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Horti Hesperidum Studi di storia del collezionismo e della storiografia artistica Rivista telematica semestrale

STUDI SUL DISEGNO ITALIANO TRA CONNOISSEURSHIP E COLLEZIONISMO a cura di FRANCESCO GRISOLIA

Roma 2014, fascicolo II

UniversItalia


Il presente tomo riproduce il fascicolo II dell’anno 2014 della rivista telematica Horti Hesperidum. Studi di storia del collezionismo e della storiografia artistica. Cura redazionale: Michela Gentile, Marisa Iacopino, Marta Minotti, Giulia Morelli, Jessica Pamela Moi, Gaia Raccosta, Deborah Stefanelli, Laura Vinciguerra.

Direttore responsabile: CARMELO OCCHIPINTI Comitato scientifico: Barbara Agosti, Maria Beltramini, Claudio Castelletti, Valeria E. Genovese, Francesco Grisolia, Ingo Herklotz, Patrick Michel, Marco Mozzo, Simonetta Prosperi Valenti Rodinò, Ilaria Sforza Autorizzazione del tribunale di Roma n. 315/2010 del 14 luglio 2010 Sito internet: www.horti-hesperidum.com

La rivista è pubblicata sotto il patrocinio e con il contributo di

Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” Dipartimento di Scienze storiche, filosofico-sociali, dei beni culturali e del territorio Serie monografica: ISSN 2239-4133 Rivista Telematica: ISSN 2239-4141 Prima della pubblicazione gli articoli presentati a Horti Hesperidum sono sottoposti in forma anonima alla valutazione dei membri del comitato scientifico e di referee selezionati in base alla competenza sui temi trattati. Gli autori restano a disposizione degli aventi diritto per le fonti iconografiche non individuate.

PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA © Copyright 2014 - UniversItalia – Roma ISBN 978-88-6507-741-2 A norma della legge sul diritto d’autore e del codice civile è vietata la riproduzione di questo libro o parte di esso con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilm, registrazioni o altro.

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INDICE

FRANCESCO GRISOLIA, Presentazione

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FURIO RINALDI, Bernardino Luini «Mediolanensis», Aurelio Luini e Giovanni Paolo Lomazzo: disegni firmati tra autografia e documento

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LAURENCE ARMANDO, Un dessin inédit, autour de Rosso, Primatice et Thiry: Un homme nu (Apollon?) à demi-assis sur un char

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CRISTIANA GAROFALO, La Cena in casa del Fariseo tra Lodovico Cigoli e Francesco Curradi: su un bozzetto della collezione Feroni

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VIVIANA FARINA, Addenda al catalogo dei disegni di Aniello Falcone

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Horti Hesperidum, IV, 2014, 2

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DARIO BECCARINI, Una nota su Domenico Antonio Vaccaro

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ISABELLA ROSSI, Sulle tracce dell’ «immenso studio» di Pietro Stefanoni. Entità e dispersione

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LUISA BERRETTI, Anticipazioni dal fondo di disegni e stampe del Museo Civico di Pescia

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CARLOTTA SYLOS CALÒ, Al di là del visibile: il disegno italiano tra il 1968 e il 1972

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ABSTRACTS

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ADDENDA AL CATALOGO DEI DISEGNI DI ANIELLO FALCONE VIVIANA FARINA

Esperto navigato della pittura di battaglia, Aniello Falcone (Napoli, 1607-1656) è anche uno dei più raffinati disegnatori italiani della prima parte del XVII secolo. Il corpus grafico dell’artista, ricostruito anni or sono da chi scrive1, si arricchisce oggi di due nuovi ritrovamenti. Realizzato a matita rossa su carta bianca (195x150 mm) e attualmente in collezione privata a Palermo, il primo di tali disegni inscena un gruppo di figure ammantate, in piedi dinnanzi a un albero, e un’altra inginocchiata con il viso rivolto in alto e le palme aperte (fig. 1). Torneremo in breve sul possibile episodio religioso prescelto. Proveniente dalla raccolta di Gustav Adolf Sparre (1746-1794), lo studio aveva sinora recato una probabile attribuzione a 1

