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Horti Hesperidum Studi di storia del collezionismo e della storiografia artistica Rivista telematica semestrale

STUDI SUL DISEGNO ITALIANO TRA CONNOISSEURSHIP E COLLEZIONISMO a cura di FRANCESCO GRISOLIA

Roma 2014, fascicolo II

UniversItalia


Il presente tomo riproduce il fascicolo II dell’anno 2014 della rivista telematica Horti Hesperidum. Studi di storia del collezionismo e della storiografia artistica. Cura redazionale: Michela Gentile, Marisa Iacopino, Marta Minotti, Giulia Morelli, Jessica Pamela Moi, Gaia Raccosta, Deborah Stefanelli, Laura Vinciguerra.

Direttore responsabile: CARMELO OCCHIPINTI Comitato scientifico: Barbara Agosti, Maria Beltramini, Claudio Castelletti, Valeria E. Genovese, Francesco Grisolia, Ingo Herklotz, Patrick Michel, Marco Mozzo, Simonetta Prosperi Valenti Rodinò, Ilaria Sforza Autorizzazione del tribunale di Roma n. 315/2010 del 14 luglio 2010 Sito internet: www.horti-hesperidum.com

La rivista è pubblicata sotto il patrocinio e con il contributo di

Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” Dipartimento di Scienze storiche, filosofico-sociali, dei beni culturali e del territorio Serie monografica: ISSN 2239-4133 Rivista Telematica: ISSN 2239-4141 Prima della pubblicazione gli articoli presentati a Horti Hesperidum sono sottoposti in forma anonima alla valutazione dei membri del comitato scientifico e di referee selezionati in base alla competenza sui temi trattati. Gli autori restano a disposizione degli aventi diritto per le fonti iconografiche non individuate.

PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA © Copyright 2014 - UniversItalia – Roma ISBN 978-88-6507-741-2 A norma della legge sul diritto d’autore e del codice civile è vietata la riproduzione di questo libro o parte di esso con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilm, registrazioni o altro.

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INDICE

FRANCESCO GRISOLIA, Presentazione

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FURIO RINALDI, Bernardino Luini «Mediolanensis», Aurelio Luini e Giovanni Paolo Lomazzo: disegni firmati tra autografia e documento

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LAURENCE ARMANDO, Un dessin inédit, autour de Rosso, Primatice et Thiry: Un homme nu (Apollon?) à demi-assis sur un char

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CRISTIANA GAROFALO, La Cena in casa del Fariseo tra Lodovico Cigoli e Francesco Curradi: su un bozzetto della collezione Feroni

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VIVIANA FARINA, Addenda al catalogo dei disegni di Aniello Falcone

93

Horti Hesperidum, IV, 2014, 2

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DARIO BECCARINI, Una nota su Domenico Antonio Vaccaro

121

ISABELLA ROSSI, Sulle tracce dell’ «immenso studio» di Pietro Stefanoni. Entità e dispersione

141

LUISA BERRETTI, Anticipazioni dal fondo di disegni e stampe del Museo Civico di Pescia

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CARLOTTA SYLOS CALÒ, Al di là del visibile: il disegno italiano tra il 1968 e il 1972

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ABSTRACTS

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LA CENA IN CASA DEL FARISEO TRA LODOVICO CIGOLI E FRANCESCO CURRADI: SU UN BOZZETTO DELLA COLLEZIONE FERONI CRISTIANA GAROFALO

Nelle cospicue raccolte di grafica della Biblioteca Comunale degli Intronati di Siena si conserva un pregevole bozzetto a tempera su carta di forma centinata raffigurante il Convito in casa del fariseo Simone, scivolato a lungo nell’anonimato nonostante la significativa presenza di un’iscrizione che lo riferisce al «Cav. Conrado al Poggio Imp.», apposta a penna tra Sette e Ottocento in calce alla pagina dell’album cui è giunto incollato, proveniente dalla collezione del marchese Leopoldo Feroni (1773-1852)1 (fig. 1). Ben evidente appare, del resto, quanto il Questo contributo è stato presentato il 27 ottobre 2009 in occasione del seminario di studio Lodovico Cardi detto il Cigoli. Incontro di studio per i 450 anni dalla nascita, coordinato da Cristina Acidini e promosso e ospitato dalla Fondazione Conservatorio Santa Chiara di San Miniato (PI), presieduta da Salvatore Settis. Sono molto grata a Miles Chappell per le preziose segnalazioni e a Francesco Grisolia per la cortese disponibilità. 1 Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati, album S.I.7, c. 53 r. Penna, inchiostro e tempera di colore bruno e bianco su carta bianca tinteggiata in marrone; 111x228 mm. Il foglio, che denota piccole abrasioni e tracce di sporco, è stato tagliato, centinato e controfondato, quindi parzialmente incollato alla pagina dell’album. In un inventario della Biblioteca Comunale degli Intronati stilato agli inizi del XX secolo si trova indicata la provenienza dell’album S.I.7, ove sono riuniti in particolare vari fogli di artisti emiliani, romani e toscani, tra cui una lunga serie di studi di Giambattista Naldini.


