Hermes - Marzo 2015

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Febbraio 2015 Anno III Numero X

Copertina: Arianna DessĂŹ e Greta Martini


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Sommario

Attualità

Parliamo di Libertà

Di Flavia Tossi

Attualità e Storia

Due parole sulla donna

Donne e dignità

Ove femine son, son liti e risse

Di Arianna Dessì

Di Manfredi Pinzauti IV B

Arte e Cultura

Quanti di voi sentivano la mancanza del mio editoriale

Di Manfredi Pinzauti

Non vi nascondo che ho provato più di una volta a cedere la prima colonna del giornale a qualcun altro, ma, come potete vedere, ogni tentativo è stato vano. Il numero di questo mese, combaciando con l'Otto Marzo, si focalizza sulla figura della donna, nell'attualità come nella storia, con particolare attenzione alle grandi donne del passato e alle battaglie per la parità di genere. E della donna stavolta vorrei parlare anch’io. La figura femminile nel nostro paese è stata associata alla cultura molto di rado. Spesso non è stata nient'altro che un'informe massa di forme avvenenti in televisione, nelle pubblicità e, nell'ultimo ventennio, anche in politica. Un oggetto pressoché inutile, una carta da giocare quando si rendeva necessario alzare l'audience di un programma o la popolarità di un governo. Insomma, abbiamo visto la donna come un soprammobile, totalmente priva d’iniziative proprie, ma allo stesso tempo di indubbio valore estetico. Viviamo con la mente perennemente offuscata dalle “farfalline” e dalle ministre trentenni con audaci scolli, dimenticandoci di ciò che distingue l'essere umano dalle bestie: l'intelletto. Davanti a così tanta volgarità e superficialità non possiamo e non dobbiamo chinare la testa, donne, ma anche uomini. E' una basilare questione di civiltà. Per quanto sembri ormai un problema troppo radicato, solido e insormontabile dobbiamo rifiutarci di vederlo come tale. Ultimamente in molti si sono riscoperti “suffragette” proponendo quote rosa e leggi contro il femminicidio. Mi permetto di ritenerle risoluzioni troppo superficiali per un problema troppo profondo e complesso. In questo modo non facciamo altro che mettere in risalto differenze inesistenti. Dobbiamo agire alla radice, partendo dall'educazione all'uguaglianza e al rispetto perché la cultura possa finalmente riuscire a soppiantare quella superficialità prepotente e sfacciata che sembra controllare il mondo di oggi. E' questa la mia più grande speranza.

Invito a Palazzo Rinuccini moralista? Nessuno? Più che comprensibile.

Cinema

Tra finzione e realtà

Di Ginevra Baratta

Natura

Oro bianco Di Niccolò Garbarino

Esperienze di vita

Parole d'oltreoceano

Di Federico Romanelli

Esperienze di vita A volte ritornano Degli Ex Redattori

Rubrica di letteratura Pagine in sequenza

Di Margherita Barzagli

Scrittura creativa Il bel paese Di Costanza Mannini

Serie TV

Bromuro di Bario Di Chiara Camarlinghi

Curiosità

Since 1923

Di Rebecca Papi

Curiosità

I gatti neri sono innocenti Di Camilla Pratesi

Giochi

Parole intrecciate Di Elisabetta Adamo

In occasione della festa della donna Hermes, in copertina, è accompagnato da Iride, personificazione dell'arcobaleno e messaggera degli dei.


Parliamo di Libertà Per essere liberi non basta parlare, ma è certamente un buon inizio

Di Flavia Tossi IV B

“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.” Questi sono i primi due comma dell’articolo 21 della nostra costituzione. Nell’ultimo ventennio questo articolo così nobile, importante, giusto e sacrosanto è stato, se non bellamente ignorato, comunque lasciato in un angolo a prendere la polvere, salvo essere rispolverato quando faceva comodo. Ebbene si, il nostro paese si trova agli ultimi posti della classifica dei paesi in cui la libertà di espressione e stampa sono più rispettate e tutelate. Certo, negli ultimi due anni abbiamo fatto notevoli passi avanti, come riporta il “World Press Freedom Index”, redatto da Reporters Sans Frontieres, che dalla posizione 57 ci promuove (senza lode) alla posizione 49. Non male, direte voi, ma possiamo davvero accontentarci di un 49esimo posto, senza nessun premio di consolazione tra l’altro, quando i nostri vicini europei occupano le prime posizioni? Probabilmente non potremo mai competere con quei perfezionisti degli scandinavi, dopotutto siamo quello che siamo; o forse no. Forse dovremmo, invece, darci una svegliata e smettere di giocare a scarica barile, cosa in cui, se mai ci fosse una classifica, saremmo sicuramente al primo posto. Quello che voglio dire è che i diritti vanno coltivati come fossero piccoli e delicati germogli. Infatti, anche quando sono impressi sulla carta da molto tempo, hanno sempre bisogno di un occhio di riguardo perché sono sempre i primi a rimetterci le penne quando le cose vanno male. C’è dunque un bisogno impellente che qualcosa cambi ed è da noi che deve partire questo cambiamento: informiamoci, facciamoci sentire, diciamo la nostra. Nell’ultimo decennio, con l’avvento di internet, le informazioni circolano da una parte all’altra del globo come fossero sullo stesso pianerottolo e questo è uno dei nostri maggiori punti di forza. Non dobbiamo limitarci ad usare i nostri telefoni, sempre più avanzati e tecnologici, per pubblicare i selfie su Instagram o cambiare lo stato di Facebook, abbiamo tra le mani delle armi potentissime. Ricordiamoci che, se fino a poco tempo fa la penna feriva più della spada, adesso con un tastierino si possono fare cose non

indifferenti. Sono molte le generazioni che prima della nostra hanno cambiato la storia rivoluzionando le loro società contemporanee e, se noi non saremo una di queste, non ha importanza: la rivoluzione francese del 1789, del resto, non sarebbe mai avvenuta se prima non ci fossero stati gli illuministi. Quindi, accendiamo una luce, piccola o grande che sia, per quelli che verranno dopo di noi e che per questo ci saranno grati. Quei centoquaranta caratteri che Twitter ci regala sulla vetrina del mondo, usiamoli non solo per scherzare con gli amici, cosa che non dobbiamo assolutamente smettere di fare, ma anche per esprimere la nostra opinione su argomenti un po’ più importanti. Dopotutto, se il nostro paese non ci garantisce tutta la libertà che dovrebbe e, ahinoi, non possiamo espatriare in Svezia o in Islanda, quale posto migliore del web per esprimerci, dove tutti sono cittadini di tutti e di nessun paese e dove, se non si contano i paesi dove anche la terra di nessuno che è il web viene censurata (Cina e Corea del Nord ad esempio), le nostre possibilità sono pressoché infinite? Ovviamente dobbiamo stare attenti a come gestiamo tutta questa libertà; anche se è ormai nota, la vecchia massima “non fare mai agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te” va sempre tenuta in altissima considerazione al fine di una convivenza pacifica sia virtuale che non. E magari un giorno, un tweet dopo l’altro, qualcosa cambierà e saremo gli orgogliosi padri di una rivoluzione che, invece di sangue innocente, ha sparso parole e pensieri, guadagnando la vetta di questa montagna alta, per il momento, 49 posizioni. È di dovere un piccolo pensiero conclusivo alle dodici vittime dell’attentato alla redazione del giornale satirico francese Charlie Hebdo che, esattamente due mesi fa, hanno perso la vita. Il sette gennaio scorso sono morte dodici persone che per aver esercitato il diritto di espressione si sono viste negare il diritto fondamentale, quello alla vita. Per loro, per le loro vite spezzate, in milioni sono scesi nelle piazze, uomini e donne, bianchi e neri, cristiani e musulmani, giovani e vecchi, alzando al cielo le loro penne e gridando a parole e a gesti la loro indignazione. Che io sia Charlie oppure no in questa piazza non ha importanza perché è per il principio che manifesto e, come diceva Voltaire: “Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la mia vita affinché tu lo possa dire.”