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Salvator Rosa (Napoli, 1615-Roma, 1673), attestata da una iscrizione moderna posta a tergo. Era il nome in cui aveva confidato anche un intenditore del calibro di Jacques Petithory, proprietario del disegno sino al 1993 e dalla cui prestigiosa raccolta grafica, acquisita in parte sostanziale dal Musée des Beaux-Arts di Bayonne a metà degli anni Novanta del secolo scorso, proviene almeno un altro importante foglio di area napoletana, quale il San Pietro penitente di Jusepe de Ribera (Parigi, Institut Neérlandais, Fondation Custodia, inv. 1977T.54), preparatorio al quadro di analogo tema dell’antica chiesa collegiale di Osuna (1617)2. Nello studio qui in oggetto non mancano, in effetti, i punti di contatto con l’arte di Rosa, a partire dalla scelta disposizione del gruppo preposto alla macchia vegetativa. Tuttavia non è comune in Salvatore alternare una linea incisoria, conseguita appuntendo la matita rossa e utile a tracciare i tratti somatici, i profili dei capelli, delle pieghe e delle foglie, con la più sensibile sfumatura dello stesso medium grafico; né sono consone alla maniera dell’artista le ombre vigorose, ottenute agglomerando il colore in aree ben definite o con un fitto sistema di segni paralleli apposti in obliquo, privi, inoltre, del rigoroso ordine che in Rosa caratterizza sempre l’analogo espediente. Tantomeno Salvatore è uso alle sommarie abbreviazioni di mani e piedi e ai plissé rapidamente accennati che si apprezzano nel foglio, tutti non lontani dai modi di Pier Francesco Mola. Le caratteristiche tecniche appena sopra ripercorse, insieme con le due teste stagliate sul margine sinistro del gruppo, evocanti le tipologie del Poussin degli anni di Roma, indirizzano, piuttosto, al nome di Aniello Falcone, il maestro di Salvator Rosa. Precisamente, il disegno mostra significative tangenze con la maniera messa a punto dal più anziano napoletano nelle Storie di Mosè, affrescate sulla volta di una sala della villa fuori porta, in località Barra, di Gaspar Roomer, il ricco mercante originario di Sull’argomento si veda ora FARINA 2014A, pp. 152, figg. 159 e 190, 156159. 2

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Anversa che fu il più importante patron del celebre specialista di pittura di battaglia. Nel ciclo decorativo della villa, nel tempo passata alle famiglie Bisignano e Rodinò di Miglione e poi al Comune, il forte debito contratto con il classicismo di Poussin ne indirizza la lettura cronologica. Lo aveva già inteso Anthony Blunt, il primo a riconoscere la mano di Falcone nella sala di Barra e che, sulla scorta di Bernardo De Dominici, aveva creduto gli affreschi eseguiti nel 16483. Per il biografo Aniello aveva, infatti, lasciato Napoli in seguito alla rivolta popolare capeggiata da Masaniello nel 1647, insieme con il gruppo dei veri e supposti allievi, tutti coinvolti nella misteriosa «Compagnia della Morte», una società segreta di artisti guidati da Falcone, di giorno intenti alla pittura e la notte alla guerriglia contro i soldati spagnoli4. Negli anni Sessanta l’aneddoto era sembrato a Blunt l’unico credibile svolgimento degli eventi, immaginando Aniello giunto a Roma intorno al 1648, in compagnia di Andrea de Leone e ivi entrato in contatto con Giovanni Benedetto Castiglione, documentato nella Città Eterna in quel medesimo anno5. In realtà, la tradizione orale circa la «Compagnia della Morte», associazione di banditi comuni, assoldati dal baronaggio locale, regolarmente processati e qualcuno giustiziato tra il 1648 e il 1649, congiunta alla rinomata specializzazione di Falcone e compagni in cruenti scene belliche suggerirono a De Dominici niente altro che un topos letterario, utile a delineare un perfetto parallelo tra la vita e l’arte di Aniello. E lo si crede tanto più che la moderna valutazione delle carte d’archivio disponibili lascia intendere sia Falcone che Andrea de Leone persone agiate e ben inserite nell’establishment partenopeo, sino a essere divenuto socio azionario nella gestione della odiata gabella sulla farina, il BLUNT 1969. DE DOMINICI 1742-1745, III, pp. 135-136. 5 BLUNT 1939-1940, p. 146, note 1-2. 3 4

