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Horti Hesperidum Studi di storia del collezionismo e della storiografia artistica Rivista telematica semestrale

STUDI SUL DISEGNO ITALIANO TRA CONNOISSEURSHIP E COLLEZIONISMO a cura di FRANCESCO GRISOLIA

Roma 2014, fascicolo II

UniversItalia


Il presente tomo riproduce il fascicolo II dell’anno 2014 della rivista telematica Horti Hesperidum. Studi di storia del collezionismo e della storiografia artistica. Cura redazionale: Michela Gentile, Marisa Iacopino, Marta Minotti, Giulia Morelli, Jessica Pamela Moi, Gaia Raccosta, Deborah Stefanelli, Laura Vinciguerra.

Direttore responsabile: CARMELO OCCHIPINTI Comitato scientifico: Barbara Agosti, Maria Beltramini, Claudio Castelletti, Valeria E. Genovese, Francesco Grisolia, Ingo Herklotz, Patrick Michel, Marco Mozzo, Simonetta Prosperi Valenti Rodinò, Ilaria Sforza Autorizzazione del tribunale di Roma n. 315/2010 del 14 luglio 2010 Sito internet: www.horti-hesperidum.com

La rivista è pubblicata sotto il patrocinio e con il contributo di

Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” Dipartimento di Scienze storiche, filosofico-sociali, dei beni culturali e del territorio Serie monografica: ISSN 2239-4133 Rivista Telematica: ISSN 2239-4141 Prima della pubblicazione gli articoli presentati a Horti Hesperidum sono sottoposti in forma anonima alla valutazione dei membri del comitato scientifico e di referee selezionati in base alla competenza sui temi trattati. Gli autori restano a disposizione degli aventi diritto per le fonti iconografiche non individuate.

PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA © Copyright 2014 - UniversItalia – Roma ISBN 978-88-6507-741-2 A norma della legge sul diritto d’autore e del codice civile è vietata la riproduzione di questo libro o parte di esso con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilm, registrazioni o altro.

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INDICE

FRANCESCO GRISOLIA, Presentazione

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FURIO RINALDI, Bernardino Luini «Mediolanensis», Aurelio Luini e Giovanni Paolo Lomazzo: disegni firmati tra autografia e documento

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LAURENCE ARMANDO, Un dessin inédit, autour de Rosso, Primatice et Thiry: Un homme nu (Apollon?) à demi-assis sur un char

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CRISTIANA GAROFALO, La Cena in casa del Fariseo tra Lodovico Cigoli e Francesco Curradi: su un bozzetto della collezione Feroni

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VIVIANA FARINA, Addenda al catalogo dei disegni di Aniello Falcone

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Horti Hesperidum, IV, 2014, 2

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DARIO BECCARINI, Una nota su Domenico Antonio Vaccaro

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ISABELLA ROSSI, Sulle tracce dell’ «immenso studio» di Pietro Stefanoni. Entità e dispersione

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LUISA BERRETTI, Anticipazioni dal fondo di disegni e stampe del Museo Civico di Pescia

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CARLOTTA SYLOS CALÒ, Al di là del visibile: il disegno italiano tra il 1968 e il 1972

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ABSTRACTS

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SULLE TRACCE DELL’ «IMMENSO STUDIO» DI PIETRO STEFANONI. ENTITÀ E DISPERSIONE ISABELLA ROSSI

L’editore e antiquario vicentino Pietro Stefanoni (Valstagna, Vicenza, 1557 ca.-Roma, 1642 ca.), attivo a Roma tra la fine del XVI e la prima metà del XVII secolo possedeva, secondo una prassi piuttosto comune all’epoca, uno ‘studio’ ricco ed eterogeneo, costituito – in base a una serie di notizie purtroppo frammentarie riunite nel corso di questa ricerca – da fogli di singoli artisti e da un nucleo di copie dall’antico ricordato da Cassiano dal Pozzo: la loro genericità, tuttavia, ne rende difficoltosa l’identificazione, come spesso accade negli studi di questo settore1.

Desidero ringraziare la prof.ssa Simonetta Prosperi Valenti Rodinò e la dott.ssa Elena Vaiani per aver discusso con me vari aspetti di questo lavoro e il dott. Francesco Grisolia per la consueta ma mai scontata disponibilità. 1 L’articolo costituisce un estratto della mia tesi di dottorato, una parte della quale è stata anticipata in un contributo dedicato ai rapporti di Stefanoni con Ulisse Aldrovandi, dove se ne percorre sinteticamente anche il percorso biografico, cfr. ROSSI 2012.


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La prima testimonianza in ordine di tempo è una denuncia di furto del 1611, trascritta nel XIX secolo da Antonino Bertolotti. Il testo, secondo quanto riferito dall’archivista, recitava: 5 ottobre 1611. Pietro Stefanone da Vicenza antiquario, abitante al Corso vicino al Monte di Brianza, espone che furono rubbate fra varie cose dei fregi di Polidoro Da Caravaggio, di cui uno sta dipinto sopra il palazzo del signor Martio Milesi figurante l’Historia di Niobe saettata, l’altra cioè un fregio dell’istesso autore, che sta dipinto in piazza Madama che rappresenta il ratto delle Sabine, più un mazzo di disegni diversi e 400 medaglie. Sospetta di un certo Bernardino figlio di Leonardo Parasoli che il padre è intagliatore alla Fontana di Trevi e lui fa il pittore ed un suo compagno chiamato Domenico pittore. Vide poi in piazza Navona presso Antonio Caranzzano venditore di disegni il freggio del ratto delle Sabine che gli disse averlo avuto da parte di Bernardino Parasoli e l’altra metà da certo pittore, fratello del signor Terentio pittore del Cardinale Montalto2.

I fregi di Polidoro da Caravaggio, e in particolare quelli eseguiti per la facciata di Palazzo Milesi (Storie di Niobe e Ratto delle Nella denuncia, i fregi sono ricordati sulle facciate di due distinti palazzi, quando sia la Storia di Niobe sia il Ratto delle Sabine furono realizzati per palazzo Milesi. A palazzo Madama, Polidoro aveva raffigurato il Trionfo di Paolo Emilio e La nazione barbara in fuga. Del documento originale, conservato presso l’Archivio di Stato di Roma (= ASR) nel fondo del Tribunale del Governatore, non ho trovato traccia, forse per un’errata trascrizione della data o della collocazione, inesattezze cui lo studioso non era estraneo. La denuncia è trascritta in BERTOLOTTI 1881, pp. 128-129 e BERTOLOTTI 1882, p. 43 (qui la parola «Vicenza» è stata erroneamente sostituita con «Piacenza», refuso che ne spiega la trascrizione nel testo dedicato agli artisti forestieri provenienti dall’attuale Emilia-Romagna). In seguito, il documento fu riferito anche da LANCIANI 1903 [ed. 1990], p. 287; MARABOTTINI 1969, pp. 236-238, 292-293, note 260 e 263; LEONE DE CASTRIS 2001, p. 15 e p. 25, nota 40. Sui Parasole, famiglia di incisori e stampatori, cfr. MASETTI ZANNINI 1980, p. 215 e WITCOMBE 2004, pp. 212-213. Secondo Padre Antonio Pellegrino Orlandi, che cita a sua volta Giovanni Baglione, Bernardino fu allievo del Cavalier d’Arpino. Su Caranzano, cfr. BURY 2001, p. 223. 2

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Sabine), godettero di una grande fortuna e furono copiati da generazioni di artisti, ragion per cui, sebbene nella denuncia si parli di «fregi di Polidoro», è molto probabile che si trattasse – piuttosto che di studi preparatori originali, tra l’altro non conosciuti – di repliche ed esercitazioni di artisti che sui testi del lombardo studiavano, come ricordava già Vasari: «Laonde si è veduto di continuo, ed ancor si vede per Roma, tutti i disegnatori essere più volti alle cose di Polidoro e Maturino, che a tutte l’altre pitture moderne»3. Nel 1905 Goffredo Grilli suggeriva di identificare un disegno raffigurante la Storia di Niobe, conservato presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano insieme ad altri studi per la celebre facciata considerati autografi, con il foglio di Stefanoni4. Al di là della questione attribuzionistica, già messa in dubbio pochi anni dopo da Federico Hermanin5, il riconoscimento dei fogli – sia quelli dell’Ambrosiana, sia quelli di altre collezioni – con quelli della denuncia del 1611, era ed è alquanto labile nei suoi fondamenti, proprio per la grande quantità di copie tratte dal Fregio di Niobe di Palazzo Milesi e per la mancanza di sigle o elementi che permettano di stabilire con certezza l’appartenenza dei medesimi al vicentino.

VASARI 1550 [1966-1987], vol. IV, 1976, p. 459. Sulle copie tratte dai fregi di Polidoro, sparse in numerosi musei e collezioni private di tutto il mondo (solo per citarne alcuni: Firenze, collezione Roberto Longhi; Francoforte sul Meno, Städelsches Kunstinstitut; Milano, Pinacoteca Ambrosiana; Monaco, Staatlische Graphisce Sammlung; Oxford, Christ Church; Parigi, Louvre, Département des Arts graphiques; Roma, Istituto Centrale per la Grafica; Vienna, Albertina), cfr. RAVELLI 1978, nn. 491-505 (per Palazzo Madama) e nn. 667-856 (per Palazzo Milesi); si segnala anche il recente contributo di MARKL REIS GOMES 2011 sulle copie conservate nel Museo de Arte Antiga di Lisbona. Sulla fortuna dei fregi nelle incisioni di traduzione nel XVI e nel XVII secolo cfr. BOREA 2009, I, pp. 194-196, 234. 4 Gli studi dell’Ambrosiana erano stati attribuiti a Polidoro dal critico Gustavo Frizzoni, cfr. GRILLI 1905, p. 101 e RAVELLI 1978, nn. 669, pp. 367-368 e pp. 371-372 (immagini). 5 HERMANIN 1907, pp. 9-10. 3

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Cassiano dal Pozzo Un’altra testimonianza, relativa a un volume di disegni dall’antico posseduto da Stefanoni, è fornita da Cassiano dal Pozzo (1588-1657): in un passo della sua Agenda, l’insieme degli appunti riguardanti le antichità copiate o da copiare per il Museo Cartaceo redatta attorno al 1642 – ovvero intorno alla data di morte del vicentino – il libro è così descritto: Pietro Stefanoni antiquario ha un libro alto due dita, in quarto, coperto di carta pecora bianca usata di carte 81 incirca che comincia con due o tre pezzi di disegno di statue antiche o poche più e doppo seguono diverse cose copiate dall’antico, si di pili alti, che potrebbero servir come di modello a pili d’acquasanta, come di fregi di cornici, capitelli variatissimi, vasi, lucerne e simili. Tra dette cose è particolarmente copiato un tempietto che colui che l’ha copiato scrive esser stato di Corvini et è al Macello de’ Corbi dicono che sia appresso la casa che abbia il conte Serbelloni. Il libro (è) fatto di con buona maniera e le cose che vi son copiate son d’esquisita bellezza per ciaschun pezzo si è scritto di mano assai diligente et intera a caratteri quadrati con dove si trovi la cosa che s’è copiato. Vi sono maschere bellissime, sarebbe di grandissima utilità per gl’adornamenti dell’Architettura, è da vedersi esattamente…6.

Degli originali commissionati o raccolti da Pietro che, secondo questa preziosa descrizione, dovevano costituire nel loro insieme più una miscellanea che uno strutturato volume dedicato alle anticaglie7, non si ha traccia; tuttavia del Tempio dei Corvini – in realtà Mausoleo di Poplicio Bibulo, i cui resti sono ancora visibili sul lato del Vittoriano prospiciente il Foro di Traiano – esiste un disegno che potrebbe dipendere proprio da quello di Stefanoni, sotto il quale corre infatti l’iscrizione Tempio de Corvini (fig. 1). Il foglio è conservato all’interno del Codice HERKLOTZ 1999, pp. 87, 406, SOLINAS 2000B, p. 16, nota 31 e SOLINAS, CARPITA 2001, p. 94. Sulla genesi del Museo, cfr. SOLINAS 2000A. 7 VAIANI 2014, p. 236. 6

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Coner del Soane’s Museum di Londra posseduto da Cassiano dal Pozzo8. Un altro volume appartenuto al Cavaliere, intitolato Antichità Diverse9, custodito invece presso la Royal Library di Windsor e databile all’inizio degli anni Venti del Seicento, ci suggerisce qualche dato supplementare rispetto al perduto «libro» di copie dall’antico del vicentino. Si tratta di uno degli album più antichi dell’intera raccolta e uno dei pochi ad aver conservato la legatura originale; inoltre, rispetto agli altri, presenta un formato dei fogli più piccolo, un diffuso uso dei verso e «un complesso sistema di annotazioni per sigle, che rimandano alla collezione di pertinenza degli oggetti e al loro materiale»10. Su alcuni di questi compaiono le lettere «P.S.» seguite da una «D.», che sono state sciolte in passato come Pietro Stefanoni. Disegno11. La sigla si trova su tre disegni, raffiguranti rispettivamente tre lampade antiche, un sistro e un tripode; quest’ultimo – con il riferimento al volume in cui era conservato – è elencato in un inventario dei beni di Cassiano (1655)12, in cui è la descrizione di tutti i disegni dell’ancora intatto volume delle Antichità Diverse: Tripode copiato da disegno di Francesco Villamena […] dietro al foglio vedesene un altro cavato dal libro de’ disegni di Pietro

HERKLOTZ 1999, p. 126. CAMPBELL, FAIRBAIRN, HEMSOLL 2004, pp. 608609, n. 219. 9 Si tratta di un codice composto da 178 fogli disegnati per un totale di più di 500 oggetti, riproducenti in massima parte vasi, lucerne, urne cinerarie, fibule, pesi e altri manufatti d’uso antichi. È uno dei pochi ad aver conservato l’originaria legatura seicentesca. Cfr. VAIANI 2014, p. 236. È di prossima pubblicazione l’edizione critica del volume. Cfr. VAIANI in corso di stampa (parte relativa alle piccole antichità). 10 Cfr. VAIANI 2014, p. 236. 11 Per il sistema di annotazioni si veda ancora HERKLOTZ 2012, p. 95 e VAIANI in corso di stampa. 12 NICOLÒ, SOLINAS 1987, pp. 67-70 e 102. Windsor, Royal Library, nn. 10244, 10261, 10220. 8

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Stefanoni, altre volte nominato con suo vaso bellissimo scannellato, e lavorato tutto posto sopra tre gambe pur ornate13.

Una delle tre lampade raffigurate nel foglio di Windsor – quella decorata da una scena erotica – è riprodotta singolarmente anche in un disegno oggi al British Museum di Londra, acquistato nel 1814 insieme ad altri provenienti dalla collezione di Charles Towlney, a loro volta parte del Museo Cartaceo14; nello stesso fondo sono anche alcune riproduzioni di gemme appartenute alla collezione di Stefanoni, pubblicate nel 1627 con il titolo di Gemmae antiquitus sculptae15. Tutti questi dati dimostrano l’interesse di Cassiano per la collezione di antichità di Pietro: le fonti riportano la notizia dell’esistenza di scambi epistolari tra i due, sebbene di questo carteggio non sembri essere rimasta traccia16. Il Codice Burmann F.3A della Universiteitsbibliotheek di Leida Se il libro di disegni dall’antico è purtroppo perduto, un foglio contenuto all’interno di un codice della Universiteitsbibliotheek di Leida, che conserva al suo interno schede epigrafiche, schizzi e annotazioni di oggetti archeologici raccolti dal vicentino durante i suoi viaggi in Italia, merita di essere menzionato per la raffinatezza dell’esecuzione17: si tratta di un’Urna funeraria NICOLÒ, SOLINAS 1987, pp. 70 e 102. Il disegno è ricordato al n. 30 dell’elenco originario. 14 JENKINS 1989, p. 62 [f. 62, 113x43 mm, penna, inchiostro e acquerello giallo-grigio]. 15 STEFANONI 1627. 16 NICOLÒ 1989, p. 21 nota 65. 17 Il codice è segnalato in CIL 1876, p. LVIII, n. LXXV; CIL 1883, p. LXVI; LANCIANI 1903 [ED. 1990], p. 65. Il volume, il cui titolo attuale è frutto di un intervento settecentesco, fu acquistato dallo studioso Johann II de Witt (1662-1701), figlio dell’omonimo matematico e statista olandese giustiziato nel 1672, possessore di una vasta biblioteca che l’erede contribuì ad arricchire con opere rare e preziose. Probabilmente durante il viaggio in Francia e Italia, avvenuto tra il 1685 e il 1686, De Witt acquistò la silloge 13

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decorata da ghirlande, uccelli e teste d’ariete (fig. 2). Evidentemente commissionato da Pietro, il disegno – realizzato a penna e inchiostro acquerellato – ha un’attribuzione altisonante, riferita da una nota apparentemente coeva e vergata a mano sotto il margine inferiore del foglio, a sua volta incollato sulla pagina del volume: «Di mano di Guido Reni nel 1600». Sebbene dal punto di vista stilistico il disegno non mostri affinità col corpus grafico del bolognese, la natura di copia dall’antico con finalità documentarie potrebbe giustificare questa maniera più sciolta e descrittiva. Il 1600 è, infatti, la data del primo soggiorno romano dell’artista, che forse aveva già conosciuto Pietro a Bologna. Nel corso degli anni i due manterranno stretti rapporti professionali: Malvasia ad esempio ricorda come Guido restituisse a Stefanoni alcune caparre già versate, e il ‘dono’ della lastra incisa all’acquaforte con una turbinosa Gloria d’Angeli – su disegno di Luca Cambiaso – edita da Pietro nel 1607 con una dedica al parmense Guido Torelli18. La collezione di Pietro Antonio Tolentino Un altro nucleo di disegni della raccolta Stefanoni proveniva dalla collezione del canonico cremonese Pietro Antonio Tolentino (o Tollentino) acquistata nell’agosto del 1618, secondo quanto riferito dall’erudito padovano Lorenzo Pignoria appartenuta a Pietro Stefanoni dalla figlia Marzia (1615-1687/1688), ultima erede rimasta in vita che, pressappoco nello stesso periodo, si disfaceva anche di alcuni disegni appartenuti al padre vendendoli a Sebastiano Resta (si veda oltre nel testo: Sebastiano Resta: postille e lettere e Marzia, moglie di Giovanni Thurin di Lusarches…). Il volume passò in seguito nelle mani di diversi studiosi: Johannes Koolius, Johan Georg Graeve (1632-1703), Peter Burmann (1668-1741) e per il tramite di quest’ultimo, alla Biblioteca dell’Università di Leida. 18 MALVASIA 1678 [1841], pp. 14 e 51, parte quarta: «Trovo di questo tempo in un suo libro manoscritto (che mi donò il cortesissimo sig. Gio. Andrea Sirani) la nota di molte caparre restituite ad un Regolo Maiotti da Ferrara, ad un Gio. Angelo Fiammetti, allo Stefanoni […]» e «Certi angeletti all’acqua forte, cavati da un disegno del Cangiasi, che donò allo Stefanoni, giovane ancora, in Roma». Per la stampa, cfr. TIB 1987, p. 196.