Attualità

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Due parole sulla donna Breve storia della (dis)uguaglianza tra i generi

Di Arianna Dessì IV B

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Non è cosa da poco scrivere sulla festa della donna, perché mi sembra che ciò che ci fosse da dire, sia già stato detto. Mi limiterò a una riflessione. Dai libri di storia emerge innegabilmente la figura dell’uomo; mi dispiace, ma in gran parte non ne siamo state noi le protagoniste. Eppure, nel lunghissimo elenco di nomi maschili, appare talvolta quello di una donna, come Saffo. Un fuoco acceso, tormentato, leggero. Come lei, ci sono tante altre figure storiche, ma tutte quante vissute come un’eccezione, perché quelle che avevano modo di dimostrare il proprio valore, non erano considerate altro che una rarità per il genere femminile, incapace di contribuire al progresso della società. La donna è una creatura priva di ragione, destinata alla continuità della specie, schiava delle proprie voglie e potenzialmente malvagia. Mi chiedo come, fin dal Medioevo, le tradizioni abbiano potuto celebrare con tanto splendore la figura della Vergine Maria e come, allo stesso tempo, ci fossero tanti pregiudizi verso le donne di tutti i giorni: mogli, figlie, madri. Maria era un’entità distinta, santa e perfetta, che nulla condivideva con “quelle altre”, le donne erano macchiate, lei pura. Le donne non avevano quasi diritti, ma in compenso molti doveri; il loro piccolo potere si esercitava nell’ambito della casa, che amministravano e di cui si curavano. La donna non aveva accesso all’esterno, non se era nobile. L’unico viaggio che intraprendeva era dalla casa del padre a quella del marito. Chi apparteneva a una bassa classe sociale era invece libera di girovagare, ma la vita che la attendeva non era certo invidiabile. La donna non doveva conoscere il mondo. Nel Medioevo, quelle che avevano una discreta conoscenza delle erbe e si prendevano la libertà di camminare per i boschi, erano bollate come streghe. Ci sono tantissime, tristi storie di donne condannate per stregoneria, e molte di loro erano spesso portate a credere di essere streghe veramente. A volte penso a queste donne, reiette della società, che firmavano contratti col sangue, alla luce di falò accesi nel profondo di una foresta, e poi i sabba, gli esperimenti, i malefici. Felici di essere diverse, ma forse la mia è una fantasia ingenua. Nemmeno l’illuminismo riuscì a dare alla donna il ruolo che si meritava. La vera rivoluzione avvenne nel ‘900, quando le donne si ritrovarono riunite in piazza in nome dell’uguaglianza. Si riempirebbero le pagine di molti

Attualità e Storia

libri solo nel raccontare quei decenni ma ciò che vorrei formulare è un pensiero sull’oggi. E qui viene il difficile, ovvero trattare l’argomento già messo a fuoco nell’editoriale: che ruolo deve avere la donna nella società? A mio parere per cancellare l’asimmetria di genere, si dovrebbe agire diversamente, perché se prima l’uomo era il nemico e il dominante, adesso molto è cambiato. Potrebbe sembrare che ignori tutte le ingiustizie che avvengono nel mondo ancora oggi, ma non è così; penso, semplicemente, che adesso, nel mondo occidentale, dobbiamo lottare per i diritti di tutti. Non devono più esserci uomini contro donne, bianchi contro neri e via dicendo, ora bisogna affermare i propri diritti come cittadini del mondo. Anche gli uomini, come noi, hanno uno stereotipo da rispettare: il maschio non piange, è forte, deve essere un leader… Ultimamente è molto diffusa l’opinione a favore della donna curvy, ma pensateci, di pubblicità di uomini normali non ce ne sono altrettante. Certo è che i criteri estetici si sono evoluti con noi, fino a creare l’idea di bellezza oggettiva: un viso proporzionato è bello, perché è il segnale di uno sviluppo equilibrato. Questo criterio è finito per essere il solo strumento di giudizio, e le nostre preferenze soggettive sono state messe in secondo piano. Uguaglianza, tra generi come tra individui, belli o brutti, significa che chiunque può esprimersi come vuole, nel rispetto dell’altro. Perciò ben vengano le ragazze che i tacchi no, non li mettono, e ben vengano i ragazzi che piangono. Il problema, semmai, è pensare di sapere ciò che è giusto. Perciò mi fanno paura i modelli femminili che abbiamo oggi: se le veline andassero a giro ignude e la cosa finisse lì, mica avrei nulla da ridire, se non che, magari, anch’io vorrei le gambe lunghe due metri ciascuna; ma mettere così in primo piano la propria fisicità, può creare “regole” un po’ degradanti. E qual è la soluzione? Autobus riservati alle donne per proteggerle dalla “mano morta” e quote rosa? Ma fatemi il piacere, dai. Se volete nel mondo un po’ di giustizia, cominciate da voi stessi, e poi se ne riparla.


Invito a Palazzo Rinuccini Viaggio fra i Fasti del Presente

Di Manfredi Pinzauti IV B

Uno dei compiti fondamentali dell'istruzione è, secondo noi, insegnare ad apprezzare quello che ci circonda. Frequentando la nostra scuola abbiamo avuto la fortuna e il piacere di poter ammirare Palazzo Rinuccini in tutto il suo splendore; un po' per caso, un po' per nostra curiosità, non è raro infatti “finire” in aule con affreschi. Ci è capitato più di una volta di trascorrere i nostri intervalli a entrare nelle altre classi per sbirciare i soffitti affrescati altrui (e quanta invidia provavamo, quando la nostra aveva “solo dei banali” soffitti a cassettoni o, peggio ancora, niente) o per provare a cogliere uno scorcio del Gabinetto d'Apollo dal buco della serratura della porta nell'aula 207 che, essendo chiuso, ci costringeva a ripiegare disperatamente sullo spiraglio fra un'anta e l'altra. La nostra idea ha cominciato a prender forma mentre vagavamo per i corridoi del primo piano a testa alta per osservare le grottesche, mentre assistevamo a conferenze nella Saletta dell'Estate, mentre guardavamo film nell'aula video allestita nella Sala dei Miti: eravamo e siamo fermamente convinti che tutti, studenti e non, abbiano diritto di vedere, conoscere e apprezzare quella che era la dimora dei Rinuccini. Sin dall'inizio dell'anno abbiamo deciso di lavorare per riportare in vita il progetto del professor Andrea Muzzi, consistente in una serie di aperture al pubblico del Palazzo con la collaborazione del Fondo Ambiente Italiano. Se inizialmente ci siamo cimentati nell'impresa in maniera goffa, inesperta, chiedendo aiuto a tutti i professori, siamo poi riusciti a diventare burocrati abilissimi nel muoversi fra selve di moduli. Provvidenziale l'apparizione Deus ex machina della Professoressa Felici che, oltre ad averci accompagnati in quest’avventura, ci ha fornito un'immensa quantità di materiale accumulato negli anni rendendo possibile la nascita e lo sviluppo del nostro progetto. Partiti in cinque, poco fiduciosi, ma in fondo speranzosi, ci troviamo ora a essere in ventitré uniti sotto l'egida della professoressa Fiammetta Faini, storica dell'arte del FAI nonché docente nella nostra scuola fino al 2003. Le nostre visite guidate ripercorreranno la storia del palazzo attraverso i secoli, dall'acquisizione del corpo centrale da

