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Horti Hesperidum Studi di storia del collezionismo e della storiografia artistica Rivista telematica semestrale

DISEGNARE A ROMA TRA L’ETÀ DEL MANIERISMO E IL NEOCLASSICISMO a cura di FRANCESCO GRISOLIA

Roma 2014, fascicolo I

UniversItalia


Il presente tomo riproduce il fascicolo I dell’anno 2014 della rivista telematica Horti Hesperidum. Studi di storia del collezionismo e della storiografia artistica. Cura redazionale: Michela Gentile, Marisa Iacopino, Marta Minotti, Giulia Morelli, Jessica Pamela Moi, Gaia Raccosta, Deborah Stefanelli, Laura Vinciguerra.

Direttore responsabile: CARMELO OCCHIPINTI Comitato scientifico: Barbara Agosti, Maria Beltramini, Claudio Castelletti, Valeria E. Genovese, Francesco Grisolia, Ingo Herklotz, Patrick Michel, Marco Mozzo, Simonetta Prosperi Valenti Rodinò, Ilaria Sforza Autorizzazione del tribunale di Roma n. 315/2010 del 14 luglio 2010 Sito internet: www.horti-hesperidum.com

La rivista è pubblicata sotto il patrocinio e con il contributo di

Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” Dipartimento di Scienze storiche, filosofico-sociali, dei beni culturali e del territorio Serie monografica: ISSN 2239-4133 Rivista Telematica: ISSN 2239-4141 Prima della pubblicazione gli articoli presentati a Horti Hesperidum sono sottoposti in forma anonima alla valutazione dei membri del comitato scientifico e di referee selezionati in base alla competenza sui temi trattati. Gli autori restano a disposizione degli aventi diritto per le fonti iconografiche non individuate.

PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA © Copyright 2014 - UniversItalia – Roma ISBN 978-88-6507-740-5 A norma della legge sul diritto d’autore e del codice civile è vietata la riproduzione di questo libro o parte di esso con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilm, registrazioni o altro.

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INDICE

FRANCESCO GRISOLIA, Presentazione

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MARCELLA MARONGIU, «… perché egli imparassi a disegnare gli fece molte carte stupendissime…». I disegni di Michelangelo per Tommaso de’ Cavalieri

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ALESSIA ULISSE, Una proposta per Siciolante

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MARCO SIMONE BOLZONI, Qualche aggiunta a Nicolò Trometta disegnatore

76

STEFAN ALBL, Tre nuovi disegni di Giovanni Andrea Podestà e proposte su Podestà pittore

99

KIRA D’ALBURQUERQUE, Aggiunta alla serie dei Piatti di San Giovanni: il ruolo di Ciro Ferri e Pietro Lucatelli

121

LUCA PEZZUTO, Novità su alcuni “petits maîtres” del Seicento tra L’Aquila, Roma e Ascoli Piceno: Francesco Bedeschini, Cesare Fantetti, Ludovico Trasi

147

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URSULA VERENA FISCHER PACE, SIMONETTA PROSPERI VALENTI RODINÒ, Per Giacinto Brandi disegnatore

207

GONZALO ZOLLE, La centralità del disegno nella ricostruzione dell’opera pittorica di Andrea Procaccini: tre casistiche e nuovi dipinti

223

PILAR DIEZ DEL CORRAL, «To breathe the ancient air». Il disegno ornamentale e architettonico spagnolo e l’Accademia di Francia a Roma nel Settecento

269

STEFANIA VENTRA, Disegni di Tommaso Minardi in Accademia di San Luca. Il legato testamentario e altre acquisizioni

303

GIULIO ZAVATTA, Per Francesco Coghetti: nuovi documenti e un inedito disegno per il sipario del teatro di Rimini

351

FRANCESCO GRISOLIA, Un disegnatore dalmata a Roma: su Francesco Salghetti-Drioli e un foglio firmato

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ABSTRACTS

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AGGIUNTA ALLA SERIE DEI PIATTI DI SAN GIOVANNI: IL RUOLO DI CIRO FERRI E PIETRO LUCATELLI KIRA D’ALBURQUERQUE

Oltre i pubblici tributi che si usano in questa mattina da tutti i luoghi sottoposti al granduca di Toscana vengono fatti diversi regali a S.A.R. […] Nobile regalo ricevevano anco il tal mattina i granduchi di un bacile di argento, ottimamente cesellato, di peso libbre quindici in circa, entro una custodia coperta di veluto cremisi, gallonata di oro e foderato per entro di taffetà di simil colore. Questo regalo era un legato lasciato al granduca Cosimo Terzo, ed al Principe suo Primogenito, loro vita durante, dal cardinale Lazzaro Pallavicini di Genova, per riconoscenza dei molti favori ricevuti dal granduca suddetto [...]1.

La serie dei cinquantotto cosiddetti Piatti di San Giovanni, regalati al granduca di Toscana tra il 1680 e il 1737, è ormai diventata famosa grazie a diversi saggi. Nel 1976 Kirsten Desidero ringraziare Antoine Tarantino per avermi datto la possibilità di studiare il disegno che è all’origine di questo studio, oltre a Simonetta Prosperi Valenti Rodinò e Jennifer Montagu per i loro preziosi consigli. Ringrazio anche, per le loro varie indicazioni, Carel van Tuyll, Luisa Berretti, Ursula Verena Fischer Pace, David Jones, Massimo Liccardo, Andrew McKenzie e Nicolas Schwed. Un ringraziamento di cuore a Francesco Grisolia e Michela Zurla, che leggono e correggono con grande pazienza e generosità i miei testi italiani. 1 CAMBIAGI 1766, pp. 153-154; citato in ASCHENGREEN PIACENTI 1976, p. 188.