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(1571-1631) a Nicolas-Claude Fabri de Peiresc (1580-1637), che aveva conosciuto a sua volta il personaggio durante il viaggio giovanile in Italia tra il 1601 e il 160219: Lo Steffanoni fu qui da me l’altr’hieri, per un’hora, di ritorno da Cremona, dov’è stato a comperare lo studio, che fu di Mons. Tolentino […] esso andò a Venezia per starci pochi giorni, et haveva poi pensiero di tornarsene quanto prima a Roma20.

La raccolta di Pietro Antonio Tolentino (seconda metà del XVII secolo) era tra le più interessanti e preziose della città, come testimoniano le parole di Antonio Campi (1524-1587) in un esemplare della Cremona fedelissima21: qui ricordava come un suo disegno per il ritratto dell’ecclesiastico Marco Gerolamo Vida – inciso poi da Agostino Carracci (fig. 4) – si trovasse presso questo «bellissimo e copiosissimo studio di disegni fatti a mano, & a stampe, & di rarissime pitture, & così di bellissime anticaglie»22. Lanzoni, canonico della cattedrale durante l’episcopato trentennale di Niccolò Sfondrati (1560-1590), poi papa col nome di Gregorio XIV (1590-1591), manteneva fitti rapporti e scambi epistolari con letterati, umanisti e scienziati, tra cui Sebastiano Erizzo (1525-1585) – cui inviava calchi di medaglie – Marco Antonio di Monte e soprattutto Ulisse Aldrovandi (1522-1605), come dimostrano le numerose lettere conservate nei manoscritti del naturalista bolognese23. Tra i RIZZA 1965, p. 25. Il passo è trascritto in VOLPI 1992, p. 113. La lettera porta la data del 2 settembre 1618. 21 L’esemplare, che presenta delle particolarità rispetto a quelli comunemente conosciuti, è stato acquistato alcuni anni or sono dalla Biblioteca di Cremona, cfr. FASANI 2004, p. 32. La collezione era principalmente frutto di interessi di ricerca non professionali, cfr. AIMI, DE MICHELE, MARABOTTINI 1985, p. 25. 22 Cfr. FASANI 2004, pp. 32-33. 23 Sui rapporti con Aldrovandi cfr. TOSI 1999 p. 21. Marco Antonio di Monte, figlio di Giovanni Battista Montano (1534-1621), possessore della raccolta numismatica più importante di Verona, è definito da Tolentino in 19 20

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corrispondenti non mancavano uomini di chiesa come Cesare Baronio (1538-1607), che nell’ultimo tomo dei suoi Annales (1607) lo ricordava come «honestissimo viro ecclesiasticarum antiquitatum studioso Petro Antonio Tolentino», a proposito dell’invio di un codice da Cremona24. Tolentino era stato il committente di una impresa pittorica ancora poco indagata dalla critica, la serie di ritratti di uomini illustri posta a decoro della propria camera. Secondo l’umanista Francesco Zava, il canonico, costretto a letto da una malattia, si consolava dell’ozio forzato contemplando personaggi illustri antichi e moderni. Tra gli artisti legati a questo progetto, troviamo anche le sorelle Anguissola: Sofonisba, con un ritratto del letterato Giovanni Battista Caselli, Lucia con quello di

una lettera ad Aldrovandi «Anticario Eccellentissimo e Dottissimo», cfr. ROSSI 2012, p. 15, nota 51. Sui rapporti tra Tolentino ed Erizzo, alla luce dei loro scambi epistolari, cfr. MISSERE FONTANA 1994-1995, pp. 62, 68 e ZOPPI GARAMPI 1997; Tolentino inviava a Erizzo calchi di medaglie già nel 1566, cfr. MISSERE FONTANA 2013, p. 293; ERIZZO 1571, p. 558: «Questa ultima d’argento [medaglia raffigurante una Tellus, n.d.a.] la hebbi dal molto Magnifico signor Pier’Antonio Tollentini, gentilhuomo cremonese, ornato di virtù e pieno di bontà e cortesia». Il canonico è citato in diverse fonti coeve ed erudite, cfr. FASANI 2004, pp. 32-33. Tolentino è ricordato anche dallo stampatore Vincenzo Conti nella dedica preposta alle Lettere di Carlo christianissimo, un libretto edito nel 1563 in cui si auspicava la riconciliazione tra la Chiesa e i separati, e una riforma dei costumi e della disciplina ecclesiastica; nella prefazione Tolentino è definito da Conti in toni elogiativi («per haverla visto, con lettere, e presenza da molti vertuosi, e persone Illustre visitata, come nel libro delle lettere de’ Prencipi, ch’io tengo sotto le stampe, vedransi»), cfr. Lettere di Carlo christianissimo re di Francia mandate nel sacro Conciglio di Trento pe’l reuer.mo & illust.mo Carlo cardinal dell’Oreno alli XXIIII di Nouemb. nell’anno 1562. Cō un’oratione del sudetto reuer. nouamente tradotte, e stāpate. In Cremona, per Vincenzo Conti 1563, pp. 3-6. Esemplare conservato presso la Biblioteca Estense Universitaria di Modena, segnatura 76. M. 40. 24 BARONIO 1607, p. 846.

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Benedetto Ala e, dubitativamente, Europa con le effigi di alcuni pontefici25. Non è quindi un caso che Stefanoni dedicasse a Tolentino, definito «Patrono Optimo», proprio un ritratto di Gregorio XIV Sfondrati (5 dicembre 1590-16 ottobre 1591) che, come già detto, essendo stato vescovo di Cremona per lungo tempo, doveva aver intrattenuto rapporti molto stretti con l’ecclesiastico. La stampa, da me recentemente rintracciata in un volume del fondo Pio presso l’Istituto Centrale della Grafica di Roma e non nota ai repertori, permette di datare i rapporti tra l’editore e Lanzoni almeno dal 1590 (fig. 3)26. L’iscrizione che corre nel margine inferiore recita: «GREGORIUS XIIII PONT. MAX/ Ill:ri ac admodum R:do D. Petro Antjo Tollentino, Canonico Dig: mo / Patronoq. Optimo/ Petrus Stefanonus Vicentinus Hanc Greg:ri xiiii P. M. effigiem Tabellis aeneis a se excusam sue in illum/ observantiae testimonio dicavit Anō Sal. M.D.L.XXXX». La raccolta dell’umanista era in seguito passata a Gianmaria Parolo, letterato cremonese autore de Il pianto di Santo Pietro, un poemetto edito da Dragoni nel 1584. Il 30 gennaio 1607, presumibilmente alla morte di Parolo, la proprietà della collezione fu trasferita al conte Angelerio Barbò, il quale aveva concesso all’erede di Tolentino la possibilità di vivere in un casino di sua proprietà27. Dall’inventario di quest’ultima raccolta, redatto nel 1614, sappiamo che il nobile possedeva una grande quantità di quadri e oltre tremila stampe, in varie tirature, di Albrecht Dürer e Luca di Leida e ben 542 tra schizzi GUAZZONI 1994, pp. 65-66; PIZZAGALLI 2003, pp. 61, 136. Amilcare Anguissola, padre delle tre sorelle, è definito in una lettera di Erizzo del 1569 «parente» del Tolentino, cfr. ZOPPI GARAMPI 1997, p. 551. 26 Roma, Istituto Centrale per la Grafica, F. N. 5448 (vol. 33 F. Pio). 27 «Quadri hauti da m.r Gio. Maria Paolo erano prima di m.r Tolentino al quale il s.r Anzelerio gliela datto a goder in vitta il casino oltre il giardino […]». Cfr. TONINELLI 2000A, pp. 79-87, nota 24, p. 85. La trascrizione dell’inventario è in TONINELLI 2000B, pp. 127-139, appendice III, p. 139. L’inventario di Parolo è conservato presso l’Archivio di Stato di Cremona, Notarile, 3254, (notaio Lorenzo Prevostini, 30 gennaio 1606 ab inc.). 25

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e disegni28. L’informazione data da Pignoria a Peiresc nella lettera del 1618 deve necessariamente riferirsi a quest’ultimo passaggio collezionistico. La fama della raccolta di Tolentino doveva essere stata così profondamente legata al suo originario ideatore da far dimenticare, nell’opinione comune, i nomi dei successivi proprietari. Alla luce di questa considerazione, è possibile interpretare correttamente l’espressione «lo studio che fu di monsignor Tolentino», trasferito in blocco, presumibilmente senza essere ancora smembrato, da un possessore all’altro. La conferma del passaggio di questo materiale, o perlomeno di una sua parte, nelle mani del nostro editore è in un rogito del 19 agosto 1642, in cui Pietro, alla veneranda età di circa ottantacinque anni e infermo a letto da molto tempo, istituiva le figlie Marzia e Antonia eredi di tutti i suoi beni. L’atto, scritto in Per la trascrizione integrale del rogito (compresi dipinti e strumenti vari) cfr. TONINELLI 2000B, p. 139. Si riportano qui di seguito i passi salienti, relativi ai disegni e alle stampe di Dürer: «Vitta della Madonna in foglio n. tredici […] Et di Alberto Duro in legno n. 4 […] Cenacolo di Cornelio n. uno […] Sette pianeti carte n. otto. Dodeci mesi carte n. sei […] Quatro stagione del anno carte n. quattro […] Carte grandi di Luca d’Olanda n. 16 […] Carte in legno di Alberto Dureri fogli grandi n. vinti […] Santi Eustachi n. doi. Melanconie n. doi. Fortune n. doi. Figliolo prodigo carte n. trei. Santo Hieronimi n. doi. Cavallo della morte n. uno. Satiro e Venere n. doi. Adamo et Eva n. doi. Donne quattro ignude n. uno. Cavalo col soldato n. trei. […] Ritratto dell’autore n. una. Passioni in legno carte n. trenta otto [Piccola Passione, n.d.a.]. Passioni in rame et altre carte n. cinquatatrei. […] Carte haute da m.r Gio. Maria Paolo. Nel contratto del quadro grande signato I carte n. duecento dieci otto […] Carte d’Alberto Durero in rame grande et piccole n. cento trenta. Carte in legno grande et piccole n. cento vinti tre. Carte di Lucha d’Olanda grande et piccole n. cento vinti quattro. Nel cassetto signato III disegni et schizzi n. cento novanta sei. Nel cassetto signato IIII disegni et schizzi trecento quaranta sei […] Istrumenti da sonare. Lautto e sue casse da sei ordini. Lautto da sei ordini et sua cassa. Lira et sua borsa. Cittara et sua borsa […] Libri nel studiolo […] Gio. Paolo Lomazzo trattato della pittura et scultura […]. Sebastiano Erici delle medaglie […]. Marmi […] Puttino santato s’uno tronco che si cava un spino dal piede. Ottone lavorato. Astrolabio fatto da m.r Francesco Davitiolo cremonese […]. Quadri di pitura vechi di casa […]». 28

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latino, consta di un’ultima parte in italiano in cui sono elencati stampe e libri: […] Actum Romae in regione Parionis, et in domo solitae habitationis dicti Domini Petri ibidem presentibus Domino Vincentio quondam Vincenti Brunetti florentino et Domino Johannes Antonio quondam Justi Peregrini de Trieste testibus ad sese subscribentibus una cum dicto Domino Petro donatore vocatis, habitiis specialiter atque rogatis et presertim desegni, stampe cioè carte stampate in rame et in legno de autori diversi de Italia et forestieri (sono) manco che tutte le carte di Alberto Duro in rame di numero cento in circa, variati libri dell’istesso autore stampati in legno ad esposizione della Vita della Beata Vergine et più la Vita et Passione de Christo e più l’Apocalisse de San Giovanni Evangelista (carte?) stampate in forma de libri et più altri libri de Passione de Christo et più le stampe stesse dell’istesso/Autore in quarto foglio, e più una quantità senza numero de carte stampate di Alberto Duro, e più una Venezia stampata de mano dell’istesso Alberto di sei fogli della grandezza de quattro fogli imperiali per ogni foglio fanno dui, et più dell’istessa stampa29.

Le stampe che compaiono nella donazione, già nella raccolta di Tolentino, corrispondono chiaramente alle opere più importanti di Dürer, chiamato all’italiana «Alberto Duro», e sono anche le uniche a essere specificate30. Sono elencati, prima di tutto, i libri ASR, Trenta Notai Capitolini, notaio Giulio Juguli, Officio 29, 19 agosto 1642, ff. 293r-v, 294r-v, 295r-v, 330r-v, 331. Alla donazione sono presenti due testimoni: il fiorentino Vincenzo Brunetti, forse parente dello ‘storaro’ Vincenzo Brunetti, cfr. ASVR, San Biagio alla Fossa, Stati delle anime, 1626, f. 15v., e Giovanni Antonio Pellegrini, «collararo» (inamidatore di colli e collari), membro della confraternita di San Girolamo degli Illirici, cfr. ČRNČIĆ 1886, pp. 115, 125, 126, 131, 138, 139, 149. I personaggi sono identificabili con gli omonimi abitanti in piazza Farnese nelle case appartenenti alla chiesa di Santa Brigida, rintracciati dalla sottoscritta nel corso della ricerca, cfr. ASVR, Santa Caterina della Rota, Stati delle anime, f. 27; Pellegrini muore nel 1655 a 75 anni, cfr. Santa Caterina della Rota, Morti, 1647-1681, e f. 73v, n. 496. 30 Sul collezionismo di opere di Dürer in Italia tra Rinascimento e Barocco, cfr. FARA 2007. Sul nome italianizzato in «Durero», cfr. FARA 2011. Cfr. 29

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con le xilografie a corredo del testo: l’Apocalisse di Giovanni Evangelista (sedici tavole, 1496-1498); la Grande Passione (dodici tavole, 1496-1510); la Vita della Vergine (venti tavole, 15001505). Con l’espressione «più altri libri della Passione di Christo», Stefanoni si riferisce probabilmente alle trentasette xilografie della Piccola Passione (1511), forse il progetto più ambizioso dell’artista, terminato nello stesso anno in cui quest’ultimo aveva ripubblicato le tre serie precedenti – da lui stesso definite i Tre grandi libri – dando vita alla «prima iniziativa editoriale concepita, illustrata, stampata, finanziata e distribuita dalla stessa persona»31. Se questi sono i volumi veri e propri, la frase «et più le stampe stesse dell’istesso Autore in quarto foglio» indica con ogni probabilità le immagini a corredo del testo ma in fogli sciolti, mentre le espressioni «manco che tutte le carte di Alberto Duro in rame di numero cento in circa» e «una quantità senza numero de carte stampate di Alberto Duro» dovrebbero riferirsi alle celeberrime incisioni del tedesco, probabilmente le stesse enumerate nell’inventario cremonese. Infine, la «Venezia dell’istesso autore», posseduta in più copie («et più dell’istessa stampa»), è con ogni evidenza la Veduta della città lagunare realizzata da Jacopo de’ Barberi nel 1500 e creduta a lungo opera di Dürer. Si trattava di un’opera di dimensioni imponenti (cm 134,5x282 ca.), realizzata per mezzo di sei matrici xilografiche – oggi conservate al Museo Correr di Venezia – e stampata, pertanto, su sei fogli imperiali che corrispondevano per grandezza a una superfice doppia («de quattro fogli imperiali, per ogni foglio fanno dui»). Della Veduta restano poco più di una ventina di esemplari divisi tra i più importanti musei del mondo. anche il recente FARA 2014 sulla fortuna dell’artista nelle fonti italiane antiche. 31 Sulla genesi delle quattro serie, sul loro successo editoriale (ristampe, derivazioni, copie e riedizioni) tra XVI e XVII secolo e sul collezionismo delle stampe di Dürer alla fine del XVI secolo, si veda l’accuratissimo studio di ANDREOLI 2009.