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bozzetto si leghi sul piano sia stilistico sia iconografico alla composizione di analogo soggetto messa in scena in un dipinto di Francesco Curradi (1570-1661) facente parte della serie di sette Storie della Maddalena2 (fig. 2), realizzate su lunette di tela plausibilmente verso il 1623 e destinate alla decorazione della cappella della villa fiorentina di Poggio Imperiale su commissione della granduchessa Maria Maddalena d’Austria, col fine di celebrare la santa sua eponima3. Gioverà ricordare che fino al 1773 le sette lunette rimasero nella villa di Poggio Imperiale con la raccolta di Vittoria della Rovere, quando, per disposizione di Pietro Leopoldo, i dipinti medicei furono concentrati nella Galleria degli Uffizi, ove ebbe modo di ammirarle Luigi Lanzi4. Dopo un lungo oblio, le lunette furono rinvenute da Mario Bucci in una sala annessa alla cappella di Palazzo Pitti e correttamente attribuite a Curradi da Mina Gregori5.

Firenze, Depositi di Palazzo Pitti, Inventario 1890, n. 2123 (1980 post). Olio su tela centinata, 55x210 cm. 3 CUZZOCREA 1985, pp. 115, 118, figg. 40-46. Marilena Mosco ha accuratamente ripercorso le vicende storiche delle lunette, oggi situate nei Depositi della Galleria Palatina, a partire dalle notizie rinvenute in un inventario del 1654 della villa di Poggio Imperiale (inv. n. 657, c. 12 v.): «Nell’Oratorio con la cupolina di nuvole e balaustrato: sette lunette dipintovi la vita di Santa Maria Maddalena con cornici intorno dorate, di mano del Curradi, con costumi di taffetà macchiato foderate di tela» (cfr. MOSCO 1986, pp. 237-239, figg. 1-4). Come notato da Silvana Cuzzocrea, lo schema dei sette dipinti riprende quello adottato per le cinque lunette ispirate alla vita di Maria dipinte da Curradi per la chiesa degli Angiolini a Firenze, che era stato chiamato a decorare nel 1616 (CUZZOCREA 1985, pp. 115, 118). 4 LANZI 1782, p. 130; LANZI 1792, p. 138; LANZI 1795-1796, vol. I, 1795 p. 193. 5 Cfr. M. Bucci in MOSTRA DEL CIGOLI 1959, p. 65, sotto n. 19; M. Gregori in MOSTRA DEL CIGOLI 1959, pp. 217-218, n. 120. In occasione della mostra dedicata a «La Maddalena tra il Sacro e il Profano» tenutasi a Palazzo Pitti nel 1986, le sette lunette sono state restaurate e in parte esposte al pubblico (MOSCO 1986, pp. 237-239, figg. 1-4). Si veda anche la scheda di B. Santi ne IL SEICENTO FIORENTINO 1986, p. 172, n. 1.58, ripr. 2