parte della famiglia Rinuccini, risalente al 1606, fino a oggi, passando dal trionfo di stucchi del diciottesimo secolo per arrivare ai più sobri affreschi neoclassici di inizio ottocento. Saranno per molti l'unica occasione di rivivere i fasti di un glorioso passato, di ammirare stanze normalmente chiuse e di conoscerne la storia andando oltre la semplice occhiata spesso riservata alle opere colpevoli d'esser troppo in vista. Fra le numerose stanze aperte troviamo, oltre ai più scontati corridoi del primo piano affrescati dal Poccetti, anche spazi meno conosciuti quali la Cappella e le Sale delle Stagioni dell'accoppiata Giuseppe Zocchi - Bartolomeo Portogalli, per terminare il giro nell'ormai più che celebre Teatro Rinuccini, ma senza trascurare le meno note Sale d'Estate e l'abbagliante Gabinetto d'Apollo. Per il pessimo stato di conservazione non saranno visibili il Gabinetto Massonico, antica biblioteca del Marchese Folco Rinuccini, e la Saletta degli Specchi, ancora provata dal passaggio degli studenti del Tornabuoni. Oltre al semplice far conoscere è nostro intento anche denunciare le condizioni in cui si trova attualmente il Palazzo affinché si possa finalmente intervenire per salvare le numerose opere d'arte presenti al suo interno. Le visite si terranno una volta al mese nell'orario 15.00-17.00 su prenotazione e saranno interamente gestite dagli studenti sostenuti dalle professoresse Faini e Felici.

Il calendario delle visite in programma sarà il seguente: 19 Febbraio 2015 19 Marzo 2015 23 Aprile 2015 14 Maggio 2015 4 Giugno 2015 Sarà inoltre possibile prenotare sul sito: http://www.liceomachiavelli-firenze.gov.it/

Arte e Cultura

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Tra finzione e realtà L'universo femminile di Woody Allen

Di Ginevra Baratta II B

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Allan Stewart Königsberg, in arte Woody Allen, nasce nel 1935 a New York da genitori di origini ebraiche. Pessimo studente ma grande appassionato di musica jazz e giochi di magia, inizia appena adolescente la sua attività nel mondo dello spettacolo raggiungendo presto il grande successo. Rappresenta un caso unico nella cinematografia mondiale ed è considerato uno dei principali e più celebri umoristi dell’epoca moderna. I suoi film sono facilmente identificabili grazie a elementi ricorrenti: la città di New York, i suoi abitanti nevrotici, la psicoanalisi e il suo rapporto con le donne. Infatti, in mezzo secolo, Allen è riuscito a tracciare alcune delle figure femminili più intriganti della storia del cinema. La comicità con cui affronta l’universo femminile è però solo una maschera per conferire leggerezza a un argomento in realtà vissuto da Allen in modo conflittuale e complesso: con lo stile raffinato e intellettualistico che caratterizza la sua intensa produzione cinematografica, egli affronta il tema delle donne sdrammatizzandolo con ironia, tramite un linguaggio diretto e cinico ma, al tempo stesso, ricercato e mai banale. Le protagoniste che lo affiancano nel cinema sono di frequente le compagne di vita, come a voler dimostrare un indissolubile legame tra realtà e finzione. Dopo un breve matrimonio con la compagna di studi e musica Harlene Rosen, nel 1966 sposa l’attrice comica Louise Lasser che appare nelle sue due prime pellicole; anche questa unione dura poco. Nel 1969 avviene il fortunato incontro con Diane Keaton che sarà diretta in teatro da Allen in “Provaci ancora, Sam” dimostrando grandi capacità attoriali, una spiccata attitudine alla parodia e una bellezza nevrotica … Woody pare aver incontrato il suo alter ego femminile. Gli anni ’70 sono segnati da un proficuo sodalizio cinematografico e amoroso; durante la loro lunga relazione, la Keaton recita in sette film di Allen consacrandosi interprete di grande talento, tanto da vincere nel 1978 il premio Oscar come miglior attrice nel film “Io e Annie”. Questa pellicola rappresenta per Allen il passaggio a una comicità più sofisticata ed è considerata un’interpretazione autobiografica della loro storia d’amore. Una curiosità, che non è certo una casualità, è che il carattere e l’abbigliamento di Annie somigliano molto a quelli di Diane. Lo stesso regista, durante un’intervista, dichiara di aver scritto il film appositamente per

Cinema

la sua compagna di cui ama e ammira la versatilità sul set. Anche molti anni dopo la loro separazione, Woody parlerà di Diane definendola l’amore della sua vita, nonché una delle sue principali muse ispiratrici tanto che nel 1993 vorrà lei nel ruolo rifiutato da Mia Farrow in “Misterioso omicidio a Manhattan”. Negli anni ’80, la produzione cinematografica di Allen inizia a mescolare elementi romantici, comici e drammatici; dopo la rottura con Diane incontra una nuova musa, Mia Farrow, attrice talentuosa che racchiude in sè tutti gli aspetti cari ad Allen: è graziosa, matura, materna, ma anche agitata e complicata. I successivi tredici film di Allen hanno sempre la Farrow come protagonista, suggellando la riuscita di un incontro non solo artistico. Il loro lungo sodalizio termina malamente nel 1992 con il divorzio e col successivo matrimonio di Allen con la figliastra adottiva Soon-Yi. Finisce così, nel peggiore dei modi, una storia sentimentale turbolenta e appassionata che Woody ha sempre trasferito sulla pellicola, vivendo il cinema come una continua terapia di coppia. Dopo Mia Farrow, Woody Allen non avrà più una “primadonna”, tuttavia i suoi film continueranno a definire ruoli femminili interessanti, mettendo sempre in evidenza il gioco della complessità dei sentimenti e delle relazioni tra uomo e donna. Allen si è avvalso in ogni occasione di magnifiche interpreti che è riuscito a valorizzare affidando loro personaggi di grande spessore, donne forti e fragili, sensibili e tenaci, capaci di provare tutto lo spettro dei sentimenti. Il filo conduttore di ogni suo film è un uomo che si innamora perdutamente di una donna e rimane coinvolto in situazioni complicate e nevrotiche che hanno però sempre la capacità di far brillare star del calibro di Meryl Streep, Dianne Wiest, Penelope Cruz, Angelica Huston, Uma Thurman, Scarlett Johansson, Julia Roberts e Cate Blanchett … tutte grandi attrici indipendentemente da Allen, ma anche, e soprattutto, grazie a lui. Personaggio talora discusso e spesso controverso, Woody Allen ha l’indubbio merito di aver comunque sempre mostrato con sapienza, passione e cinismo l’universo femminile.