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primo, ed esattore per conto del Tribunale della Fortificazione, il secondo6. Parallelamente andrà tenuto a mente che Falcone non era nuovo all’esperienza capitolina sin dalla prima giovinezza, entro il 16307; così come il pittore dové di certo rinnovare la vista di Roma ben prima del 1648, almeno nella seconda metà del quarto decennio, per eseguire al meglio le tele intitolate ai fasti degli antichi (l’Entrata trionfale di soldati romani in un circo e i cosiddetti Gladiatori del museo del Prado di Madrid), richiestegli, con l’intermediazione del viceré conte di Monterrey, da Felipe IV di Spagna8. Due polizze riemerse, rispettivamente, dall’antico Banco di Sant’Eligio e dal Banco dello Spirito Santo, sebbene non dettagliate sull’oggetto del pagamento, attestano che Gaspar Roomer pagò Aniello Falcone 80 ducati napoletani il 9 giugno del 1640 e 90 ducati il 28 maggio del 16439. L’entità della somma corrisposta ci ha suggerito il ricongiungimento con almeno parte della decorazione della sala di Barra, per il rimanente evidentemente coperta da ulteriori versamenti in danaro a noi ancora ignoti. L’analisi dello stile consente, d’altronde, di assumere per questa importante opera una esecuzione ad apertura degli anni Quaranta. Nella Battaglia tra ebrei e amaleciti la ricerca di forme solenni si ricollega, infatti, a quella già testata da Falcone negli affreschi veterotestamentari della cappella del principe Firrao di Santagata in San Paolo Maggiore (1641-1642) e, come in questi, va attribuita non solo alla presa di coscienza della più moderna pittura romana cui sopra si è fatto cenno, ma anche all’impatto che sull’artista ebbe la magniloquenza di linguaggio del Domenichino della Cappella del Tesoro di San Gennaro del Cfr. V. Farina in DE DOMINICI 1742-1745, III, pp. 123-124, 136-137, nota 19. 7 V. Farina in DE DOMINICI 1742-1745, III, p. 125. 8 FARINA 2007, pp. 14-17. 9 NAPPI 2001, p. 83, nn. 229-330. 6

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Duomo di Napoli. Le donne del Ritrovamento di Mosè (fig. 4), al centro della volta, confermano la vicinanza cronologica con le Virtù dei peducci del sacello Firrao e l’influsso dello Zampieri. L’apice di tale ricerca classicheggiante e maestosa, arricchita di una gestualità anch’essa di area bolognese, è toccato nel Mosè che fa sgorgare l’acqua dalla roccia (fig. 2) e nel Mosè e il serpente di bronzo. Alla lezione felsinea, gli affreschi di Barra coniugano un persistente interesse per Nicolas Poussin, secondo quanto dimostrato già da Annachiara Alabiso isolando precise citazioni dall’opera dell’artista francese. Segnato da un ritmo compositivo pausato e dalla serenità dei toni, il ciclo di Barra sancisce, insomma, la piena conversione classicista di Aniello Falcone che culmina nell’omaggio a Raffaello del summenzionato Ritrovamento di Mosè10. Il disegno di provenienza Petithory è anch’esso possibilmente da ricollegarsi all’ideazione degli affreschi Roomer, dal momento che il foglio sembra inscenare Mosè inginocchiato che chiede consiglio a Dio, mentre gli ebrei, una volta passato il Mar Rosso, protestano con il profeta per essere rimasti senz’acqua. Più esattamente, potremmo trovarci dinnanzi al dialogo intessuto da Mosè immediatamente prima che egli stesso colpisca la roccia col bastone ottenendo il prezioso liquido per il popolo eletto (Esodo, 17, 1-7). Questo ultimo episodio è, di fatto, affrescato in uno dei riquadri trapezoidali della volta della sala Roomer (fig. 2), lì dove appare immediato il riscontro con le tipologie figurative dello studio grafico in oggetto. La donna dai capelli pettinati all’antica e l’uomo al suo fianco trovano, poi, un parallelo ancora più riuscito nei protagonisti de L’attraversamento del mar Rosso, altra pittura murale dell’ambiente (figg. 3a-3b). Aniello Falcone dové preparare il ciclo di affreschi con numerosi disegni preparatori. Allo stato sono noti la Testa di guerriero urlante di profilo (cosiddetta Testa di Masaniello) della Riassumo qui le argomentazioni di FARINA 2002-2003, pp. 118-120. Per il parallelo con Poussin, ALABISO 1989, pp. 32-33. Sul Ritrovamento di Mosè si veda più avanti il testo. 10

