10 zolle betegon

Page 1

Horti Hesperidum Studi di storia del collezionismo e della storiografia artistica Rivista telematica semestrale

DISEGNARE A ROMA TRA L’ETÀ DEL MANIERISMO E IL NEOCLASSICISMO a cura di FRANCESCO GRISOLIA

Roma 2014, fascicolo I

UniversItalia


Il presente tomo riproduce il fascicolo I dell’anno 2014 della rivista telematica Horti Hesperidum. Studi di storia del collezionismo e della storiografia artistica. Cura redazionale: Michela Gentile, Marisa Iacopino, Marta Minotti, Giulia Morelli, Jessica Pamela Moi, Gaia Raccosta, Deborah Stefanelli, Laura Vinciguerra.

Direttore responsabile: CARMELO OCCHIPINTI Comitato scientifico: Barbara Agosti, Maria Beltramini, Claudio Castelletti, Valeria E. Genovese, Francesco Grisolia, Ingo Herklotz, Patrick Michel, Marco Mozzo, Simonetta Prosperi Valenti Rodinò, Ilaria Sforza Autorizzazione del tribunale di Roma n. 315/2010 del 14 luglio 2010 Sito internet: www.horti-hesperidum.com

La rivista è pubblicata sotto il patrocinio e con il contributo di

Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” Dipartimento di Scienze storiche, filosofico-sociali, dei beni culturali e del territorio Serie monografica: ISSN 2239-4133 Rivista Telematica: ISSN 2239-4141 Prima della pubblicazione gli articoli presentati a Horti Hesperidum sono sottoposti in forma anonima alla valutazione dei membri del comitato scientifico e di referee selezionati in base alla competenza sui temi trattati. Gli autori restano a disposizione degli aventi diritto per le fonti iconografiche non individuate.

PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA © Copyright 2014 - UniversItalia – Roma ISBN 978-88-6507-740-5 A norma della legge sul diritto d’autore e del codice civile è vietata la riproduzione di questo libro o parte di esso con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilm, registrazioni o altro.

2


INDICE

FRANCESCO GRISOLIA, Presentazione

5

MARCELLA MARONGIU, «… perché egli imparassi a disegnare gli fece molte carte stupendissime…». I disegni di Michelangelo per Tommaso de’ Cavalieri

11

ALESSIA ULISSE, Una proposta per Siciolante

57

MARCO SIMONE BOLZONI, Qualche aggiunta a Nicolò Trometta disegnatore

76

STEFAN ALBL, Tre nuovi disegni di Giovanni Andrea Podestà e proposte su Podestà pittore

99

KIRA D’ALBURQUERQUE, Aggiunta alla serie dei Piatti di San Giovanni: il ruolo di Ciro Ferri e Pietro Lucatelli

121

LUCA PEZZUTO, Novità su alcuni “petits maîtres” del Seicento tra L’Aquila, Roma e Ascoli Piceno: Francesco Bedeschini, Cesare Fantetti, Ludovico Trasi

147

Horti Hesperidum, IV, 2014, 1

3


URSULA VERENA FISCHER PACE, SIMONETTA PROSPERI VALENTI RODINÒ, Per Giacinto Brandi disegnatore

207

GONZALO ZOLLE, La centralità del disegno nella ricostruzione dell’opera pittorica di Andrea Procaccini: tre casistiche e nuovi dipinti

223

PILAR DIEZ DEL CORRAL, «To breathe the ancient air». Il disegno ornamentale e architettonico spagnolo e l’Accademia di Francia a Roma nel Settecento

269

STEFANIA VENTRA, Disegni di Tommaso Minardi in Accademia di San Luca. Il legato testamentario e altre acquisizioni

303

GIULIO ZAVATTA, Per Francesco Coghetti: nuovi documenti e un inedito disegno per il sipario del teatro di Rimini

351

FRANCESCO GRISOLIA, Un disegnatore dalmata a Roma: su Francesco Salghetti-Drioli e un foglio firmato