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Aschengreen Piacenti fece scoprire al pubblico questa serie, pubblicando le descrizioni dei piatti conservate nell’archivio della Guardaroba medicea. Gli studi posteriori si interessarono soprattutto all’identificazione degli artisti impegnati nella loro realizzazione. Arnold Nesselrath (1979) mise in luce quattro disegni di Carlo Maratti, preparatori per i primi piatti della serie, mentre Jennifer Montagu (1996) identificò, grazie ad un’estesa ricerca nell’archivio Pallavicini, non solo gli argentieri responsabili della realizzazione, ma anche gli artisti ideatori delle composizioni (Maratti, Ludovico Gimignani, Lazzaro Baldi, Filippo Luzi e diversi membri della famiglia Chiari). Anche Ursula Fischer Pace è stata una pietra miliare nello studio di questa serie, identificando diversi disegni preparatori a Düsseldorf, a Copenaghen e agli Uffizi2. Gli studi di Angela Negro (1999) sulla famiglia Rospigliosi Pallavicini hanno inoltre permesso di supporre un intervento di Ciro Ferri. La conferma di questa ipotesi è ormai possibile grazie all’identificazione, fatta in parallelo da Massimo Liccardo e da chi scrive, di due disegni in mani private avvicinabili a progetti di Ciro Ferri per i piatti degli anni 1687 e 1688. I piatti, ovvero «bacini» o «bacili» come vengono menzionati nelle fonti, furono donati al granduca di Toscana Cosimo III e poi a suo figlio secondogenito Gian Gastone, ogni anno in occasione della festa di San Giovanni dal 1680 al 1737. Questo dono era stato stabilito nel testamento del cardinale Lazzaro Pallavicini (1602-1680), qualche mese prima della morte e in segno di gratitudine per i favori ricevuti dal granduca: egli impose ai propri eredi di mandare ogni anno, durante la vita di Cosimo III e del suo erede, un piatto di argento del valore di

Ursula Verena Fischer Pace in DISEGNI DEL SEICENTO ROMANO 1997, pp. 38-39, n. 16, fig. 18; FISCHER PACE 2014, pp. 169-171, n. 104. Della stessa si segnala anche un intervento intitolato Disegni per i piatti di San Giovanni alla Giornata di studio Il disegno e la ‘connoisseurship’ del disegno, a cura di C. Monbeig Goguel e S. Prosperi Valenti Rodinò, Firenze, Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi, 7 febbraio 2013. 2

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300 scudi3. Il legato fu rispettato prima da Giovanni Battista Rospigliosi duca di Zagarolo (1646-1722), sposo della nipote del cardinale, Maria Camilla Pallavicini, ed erede universale, poi dal suo secondogenito Nicolò Pallavicini Rospigliosi principe di Civitella (1677-1759), destinato a prendere l’eredità della madre4. Mentre il cardinale aveva indicato il valore minimo dei bacili, non aveva precisato se questi dovessero esser disegnati specificamente per il granduca. Il primo piatto del 1680 fu di manifattura genovese ed evidentemente non era stato realizzato per Cosimo III. A partire dall’anno seguente e fino al 1737, tutti gli altri bacili furono invece eseguiti appositamente per il granduca da artisti romani di rilievo, con rappresentazioni di eventi della storia dei Medici oppure con allegorie collegate alla Toscana o alla famiglia regnante5. Di questi bacili, tutti fusi in epoca napoleonica, rimangono solo i calchi in gesso realizzati sugli originali, tra il 1746 e il 1748, dalla manifattura di porcellana di Doccia su richiesta del suo fondatore, il marchese Carlo Ginori, per arricchire la raccolta di modelli. Offerti nel dopoguerra dall’erede della famiglia, Leonardo Ginori Lisci, sono oggi conservati ed esposti al Museo degli Argenti di Palazzo Pitti. Durante il regno di Cosimo III, qualche giorno dopo la festa di San Giovanni, i bacili d’argento venivano consegnati nella Sala degli Ori e degli Argenti della Guardaroba medicea a Palazzo Vecchio. In questa occasione si riportava nei quaderni delle «robbe fabricate» una descrizione delle dimensioni e dell’iconografia del piatto appena entrato nella Guardaroba6. CAMBIAGI 1766, pp. 153-154. Sulle vicende dell’eredità del cardinale Lazzaro Pallavicini si può consultare ZERI 1959, p. 11; NEGRO 1999, pp. 103-105, 123. 5 Sulla questione dell’iconografia dei piatti si veda MONTAGU 1996, p. 94-95. Non è stato possibile chiarire chi fosse l’ideatore delle iconografie, probabilmente un Fiorentino molto avvisato della storia della famiglia regnante. 6 Sono state trascritte tutte in ASCHENGREEN PIACENTI 1976, pp. 199-207. 3 4