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Nondimeno, a fronte del rapporto innegabile tra il dipinto in questione e il bozzetto della Biblioteca senese, sarà opportuno osservare che quest’ultimo denota un’ancor più marcata prossimità formale con l’opera sulla quale l’artista fiorentino esemplò a tutti gli effetti il proprio Convito, come si analizzerà meglio più oltre. Mi riferisco alla celebre tela di Lodovico Cardi (1559-1613) dipinta per il medico forlivese Gerolamo Mercuriale, firmata e datata 1596 (Roma, Galleria Doria Pamphilj) (fig. 3), che figurava esposta insieme alla lunetta di Curradi alla celebrativa «Mostra del Cigoli e del suo ambiente» tenutasi a San Miniato nel 1959, a testimoniare la notevole fortuna del modello ideato dal brillante maestro6. È stato già più volte sottolineato con quanta prontezza gli artisti dell’epoca mostrarono di avere recepito le novità iconografiche introdotte da Lodovico nella sua originale composizione, variamente caratterizzata da stilemi fiamminghi come pure da molteplici rimandi alla cultura classica, archeologica e all’ambiente manierista zuccaresco, il cui cromatismo d’inflessione neoveneziana chiarisce, per altro, la precedente attribuzione del dipinto al Tintoretto7. Filippo Baldinucci, che subito notò l’originalità del raffigurare i commensali distesi, e non seduti, intorno al desco su letti triclinari secondo l’uso antico, fa risalire il suggerimento al committente Gerolamo Mercuriale8, insigne umanista e lettore Inv. n. 104. Olio su tela, 120x160 cm (M. Bucci in MOSTRA DEL CIGOLI 1959, pp. 65-66, n. 19, tav. XIX). 7 Cfr. M. Bucci in MOSTRA DEL CIGOLI 1959, pp. 65-66, n. 19; FARANDA 1986, pp. 60-61 e n. 20 (con bibl.), tav. XXII; M. Mosco ne LA MADDALENA TRA SACRO E PROFANO 1986, p. 96, n. 24; CONTINI 1991, pp. 46-47, n. 6, ripr. Sui disegni preparatori per il dipinto si veda. M.L. Chappell in DISEGNI DI LODOVICO CIGOLI 1992, pp. 57-62, nn. 36-37. 8 «[...] per lo celebre Girolamo Mercuriale da Forlì lettore primario, allora, nello studio pisano, egli ebbe a dipignere l’istoria della cena del Signore in casa il [sic] fariseo e la Maddalena, che riuscì quel tanto rinomato quadro che a tutti è noto, intagliato poi per mano di Cornelio franzese. Ebbe il Cigoli, nell’ordinar quest’opera, la bella avvertenza di figurare la persona del Signore a tavola, non a sedere, come quasi tutti i moderni il dipingono, ma giacente 6

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primario dello Studio pisano, poiché a tale uso si riferisce il Capitolo XI del Libro I del De arte gymnastica, l’opera più nota dell’erudito, intitolato De accubitus in coena antiquorium, et semel dumtaxat in die coenandi consuetudinis origine9. Non sorprende, dunque, che la diffusione dell’iconografia tricliniare fra i contemporanei del pittore e gli artisti della sua cerchia sia stata tanto rilevante e a ciò dovette concorrere anche la bella traduzione su rame incisa, già nel 1597, dall’anversese Cornelius Galle Senior10 (fig. 4): l’originale invenzione del Cigoli divenne presto un modello basilare per l’iconografia del Convito in casa del fariseo Simone, come attestano varie opere del tempo, fra cui le tre versioni realizzate da Carlo Dolci11, la già citata lunetta di Francesco Curradi della cappella di Poggio Imperiale, un dipinto anonimo passato a una vendita fiorentina al modo che da antichissimi e gravissimi autori sappiamo che si praticava in quei tempi. [...] ed è verisimile, che tal modo di rappresentare il Signore giacente e non sedente, fusse suggerito al Cigoli dallo stesso Mercuriale [...]» (BALDINUCCI 1846, pp. 245-246). Rolf Kultzen rimarcò, inoltre, l’influsso esercitato sulla composizione del Cigoli da parte di una stampa di omologo soggetto incisa da Theodor Galle nel 1590 su ideazione di Otto van Veen (KULTZEN 1965, pp. 184-188). Nell’ottica del recupero filologico dell’antico triclinio, la straordinaria portata dell’innovazione iconografica del Cigoli fu, per altro, sottolineata da Anthony Blunt nel suo noto saggio sul triclinium nell’arte religiosa (BLUNT 1938-1939, pp. 271-276). 9 Sull’opera (Venezia 1569, 1573, 1587 e 1601; Parigi 1577) – la cui edizione del 1601 vide l’aggiunta di un’appendix al capitolo dedicato al banchetto, incentrata sulla cena in casa del fariseo nonché corredata di xilografie – e sul suo autore si rimanda in particolare, tra i più recenti contributi, a: FEDERICI 2007, MERCURIALE 2008 e ai vari saggi pubblicati negli atti del convegno forlivese del 2006 Girolamo Mercuriale e lo spazio scientifico e culturale del Cinquecento (GIROLAMO MERCURIALE 2008). 10 Della stampa, recante un’iscrizione che menziona sia il Cigoli che Mercuriale, si conserva uno studio d’insieme di mano dell’artista (Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi [= GDSU], inv. 1019 F), preliminare al disegno preparatorio più finito, oggi alla Kunsthalle di Amburgo, inv. 21148 (cfr. DISEGNI DI LODOVICO CIGOLI 1992, pp. 61-62, n. 37, ripr.). 11 BALDASSARI 1995, pp. 94-98, nn. 62-64, ripr.