367

ABSTRACTS

391

4


LA CENTRALITÀ DEL DISEGNO NELLA RICOSTRUZIONE DELL’OPERA PITTORICA DI ANDREA PROCACCINI: TRE CASISTICHE E NUOVI DIPINTI

GONZALO ZOLLE BETEGÓN

Lo studio dell’opera pittorica di Andrea Procaccini (1671-1734) è inscindibilmente legato alla comprensione della sua opera grafica. Un’affermazione forse banale, visto che potrebbe essere applicata a quasi tutti gli artisti attivi tra Seicento e Settecento in Italia, e ancor di più agli artisti della cerchia marattesca, tra i quali spicca l’allievo diletto del genio marchigiano1. Tuttavia nel Per un primo avvicinamento all’opera di Andrea Procaccini sono di grande utilità le brevi schede dedicate al pittore in studi di carattere generale, con pertinenti riferimenti bibliografici: LA PITTURA IN ITALIA 1990, pp. 842, con bibliografia; SESTIERI 1994, vol. I, pp. 153-154, vol. III, tavv. 943-952, con bibliografia. Per quanto riguarda le fonti coeve, ancora strumento essenziale per la conoscenza dell’artista, Nicolò Pio scrisse la breve Vita del Procaccini nel 1724, pochi anni dopo la partenza del pittore, quando questi era ancora in vita e svolgeva la propria carriera in Spagna; Lione Pascoli compose la biografia del nostro nel 1736, cioè due anni dopo la scomparsa. Per entrambe si vedano le moderne edizioni critiche: PIO 1977, pp. 16-17; PASCOLI 1992, pp. 836-845. In quest’ultima edizione, la Vita del Procaccini è curata da Laura Possanzini. L’approfondimento della studiosa attraverso la biografia del Pascoli rappresenta lo strumento più utile per avvicinarsi all’attività romana del pittore. 1


G. ZOLLE

caso che ci riguarda questo tipo di approccio allo studio dell’operato dell’artista viene facilitato dall’esistenza in un’unica raccolta di un numerosissimo fondo di disegni di indubbia attribuzione. Si tratta della collezione di disegni maratteschi conservata nel Gabinete de Dibujos de la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, che arrivò a questa istituzione, anche se in modo indiretto, grazie al pittore romano. Procaccini infatti, come è risaputo, fu chiamato alla corte di Madrid nel 1720, e fino alla morte nel 1734 fu pittore e architetto al servizio dei sovrani Filippo V e Isabella Farnese2. In Spagna il pittore sposò una giovane donna irlandese, Rosalia O’Moore, che una cinquantina di anni dopo la morte del marito vendette all’appena fondata accademia madrilena la mole di disegni che un tempo era appartenuta all’artista. Procaccini aveva formato la propria raccolta a Roma, aveva ricevuto alla morte del Maratti una parte dei disegni del maestro3 ed era riuscito a procurarsi attraverso il mercato una enorme quantità di fogli che ben rappresentavano il panorama della grafica romana del suo tempo. Tuttavia, com’è ovvio, una parte importantissima di questa collezione è formata dai disegni autografi, che l’artista aveva realizzato come sostegno del proprio lavoro. Si tratta, pertanto, di un fondo omogeneo, che, senza troppe intermediazioni e conseguenti dispersioni, è arrivato quasi integro alla Real Academia e che si configura come uno strumento centrale per la ricostruzione del catalogo dell’artista4. L’attività di Procaccini in Spagna è stata studiata da URREA 1977, pp. 175186 e LAVALLE-COBO 1991, pp. 381-394. 3 Per le questioni legate all’eredità del Maratti e della sua consorte, Francesca Gommi, si veda BERSHAD 1985, p. 65. 4 Per la vendita della collezione di disegni del Procaccini alla Real Academia de Bellas Artes de San Fernando si vedano BEDAT 1968, p. 413; MENA MARQUÉS 1975, vol. I, pp. 29-31. La tesi dottorale della studiosa spagnola è il primo e tuttora l’unico grande catalogo dei disegni di Carlo Maratti e della sua bottega conservati nell’accademia di Madrid. Purtroppo questo monumentale studio non è stato pubblicato se non in forma di facsimile e non presenta nessun tipo d’illustrazione. Comunque il pioneristico studio della Mena Marqués (1975, vol. I, pp. 468-519 e vol. II, pp. 968-1104) è, per 2