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Pierpont Morgan Library, lo schizzo d’insieme del Mosè e il serpente di bronzo (attuale ubicazione sconosciuta)11; lo Studio di soldato per la battaglia tra ebrei e amaleciti, già presso Jean-Luc Baroni12 e il Mosè salvato dalle acque (Napoli, collezione privata; fig. 5), relativo al riquadro posto al centro della volta (fig. 4). È quest’ultimo disegno a mostrare le maggiori similitudini esecutive con il Gruppo di figure in piedi e figura inginocchiata (Mosè chiede a Dio come ottenere l’acqua per il popolo eletto) che qui interessa (fig. 1), tenendo soprattutto in conto che nel primo dei due fogli il tratto tremulo e l’instabile aplomb delle ancelle e della figlia del faraone si devono a un lavoro di copia. Si tratta, infatti, di una ripresa letterale dell’analogo episodio dell’Historia del Testamento vecchio dipinta in Roma nel Vaticano da Raffaello di Urbino, la serie incisa da Le Logge di Raffaello da Sisto Badalocchio e Giovanni Lanfranco con dedica ad Annibale Carracci nel 1607 e che Lanfranco dové fare conoscere a Napoli nel corso della sua lunga attività locale13. Il legame con l’Urbinate era, d’altronde, già chiaro a padre Sebastiano Resta, l’autore della postilla «An. Falcone da Raffaele» iscritta in basso al Mosè salvato dalle acque, parte di quella celebre raccolta di disegni del viceré marchese del Carpio che il medesimo religioso oratoriano contribuì ad arricchire con numerosi suoi acquisti e a ordinare in volumi negli anni in cui a Napoli fu ospite dell’alto aristocratico14. Pure un altro disegno della estrema attività grafica di Aniello Falcone permette il pieno accoglimento nel corpus del maestro del Gruppo di figure in piedi e figura inginocchiata che qui presentiamo: vale a dire il San Michele arcangelo che scaccia gli angeli ribelli (Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi; fig. 6), già da Vitzthum ricollegato alla scena centrale della volta della Cfr., rispettivamente, FARINA 2002-2003, pp. 178-181, cat. F/f45, F/f44, con bibliografia. 12 C. Romalli in RITORNO AL BAROCCO 2009, II, pp. 71-72, cat. n. 3.28. 13 FARINA 2002-2003, pp. 177-178, cat. F/f43. 14 FARINA 2009, pp. 352, figg. 13-14, 354. 11

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sagrestia del Gesù Nuovo di Napoli, dipinta ad affresco da Falcone nel 1652 (fig. 7)15, foglio che consente, in particolare, il riconoscimento di un altrettanto compendiario disegno delle mani spalancate e come artigliate che distinguono due dei personaggi in piedi. Rientra con ancora maggiore agio immaginativo nell’usuale repertorio dell’Oracolo delle battaglie pure un secondo foglio, anch’esso di recente riemerso da una collezione privata16. Eseguito a matita nera e di dimensioni tali (320x235 mm) da lasciarlo identificare quale uno studio, a misura naturale, per uno dei protagonisti delle scene di battaglia in formato da camera in cui Falcone eccelse, il disegno mostra sul recto un soldato urlante con il braccio sinistro portato in avanti, il destro lungo il fianco, le gambe una avanti e una indietro (fig. 8), e sul verso un armigero chino a raccogliere la faretra e due ulteriori studi della gamba destra e della testa (fig. 9). La filigrana, perfettamente leggibile, ma non rintracciabile nel repertorio di Briquet, mostra una corona sormontata da un fiore a cinque petali. Il disegno ha recato sinora il riferimento al napoletano Andrea de Leone o de Lione (1610-1685)17, sulla base del possibile raffronto tra il soldato prono schizzato sul verso e una simile figura dipinta al centro di uno Scontro tra cavalieri cristiani e turchi, in passato sul mercato dell’arte italiano18 (fig. 10). Per quanto sia possibile stabilire da fotografia, il punto di stile del quadro restituisce effettivamente un tassello per il catalogo di Andrea pittore di battaglie intorno al 1645. Non si direbbe altrettanto dello studio grafico, caratterizzato da un tratto più FARINA 2002-2003, p. 189, cat. F/f56. Sugli affreschi si veda oltre, a nota 25. 16 Il foglio è stato più succintamente presentato da chi scrive in DESSINS NAPOLITAINS 2014, pp. 18-21, cat. n. 6. 17 Il maestro fu uso firmarsi «Andrea de Leone» nei disegni, ma «Andrea de Lione» nei dipinti. È il caso del quadro del museo del Louvre del 1641 citato più avanti. 18 BREJON DE LAVERGNÉE 1984, p. 658, fig. 641. 15