Oro bianco

Zanne e corni sono cari come oro e cocaina. Per questo stanno scatenando un conflitto sanguinoso

Di Niccolò Garbarino III B

Gli elefanti di tutto il mondo si trovano in difficoltà: la caccia è una realtà minacciosa e le perdite dei componenti di un branco sono un dramma per ogni singolo. Oggi, questi grossi pachidermi (dal greco paxu dèrma, pelle spessa) muoiono più di quanto non riescano a riprodursi e si trovano, infatti, sulla lista rossa degli animali a rischio di estinzione. Il problema maggiore è rappresentato dal bracconaggio e dalla perdita del loro habitat: nel 1925, l'87% dei territori dell'Africa Orientale era popolato da elefanti, oggi è stato ridotto 13%. Si stima che solo nel 2011 siano stati uccisi (illegalmente) circa 25mila elefanti, nel 2012 addirittura 32mila... Al mercato nero ogni chilogrammo di zanna di elefante vale circa 3mila dollari; si tratta di un giro d'affari talmente remunerativo che la criminalità organizzata spesso contrabbanda, oltre alle droghe, anche l'avorio. La Cina è in gran parte la colpevole, poiché il nuovo benessere di Pechino ha acuito il desiderio di avorio, di statuette e amuleti intagliati con il materiale delle zanne d'elefante; nel Sud-Est Asiatico si usano corni di rinoceronte e zanne come medicinali. Gli studi scientifici sui benefici di questi materiali come medicinali sono pochi, e i risultati sono stati inconcludenti. Inosservata dal mondo occidentale, si è creata un'ondata di bracconaggio di una crudeltà senza pari. Il continente nero è disseminato di cadaveri dalla pelle grigia, animali che sono stati abbattuti da fucili automatici, che sono morti per frecce velenose dopo giorni di agonia, che sono rimasti bloccati nelle trappole di filo metallico. I killer, a volte, tagliano le zanne agli elefanti ancor prima che siano morti. Un secolo fa vagavano ancora per l'Africa dieci milioni di esemplari, oggi sono 500mila. Ogni quindici minuti ne muore uno. Fermare i bracconieri resta comunque un’impresa ardua, dal 2004 hanno perso la vita più di mille tra ranger e guardiacaccia; una serie di Paesi, come Kenya, Uganda, Camerun, Gabon e Botswana, ha deciso di usare l'esercito per difendere i parchi naturali. La Namibia può permettersi anche droni con telecamere per pattugliare le zone bersaglio dei bracconieri. Inoltre, le pene per i cacciatori sono state inasprite drasticamente ed è stato deciso di polverizzare l'avorio confiscato per renderlo inutilizzabile, visto che spesso la merce sequestrata viene rubata. Ai furiosi bracconieri si aggiunge la distruzione degli habitat

naturali: in India ad esempio gli elefanti sono regolarmente travolti dai treni, i più giovani cadono nei pozzi scavati dai contadini e, a causa delle recinzioni e dei campi coltivati, le loro rotte migratorie sono ostacolate. Se poi osano superare questi ostacoli... Quali saranno le conseguenze? Alcuni esperti prevedono che tutte le specie di elefanti si potrebbero estinguere in appena quindici anni: la prova dell'incapacità umana e un danno catastrofico per la natura. Stessa cosa accade per i rinoceronti; dal Sudafrica all'Indonesia sono oggetto di una vera e propria Guerra del Corno. Il prezzo del mercato nero oscilla: lo scorso autunno andava dai 33 ai 133 dollari al grammo perciò, alle massime quotazioni, il corno vale il doppio dell'oro e più della cocaina. Il traffico ruota principalmente intorno ai mercati di Cina, Taiwan, Corea del Sud, Giappone, Yemen e Vietnam: solo in quest'ultimo un paio d'anni fa è entrata oltre una tonnellata di corno. A scatenare questa febbre dell'“oro bianco” sono in parte le voci che personaggi famosi e ricchi ne farebbero uso, ma sopratutto è il rinnovato interesse verso le presunte proprietà curative del materiale: per oltre 2000 anni la medicina asiatica ne ha prescritto l'uso in polvere per ridurre la febbre e trattare varie malattie, come i calcoli renali o il cancro. Mentre le zanne d'elefante non ricrescono, il corno di rinoceronte in un paio di anni torna come prima, ma solitamente capita che il nervo interno s’infetti, uccidendo l'animale. Il Sudafrica ospita i ¾ della popolazione mondiale di rinoceronti, circa 20.000 individui. Nel 2014 sono stati eliminati oltre 1000 pachidermi, e con loro decine di ranger; dopo anni di lotta al bracconaggio, senza però grande successo, Pretoria vorrebbe fare in modo che il commercio di corni ridiventi legale per scoraggiare i trafficanti. I privati preferirebbero, infatti, tagliare e commercializzare loro stessi i corni che ricrescono (proprio come le nostre unghie), invece di perdere degli animali in serio rischio di estinzione. E' incredibile vedere esseri che, se lasciati in pace, se ne stanno nel loro e pensare che, anche stanotte, qualcuno tenterà di ucciderli per corna o zanne, qualsiasi magia esse possano fare o non possano fare.

Natura

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Parole d'oltreoceano

Questo è il primo articolo della rubrica dedicata ai nostri redattori nel mondo. Federico a 17 anni ha deciso di studiare per un anno negli Stati Uniti e qui ci racconta la sua esperienza.

Another New York: the other side of the Empire State Di Federico Romanelli I never realized how much I was attached to a city environment until I left Italy 6 months ago, bound for a little town north of Syracuse, NY. I landed here on a hot, humid summer night, leaving everything behind, not knowing what was waiting for me. I am lucky enough to have lived for years surrounded by American people, and at the time of my arrival I had traveled though the United States more than I had in Italy in my entire life, but that one night I did not know in what bed I was going to sleep in, nor with whom I was going to live. My unique case represents that one percent of times when the organization that is supposed to take care of you for your exchange year fails miserably. The morning after I landed I found myself having breakfast with a Thai HS sophomore and a Norwegian student of my age, in a little town in the middle of nowhere. I guess that adds to the experience. Several months have passed, and 4 feet of snow have replaced the summer moisture. I am halfway through my senior year in High School, and I am enjoying every bit of it. I ran in my school’s Varsity Cross Country team in the fall - a tough sport to wrap your brain around, especially for someone as lazy as I am - and now I am taking several exams to enrich my diploma. As the snow has replaced the hot summer days, so pick up trucks and power lines have replaced my native land, which so far happens not to be the thing I miss the most. I have lived my entire life in a city, and for these past months I have been surrounded by nothing but trees. The more I stay here, the more I realize how much I am meant to be in an urban environment. Except for school, which has given me many satisfactions, there is nothing around here that can stimulate a person’s intellectual thirst. I thus certainly attribute to the distance from here to a museum, or a theater, the main cause of my interest and success at school, which I can only be thankful for. I have gone to school in Italy for my entire life,

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Esperienze di vita

expect this one year, and the differences between the two are uncountable. Here we have a more diverse selection of courses, more athletics and more extra curricular activities. We also have a five day week, but stay in school from 7.34 to 2.25. During this second semester I am taking Driver’s Ed, which gives me the possibility of getting a Driver’s License at the young age of sixteen. Although it is highly unusual for an exchange student, I am taking many college classes, which will boost my way up to college. I can definitely say, to whomever is pondering the possibility of spending a year abroad, to go for it. As many negative aspects there may be, there will be a ton of experiences and excitement waiting for you. It was not much of a cultural shock for me - I lived for years with American people, English is as native to me as it is Italian, and I am here simply to get a US diploma - but it will for whomever is brave enough to step in the unknown and leave Italy for a year. However, there are many upsides: you will learn a language, make friendships that will last forever and explore new horizons. You will experience school spirit as you never have, and it will be worth it. Every minute of it. You’ll have the time of your life. Something about EF: Education First (EF) is a non profit organization based in Boston, MA, that for decades has been a bridge between eager exchange students willing to explore the world learning and millions of opportunities abroad. The applications for your exchange year are to be submitted within certain deadlines; the earlier you apply, the better. Think of a window between September and April. You can get more detailed information on the following website: http://www.efitalia.it/highschool/