224


LA CENTRALITÀ DEL DISEGNO PER ANDREA PROCACCINI

Nelle pagine successive vengono proposte tre diverse casistiche che confermano le tesi appena avanzate. Così, nella prima parte del nostro scritto, due studi preliminari su carta di provenienza madrilena permettono di assegnare al Procaccini due grandi dipinti di dubbia paternità, che fino ad oggi erano stati attribuiti sia al romano che ad altri pittori. In un secondo caso, invece, il documento grafico permette di gettare luce sulla lunga gestazione di una serie di dipinti perduti raffiguranti san Francesco Caracciolo e di chiarire e vagliare il significato del documento archivistico. Una tela inedita appartenente a questa serie è stata rintracciata e viene presentata in questa sede insieme ai bozzetti preparatori su carta conservati alla Real Academia de Bellas Artes de San Fernando. Per ultimo, con l’aiuto di una descrizione scritta quasi coeva, mediante qualche abbozzo grafico conservato a Madrid e attraverso una stampa nell’Istituto Centrale per la Grafica di Roma, si propone la ricostruzione visiva di un importante dipinto oggi non più rintracciabile. Un’attribuzione confermata per i due dipinti dell’Istituto Calasanctianum: nuovi disegni e un documento Le due tele gigantesche che riguardano le prime pagine del nostro studio, raffiguranti l’Incontro di Abramo e Melchisedec (fig. 1) e Salomone che adora gli idoli (fig. 2), sono apparse per la prima volta di fronte alla critica e al pubblico nel 1993 in occasione della mostra Quadri del Silenzio, allestita a Palazzo Venezia. Fu in quella circostanza che entrambi i quadri vennero annoverati al pennello di Giuseppe Bartolomeo Chiari e più particolarmente circoscritti alla produzione dell’artista intorno al 1695 per motivi puramente stilistici. Angela Negro, alla quale si dovette questa prima attribuzione in accordo con Stella Rudolph, segnalava già in quel momento la contraddizione esistente tra quanto riguarda l’opera del Procaccini, testo fondamentale di riferimento per la comprensione dell’opera grafica dell’artista romano e si prefigura come uno dei primissimi tentativi di una catalogazione dell’opera pittorica.

Horti Hesperidum, IV, 2014, 1

225


G. ZOLLE

l’ingombro delle due pitture e la completa assenza di notizie ad esse riferite sia nei documenti d’archivio, che nella letteratura artistica della Roma settecentesca. Un silenzio ancora più sorprendente se si tiene conto del buon livello di entrambi i dipinti, che insieme alla dimensione e alla fitta quantità di personaggi raffigurati, farebbero pensare ad una delle fatiche più impegnative dello stesso Chiari o di un altro presunto autore. La Negro riferiva ancora, attraverso la comunicazione orale di Dieter Graf, l’inesistenza, nelle più importati raccolte di grafica marattesca, di disegni riferibili alle composizioni, una carenza incompatibile con il complesso processo preparatorio delle due opere5. Per sopperirne Silvana Macchioni6 pubblica nel 1998 un disegno che, approssimato al Chiari, viene impropriamente associato alla scena di Salomone inginocchiato, senza che ci sia non soltanto un chiaro legame tra lo schizzo e la scena, ma neanche tra il foglio e l’artista, tra i più rappresentativi del seguito marattesco. Il nome del Procaccini appare accostato per la prima volta ai quadri da Casale, ma soltanto con l’intenzione di rifiutare la precedente attribuzione al Chiari, poiché «Se si volesse a tutti costi cercare una candidatura nella schiera dei maratteschi, a tutta prima avrebbe più chances Procaccini, per alcune somiglianze di tipi facciali e una certa analogia nel modo di comporre ad assi discordanti che usa talvolta, ma poi un confronto riposato farebbe scomparire le tangenze sotto la mole delle dissomiglianze»7. Lo studioso sceglie di consegnare le due scene bibliche alla mano di Pier Leone Ghezzi, che secondo il Casale, in queste due composizioni ascrivibili alla sua gioventù avrebbe dato prova della sua condotta pittorica assolutamente originale nella Roma dei primi anni del Settecento, «anche per l’estraneità al verbo marattesco di un A. Negro in QUADRI DAL SILENZIO 1993, pp. 38-40. MACCHIONI 1998, pp. 392-396 e 410, tav. 1. 7 CASALE 2000, pp. 118, 123, n. 53. Lo studioso rifiuta pure il collegamento del dipinto di Salomone con il disegno pubblicato dalla Macchioni. 5 6