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delicato e meno spigoloso di quanto mostrino i fogli sicuramente riferibili al maestro. Né il disegno qui in esame costituisce una puntuale referenza per la tela summenzionata, mostrando il fante schizzato sul verso della carta significative varianti nella posa e nell’abbigliamento: egli è, innanzitutto, intento a sollevare una faretra piuttosto che a trascinare un cadavere per il braccio, la testa completamente china in avanti, le gambe rivestite di stivaletti e non nude e decorate di calzari all’antica. A nostro avviso si tratta, più comunemente, dello studio di una posa osservata dal vero epurata in un secondo momento, che, con modifiche, si ritrova facilmente nei retropiani di numerose scene di guerra dipinte sia da Andrea de Leone che da Aniello Falcone. Nonostante l’alto numero di quadri di battaglia che possono assegnarsi al primo dei due artisti, non sono, ad ogni modo, sinora disponibili altri appunti grafici di soldati riferibili ad Andrea utili al confronto; né possiamo ricorrere a ulteriori esempi di disegni realizzati con la matita nera, un mezzo espressivo non preferito dal maestro19, amante piuttosto del gesso rosso e dell’inchiostro eventualmente arricchito dall’acquarello. La matita vermiglia, che a Napoli conobbe una buona fioritura sulla scia di Ribera, fu, in effetti, espediente Fa eccezione lo Studio di nudo seduto su una roccia con la gamba destra poggiata su un piano rialzato e la testa china sulle braccia incrociate conservato sotto il nome di Aniello Falcone presso il Musée du Louvre (matita nera e tracce di gesso bianco su carta grigio-marrone, 390x280 mm; inv. n. 9622 r.), ma proposto alla paternità di Andrea da Magda Novelli Radice e poi da chi scrive (FARINA 2002-2003, pp. 78-79, 82-83, e fig. 24). Il foglio, che proviene dalla collezione di Filippo Baldinucci, era già noto a Fritz Saxl. Walter Vitzthum (LE DESSIN A NAPLES 1967, p. 16, al cat. n. 26) aveva piuttosto pensato ad Andrea Sacchi. A matita nera e tracce di gesso bianco è stato poi realizzato un Ercole in riposo, da noi riconosciuto quale opera della maturità di Andrea, per altro firmata, nel nucleo dei disegni di Salvator Rosa del museo degli Uffizi (inv. n. 2122 F; FARINA 2007, pp. 19-20, 38, nota 33, e tav. 15). Marzia Faietti ha da ultimo accettato l’attribuzione e catalogato il foglio come di Andrea de Leone. 19