A volte ritornano Voci dall'università

Sulle ali della creatività

Di Costanza Cipriani E’ un piacere tornare a mettere le zampette su questo giornalino! Ne sentivo un po’ la mancanza, anche se adesso ciò che studio all’università è praticamente come occuparsi del giornalino full time! Dopo essermi diplomata lo scorso luglio 2014, mi sono iscritta alla triennale di Comunicazione Pubblicitaria allo IED di Firenze. Lo IED è una scuola privata, il cui acronimo sta per Istituto Europeo di Design, infatti sono previsti tre corsi principali quali Fashion Design, Comunicazione Pubblicitaria e Interior Design. Ho cominciato a frequentare da Ottobre e per ora posso dire di essere molto soddisfatta della mia scelta: è una scuola impegnativa in quanto oltre agli esami nel primo e nel secondo semestre quasi ogni settimana abbiamo scadenze di verifiche o lavori in gruppo da consegnare, tutto questo mentre ci sono comunque le lezioni da seguire. E’ richiesto molto impegno, ma vi posso assicurare che ne vale la pena. E’ un luogo molto creativo e stimolante: che sia la lezione di storia dell’illustrazione o quella di graphic design, esco sempre con mille idee in testa da voler realizzare (ovviamente rimangono quasi sempre idee, causa assenza tempo, ma s’impara a convivere anche con questo!). Molte materie sono pratiche, come graphic design, art direction, fotografia, video making, ma non mancano anche quelle teoriche, che però si concentrano soprattutto al primo anno: storia dell’arte contemporanea, marketing, metodologia della progettazione e altre. La professione che sceglierò non sarà delle più classiche, ma ho sempre voluto fare qualcosa che mi permettesse di viaggiare, esplorare, imparare, assorbire tutto l’assorbibile da questo mondo. Ricordate: you only live once.

Un fiorentino a Roma

Di Leonardo Masi Come molti di voi sapranno, oltre ad essere stato antiestetico in tutte le foto di classe per cinque anni (ma anche mentre interpretavo Dioniso al teatro classico non scherzavo), sono sempre stato attratto dall'inspiegabile idea di distinguermi, spesso, va detto, con risultati imbarazzanti: mica pensavate che uscito dalla nostra prestigiosa scuola avrei scelto una facoltà normale (Lettere classiche, magari)? Per complicarmi ulteriormente la vita frequento la Scuola di Cinema Sentieri Selvaggi (dall'omonimo western di John Ford) a Roma, in

pieno centro storico a cinque minuti dal Colosseo. E' d'obbligo dirvi che per raggiungerla il primo giorno di università ho sbagliato strada e mi sono perso: non conosco le strade dietro casa mia, figuriamoci se cambio città. Mi spaventava dover ricominciare una vita diversa, ma è andato tutto più liscio del previsto: qui guardo film a non finire, imparo cose che non sapevo prima, affino tecniche e navigo in paginate di appunti sulle correnti cinematografiche più disparate, e devo ammettere che tra esami e il resto sta andando tutto davvero benone. Sono sicuro, però, che senza la solida base culturale che mi ha dato il Liceo Classico Machiavelli me la sarei cavata molto peggio. In sostanza, sto benissimo e faccio un in bocca al lupo per tutto ad alunni e professori! E voglio che entrambe le "categorie" sappiano che ricomparirò ogni tanto, quando meno se lo aspettano: d'altronde, non studio la suspense di Hitchcock senza motivo!

"You've got to find what you love"

Di Elena Gimignani Uscire dalla scuola superiore è stata una scarica elettrica che ha attraversato ogni aspetto della mia vita e non potrei esserne più contenta. Ho scelto la facoltà di Economia Aziendale: non esattamente ciò che ci si aspetterebbe dopo il liceo classico, ma (per ora!) non ho rimorsi. Anzi, il radicale cambiamento anche nelle materie di studio è stato entusiasmante e mi ha dato la possibilità di utilizzare la vera eredità della nostra scuola: la capacità di impiegare le proprie competenze in tanti ambiti diversi e senza grandi difficoltà. Inoltre, i corsi che seguo mi permettono di organizzare il lavoro individualmente e lasciano un certo spazio all'autonomia. La libertà di pianificare il proprio studio (e, più in generale, la libertà che si acquisisce all'università) è sicuramente esaltante e, anche se ne deriva una bella responsabilità, io sono felice di potermi autodeterminare. Credo che sia proprio questo il punto fondamentale della scelta che molti tra voi si accingono a compiere: seguire un percorso che vi dà soddisfazione, decidere di fare quello che amate anche quando nessuno, oltre a voi, ci crede. Perché, in fondo, ha ragione Steve Jobs: "Non facciamoci intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altre persone [...] dobbiamo avere il coraggio di seguire il nostro cuore e la nostra intuizione. In qualche modo, essi sanno che cosa vogliamo realmente diventare."

Esperienze di vita

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Pagine in sequenza Tutte noi siamo Malala

Di Margherita Barzagli IV B

Cerco ormai da diversi minuti un modo per raccontarvi questo libro e il messaggio della sua autrice, Malala Yousafzai, che ha raccontato la sua storia col supporto della giornalista Christina Lamb. Una storia adatta a un numero dedicato alle donne. Malala viene al mondo all’alba di una giornata di luglio di quasi diciotto anni fa, in un piccolo villaggio nella valle dello Swat, in Pakistan. In occasione della sua nascita non viene nessuno a complimentarsi con suo padre, a gettarle frutta secca e monetine nella culla: non è mica un maschio che ha bisogno di buona fortuna, è soltanto una femmina, oltretutto primogenita. Eppure i suoi genitori quella notte sono emozionati e felici, come lo potrebbe essere una qualunque coppia di una qualsiasi altra città meno vincolata dalle tradizioni, e soprattutto dalla religione. Suo padre è un insegnante dall’animo pacifista e tranquillo; è un musulmano che ha un sogno, riuscire ad aprire una scuola tutta sua per diffondere la cultura andando oltre ogni differenza. Malala cresce quindi fra le aule in cui insegna il suo Ziauddin, imparando a leggere fin dalla più tenera età, sempre contornata da libri e studenti, con una famiglia che fortunatamente da sempre la tratta “come se fossi stata un maschio”. Quando la ragazza è poco più che una bambina, il Pakistan passa però al potere dei temuti talebani, che impongono l’obbligo del burqa e la pubblica fustigazione per le donne, limitando ulteriormente quella piccola parte di libertà che avevano. Fra i divieti e le privazioni dettate dai potenti, c’è anche il ritiro di ogni individuo di sesso femminile da ogni qualsivoglia edificio scolastico, perché a loro avviso la cultura deve essere un privilegio destinato solo ai maschi, a coloro che un giorno saranno i loro successori e tramanderanno le loro leggi. Malala però non ha intenzione di obbedire, anzi, incoraggiata dal suo nome (Malali di Maiwand è infatti una grande eroina afghana caduta sotto il fuoco nemico sul campo di battaglia) un giorno partecipa al blog della BBC e racconta la sua vita da undicenne succube della dittatura talebana. Tutti i mass media vogliono conoscerla e che continui a raccontare cosa vuol dire sentire il rumore dei kamikaze che scoppiano, le lame che decapitano;

10 Rubrica di letteratura

la ragazzina allora scrive, dichiara tutto quello che sa e subisce. Malala denuncia le ingiustizie che il mondo femminile sta subendo nella parte del mondo in cui vive, e lontano, sì, dal mondo di quelle giornaliste in tailleur, che annuiscono con aria afflitta mentre la ascoltano. Agli occhi dei potenti Pakistani però questa ragazzina è pericolosa, va zittita, bisogna trovare il modo che non scriva e parli più. Viene presa allora una decisione drastica. Il 9 ottobre 2012 Malala è sul pulmino mentre con delle coetanee torna a casa da scuola. Poi sale un uomo, chiede di lei, le punta una pistola contro e spara tre colpi, ma solo due la colpiscono. All’uomo trema la mano mentre cerca di ucciderla. Il Dio di Malala e forse lo stesso sicario erano in disaccordo con i talebani. La ragazza sopravvive, è portata nell’ospedale più vicino dalle sue stesse compagne di scuola e, totalmente incosciente di ciò che è avvenuto, diventa un’eroina mondiale. Così la ragazza, nelle ultime pagine, continua a manifestare il suo sfacciato ottimismo contro i talebani, che inconsapevolmente hanno realizzato il suo desiderio: portare ogni singola persona a dedicare qualche minuto a riflettere sull’ingiustizia della discriminazione. Ciò su cui vorrei porre l’accento io è una delle frasi con cui si chiude il tutto. “La pace in ogni casa, in ogni strada, in ogni villaggio, in ogni nazione - questo è il mio sogno. L’istruzione per ogni bambino e bambina del mondo. Sedermi a scuola a leggere libri insieme a tutte le mie amiche è un mio diritto. Vedere ogni essere umano sorridere di felicità è il mio desiderio. Io sono Malala. Il mio mondo è cambiato, ma io no”. Solo io adesso mi sento una briciola, davanti all’immensità ed al coraggio dell’impresa compiuta da questa mia coetanea?