226


LA CENTRALITÀ DEL DISEGNO PER ANDREA PROCACCINI

artista che volle seguire le orme del padre, anziché quelle del padrino»8. Una peculiarità declinata attraverso il gusto per le composizioni movimentate e le «accentuazioni espressive»9, espedienti formali che, sempre secondo Casale, nella loro drammatica intensità di matrice orgogliosamente tardo barocca, staccherebbero dalle due grandi tele qualsiasi parentela con il marattismo. D’accordo nell’assegnare le due tele al Ghezzi «con ogni evidenza»10, si dichiarerà lo stesso Alessandro Brogi nel suo eccellente studio dedicato ai dipinti del Castello di Bückeburg. Ma sempre nell’anno che vide l’attribuzione al Ghezzi da parte di Casale, Angela Negro, in accordo con Stella Rudolph, sposta la paternità dei due dipinti su Andrea Procaccini, inserendoli cronologicamente «nell’avanzato secondo decennio del Settecento»11, motivando questo cambiamento d’attribuzione su ragioni d’ordine stilistico che permettono alla studiosa il confronto con Il Battesimo del Centurione Cornelio (fig. 3) realizzato per la Cappella del Battistero in Vaticano e oggi conservato nella chiesa di San Francesco a Urbino12. Quest’ultimo riconoscimento di responsabilità al pittore romano viene accreditato in questo studio dal ritrovamento di due disegni inediti conservati alla Real Academia de Bellas Artes CASALE 2000, p. 118. CASALE 2000, p. 118. 10 BROGI 2004, p. 131, n. 59. 11 A. Negro in PAPA ALBANI 2001, p. 279. 12 Per questo dipinto si vedano: PIO 1977, p. 16; PASCOLI 1992, p. 837; CHATTARD 1762, vol. I, p. 123; SERRA 1932, p. 177; DOWLEY 1965, pp. 5781; SCHAAR 1966, pp. 414-415; DI FEDERICO 1968, pp. 194-198; MENA MARQUÉS 1975, vol. I, pp. 473-474, vol. II, pp. 970-972; L. Possanzini in PASCOLI 1992, pp. 841-842, n. 5; L. Arcangeli in PAPA ALBANI 2001, pp. 96-98. Il bozzetto del dipinto, conservato a Palazzo Chigi ad Ariccia, ha conosciuto in questi ultimi anni un maggior interesse rispetto alla tela finale, che ha avuto come risultato un susseguirsi di pubblicazioni. Le ultime in ordine cronologico permettono di avere un quadro generale sullo stato della questione: F. Petrucci in IL MUSEO DEL BAROCCO ROMANO 2008, p. 15; PETRUCCI 2011, pp. 118, 119. 8 9

Horti Hesperidum, IV, 2014, 1

227


G. ZOLLE

de San Fernando, che si presentano come dettagliati documenti del processo creativo del dipinto raffigurante l’Incontro dei due patriarchi e che per caratteristiche formali e soprattutto per l’istituzione di provenienza confermano in modo definitivo l’implicazione del Procaccini nella realizzazione dei due quadroni conservati oggi presso l’Istituto Calasanctianum a Roma. Il primo dei disegni presentati reca il numero d’inventario 127113 (fig. 4), e presenta un magnifico studio molto rifinito del profilo di Melchisedec: l’unico occhio visibile spalancato, geometrico profilo greco e bocca semiaperta; la testa è stata disegnata sicuramente avendo come modello una scultura, magari uno dei tanti gessi presenti nello studio del pittore14. A questa testa se ne contrappone un’altra, forse collegabile a quella del personaggio che si trova alle spalle di Abramo, anche se in questo caso la concordanza tra disegno e tela non è completa. La testa ricciuta e il torso del giovane che in fondo a sinistra del dipinto rompe le catene vengono descritti nella parte bassa del disegno di Madrid, così come due studi per il mantello che veste Melchisedec, chiuso intorno al collo con una borchia. Il disegno inventariato con il numero 128715 (fig. 5), eseguito con pietra rossa e nera, presenta uno studio molto curato delle mani in preghiera e della testa del ragazzino che appare ginocchioni in basso a destra nella tela; al centro del foglio trovano spazio le due donne che a sinistra della composizione ricevono dal soldato un pezzo di pane. C’è ancora spazio nel disegno per uno studio di una delle gambe di Melchisedec e dei panneggi che la vestono, ma anche per diverse prove della donna che all’estremo della composizione stringe il braccio al soldato portatore d’acqua in primo piano. CIRUELOS GONZALO, GARCIA SEPÚLVEDA 1989, p. 439. DESMAS 2001, pp. 120, 121. La studiosa ha pubblicato l’inventario dei pochi beni lasciati dall’artista a Roma nel 1720 e compilato dopo la sua morte nel 1734. Tra questi spiccano per quantità un buon numero di calchi in gesso, adoperati come modelli pittorici. 15 CIRUELOS GONZALO, GARCIA SEPÚLVEDA 1989, p. 441. 13 14