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Si trattava di materiale prezioso se si considera, ad esempio, che della Piccola Passione si conoscono poche tirature dopo il 1511, dell’Apocalisse limitate ristampe databili dopo la fine del XVI secolo, mentre la Grande Passione e Vita della Vergine furono edite ancora fino alla fine del XVII secolo32. Per quanto riguarda i disegni, allo stato attuale della ricerca non è possibile identificare nessuno dei 542 fogli della raccolta, purtroppo registrati genericamente nell’inventario Barbò; l’unico, potrebbe essere il già menzionato ritratto del poeta e vescovo di Alba Marco Girolamo Vida, realizzato da Antonio Campi e inciso da Agostino Carracci per la Cremona fedelissima (fig. 4): ma il disegno purtoppo non è noto, a differenza di molti altri studi preparatori per l’opera di carattere storico ideata dal poliedrico pittore e architetto della celebre dinastia di artisti cremonesi33. Sebastiano Resta: postille e lettere La fonte più importante per la ricostruzione della collezione è costituta tuttavia da padre Sebastiano Resta (1635-1714) che, alla fine del XVII secolo, entrò in possesso di diverso materiale proveniente dallo «studio» di Stefanoni, come si evince sia da alcune postille in margine a testi di letteratura artistica e a disegni appartenutigli, sia dai suoi carteggi. Il primo riferimento noto a un foglio proveniente dalla raccolta del nostro antiquario è in un volume delle Vite vasariane conservato alla Biblioteca Apostolica Vaticana; nella Vita di Andrea Mantegna, l’autore si sofferma sugli affreschi eseguiti dal pittore per la Cappella di Innocenzo VIII in Vaticano (1488-1490), distrutti nel 1780, focalizzando l’attenzione soprattutto su una figura che appariva nella scena del Battesimo di Cristo: figura che si cava la calza, attaccatasi alla gamba a causa del sudore, al rovescio, appoggiandosela all’altro stinco, con tanta 32 33

ANDREOLI 2009, pp. 110-111, nota 119. DE GRAZIA 1984, n. 90 [117], p. 118.

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forza e disagio che e l’una e l’altro gli appare nel viso; cosa che fu tenuta in molta considerazione a quei tempi34.

Resta sottolineò il passo e a fianco annotò: Io hò hauto hoggi 17 settembre 1684 il disegno di questa figura che si cava la calza fatta in tre modi era nello studio del quondam [spazio vuoto, n.d.a.] Vicentino halcuni figlie heredi venditrici sono di Città Castello35.

Del disegno non si è trovata al momento traccia, neppure tra quelli di scuola lombarda appartenuti all’oratoriano e da lui attribuiti a Mantegna spesso con scarsa attendibilità. Altri fogli acquistati, come specificato dalla postilla appena citata, «da Città di Castello», furono venduti al vescovo di Arezzo monsignor Matteo Marchetti e passarono tramite gli eredi in Inghilterra. La vicenda è nota ma è utile ripercorrerla brevemente. Tra il 1698 e il 1702 Resta mise insieme per il prelato quasi 2500 disegni sistemati in 19 volumi. Alla sua morte gli eredi, non intendendo pagare il debito, ne restituirono una parte all’oratoriano vendendone poi sedici nel 1711 a Lord John Somers, tramite John Talman, suo agente in Italia. Morto anche Lord Somers (1716), la collezione fu liquidata all’asta nel 1717, G. VASARI, Le vite de più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri: descritte in lingua Toscana, da Giorgio Vasari Pittore Aretino. Con una sua utile & necessaria introduzzione a le arti loro, Firenze 1550. Esemplare conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana con note di Padre Resta (Cicognara IV. 2390); la postilla è nel vol. II, p. 511. Del volume si attende l’edizione critica a cura di S. Prosperi Valenti Rodinò e B. Agosti, con apparati di commento a cura di M.R. Pizzoni, in corso di stampa. Dei perduti affreschi di Mantegna si conservano le due descrizioni settecentesche di Agostino Taja e di Pietro Chattard. 35 La postilla è trascritta in MONGERI 1875, p. 428, da un manoscritto dell’artista e letterato lombardo Giuseppe Bossi (1777-1815) che le aveva tratte a sua volta dall’edizione torrentiniana delle Vite custodita in Vaticano (cfr. nota precedente). Né Bossi, né Mongeri dopo di lui, erano ancora giunti all’identificazione dell’anonimo postillatore con Padre Sebastiano Resta. 34

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smembrando i codici e disperdendo i disegni; molti di questi si trovano tuttora in Inghilterra (soprattutto alla Christ Church di Oxford, ma anche al British Museum e al Victoria & Albert Museum di Londra, nonché a Chatsworth). Fortunatamente, prima della dispersione Lord Somers si era preoccupato di far trascrivere le annotazioni che padre Resta aveva apposto sotto ciascun disegno: le glosse, che riferiscono attribuzioni e notizie riguardanti gli autori e i primi proprietari dei fogli raccolti nei volumi Somers, sono tuttora leggibili in un manoscritto conservato presso la British Library di Londra (Lansdowne 802). In ciascuno di questi volumi padre Resta aveva affrontato un aspetto, un periodo o l’evoluzione di una scuola italiana, o anche di un singolo artista36. L’analisi di queste postille, vergate sotto i disegni, ha permesso quindi di individuare altri riferimenti allo «studio» del vicentino. La più antica tra quelle datate riguarda un foglio con Figure di eretici (recto) e San Tommaso in trono tra le quattro Arti liberali (verso) per il Trionfo di San Tommaso d’Aquino di Filippino Lippi nella cappella Carafa di Santa Maria sopra Minerva a Roma37. I disegni, oggi alla Christ Church di Oxford, sono modeste copie dall’affresco del maestro (figg. 5a e 5b): Filippino di Fra Filippo del Carmine fiorentino nato del 1428 morto 1505. Sta nella cappella di S. Tomaso d’Aquino fatta al Cardinale Caraffa di Napoli nella Minerva di Roma incontro al sepolcro. Benché questo schizzo sia debole e stimabile, per la memoria dell’opera molto bella e molto magnifica. Filippino con la gratia dei costumi cuoprì l’infamia de natali. Nato Cfr. FUSCONI, PROSPERI VALENTI RODINÒ 1983, pp. 243-244. WARWICK 2000, in particolare, p. 52 e passim. Sull’acquisto dei volumi Marchetti da parte di Lord Somers e sull’intervento di Jonathan Richardson senior nella sistemazione dei disegni, cfr. GIBSON, WOOD 1989, pp. 170-177. 37 Oxford, Christ Church, inv. 0022, cfr. BYAM SHAW 1976, I, cat. 39 p. 43, NELSON 2004, cat. 39.d.21, NELSON 2011, p. 214, n. 2235. I disegni sono tracciati sul recto e sul verso del medesimo foglio munito delle sigle RestaSomers. 36

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del 1428 di 10 anni perde il padre per il suo secolo eccellente pittore, di cui seguitò i modi nelle sua pueritia. Fu poi allievo di Sandro Botticello. Riuscì artificiosissimo nella pittura, sommamente et universalmente ornato di prospettiva, trofei, habiti antichi e moderni. In Fiorenza finì la cappella Brancacci cominciata da Massolino non perfettionata da Massaccio et altre opere nobili. In Roma alla Minerva fece questa cappella del cardinale Olivieri Caraffa Napoletano che oltre le spese de garzoni e colori, li fu pagata in stima, due mila ducati d’oro. Fu maestro di Raffaellino del Garbo. Sotto all’empietà stanno nell’opera queste parole nel Pedestallo: D. Thome ab prostratam impietate. Più abbasso, sapientia vincit malitiam, più sotto, infirmatae sunt contra cos linguae eorum. Del medesimo Filippino di fra Filippo Lippi Nato 1428 morto 1505. Studij per le figure de Dottori e circostanti alla cattedra di S. Tomaso nella medesima cappella di S. Tomaso. Questo schizzo, rovescio della precedente facciata e dell’istessa opera della cappella Caraffa nella Minerva. Non guardare all’improporzione di questi segni, perché in opera la pittura è molto corretta e studiata nelle espressione e negli abbigliamenti degl’habiti bizarri, ci sono grottesche o sia arabeschi di belle invenzioni, e buone requadrature d’architettura. Fu rispettoso Filippo con Leonardo da Vinci quando doppo la turbolenza di Milano del 1499 verso il 1500 tornò a Fiorenza, che si levò da un’opera per darla a lui e generalmente fu amorevole con tutti, onde nella sua morte, che successe il dì 13 d’aprile del 1505, quarantesimo quinto di sua età, nel portarlo al sepolcro a Servi, si serrarono tutte le battaglie in segno d’universale mestizia; tanta era la stima e l’amore delle sue virtù e persona. Questo disegno mi venne da Città di Castello di Genn. 168838.

Allo stesso periodo risale la menzione di un disegno non identificato di Albrecht Altdorfer: Lansdowne 802, libro G, nn. 64-65. Le due descrizioni compaiono nel primo volume della Serie in quattro tomi. 38

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139. D’Alberto Duro Altorfio è una città nell’Elvetia, fu contemporaneo di Alberto Duro. Il signor Ghezzi n’ha avuto uno più distinto e conservato di questo col milesimo circa al 1500 e col marco d’un A in un A. Io questo l’ebbi dallo studio di Città di Castello. Il suo marco è una lettera A in un’altra così [marchio di Altdorfer, disegnato da Resta] – vanno attorno alcune sue stampe in piccolo della Vita e passione di Nostro Signore e ne fa la sua vita il Sandrart commendandolo nelle cose piccole ora però licenzioso e non si sa perché alle volte facessi certi piedi più longhi delle gambe39.

Una postilla di poco successiva riguarda invece un foglio raffigurante un’Incoronazione, presumibilmente della Vergine, riferita da Resta a Girolamo Mazzola Bedoli: Noto questo di febbraio 1688 Gerolamo Mazzola, scolaro del Correggio. Questo disegno della Coronazione io lo hebbi dallo studio Grande di Pietro Steffanonio […]40.

Il catalogo dell’artista e il corpus grafico attribuitogli con certezza non contemplano tuttavia alcun dipinto né disegno avente come soggetto un’Incoronazione. Considerata l’affinità tra lo stile del pittore e quella del celebre cugino, non si è voluta escludere la possibilità che Resta abbia avuto tra le mani un autografo di Parmigianino che, dal 1530, elaborò diversi studi per l’Incoronazione della Vergine per Santa Maria della Steccata a Parma. Tutti gli schizzi noti relativi all’opera, mai realizzata, non presentano tuttavia la tipica sigla Resta-Somers che

Lansdowne 802, libro G, n. 139. Qualche anno più tardi (1699) l’amico Giuseppe Ghezzi donò a Padre Resta alcuni disegni di Dürer, allora molto rari sul mercato. Cfr. PANGRAZI 2012, p. 52. 40 Lansdowne 802, libro L, n.7. 39

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confermerebbe l’ipotesi41. È altresì probabile che, come nel caso di Filippino Lippi e negli altri qui di seguito enucleati, Resta avesse tra le mani un disegno di scuola o di ambito del Bedoli tra cui si spera, in futuro, di poter rintracciare l’Incoronazione. Poche righe vergate su un cartiglio incollato sul recto di un grande cartone oggi in collezione privata – copia dalla famosa tela della Maddalena di Tiziano alla Galleria Palatina di Firenze – proveniente dalla raccolta di Clemente XI Albani (1700-1721)42, hanno permesso, invece, non solo di ricondurre a Stefanoni il possesso dell’opera, ma anche di avere un’idea delle dimensioni di questa collezione e della fama che, ancora a fine Seicento, aleggiava intorno alla figura dell’intraprendente mercante di cui si ricordava, a quasi quarant’anni dalla morte, l’attività di instancabile procacciatore di disegni e di accanito viaggiatore: Era questo Cartone nel vastissimo Studio, hora devastato dello Steffanonio di Città di Castello, morto à dì nostri, che girò non tutta l’Italia ma l’Europa, per raccogliere Disegni […] Roma 30 novembre 1689. Seb(astiano) R(esta) mano p(ropri)a43.

Nel volume intitolato Trattenimenti pittorici inviato da Resta in Spagna nel 1700, poi rientrato in Italia tramite il mercante Cfr. BÉGUIN 2000, pp. 83-84, nota 128 e tav. 63. POPHAM 1971, tavv. 310-311, DE GRAZIA 1984, n. 49, pp. 166-167. Su Bedoli disegnatore cfr. DI GIAMPAOLO 1997, DI GIAMPAOLO 1998 e VACCARO 2013. L’affresco fu infine eseguito da Michelangelo Anselmi su disegno di Giulio Romano ma con alcune varianti per le figure principali del Cristo e della Vergine, di cui si conservano due studi: difficilmente Resta avrebbe potuto riferire questi fogli, caratterizzati dal morbido e sfumato tratto correggesco dell’artista, al Bedoli. Il disegno relativo alla sola Madonna è ad Avignone (Musée Calvet, inv. 896), mentre lo studio per la Madonna e il Cristo è passato sul mercato antiquario belga (Willelms, Bruxelles 1987, n. 22, fig. 22). Sull’affresco di Michelangelo Anselmi cfr. FADDA 2004, p. 176, n. 35 e p. 86, fig. 22. 42 Collezione Castelbarco Albani, cfr. PROSPERI VALENTI RODINÒ 1993, p. 37, nota 118, p. 47 e PROSPERI VALENTI RODINÒ 2001, p. 44. 43 PROSPERI VALENTI RODINÒ 2002, p. 74. Del cartone, purtroppo, non è disponibile alcuna riproduzione. 41

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fiorentino Francesco Michelozzi e infine acquisito alle Gallerie di Firenze da Giuseppe Pelli Bencivenni nel 1779, era compreso uno studio di un’Annunziazione che è stato individuato nel disegno attribuito dall’oratoriano a Federico Zuccari (fig. 6). Le iscrizioni sopra e sotto la cornice dorata, forse apposte da Michelozzi che copiò probabilmente quelle autografe di Resta, recitano: «Di Taddeo Zuchero/ Quando Federico Zuchero stava a Venezia Taddeo li preparò l’opera, e di disegni della Nunziatella al Collegio Romano tra quali li preparò questo per l’Altar maggiore: fu poi demolita la Nunziatella per la fabbrica del medesimo Collegio». Ma è la presenza in basso a destra sul foglio di un breve appunto autografo – «l’hebbi da Città Castello» – che ha permesso di associare il disegno al nucleo originario della raccolta Stefanoni, passata in eredità alla figlia Marzia44. In realtà, il confronto con le stampe che documentano il perduto affresco dell’Annunciazione, eseguito dal pittore marchigiano nel 1571 nell’abside della chiesa della Santissima Annunziata, distrutta per edificare l’attuale chiesa di Sant’Ignazio di Loyola, non rivela un legame con la composizione in oggetto, che sembra piuttosto in relazione una pala d’altare. Anche dal punto di vista stilistico il foglio è forse più correttamente ascrivibile a Giorgio Picchi (1555-1605), pittore di Casteldurante (attuale Urbania), attivo a Roma nelle Logge Vaticane (1576-1577), nel chiostro della Trinità dei Monti (1578) e nei cantieri della Scala Santa, del Palazzo Lateranense e della Biblioteca Vaticana (1587-1589)45.

Sul volume risistemato da Michelozzi entro il 1746, cfr. PROSPERI VALENTI RODINÒ 2002, p. 64 e nota 16 p. 80. Il volume – purtroppo smembrato a partire dal XIX secolo – presentava una panoramica della storia dell’arte attraverso il disegno, dal tardo Quattrocento fino a Maratti. Il foglio è conservato a Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, inv. 11196 F. 45 Per la biografia sull’artista cfr. MORETTI 2005. Su Picchi disegnatore cfr. MORGANTI 2008 (con bibliografia precedente). La proposta di attribuzione del disegno del GDSU a Picchi è stata suggerita dal dott. Denis Morganti. 44

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Dallo studio del vicentino proveniva un altro disegno con lo stesso soggetto menzionato nel Lansdowne 802, ma non ancora identificato: Federico Zuccaro per la Nunziata del Collegio Romano, Fabrica demolita come sopra. Vedino il quadro nella Portaria del Collegio Romano/ 1690 hauta dal famoso studio dello Steffanonio46.