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Grazie a queste relazioni è possibile l’identificazione di ogni calco (tra il 1680 e il 1723) con la descrizione e quindi stabilirne una datazione precisa. Gian Gastone, granduca da novembre 1723, preferì invece tenere i bacili a Palazzo Pitti. I Piatti furono perciò consegnati alla Guardaroba solo dopo sua morte nel 1737 e la loro data non fu indicata. Jennifer Montagu, con l’aiuto dell’argentiere Ubaldo Vitali, è riuscita, confrontando il peso dell’argento indicato nell’inventario con quello dei pagamenti registrati nell’archivio Pallavicini, a datare anche quasi tutti i piatti offerti dopo il 17237. Le prassi lavorative per la produzione dei piatti cambiarono poco durante questo mezzo secolo: un pittore famoso era incaricato del disegno della composizione mentre un argentiere dell’esecuzione a sbalzo sul metallo. La realizzazione non necessitava dell’intervento di uno scultore per eseguire un modello di cera o di creta e quindi nessuno scultore partecipò al progetto. Il lavoro dell’argentiere si basava solamente sul disegno, che seguiva con attenzione. Se l’intervento di Carlo Maratti negli anni Ottanta era già stato dimostrato da Nesselrath, grazie all’identificazione di disegni preparatori per i piatti degli anni 1681-16848, Montagu ha individuato, grazie all’archivio e a diversi paralleli stilistici, gli altri disegnatori della serie (Ludovico Gimignani [1689-1697], Lazzaro Baldi [16981702], Filippo Luzi [1703-1722], Giuseppe Chiari [1723-1727], suo fratello Tommaso [1728-1731], e per finire il nipote Carlo Chiari [1732-1737])9, oltre agli argentieri impegnati nella

Per i bacili di stesso peso la studiosa ha fatto ricorso all’attribuzione stilistica e all’ordinazione sulla base di criteri iconografici (MONTAGU 1996, p. 111). 8 NESSELRATH 1979, p. 418-421, tavv. 34-39; JAFFÉ 1994, pp. 129-132, nn. 252-55. I disegni di Maratti per i piatti erano numerosi, come testimonia l’inventario redatto alla morte di sua moglie, ma gli altri studi sono andati perduti e oggi si conoscono solamente i quattro fogli di Chatsworth. 9 MONTAGU 1996, pp. 96-116. 7

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realizzazione dei piatti (Bartolomeo Colleoni [1681-1685?10], Andrea Mellusi [1686?-1688], Gottifredo Bourhardt [16891700], Lorenzo Merlini [170111], Ludovico Barchi [1703-1731], Simone Martinez [1732-1734], Michele Gonella [1735-1737]). Tra l’ideazione del pittore e l’esecuzione in argento si deve aggiungere la tappa del disegno finito destinato all’artigiano. Questo modello a dimensione del piatto, eseguito probabilmente da un assistente del pittore, era una trascrizione fedele e pulita degli studi del maestro e quindi facilmente trasferibile in metallo. Un foglio già nella collezione di David Jones è un esempio perfetto di questo modo di lavorare12. Si tratta del modello, presumibilmente fatto in bottega di Carlo Maratti, per il piatto del 1683, mentre il disegno autografo del pittore è conservato con altri tre nella collezione del Duca di Chatsworth (figg. 1-3)13. In questa luce, l’attribuzione di un altro disegno passato di recente in asta come uno studio della bottega di Maratti per il piatto del 1686 deve essere riconsiderata (figg. 4-5)14. Se l’attribuzione al maestro stesso sembra poco probabile15, un avvicinamento con il modello per il piatto del Jennifer MONTAGU (1996, p. 99) ipotizzò che Colleoni fosse ancora l’argentiere dei Piatti dal 1684 al 1687, invece Andrea Mellusi fu pagato per argento destinato alla realizzazione di un bacile dal 1686 (MONTAGU 1996, p. 101) e di nuovo nel 1688. È quindi molto probabile (come lo corregge anche J. MONTAGU 1996, p. 101) che Mellusi fosse l’argentiere della serie a partire almeno del 1686 (o forse anche dal 1684 dato che Colleoni è documentato solo fino al 1683). 11 Lorenzo Merlini collaborò, probabilmente nella bottega di Bourhardt, a diversi Piatti precedenti; cfr. MONTAGU 1996, p. 105. 12 Penna, acquerello bruno, tracce di matita rossa; diam. 633 mm; OLD MASTER DRAWINGS 1988, n. 24; MONTAGU 1996, p. 99, fig. 151. 13 Penna, acquerello bruno, tracce di matita rossa; NESSELRATH 1979, pp. 420-421, tavv. 36-37; MONTAGU 1996, pp. 97-98, fig. 149. 14 Penna, acquerello bruno; (tondo) 639x642 mm; asta Bonhams, Londra, 5 luglio 2006, n. 1. 15 Il disegno, assegnato in un primo tempo al maestro stesso, è stato spostato alla scuola di Maratti poco prima dell’asta su avviso di Jennifer Montagu (comunicazione scritta di Andrew McKenzie il 10 giugno 2014). 10