228


LA CENTRALITÀ DEL DISEGNO PER ANDREA PROCACCINI

Si deve segnalare che i due disegni descritti sono da collegarsi soltanto ad una delle due tele e che non sono stati trovati nella Real Academia altri disegni che si possano mettere in relazione con il quadro raffigurante Salomone. Sebbene non ci sia niente di anormale in questo dato, dal momento che ci sono molteplici motivi che potrebbero spiegare l’assenza dei suddetti disegni, è altrettanto vero che queste non sono le uniche differenze tra i dipinti. Concepiti, sia nelle misure che nella comune iconografia veterotestamentaria, come pendant, sono stati l’arredo principale di un nobile ambiente che, come suggerisce la Negro, sarebbe appartenuto ad un importante personaggio della Curia romana16, prima di finire tra le mura dell’Istituto Calasanctianum. Il fatto che lo sconosciuto committente fosse sicuramente uno solo, ha portato naturalmente ad attribuire i quadroni ad una sola mano. Anche senza la conferma dei disegni, è ugualmente mia opinione che le due tele provengano dall’unico atelier del Procaccini. Il grande impegno comportato dalla dimensione dei quadri portò sicuramente ad una dilatazione dei tempi che spiegherebbe le sottili dissomiglianze che intercorrono tra loro. L’Incontro fra Abramo e Melchisedec è un dipinto strettamente collegato nel suo sviluppo compositivo e narrativo al Battesimo del Centurione Cornelio che Procaccini aveva dipinto nel 1710, sotto la stretta sorveglianza del Maratti per la Cappella del Battesimo a San Pietro. È da questo dipinto che deriva il teatrale intreccio tra l’esercito di personaggi; è dalla continua contrapposizione d’incontri che tutti e due i quadri ottengono la parvenza della profondità, grazie al continuo susseguirsi di contrasti tra figure monumentali in primo piano e attori secondari nei piani successivi. Nel Battesimo del Centurione, oggi conservato ad Urbino, l’incontro tra Pietro e Cornelio viene armonicamente risposto a sinistra nella linea parallela formata A. Negro in QUADRI DAL SILENZIO 1993, p. 38. Questa tesi trova anche l’accordo della Macchioni, che in più segnala lo scopo moralizzatore delle due contrapposte iconografie veterotestamentarie. (MACCHIONI 1998, pp. 393, 394). 16

Horti Hesperidum, IV, 2014, 1

229


G. ZOLLE

dal ragazzo portatore d’acqua e dall’uomo che prega. A destra questo ritmo viene contrastato nella diagonale creata dall’animato colloquio dei soldati; nella tela del Calasanctianum questo ritmo a forma di V, che ha come perno l’incontro tra i due patriarchi, e la sua sistematica ripetizione, serve a formare l’intero spartito orizzontale della tela. Se questo espediente concede al quadro urbinate un timbro drammaturgico composto ed elegante ma allo stesso modo eroico, specifico della miglior produzione marattesca, nell’Incontro fra Abramo e Melchisedec l’effetto scenico è frastornante, anche a causa dello sproporzionato affollamento del palco: ad ogni angolo sbucano teste, spesso solo abbozzate, incastrate nei ritagli di spazio lasciati liberi dalle forme in primo piano. Si ha la sensazione che ogni interprete abbia da sgomitare per avere la sua parte nella recita; sistemati in gruppi di due o tre, i personaggi s’aggrovigliano in piccoli fazzoletti di spazio e la concitazione dei loro gesti contribuisce a creare una certa percezione di soffocamento. Altre ‘accentuazioni drammatiche’ vengono adoperate dal pittore con il preciso intento di creare un quadro a tinte forti. Si notino le esasperazioni delle pieghe dei panneggi, ben visibili nella figura di Melchisedec, dove le rotture angolose del mantello si raccordano a identiche soluzioni espressive usate dal Ghezzi. La continua proposta di imponenti corpi, resi nelle più svariate torsioni e scorci, accompagnata dalla pedante descrizione dei particolari muscolari, ha talvolta un sapore quasi caricaturale. Serva come esempio l’omaccione in primo piano a sinistra dello spettatore, che caricandosi del vaso contenente l’acqua viene colto di spalle in una posizione instabile che contrasta con la sua possenza. Ma se questo carattere marcatamente espressivo è la nota generale, non sembra opportuno qualificare la tela con gli aggettivi dell’antimarattismo e dell’anticlassicismo, come propone Casale17, dal momento che nessuna delle figure si sposta al di fuori dalle consuete matrici usate dal Maratti e 17

CASALE 2000, p. 118.