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presso Sotheby12 e, in particolar modo, una versione conservata oggi agli Uffizi (fig. 5), ascritta alla Scuola fiorentina secc. XVIXVII13, che significativamente proviene come il bozzetto in esame dalla raccolta del marchese fiorentino Leopoldo Feroni, ove figurava assegnata a Giovanni Stradano14. Se, d’altronde, appare quantomeno emblematica la presenza, all’interno della stessa collezione, di ben due versioni della Cena in casa del Fariseo mutuate dal modello del Cigoli, non meno rilevante risulterà il fatto che chiunque sia stato l’autore dell’iscrizione che figura sul foglio di montaggio dell’album – alludente senza dubbio al rapporto del bozzetto con la tela di Curradi già nella cappella di Poggio Imperiale –, doveva certo trattarsi di un attento conoscitore dei dipinti del patrimonio artistico locale. Ma prima ancora di affrontare l’aspetto prettamente attributivo, credo valga la pena rammentare che alla scuola toscana del Seicento, oltreché a quella nordica, è 28 maggio 1990, n. 1103 (cfr. M.L. Chappell in DISEGNI DI LODOVICO CIGOLI 1992, p. 62, sotto n. 37). Miles Chappell ha, inoltre, individuato una traduzione in un bassorilievo dello scultore identificato come Domenico Poggini, venduta all’asta: F.X. Weizinger, München, 28 maggio 1914 (DISEGNI DI LODOVICO CIGOLI 1992, p. 62, sotto n. 37). Oltre all’iconografia, grande interesse hanno suscitato nella critica sia le vicende storiche del dipinto quanto i numerosi disegni preparatori e l’incisione di Cornelius Galle (FARANDA 1986, nn. 20-20c, con bibl.; M. Mosco ne LA MADDALENA TRA SACRO E PROFANO 1986, p. 96, n. 24; DISEGNI DI LODOVICO CIGOLI 1992, pp. 57-62, nn. 36-37, con bibl.). 13 Cfr. M. Chiarini in GLI UFFIZI 1979, p. 491, P1498. Sul dipinto (Inv. S. Marco e Cenacoli n. 127; olio su tela, 100x144 cm) si veda anche il catalogo della mostra tenutasi a Firenze nel 1998 presso il Salone delle Reali Poste della Galleria degli Uffizi: LA COLLEZIONE FERONI 1998, p. 118, n. 23. Miles Chappell mi ha gentilmente segnalato a novembre del 2009 sia la presenza di un’ulteriore versione conservata al Museo del Prado (inv. 673), sia uno studio di Figura maschile panneggiata semidistesa attualmente classificato sotto il nome di Giovanni da San Giovanni (GDSU, inv. 9092 F, matita e gessetto neri su carta cerulea, 320x230 mm), che mi pare strettamente riconducibile alla figura del Cristo ritratta nel dipinto già in collezione Feroni, oggi agli Uffizi. 14 Si veda il CATALOGO DELLA GALLERIA FERONI 1895, p. 10, n. 109. 12

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riferibile gran parte dei 158 dipinti adunati nella raccolta appartenuta all’antica e importante famiglia del collezionista15, che prima di essere donata per disposizione testamentaria del marchese stesso al Comune di Firenze e, quindi, presa in carico dalla Galleria degli Uffizi nel 1865, era stata resa accessibile al pubblico ogni giovedì da questo colto e raffinato mecenate presso il palazzo fiorentino di via Faenza in cui egli risiedeva16. Ciò premesso, credo sia del tutto evidente che proprio alla scuola toscana del Seicento debba essere altresì ricondotto il bozzetto in esame, andandosi dunque ad aggiungere alla serie già nota di opere derivate dal celebre prototipo ricordate poc’anzi: non soltanto per motivi di ordine meramente iconografico, come suggerisce il suo inequivocabile rapporto con l’impostazione scenica e la costruzione sintattica dell’illustre modello, ma anche sotto il profilo stilistico in ragione dell’appartenenza al medesimo ambiente culturale. Delineato a penna, inchiostro e tempera di colore bruno e bianco agilmente applicata in punta di pennello su un foglio di carta bianca tinteggiata in marrone, di dimensioni assai ridotte, il bozzetto rievoca appunto i vivaci effetti pittorici di ascendenza veneziana del modelletto a chiaroscuro che il Cigoli introdusse a Firenze e rivela, nondimeno, marcate peculiarità di stile riferibili ai disegnatori del Seicento fiorentino, segnatamente alla maniera minuta, garbata, priva di arditezze compositive di Francesco