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1683 appare interessante: i due fogli (figg. 2, 4) presentano, in effetti, delle caratteristiche stilistiche molto simili. Vicini nella tecnica, nelle dimensioni e nel modo di non finire i motivi che si ripetono nel fregio di contorno, i due modelli mostrano anche delle similitudini nel ductus, nella fisionomia delle figure e nel modo di disegnare con poche ombre. Se si considerano i due modelli della stessa mano, è questo un supporto per l’attribuzione dell’ideazione del piatto del 1686 al medesimo pittore, ovvero Carlo Maratti. Come anticipato prima, due fogli individuati di recente permettono di fare un passo in avanti nella conoscenza di questa serie. Il primo, a matita nera, identificato da chi scrive sul mercato francese, mostra una composizione identica a quella del bacile del 1687 (figg. 6-7)16. In alto, la figura femminile seduta sulla fascia dello Zodiaco, nella mano destra uno scettro e nella sinistra la pala medicea, è verosimilmente un’allegoria di Firenze o della Toscana. Accanto vola un putto che sorregge una bandiera con l’iscrizione «Eternitas regit Imperiis», ovvero «L’Eternità governa gli imperi» (la figura dell’Eternità è in effetti rappresentata sul bordo decorativo del piatto). La parte inferiore della composizione si articola attorno a due coppie di figure: a sinistra un’allegoria femminile incoronata di fiori (Aurora?) corona il Fiume Arno, mentre a destra Nettuno invita Cerere ad imbarcarsi su una nave. I segni astrologici presenti sulla fascia sono il Leone, che ricorda il segno dello Zodiaco di Matita nera su carta bianca; diam. 383 mm; ALBURQUERQUE 2014. La descrizione del Piatto fatta al suo ingresso in Guardaroba il 30 giugno 1687 è la seguente: «Un bacino d'argento tondo di diametro braccia 1 1/8 incirca lavorato di basso rilievo di cesello in parte scamosciato, entrovi la fascia del Zodiaco con il segno di Lione e di Libra, con femmina sopra a sedere, che tiene scettro in mano destra, e nella sinistra una palla sopravi un giglio con un putto appresso con Inscrizione eternitas regit Imperiis, con figura rappresentante l'Arno incoronato da femmina e Nettunno che invita la Dea Cerere a Imbarcarsi e nella fascia Ippogriffi, con una femmina in atto di scrivere sopra cartella , e serpe in mano con pennacchi, e altari ardenti per sacrifici, pesa l. quattordici e d. undici»; Firenze, Archivio di Stato, Guardaroba, 904, c. 102r, pubblicato in ASCHENGREEN PIACENTI 1976, p. 200. 16

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Cosimo III, ma che è anche un segno di potere, e la Bilancia, che allude probabilmente all’equilibrio del suo governo17. L’elaborato simbolismo dell’iconografia si riferisce al governo mediceo, regnante con potere ed equilibrio sul mare e sulla terra, sempre sottomesso all’Eternità. Ora di forma tonda, il foglio è stato ritagliato attorno alla scena centrale, eliminando presumibilmente il bordo decorativo per dare l’idea di un disegno di ‘figura’ invece che di uno di ‘ornato’. L’altro foglio, individuato di recente da Massimo Liccardo in una collezione privata urbinate, è da collegare al piatto del 1688 (figg. 8-9)18. Purtroppo rovinato, il disegno a matita nera, penna, acquerello bruno e rialzi di biacca su carta preparata è rimasto nella sua forma originale, conservando il bordo decorativo19. Al centro della composizione è seduta sul trono Caterina de’ Medici regina di Francia tra due figli, probabilmente Francesco II e Carlo IX. Ai piedi del trono sono rappresentate le allegorie della Giustizia, dell’Abbondanza e della Pace. Benché di tecnica diversa, entrambi questi disegni dall’aspetto finito sembrano, più che studi preparatori, veri modelletti da Era ancora il 1687 un periodo felice, il Gran Principe stava per sposarsi nel 1689 e non si poteva ancora immaginare che la fine della dinastia sarebbe arrivata così presto. 18 Matita nera, acquerello bruno con rialzi di biacca su carta preparata marrone; 735 x 735 mm (diam. del tondo centrale: 385 mm); LICCARDO 2012. La descrizione del Piatto fatta al suo ingresso in Guardaroba il 30 giugno 1688 è la seguente: «Un bacino d’argento di diametro di braccia 1 1/8 lavorato tutto di basso rilievo, rapprensentante nel mezzo la regina Caterina de Medici moglie di Enrico 2o Re di Francia sedente sul trono sotto baldachino, con due figlioli a canto di minore età, con femmine a piedi del trono rappresentanti la Giustizia, l’Abbondanza e la Pace con fascia lavorata simile con puttini che abbracciano palle e cartelle con gigli con una cartella maggiore retta da 2 angioli con trombe entrovi scritto Caterina Medices Enrici II Galliarium regis uxor francisci 2o; e Caroli nono Mater in Utriusque minori etate rengens, regnique moderatrix, pesa libbre quindici, e denaro uno»; Firenze, Archivio di Stato, Guardaroba, 904, c. 143r, pubblicato in ASCHENGREEN PIACENTI 1976, p. 200. 19 È da notare che i tondi centrali dei due disegni (figg. 6, 8) sono di dimensione quasi identica. 17

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affidare agli argentieri per la realizzazione in metallo. Stilisticamente sono molto diversi dai disegni per i piatti precedenti, sia dagli studi di Maratti, sia dalle ‘belle copie’ eseguite in bottega, ma possono essere ricondotti all’ambiente cortonesco. Torneremo in seguito sulla loro attribuzione, ma prima è necessario ricordare l’ipotesi, già avanzata da Angela Negro, dell’intervento di Ciro Ferri nell’ideazione di alcuni piatti della serie. La studiosa ha messo in evidenza, negli inventari Rospigliosi Pallavicini del 1708 e del 1713, le citazioni di tre disegni di Ciro Ferri con soggetti di «Casa Medici», facilmente collegabili ai Piatti di San Giovanni, senza tuttavia identificare per quali bacili erano preparatori: Un disegno d’un bacile tondo di palmi 2 1/3 di diametro [ca. 523 mm] rapp.te un soggetto della Casa Medici con alcuni putti che tengono un mondo, et un altro che posa sopra un delfino in atto di dare lo scettro… di Ciro Ferri. Un altro disegno di palmi 2 3/4 [ca. 595 mm] riquadrato ... rapp.te un disegno tondo di un bacile con l’istoria di Casa Medici con suo fregio con varie figure et in mezzo rappresenta la giustizia et un’altra figurina con il mondo fatto a chiaro scuro opera di Ciro Ferri. Un altro disegno in carta di simil grandezza ... rapp.te un Istoria di Casa Medici con fregio d’Ippogriffi con figura dell’Eternità in atto di scrivere, di Ciro Ferri20.