Il bel paese

Di Costanza Mannini IV C

"La mia storia ha inizio proprio nella nostra terra, precisamente in un piccolo borgo, dove la vita scorre lenta e serena, estraniata da tutto ciò che sta al di fuori delle sue piccole mura. È un paese silenzioso, radicato nelle proprie tradizioni e riluttante verso ogni estraneo che sosta su quel piccolo mondo, costruito pietra dopo pietra con molta dedizione e sacrificio da quelle persone che sono state derise, messe da parte, ferite e umiliate. Un gruppo di anime vaganti che per un caso fortuito si sono trovate assieme, giurando di fondare un luogo dove nessuno li avrebbe più tormentati e offesi." Queste sono le parole che udiva sempre Silvia prima di andare a dormire: di come doveva impegnarsi a mantenere quell'ordine e di come doveva vivere in quel paese, tanto caro a tutti. E si ritrovò, poi, a riflettere su queste cose, mentre osservava una goccia d'acqua che scendeva dolcemente sul vetro della sua finestra; guardava di là da questa, pensando a cosa ci dovesse essere oltre a quelle quattro mura che la soffocavano, stringendosi avidamente al suo collo in una presa mortale dalla quale era difficile liberarsi. Meditando su come ogni giorno fosse uguale all'altro, i soliti gesti giornalieri, le solite persone, i soliti sguardi, i soliti discorsi, ripetuti così tante volte da poterli anticipare strappandoli dalle bocche stupite degli altri, si domandava come facessero tutti quanti a vivere in quel modo. Erano privi di ogni genere di curiosità per il mondo vero che li circondava, accecati dal timore, rimasto aperto come una ferita nei loro animi. Pur di non rischiare e di mettersi in gioco con la realtà, si erano rifugiati in un guscio, convinti che quello dovesse essere la vera felicità, fatta su misura. Silvia non era d'accordo, ma sembrava l'unica ad avere un parere contrastante e la sua voce veniva coperta dalle altre, nonostante fosse la figlia del sindaco. Voleva molto bene a suo padre ma non condivideva nulla riguardo alla sua politica, che tendeva a divenire sempre più un regime austero; scoraggiava con ogni mezzo il libero pensiero e reprimeva aspramente i ribelli che cercavano di scappare da quella grande prigione. Gli stranieri che si soffermavano non potevano sostare più di una notte, ed era severamente vietato ai cittadini avere dei rapporti con gli esterni, che erano sempre guardati con diffidenza e paura. Silvia tentava in tutti

i modi di venire a sapere in anticipo dell'avvento di un qualche forestiero, per soddisfare finalmente la sua sete di curiosità verso il vero mondo. Si dilettava ad ascoltare antiche leggende che narravano di come quel luogo doveva essere stato, un tempo, libero, aperto a tutti, ricco di cultura e di feste gioiose. Tutto ciò le faceva brillare gli occhi, portandola a fantasticare. Passava la maggior parte del suo tempo nell'antica biblioteca, alla ricerca di storie, racconti e, talvolta, persone che parlassero del mondo di fuori, facendo aumentare la sua voglia di fuggire da quell'oppressione che la circondava da quando era nata. La gente parlava di lei, giravano numerose voci sul suo conto, dicevano che era una pazza e che con il suo carattere non avrebbe mai trovato un marito. Tutti si conoscevano tra loro, e sapevano ogni cosa del proprio vicino, non esistevano segreti e se c'erano, non rimanevano tali a lungo poiché ognuno era sottoposto agli sguardi attenti degli altri; i pettegolezzi erano diventati un passatempo piacevole per la gente del posto. Vagando per le vie notava occhi che la scrutavano dalle fessure delle persiane, la gente che era per strada si fermava e mormorava fissandola, e quando i loro sguardi s’incrociavano, casualmente, ecco che le accennavano un cortese saluto, mascherando un ghigno di odio e d’invidia. Solo un altro luogo, oltre alla biblioteca, era caro a Silvia, lontano dagli sguardi indesiderati e dalle chiacchiere incessanti. Un posto che era all'estremità della città, adiacente alle mura alte e spesse, circondato da un prato verdeggiante e rigoglioso curato dalla sua amabile mano. Era una vecchia bottega, abbandonata da tempo, dopo che i suoi proprietari erano stati imprigionati a vita, perché in disaccordo col sindaco e con le sue folli leggi di restrizione. Silvia se li ricordava bene e, dopo ciò che era accaduto, non poteva fare a meno di prendersi cura di quel posto, che era stato un tempo l'angolo della sua felicità.

Scrittura creativa

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Bromuro di Bario

Questione di chimica

Di Chiara Camarlinghi III B

Albuquerque, Nuovo Messico: durante una stressante giornata lavorativa, Walter White, insegnante di chimica al liceo, costretto a svolgere un secondo lavoro come dipendente di un autolavaggio per far fronte alle difficoltà economiche in vista dell’imminente nascita della figlia, a causa di un malore viene portato all’ospedale dove, poco dopo, scopre di essere malato di cancro. La paura di non riuscire a sopravvivere, di essere un peso fin troppo grande per la moglie di nuovo incinta e per il figlio malato, lo spinge a tenere nascosto il suo malessere. Tuttavia, in seguito al casuale incontro con Jesse Pinkman, un suo ex-studente diventato uno spacciatore di poco conto, Walter decide di sfruttare le sue conoscenze chimiche per "cucinare" metanfetamina di elevata purezza, con i cui guadagni potrà assicurare un futuro alla famiglia anche dopo la sua dipartita e potrà rivelare il segreto della malattia. E così una serie di scelte sbagliate porterà Walter non solo alla produzione di droga, ma anche al furto e all’omicidio. Dopo aver fatto una fortuna con lo spaccio, le cose si complicano quando il cognato di Walt, Hank, un agente della DEA (squadra antidroga), inizia a indagare su questo nuovo giro di stupefacenti. In seguito alla morte della fidanzata di Jesse e al divorzio e al tradimento della moglie di Walt, entrambi decidono di non produrre più droga per alcuni mesi, finché non ricevono un’offerta da milioni di dollari da Gustavo “Gus” Fring, un distributore cileno, che gestisce il traffico dell’intero Nuovo Messico e proprietario della catena di fast food “Los Pollos Hermanos”, che usa come attività di facciata per nascondere il traffico di droga. Walter e Jesse decidono allora di ricominciare la produzione di MET blu. Questa è la trama di una delle serie TV made in USA più famose non solo in America ma anche in Italia, che dal 2008 popola gli schermi di milioni di telespettatori. Ideata da Vince Gilligan, è stata vincitrice di numerosi premi, tra cui il Guiness World Record come serie televisiva con le più alte valutazioni di tutti i tempi. Nella serie TV incontriamo uno straordinario Bryan Cranston, capace di interpretare prima un semplice insegnante di chimica e un sempre più freddo e spietato produttore di

