diversi tipi di danni che il tempo fa al corpo, così da mantenere il livello di danno sotto la soglia che lo rende patogenico”. Nei loro confronti la comunità scientifica internazionale mostra curiosità e interesse, ma sopratutto scetticismo: infatti c'è chi sostiene che invertire il tempo sia come invertire la forza di gravità. Nessuno dei due si fa scoraggiare per così poco: il motto di Andrews è “cura l'invecchiamento o muori provando”, quello dell'amicorivale “bisogna solo darci dentro”. E a chi gli fa notare che come testimonial della longevità è poco credibile, dal momento che dimostra 10 anni in più, sorride e risponde: “In realtà ne ho 158...”.


Omologazione

Essere o apparire?

Di Ginevra Salesia I B

Omologazione. Questo termine viene (tanto per cambiare) dal greco “homologos” e letteralmente significa “unificazione di oggetti (o persone) tra loro in precedenza differenti”. Ecco, io penso che l'omologazione sia una grande fossa nella quale rischiamo perennemente di cadere, e anche che non ci sia cosa che succhi via la propria personalità come l'omologarsi. Questo fenomeno si presenta molto spesso nei ragazzi che, per timore di essere diversi o talvolta semplicemente se stessi, sono preda della paura di non piacere, di non sentirsi accettati e, quindi, finiscono per parlare, vestirsi e comportarsi come la massa. Siamo circondati da tremende etichette, si pretende di poter giudicare una persona da cosa indossa; il famoso detto “mai giudicare un libro dalla copertina”, sebbene non facile da praticare perché facilmente ci fermiamo davanti all'aspetto esteriore pieni di pregiudizi, non potrebbe essere più giusto. Chi dice che se qualcuno ama vestirsi di nero debba essere per forza un depresso cronico? O che piercing, tatuaggi e capelli rasta siano sinonimi di cattive persone? Spesso ci vantiamo di non essere superficiali quando, invece, siamo schiavi dei nostri preconcetti; io stessa, lo ammetto, mi faccio idee sbagliate sulle persone, ed è terribile. È anche vero che a volte il nostro aspetto e il modo in cui interagiamo con gli altri rispecchiano la nostra personalità, ma resto sempre dell'idea che, prima di giudicare una persona, la si debba conoscere, senza guardare come si veste e si atteggia perché, ripeto, capita che perfino i nostri comportamenti, in alcune situazioni, non ci rappresentino veramente e perciò non si appaia per quello che realmente siamo. Essere ciò che siamo: è tutta lì la questione! Perchè alla fine l'unica persona con cui dovremo convivere sempre e condividere ogni momento saremo, sempre e solo, noi stessi; meglio mettersi in testa fin da subito che, se dobbiamo subire dei cambiamenti, che questi siano sempre in armonia con quello che siamo, perché alla fine, se non ci apprezziamo noi per primi, come faremo a piacere agli altri? D'altronde sarebbe anche insensato vivere amicizie -o rapporti in generale- basati su finzione e costruzioni mentali che in realtà non ci appartengono.

Per non parlare della fatica che, immagino, si debba durare a seguire sempre le nuove tendenze. Avere il “coraggio” di essere noi stessi al cento per cento: non è cosa da poco, perché credo che a ognuno di noi sia capitato, in determinate occasioni, di lasciarsi trascinare e non farsi sentire. Vedo, anche, come forma di omologazione, il non-omologarsi di proposito, voglio dire “non compro quei pantaloni perché ce li hanno tutti”: non è giusto, ci si deve sentire liberi di fare ciò che vogliamo, soprattutto per cose così banali; bisogna comportarci per le persone che siamo, non come quelle che vogliono farci credere di essere. A maggior ragione non dobbiamo assolutamente adeguarci allo stereotipo delle persone che ci illudiamo siano quelle che piacciono, e questo solo per piacere a qualcuno, magari ad individui per i quali, forse, non vale neppure la pena piacere. Si deve piacere per quello che si è e non perché siamo “omologati”. Non dimentichiamoci che la bellezza è nella diversità e il mondo è bello proprio perché vario; come la natura ed il paesaggio sono vari, così le persone sono e devono essere diverse: mille personalità, hobby, obbiettivi, desideri diffusi nella gente e nella nostra persona, libera di mutare nel tempo. L'amicizia spesso nasce tra persone molto differenti, che con la loro diversità si completano, dando così un valore aggiunto all’esistenza. Le diversità strappano sorrisi e fanno vedere la vita in un’ottica particolare. L'omologarsi, fine a se stesso, è sbagliato, non dà sicurezze, illude di darle, e non permette, spesso, lo sviluppo della propria personalità.

