E. Granuzzo, Luci ed ombre nel ‘De Architectura’ tra Settee Ottocento...

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LUCI ED OMBRE NEL DE ARCHITECTURA TRA SETTE E OTTOCENTO : EDIZIONI VITRUVIANE ITALIANE A CONFRONTO

ELENA GRANUZZO

Da sempre Vitruvio ha rappresentato uno stimolo culturale e intellettuale, ma anche una fonte inesauribile che ha sollecitato la fantasia dei suoi interpreti. Gli architetti, anziché tentare di desumere dai precetti vitruviani forme che potessero diventare oggetto di applicazione o di pedissequa imitazione, hanno solitamente trovato nel De architectura la giustificazione di una grande libertà creativa. «È chiaro che l’architetto debba esser galantuomo da vero, e possedere quel gruppo di belle virtù morali, che Vitruvio con paterna premura raccomanda», dichiara Francesco Milizia; ma «né Vitruvio, né Palladio sono giunti alla perfezione, e per conseguenza sono superabili. Allegramente: vediamoli» . Dopo le celebri edizioni vitruviane dei secoli XV e XVI (tra le quali spiccano quella di Lione curata da Guillaume Philandrier nel 1552, e quella di Venezia di Daniele Barbaro del 1567) del De Architectura non abbiamo che una sola edizione notevole: la 1

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M ILIZIA 1823, p. 373.


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