Resta fa qui riferimento a un quadro di Federico Zuccari collocato nella «portaria» del Collegio Romano: il termine utilizzato, di origine lombarda, indica un androne, un andito terreno attraverso il quale si giungeva generalmente a un cortile. Il dipinto era forse una copia dell’affresco distrutto, qui collocato a memoria dell’opera perduta. Riferimenti a Stefanoni si trovano anche nei carteggi di Resta. In una lettera datata 8 novembre 1698, conservata presso la Biblioteca Comunale di Correggio e indirizzata a Giuseppe Magnavacca (1639-1724)47, l’oratoriano ci fornisce un’informazione circa cinque disegni provenienti dalla collezione del vicentino, alcuni dei quali acquistati tramite un altro pittore di cui purtroppo non menziona il nome: […] Hor passiamo avanti, e divertiamoci. Il Correggio mi fa molti favori. L’altro dì da un pittore todesco, che hebbe un residuo del sfasciato Studio dello Steffanonio di Città Castello, hebbi cinque disegni uno era il Cristo (senza testa e senza la mano destra) che corona nella Tribuna di San Giovanni di Parma la Madonna d’una mirabile conservatezza e perfettione, di lapis rosso. Lansdowne 802, libro L, n. 18 La corrispondenza tra l’oratoriano e l’antiquario bolognese è stata integralmente trascritta e studiata da Maria Rosa Pizzoni – che ringrazio per aver discusso con me alcuni aspetti riguardanti le postille e i carteggi di Resta – nella sua tesi di dottorato, Il carteggio tra Sebastiano Resta e Giuseppe Magnavacca (1688-1714), nell’ambito del Dottorato di Ricerca in Storia dell’Arte presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. In attesa dell’edizione commentata, cfr. PIZZONI 2012 e PIZZONI 2013. 46 47

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Eccosì hieri il Padre Maestro Orlando [Pellegrino Antonio Orlandi, n.d.a.] nostro mi scrive un biglietto quals.e un cavalier Genovese non so adesso, se da Parma o da Bologna, il biglietto lo strappai, li dimanda due disegni di Pietro da Cortona per una dama dilettante, e li manda un Profeta del Correggio promettendone un altro; mi dimanda il Padre Maestro che li dia licenza di mandarli i miei due che unicamente ho. Pensate Signor Giuseppe che consolazione sentii; ma arivato io dal Padre Maestro vedendo che di grandezza, di stile e di conservatezza accompagnava il Cristo coronante; mi parve troppa gratia del Correggio. Bisogna che sia in cielo mentre mi esaudisce così. Passiamo avanti. Havevo sempre preso meraviglia perché tante mutazioni nella Cuppola e nissuna essenziale io avessi mai visto fatta per gl’angoli. Ecco quattro schizzi de’ detti triangoli, nei quali pensò di fare in ciascheduno di loro un Vescovo di Parma in atto d’esser amaestrato da un Evangelista. Ma bisogna che li ingombrava l’empitura e fece i soli Vescovi. Questi sono semplici schizzi ma per l’ereditiera fanno assai. M. Marchetti che ha l’altri s’invogliasse per amor di questi di […] il libro vorrei certo far altro […] c’è tempo. Sono dunque cinque andiamo avanti. Nel medesimo Studio cioè altro residuo d’immenso Studio, vi trovai poco prima una singolarità. Adesso non spero di haver più niente, se da Città Castello non viene qualche altro fondo di botte. La rarità è un disegno di lapis rosso d’inarivabile diligenza e sommità Il simulacro di Cibele portato in Trionfo da due sacerdoti mitrati, e due altri ministri, et un giovine sacerdote che genuflesso l’incontra come in atto di riceverlo, uno de portatori mitrati ha in mano una corona di lauro, e sopra la tavola che è come una barra accanto al simulacro stà uno che pare che parli al ricevitore e fa festa con una palma, non so se corona, in mano. Il disegno non l’hò qui ma è una cosa di questo ordine se lo saprò segnare tanto che Vostra Signoria ne capisca la disposizione [segue lo schizzo, n.d.a.] [Ai lati del disegno, rispettivamente a sinistra, destra e sotto, compaiono le seguenti note, n.d.a]: Una torre dietro. Nella torre dietro sono scritte certe parole, che copierò e le mandarò a Vostra Signoria poiché tutto ha in mano il Padre Maestro Orlando che mi favorisce d’ordinar il libro, parmi dicano P. SCYPO…... Qui si vedono panni come di figure che siano di là. 162


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Questo è disegno che bisogna che il Correggio lo copiava in Mantova dal Mantegna suo maestro però non è nel trionfo stampato di Giulio Cesare. Conservatissimo è siché gran gratitudine verso di me il Correggio porti per quella messa che li dissi per puro amore sopra il corpo cioè alla Cappella correspondente al corpo che sta nel […]48.

Il primo dei disegni citati, vale a dire lo studio della figura e del panneggio del Cristo «senza testa» per l’Incoronazione della Vergine nella chiesa di San Giovanni Evangelista a Parma, è identificabile in un foglio a matita rossa conservato al Louvre, che corrisponde esattamente alla descrizione fornita nella lettera (fig. 7). Sul verso Resta annotò: «Christo che corona la Madonna nella tribuna della cuppola. S. Gio. di Parma». Faceva parte del volume I descritto in Lansdowne 802, come attesta la sigla Resta-Somers «i. 145» apposta sul recto, in basso a destra49. Qualche anno più tardi, nel 1709, l’oratoriano ricordava a Magnavacca dove avesse acquistato la sanguigna in oggetto: B. della Coronazione della madonna hò havuto il Christo coronante la Madonna senza capo, ma era un bel pezzo grande fatto per il panno. Da un tal Rosa di Trastevere pittore50.

Il Rosa menzionato nell’appunto difficilmente potrebbe essere identificato con un ancora giovanissimo Fabio Rosa (16811753) – figlio del pittore e incisore Francesco (1638-1687) – allora appena diciassettenne e che artista non fu, ma ‘computista’ e sacerdote51. La sua famosa collezione, composta da dipinti, sculture, disegni e stampe, poi donata all’Accademia Correggio, Biblioteca comunale (= BC), Memorie Patrie, cartella 116, n. 56. 49 DI GIAMPAOLO 2001, n. 31 (con bibliografia precedente). Parigi, Louvre, Louvre, Département des Arts graphiques, Cabinet des dessins, inv. 5943, matita rossa, mm 233x162. 50 Correggio, BC, Resta a Magnavacca (17 agosto 1709). 51 Sul personaggio si veda il recente contributo di COEN 2013. 48

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di San Luca, doveva il suo nucleo originario al padre, allievo di Giovanni Angelo Canini e Nicolas Poussin, morto ben dieci anni prima della lettera a Magnavacca del 1698, anno cui risale l’acquisto del disegno da parte di Resta52. Il riferimento a un pittore «tedesco» – parola aggiunta in un secondo momento dall’oratoriano nella missiva sopra il termine «pittore» – potrebbe spostare invece l’identificazione su Philipp Peter Roos (Francoforte sul Meno, 1657-Roma, 1706), noto a Roma col nome italianizzato di Filippo-Pietro Rosa o, meglio, come il Rosa di Tivoli53, sebbene le fonti non ricordino la sua presenza nel popolare quartiere romano, ma nelle zone di Santa Maria Maggiore e San Lorenzo in Lucina: una ricerca negli stati delle anime della zona di Trastevere potrebbe dirimere definitivamente la questione. Roos è passato alla storia come un artista vizioso e dissoluto, molto veloce nel realizzare le proprie opere per guadagnare denaro in fretta, ma di una sua presunta attività di mercante di disegni nulla si conosce. Più difficili da identificare sono i quattro disegni per i pennacchi della cupola del Duomo di Parma, menzionati anche in una lettera al padre Giuseppe Bigellini, rettore della parrocchia di Fazzano a Correggio, inviata un mese dopo, il 19 dicembre 1698: Ho ancora trovati quattro prodigii di disegnetti schizzi, ma belli, in uno studio antico famoso d’un tal Stefanonio di Città Castello a Su Francesco Rosa (1638-1687) cfr. PETRUCCI 1999. Su Rosa incisore dai Carracci cfr. ANNIBALE CARRACCI E I SUOI INCISORI 1986, pp. XXVI, 103, 222, 305. 53 Membro di una illustre famiglia di pittori, si era trasferito a Roma nel 1677 con una borsa del langravio Karl I di Hessen-Kassel, a condizione che ritornasse presso la sua corte: l’artista disattese le disposizioni del benefattore e rimase nella città eterna dove nel 1680 sposò Maria Isabella, figlia di Giacinto Brandi, presso cui era stato allievo, specializzandosi in pittura di paesaggio e animali. Nel 1684-1685 acquistò una casa presso Tivoli, che gli valse il soprannome con cui è noto. A partire dal 1691 visse principalmente a Roma. Sull’artista cfr. BECCACECI 2004. 52

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giorni nostri dissipato, né quali si vede, che il Correggio pensò di fare ne’ quattro angoli della Cupola del Duomo non una figura principale, come poi fece ecc. […]54.

Di questi «prodigi» si ritrova traccia anche nelle note del Lansdowne 802, che attestano che essi furono inseriti nel libro H: Correggio per il Duomo di Parma San Gregorio. San Marco San Giovanni per San Bernardo primo vescovo di Parma Era nel gran Studio Steffanonio55.

L’unico studio preparatorio autografo a tutt’oggi rintracciato – il San Gregorio e San Marco per il pennacchio della cupola – è quello confluito nei fondi del Louvre nel 1796: la provenienza dalla raccolta di Alfonso III d’Este (morto nel 1644), esclude tuttavia l’ipotesi di una sua identificazione con il foglio menzionato da Resta; altre provenienze collezionistiche sono documentate anche per tutti gli schizzi noti relativi alla figura del San Bernardo: allo stato attuale della ricerca questi disegni non sono stati pertanto individuati56. La lettera del 1698, inviata da Roma, è trascritta in TIRABOSCHI 1786, pp. 249-250. Su Bigellini cfr. WARWICK 2000, ad indicem e PIZZONI 2012, pp. 5572. 55 Landsdowne 802, libro H, nn. 8-9. 56 Parigi, Louvre, Département des arts graphiques, Cabinet des dessins, Fonds des dessins et miniatures, inv. 5968r, 130x155 mm. L’espressione «San Giovanni per San Bernardo primo vescovo di Parma» non è molto chiara a causa della preposizione «per» che, tuttavia, potrebbe essere un semplice errore di trascrizione del bibliotecario, il quale forse interpretò in maniera scorretta la «e». Se così fosse, la postilla farebbe riferimento a due distinti disegni. Del San Bernardo degli Uberti si conoscono, in ordine, il foglio oggi al British Museum, probabilmente autografo, che appartenne a Jonathan Richardson senior e precedentemente a sir Peter Lely, circostanza, quest’ultima, che ne esclude la provenienza dal fondo Resta-Somers, e quello del Louvre, probabile derivazione dall’affresco, facente parte di un nucleo di quattro fogli in relazione ai pennacchi della cupola del duomo, tra 54

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Il «disegno di lapis rosso d’inarivabile diligenza e sommità», di cui si riproduce lo schizzo vergato dall’oratoriano in calce alla lettera (fig. 8) è da mettere in relazione con il monocromo su tela, oggi alla National Gallery di Londra, raffigurante L’introduzione del culto della dea Cibele a Roma (1505-1506)57. Il dipinto era stato realizzato da Mantegna per Marco Cornaro e rimase nella residenza di famiglia in Campo san Polo a Venezia fino al 1815. Il collezionista pensava che Correggio avesse copiato la composizione a Mantova, dove secondo le fonti il pittore sarebbe stato allievo dell’anziano maestro, morto nel settembre del 1506. Poiché il quadro per Cornaro data proprio a quegli anni, e se vogliamo dare credito alle parole di Resta circa l’autografia del foglio, Correggio avrebbe avuto modo di copiare la composizione poco prima che la tela partisse per la laguna. Le parole entusiastiche con cui l’oratoriano descriveva il disegno, la considerazione che l’originale di Mantegna si trovasse sin dall’inizio del Cinquecento a Venezia in una collezione privata, difficilmente visibile, e l’utilizzo della sanguigna, sono tutti elementi che lascerebbero propendere per un’autografia del foglio di cui, purtroppo, non si è trovata al momento traccia. È stato possibile, invece, identificare la provenienza dallo «studio» di Stefanoni di un’Annunziazione della Vergine attribuita da Resta a Correggio (fig. 9), grazie alla forte affinità con l’affresco di medesimo soggetto eseguito dal pittore per la chiesa di San Francesco a Parma, demolita nel 1546, e oggi conservato nella Pinacoteca della stessa città. Il disegno è stato attribuito in passato a Michelangelo Anselmi (1492-1556), ma

cui compare anche un San Giovanni Battista. Provengono tutti dalla collezione del banchiere Everhard Jabach, confluita nelle raccolte reali nel 1670, e nulla hanno a che vedere, quindi, con i fogli di cui parla Resta. Cfr. LODA 2008 (con bibliografia precedente). 57 Sul dipinto di Mantegna cfr. LIGHTBROWN 1986, cat. 57, p. 451.

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dubbi permangono circa la sua autografia58. Il foglio è conservato in uno dei pochi volumi ancora intatti sistemati dall’oratoriano, la Galleria Portatile della Biblioteca Ambrosiana di Milano che, come molti altri volumi assemblati dal conoscitore, ricostruiva il panorama dello sviluppo del disegno italiano da Giotto a Maratti. Nella postilla, Resta parla di un mercante «che girò il mondo», ma ne omette il nome, specificando solo la provenienza del foglio dalla cittadina umbra: Nunciata del Correggio che stava nei Padri Zoccolanti di Parma […]. Io hò havuto il presente studio della sola Madonna da Città Castello in un avanzo d’un libro, che era d’un tale Mercante di tele fine e merletti, che girò il Mondo sino in Inghilterra à comprare Disegni, Medaglie, e Cornici etc. famoso è stato il suo nome [spazio punteggiato lasciato vuoto, n. d.a] da Città Castello59.

«L’avanzo di un libro» di cui si parla nella glossa è significativo per due ragioni: la prima riguarda la modalità di conservazione e organizzazione che Stefanoni aveva previsto per i propri disegni: non fogli sciolti, ma organizzati secondo un criterio ordinato, seguendo la prassi tipica di un collezionista e non quella di un mero mercante. La seconda riguarda la consistenza del nucleo pervenuto da Città di Castello: sembra di capire che Resta avesse acquistato nella medesima occasione non un solo esemplare, ma ciò che rimaneva dell’intero volume, il che lascia L’attribuzione ad Anselmi si deve a POPHAM 1964, p. 261. BORA 1978, n. 85, p. 80, suggerisce piuttosto possa trattarsi di una copia; sul foglio, cfr. ancora PROSPERI VALENTI RODINÒ 1992, p. 53; BORA 2008, p. 55; BONARDI 2013, p. 135. Sulle inesatte attribuzioni di Resta relative ai fogli della Galleria Portatile cfr. PROSPERI VALENTI RODINÒ 2002, pp. 72-73. Su Michelangelo Anselmi disegnatore cfr. FADDA 2012. Si segnala, senza averne presa visione, la tesi di Tim D. Wright, The Drawings of Michelangelo Anselmi (1492-1555/56), Los Angeles, University of Southern California, 2005. 59 POHPAM 1957, p 170; BORA 1978, p. 273. Su Correggio vedi anche DI GIAMPAOLO 2001. 58

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immaginare una consistenza ben maggiore, rispetto a quella appena elencata, del nucleo di disegni acquistati da Marzia, figlia secondogenita di Stefanoni. Un’ultima nota, copiata nel Lansdowne 802 e relativa a un foglio già nel libro K, lascia invece aperta una pista di ricerca rispetto alle modalità di dispersione della raccolta: Raffaele Del Colle dal Borgo San Sepolcro Scolaro di Giulio Romano. Schizzo della Madonna sopra la porta di dentro del cardinal Della Valle che dice il Vasario appena dipinta da Raffaele dal Borgo sol disegno di Giulio Romano. A Gran Scolaro un piccolo schizzo basta. Sarà stato da Giulio Romano aiutato nell’opera. È notabile l’accidente che io l’hebbi. Invitato a vedere i disegni del gran studio del quondam Steffanonio, che si vendeva alla Trinità dei Pellegrini passai da Sant’Andrea a vederla la detta Madonna dentro la porta del quondam Cardinale della Valle60.