12 Serie TV

metanfetamina; Vince Gilligan ha, infatti, dichiarato di aver voluto creare una serie in cui il protagonista diventasse l’antagonista, il suo obbiettivo era dunque quello di far passare Walter da Mr. Chips a Scarface. La storia di Walter White è perciò l’ascesa criminale di un uomo comune, ma che cosa potrebbe aver spinto Walter a fare tutto questo? Fin dall’inizio della serie ci è stato fatto credere che Walter agisse solo ed esclusivamente per la famiglia, dall’inizio è dipinto come un eroe, in realtà Walter è un eroe negativo fin da subito: non libera donzelle innocenti da draghi malvagi, ma sintetizza una delle droghe più devastanti esistenti al mondo. Bryan Cranston, che per la sua interpretazione della controversa figura di Walter White ha vinto ben tre Emmy Award come miglior attore protagonista, parlando del suo personaggio ha affermato: “Walter White è presentato in un modo ed è così che inizi a conoscerlo, poi cambia completamente e diventa un’altra persona, eppure il pubblico continua a stare dalla sua parte.” Così anche se Walter doveva finire in carcere, questo non ci impedisce di capire le sue ragioni. E' in questa contraddizione che va in frantumi l’archetipo della giustizia: Walter è cattivo, ma una parte di noi lo capisce, perché pensiamo che abbia fatto tutto per la sua famiglia. Ma, come ammette lo stesso Walter, tutto quello che ha fatto l’ha fatto per lui, perché lo faceva sentire vivo e perché era bravo a farlo. La famiglia era solo la scusa per giustificare la sua attività criminale, nata da una vita noiosa e stressante che non gli dava soddisfazioni, e qui troviamo un altro elemento contraddittorio della società, perché Walt è un grande chimico, però lavora come insegnante in una scuola superiore. Breaking Bad è una delle serie TV con maggiore successo mai esistite e che merita di essere conosciuta, è reperibile ovunque.


Since 1923 Chuck Taylor All Stars

Di Rebecca Papi I B

Da 75 anni sono ai piedi di tutti, nuove o consumate, nere o decorate da fantasie, le Converse o All Stars sono scarpe che non risentono delle tendenze e del tempo. Essendo un modello di scarpa classico indossato dalla maggior parte delle persone, nel passare degli anni è spesso tralasciata la sua nascita, che ha come data il 1908 e un passato da caloches. Il manager Marquis Mills Converse apre la ditta “Converse Rubber Shoe Company” a Malden, nel Massachussets, nel 1908. L’azienda, in origine, produceva stivali di gomma e caloches. E’ Charles “Chuck” Taylor, un famoso cestista degli anni ’20, a proporre di incentrare la produzione su modelli di scarpe da basket. Così nel 1917, si ha il primo modello di quelle che successivamente verranno chiamate All Star, il colore della stoffa è marrone o rosso con le rifiniture nere; l’idea di nuovi modelli colorati partirà da Taylor e dagli altri giocatori circa settanta anni dopo. Già alla loro nascita, le Converse racchiudono qualcosa di particolare che le differenzierà dagli altri tipi di scarpe; lo stesso fondatore M. Converse disse: “La nostra azienda sarà indipendente, non seguirà la moda. Rappresenterà un marchio per le persone che hanno uno spirito indipendente.” Quando Charles Taylor entra nell’azienda, collabora alla produzione, ma soprattutto alla vendita e alla pubblicizzazione, di queste sneakers, caratterizzate dal logo a forma di stella, il “Nautical Star”, un classico tatuaggio portato dai marinai come simbolo di fortuna. La svolta è nel 1923, anno in cui le scarpe acquistano maggiore rilievo grazie al lavoro di Taylor; egli gira per squadre e palestre di vari college per giocare a basket facendole conoscere ai giovani sportivi. Nel 1932 viene inserito il nome di Chuck nel marchio, battezzando la scarpa come “Chuck Taylor All Stars” e l’azienda cambia il nome in “Chuck Taylor All Star Basketball Shoe”. L’esercito americano le scelse come scarpe di allenamento e dopo la Seconda Guerra Mondiale il basket divenne uno sport professionale; tutte le maggiori squadre indossavano le ormai famose sneakers e l’azienda raggiunse l’80% delle vendite sul mercato di calzature sportive. Negli anni successivi le All Star stavano perdendo popolarità nel campo del basket, perché superate da modelli più idonei

come quelli delle Nike e delle Adidas, che fornivano maggiore protezione. Attirarono però, grazie ai modelli semplici ed irripetibili, l’attenzione degli adolescenti, che fecero delle Converse la loro bandiera di ribellione, partita da una foto di James Dean. Diventarono quindi icona e simbolo della controcultura punk, indossate da band come i Ramones, da Angus Young, cantante degli AC/DC e da Kurt Kubain (negli anni ’90), cantante dei Nirvana. Nel 1985 si introduce il modello The Weapon che porta alla produzione dei modelli colorati di queste scarpe, idea, anche questa, sollecitata dai giocatori di basket. Entrano così nel mercato Converse del tutto nuove, ma fedeli sempre alle scarpe di partenza. Dopo anni di grande successo per l’azienda, nel 2001 le decisioni negative prese dai nuovi proprietari la portarono sull’orlo del fallimento, ma il marchio viene acquistato da Marsden Cason e Bill Simon, due figure di rilievo nel commercio di abbigliamento; nel 2003 le All Star vengono acquistate dalla Nike per 305 milioni di euro e la produzione riprende comprendendo anche nuovi modelli più elaborati, ma che fanno sempre riferimento alle Chuck Taylor. Le converse dedicano modelli decorati da fantasie esclusive ai maggiori gruppi musicali punk, heavy metal e rock che le hanno fatte conoscere al pubblico, ma anche a personaggi di film, libri e artisti come Andy Warhol, al quale è dedicata un’esclusiva collezione raffigurante, sulla tela della scarpa, le sue maggiori opere. I motivi per i quali le Converse All Star continuano ad essere famose ed a rappresentare un classico intramontabile nel mondo delle sneakers, sono probabilmente gli stessi di settant’anni fa, che spinsero Taylor a cercare una scarpa comoda, dalle linee mai viste prima e che non risentisse dell’usura del tempo, inglobando dentro di sé il lato vintage e particolare che l’ha fatta diventare una protagonista di movimenti “rivoluzionari”. Molti cartelloni pubblicitari della Converse ritraggono la frase “Shoes are boring, wear sneakers.”, non che questo sia un pretesto per abbandonare tutte le altre paia di scarpe (liberi di farlo), ma fa intendere come a distanza di anni le All Star rimangano la novità mai vista prima ed adatta a tutto.