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grafico particolarmente amato da Aniello Falcone, colui che, possibilmente a partire dal 1630, dové seguire la crescita del poco più giovane Andrea successivamente all’apprendistato svoltosi con Belisario Corenzio, insieme pure con il fratello Onofrio de Leone (nato nel 1608). Il nome di Falcone non è invocato invano, e non solo per avere indirizzato la produzione di quadri a soggetto guerresco di Andrea, prima allievo e poi, secondo la nostra ricostruzione, vero e proprio socio d’affari di Aniello. Concentrandosi sul recto del foglio in oggetto (fig. 8) si apprezzeranno il tratto, reso con una matita grassa, sicuro e incisorio, che senza interruzioni delimita i contorni del fante; il disegno delle dita serrate; la sicurezza della posa; la testa fissata in un grido contenuto nell’espressione, tutti episodi, questi, connotanti un’opera dai risvolti classicisti che riteniamo essere un altro tassello della piena maturità di Falcone, quando l’imprinting naturalista aveva ormai ceduto ai colpi della lingua del bolognese Domenichino. La familiarità del verso dello Studio di soldato (fig. 9) con la tela di Andrea de Leone citata in apertura (fig. 10) si spiegherà, dunque, con la stretta frequentazione dei due maestri, usi a scambiarsi disegni e cartoni, evidentemente nell’ambito di un atelier comune. Valga per tutti l’esempio dello Studio di turco a cavallo e altri due studi del busto (Londra, collezione Dr. M. Phelan; figg. 11-11a), straordinario e indiscusso appunto grafico di Aniello che non sembra avere conosciuto traduzione su tela da parte di Falcone, ma che si ritrova bensì adottato, con minime varianti, sul margine destro, in secondo piano, della Battaglia tra cristiani e turchi del museo del Louvre (fig. 12), iscritta «Andrea de Lione f./1641», apice della convergenza stilistica con Aniello20. Il disegno, edito da J. Stock (in CIVILTÀ DEL SEICENTO 1984, II, p. 87, cat. n. 3.31), è stato da noi collegato alla tela del Louvre (FARINA 2002-2003, pp. 126-127, 176-177, cat. F/f42; FARINA 2014B, pp. 9, 12, fig. 2, 26, figg. 2a e 20b). Non ne è stata ancora ravvisata la provenienza dalla settecentesca collezione dei fratelli Terres, deducibile dalla scritta «falcone – gr[ana] 180» apposta a penna e inchiostro sul margine inferiore del foglio. Avemmo a suo 20

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Sebbene anche nel caso di Falcone non sia possibile apportare a confronto dello Studio di soldato alcun foglio condotto a matita nera, per di più affine nella tipologia, il dato di stile del disegno consente ugualmente numerosi paralleli che non lasciano dubbi circa l’attribuzione all’Oracolo delle battaglie. È la testa dell’armato a trovare, innanzitutto, un felice raffronto nei pregiati Due soldati a mezzo busto intenti nel dialogo (Stuttgart, Staatgalerie, Sammlung König Fachsenfeld, inv. n. II, 1968; fig. 13), editi da Vitzthum21 senza intenderne il legame con i due cavalieri (a loro volta libera citazione dall’analogo dettaglio del Martirio di sant’Andrea di Guido Reni, in San Gregorio al Celio a Roma, 1608) siti alla destra del re nella scena con David e Abigail, uno degli affreschi biblici, ormai gravemente compromessi, che Falcone dipinse tra la fine del 1641 e l’estate del 1642 nella precedentemente citata cappella Firrao di Santagata in San Paolo Maggiore a Napoli (fig. 14)22. Il segno di definizione caratterizzante sia il recto che il verso dello Studio di soldato, il disegno della zona inferiore delle gambe in particolare possono, poi, essere messi a confronto con lo Studio di uomo disteso al lato di un plinto, le braccia portate dietro la testa, la gamba destra piegata e la sinistra distesa, della Frederick and Lucy S. Herman Foundation (Williamsburg, Virginia; fig. 15), altro poco conosciuto foglio a matita rossa, recante sull’antico montaggio il nome di Falcone a cui non si è prestato serio credito fino al riconoscimento di chi scrive e che riteniamo

tempo la possibilità di studiare dal vivo l’opera grazie alla cortesia di Julian Stock e dei proprietari. Dobbiamo oggi all’amabilità di Cristiana Romalli un nuovo fotocolor. 21 Matita rossa su carta, 154x277 mm; VITZTHUM 1971, pp. 70, 89, fig. 14. 22 FARINA 2002-2003, pp. 117-118, 170-171, cat. F/f34. Al medesimo affresco si riferiscono le più celebri teste di guerrieri del museo di Capodimonte di Napoli e del gabinetto dei disegni degli Uffizi a Firenze, entrambi possibilmente firmati da Falcone (FARINA 2002-2003, pp. 168-170, cat. F/f32-f33).