Sociologia

7


The show must go on

La musica del sogno

Di Giulia Lanzafame I B

8

In una società di ragazzi che si appassionano ogni giorno a nuovi tipi di canzoni, è sorprendente come, contro ogni aspettativa, la musica del passato rimanga attuale, inserita nei loro Ipod e ascoltata come se fosse un inno alla gloria dei “bei vecchi tempi”, mai vissuti. E certamente, in una playlist un po' datata che si rispetti non può mancare una canzone dei Queen. Questa storica band nacque nel 1968 quando il chitarrista Brian, e il suo collega e amico Tim, decisero di formare un loro gruppo e pubblicarono un annuncio per trovare un batterista. Sì presentò Roger Taylor, che con le sue capacità fece colpo sui due amici, entrando a far parte della band degli allora chiamati “Smile”. La svolta decisiva per questo trio avvenne con l'arrivo di Farrokh Bulsara (Freddie), il cantante con il quale registrarono il loro primo singolo. La partenza in sordina indusse Tim ad abbandonare la band, mentre gli altri, incoraggiati da Freddie, continuarono il loro lavoro e, nel 1971, trovarono finalmente il quarto membro del gruppo, il bassista John Deacon. Intanto il quartetto cambiò nome in “Queen”. "Queen è un nome corto, semplice e facile da ricordare ed esprime poi quello che vogliamo essere, maestosi e regali. Il glam è parte di noi e vogliamo essere dandy" diceva Freddie, centrando perfettamente ciò che sarebbe poi diventata la “sua” band: qualcosa di maestoso ed appariscente, che non richiedeva alcuno sforzo per essere ricordata, e che sicuramente non sarebbe passata inosservata. Il percorso universitario non impedì ai quattro giovani di portare avanti il loro sogno; nel 1971, dopo il tour organizzato in Cornovaglia per acquistare esperienza di nuove canzoni e palcoscenico, alla band fu offerta la possibilità di registrare gratuitamente nei nuovi De Lane Lea Studios. Canzoni come Liar, Keep Yourself Alive e Stone Cold Crazy attirarono l'attenzione di John Anthony, discografico della Mercury Records. Così nel 1972 i Queen iniziarono a incidere il loro primo album, che terminarono nel gennaio 1973; a marzo i

Musica

quattro firmarono il loro primo contratto discografico... Beh, direi che il resto è storia, una storia davvero speciale; raccontare di compositori così abili non significa solo mettere in evidenza le date importanti e il loro farsi strada nel mondo della musica, bensì dimostrare la magia dell'arrivare direttamente ai cuori senza neanche il bisogno di tracciare un sentiero. Queen, per me, vuol dire molto più di 'regina'; le loro canzoni sono ogni volta un salto nel tempo: quel giorno in macchina con mio zio, quando alla radio non passava niente di buono; quel CD blu con una scritta nera che mi aveva fatto sperare di sentire le canzoni delle principesse Disney; quella sorpresa nel rendermi conto, poche settimane dopo, di quanto mi fosse piaciuto sentire lo zio cantare tutti i testi a memoria, tamburellando con le dita sul volante della macchina e facendomi venire voglia di ballare. Da quando cantare, su quell'automobile, era diventato un rito, mi domandavo come si facesse a far emozionare le persone a tal punto 'solo' con la musica. Ora so che va tutto oltre una nota. E' qualcosa di più grande, molto meno astratto di quanto si pensi. E' il sogno, la magia che ha mandato avanti la band. Quella voglia di farcela, quel dimostrare che niente e nessuno può impedirci di costruire qualcosa di veramente speciale e nostro per rendere tutti un po' più felici. Tutti e quattro ci hanno dato tanto, ma adesso devo passare a concentrarmi sul mio idolo, Freddie. Perché non è certo una malattia a toglierci quel desiderio speciale che esprimiamo ogni volta che vediamo una stella cadente. Lo show va, lo show DEVE andare avanti; non è la morte che ci porta via dalle anime. E allora, se come me avete un sogno, spero di averci fatto un salto anch'io nel vostro cuore: di non avervi solo fatto venir voglia di pensare, sorridere e poi dimenticare. Alzatevi dalle sedie, sentitevi degli uragani, perché qualsiasi cosa faremo un giorno, sarà unica. Trovate il coraggio. Si sono appena accese le luci, lo spettacolo sta semplicemente cominciando.