Alla luce dei fogli sopra citati, delle descrizioni dei quaderni della Guardaroba e dei calchi in gesso conservati al Museo degli Argenti, si possono collegare due dei disegni RospigliosiPallavicini con i piatti per i quali sono preparatori: il disegno «con fregio d’ippogriffi, con figura dell’Eternità in atto di scrivere» può facilmente avvicinarsi al piatto del 1687 (fig. 7), mentre il foglio descritto con «un soggetto della Casa Medici Roma, Archivio Pallavicini, A. 5.6., cc. 237v., 238v., 239 (inventario del 1708); NEGRO 1999, p. 102, nota 107. I disegni sono anche citati nell’inventario più sommario del 1713 (nn. 332, 344, 350): ZERI 1959, pp. 311-312; NEGRO 1999, pp. 317-318. 20

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con alcuni putti che tengono un mondo, et un altro che posa sopra un delfino in atto di dare lo scettro» può essere collegato al piatto regalato nel 1688 (fig. 9)21. Il terzo foglio è, invece, più difficile da identificare: il fregio «con varie figure et in mezzo rappresenta la giustizia et un’altra figurina con il mondo» potrebbe essere una variante per il Piatto del 1688. L’inventario di famiglia conferma quindi l’idea che i piatti del 1687 e del 1688, per i quali sono stati identificati i due nuovi disegni, non siano stati commissionati a Maratti, ma ad un pittore diverso vicino a Pietro da Cortona: Ciro Ferri (16341689). Egli era il capofila della scuola cortonesca e, da quando aveva concluso gli affreschi di Palazzo Pitti, il pittore romano più legato alla corte medicea. Dal 1673 al 1686 fu direttore e maestro di pittura e di disegno della piccola accademia fiorentina creata a Roma da Cosimo III e dove sono stati allievi, tra gli altri, lo scultore Giovanni Battista Foggini e il pittore Anton Domenico Gabbiani22. Disegnatore molto apprezzato, Ciro Ferri era inoltre spesso impegnato in progetti finalizzati alla realizzazione di sculture e di arti decorative come il fonte battesimale di San Giovanni in Fonte oppure i rilievi in terracotta della Via Crucis per il monastero di San Pietro d’Alcantara in Toscana23. Com’era tradizione in molte botteghe24, Ciro si affidava, oltre ad artigiani più specializzati

Il delfino qua menzionato si riferisce evidentemente al dauphin, erede della Regina. 22 Sull’accademia fondata da Cosimo III a Roma cfr. prima di tutto VISONÀ 2001; si veda anche ALBURQUERQUE 2013 (con bibliografia). 23 Su Ciro Ferri ideatore di sculture e di arti decorativi si veda MONTAGU 1989, pp. 84-90; MONTAGU 1997, pp. 129-132. Per la Via Crucis cfr. VISONÀ 1976. Alcune statuette sono anche attribuite alla mano di Ciro Ferri stesso (MONTAGU 1973; J. Montagu in PIETRO DA CORTONA 1997, pp. 446-449, nn. 100-101). 24 È per esempio famosa la collaborazione tra Pietro da Cortona e lo scultore Cosimo Fancelli (cfr. MONTAGU 1997, pp. 128-129). 21

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come gli argentieri25, i fonditori o gli arazzieri, ad altri artisti, scultori o pittori, per l’esecuzione dei modelli di lavoro. Lo scultore Carlo Marcellini (ca. 1644-1713), pensionario all’accademia fiorentina, è uno dei collaboratori più noti di Ciro Ferri. Eseguì i modelli in creta da un progetto del maestro per il tabernacolo di Santa Maria in Vallicella, poi fuso in bronzo da Stefano Benamati26. Si conoscono due disegni preparatori per il tabernacolo: un rapido schizzo all’Istituto Centrale per la Grafica e un disegno finito a matita nera molto vicino alla realizzazione finale27. L’attribuzione di questo modello è stata di recente riconsiderata da Jörg Martin Merz, che lo dà non più al maestro, ma al pittore cortonesco Pietro Lucatelli (ca. 16371710), fedele assistente e collaboratore di Ferri28. L’attività del Lucatelli, basata essenzialmente sulla pratica del disegno, era strettamente legata a quella del Ferri: era il principale traduttore in ‘belle copie’ dei suoi schizzi destinati agli incisori o agli arazzieri29. Francesco Saverio Baldinucci ricorda la loro collaborazione nella Vita di Ciro: […] essendo vicino all’età di sessant’anni, trascurasse molto la professione della pittura e quasi tutto si desse al puto disegno: trattenendosi nel disegnare e nell’inventare pensieri per studi di conclusione, e in altri ideali componimenti per intagliarsi in rame. I quali bene spesso conduceva egli a buon termine e dipoi Ciro Ferri collaborò per diversi cantieri con l’argentiere e fonditore Carlo Spagna (cfr. MONTAGU 1989, pp. 84, 86). 26 Cfr. LANKHEIT 1962, pp. 40, 246-251; MONTAGU 1989, pp. 88-89. 27 Roma, Istituto Centrale par la Grafica, FC 124451 e Windsor, Royal Collection, RL 4482; cfr. MONTAGU 1989, pp. 88-89, 207, nota 36 (con bibliografia precedente). 28 MERZ 2005, pp. 237-38, fig. 255, come Lucatelli da Ferri. 29 La bibliografia su Lucatelli rimane relativamente scarsa. Si veda DREYER 1967; MANIERI ELIA 1993 (con bibliografia); MANIERI ELIA 1997; MERZ 2005, pp. 245-246; DI CALISTO 2005. Il catalogo di dipinti del Lucatelli è di circa dodici opere. Fuori Roma, le pale di Lucatelli si trovano anche a Nardò (MANIERI ELIA 1993, pp. 254-257), oltre che a Tivoli e a Siena (per la bibliografia cfr. MANIERI ELIA 1993, pp. 255, 258, nota 11). 25

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consegnavali a Pietro Lucatelli, scolare di Pietro da Cortona e stato suo condiscepolo, acciò desse loro l’ultima perfezione per l’intaglio30.