Il riferimento alla Trinità dei Pellegrini è piuttosto generico e, essendo privo di riferimenti cronologici, non è ben chiaro se la vendita abbia avuto luogo su iniziativa della stessa Marzia o se questa sia riferibile a un successivo passaggio collezionistico o commerciale come si specifica, ad esempio, nella già citata lettera di Resta a Magnavacca del 1698, in cui l’oratoriano diceva di aver acquistato dei disegni appartenuti al vicentino attraverso la mediazione di «un tal Rosa di Trastevere pittore». Marzia, moglie di Giovanni Thurin di Lusarches: precisazioni sui riferimenti restiani a Città di Castello I riferimenti a Città di Castello, contenuti come abbiamo visto in queste postille, apparivano fino ad oggi poco chiari sebbene, secondo quanto dimostrato dagli studi di settore, le informazioni di Resta in merito alle provenienze si siano rivelate 60

Inserito nel volume Secolo d’Oro. Lansdowne 802, libro K, n. 278

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raramente imprecise. Grazie alle indagini condotte sulle figlie di Pietro Stefanoni, di cui si dà qui di seguito conto, l’apparente incongruenza è oramai risolta. Figlia secondogenita di Pietro e della romana Virginia de’ Bettini, Marzia nasce a Roma il 12 giugno del 1615 insieme al gemello Pietro, di cui si perdono presto le tracce e forse morto in tenera età61. Nel 1639, insieme alla sorella Antonia (1618-1668)62, è nominata nel testamento del padre responsabile della stesura dell’inventario post mortem dei beni, sotto la supervisione di due appassionati collezionisti: il cavaliere di origine riminese Francesco Gualdi (1576-1657) e l’avvocato Lancellotto Lancellotti63. Esecutori testamentari sono il cardinale L’atto di battesimo di Marzia è trascritto in ROSSI 2012, p. 18, nota 72. L’atto di battesimo di Antonia è trascritto in ROSSI 2012, p. 18, nota 72. L’atto di morte è conservato presso l’Archivio del Vicariato di Roma (= ASVR), Santa Caterina della Rota, Morti, 1647-1681, f. 149, n. 1079: «Anno Domini 1668 die vero 2a 7bris. Domina Antonia de Stephanonis uxor Illustrissimus domini Alexandri de Rubeis degentis in via Farnesii alias Mortis sub hac mea cura Sanctae Catherinae de Rota aetatis annorum 40 cuis corpus sepultus est in dicta mea Ecclesia, animam Deo reddidit, qu. Reverendus Johannes Mariae de Christopharis huis Confessor in Ecclesia Sancti Hieronimi de Charitate (confessa) die 22 Augusti ac sancti olei unctione roborata die prima 7bris, et […] viatico refici, quia non fuit vocatus in tempore». Secondo il documento Antonia sarebbe morta a quaranta anni: ne aveva in realtà quasi cinquanta, essendo stata battezzata il 16 settembre 1618. 63 Cfr. ROSSI 2012, p. 4, nota 8. Francesco Gualdi, la cui figura è stata negli ultimi vent’anni oggetto di diversi e approfonditi contributi, era noto per la ricca collezione custodita nell’abitazione nei pressi dei Mercati di Traiano dove figuravano molte antichità: statue, rilievi, monete, un famoso tripode e una dattilioteca. I rapporti tra Gualdi e Stefanoni dovevano risalire perlomeno alla fine del secondo decennio del XVII secolo: intorno al 1621 Pietro dedicò all’antiquario una celebre stampa di Annibale Carracci, la Susanna e i Vecchioni. Sui due cfr. FRANZONI, TEMPESTA 1992, HERKLOTZ 1999, p. 24, MASSIMI 2003, FEDERICI 2010. L’avvocato Lancellotto Lancellotti è invece personaggio ancora poco indagato; fu membro a tutti gli effetti della cerchia di collezionisti orbitante intorno alla corte barberiniana. 61 62

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«Barberino», che può quasi certamente identificarsi con Francesco (1597-1679), per via dello specifico interesse del prelato in materia di gemme e medaglie – di cui il vicentino era un rinomato collezionista – e il cardinale Giovanni Francesco Guidi di Bagno (1578-1641) (Appendice documentaria I.1). In seguito, Marzia compare in due atti dell’agosto 1642 in cui Pietro, da molto tempo infermo a letto, dona alle figlie tutti i suoi beni, tra cui – come abbiamo visto in precedenza nel paragrafo dedicato alla raccolta di Pietro Antonio Tolentino – disegni, stampe e una cospicua quantità di incisioni di Albrecht Dürer. Con ogni probabilità a ridosso di questa data, la donna sposa il nobile Jean II de Bellon de Thurin de Lusarches (15881663), indicato nei documenti d’archivio col nome italianizzato in Giovanni, più grande di lei di ben 27 anni: cavaliere dell’ordine di San Michele per investitura di re Luigi XIII, nonché gentiluomo ordinario della sua camera, divenne préfet de chambre (maestro di cerimonie) degli Ambasciatori francesi a Roma. Qui, a partire con sicurezza dal 1644, è ricordato spesso nella corrispondenza diplomatica di quegli anni in toni elogiativi, per lo zelo e la passione inimaginables con cui serviva la propria nazione64. Nella città eterna, il nobile sposò in prime nozze Brigide Poli, madre di Jean-Baptiste – mentre da Marzia non ebbe figli – rendendo i suoi ultimi servigi a Charles III de Anche il suo nome compare, insieme con quelli di Stefanoni e Gualdi, nell’Agenda del Museo di Cassiano dal Pozzo, che era interessato a ottenere la copia di un vaso antico «historiato» in suo possesso, cfr. SOLINAS, CARPITA 2001, p. 94. Il gentiluomo possedeva anche una collezione di monete e medaglie antiche, come prova l’elenco degli antiquari redatto da Marco Baldanza, familiare di Urbano VIII, nella sua Instruttione, cfr. BURNETT 1990, pp. 73-85. Lancellotti fu anche corrispondente dell’antiquario Lorenzo Pignoria, cfr. VOLPI 1992, pp. 82-91. È inoltre ricordato nell’Itinerario d’Italia del giureconsulto di Anversa Franz Schott (1600), edito per la prima volta in italiano nel 1610: «Alla Pace vedonsi in casa di Lancellotto Lancellotti gentil’huomo Ascolano molte belle antichità», cfr. SCHOTT 1610, p. 50. 64 MONIZ DE FREITAS 1902, p. 415. Tra il 1645 e il 1646 è al servizio dell’ambasciatore di Francia presso la Santa Sede, il cardinale Achilles d’Etampes de Valençay. Cfr. ARNAULD 1748, p. 48.

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Blanchefort-Créquy (1662-1665)65. Come corriere straordinario tra Roma e Parigi, Lusarches è menzionato anche nella corrispondenza tra Nicolas-Claude Fabri de Peiresc e Cassiano dal Pozzo e in una lettera del 1 aprile 1646 di Giulio Mazzarino (1602-1661), in cui il cardinale lo ringraziava delle attenzioni riservategli circa l’acquisto di un quadro, purtroppo senza fornire ulteriori specifiche66. Cinque mesi prima di morire, il 1 settembre 1663, Jean istituì «l’amatissima» moglie erede usufruttuaria di molte proprietà site tra Città di Castello e Borgo San Sepolcro, lasciando disposizioni per essere sepolto nella chiesa della Santissima Trinità dei Monti, accuratamente eseguite dal cognato, il procuratore Alessandro Felice Rossi (o de’ Rossi)67 (Appendice Figlio di Arduin, di cui ereditò i titoli, Jean nasce a Luzarches il 20 novembre del 1588; negli anni 1630-1635, mentre suo fratello è impegnato in Francia per riottenere il feudo della Tasche a Remy, è in Italia. La notizia del matrimonio con Brigide Poli è in MOREL 1914-1920, p. 136; nello stesso testo si trova anche l’unica menzione rintracciata nelle fonti edite di Marzia – il cui nome è tuttavia trascritto erroneamente come «Marie Stephaniana» – e la conferma dell’assenza di una discendenza dei due. Frammentarie notizie sul conto dell’uomo si trovano sia in pubblicazioni di carattere diplomatico, cfr. ARNAULD 1748, pp. 117, 292, 443 e Mémoires de l’Abbé Arnauld in MICHAUD, POUJOULAT 1838, p. 519, sia in cronache contemporanee, cfr. SIRI 1670, p. 688. Il figlio di Jean, Giovanni Battista, noto in Francia come Jean-Baptiste I de Bellon de Thurin, luogotenente nel reggimento delle Guardie di Francia nel 1658, gentiluomo ordinario della Camera del Re nel 1664 e primo scudiere della principessa di Condé e Signore de la Tache, sposerà nel 1670 Marie de la Cavalerie. Morirà nel 1703. Cfr. MOREL 19141920, p. 136. 66 MICHEL 1999, p. 109 e n. 73, p. 142: «Je vous suis obligé des soins que vous prenez pour le tableau dont vous m’escrivez, et je vous remercie très affectueusement». Sulla corrispondenza tra Peiresc e Cassiano, cfr. LHOTE, JOYAL 1989, p. 78, n. 78. 67 La donazione risale al 21 marzo 1663, cfr. ASR, notaio Olimpiade Petrucci, Auditor Camerae, vol. 5938, ff. 649r-v, 650r-v, 667r-v, 668r. Il testamento e una copia della donazione sono in ASR, notaio Olimpiade Petrucci, Auditor Camerae, vol. 5940, 28 agosto 1663, ff. 428r-v, 429r-v, 430rv, 435r-v e 431, 432r-v, 433r-v, 434. Nello stesso volume è anche una procura a favore di Marzia (29 settembre 1663), ff. 640r-v; 641 r-v; 646r. La 65

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documentaria I.2). Il documento ha così confermato le affermazioni di padre Sebastiano Resta, legando il nome di Marzia a quello della cittadina umbra. È possibile che il matrimonio con un esponente dell’entourage francese a Roma sia stato suggerito da alcuni dei personaggi nominati nel testamento di Pietro del 1639, di cui sono più che noti i legami con la corona di Francia: il cardinale Francesco Barberini e il cavaliere Francesco Gualdi, che proprio al sovrano francese avrebbe donato, di lì a qualche anno, il proprio museo, allestito nel convento di Trinità dei Monti68. Alla luce, quindi, di quanto emerso da tutti i documenti riguardanti i due coniugi rintracciati nel corso della ricerca – il testamento di Giovanni Thurin (o Turin, Turini, Taurini), una lettera di Marzia conservata presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze risalente al 1667 e una serie di missive inviate dalla donna al marchese Bartolomeo Felice Barbolani di Montauto (1639-1714) ad Anghiari – è stato possibile giungere a un’idea più chiara sulle dinamiche della dispersione dei disegni appartenuti a Stefanoni69. Dall’analisi della corrispondenza col quietanza a favore di Alessandro Felice Rossi per attendere le disposizioni sulla sepoltura del defunto è tra gli atti dello stesso notaio, ibidem, (4 settembre 1663), ff. 457r-v; 458r-v. L’atto di morte di Jean è conservato in ASVR, Santa Caterina della Rota, Morti, 1647-1681, f. 116v, n. 763: «Anno Domini 1663 die vero prima 7mbris. Illustrissimus Joannes Turinus de Luxars Camaerae Magister huius (…) serenissimi ac semper invicti Regis Galliae pro tempore Romae apud sommos Pontifices degens in Vico nuncupatus della Morte sub hac mea venerabile cura pastorale Sanctae Catherinae de Rota aetatis annorum 77 in communione Sanctae Matris Ecclesiae animam deo reddidit. Cuius corpus sepultus est in ecclesia Sanctissima Trinitatis Pinci montis et testat(…) qui mihi Stephano Lencettus dictae Ecclesiae Sanctae Catherinae confessus die 25 Augusti sanctissimoque viatico refectus die 27 ac sancti olei unctione roboratus (…) die 29, eiusque animam deo pluries commendavi». 68 FEDERICI 2010, pp. 229-273. 69 Le lettere di Marzia Stefanoni sono conservate nell’Archivio Barbolani di Montauto, presso la villa La Barbolana in località Tavernelle di Anghiari (= ABMA), in Testamenti ed eredità, 57-115, 36-92. L’inventario dell’archivio, curato da G. Goi, E. Insabato, R. Romanelli nel 1999-2000, è consultabile

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marchese emerge, infatti, una situazione di gravi problemi finanziari, cui deve essere stato legato ciò che rimaneva, in generale, della preziosa eredità paterna: sebbene il nobile avesse il mandato di procura sui suoi beni, la donna riceveva poco o nulla dalle rendite provenienti dai terreni, da un mulino e da diversi censi lasciati in usufrutto dal marito. Di fatto, sembra aver trascorso gli ultimi anni della sua vita assediata dai debitori, tra cui il cognato Alessandro Felice Rossi70. I problemi di Marzia erano iniziati qualche anno dopo la morte di Giovanni, come dimostra la già citata lettera del 1667 (Appendice documentaria II.1), in cui non è indicato il destinatario, che può essere tuttavia identificato con lo stesso marchese Barbolani di Montauto per la presenza, tra i fogli di Anghiari, di una Nota in cui si fa riferimento al contenuto della missiva fiorentina71. Il documento non contiene notizie di carattere storico e artistico, tuttavia i nomi elencati testimoniano contatti con molti esponenti della nobiltà romana. Il contenuto è incentrato sulla liquidazione di una somma di denaro – 5000 scudi – di cui Marzia non era in possesso e per cui chiedeva l’intervento del destinatario della missiva. Nel testo sono citati il figliastro Giovanni Battista – allora probabilmente in Francia – il banchiere Filippo Valenti, il cardinale Francesco Maria Mancini (1606-1672) quale erede di Pietro Mazzarino (1576on-line e a questo si rimanda anche per le informazioni sulla famiglia e sulle vicende genealogiche ed ereditarie: www.soprintendenzaarchivisticatoscana.beniculturali.it/fileadmin/inventari /BarbolanidaMontauto.pdf. Ringrazio il conte dott. Emanuele Prinetti Castelletti per la cortese disponibilità dimostratami in occasione del sopralluogo. Per le lettere si rimanda all’Appendice documentaria II, in cui ho selezionato e trascritto solo una parte del fondo archivistico, quello più rilevante ai fini della presente ricerca. 70 Negli atti notarili in cui è citato, il cognome di questo personaggio compare spesso latinizzato in «de’ Rubeis». 71 ABMA, Testamenti ed eredità, 57-115, 36-92. Il documento, che non si trascrive in questo contributo per la lunghezza e il carattere eccessivamente tecnico è la Nota di quello ha bisogno la signora Martia Turina de Lusarches […] appresso l’Illustrissimo signor Marchese Bartolomeo Montauto…(1677).

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1654), a sua volta padre del celebre Giulio, primo ministro francese morto pochi anni prima (1602-1661). Tra gli altri, anche un monsignor Cesarini, Tancredi Savelli e il marchese Giovanni Battista Bufalini: va ricordato, in proposito, che la famiglia Thurin era imparentata tramite Ortensia Bufalini allo stesso Mazzarino72. Le lettere indirizzate al marchese Bartolomeo Felice Barbolani di Montauto sono invece conservate nell’archivio privato della famiglia ad Anghiari, poiché i Thurin di Lusarches si erano imparentati con i Barbolani tramite il matrimonio di Giulia con Piero di Bartolomeo detto Montauto (1543-1583). Questa corrispondenza, costituita da poco più di una trentina di missive e da pochi altri documenti di diversa natura, copre un arco temporale di cinque anni, dal 1676 al 1681 e, come già anticipato, rivela una situazione finanziaria piuttosto drammatica. Uno dei primi documenti del fondo, risalente al settembre del 1676, è una lista di beni lasciati in usufrutto alla donna; la relazione che l’accompagna svela che, a quella data, le rendite non potevano esserle corrisposte per via della mancata registrazione dell’atto di donazione presso il tribunale di Firenze, dietro versamento della considerevole somma di 60.000 scudi73. Nel frattempo Marzia, oramai sessantaduenne, aveva perso anche la più giovane sorella Antonia (1618-1668), moglie del procuratore alatrino Alessandro Felice Rossi, autore di alcune Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Carteggi Vari, Cassetta 92. Numero 178. Provenienza Palagi. Il documento fa parte della raccolta dello storico Giuseppe Palagi (1821-1881), composta da manoscritti riguardanti la storia della Toscana, stampe e lettere, acquistata nel giugno del 1887 dall’amministrazione provinciale di Firenze. Su Palagi cfr. RICCI 1884. 73 ABMA, Testamenti ed eredità, 57-115, 36-92, Nota delli Beni di Monsù Lusarsez alla detta Martia Lusarsez Stefanoni. Segue una relazione del 6 settembre 1676: «[Don Antonio Maria Folli] mi dice non potere agitare per giustizia perché la donatione della signora Stefanonia non è archiviata in Fiorenza, onde non si puote in quel tutto attendere e per archiviarla vi vole la somma di scudi 60 mila». 72

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lettere a don Antonio Maria Folli, affittuario di una parte dei terreni della vedova74. L’uomo non esitava ad apostrofare Marzia in toni dispregiativi – «ingrata e sleal donna»75 – lamentando il mancato saldo di ingenti somme prestate in passato alla cognata, anche per le spese relative ai funerali del marito. Pregava pertanto il corrispondente di fare in modo che il denaro spedito da Sansepolcro potesse essere sequestrato a suo favore per estinguere i debiti (Appendice documentaria II.3). Rossi, dopo la morte della prima moglie, si era risposato con Anna Flaminia Volpelli e viveva insieme a Marzia nell’attuale vicolo Farnese (l’antico vicus Mortis), a lato dell’omonimo palazzo, nelle case di proprietà della confraternita di San Giacomo degli Incurabili, le stesse in cui era morto Giovanni Thurin76. In effetti, la donna compare nel nucleo familiare del cognato tra il 1670 e il 167377 ma, a partire da questa data, non è più registrata negli stati delle anime della parrocchia: secondo le parole dell’uomo, la vedova fu sfrattata dallo stesso Ambasciatore di Francia (Appendice documentaria II.2). Non è al momento noto il luogo in cui avesse fissato la propria abitazione a Roma dopo il 1673 ma, da questa, scriveva lettere ABMA, Testamenti ed eredità, 57-115, 36-92 (Alessandro Felice Rossi ad Antonio Maria Folli, 17 marzo e 29 giugno 1677). 75 ABMA, Testamenti ed eredità, 57-115, 36-92 (Alessandro Felice Rossi ad Antonio Maria Folli, 29 giugno 1677). 76 ASVR, Santa Caterina della Rota, Stati delle Anime 1670-1673 (in ordine: ff. 27v, 24r, 26v, 28v). L’età di Alessandro Felice Rossi è indicata sui quarant’anni nel 1670, da cui si ricaverebbe una data di nascita intorno al 1630. Se il dato fosse corretto, Antonia avrebbe avuto dodici anni di più del marito: dai documenti rintracciati, sembra che la coppia non abbia avuto discendenza. Dalla seconda moglie, invece, Alessandro Felice ebbe cinque figli, cfr. ASVR, Santa Caterina della Rota, Stati delle anime, 1682, f. 11, 1684, f. 20, 1686, f. 14v. 77 ASVR, Santa Caterina della Rota, Stati delle anime, 1670-1673, f. 27v: «Martia sorella della signora Antonia»; ff. 24r e 26v (anni 1671-1672). Anno 1673, f. 28v: «Martia Stefanone vedova del quondam Giovanni Torini romana anni 60, Giovan Battista in cura a servidù della detta, anni 11». 74

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sempre più amareggiate al Marchese. Il 4 gennaio 1679 Marzia accusava il Folli e il nobile di tramare ai suoi danni, ostacolando anche i tentativi di affidare il mandato di procura ad altri interlocutori (Giovanni Battista Rambazzosi, il marchese Vitelli, Giulio Folli); si definiva una «povera vedova», costretta a elemosinare somme che le sarebbero spettate di diritto: con levarmi quello che mi è stato lasciato da mio marito per vitto e vestito talché sarò costretta d’andar davanti a superiori a domandar giustizia e farvi render conto di tutto doppo la morte di Monsù Lusarches mio marito. Per tanto pensate ben a casi vostri perché voglio che si rendi conto minutamente già che non havete coscienza in usar parmi la robba mia […]78.