Cogli l'attimo La capacità di trasformare le immagini in opere d'arte

Di Rebecca Papi I B

Ogni momento che viviamo può essere catturato e rivisto, ignaro degli anni che passano. Ci avevano già pensato le illustri menti del passato a cercare un modo per immagazzinare gli istanti; tutto iniziò con lo studio più approfondito della luce e delle immagini che essa crea, se ben utilizzata. Nell’antica Grecia il filosofo Aristotele notò che i raggi solari, passando attraverso un piccolo foro, proiettano un’immagine circolare; è lo stesso principio che porterà, secoli dopo, alla creazione della camera oscura, usata per osservare anche le eclissi di sole. La fotografia e lo sviluppo di un’immagine nascono da studi legati essenzialmente alle analisi di fenomeni naturali, e solo nel tardo ‘800 saranno adoperati per ricordare e parlare di eventi avvenuti. La fotografia nasce perciò dalla camera oscura, definita da uno scienziato arabo nel 1039 come una scatola contenente delle immagini che si riproducono. Queste ricerche vennero portate avanti nel 1515 da Leonardo Da Vinci, che studiò la riflessione della luce solare su superfici sferiche, metodo impiegato dai pittori dell’epoca per effettuare rappresentazioni maggiormente realistiche dei paesaggi. Queste definizioni possono però suonarci astratte: qual è l’esatta descrizione di questa camera? Dobbiamo immaginarcela come una scatola chiusa e buia, dove è praticato un piccolo foro attraverso il quale passa la luce, che proietta sulla parete opposta un’immagine fedele, anche se capovolta, a quella dell’ambiente esterno. L’evoluzione dei progetti delle varie camere oscure porta i primi risultati significativi nel 1685; in seguito si scoprirà che il nitrato d’argento annerisce con l’esposizione alla luce e così, nel 1826, si fisserà la prima stampa su peltro ad opera del francese Nièpce. Dopo questo ulteriore avanzamento entrerà in gioco un pittore che sarà il padre del successo della fotografia: Louis Mandè Daguerre. Intanto William Talbot, nel 1833, realizza un’immagine in negativo. Dopo anni di duro lavoro volto all’invenzione di vere e proprie fotografie durature, il 7 gennaio del 1839 Daguerre mise a punto il dagherrotipo, una lastra di rame di cui non è possibile fare copie e da conservare sotto vetro; la realizzazione di questo procedimento fotografico implicava troppi costi e svantaggi. Ma nello stesso anno si svilupparono

processi più pratici che avevano come protagonista il cloruro di argento. Con l’accrescersi della popolarità e del fascino di questo strumento, serviva un termine adatto per identificarlo: nacque, quindi, la parola derivata dal greco, “phos” luce e “grapho” scrittura. I seguenti quarantanove anni sono dedicati ai miglioramenti in campo chimico e alchemico delle varie soluzioni usate per sviluppare la stampa dell’immagine. Nel 1888, George Eastman figurerà come capo dell’industria fotografica e si deve a lui l’invenzione delle macchine fotografiche, grazie a cui chiunque poteva avere un suo ricordo istantaneo. Nel 1892 fondò la Eastman Kodak & Co. e la fotografia diventò oggetto di massa soprattutto quando i fratelli Lumière, nel 1907, si dedicarono ad esperimenti in questo campo che portarono alla nascita della fotografia a colori. A quel punto la fotografia si estese ai più differenti campi, tra cui il giornalismo, una prova ne è la rivista americana Life. Il fondatore Henry Luce considerava il suo settimanale come un’innovazione: far vedere (quasi visitare) il mondo che circonda una persona, rendendola partecipe di piccoli gesti, catturati nella bellezza di una foto. Fotografi di fama, che hanno collaborato per questa rivista, amavano poter mostrare le loro foto in una pagina; sono i sentimenti che si provano quando ci si appassiona a quest’arte. Perché piace fotografare? Una macchina fotografica è un bell’oggetto, però una foto deve avere quella scintilla che colpisce. Non credo che servano molte ricerche per comprendere come mai uno strumento così complesso possa essersi trasformato in un qualcosa di tanto semplice e comodo come una macchina digitale. Probabilmente è la motivazione per il quale è nato – condividere con gli altri ciò che il tuo occhio vede - a mostrare l’artista nascosto in alcune persone. Il quesito rimane aperto e la risposta è soggettiva. Ma forse molti si possono ritrovare nella sensazione di fotografare non cosa si trova davanti all’obiettivo, ma cosa vediamo noi. Solo in questo modo trasmettiamo l’incanto contenuto in quel momento che si trasforma in capolavoro.

Fotografia

9


Estate a tempo di musica Ricetta per un'estate indimenticabile: sole, amici e, soprattutto, tanta buona musica.