Cfr. CANEVA 1998, p. 25. Su Leopoldo Feroni, che fu consorte della nobile senese Caterina Gori Pannilini e del quale giunse in eredità alla Biblioteca Comunale degli Intronati anche un prezioso nucleo di cinquecentine, incunaboli e pubblicazioni seicentesche di antichistica, si veda, da ultimo, COLUCCI 2011 (privo di note), ripubblicato in COLUCCI 2014 (con note). 16 Nella Nuova guida della città di Firenze compilata da G. François (FRANÇOIS 1850, p. 534), si specifica che in ognuna delle sette sale della «Galleria» del marchese Leopoldo nelle quali fu sistemata la raccolta, era consultabile «una cartella» con l’indicazione di autori e soggetti dei dipinti (cfr. CANEVA 1998, p. 23). 15

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Curradi17, come è stato intuito già da tempo dall’autore dell’indicazione attributiva vergata in calce al foglio. Se si eccettuano i due monocromi degli Uffizi dipinti a olio su carta che furono esposti alla celebre mostra sui bozzetti delle gallerie fiorentine, sia pur con un interrogativo riferimento a Curradi18, non mi sono noti bozzetti monocromi su carta di autografia accertata all’interno della cospicua produzione disegnativa dell’artista, ravvisabili invece nel corpus grafico di suoi contemporanei, a iniziare dallo stesso Cigoli19. Bisognerà, dunque, limitarsi per il momento a un raffronto con il bozzetto monocromo su tela della Fondazione Horne20, che prelude alla Cena in Emmaus dipinta da Curradi per la cappella dei Serragli della chiesa di San Marco a Firenze intorno al 164021. Sebbene le minute dimensioni del bozzetto della Biblioteca Comunale degli Intronati non consentano di affrontare la lettura Tale proposta attributiva è stata già avanzata da chi scrive nel 2001 all’interno della scheda di catalogo del bozzetto, nel corso della catalogazione informatizzata dei disegni della Biblioteca Comunale degli Intronati di Siena. 18 Si tratta, rispettivamente, di una Figura allegorica (GDSU, inv. 19193 F, olio a chiaroscuro su carta, 26x17 cm) e del Crocifisso che appare a san Bernardo (GDSU, inv. 19117 F, olio a chiaroscuro su carta, 34x22 cm; cfr. le due schede redatte da U. Baldini in BOZZETTI DELLE GALLERIE DI FIRENZE 1952-1953, pp. 26-27, nn. 41-42, ripr.). I due bozzetti vengono datati entrambi al 1625 ca. in CANTELLI 1983, p. 53; cfr. anche CANTELLI 2009, p. 63. 19 Cfr. ad esempio i fogli riprodotti in DISEGNI DI LODOVICO CIGOLI 1992, pp. 46-48, nn. 27-28, pp. 186-190, nn. 112-115. Molti punti in comune con il nostro studio sono, tra l’altro, ravvisabili nel bozzetto monocromo eseguito a tempera su carta della Uguccione Ranieri di Sorbello Foundation di Perugia, n. D22, raffigurante una Scena con una visita a un moribondo, assegnato alla scuola del Cigoli (S. Prosperi Valenti Rodinò ne IL SEGNO CHE DIPINGE 2002, p. 20, n. 4, fig. 11). Analogie stilistiche possono, inoltre, rilevarsi in alcuni bozzetti di Cristofano Allori, sia pur eseguiti soprattutto a olio su tela o su rame (CRISTOFANO ALLORI 1984, p. 66-71 nn. 18.2, 19.2, 20.1-20.2, pp. 95-101 nn. 31.2-33, ripr.). 20 Firenze, Fondazione H.P. Horne, inv. 95; 27x26 cm (ripr. in CANTELLI 1983, p. 53, fig. 195). 21 CUZZOCREA 1985, p. 124 e nota 90. 17