Il 21 gennaio dello stesso mese, giungeva al marchese notizia dell’intenzione della donna di andarsi a gettare ai piedi di papa Innocenzo XI Odescalchi, gesto estremo da cui Marzia fu dissuasa da un certo Niccolò dell’Anima, corrispondente di Montauto, con la promessa dell’invio di un «poco di denari»79. Il 14 ottobre 1679 la vedova affermava nuovamente di non ricevere più finanziamenti né dalle rendite dei suoi possedimenti né dai debitori e, descrivendosi come «Tantalo all’inferno, che more in mezzo all’acqua della sete», minacciava, non avendo più liquidità per vivere, di doversi recare prima o poi ad Arezzo, al cospetto del marchese, perché oramai nella condizione di non poter più vendere o impegnare alcuna cosa per mantenersi a Roma80 (Appendice documentaria II.5). Tra tutte le missive del carteggio, uno spunto interessante sembra essere fornito da quella del 16 dicembre 1679, in cui la donna, oltre a chiedere ancora una sovvenzione in denaro al ABMA, Testamenti ed eredità, 57-115, 36-92, (Marzia Stefanoni a Bartolomeo Felice Barbolani di Montauto, 4 gennaio 1679). 79 ABMA, Testamenti ed eredità, 57-115, 36-92 (Niccolò dell’Anima a Bartolomeo Felice Barbolani di Montauto, 21 gennaio 1679). 80 ABMA, Testamenti ed eredità, 57-115, 36-92 (Marzia Stefanoni a Bartolomeo Felice Barbolani di Montauto, 14 ottobre 1679). 78

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marchese Bartolomeo, lo informava di aver ricevuto, pochi istanti dopo aver finito di scrivere la lettera, una sua cambiale, immediatamente saldatale dal dottor Giovanni Battista Fossombroni (1645-1729): il personaggio è da identificare con il medico e archiatra pontificio, abitante in Arezzo, possessore di una delle raccolte d’arte più importanti della città81. È plausibile, quindi, che il collezionista abbia potuto acquistare dalla vedova qualche oggetto: ma si tratta di un’ipotesi, tutta da dimostrare. Il 10 luglio 1680 Marzia scriveva da San Sepolcro al marchese di essere consapevole della sua difficoltà nel gestire gli affari che la riguardavano: per questo motivo aveva individuato un referente «nel Borgo» cui fare la procura, annullando così tutte le altre 82. Contestualmente informava il nobile di non poter rimanere ancora nella cittadina per il gran caldo (Appendice documentaria II.6). La successiva e ultima lettera, recante un’ennesima richiesta di denaro, è spedita da Sansepolcro il 4 gennaio 1681 (Appendice documentaria II.7). Da questo momento si perdono le tracce della donna – se si esclude la già citata notizia fornita da Resta nella postilla del 17 settembre 1684, in cui ricordava di aver ricevuto un disegno da alcune eredi di Città di Castello – fino a quando, in una comunicazione del 22 aprile 1688 di Fra’ Cristoforo Gherardi dei Servi di Maria al marchese Barbolani di Montauto, si dà notizia della sua morte, avvenuta qualche mese prima in seguito a una lunga malattia, a settantadue anni d’età (Appendice documentaria II.8). Il dato concorda con quanto riferito da Resta a proposito dei due disegni di Filippino Lippi, giunti da Città di Castello a Roma nel gennaio del 1688, probabilmente a ridosso della morte della vedova: nonostante le lamentele di qualche anno prima rivolte al marchese Bartolomeo sull’impossibilità di non poter più impegnare nulla per vivere nell’Urbe (Appendice FORNASARI 2007, pp. 191-192. Il medico fu a Roma durante i conclavi successivi alla morte di Innocenzo XI Odescalchi nel 1689 e di Alessandro VIII Ottoboni nel 1691. 82 ABMA, Testamenti ed eredità, 57-115, 36-92 (10 luglio 1679). 81

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documentaria II.5), Marzia continuava a custodire ancora qualche disegno del padre e forse ne lasciò altri in eredità83. Resta si trasferì a Roma nel 1661, due anni prima che Jean II Thurin morisse. I contatti con Marzia, quindi, potrebbero collocarsi tra il 1663, anno che segna l’inizio delle disgrazie economiche della donna e la morte di quest’ultima nei primi mesi del 1688. I carteggi citati – quello di Resta con Magnavacca e quello di Marzia con il marchese Barbolani di Montauto – si sono rivelati importantissimi strumenti per comprendere le dinamiche della dispersione della raccolta grafica di Pietro Stefanoni, attestandone la vendita, tramite le figlie, a mercanti non meglio specificati – alla Trinità dei Pellegrini – e a pittori, come «il tal Rosa di Trastevere» da cui l’oratoriano ebbe gli schizzi per i pennacchi della cupola del Duomo di Parma, la sanguigna con l’Introduzione del culto di Cibele a Roma e lo studio per il Cristo di Correggio (fig. 7). In alcuni casi questi fogli giunsero direttamente da Città di Castello, come la non identificata Figura che si cava la calza di scuola mantegnesca, l’Annunciazione attribuita a Giorgio Picchi e l’Annunciata riferita a Michelangelo Anselmi (figg. 6 e 9). Allo stato attuale degli studi, l’oratoriano si rivela pertanto la principale fonte per la ricostruzione dello ‘studio’ del vicentino: se per le copie dall’antico è Cassiano dal Pozzo a fornire una fondamentale ma sintetica testimonianza circa la loro esistenza, Resta rimane l’unico a documentare il possesso di importanti disegni dei grandi maestri del XVI e XVII secolo nelle mani di Stefanoni, sebbene nelle sue missive i fogli siano raramente descritti in maniera dettagliata.

ABMA, Testamenti ed eredità, 57-115, 36-92 (4 gennaio 1681 e 22 aprile 1688). Auspico in futuro di poter continuare la ricerca in questo senso e di poter rintracciare il testamento e altri documenti riguardanti la donna negli archivi di Roma, Sansepolcro e Città di Castello. 83

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Appendice documentaria I I.1. Estratti dal testamento di Pietro Stefanoni Roma, Archivio di Stato, Trenta Notai Capitolini, Officio 25, notaio Taddeo Raimondi, 17 novembre 1639, ff. 175r-v, 176r-v,177r-v, 210rv. 176v-177 v […] Item perciò ordino che subbito seguita la mia morte si debbia da dette mie figliole universali mie heredi chiudere con chiave solita le mie casse, et armarii et studiolini d’aprirsi all’hora solo che d’ordine delle Infrascripti Signori Eminentissimi esequutori se ne dovrà da dette mie figliole fare l’inventario delle mie robbe, le quali intendo e voglio siino vendute et alienate con quella maggior reputatione che si conviene rispetto di ritrahere maggiore utile per dette mie figliole et respectivamente per detto Jacomo. Item supplico l’Eminentissimo Signor Cardinale Bagni, che voglia degnarsi per la confidenza, che ho in sua Eminenza come amatore delli Virtuosi et delle cose pertinenti all’antichità e bene inchinato all’opera di Christiana Charità si compiaccia di accettare la prottetione di detto mio figlio e figliole come virtuosi che sono, e farmi honore d’essere essecutore di questo mio testamento et ultima volontà non havendo à chi più confidentemente raccomandarli se non alla protettetione di Dio e della Pietà della Eminenza sua. Aggiungo, e voglio, che li Signori Cavalieri Lancellotto Lancellotti mio avocato et il Cavaliere Francesco Gualdi Cameriero di Nostro Signore come amatori de virtuosi e delle Antichità intervenghino non solo a detto Inventario ma anco alla vendita di dette mie robbe le quali consistono in: medaglie d’oro, d’argento, gioie incavate, stampe di più sorte e così anco in pitture carte stampate e cose simili e li prego che per la loro bona inclinatione verso li virtuosi voglino ancor essi haver per racomandato detto Jacomo mio figliolo, Martia e Antonia mie figliole, e figlioli del loro patrocinio, et assistenza dove bisognerà ne loro affari et che essi miei figlioli gli debbano portare quel rispetto che conviene all’amorevolezza di essi Signori Cavallieri. Item deputa et elege per essecutore di questa sua volontà et disposizione, l’Eminentissimo Signor Cardinale Barberino in solido con il suddetto Eminentissimo Signor Cardinal de Bagni e lo prega voglia per sua benignità, et per carità accettar questo carico, et esser protettori delli suddetti suoi figlioli con fare essequire quanto ha disposto detto testatore. Horti Hesperidum, IV, 2014, 2

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I.2 Estratti dalla donazione di Giovanni Thurin di Lusarches a favore di Marzia Stefanoni Roma, Archivio di Stato, Notai Auditor Camerae, notaio Olimpiade Petrucci, vol. 5938, 21 marzo 1663, ff. 649r-v, 650r-v e 667r-v; 668r. f. 649r In mei praesentia Illustrissimus Dominus Joannes Taurinus filius bonae memamorie Domini Arduini Gallus Dominus de Lusarches Eques Ordinis Sancti Michelis, et nobilis Camerarius Regis Christianissimi mihi (est?) cognitus sponte et omnibus et reservato sibi tantum eius dumtaxat vita durante usufructu universali omnium infradictorum bonorum, et non aliorum ac salvis infradicendis, (…) omni donavit, et titulo donationis irrevocabilis inter vivos dedit, cessit, concessit, et assignavit, ac donat et dat Illustrissimae Dominae Martiae Stephanoniae eius amatissimae uxori Romanae presenti (et) Molendium frumentarium positum in villa montis Albani, Parochia Sancti Angeli comitatus sive Diocesis Civitate Castelli, cum edificiis suis, domo, columbario, et omnibus, et singulis terrenis ibi colarentibus, ac suis turibus (et) iuxta sua notissima latera […]. f. 650r […] Et […] modo praefato donavit eidem sua Domina Uxori presenti omnia, et quaecumque eius bona mobilia, massaritias domusque suppellectilia, vestes, margheritas, et alia ad ipsam spectantia, existentia in domo sua solitae habitationis hic in Urbe, et ubi mori contigerit tantum quo tempore sua mortisi ibi reperirentur, una cum omnibus, et quibuscumque dictorum bonorum, hereditorum, et aliorum supra donatorum iuribus, pertinentiis, adiacentiis, actionibus quibuscumque, ac fructibus illorum decurtis et non soluti omni meliori modo [...]. Item alterum petium terrae positum in territorio Cospaiae loco detto Mansciano in villa Trebii Comitatus sive Diocesis Civitatis Sancti Sepulchri […] Item aliud petium terrae cum domo contigua in Villa Sancti Petrignani in loco dicto Palazzuolo territorio Civitatis Sancti Sepulchri arboratum, et vitatum cum aliis fructibus, et iuribus et pertinentiis suis […]. f. 649v […] Item aliud petium terrae positum in territoro Citernae Diocesis Civitatis Castellis in loco detto Villa Sustiano […]. f. 650v […] Hanc autem donationem et idem Illustrissimus Dominus Joannes fecit erga eandem Dominam Martiam eius uxorem amatissimam praesentem ex causa merae curae perfectae, et sincerae benevolentiae, et amoris, quibus ipsa Domina Martia prosecuta fuit et prosequitur, et in recompensam reciprocae benevolentie, obedientiae, et amori, et ut ipsa melius, commodius, et honoreficentius iuxta eius 180


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gradum, et qualitatum et tanquam uxor ipsius Illustrissimi Domini Joannis vivere possit, et valeat et quia sic sibi facere, et disponere de suo placuit, et placet omni meliori modo […].

Appendice documentaria II II.1. Marzia Thurin di Lusarches a un ignoto destinatario (marchese Bartolomeo Felice Barbolani di Montauto?). Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale Carteggi Vari, cassetta 92, numero 178. Illustrissimo Signor Padrone Colendissimo Doppo gran tempo, e spese grandi, l’Illustrissimo Signor Giovan Battista de Lusarches mio figliastro hà procurato che il Valenti rimetti qui in Roma il denaro essatto dal Rè di Francia per pagarlo all’Eminentissimo, et Reverendissimo Signore Cardinale Mancini herede del signor Pietro Mazzarino, per la promessa fatta da Vostra Signoria Illustrissima di liberarlo dalle molestie che havesse potuto patire per la sicurtà [garanzia, assicurazione, n.d.a] fatta per l’Illustrissimo Signor Giovan Battista Bufalino, come de fatto pagò (scudi?) 5000 a Monsignore Cesarini; che poi, per questi, spedì il mandato contro Vostra Signoria Illustrissima, l’Illustrissimo Signor Tancredi de Sabelli, e Monsieur de Lusarches mio marito, come apparisce nel Tribunale delli Auditor Camerae per gli atti dell’Ottaviano à di 9 settembre 1651, e perché non hò quanta somma di denaro Vostra Signoria Illustrissima, ò il Signor Giovan Battista Bufalino sudetto, pagassero à deto signor Pietro ò quomdam Giovan Battista Alberghetti, ch’ancor questo pagò insieme con detto signor Pietro di (…) 5000 per fare errore e per conseguire la quietanza tanto in favore di Vostra Signoria Illustrissima, quanto di chi si sia; sono à supplicarla di significarmi quanto veramente avanza detto signor Pietro ò(s)sia di Alberghetti e che modo che sia di soddisfattione di Vostra Signoria Illustrissima devo tenere, poiché anco tal peso m’impone detto mio figliastro [Giovanni Battista o Jean-Baptiste II Bellon Thurin de Lusarches, n.d.a], dico che lo debba significare a Vostra Signoria Illustrissima, et insieme farle da sua parte mille raccomandationi. Scusarà Vostra Signoria Illustrissima del tedio che questa le potesse apportare, sol causarlo detto effetto, e per dedicarmele humilissima,

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et obbligatissima serva con bagiarle riverentemente le mani di Vossignoria Illustrissima. Roma li 25 Giugno 1667 Affezionatissima et obbligatissima serva, Martia Turini de Lusarches Corrispondenza riguardante Marzia Stefanoni Thurin di Lusarches conservata nell’Archivio Barbolani di Montauto presso la villa La Barbolana, Tavernelle di Anghiari. Testamenti ed eredità, 57-115, 36-92. II.2 Alessandro Felice Rossi a Don Antonio Maria Folli. 17 marzo 1677 Molto Illustre e molto Reverendo Signore e Padrone […] Non ero in dubio che colla lunghezza del tempo la signora Martia si dovesse far scorgere e maggiormente conoscere a (Vostra Signoria) come dalla sua carissima sento per haver eletto altro Padrone: ciò in vero ha fatto per essercitare le sue solite male creanze e per non riconoscenza delle tante e tante fatighe e incommodi presosi per lei e defonto suo marito per il corzo di tanti anni, ma ne starà scottata coll’acqua propria come li spinaci. Circa che voglia la medesima che Vostra Signoria rendi li suoi conti qui in Roma è maggior sua gloria perché gli huomini honorati e di esperienza com’è Vostra Signoria possono comparire in tutti i paesi et in particolare in questa Corte dove quella è conosciuta per quella ch’è assieme con quell’(indiscreto) frataccio [Giacomo Antonio Stefanoni?, n.d.a], et in tali congionture, potrà bene Vostra Signoria prevalersi di me e mio patrocinio, che l’assicuro di fare il possibile per ben servirla e per corrispondere a propri suoi (…iti), e mie particolari obbligationi; che ella spacci esser protetta dal Signor Ambasciator di Francia [François-Annibal II, 2e duc d'Estrées, n.d.a] è sempre iattanza perché non l’ha voluta mai né vedere né sentire, con tutto che il signor Giovan Battista Turini da Francia havesse procurato da personaggi di qualità appresso sua Eccellenza in raccomandazione della medesima presentate dall’istesso frataccio, perché Sua Eccellenza è ben’informata d’ogni sua iniqua attione, et ultimamente per corroborazione di ciò la fece sfratare dalla Casa dove io stò, ch’è l’istessa dove, mentre visse, v’habitò Monsuir 182


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de Lisarches bona memoria unitamente con me e se non si compativa il sesso feminile si veniva ad altre risolutioni; il tutto vorrei si sapesse dall’Illustrissimo signore Marchese Montauti acciò possi argumentare quanto sua Signoria Illustrissima debba fare conto di detta Donna. Già che Vostra Signoria con tanta strettezza d’affetto mi dice li suoi fatti io sono à communicarle li miei, per ricever da quella qualche consiglio et aiuto, et sono che essendo io creditore d’essa donna di gran somma di denaro liquidata con sentenza e mandato di Giudici, come anche dell’heredità di detto Lusarches per li suoi funerali, ed altro, per li quali pretendo di far l’essecutione sopra il molino, e poi quello farlo vendere sub hasta, in ordine à che prego Vostra Signoria à darmi il suo consiglio in che forma mi debba (…tare) per non mandare più a lungo questa faccenda; circa la sua venuta in Roma di haverci ben a caro per far seco abbracciando co equali al suo desiderio e per farli vedere ch’il mio affetto non è meno di quello di Vostra Signoria a quale caramente bagio le mani. Roma 17 marzo 1677. Devotissimo e obligatissimo servitore (…). Alessandro Felice Rossi. II.3 Alessandro Felice Rossi a Don Antonio Maria Folli 29 giugno 1677 Molto Illustre e Osservandissimo

molto

Reverendo

Signore

Padrone

mio

Dal signore Giulio Folli ho presentito che la signora Martia Stefanonia mia cognata stia aspettando non so che denaro da Vostra Signoria ò d’altro delle sue entrate di conti, e perché come Vostra Signoria sà sono di lei creditore in varie e diverse somme anche considerabili, e desidererei se non tutte almeno in parte conseguirle per tanto ricorro al vivo favore di Vostra Signoria pregandola di insinuarmi se è vero a chi precisamente stiino e à chi si dirigano quei in Roma per farlo presentare un sequestro per poi domandare la consegna, in somma. La prego istantemente di porgermi sopra ciò agiuto e consiglio per impedire che detto denaro non capiti in mano di detta ingrata e sleal donna ma venghi in mano mia coll’auttorità però del Giudice che Vostra Signoria poi all’incontro mi trovarà sempre prontamente in ogni suo affare, e le confermarò eterna Horti Hesperidum, IV, 2014, 2