Di Flavia Tossi IV B

Potete sentirla, si avvicina piano piano, quasi di soppiatto, se affinate l’udito potete sentire le onde che si infrangono sugli scogli, il sole sulla pelle? Ebbene sì, l’estate sta arrivando, finalmente. Certo, questa primavera piovosa può renderci scettici, ma non disperate, il sole oltrepasserà le nuvole prima o poi. L’estate è il nostro paradiso personale, ma è anche una sfida dall’inizio alla fine, partendo dalla programmazione. Innanzitutto bisogna trovare qualcosa che vada bene a tutta la comitiva. Non è esattamente facile. Se c’è una passione però che accomuna più o meno tutti noi coetanei è l’amore per la musica e questo può essere un ottimo punto di partenza. Se vi piace la musica infatti sarete felici di sapere che come ogni estate l’Europa e l’Italia, si costellano di magnifici festival musicali tutti da vivere. Penso che sappiate cosa sia un festival musicale, ma per rinfrescarci la memoria dobbiamo andare un po’ indietro nel tempo. La cultura dei festival, infatti, nasce tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 sviluppandosi insieme ai movimenti hippie e di lotta giovanile. I due appuntamenti che hanno dato inizio a questa meravigliosa tradizione sono il celeberrimo festival musicale di Woodstock, tenutosi nello stato di New York nel 1969, e il meno celebre, ma altrettanto importante festival dell’isola di Wight, in Gran Bretagna che dopo le prime tre edizioni tenutesi dal 1968 al 1970 fu interrotto e successivamente riproposto ogni anno a partire da 2002. Sui palchi di questi due festival, che hanno spianato la strada a tutti gli altri, si esibirono artisti del calibro di Janis Joplin, The Who, Jimi Hendrix, Santana e moltissimi altri. Fu una sorta di rivoluzione, mai si era potuto immaginare che così tanti artisti di quel livello potessero esibirsi nello stesso luogo e a cosi breve distanza. Certo, quelli erano anni in cui il cambiamento era nell’aria e i musicisti spesso si fecero direttamente fautori di quel cambiamento. Anche grazie al loro impegno noi possiamo passare l’estate saltando agilmente da un festival all’altro, come niente fosse. Vi basta

10 Eventi

infatti fare una piccola ricerca sui vostri pc, tablet e smart phone per scoprire un mondo totalmente nuovo e tutto da esplorare! Le possibilità sono quasi infinite, ogni stato offre infatti una vasta gamma di festival interessanti che vanno dalla musica classica a quella rock, senza dimenticare elettronica, house, jazz , RnB etc.; ce n’è davvero per tutti i gusti. Negli anni inoltre il concetto di festival musicale si è evoluto allargando i propri orizzonti anche a performance visive e artistiche di vario tipo. Bisogna inoltre ricordare che l’esperienza del festival non si limita solo all’aspetto uditivo e visivo. Essendo, infatti, quasi tutti i festival programmati per durare dai tre ai dieci giorni si può decidere di non assistere solo ad un concerto singolo, ma di fare tutta l’esperienza pernottando presso strutture appositamente attrezzate o in tenda, avendo in questo modo la possibilità di fare nuove amicizie e incontri. Per chi, però, non avesse voglia di immedesimarsi nei panni dell’intrepido esploratore e preferisce non espatriare per un’avventura a tempo di musica, sappia che non ci sono problemi. L’Italia infatti è culla non solo del rinascimento, ma anche di alcuni festival decisamente importanti come quello della vicina Lucca che quest’anno avrà l’onore e l’onere di ospitare artisti fantastici quali Bob Dylan, John Legend, The Script, Elton John e Robbie Williams. Detto questo – sperando di non avervi annoiato a morte- “it’s all up to you” sta a voi, cioè, cercare quale festival faccia al caso vostro: che sia la scusa per abbracciare nuovi paesi e culture in giro per l’Europa e per il mondo o semplicemente un modo per ascoltare dell’ottima musica insieme ai propri amici senza troppa fatica. In ogni caso partecipare ad un’esperienza del genere è sicuramente qualcosa da aggiungere alla lista “cose da fare almeno una volta nella vita” e, chissà, magari potreste scoprire che il vostro artista preferito, tra un tour mondiale e l’altro, suona a due ore da casa vostra.