La cooperazione tra i pittori cominciò nella seconda metà degli anni Settanta (o forse prima) quando Lucatelli realizzò, da progetti di Ferri, tre cartoni per la serie degli arazzi sulla vita di Urbano VIII (1675-1679)31. Fu inoltre l’autore (il ‘delineatore’) dei modelli di frontespizi di tesi (1675-1683), per i quali Ferri era l’ideatore et Jean-Louis Roullet (1645-1699) l’incisore32. Legami tra l’opera del Ferri e quella del Lucatelli vi furono anche nell’ambito della pittura. L’assistente usò in diverse occasioni schizzi del maestro per dipingere le sue pale d’altare33. La grafica di Pietro Lucatelli è stata oggetto negli anni Sessanta di uno studio di Peter Dreyer, che pubblicò l’importante nucleo di fogli dell’artista (principalmente studi di figure individuali) conservato al Kupferstichkabinett di Berlino34. Altri disegni lucatelliani, quasi del tutto inediti, si trovano nel ricco gabinetto del Teylers Museum a Harlem, tra cui il modello per uno degli BALDINUCCI [c. 1725-1730] 1975, p. 139. La collaborazione tra i due pittori era cosi stretta che è stata ipotizzata una bottega in comune (DREYER 1967, p. 248). 31 Sulla collaborazione tra Ferri e Lucatelli per gli arazzi di Urbano VIII cfr. BARBERINI 1968, pp. 97-99; U.V. Fischer Pace in DISEGNI DEL SEICENTO ROMANO 1997, pp. 190-191, n. 123, fig. 137. 32 MEYER 1990, pp. 116-117, nn. 34-38; MANIERI ELIA 1997, p. 266. Collaborò anche con altri incisori come J. Baron (MANIERI ELIA 1993, p. 254), A. van Westerhout, R. van Audenaerde, B. Thiboust, B. Fariat (DI CALISTO 2005). 33 Nella Predica di San Gregorio Armeno, dipinta intorno al 1680 per la cattedrale di Nardò, Lucatelli reinterpreta un disegno del Ferri conservato all’Istituto Centrale per la Grafica (cfr. MANIERI ELIA 1993, p. 256-257, 262263, figg.1-2). Nell’Assunzione della Vergine della chiesa dell’Ospedale di Santa Maria della Scala a Siena oppure nell’Immacolata Concezione, i ss. Giacomo Apostolo, Pietro Martire, Benedetto e la beata Salomea, del 1689, già nella chiesa dei SS. Apostoli, Lucatelli rielabora ancora studi del Ferri (cfr. GALLAVOTTI CAVALLERO 1985, pp. 313-317). 34 DREYER 1967. 30

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arazzi della serie su Urbano VIII (fig. 10) e uno per la stampa di Sant’Alessandro e San Bartolomeo incisa da Benoît Thiboust (1619-post 1680)35. Al Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi si trovano altri fogli dell’artista. Il primo, a matita nera e acquerello marrone con rialzi di biacca, rappresentante La Scuola del disegno, è stato attribuito e pubblicato come Pietro Lucatelli da Ursula Fischer Pace36. È un bellissimo esempio di un modello per l’incisione fatto da uno schizzo preliminare di Ciro Ferri. Tra i fogli catalogati sotto l’attribuzione di Carlo Maratti, Simonetta Prosperi Valenti Rodinò ha inoltre identificato di recente due disegni da collegare all’attività grafica del Lucatelli37. Il suo stile, sicuramente molto vicino al ductus di Ciro Ferri, non è sempre facile da identificare38. Si differenzia nondimeno per un trattamento più rifinito della muscolatura e dei panneggi39. A confronto del corpus dato a Pietro Lucatelli è possibile affinare più precisamente l’attribuzione dei disegni cortoneschi per i piatti di San Giovanni sopra menzionati. Di tecnica diversa, sia Per il modello dell’arazzo cfr. BARBERINI 1968, p. 98, fig. 92. Per una bibliografia sul gruppo di disegni del Lucatelli conservato al Teylers Museum si veda VAN TUYLL in corso di pubblicazione e B.W. Mejer in DISEGNI ITALIANI DEL TEYLERS MUSEUM 1983, pp. 216-217, n. 97. I disegni del Lucatelli provengono, come una grande parte del fondo di disegni italiani del museo, dalla collezione di Don Livio Odescalchi (1652-1713) (sulla provenienza cfr. DISEGNI ITALIANI DEL TEYLERS MUSEUM 1983, pp. 11-13, 216). 36 Firenze, GDSU, 9743 S; U.V. Fischer Pace in DISEGNI DEL SEICENTO ROMANO 1997, pp. 51-53, n. 25, fig. 28. 37 Firenze, GDSU, 9662 S, Incoronazione di spine; 9663 S, Flagellazione. Ringrazio la prof.ssa Simonetta Prosperi Valenti Rodinò per il permesso di anticipare queste nuove scoperte. 38 L’assenza di pubblicazioni recenti sui disegni di Pietro Lucatelli rende la personalità del pittore ancora difficile da circoscrivere chiaramente. Uno studio approfondito, che metta alla prova l’attribuzione di determinati disegni dati a Carlo Maratti, a Ciro Ferri o ad altri artisti cortoneschi, verrebbe condotto alla luce del corpus di Lucatelli. 39 Per un confronto tra i due artisti si può vedere MERZ 2005, p. 244, figg. 261, 260 dove sono illustrati un disegno di Ciro Ferri da Pietro da Cortona e la stessa composizione di Lucatelli copiata dal disegno di Ferri. 35