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obbligazione e mentre ne stò del tutto aspettando cara risposta a Vostra Signoria con ogni affetto bagio le mani. Roma li 29 Giugno 1677. Di Vostra Signoria molto illustre e molto Reverendo Devotissimo e obligatissimo servitore Alessandro Felice Rossi II.4 Marzia Stefanoni Thurin Lusarches al Marchese Bartolomeo Felice Barbolani di Montauto 16 settembre 1679 Illustrissimo Signore Dalla gratissima di Vostra Signoria Illustrissima vengo in parte al quanto consolata, che essendosi Vostra Signoria Illustrissima ferma in Monte Auti, darà principio ad’ogni opera d’esigenza delli miei crediti assicurandola che non essendo stato fatto fino adesso a mio favore queste diligenze m’hanno causato danno notabile come in confidenza gli disse, che non havendo questi pochi crediti, me trovo più di quattrocento scudi di debiti e perdita di molti beni, e per trovarme tutto il giorno molestata dalli creditori vivo in grandi travagli; (e) prego Vostra Signoria Illustrissima a compatire l’ostato mio, e voler con magior premura e calore che sia possibile far che sia rintregata di tutti li danni ricevuti fin al presente, assicurandola che sarrà opera pia e santa perché essendo lo spatio di sedici, in diecissett’anni, che morse la bona memoria del Signor de Lusarches, non m’hanno mai dato conto de niente e s’assicuri che del molino a 855 (monete?) l’anno come trovo dalle note del suddetto Signor de Lusarches mio marito import’assai, li cenzi, et li terreni, ma per non più tediarla darò fine con pregarla a dar esito al grano (?) perché mi trovo in gran necessità di non poter aspettare in fino Aprile, e con questa gli faccio humilissima riverenza. Roma li 16 Settembre 1679 Illustrissimo Signor Marchese Bartolomeo Mont’Auti in Arezzo Devotissima et Amatissima Serva Martia Stefanoni Turin Lusarches

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II.5 Marzia Stefanoni Thurin Lusarches al Marchese Bartolomeo Felice Barbolani di Montauto. 14 ottobre 1679 Illustrissimo Signore e Padrone Sincerissimo Essendo che dalli tanti di Settembre non ricevo per più (pur) mie nè d’ella Carissima sue lettere, havendogli significato parte delle mie miserie per non haver essatto il fruttato di questi effetti lassiatimi dal Signor de Lusarches mio marito ad effetto di potermi alimentare, et vestire; havendo Vostra Signoria Illustrissima per sua innata gentilezza, e bontà pigliato la cura d’esigere, non havendo nessuna delle sue nove, non so, che me pensare lambi(ccare) cervello giorno, e notte; vò pensando che questi creditori non vogliano pagare, o vero che Vostra Signoria Illustrissima non habbi le mie lettere, ò ver che io non habbi le sue. Havendo inteso nella lettera che Don Antonio Maria Folli che vi sono tanti, e tanti denari da riscuotere come Vostra Signoria Illustrissima haverà inteso da la lettera de Pichi, e sapendo, che ò d’haver tanti denari, che patisco d’ogni cosa mi par d’essere come si dice Tantalo al inferno che more in mezzo all’acqua della sete e penzo, che se non vengono li denari bisognerà che io venghi là perché io non posso campare perché il vivere è caro di ogni cosa, e non havendo denari da spendere e là sto molto male, e peggio là starrò per l’avvenire non havendo più che vendere, ne impegnare, sarò costretta d’andarmene via per li debitii e venir la godere quelle puoche sostanze che mediante (…ma) l’aiuto di Dio, e poi di Vostra Signoria Illustrissima, credo, e spero che non mi mancherà di poter vivere, e perché mi servirà e per tanto starò aspettando da Vostra Signoria Illustrissima grata risposta, e consiglio che debbo fare prima che sia più fredo, e per non più tediarla per fine facendogli humilissima riverenza starò aspettando li di Lei favori, e consiglii. Roma li 14 ottobre 1679 Vostra Signoria Illustrissima e Padrone Sincerissimo Martia Stefanonii Turin Lusarches

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II.6 Marzia Stefanoni Thurin Lusarches al Marchese Bartolomeo Felice Barbolani di Montauto. 10 luglio 1680 All’Illustrissimo Signor Procuratore Colendissimo Con la presente mia avviso Vossignoria Illustrissima come havendo trovato una persona qui nel Borgo, la quale ha gran corrispondenza in Roma di rimmettere danari et altro, ho pensato di fargli la procura conoscendo che Vossignoria Illustrissima non ci suole attendere, e così, pregando Vossignoria Illustrissima di contentarsi volendo annullare tutte l’altre procure, e non volendo dare tant’incommodo a Vossignoria Illustrissima et anco sapendo che si ritrovi tanti negozi, che non suole assistere alli miei, e non volendo più infastidirla, altro che supplicarla di mandare li libri al detto Folli che dice che Vossignoria Illustrissima tiene, e fin’chè non gli li manda non suol fare li conti, ma io non potendomi trattenere per li caldi che vengono, e di nuovo sono a supplicarla favorirmi che li conti del Folli avendo lassata la cura a Mons. Vescovo et per fine la prego della risposta per poter dar fine alli miei negotii con fargli humilissima riverenza. San Sepolcro di 10 luglio 1680. Obligatissima serva Martia Stefanoni Turin Lusarches II.7 Marzia Stefanoni Thurin Lusarches al Marchese Bartolomeo Felice Barbolani di Montauto. 4 gennaio 1681 Illustrissimo Signore Padrone Colendissimo Intendo da la Gratissima sua quanto me spone in mandare il signore don Giovanni Battista per agiustamento mio con costesto signore Folli ma io di novo replico a Vostra Signoria Illustrissima che questo è un homo che per quanto sie visto e si vede non vole il dovere e per tanto io son rivaluta di tirare avanti le mie ragioni per Giustizia quando però sia in bona Grazia e satisfazione di Vostra Signoria Illustrissima servirà anco questa con significarli come io mi ritrovo qua in core di Inverno e senza denari per tanto sonno a pregare la benignità di Vostra Signoria Illustrissima di mandarmi quella poco moneta ch’ella mi disse tenere in mano di mio aciò io me ne possa 186


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aiutare in queste mie necessità e anco sono a suplicarla di novo che voglia favorirmi di darmi un po di mano (nutrice) aciò a me sia fatta la Giustizia facendoli di core umilissima riverenza con tutti di sua casa di S. Sepolcro il dì 4 gennaro 1681. Illustrissimo Signore Marchese Bartolomeo Felice Montauti Obligatissima sua Serva Sen(…) Martia Stefanonii Turin Lusarches II.8 Lettera di Fra’ Cristoforo Gherardi al marchese Bartolomeo Felice Barbolani di Montauto. 22 aprile 1688 Adì 22 Aprile 1688 Fassi fede per me infrascrito come la verità fu et è, che la Signora Martia Stefanoni nel tempo che stava inferma alli mesi passati e mentre era in pericolo di vita, e vicina alla morte, che di lì a poco seguì, ordinò et insieme dichiarò essere sua volontà che il credito che ella teneva contro gl’eredi del Signore Capitano Benedetto Guelfi si dovesse conseguire liberamente, et senza eccetione alcuna dal Reverendo Signore Don Antonio della Rina, accio che esso Don Antonio ne dovesse celebrare messe e fare altero bene per l’anima sua e del Signore Giovanni Turin già suo marito e questa sua volontà la dichiarò con grand’espresione e con pensiero fermo e risoluto et havendo io infrascrito come confessore di detta Signora Martia hauto occasione per via di confessione di abboccarmi doppo più volte seco sempre mi ha confermato il suo sentimento di lasciare detto credito al medesimo signore Don Antonio, perché molto in lui confidava per haverlo praticato per lo spatio di più anni e trovatolo per esperienza homo sincero e di buoni costumi e per essere quanto sopra la verità cara da me stesso scritta. Così è fra Cristoforo Gherardi del ordine de’ Servi di Maria. Manu propria. In Dei Nomine Amen Anno a Nativitate Domini Nostri Jesu Christi Millesimo Sextuagesimo Octuagesimo Octavo die vero vigesima sexta Aprilis. Actum in Civitate Burgi Sancti Sepulchri … [seguono le formule notarili in latino, n.d.a.]. Horti Hesperidum, IV, 2014, 2

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Bibliografia AIMI, DE MICHELE, MARABOTTINI 1985 = A. AIMI, V. DE MICHELE, A. MARABOTTINI, Towards a history of collecting in Milan in the late Renaissance and Baroque periods, in The origins of museums. The cabinet of curiosities in sixteenth and seventeenth century Europe, a cura di O. Impey, A. Macgregor, Oxford 1985, pp. 24-28. ANDREOLI 2009 = I. ANDREOLI, Dürer sotto torchio. Le quattro serie xilografiche e i loro riflessi nella produzione editoriale veneziana del Cinquecento, in «Venezia Cinquecento», XIX, 37, 2009, pp. 5-135. ANNIBALE CARRACCI E I SUOI INCISORI 1986 = Annibale Carracci e i suoi incisori, catalogo della mostra (Roma, Istituto Nazionale per la Grafica, 4 ottobre-30 novembre 1986), a cura di E. Borea, Roma 1986. ARNAULD 1748 = H. ARNAULD, Négociations à la cour de Rome, et en différentes cours d'Italie, de Messire Henri Arnauld, abbé de S. Nicolas, depuis évêque d'Angers, sous le pontificat du pape Innocent X, pendant les anneées 1645, 1646, 1647 et 1648, t. V, [s. l.] 1748. BARONIO 1607 = C. BARONIO, Annales Ecclesiatici, auctore Caesare Baronio Sorano, congregationis oratorii presbytero..., vol. XII, Roma 1607. BECCACECI 2004 = C. BECCACECI, L’attività dell’artista Philip Peter Roos detto Rosa da Tivoli a Roma e nel Lazio, in Giovani studiosi a confronto. Ricerche di storia dell’arte dal XV al XX secolo, a cura di A. Fabiane, Roma 2004, pp. 85-100. BÉGUIN 2000 = S. BÉGUIN, Parmigianino: i disegni, Torino 2000. BERTOLOTTI 1881 = A. BERTOLOTTI, Gli artisti lombardi a Roma nei secoli XV, XVI, e XVII, Milano 1881. BERTOLOTTI 1882 = A. BERTOLOTTI, Artisti modenesi, parmensi e della Lunigiana in Roma nei secoli XV, XVI, e XVII. Ricerche e studi negli archivi romani di A. Bertolotti, Modena 1882. BONARDI 2013 = G. BONARDI, Resta e i disegni dell’antica scuola lombarda, in DILETTANTI DEL DISEGNO 2013, pp. 133-156. BORA 1978 = G. BORA, I disegni del Codice Resta, Milano 1978. BORA 2008 = G. BORA, I. Galleria Portatile (Codice Resta), in Leonardo e Raffaello, per esempio...: disegni e studi d'artista, catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Medici Riccardi, 26 maggio-31 agosto 2008), a cura di C. Frosinini, Firenze 2008, pp. 53-55. BOREA 2009
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BURNETT 1990 = A. BURNETT, Marco Baldanza’s Istruttione sopra le medaglie degli imperatori antichi romani, in Medals and coins from Budé to Mommsen, a cura di M.H. Crawford, C.R. Ligota, J.B. Trapp, London 1990, pp. 73-85. BURY 2001 = M. BURY, The print in Italy 1550-1620, London 2001 BYAM SHAW 1976 = J. BYAM SHAW, Drawings by Old Masters at Christ Church. Oxford, Oxford 1976. CAMPBELL, FAIRBAIRN, HEMSOLL 2004 = I. CAMPBELL, L. FAIRBAIRN, D. HEMSOLL, Ancient roman topography and architecture. 2. Drawings by Montano and early seventeenth-century draughtsmen, collana The Paper Museum of Cassiano Dal Pozzo. A catalogue raisonné; drawings and prints in the Royal Library at Windsor Castle, the British Museum, the Institut de France and other collections, London 2004. CIL 1876 = Corpus inscriptionum Latinarum. Consilium et auctoritate Academiae litterarum regiae Borussicae editum. VI. Inscriptiones urbis Romae latinae. Pars prima, Berlino 1876. CIL 1883 = Corpus inscriptionum Latinarum. Consilium et auctoritate Academiae litterarum regiae Borussicae editum. IX. Inscriptiones Calabriae, Apuliae, Samnii, Sabinorum, Piceni, Berlino 1883. COEN 2013 = P. COEN, Da collezione privata a museo pubblico: la raccolta di Fabio Rosa e il suo ingresso in Accademia di San Luca, in «Ricerche di storia dell’arte», 107, 2012 (2013), pp. 5-16. COLA 2008 = M.C. Cola, La committenza Ruspoli a Vignanello. Passeri, Ceruti, Rosa, Nicolosi ed altri al servizio del Principe Francesco Maria nella chiesa colleggiata, in «Bollettino d’arte», 143, 2008, pp. 143-164. ČRNČIĆ 1886 = I. Črnčić, Prilozi k razpravi: Imena Slovjenin i Ilir u našem gostinjcu u Rimu poslije 1453. God, in «Starine, na sviet izdaje. Jugoslavenska akademija znanosti i umjetnosti», 18, 1886, pp. 1-164. DE GRAZIA 1984 = D. DE GRAZIA, Le stampe dei Carracci con i disegni, le incisioni, le copie e i dipinti connessi Catalogo critico, edizione italiana riveduta e aumentata, tradotta e curata da A. Boschetto, Bologna 1984. DI GIAMPAOLO 1997 = M. DI GIAMPAOLO, Girolamo Bedoli: 15001569, Firenze 1997. DI GIAMPAOLO 1998 = M. DI GIAMPAOLO, Disegni di Girolamo Bedoli: 1500-1569, Napoli 1998. DI GIAMPAOLO 2001 = M. DI GIAMPAOLO, Correggio disegnatore, Cinisello Balsamo (MI) 2001. DILETTANTI DEL DISEGNO NELL’ITALIA DEL SEICENTO 2013 = Dilettanti del disegno nell’Italia del Seicento. Padre Resta tra Malvasia e Magnavacca, a cura di S. Prosperi Valenti Rodinò, Roma 2013. Horti Hesperidum, IV, 2014, 2

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I. ROSSI

ERIZZO 1571 = S. ERIZZO, Discorso di S. Erizzo sopra le medaglie de gli antichi: con la dichiaratione delle monete consulari [et] delle medaglie de gli Imperadori Romani, III ed., Venezia 1571. FADDA 2004 = E. FADDA, Michelangelo Anselmi, Torino 2004. FADDA 2012 = E. FADDA, Drawings by Michelangelo Anselmi for S. Giovanni Evangelista in Parma, in «Master Drawings», 50, 2012, pp. 507-522. FARA 2007 = G.M. FARA, Il collezionismo delle opere di Albrecht Dürer in Italia fra Rinascimento e Barocco, in Dürer e l’Italia, catalogo della mostra (Roma 10 marzo-10 giugno 2007), a cura di K. Herrmann Fiore, Milano 2007, pp. 89-95. FARA 2011 = G.M. FARA, «Alberto Duro» o «Alberto Durero»? Cambiare il nome nell’Italia del XVI secolo, in «Rinascimento», 2 s., 50=61, 2010, pp. 361-375. FARA 2014 = G.M. FARA, Albrecht Dürer nelle fonti italiane antiche: 15081686, Firenze 2014. FASANI 2004
= G. FASANI, Appunti di grafica del Cinquecento, in «Misintha. Rivista di bibliofilia e cultura», 24, 2004, pp. 29-39. FEDERICI 2010 = F. FEDERICI, Alla ricerca dell’esattezza: Peiresc, Francesco Gualdi e l’antico, in Rome-Paris, 1640: transferts culturels et renaissance d’un centre artistique, atti del convegno (Roma, Villa Medici, 17-19 aprile 2008), a cura di M. Bayard, Paris 2010, pp. 229-273. FORNASARI 2007 = L. FORNASARI, Mecenatismo privato: collezioni, quadrerie e “gallerie” dipinte, in Arte in terra d’Arezzo. Il Settecento, a cura di L. Fornasari, R. Spinelli, T. Boccherini, Firenze 2007, pp. 191226. FRANZONI, TEMPESTA 1992 = C. FRANZONI, A. TEMPESTA, Il museo di Francesco Gualdi nella Roma del Seicento: tra raccolta privata ed esibizione pubblica, in ‹‹Bollettino d’arte››, 73, 1992, pp. 1-42. FUSCONI, PROSPERI VALENTI RODINÒ 1983 = G. FUSCONI, S. PROSPERI VALENTI RODINÒ, Un’aggiunta a Sebastiano Resta collezionista: il “Piccolo Preliminare al Grande Anfiteatro Pittorico”, in «Prospettiva», 33-36, 1983, pp. 237-256. GIBSON-WOOD 1989 = C. GIBSON-WOOD, Jonathan Richardson, Lord Somers’s collection of drawings, and early art-historical writing in England, in «Journal of the Warburg and Courtauld Institutes», 52, 1989, pp. 167-187. GRILLI 1905 = G. GRILLI, Le pitture a graffito e chiaroscuro di Polidoro e Maturino sulle facciate delle case a Roma, in «Rassegna d’arte», 5, 1905, pp. 97-102. 190