Curiosità 13


I gatti neri sono innocenti Superstizioni: come la visione popolare non è cambiata nel tempo

Di Camilla Pratesi VC

Vi è mai capitato di veder attraversare davanti a voi un gatto nero? Sicuramente. Per caso il giorno dopo siete cascati dalla bicicletta, o avete preso un bel quattro a latino? Ci sta. Ma sicuramente non è stata colpa di un'adorabile palla di pelo color carbone che ha incrociato la vostra strada. Bisogna sfatare certe superstizioni che, nonostante l'enorme progresso della società di oggi, a volte prendono il sopravvento. Il primo passo da fare è conoscere la loro origine, talvolta un po’ bislacca per la mentalità odierna. La credenza secondo cui i gatti neri portano sfortuna risale ai tempi del Medioevo. Il colore nero era allora associato a una dimensione diabolica, e si credeva che i gatti neri non fossero altro che streghe che si erano trasformate per poter circolare ed agire inosservate. Inoltre di notte erano poco visibili e, attraversando le strade improvvisamente, facevano imbizzarrire i cavalli, con un grande rischio per chi li cavalcava. Dato che questi gatti erano considerati i più abili nel catturare i topi, spesso erano accolti a bordo delle navi dei pirati. La vista di un gatto nero quindi richiamava la presenza di bucanieri, che non era certo un incontro piacevole. Altro protagonista delle superstizioni è lo Specchio, riserva di ben sette anni di sfortuna agli sbadati che lo infrangono. La credenza ebbe origine nel VI sec a.C., quando i Greci esercitavano la catottromanzia, pratica divinatoria durante la quale un veggente leggeva il futuro di chi si specchiava sulla superficie dell’acqua contenuta in ciotole di vetro. Se uno di questi “specchi” scivolava e si rompeva, la persona che reggeva la ciotola sarebbe morta presto, oppure avrebbe avuto un futuro talmente spaventoso che gli dèi preferivano non mostrare l’angosciosa vista di ciò che lo aspettava. Successivamente i Romani ereditarono questa tradizione, aggiungendo il particolare dei 7 anni, dato che credevano che l'anima si rinnovasse ogni sette anni. Poiché gli specchi riflettono l’aspetto di una persona (ovvero il suo stato di salute) uno specchio rotto augurava sette anni di cattiva salute e di disgrazie. Oggigiorno mettersi la mano davanti alla bocca e voltarsi quando si sbadiglia, è considerato un gesto di educazione, ma nell'antichità aveva un significato ben diverso. Si credeva che con uno sbadiglio l'anima potesse abbandonare il corpo. L'unica maniera per evitare ciò era portarsi una mano alle

14 Curiosità

labbra, in modo da trattenere all'interno l'anima. I nostri antenati osservarono anche la contagiosità degli sbadigli, fenomeno tuttora poco chiaro, e cominciarono a voltare la testa e a chiedere scusa quando proprio non riuscivano a trattenerli. Questo perché uno sbadiglio, pericoloso per chi lo emetteva, poteva essere trasmesso originando una vera e propria "epidemia". La superstizione che riguarda la scala è forse la più razionale, poiché la probabilità che, passando sotto di essa, cada qualche oggetto utilizzato dagli operai che vi si trovano sopra non è bassa. Ma la sua origine non ha niente a che vedere con questa costatazione, risale, infatti, agli antichi Egizi. Una scala appoggiata a un muro forma idealmente un triangolo, considerato figura sacra: perciò passarci in mezzo sarebbe stato un oltraggio. I Cristiani etichettavano chi passava sotto una scala come seguace di Satana, poiché s’interponeva al triangolo della trinità divina. Nel Medioevo invece una scala appoggiata ricordava il patibolo, dunque camminarci sotto praticamente era mettere in scena la propria esecuzione. Aprire un ombrello in un luogo chiuso porta sfortuna. L'idea nasce nella Londra Vittoriana, quando cominciarono a entrare in commercio ombrelli impermeabili con intelaiatura di metallo. Il meccanismo di apertura a molla non era perfettamente funzionante, quindi aprirne uno in casa, o comunque in ambienti piccoli, avrebbe potuto causare incidenti sia agli oggetti, sia alle persone. E' sempre difficile per un genitore spiegare ai bambini la nascita di un nuovo fratellino/sorellina. Gli scandinavi si servivano della famosissima cicogna che porta i bambini: poiché quest’animale ha l'abitudine di fare il nido sui camini delle abitazioni, era la creatura ideale per far penetrare nel caminetto un piccolo neonato. Inoltre, per giustificare che la madre avesse bisogno si restare per diverso tempo a letto a riposare, veniva detto loro che la cicogna aveva beccato la mamma sulla gamba prima di andarsene.


Parole intrecciate... ...al femminile! Di Elisabetta Adamo IV B

1. Fondatrice delle Missionarie della carità e premio Nobel per la pace nel 1997, fu proclamata Beata nel 2003 da Papa Giovanni Paolo II. 2. Famosa per il suo diario, ha visto morire presto le sue aspirazioni, stroncate dalla guerra e dall'Olocausto. 3. Fu la prima sovrana dell'antico Egitto. 4. A soli 25 anni diventò sovrana del suo paese, senza mai volere un uomo al suo fianco. 5. Poetessa e scrittrice statunitense, considerata fra i migliori lirici del XIX secolo. 6. Eroina nazionale francese accusata di stregoneria e morta sul rogo nel 1431 7. Ex moglie dell'erede al trono di Inghilterra, è ricordata come la principessa triste ed è scomparsa in un tragico incidente a Parigi. 8. Scomparsa da poco, era una delle più grandi astronome e astrofisiche italiane. 9. Nota per il metodo che ha preso il suo nome, è stata educatrice, medico e pedagogista italiana. INSERIRE SOLO I NOMI DEI PERSONAGGI 10. Scienziata francese che, oltre ad aggiudicarsi ben due premi Nobel, ha svelato importanti nozioni sulla radioattività. 11. Neurobiologa italiana più famosa al mondo, anche lei scomparsa da poco, ha vinto un premio Nobel per la medicina. 12. Attivista afroamericana, famosa soprattutto per aver rifiutato nel 1955 di cedere il suo posto sull'autobus ad un bianco. 13. Il Presidente Harry Truman la celebrò con l'appellativo di First Lady of the World, in onore dei suoi sforzi per la difesa dei diritti umani, fu un'attivista e First Lady americana. 14. Aviatrice, ingegnere e astronauta, è la prima donna italiana nello spazio. 15. Poetessa greca vissuta fra il VII e VI secolo, della quale ci sono pervenuti numerosi frammenti. 16. E' stata la prima donna che nel 1923 ha sorvolato l'Atlantico, intraprendendo un volo di ben 21 ore.

Con le lettere avanzate si formerà una frase:

! Giochi

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Hermes

_ il messaggero

Il giornale del Liceo Classico Machiavelli

LA REDAZIONE:

Elisabetta Adamo IV B Ginevra Baratta II B Margherita Barzagli IV B Elena Brunori V C Chiara Camarlinghi III B Giulia Colli I B Arianna Dessì IV B Niccolò Garbarino III B Francesca Manetti V C Costanza Mannini IV C Rebecca Papi I B Manfredi Pinzauti IV B Camilla Pratesi V C Vieri Raddi II B Ginevra Salesia I B Isabelle Seidita V C Flavia Tossi IV B Giovanni Viti II B e la prof.ssa Giovanna Sansone Grafica: Francesca Manetti

REGOLAMENTO:

Chi volesse partecipare con un articolo o un disegno é caldamente invitato ad inviarli al nostro indirizzo di posta elettronica: il materiale verrà pubblicato solo se ritenuto pertinente, dal contenuto non offensivo o volgare e se rispetterà i limiti di spazio (5000 caratteri circa). Inoltre, la redazione si riunisce ogni venerdì dalle 13.30 nell'aula 317 al secondo piano ed è aperta a chiunque desiderasse assistere o dare un suo contributo.

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1: Madre Teresa 2: Anne (Frank) 3: Cleopatra 4: Elisabetta 5: Emily (Dickinson) 6: Giovanna (D’Arco) 7: (Lady) Diana 8: Margherita (Hack) 9: Maria (Montessori) 10: Marie (Curie) 11: Rita (LeviMontalcini) 12: Rosa (Parks) 13: Eleanor (Roosevelt) 14: Samantha (Cristoforetti) 15: Saffo 16: Amelia (Earhart) FRASE: Auguri a tutte le donne!


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