Pagine in sequenza

Molto bello, incredibilmente vero

Di Margherita Barzagli IV B

Vorrei poter usare qualcosa di affascinante ed intrigante per giustificare la mia scelta di recensire proprio questo libro, ma, in realtà, credo solo che questo romanzo sia uno fra i pilastri più importanti della letteratura più recente. New York City, 11 settembre 2001. Il signor Schell lascia un messaggio nella segreteria di casa in cui dice “C’è qualche problema qui alle Torri Gemelle, ma è tutto sotto controllo”. Il primo ad ascoltare questo messaggio è suo figlio, Oskar, un bambino incredibilmente fantasioso e la voce narrante del libro. Il piccolo Schell ha sempre molte domande da porre a sua madre e a sua nonna, molte delle quali legate al suo papà e alla vita prima “del giorno peggiore”. Un giorno Oskar, sentendosi particolarmente triste e malinconico, decide di andare a rovistare fra le vecchie cose del suo papà, nel tentativo di sentir nuovamente il suo buon odore di pulito o l’eco delle storie che era solito raccontargli alla sera, sdraiato accanto a lui nel letto. Inaspettatamente però trova una busta bianca di carta, sulla quale a penna suo padre aveva scritto “Black”. Oskar, una volta strappato l’involucro, trova una chiave di metallo di medie dimensioni e collega questo suo ritrovamento ad un gioco che era solito fare col suo papà, ovvero partire da un indizio e, giocando all’investigatore, giungere ad una meta o ad un tesoro che il signor Schell gli aveva nascosto da qualche parte, in casa o magari nell’intera New York. Il bambino allora inizia a scervellarsi circa il valore che può avere la parola scritta sulla busta. Sarà un cognome? Un colore? Una persona? Una sigla? Ad ogni modo lui è deciso a scoprire il significato e la relazione che intercorre fra suo padre, quella chiave e le 5 lettere scritte sulla busta. Con infantile caparbietà, l’elenco telefonico di Manhattan alla mano e il bisogno di ritrovare un ricordo, più o meno tangibile, di suo padre, Oskar inizia la sua ricerca telefonando e incontrando tutti i Black della città. Mentre viaggia a bordo dei tipici taxi gialli continua i suoi monologhi interiori sulle sue manie, come quella di vestirsi sempre e solo di bianco, sul vuoto che dopo la morte del padre si è creato fra il bambino e la mamma, sulle buffe invenzioni a cui pensa prima di dormire o su quando ha “le scarpe pesanti” per la tristezza e la malinconia. Oskar continua la sua ricerca disperata, incontra le persone più diverse, alle quali chiede molte cose senza peli sulla lingua,

con infantile ignoranza ma adulta serietà quando si tratta di spiegare il motivo di quella ricerca. Riceve abbracci, frasi di circostanza e sguardi pieni di pena da parte di ogni Black della città, ma purtroppo nessuno è capace di dirgli niente circa la chiave ed il signor Schell. Parallelamente a questa storia ne scorre un’altra, che parla delle radici della famiglia di Oskar, dei suoi nonni che sono scappati dai bombardamenti di Dresda, del nonno silenzioso e che comunica solo ogni tanto, scrivendo su un foglio, della nonna che scrive per raccontare la sua storia al nipote, con il quale passa la maggior parte del suo tempo; e poi ancora, gli innumerevoli quaderni e diari del papà, pagine sconnesse, bianche, con macchie d’inchiostro che farebbero pensare ad errori di stampa quando invece sono fogli colmi di significato. La mamma di Oskar sa bene che il vuoto fra lei e suo figlio, creatosi dopo la morte di suo marito, è incolmabile sia per lei che per il piccolo; perciò asseconda il bambino, cerca di rispondere alle sue domande più strampalate, lascia che lui scriva lettere alle figure di spicco dell’America di ormai una decina di anni fa, perché con Oskar si può solo fare così. La ricerca della serratura continua, e si scoprono le più disparate realtà all’interno della città di New York. Il curioso bambino chiede spesso di scattare fotografie alle case, agli oggetti o alle persone stesse che secondo lui hanno a che vedere con il suo papà e tutti quei Black che ha conosciuto; alla sera si mette ad analizzare e classificare tutti gli indizi che ha trovato e nei momenti più cupi inizia a pensare e a viaggiare con la mente, mentre suona il tamburello e parla con la nonna tramite piccoli walkie talkies. Non ho intenzione di svelarvi la fine di questo romanzo, ma non aspettatevi chissà quale documento storico circa l’11 Settembre 2001 e neanche rivelazioni incredibili. La trama è tanto complicata quanto bella ed intrisa di un misto di malinconia, innocenza, dolcezza e mistero; i capitoli sono spesso sconnessi fra loro, così come le parole talvolta appaiono messe a caso. Come per ogni libro, anche per questo bisogna preparare i giusti strumenti di lettura. In questo caso, c’è bisogno di lasciarsi andare con l’emotività. Perché molte volte è proprio questa la chiave di tutto. Buona lettura!