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il modello per il bacile del 1687 ora sul mercato francese, sia quello per il piatto del 1688 in collezione urbinate, trovano legami stretti con gli altri disegni finiti del Lucatelli. Quello dello Zodiaco (fig. 6) si avvicina particolarmente al modello del Teylers Museum per l’arazzo di Urbano VIII (fig. 10) e a quello per il tabernacolo di Santa Maria in Vallicella, mentre quello con la Regina Caterina de’ Medici (fig. 8) è simile per tecnica e stile ai fogli degli Uffizi e ad altri del Teylers (fig. 11). Date le loro dimensioni troppo grandi, non possono essere identificati con i fogli citati negli inventari Rospligiosi Pallavicini, che erano probabilmente gli studi originali del Ferri40. L’attribuzione di questi due disegni a Pietro Lucatelli dimostra inoltre la continuità nel modo di preparare i progetti per i piatti. Come Carlo Maratti per i bacili precedenti, Ciro Ferri era incaricato dalla famiglia dell’ideazione della composizione, mentre un assistente (collaboratore anonimo nel caso di Maratti, e Lucatelli per Ferri) realizzava il modello finito con un tratto pulito destinato all’argentiere. Dei cartoni erano realizzati in seguito, probabilmente nella bottega stessa dell’argentiere, per il riporto sul metallo. Quelli del piatto del 1688 conservati a Düsseldorf, tradizionalmente attribuiti alla bottega di Carlo Maratti grazie a diverse iscrizioni, devono essere riconsiderati alla luce dei nuovi elementi41.

Il disegno di Urbino, quadrato, misura 735 mm di lato mentre il disegno dell’inventario misura 2 1/3 di diametro, cioè ca. 523 mm. In modo simile, il disegno di Parigi oggi tagliato attorno al tondo centrale doveva originariamente misurare circa le stesse dimensioni di quello di Urbino ed è quindi più grande di quello dell’inventario (ca. 595 mm). È comunque da notare che la menzione nei documenti del solo nome di Ciro Ferri non significava necessariamente che i disegni erano autografi del maestro. Anche se i disegni fossero stati autografi di Lucatelli, essendo Ferri l’ideatore il nome menzionato sarebbe stato certamente il suo. 41 NESSELRATH 1979, p. 423, tavv. 40-42; MONTAGU 1996, p. 101, figg. 156157. Attribuiti in passato alla bottega del Maratti, è ormai possibile trasferire l’attribuzione all’ambito di Ciro Ferri, ovvero alla bottega degli argentieri incaricati nella realizzazione dei piatti. 40

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Nel 1689 muore Ciro Ferri e si osserva un forte cambiamento nello stile dei bacili. Benché il nome di Ludovico Gimignani (1643-1697) sia ricordato nei documenti solo dal 169542, Jennifer Montagu ha suggerito, per ragioni stilistiche, che la sua collaborazione risalga al 1689, anno in cui un nuovo argentiere, Gottifredo Bourhardt (fino al 1700), cominciò a realizzare i bacili43. Quest’ipotesi trova una prova supplementare grazie agli inventari Rospigliosi Pallavicini, nei quali sono citati, oltre ai tre fogli di Ciro Ferri, anche due disegni di Ludovico Gimignani per i Piatti di San Giovanni. È ricordato il progetto per il bacile del 1690 con «Ercole in atto di ammazzare alcuni Turchi» e quello del 1692 con «un istoria di casa Medici con alcune figure et un cavallo sopra d’un piedestallo di chiaro scuro»44. Se questi non sono identificati, si conosce invece il disegno preparatorio al bacile regalato a Cosimo III nel 169645. Dopo la morte del Gimignani nel 1697, furono impegnati due pittori, anch’essi di ambiente cortonesco: Lazzaro Baldi (16241703) e il suo allievo e assistente Filippo Luzi (1665-1720). Baldi cominciò a ideare i Piatti nel 1698 e morendo presto ebbe il tempo di idearne solo cinque, per i quali veniva pagato 25 scudi a progetto46. Fischer Pace ha identificato a Düsseldorf due Dal 1695 al 1697, anno della sua morte, Gimignani venne pagato 30 scudi per piatto (MONTAGU 1996, p. 102-103). 43 A partire da questo periodo, il bordo decorativo non fu più progettato dal pittore incaricato del disegno ma dall’argentiere stesso. Si veda su quest’aspetto e sull’intervento del fiorentino Lorenzo Merlini: MONTAGU 1996, p. 105. Lione PASCOLI (1736, II, p. 302) ricordava già la collaborazione di Gimignani alla serie dei Piatti di San Giovanni. È tra l’altro da notare che Ciro Ferri muore proprio nel 1689. 44 I disegni sono citati negli inventari del 1708 (Archivio Pallavicini, A.5.6, cc. 238, 239): NEGRO 1999, p. 102, nota 108 e in quello del 1713 (nn. 350, 340): ZERI 1959, p. 312; NEGRO 1999, p. 318. 45 Collegato da Kirsten Aschengreen-Piacenti (1976, p. 195, fig. 15) al Piatto di San Giovanni del 1696, il disegno era dubbiamente attribuito a Sebastiano Conca. Jennifer Montagu lo ha pubblicato con la corretta attribuzione nel 1996 (p. 103, fig. 162). 46 MONTAGU 1996, p. 105. 42