230


LA CENTRALITÀ DEL DISEGNO PER ANDREA PROCACCINI

soprattutto dal Procaccini in quegli anni. Così tutto il gruppo visibile sullo sfondo a sinistra di chi guarda si presenta come un insieme di variazioni su temi e figure già viste nella tela del Battesimo del Centurione sopra citata. Le teste delle due donne che ricevono il pane del soldato, ispirate all’analogo gruppo femminile che assiste al Trionfo di Venere visibile sul soffitto marattesco a Villa Falconieri, rimpiazzano le due teste virili che nel quadro dipinto per il Vaticano assistono all’iniziazione del Centurione Cornelio. Lo stesso soldato che assiste le due donne ricalca, del resto, anche se invertito in modo speculare, quello che sovrasta il vessillifero nella tela che Procaccini aveva realizzato sotto la sorveglianza del suo maestro per la Cappella del Battistero. Accanto, il giovane che agita le sue catene ripropone, con poche varianti, il ragazzo che versa l’acqua benedetta sulla coppa di Pietro nel dipinto urbinate. Ancora l’uomo incatenato che rivolge la sua preghiera al cielo si propone senza mutamenti in entrambe le composizioni. Al centro della tela dell’istituto romano s’impone la nobile figura di Melchisedec: intorno all’imperturbabile regalità del monarca veterotestamentario scoppia la complicata orditura della scena, contribuendo ancor di più quest’irreale contrasto a incrementare la teatrale drammaticità del quadro. Il perfetto profilo di Melchisedec, così come l’atteggiamento generale della figura, incontra la sua lontana radice nell’archetipo offerto dal Maratti nel David che incontra Eliazer della Galleria Corsini a Roma. Comunque il maggior brio pittorico del Procaccini avvicina la tela del Calasactianum alla emotività dei primi anni del Settecento e alle ultime esperienze artistiche del grande maestro marchigiano. Una sensibilità diversa suggerisce l’attenta analisi del Salomone che adora gli idoli, che fa coppia con il quadro appena esaminato. Benché persista ancora l’uso compositivo dei contrasti fra piani e figure, è stato operato un certo contenimento nella spiegazione della trama. Ad esempio si evita il sovraffollamento e gli attori respirano e si muovono con maggior facilità nello spazio intorno a loro. Quest’ultimo viene costruito attraverso il gioco prospettico dei marmi in primo piano, delle architetture e Horti Hesperidum, IV, 2014, 1

231


G. ZOLLE

del paesaggio in lontananza. La scena impostata sulla figura di Salomone, di minor monumentalità rispetto ai titani Abramo e Melchisedec, è stata sottoposta ad un processo di razionalizzazione che facilita una più immediata lettura del racconto sacro. L’impegno verso un maggior equilibrio è pure riscontrabile, da un punto di vista prettamente pittorico, in una superiore considerazione delle forme, qui più accuratamente descritte. Lo si nota nei personaggi principali della scena, sia nel monarca idolatra, sia nella donna che a sinistra regge l’arpa e chiede complice il silenzio della sua compagna. È nelle sembianze di queste due figure, caratterizzate dall’ideale classico ma leggiadre nella loro smaltata consistenza sdolcinata, che le connessioni con analoghe pitture di Giuseppe Bartolomeo Chiari del secondo decennio del Settecento si palesano. Un legame ancora più visibile nel trattamento delle vesti, ora fluenti e non più spigolose ed espressive, oltre che nella scelta dei prototipi figurativi. Questi sono stati individuati dalla Negro nei personaggi femminili degli affreschi di Palazzo Barberini e nella problematica Santa Rosa della chiesa di Santa Maria delle Grazie a Zagarolo. Datata dalla studiosa al 1718-1720 e assegnata al catalogo del Chiari18, essa appare molto vicina dal punto di vista compositivo al San Pio V del Procaccini nella Chiesa della Minerva19, il quale, se si concorda con la studiosa, precederebbe l’opera di ben cinque anni. A questo elenco di simmetrie si devono sommare gli evidenti legami tra certe tipologie femminili del Chiari e la sacerdotessa musicante della tela del Calasanctianum. L’insieme di questi scambi dimostra una sintonia tra i due pittori nel raccogliere e sviluppare l’eredità consegnata dal Maratti. Tuttavia le strettissime corrispondenze tra le figure del dipinto sotto studio e analoghe soluzioni adottate dal Procaccini in altre A. Negro in L’ARTE PER I PAPI 1990, vol. II, pp. 220, 221. Il dipinto è ricordato sia dal PIO 1977, p. 16, sia dal PASCOLI 1992, p. 837, e nelle principali guide della città compilate tra Sette e Ottocento. Studi critici moderni in MENA MARQUÉS 1975, vol. I, pp. 478, 479, vol. II, pp. 980, 982; TUŘCIĆ 1985, p.795, fig. 91; SPANTIGATI 2006, pp. 314, 315. 18 19