Rubrica di letteratura

11


Il bel paese

L'ultima scelta, l'ultima occhiata, un ultimo passo. Di Costanza Mannini IV C

Tornata nella propria stanza si affacciò alla finestra, fuori era buio pesto ed era quasi impossibile poter distinguere con esattezza le figure che entravano e uscivano dal giardino. Agli occhi di Silvia parevano tante piccole formiche indaffarate nelle loro faccende. Era il momento adatto per attuare una fuga. In mezzo a tutto quel trambusto causato dal temporale e dagli ospiti inattesi l'attenzione non sarebbe di certo ricaduta su Silvia, che nel frattempo si calava lentamente dal balcone cercando di mimetizzarsi il più possibile con la facciata del palazzo. Una volta riuscita ad evadere dal palazzo si era camuffata lungo la strada per il villaggio con un mantello che la copriva fino alla chioma. Finalmente giunse in paese, in preda al subbuglio, tra chi cercava di mettere al sicuro le proprie merci e chi correva in cerca di un rifugio dove potersi riparare dalla forte pioggia. Nella confusione udì delle grida non molto distanti e ben presto individuò una figura che correva nella sua direzione. Lo sconosciuto travolse Silvia senza volerlo e gettandola a terra, proseguì ancora per un piccolo tratto, ma dopo poco ritornò sui suoi passi. Silvia si stava rimettendo in piedi quando vide una mano che si tendeva davanti a lei. Non esitò, la afferrò e si rialzò in fretta. Sollevò leggermente il cappuccio dell’estraneo per poterlo vedere negli occhi e ringraziarlo di quel gesto premuroso, ma fu forse la cosa più bizzarra e allo stesso tempo più inaspettata che mai le capitò. Era un ragazzo, giovane, forse poco più grande di lei. Questi la fissò per un breve attimo per poi abbassare nuovamente gli occhi verso terra, ma bastò quel rapido scambio di sguardi per catturare l’attenzione di Silvia, già persa in quegli occhi puri come l’acqua. Quel magico momento fu spezzato quando in lontananza un gruppo di guardie si diresse verso di loro con aria minacciosa. Silvia capì che era stata sorpresa fuori dal palazzo o almeno pensava che quello fosse il motivo di quel frenetico inseguimento, ma aveva torto e capì tutto quando notò che il suo compagno era ferito su un fianco, così lo strinse a sè e corsero via, cercando di nascondersi tra la folla e l’oscurità della notte. Solo in un posto non li avrebbero potuti trovare, un posto dimenticato da tutti, tranne che da Silvia: la bottega. Man mano che procedevano assieme, il peso di quel ragazzo misterioso aumentava sempre più,

12

Scrittura creativa

costringendo Silvia a ricorrere a tutte le sue forze per sostenere quel corpo. Infine giunsero alla meta e con un ultimo sforzo lo posò delicatamente su una sedia mentre si guardava attorno, cercando qualche telo morbido su cui farlo distendere. Dopo aver trovato ciò che le serviva lo fece sdraiare e gentilmente gli chiese se poteva dare un’occhiata alla ferita. Fortunatamente non era profonda e non aveva quindi leso alcuna parte vitale, così lo rassicurò mentre pensava già quale impacco usare per quel tipo di infortunio. Uscì per andare a prendere delle erbe curative, stando attenta a non farsi vedere e dentro di sé, nonostante quello che era accaduto, era felice come non lo era da tempo. Quando tornò il ragazzo, che prima aveva perso momentaneamente i sensi, si stava riprendendo e quando la vide tornare le chiese qual’era il suo nome e la ringraziò per quello che aveva fatto e per ciò che stava per fare, poi si presentò a sua volta, dicendo di chiamarsi Iaco, uno straniero venuto dal mondo esterno. Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso per Silvia che si trovava finalmente faccia a faccia con un forestiero, aveva così tante domande da porgli, così tanti pensieri da esprimere, e sensazioni e speranze che si era serbata per un avvenimento di questo genere, la sola ed unica fonte di speranza dentro a quelle quattro mura spente. Quella notte parlarono molto, tanto che da notte divenne giorno e arrivò con esso il momento per Silvia di tornare nella propria camera, prima di essere scoperta. Iaco le fece promettere di tornare a trovarlo, ma Silvia non aveva bisogno di farselo ripetere e ad ogni attimo libero che si presentava, non esitava a raggiungerlo. Più i giorni passavano e più la voglia di rivedere Iaco si intensificava, era inevitabile che tra i due fosse nato, oltre ad una grande complicità, anche un grande affetto. Passarono settimane e Silvia continuava a tenere nascosto il suo prezioso segreto e ogni sera si recava da Iaco, ma ben presto entrambi ammisero che non potevano più continuare a nascondersi, era giunto il momento per Silvia di prendere la decisione più dolorosa della sua vita. Discussero per tutta la notte, progettando una fuga perfetta per poi poter finalmente vivere allo scoperto. Alle prime luci dell’alba il piano era stato stabilito e Silvia stava rincasando mentre ripassava dentro sé


il progetto. Ma una volta entrata nella propria stanza, ad attenderla, in piedi, con un volto imperscrutabile, trovò suo padre. Aveva sempre saputo quello che stava facendo, lo aveva capito fin dal primo incontro, quando il giorno dopo aveva visto un nuovo bagliore di luce negli occhi di Silvia ed un sorriso che aveva perso da tempo, sapeva di Iaco, della bottega e non ci voleva molto a capire che ben presto sarebbero scappati. Silvia tentò di dare delle spiegazioni, ma non ottenne alcuna risposta, finché, dopo essersi gettata in lacrime ai piedi di suo padre, implorandolo di non fare del male al suo amato, ricevette la seguente risposta: “ Figlia mia, io ho commesso molti errori nella mia vita e nei momenti più bui ero certo di trovare conforto e riparo da tua madre e vedendoti adesso qui ai miei piedi in lacrime, pronta a sacrificarti per il tuo amato, me la ricordi, perché è riuscita a trasmetterti la speranza e l’amore che io non ho saputo darti in tutti questi anni. Ma sai anche che le regole vanno rispettate e tu mi hai disubbidito non solo come cittadina, ma come figlia, dando rifugio ad un forestiero, dando riparo alla gente che ha ucciso tua madre. Di certo non ho intenzione di perdere anche te. Sono io che ti chiedo di restare e ti prometto che non torcerò un capello al tuo amato se ti lascerà tornare da me, mentre gli sarà concesso di andarsene per sempre. Ma se tu non lo farai, allora non ti chiamerò più figlia e la tua presenza non sarà più permessa in questo paese”. Dopo aver detto ciò se ne andò, lasciando Silvia in preda alla disperazione assoluta. Nel frattempo un gruppo di guardie irruppe nella bottega, catturò Iaco e lo portò in carcere.