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schizzi preparatori per i bacili del 1699 e del 170147. Diversamente dai fogli di Ludovico Gimignani oppure da quelli di Pietro Lucatelli, questi due disegni appaiono come schizzi rapidi più abbozzati e assai lontani dall’esecuzione definitiva. Mentre Fischer Pace attribuiva i disegni di Düsseldorf all’allievo Filippo Luzi, Jörg Martin Merz li ha assegnati entrambi a Lazzaro Baldi48. Dati la tecnica e lo stile simili a quelli del Baldi, oltre all’aspetto abbozzato dei disegni, penso che si tratti degli studi preparatori di mano di Baldi, mentre è molto probabile che, come nei casi di Maratti e Ferri, Luzi abbia eseguito i modelli (ora non identificati) per l’argentiere. Allievo prediletto e amico stretto del Baldi, suo collaboratore ed assistente, Filippo Luzi fu nominato primo esecutore testamentario e ereditò la bottega e tutte le commissioni incompiute del maestro, tra cui quella dei Piatti, per i quali egli fornì la composizione fino al 172249. Oltre al disegno già pubblicato per il Piatto del 171750, tre altri fogli del Luzi sono stati identificati dopo il saggio di Montagu51. Successero a Filippo Luzi fino al MONTAGU 1996, p. 234, nota 36. Nessun disegno di Lazzaro Baldi o degli artisti seguenti impegnati nella serie appaiono nell’inventario della famiglia. 48 MONTAGU 1996, p. 234, nota 36; MERZ 2005, pp. 353-356, n. 143-144. 49 MONTAGU 1996, pp. 105-111. Luzi venne pagato 20 scudi a disegno, meno di Baldi e di Gimignagni. La bibliografia su Luzi (o Luzzi) è abbastanza limitata. Oltre le schede di Ursula Fischer Pace collegate ai disegni per i Piatti di San Giovanni, si veda MERZ 2005, pp. 311-312; ROSSI 2007. 50 La Toscana preservata dalla furia della Guerra dal Consiglio e dall’Abbondanza (progetto per il Piatto del 1717), Philadelphia, Museum of Art, 1984-56-586; ASCHENGREEN PIACENTI 1976, p. 197, fig. 17 (anonimo); MONTAGU 1996, p. 107, fig. 167 (Luzi). 51 Cosimo III nel porto di Leghorn (progetto per il Piatto del 1701), Copenhagen, Statens Museum for Kunst, GB 5800; FISCHER PACE 2014, pp. 169-171, n. 104. Leone X e Francesco I di Francia a Bologna (progetto per il Piatto del 1711), collezione privata; …DI BELLA MANO 1997, p. 150, n. 72. Leone X a cavallo (progetto per il Piatto del 1713), Firenze, GDSU, n. 5801 S; U.V. Fischer Pace in DISEGNI DEL SEICENTO ROMANO 1997, pp. 38-40, n. 16, fig. 18. 47

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1737 diversi parenti della famiglia Chiari: Giuseppe (17201728), suo fratelloTomasso (1728-1732) e il nipote Carlo (17321737) ma nessun disegno per questi piatti è stato identificato52. La scoperta recente e quasi simultanea di due disegni preparatori per i piatti del 1687 e del 1688 ha definitivamente messo in luce il ruolo di Ciro Ferri per questa celebre serie dei Piatti di San Giovanni e ha anche permesso di aggiungere nuovi fogli al corpus del suo fedele collaboratore, Pietro Lucatelli.

52 MONTAGU

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1996, pp. 111-112.


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Didascalie Fig. 1. Carlo Maratti, Papa Leone X con il re di Francia Francesco I (disegno preparatorio al Piatto del 1683). Chatsworth, collezione del Duca di Devonshire. Fig. 2. Bottega di Carlo Maratti, Papa Leone X con il re di Francia Francesco I (modello preparatorio per Piatto del 1683). Ubicazione ignota (già da David Jones). Fig. 3. Calco del Piatto del 1683, realizzato in argento da Bartolomeo Colleoni da un progetto di Carlo Maratti. Firenze, Palazzo Pitti, Museo degli Argenti. Fig. 4. Bottega di Carlo Maratti (?), La coronazione del granduca Cosimo I (modello preparatorio per il Piatto del 1686). Ubicazione ignota. Fig. 5. Calco del Piatto del 1686, realizzato in argento da Andrea Mellusi (?) da un progetto di Carlo Maratti (?). Firenze, Palazzo Pitti, Museo degli Argenti. Fig. 6. Pietro Lucatelli da un progetto di Ciro Ferri, Lo Zodiaco (modello preparatorio per il Piatto del 1687). Parigi, collezione privata. Fig. 7. Calco del Piatto del 1687, realizzato in argento da Andrea Mellusi (?) da un progetto di Ciro Ferri. Firenze, Palazzo Pitti, Museo degli Argenti. Fig. 8. Pietro Lucatelli da un progetto di Ciro Ferri, Caterina de’ Medici regina di Francia con i suoi eredi (modello preparatorio per il Piatto del 1688). Urbino, collezione privata. Fig. 9. Calco del Piatto del 1688, realizzato in argento da Andrea Mellusi da un progetto di Ciro Ferri. Firenze, Palazzo Pitti, Museo degli Argenti. Fig. 10. Pietro Lucatelli, Urbano VIII riceve gli ambasciatori che gli rendono omaggio. Haarlem, Teylers Museum, D 006. Fig. 11. Pietro Lucatelli, Visione di un santo. Haarlem, Teylers Museum, K. II 029.

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