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particolareggiata dei dettagli, molto simili appaiono le nette stesure di materia cromatica dal segno guizzante che danno risalto ai personaggi e costruiscono con diligente precisione l’involucro disegnativo delle figure e la cadenza dei panneggi, esaltata dal chiaroscuro compatto e delicato. Ulteriori elementi di somiglianza possono altresì scorgersi nella sobrietà e nella composta simmetria della scena, congeniali alla malinconica gravità che segnò sovente la vena narrativa dell’artista riflettendone l’indole introspettiva e spirituale, destinata a trovare la sua massima espressione negli aspetti più intimistici della religiosità post-tridentina: pur non essendo stato discepolo diretto del Cigoli e del Passignano, a partire dagli albori del Seicento egli subì ineludibilmente l’influsso delle novità riformistiche introdotte dai due maestri nel panorama artistico fiorentino, lasciandosi alle spalle la formazione manieristica per affermarsi ben presto come uno dei maggiori esponenti della pittura di devozione locale. Passando, comunque sia, al raffronto tra la scena studiata nel bozzetto e quella dipinta da Lodovico Cardi (figg. 1 e 3), si nota, già al primo sguardo, la ripresa palmare del taglio in diagonale della tavola attorniata dalle due file di letti triclinari. Altrettanto può essere osservato riguardo alla disposizione dei vari personaggi situati nella parte sinistra del bozzetto, a iniziare dalla Maddalena china a detergere di olio i piedi del Cristo, per proseguire gradualmente con tutte le altre figure, ritratte in pose analoghe a quelle illustrate nel modello del Cigoli: il Cristo, i tre convitati alla sua sinistra – si scorge perfino il volto del giovane alle sue spalle –, l’uomo barbato e i due commensali che conversano accanto a lui. Sono, invece, state introdotte delle variazioni nelle pose di Simone il Fariseo e dell’uomo calvo dipinto al suo fianco, nel quale è stato proposto di individuare un ritratto di Mercuriale22. Si nota, oltre a ciò, che nel bozzetto viene riecheggiata del dipinto la presenza, sulla destra, dei due servitori con i vassoi, 22

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Cfr. CHAPPELL 1975, p. 95, nota 14.


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sia pur con varie modifiche, quasi fosse un tentativo iniziale di impostare la disposizione degli elementi scenici limitandosi a valutare solo qualche soluzione alternativa, appena accennata in questo primo stadio dell’iter progettuale. Va, infine, osservato quanto l’eloquente eleganza dei personaggi e la profusione di dettagli decorativi che impreziosiscono la sontuosa tela della Galleria Doria vengano visibilmente semplificate in questa versione assai più sobria, sia nell’articolazione spaziale degli elementi compositivi, quanto nell’ambientazione scenica delle figure, per essere invece tradotte con efficace semplicità ricorrendo a una solida simmetria costruttiva. Qualità, queste, ravvisabili sovente nel fare minuto e conciso di Curradi, che sappiamo essere stato particolarmente incline alla rappresentazione di scene con piccole figure – il cui gusto viene fatto risalire al padre Taddeo, intagliatore ligneo23 –, disposte nello spazio in modo attento e calibrato, congeniale al suo stile narrativo connotato da sobrietà e pacatezza. A fronte di quanto osservato, il confronto istituibile invece tra il bozzetto di Siena e la lunetta dipinta per la cappella della villa di Poggio Imperiale (figg. 1 e 2) offre qualche spunto in più per tentare di comprendere, nel caso Curradi sia stato realmente l’autore di entrambi, le scelte da lui operate in fase progettuale prima di approdare alla versione definitiva trascritta su tela. Si nota, anzitutto, che nel dipinto l’impostazione della scena nello spazio è mutata per effetto del nuovo punto di vista: l’immagine è ora scorciata dal basso a destra, forse per rispondere a nuove esigenze subentrate in corso d’opera al fine di rappresentare l’episodio secondo un altro angolo visuale. Ragioni che potrebbero ricercarsi, come suggerisce Miles Chappell24, nella decisione di adattare la rappresentazione prospettica della scena a quella che sarebbe poi stata la definitiva disposizione delle sette lunette lungo le pareti della cappella di Poggio Imperiale,

23 24

Cfr. CUZZOCREA 1985, p. 115, nota 39. Comunicazione orale, novembre 2009.

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con l’intento di agevolare, dunque, la lettura degli episodi narrati da una nuova angolazione. Si può invero osservare che, se nella composizione studiata nel bozzetto è già avvertibile l’idea di raffigurare il Convito all’interno del formato centinato della lunetta, ma la disposizione degli elementi compositivi è ancora adunata entro una porzione di spazio di forma quasi rettangolare, nell’ambientazione più ariosa e calibrata evocata dalla lunetta viene, per converso, dato maggiore risalto all’elemento scenico principale: il banchetto, ora collocato su una pedana molto più imponente. Bilanciato su entrambi i lati dalle figure dei tre servitori – la cui altezza appare gradualmente ridursi procedendo verso le due estremità della scena, a sottolineare la linea inarcata del margine superiore della tela –, il desco attorniato dai letti triclinari si staglia adesso nettamente, sopraelevandosi per effetto dello scorcio dal basso dell’immagine, e diviene il centro focale della scena anche per l’abile utilizzo della luce, che esalta l’intenso chiarore della tovaglia, l’ampia pedana e le figure dei due protagonisti dell’episodio narrato, le quali appaiono ora ritratte in posa perfettamente affrontata in virtù del nuovo taglio conferito alla scena. Volendo proseguire il raffronto fra bozzetto e tela, notiamo che in quest’ultima i due inservienti, situati di nuovo sulla destra, accedono al desco salendo alcuni gradini e appaiono modificati sia nella posa che nelle sembianze. Per bilanciarne plausibilmente la presenza, il mescitore e il tavolo con il vasellame vengono invece spostati in primo piano a sinistra, mentre un secondo tavolo figura aggiunto alle spalle della Maddalena, forse per riempire il nuovo spazio che si è venuto, conseguentemente, a creare in profondità per effetto del nuovo scorcio. Notiamo, tra l’altro, che su questo tavolo risalta una piattiera rievocante quella inserita dal Cigoli nel medesimo punto della scena, ben visibile nello studio preliminare e nella stampa incisa da Cornelius Galle. Al gruppo di disegni preparatori già resi noti in relazione al dipinto di Curradi, conservati nel Fondo Corsini presso 82