Durante la notte Silvia prese una decisone e si diresse verso la prigione, convinse le guardie a lasciarla sola con lui e a quel punto dalla veste prese una chiave e lo liberò. Aveva fatto la sua scelta e, anche se a malincuore, non sarebbe più tornata indietro, non sarebbe più tornata a quella vita di prima che la imprigionava come un animale in gabbia, voleva vivere, imparare e amare cose nuove, voleva la propria libertà e niente e nessuno le avrebbe più fatto cambiare idea. Quella stessa sera sarebbe scappata via assieme a Iaco e assieme a lui avrebbe dato inizio ad una nuova vita, la loro. Sfruttò i vari corridoi segreti del palazzo per ritrovarsi infine davanti alle imponenti mura che pareva sapessero quello che stava per fare. Si voltò un'ultima volta. Sembrava che il paese la stesse giudicando, come se quei tetti e quelle pietre possedessero un'anima e stessero richiamando Silvia a sé. Quel paese in cui era vissuta, distrutto e caduto in preda al suo stesso intento di protezione e conforto per gli emarginati, era diventato una prigione cupa e stretta, rendendo la gente uguale a quella che stava al di fuori, gli stessi da cui si erano voluti estraniare. Infine Silvia tornò a guardare avanti procedendo con fermezza, senza più voltarsi indietro, fiera di non sentirsi parte di quello pseudo bel paese.

Scrittura creativa

13


Ave atque vale

Un saluto, ma non un addio

Di Elena Brunori, Francesca Manetti, Camilla Pratesi e Isabelle Seidita V C E così finisce questo viaggio, un viaggio che è durato ben cinque anni. Dobbiamo ammettere che non è stato facile! Tutto è iniziato nel lontano 2010, chi con il diario della Tokidoki, chi con il ciuffo piastrato, chi con magliette molto imbarazzanti. Per fortuna adesso siamo cambiate (forse in peggio?). Poi sono arrivati il greco e il latino, le declinazioni, le prime versioni, le mani nei capelli consultando i dizionari, tutte cose che di certo conoscerete per esperienza. Eppure alla fine queste lingue “morte” che ci hanno fatto penare per cinque anni, sono diventate il motivo per cui ognuna di noi sceglierebbe di nuovo questa scuola. Districandoci fra Dante, Alceo e Seneca siamo sopravvissute e speriamo di essere pronte ad affrontare ciò che verrà, anche se la maggior parte di noi non sa ancora quale direzione scegliere. Molti quando si sentono dire “Vado al liceo classico” cominciano con le consuete frasi: “Ma sei pazza?” “Perché studi quelle lingue morte che non ti servono a nulla?”. Tutte queste persone non hanno idea delle possibilità che questo piano di studio può offrire; non è un semplice tradurre lingue che poi non ti troverai a parlare, o studiare concetti e pensieri di filosofi e poeti che ormai sono morti. Inoltre poiché molti pensano che questa scuola non offra in seguito sbocchi professionali, le iscrizioni al liceo classico stanno diminuendo. Certamente per chi cerca un lavoro immediato dopo le superiori è meglio un buon diploma di ragioniere o di geometra, professioni di cui si ha sempre bisogno. Se invece si pensa all’università, il liceo classico, come dice Umberto Eco "Prepara alle professioni del futuro". Esso offre la possibilità di fare qualsiasi facoltà, medicina e ingegneria comprese, dove certamente troveremo nei primi tempi delle difficoltà, non avendo ricevuto una preparazione concentrata su materie scientifiche, ma poi, grazie alle competenze e al metodo di studio che abbiamo appreso, ci accorgeremo che, con un po’ di sforzo, possiamo seguire ogni nostra passione. Questa scuola ci ha insegnato a ragionare, a considerare ogni aspetto di una situazione, ad aprire la nostra mente e ad osservare la realtà che ci circonda con diplomazia, ovvero con entrambi gli occhi. Molti possono pensare a questa scuola come qualcosa di inutile, che non fornisce alcuna competenza