232


LA CENTRALITÀ DEL DISEGNO PER ANDREA PROCACCINI

opere da lui stesso firmate intorno al 1714-1715 ratificano, a mio parere, non solo la responsabilità sull’opera del nostro pittore ma anche una lieve posticipazione cronologica rispetto al suo pendant. Ad esempio la donna anziana che dirige il suo sguardo verso l’idolo ricalca quella che appare sul fondo dell’arazzo della Purificazione della Vergine (fig. 6), tessuto nella Pontificia Fabbrica di San Michele sul modello offerto da una tela del Procaccini oggi persa, per la quale l’artista ricevette l’ultimo pagamento nel 1716. Il torso della donna inginocchiata nell’arazzo vaticano si ritrova in quello della sacerdotessa che impetuosamente rivolge entrambe le braccia verso la falsa divinità. E ancora il paggio che regge il manto regale del re nel dipinto sotto studio trova un suo gemello nel bambino che sbircia timidamente la cerimonia della Purificazione visibile in basso a destra nello stesso manufatto. Queste corrispondenze raccontano il sottile distacco rispetto al modello marattesco offerto dal Battesimo del Centurione Cornelio, che come si è visto è invece alla base dell’Incontro tra Abramo e Melchisedec. Si percepisce l’orientamento verso una declinazione lievemente aggiornata di quel modello, simile alle proposte di altri pittori usciti dall’orbita del Maratti. Pertanto il quadrone che ha come protagonisti i due patriarchi potrebbe essere stato concepito e compiuto quando il Maratti era ancora in vita, ma anche subito dopo la sua morte nel 1713. L’autorità paternale del maestro aleggiava ancora sulla fragile personalità artistica di Procaccini, che sicuramente visse la perdita dell’anziano pittore come un forte turbamento non solo per il legame quasi familiare che lo univa al marchigiano, ma anche per le conseguenze che potevano ricadere sulla sua vita artistica. La sua firma sotto il dipinto del Battesimo del Centurione Cornelio posto nella Basilica di San Pietro aveva dato al nostro una recentissima notorietà nel panorama artistico della città e quindi l’opportunità di procacciarsi nuove e prestigiose committenze come dimostrano queste due tele. La tela vaticana presupponeva allora un punto di riferimento non soltanto per il pittore, ma anche per le committenze che avrebbero associato ineluttabilmente il nome di Procaccini alla sua opera più celebre, Horti Hesperidum, IV, 2014, 1

233


G. ZOLLE

dunque alla continuità che questa rappresentava rispetto all’arte del Maratti. Quindi un riferimento citazionistico del Battesimo del Centurione doveva apparire inevitabile per il nostro in quel periodo. In ogni caso non sfuggiva a Procaccini l’aria di cambiamento che in quegli anni si cominciava a respirare nel panorama artistico romano e che si sarebbe rafforzata dopo la sparizione del Maratti. È lecito immaginare che qualche tempo dopo la morte del maestro il nostro pittore si trovasse alla ricerca di una conciliazione tra il proprio compito naturale di raccoglitore del lascito marattesco e il desiderio di una affermazione artistica maggiormente autonoma. Questo doppio proposito presiederebbe l’elaborazione del Salomone che adora gli idoli, concepito forse qualche tempo dopo il suo pendant. Infine, per concludere questa prima parte del nostro studio, presentiamo un documento archivistico che permette di sancire definitivamente la responsabilità del Procaccini nella realizzazione dei due dipinti: si tratta dell’inventario dei beni di Giacinto Sacripanti, compilato dopo la morte di questo personaggio, nipote del cardinale Girolamo e fratello del cardinale Carlo Maria Sacripanti, suo principale erede. Il documento, datato nel 1743, è stato recentemente trascritto, ma a questa trascrizione non è seguita uno studio critico che permetta di identificare le opere che componevano l’importante quadreria20. Tra i dipinti ritroviamo due quadroni, che sia per soggetto che per dimensione coincidono con i dipinti che finora ci hanno occupato, ed entrambi vengono assegnati dai compilatori dell’inventario a Carlo Maratti e Andrea Procaccini21. Senz’ombra di dubbio i dipinti presenti nella Archivio di Stato di Roma (= ASR), Trenta Notai Capitolini, uff. 27, 19 settembre 1743, inventario dei beni di Giacinto Sacripanti, cc. 264 r.-296 r. L’inventario è stato trascritto da Mario Bevilacqua. È consultabile nel Getty Provenence Index® database J. Paul Getty Trust. 21 ASR, Trenta Notai Capitolini, uff. 27, 19 settembre 1743, inventario dei beni di Giacinto Sacripanti, c. 269 v. «Numero due Quadri a misura di palmi quattordici in circa p. traverso, rappresentanti in uno Salamone in atto di adorare l’Idolo, l’altro l’Istoria della Sac: Scrittura… dipinti da Andrea 20