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l’Istituto Centrale per la Grafica, ove è giunto un consistente nucleo di esercitazioni accademiche dell’artista riunite nel volume 157 G 1125, sarei ora tentata di aggiungere uno studio del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi per due mani infantili reggenti un piatto, che pare preludere alla posa da conferire a quelle del servitore più giovane situato all’estrema destra della lunetta26 (fig. 6). Rispetto al disegno pervenutoci per la figura intera di questo fanciullo27 (fig. 7), ove si scorge soltanto la mano sinistra per effetto dello scorcio prospettico lievemente modificato rispetto al dipinto, lo studio degli Uffizi anticipa già quella che sarà la versione finale, in quanto ritrae, come nella tela, entrambe le mani del giovane inserviente (cfr. figg. 6, 7, 8). Va, d’altro canto, osservato che i due disegni sono ancora accomunati dalla presenza di un simile piatto basso il quale, nella versione dipinta, verrà invece dotato di un lucido coperchio. Con questo studio di figura, come pure con la serie di disegni preparatori finora individuati, il foglio condivide, oltretutto, non solo la grande accuratezza del tratto intenso, morbidamente sfumato nel sottolineare i contorni, ma anche l’analogo tipo di carta grigio-avana e gli stessi strumenti grafici, vale a dire il carboncino delicatamente lumeggiato a gessetto bianco, o a biacca, che modella la compatta tornitura dei volumi soffermandosi a registrare le minute variazioni di luce e ombra. Un modus operandi attestato dalla considerevole copia di prove Si tratta, rispettivamente, di uno studio per la figura del servitore giovane (inv. F.C. 125740); di un disegno per le mani del Cristo (inv. F.C. 126572); di uno studio per la mano della Maddalena recante un’ampolla (inv. F.C. 126425); di un disegno per le mani congiunte del convitato seduto accanto al Cristo (inv. F.C. 126559); e di uno schizzo a matita rossa per la testa dell’inserviente chino in basso a sinistra (inv. F.C. 126255) (cfr. S. Prosperi Valenti Rodinò in DISEGNI FIORENTINI 1979, pp. 51-52, nn. 77-78, ripr.). 26 GDSU, inv. 7237 F. Carboncino, tracce di gessetto bianco su carta grigioavana; 218x175 mm. Angoli rinforzati con toppe sul verso. 27 Roma, Istituto Centrale per la Grafica, inv. F.C. 125740. Carboncino, biacca su carta grigio-avana, 368x224 mm (DISEGNI FIORENTINI 1979, pp. 51-52, n. 77, ripr.). 25

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grafiche pervenuteci, paradigmatico del consueto e meticoloso processo di elaborazione dell’idea iniziale adottata nel corso della sua lunghissima attività da questo infaticabile disegnatore, «vivuto 91 anno dipingendo e ammaestrando sempre», come vorrà ricordarlo Luigi Lanzi28.

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LANZI 1795-1796, vol. I, 1795, p. 193.