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doversi datare tra il 1645 e il 165023. In un tempo vicino a quello che sembra pertinente al San Giorgio e il drago, affresco riemerso negli anni Novanta del XX secolo da una parete del coro della chiesa di San Giorgio Maggiore, che, in base a considerazioni di carattere storico, stilistico ed epigrafico, abbiamo datato a poco oltre il 1650 e che, in primissimo piano, presenta una figura virile distesa al suolo, ormai priva di vita, significativamente affine a quella fissata nel disegno statunitense24. Siamo, così, propensi a circoscrivere pure la cronologia dello Studio di soldato almeno nella seconda metà degli anni Quaranta, se non poco oltre. La cultura qui espressa trova infatti ulteriore sostegno almeno nel maestoso Assedio di Pamplona, una delle Storie della vita di sant’Ignazio affrescate nella precedentemente citata volta della sagrestia del Gesù Nuovo a Napoli, documentate al 1652 e disgraziatamente alterate nella lettura da un incendio del 1963 (fig. 16)25, dove gli armati ‘fotografati’ in movimento fanno da vero contraltare alla posa bloccata del soldato visibile sul recto del nostro foglio.

FARINA 2002-2003, pp. 139, 190, cat. F/f58. John T. Spike ha generosamente fornito una nuova foto del disegno. 24 LEONE DE CASTRIS 1993, p. 63, nel rendere noto l’affresco di San Giorgio Maggiore, sembra includerlo ancora entro il quinto decennio. Su di esso si veda poi FARINA 2002-2003, pp. 138-139. 25 Gli affreschi sono brevemente discussi da LEONE DE CASTRIS 1993, pp. 65, 68, nota 36; FARINA 2002-2003, pp. 137-138. 23

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Bibliografia ALABISO 1989 = A. ALABISO, Aniello Falcone’s frescoes in the villa of Gaspar Roomer at Barra, in «The Burlington Magazine», 131, 1989, pp. 31-36. BLUNT 1939-1940 = A. BLUNT, A Poussin-Castiglione problem, classicism and the picturesque in 17th century Rome, in «Journal of the Warburg and Courtauld Institutes», III, 1939-1940, pp. 142-147. BLUNT 1969 = A. BLUNT, A Fresco Ceiling by A. Falcone, in «The Burlington Magazine», 111, 1969, pp. 214-215. BREJON DE LAVERGNÉE 1984 = A. BREJON DE LAVERGNÉE, Nouvelles toiles d’Andrea di Lione: essai de catalogue, in Scritti di storia dell’arte in onore di Federico Zeri, Milano 1984, vol. II, pp. 656-680. CIVILTÀ DEL SEICENTO 1984 = Civiltà del Seicento a Napoli, catalogo della mostra (Napoli: Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte, 24 ottobre 1984-14 aprile 1985; Museo Principe Diego Aragona Pignatelli Cortes, 6 dicembre 1984-14 aprile 1985), 2 voll., Napoli 1984. DE DOMINICI 1742-1745 = B. DE DOMINICI, Vite de’ pittori, scultori ed architetti napoletani [Napoli 1742-1745], edizione commentata a cura di F. Sricchia Santoro e A.Zezza, vol. III, Napoli 2008. LE DESSIN A NAPLES 1967 = Le Dessin à Naples du XVIè siècle au XVIIIè siècle, catalogo della mostra (Parigi, Musée du Louvre, Cabinet des Dessins, 1967) a cura di C. Monbeig Goguel e W. Vitzthum, Paris 1967. DESSINS NAPOLITAINS 2014 = Dessins napolitains/Neapolitan Drawings 1550-1800, catalogo a cura di L. Marty de Cambiaire (Parigi, Marty de Cambiaire Fine Art, 25 marzo-10 aprile 2014), Firenze 2014. FARINA 2002-2003 = V. FARINA, Per Aniello Falcone disegnatore, Tesi di dottorato (XIV ciclo), Università degli Studi di Napoli “Federico II”, a.a. 2002-2003 (copie depositate presso le Biblioteche Nazionali di Firenze e Roma e presso la British Museum Prints & Drawings Room Library). FARINA 2007 = V. FARINA, Sulla fortuna napoletana dei ‘Baccanali’ di Tiziano, in «Paragone. Arte», 58, 2007, pp. 11-42. FARINA 2009 = V. FARINA, Collezionismo di disegni a Napoli nel Seicento. Le raccolte di grafica del vicerè VII marchese del Carpio, il ruolo di padre Sebastiano Resta e un inventario inedito di disegni e stampe [2006], in España y Nápoles. Coleccionismo y Mecenazgo virreinales en el Siglo XVIII, dirigido por J.L.Colomer, Madrid 2009, pp. 339-362. 104