14 Esperienze di vita

specifica utile per sopravvivere in questo mondo strampalato, ma noi non siamo d'accordo. Il classico è una scuola di vita, che attraverso giganti della storia, della filosofia e della letteratura ci fornisce gli strumenti per comprendere cosa succede intorno a noi e per partecipare attivamente alla vita. Certo, sommersi dalle terribili frasi di greco e dai ragionamenti astrusi di Aristotele non riusciamo ad apprezzare queste cose, ma piano piano,e soprattutto quando sarete al vostro ultimo anno, ne scoprirete la bellezza, e magari proverete anche un po' di nostalgia. In nessun momento noi abbiamo apprezzato tanto le cose che, imparate tra i banchi di scuola, sembravano così lontane e irreali, quanto durante le gite: già al quarto anno, vedere le tragedie greche rappresentate al teatro di Siracusa ci ha avvicinato a quel mondo. Per non parlare poi della Grecia. Certo, è un paese che potrebbe deludere le aspettative di molti, non è rimasto poi molto se paragonato al suo immenso passato. Per apprezzarla bisogna saper guardare oltre le apparenze, riempire con l'immaginazione i vuoti lasciati dal tempo, vedere quello che c'è stato dove sembra non esserci più niente. E in fondo è quello che questa scuola fa: insegna ad apprezzare ciò che è venuto prima di noi. Un grande "grazie" va alle persone che ci hanno condotto fino a questo traguardo finale. Cinque anni fa non avremmo mai creduto che i professori potessero diventare una parte cosi importante del nostro passato; sono riusciti a trasmetterci le loro passioni e conoscenze senza ricorrere a legami mistici, ma con il potente aiuto dei libri, la migliore arma in nostro possesso. Ed infine un saluto, che viene dal cuore, a chi ci ha accompagnato e ha tagliato ogni traguardo insieme a noi e a chi a queste mete deve ancora arrivarci, ma ha già compiuto il grande passo, scegliere il liceo classico.

This is not the end ofus This is the beginning Hold on We are alive


Cruciverba a piramide

Di Fox

ORIZZONTALI

VERTICALI

2) Nè tuo nè mio 4) Si paga alla fine 7) Si fa e si disfa 9) Un modo di cucinare il pollo 11) Consonanti in rosa 13) La si prova a non far niente 14) La capitale d'Italia 16) Si spiega al vento 19) In mezzo al topo 20) Felice 21) Si scioglie nella minestrina

1) Viene dopo la domenica 2) Scalda in cielo 3) Tra il sette e il nove 5) Ottimo senza la pianta 6) Accesa segnala un problema 8) Metallo prezioso 9) Non in compagnia 10) Le vocali in città 12) Nebbia scura e fumosa 13) Macchioline della pelle 15) Producono il miele 16) Metà vaso 17) Il grande fiume italiano 18) Iniziali di Manzoni

Giochi 15


Hermes

_ il messaggero

Il giornale del Liceo Classico Machiavelli

LA REDAZIONE:

Elisabetta Adamo IV B Ginevra Baratta II B Margherita Barzagli IV B Elena Brunori V C Chiara Camarlinghi III B Giulia Colli I B Arianna Dessì IV B Niccolò Garbarino III B Giulia Lanzafame I B Francesca Manetti V C Costanza Mannini IV C Rebecca Papi I B Manfredi Pinzauti IV B Camilla Pratesi V C Vieri Raddi II B Ginevra Salesia I B Isabelle Seidita V C Flavia Tossi IV B Giovanni Viti II B e la prof.ssa Giovanna Sansone Grafica: Francesca Manetti

Ci vediamo l'anno prossimo!

REGOLAMENTO:

Chi volesse partecipare con un articolo o un disegno é caldamente invitato ad inviarli al nostro indirizzo di posta elettronica: il materiale verrà pubblicato solo se ritenuto pertinente, dal contenuto non offensivo o volgare e se rispetterà i limiti di spazio (5000 caratteri circa). Inoltre, la redazione si riunisce ogni venerdì dalle 13.30 nell'aula 317 al secondo piano ed è aperta a chiunque desiderasse assistere o dare un suo contributo.

CONTATTI:

hermes.ilmessaggero.redazione@gmail.com

SITO DEL GIORNALE A COLORI:

http://issuu.com/Hermes.Il.Messaggero

PAGINA FACEBOOK:

https://www.facebook.com/hermesilmessaggero.classicomachiavelli

SOLUZIONI CRUCIVERBA A PIRAMIDE:

ORIZZONTALI 2) suo 4) conto 7) letto 9) spiedo 11) rs 13) noia 14) roma 16) vela 19) op 20) gaio 21) formaggino VERTICALI 1) lunedi 2) sole 3) otto 5) ot 6) spia 8) oro 9) solo 10) ia 12) smog 13) nei 15) api 16) va 17) po 18) am


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.