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DISEGNI DI LODOVICO CIGOLI 1992 = Disegni di Lodovico Cigoli (15591613), catalogo della mostra (Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, 1992), a cura di M.L. Chappell, Firenze 1992. DISEGNI FIORENTINI 1979 = Disegni fiorentini 1560-1640 dalle collezioni del Gabinetto Nazionale delle Stampe, catalogo della mostra (Roma, Villa della Farnesina alla Lungara, 20 ottobre-20 dicembre 1977; Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, novembre-dicembre 1979), a cura di S. Prosperi Valenti Rodinò, Roma 1979. FARANDA 1986 = F. FARANDA, Ludovico Cardi detto il Cigoli, con Introduzione di R. Roli, Roma 1986. FEDERICI 2007 = F. FEDERICI, Girolamo Mercuriale e l’«accubitus in coena antiquorum», in Lo sguardo archeologico. I normalisti per Paul Zanker, a cura di F. De Angelis, Pisa 2007, pp. 221-237. FRANÇOIS 1850 = G. FRANÇOIS, Nuova guida della città di Firenze, Firenze 1850. GIROLAMO MERCURIALE 2008 = Girolamo Mercuriale. Medicina e cultura nell’Europa del Cinquecento, atti del convegno Girolamo Mercuriale e lo spazio scientifico e culturale del Cinquecento (Forlì, 8-11 novembre 2006), a cura di A. Arcangeli, V. Nutton, Bibliothèque d’Histoire des Sciences, vol. X, Firenze 2008. KULTZEN 1965 = R. KULTZEN, Mitteilungen aus dem Hamburger Kupferstichkabinett, in «Jahrbuch der Hamburger Kunstsammlungen», 10, 1965, pp. 181-190. LANZI 1782 = L. LANZI, La Real Galleria di Firenze, Firenze 1782. LANZI 1792 = L. LANZI, La Storia Pittorica della Italia Inferiore...Compendiata, Firenze 1792. LANZI 1795-1796 = L. LANZI, Storia pittorica dell’Italia, 3 voll., Bassano 1796. LA MADDALENA TRA SACRO E PROFANO 1986 = La Maddalena tra Sacro e Profano. Da Giotto a De Chirico, catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Pitti, 24 maggio-7 settembre 1986), a cura di M. Mosco, Milano-Firenze 1986. MERCURIALE 2008 = G. MERCURIALE, De Arte gymnastica, edizione critica a cura di C. Pennuto, Firenze 2008. MOSCO 1986 = M. MOSCO, La cappella della Maddalena nella villa di Poggio Imperiale a Firenze, in La Maddalena tra Sacro e Profano. Da Giotto a De Chirico, catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Pitti, 24 maggio-7 settembre 1986), a cura di M. Mosco, Firenze 1986, pp. 237-239. MOSTRA DEL CIGOLI 1959 = Mostra del Cigoli e del suo ambiente, catalogo della mostra (San Miniato, Accademia degli Euteleti, 1959) 86


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a cura di M. Bucci, A. Forlani, L. Berti, M. Gregori, Introduzione di G. Sinibaldi, San Miniato 1959. IL SEGNO CHE DIPINGE 2002 = Il segno che dipinge, a cura di C. Bon Valsassina, Uguccione Ranieri di Sorbello Foundation, Bologna 2002. IL SEICENTO FIORENTINO 1986 = Il Seicento fiorentino. Arte a Firenze da Ferdinando I a Cosimo III. Pittura, catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Strozzi, 21 dicembre 1986-4 maggio 1987), Firenze 1986. GLI UFFIZI 1979 = Gli Uffizi. Catalogo generale. 1, Firenze 1979.

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Didascalie Fig. 1. Francesco Curradi (?), La cena in casa del Fariseo, penna, inchiostro e tempera di colore bruno e bianco su carta bianca tinteggiata in marrone, 111x228 mm. Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati, album S.I.7, c. 53 r. © Autorizzazione Biblioteca Comunale Intronati Siena, 29.10.2014. Fig. 2. Francesco Curradi, La cena in casa del Fariseo, olio su tela centinata, 55x210 cm. Firenze, Depositi di Palazzo Pitti, Inventario 1890, n. 2123 (1980 post). Per gentile concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Fig. 3. Lodovico Cardi detto il Cigoli, La cena in casa del Fariseo, 1596, olio su tela, 120x160 cm. Roma, Galleria Doria Pamphilj, inv. n. 104 (da FARANDA 1986, p. 60, tav. XXII). Fig. 4. Cornelius Galle Senior, La cena in casa del Fariseo (da Lodovico Cardi detto il Cigoli), 1597, bulino, 270x338 mm. Per gentile concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Fig. 5. Scuola fiorentina secc. XVI-XVII, La cena in casa del Fariseo (da Lodovico Cardi detto il Cigoli), olio su tela, 100x144 cm. Firenze, Galleria degli Uffizi, Inv. S. Marco e Cenacoli n. 127. Per gentile concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Fig. 6. Francesco Curradi, Studio di mani recanti un piatto e di mano destra che impugna un’asticciola, carboncino, tracce di gessetto bianco su carta grigio-avana, 218x175 mm. Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, inv. 7237 F. Per gentile concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Fig. 7. Francesco Curradi, Studio di giovane con piatto in mano, carboncino, biacca su carta grigio-avana, 368x224 mm. Roma, Istituto Centrale per la Grafica, inv. F.C. 125740. Per gentile concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Fig. 8. Particolare della fig. 2.

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