DISEGNI DI ANIELLO FALCONE

FARINA 2014A = V. FARINA, Al Sole e all’ombra di Ribera. Questioni di pittura e disegno a Napoli nella prima metà del Seicento, Castellamare di Stabia 2014. FARINA 2014B = V. Farina, Andrea de Leone: some notes on his relation with Castiglione and Falcone, edito su www.ilseicentodivianafarina.com, 8 aprile 2014, DOI 10.4482/08012014, pp. 1-32. LEONE DE CASTRIS 1993 = P. LEONE DE CASTRIS, Un San Giorgio a fresco e altre cose di Aniello Falcone, in «Bollettino d’Arte», 78, 1993, pp. 55-68. RITORNO AL BAROCCO 2009 = Ritorno al Barocco da Caravaggio a Vanvitelli, catalogo della mostra (Napoli, Museo di Capodimonte, Certosa e Museo di San Martino, Castel Sant’Elmo, Museo Duca di Martina, Museo Pignatelli, Palazzo Reale, 12 dicembre 2009-11 aprile 2010), a cura di N. Spinosa, 2 voll., Napoli 2009. NAPPI 2001 = E. NAPPI, Le attività finanziarie e sociali di Gasparo de Roomer. Nuovi documenti inediti su Cosimo Fanzago, in Ricerche sul ‘600 napoletano. Saggi e documenti 2000. Rubrica per Luca Giordano, Napoli 2001, pp. 36-51. VITZTHUM 1971 = W. VITZTHUM, Il Disegno barocco a Napoli e nell’Italia Meridionale, Milano 1971.

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V. FARINA

Didascalie Fig. 1. A. Falcone, Gruppo di figure in piedi e figura inginocchiata (Mosè chiede a Dio come ottenere l’acqua per il popolo eletto). Palermo, collezione privata. Fig. 2. A. Falcone, Mosè che fa sgorgare l’acqua dalla roccia (1640-1643). Barra (Na), Villa Bisignano-Rodinò di Miglione (già Roomer). Fig. 3. A. Falcone, L’attraversamento del mar Rosso (1640-1643). Barra (Na), Villa Bisignano-Rodinò di Miglione (già Roomer). Fig. 3a. A. Falcone, L’attraversamento del mar Rosso (part.). Barra (Na), Villa Bisignano-Rodinò di Miglione (già Roomer). Fig. 3b. A. Falcone, L’attraversamento del mar Rosso (part.). Barra (Na), Villa Bisignano-Rodinò di Miglione (già Roomer). Fig. 4. A. Falcone, Mosè salvato dalle acque (1640-1643). Barra (Na), Villa Bisignano-Rodinò di Miglione (già Roomer). Fig. 5. A. Falcone, Mosè salvato dalle acque. Napoli, collezione Luigi Grimaldi Filioli. Fig. 6. A. Falcone, San Michele arcangelo che scaccia gli angeli ribelli. Firenze, Galleria degli Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe. Fig. 7. A. Falcone, San Michele arcangelo che scaccia gli angeli ribelli (1652). Napoli, Gesù Nuovo, volta della sagrestia. Fig. 8. A. Falcone, Studio di soldato urlante (recto). Parigi, collezione privata. Fig. 9. A. Falcone, Studio di soldato chino e due studi della gamba destra e della testa (verso). Parigi, collezione privata. Fig. 10. A. de Leone, Scontro tra cavalieri cristiani e turchi. Collezione privata. Fig. 11. A. Falcone, Studio di turco a cavallo e altri due studi del busto. Londra, collezione Dr. M. Phelan. Fig. 11a. A. Falcone, Studio di turco a cavallo e altri due studi del busto (part.). Londra, collezione Dr. M. Phelan. Fig. 12. A. de Leone, Battaglia tra cristiani e turchi (part.; 1641). Parigi, Musée du Louvre. Fig. 13. A. Falcone, Due soldati a mezzo busto intenti nel dialogo (i guerrieri di David). Stoccarda, Staatgalerie, Sammlung König Fachsenfeld. Fig. 14. A. Falcone, David e Abigail (part.; 1641-1642). Napoli, San Paolo Maggiore, cappella Firrao di Santagata. Fig. 15. A. Falcone, Studio di uomo disteso al lato di un plinto. Williamsburg (Virginia), Frederick and Lucy S. Herman Foundation. Fig. 16. A. Falcone, Assedio di Pamplona (1652). Napoli, Gesù Nuovo, volta della sagrestia. 106


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