L’ «IMMENSO STUDIO» DI PIETRO STEFANONI

GUAZZONI 1994 =
V. GUAZZONI, Donna, pittrice e gentildonna. La nascita di un mito femminile del Cinquecento, in Sofonisba Anguissola e le sue sorelle, catalogo della mostra (Cremona, Centro Culturale Santa Maria della Pietà, 17 settembre-11 dicembre 1994; Vienna, Gemäldegalerie, gennaio-marzo 1995; Washington, National Museum of Women in the Arts, aprile-giugno 1995), a cura di M. Gregori, Roma 1994, pp. 57-70. HERKLOTZ 1999 = I. HERKLOTZ, Cassiano Dal Pozzo und die Archäologie des 17 Jahrhunderts, München 1999. HERKLOTZ 2012 = I. HERKLOTZ, La Roma degli antiquari. Cultura e erudizione tra Cinquecento e Settecento, Roma 2012. HERMANIN 1907 = F. HERMANIN, Nuovi acquisti del Gabinetto Nazionale delle Stampe in Roma, in «Bollettino d’arte del Ministero della Pubblica Istruzione», 1, 1907, 5, pp. 7-18. JENKINS 1989 = I.D. JENKINS, Newly discovered drawings from the Museo Cartaceo in the British Museum, in Cassiano Dal Pozzo, atti del seminario internazionale di studi (Napoli, 18-19 dicembre 1987), a cura di F. Solinas, Roma 1989, pp. 131-136. LANCIANI 1903 [ED. 1990] = Storia degli scavi di Roma: e notizie intorno le collezioni romane di antichità. II. Gli ultimi anni di Clemente VII e il pontificato di Paolo III, Roma 1990. LEONE DE CASTRIS 2001 = P. LEONE DE CASTRIS, Polidoro da Caravaggio. L’opera completa, Napoli 2001. LHOTE, JOYAL 1989 = J.F. LHOTE, D. JOYAL, Nicolas-Claude Fabri de Peiresc. Lettres à Cassiano dal Pozzo (1626-1637), Clermont-Ferrand 1989. LIGHTBOWN 1986 = R.W. LIGHTBOWN, Mantegna: with a complete catalogue of the paintings, drawings and prints, Berkeley 1986. LODA 2008 = A. LODA, scheda in Correggio, catalogo della mostra (Parma, Galleria Nazionale, 20 settembre-25 gennaio 2009), a cura di L. Fornari Schianchi, Milano 2008, p. 407, n. IV.33a-d. MALVASIA 1678 [1841] = C.C. MALVASIA, Felsina Pittrice. Vite de’ Pittori bolognesi divise in due tomi, Bologna 1678, edizione a cura di G. P. Zanotti, Bologna 1841. MARABOTTINI 1969 = A. MARABOTTINI, Polidoro da Caravaggio, Roma 1969. MARKL REIS GOMES 2011 = A. MARKL REIS GOMES, As cópias dos frescos da fachada Milesi. Os desenhos da colecçao do Mnna, in Facciate dipinte: desenhos do Palácio Milesi, catalogo della mostra (Lisbona, Museu Nacional de Arte Antiga, 25 marzo-12 giugno 2011), a cura di A. Henriques de Castro, Lisboa 2011. Horti Hesperidum, IV, 2014, 2

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I. ROSSI

MASETTI ZANNINI 1980 = G.L. MASETTI ZANNINI Stampatori e librai a Roma nella seconda metà del Cinquecento, Roma 1980. MASSIMI 2003 = M.E. MASSIMI, ad vocem Gualdo, Francesco, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma 2003, vol. LX, pp. 154-156. MICHAUD, POUJOULAT 1838 = M.M. MICHAUD, J.J.F. POUJOULAT, Nouvelle collection des mémoires pour servir à l'histoire de France depuis le XIIIe siècle jusqu’à la fin du XVIIIe, t. IX, Paris 1838. MICHEL 1999 = P. MICHEL, Mazarin, prince des collectionneurs: les collections et l'ameublement du Cardinal Mazarin (1602-1661): histoire et analyse, Paris 1999. MISSERE FONTANA 1994-1995 = F. MISSERE FONTANA, La controversia “Monete o Medaglie”. Nuovi documenti su Enea Vico e Sebastiano Erizzo, in «Atti dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Classe di scienze morali, lettere ed arti», t. CLIII, 1994-1995, pp. 61-103. MISSERE FONTANA 2013 = F. MISSERE FONTANA, Tra ‘aemulatio’ e frode: storie di monete, storie di falsi, in Translatio nummorum. Römische Kaiser in der Ranaissance, atti del simposio internazionale (Berlino, 1618 novembre 2011), a cura di U. Peter e B. Weisser, MainzRuhpolding 2013, pp. 279-299. MONGERI 1875 = G. MONGERI, Arte antica e artisti. Postille di un anonimo seicentista alla prima edizione delle Vite dei più eccellenti artefici italiani scritte da Giorgio Vasari pubblicata in Firenze per Lorenzo Torrentino nel M.D.L., in «Archivio Storico Lombardo», 1, vol. II, fasc. 1-4, 1875, pp. 407-433. MONIZ DE FREITAS 1902 = J.C. MONIZ DE FREITAS, Corpo diplomático portugues contendo os actos e relações políticas e diplomáticas de Portugal com as diversas potências do mundo desde o século XVI até os nosso dias, t. XII, Lisboa 1902. MOREL 1914-1920 = E. MOREL, Épigraphie du Canton d’Estrées-SaintDenis, in «Bulletin de la Société Historique de Compiègne», XVI, 1914-1920, pp. 1-160. MORETTI 2005 = M. MORETTI, Giorgio Picchi da Casteldurante (Casteldurante, 1555 circa-1605), in Nel segno di Barocci. Allievi e seguaci tra Marche, Umbria e Siena, a cura di A.M. Ambrosini e M. Cellini, Milano 2005, pp. 198-219. MORGANTI 2008 = D. MORGANTI, Disegni di Giorgio Picchi nella Collezione Ubaldini della Biblioteca Comunale di Urbania, in La “libraria” di Francesco Maria II Della Rovere a Casteldurante da collezione ducale a biblioteca di città, catalogo della mostra (Urbania, Palazzo Ducale, 20 aprile-31 ottobre 2008) a cura di M. Mei, Urbino 2008, pp. 133-141. 192


L’ «IMMENSO STUDIO» DI PIETRO STEFANONI

NELSON 2004 = J.K. NELSON, Filippino Lippi e i contesti della pittura a Firenze e a Roma (1488-1504), in Filippino Lippi, a cura di P. Zambrano e J.K. Nelson, Milano 2004, pp. 444-447. NELSON 2011 = J.K. NELSON, An inventory of drawings by Filippino Lippi and his circle (with two additions), in New studies on old masters essays in Renaissance art in honour of Colin Eisler, a cura di J. Garton e D. Wolfthal, Toronto 2011, pp. 193-220. NICOLÒ 1989
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D. PIZZAGALLI, La signora della pittura: vita di Sofonisba Anguissola, gentildonna e artista nel Rinascimento, Milano 2003. PIZZONI 2012 = M.R. PIZZONI, Padre Resta a Correggio, padre Resta e Correggio, in La ricerca storica locale a Correggio, atti della 8a giornata di studi storici (Correggio, 27 ottobre 2012), a cura di P. Perret, Correggio 2012, pp. 55-72. PIZZONI 2013 = M.R. PIZZONI, Resta e Magnavacca, conoscitori e collezionisti, in DILETTANTI DEL DISEGNO 2013, pp. 91-132. POPHAM 1957 = A.E. POPHAM, Correggio’s drawings, London 1957. POPHAM 1964 = A.E. POPHAM, The drawings of Girolamo Bedoli, in «Master Drawings», 2, 1964, pp. 243-267. POPHAM 1971 = A.E. POPHAM, Catalogue of the drawings of Parmigianino, 3 voll., New Haven 1971. PROSPERI VALENTI RODINÒ 1992 = S. PROSPERI VALENTI RODINÒ, Collezionisti a Roma: i disegni dei grandi maestri e il disegno come documento. Santacroce, Angeloni, Marino e Bellori, in Il disegno. I grandi collezionisti, a cura di G.C. Sciolla, Milano 1992, pp. 41-49. PROSPERI VALENTI RODINÒ 1993 = S. PROSPERI VALENTI RODINÒ 1993, I disegni di Casa Albani, in Alessandro Albani patrono delle arti. Architettura, pittura e collezionismo nella Roma del ‘700, a cura di E. Debenedetti, Roma 1993, pp. 15-70.

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I. ROSSI

PROSPERI VALENTI RODINÒ 2001 = Clemente XI collezionista di disegni in Papa Albani e le arti a Urbino e a Roma. 1700-1721, catalogo della mostra (Urbino, Palazzo del Collegio, 29 giugno-30 settembre 2001, Roma, Chiesa del Santissimo Salvatore, Complesso monumentale del San Michele, 25 ottobre-13 gennaio 2002), a cura di G. Cucco, Venezia 2001, pp. 40-47. PROSPERI VALENTI RODINÒ 2002 = S. PROSPERI VALENTI RODINÒ, Postille a Padre Resta, in «Paragone. Arte», 52, 2001 (2002), pp. 60-86. RAVELLI 1978 =L. RAVELLI, Polidoro Caldara da Caravaggio. I disegni di Polidoro. II Le copie, Bergamo 1978. RICCI 1884 = M. RICCI, Il cav. Giuseppe Palagi, Firenze 1884. RIZZA 1965 =
C. RIZZA, Peiresc e l’Italia, Torino 1965. ROSSI 2012 = I. ROSSI, Pietro Stefanoni e Ulisse Aldrovandi: relazioni erudite tra Bologna e Napoli, in «Studi di Memofonte» (http://www.memofonte.it), 8, 2012, pp. 3-30. SCHOTT 1610 = F. SCHOTT, Itinerario, overo Nova descrittione de’ viaggi principali d'Italia, nella quale si hà piena notitia di tutte le cose più notabili, & degne d'essere vedute, di Andrea Scoto. Novamente tradotto dal latino in lingua italiana, & accresciuto di molte cose, che nel latino non si contengono. Parte seconda. In Venetia: appresso Francesco Bolzetta libraro in Padova, II, Venezia 1610. SIRI 1670 = V. SIRI, Il Mercurio overo historia de Correnti tempi (16351655), t. XI, Parigi 1670. SOLINAS 2000A = F. SOLINAS, Il Museo Cartaceo: la storia antica, in I segreti di un collezionista. Le straordinarie raccolte di Cassiano Dal Pozzo, 1588-1657, catalogo della mostra (Roma, Galleria Nazionale di Arte Antica, Palazzo Barberini, 29 settembre-26 novembre 2000), a cura di F. Solinas, Roma 2000, pp. 121-123. SOLINAS 2000B = F. SOLINAS, L’Uccelliera: un libro di arte e di scienza nella Roma dei primi Lincei, Firenze 2000. SOLINAS, CARPITA 2001 = F. SOLINAS, V. CARPITA, L’Agenda del Museo. Trascrizione degli appunti di Cassiano Dal Pozzo e dei suoi segretari riguardanti il Museo Cartaceo e lo studio dell’Antico contenuti nel manoscritto Dal Pozzo 955 (Napoli, Biblioteca Nazionale Ms. V.E. 10), in I segreti di un collezionista. Le straordinarie raccolte di Cassiano Dal Pozzo, 1588-1657, catalogo della mostra (Biella, Museo del Territorio Biellese, 16 dicembre 2001-16 marzo 2002), a cura di F. Solinas, Roma 2001, pp. 85-95. STEFANONI 1627 = P. STEFANONI, Gemmae antiquitus sculptae a Petro Stephanonio collectae et declarationibus illustratae, Roma 1627. 194


L’ «IMMENSO STUDIO» DI PIETRO STEFANONI

TIB 1987
= The Illustrated Bartsch, Italian masters of the sixteenth century. Commentary, Part I, a cura di V. Birke, vol. 40, New York 1987. TIRABOSCHI 1786 = TIRABOSCHI, Biblioteca modenese ovvero notizie della vita e delle opere degli scrittori nati negli stati del duca di Modena, vol. VI, Modena 1786. TONINELLI 2000A =
G. TONINELLI, «...con sua cornice nera alla romana grande con sopra Santo Francesco». Annotazioni sul Caravaggio della Pinacoteca di Cremona, in «Arte Lombarda», n.s., 130, 2000 (2001), pp. 79-87. TONINELLI 2000B =
G. TONINELLI, Alcune note sulle circostanze di un restauro: il San Martino di Vincenzo Campi, in Vincenzo Campi scene del quotidiano, catalogo della mostra (Cremona, Museo Civico Ala Ponzone, 2 dicembre 2000-18 marzo 2001), a cura di F. Paliga, Milano 2000, pp. 127-139. TOSI 1999 = A. TOSI, Il ritratto della scienza, in La ragione e il metodo: immagini della scienza nell’arte italiana dal XVI al XIX secolo, catalogo della mostra (Crema, Centro Culturale Sant’Agostino, 27 marzo-27 giugno 1999), a cura di M. Bona Castellotti, E. Gamba, F. Mazzotta, Milano 1999, pp. 17-32. VACCARO 2013 = M. VACCARO, New attributions for Drawings by Girolamo Mazzola Bedoli for Parma Cathedral, in «Master Drawings», 51, 2013, pp. 165-180. VAIANI 2009 = E. VAIANI, Nicolas Fabri de Peiresc, Claude Menestrier e Cassiano dal Pozzo: qualche esempio della fortuna delle piccole antichità tra Roma e Parigi, in Peiresc et l’Italie, atti del convegno internazionale (Napoli, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Palazzo Serra di Cassano, 23-24 giugno 2006), a cura di M. Fumaroli, Paris 2009, pp. 157-186. VAIANI 2014 = E. VAIANI, «Clues to the ancient world»: le piccole antichità nel Museo Cartaceo, con una verifica sulla collezione di Flavio Chigi, in «Studi di Memofonte» (http://www.memofonte.it), 12, 2014, pp. 235-254. VAIANI in corso di stampa = E. VAIANI, The Paper Museum of Cassiano dal Pozzo. A. V. The Antichità diverse album, London in corso di stampa. VASARI 1550 [1966-1987] = G. VASARI, Vite de’ più eccellenti pittori scultori e architettori, Firenze 1550 e 1568, edizione a cura di R. Bettarini e P. Barocchi, 6 voll., Firenze 1966-1987. VOLPI 1992 = C. VOLPI, Lorenzo Pignoria e i suoi corrispondenti, in «Nouvelles de la République des Lettres», 12, 1992, pp. 71-128.

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ZOPPI GARAMPI 1997
= S. ZOPPI GARAMPI, Sofonisba e Sebastiano, pittura e rime d’amore, in «Annali dell’Istituto Universitario Orientale di Napoli-Sezione Romanza », 39, 1997, pp. 549-551. WARWICK 2000 = G. WARWICK, The arts of collecting. Padre Sebastiano Resta and the Market for Drawings in early Modern Europe, Cambridge 2000. WITCOMBE 2004 = C.L.C.E. WITCOMBE, Copyright in the Renaissance: prints and the privilegio in sixteenth-century Venice and Rome, Leiden 2004.

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Didascalie Fig. 1. Anonimo, Tempio dei Corvini (Mausoleo di Poplicio Bibulo), penna, inchiostro bruno e grigio-bruno, acquerello bruno su grafite, mm 232x165. Londra, Soane’s Museum, Codex Coner 115, n. 26. Fig. 2. Guido Reni (?), Urna funeraria. Leida, Universiteitsbibliotheek, Codice Burmann F.3A, f. 38r. Fig. 3. Anonimo, Papa Gregorio XIV Sfondrati, acquaforte e bulino, mm 280x192 (smarginata). Roma, Istituto Centrale per la Grafica, F.N. 5448. Fig. 4. Anonimo, Figure di eretici (da Filippino Lippi), punta d’argento su carta marrone chiaro, mm 223x277. Oxford, Christ Church, inv. 0022 recto. Fig. 5. Anonimo, San Tommaso in trono tra le quattro Arti liberali (da Flippino Lippi), punta d’argento su carta marrone chiaro, mm 223x277. Oxford, Christ Church, inv. 0022 verso. Fig. 6. Giorgio Picchi (attr.), Annunciazione, penna e bistro su carta giallastra, mm 400x265. Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, inv. 11196 F. Fig. 7. Correggio, Studio del panneggio della figura di Cristo (per l’Incoronazione della Vergine in San Giovanni Evangelista a Parma), matita rossa, mm 233x162. Parigi, Louvre, Département des Arts graphiques, inv. 5943 recto. Fig. 8. Sebastiano Resta, Schizzo in calce alla lettera indirizzata a Giuseppe Magnavacca del 17 agosto 1709. Correggio, Biblioteca Comunale, AMP 116, n. 56. Fig. 9. Michelangelo Anselmi (attr.), Annunciazione, matita e sfumino neri, gesso bianco su carta azzurra, mm 325x249. Milano, Biblioteca Ambrosiana, F 261 inf.

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