234


LA CENTRALITÀ DEL DISEGNO PER ANDREA PROCACCINI

collezione del Sacripante sono quelli che oggi si ritrovano all’Istituto Calasanctianum. Dunque ai documenti grafici precedentemente presentati si somma questa notizia scritta, che serve per confermare le tesi fin qui esposte. In ogni caso la partecipazione del Maratti nell’elaborazione dei dipinti deve essere esclusa sia per ragioni cronologiche che stilistiche. Seppure le due tele presentino un alto livello artistico, queste sono comunque prodotti della miglior bottega marattesca, ma non è riscontrabile la superiore mano del maestro. Inoltre le tele sono state concepite e prodotte in un contesto cronologico che non ammette la partecipazione del Maratti poiché l’artista era impedito fisicamente sin dai primi anni del Settecento e con ogni certezza non era più capace di dipingere nel 1710. Questo anno, che coincide con l’ultimazione del Battesimo del Centurione Cornelio da parte del Procaccini, è sicuramente il limite post quem alla data di incarico per i due dipinti di argomento veterotestamentario, visto che uno di loro, l’Incontro tra Abramo e Melchisedec, è stato ideato attraverso la rilettura e riproposizione di diversi elementi figurativi presenti nel dipinto sopracitato. Un nuovo dipinto di Andrea Procaccini negli Stati Uniti Il dipinto inedito raffigurante San Francesco Caracciolo (fig. 7), conservato in un seminario del New Jersey si presenta in questa sede come preziosa testimonianza dell’implicazione del nostro pittore nell’ideazione delle primissime immagini canoniche del santo abruzzese, prodotte in concomitanza con la presentazione delle istanze per la beatificazione del religioso nei primi anni del Settecento. Fino ad oggi le prove che certificavano questo impegno consistevano nella documentazione rintracciata da Jorg Garms nell’Archivio di Stato di Roma, tra i documenti relativi alle spese sostenute dall’Ordine dei Chierici Regolari

Procaccini, ritoccati nelle parti più essentialli da Carlo Maratta con cornici con battente intagliato dorate n.o 25 400».

Horti Hesperidum, IV, 2014, 1

235


G. ZOLLE

Minori per la beatificazione del loro fondatore22. Una parte di queste carte è stata trascritta da Tiziana Litteri23 e permette di capire la portata del lavoro del Procaccini. Questi fu ingaggiato dai padri caracciolini per compiere una serie di tele che sarebbero servite come dono ai membri della Congregazione istituita da Clemente XI per l’accertamento delle virtù dell’aspirante beato. Grazie alle carte possiamo capire che in quel momento il Cardinale Francesco Barberini, Ponente della Causa, aveva un ruolo particolarmente importante nella vicenda. Sarà lui il destinatario del dipinto originale24, realizzato, secondo gli accordi firmati dal nostro pittore con Antonio Francesco Salustio, Padre Generale dell’Ordine, seguendo il disegno e «sotto la direttione del Sig. Carlo Maratta […] e sottoponendolo al suo giuditio»25. Sebbene nel documento, firmato il 20 settembre 1701, il Procaccini si compromettesse a consegnare il proprio lavoro a novembre di quello stesso anno, dopo una serie di acconti il pagamento finale, che in totale ammontava a trenta scudi, avverrà invece nel mese di marzo dell’anno successivo, il che potrebbe implicare un ritardo del GARMS 1976, pp. 153-164. ASR, Congregazioni religiose maschili, Chierici Regolari Minori in San Lorenzo in Lucina, b. 519, libro del Introito, et Esito nella causa della Beatificat.ne del n.ro V.P. Francesco Caracciolo Fondatore de Chierici Regolari Minori; ASR, Congregazioni religiose maschili, Chierici Regolari Minori in San Lorenzo in Lucina, b. 529. Apoche, Istromenti, Conti e Ricevute spettanti alla Causa di Canonizzazione di San Francesco Caracciolo ed altri con esso canonizzati. L’autore identifica una buona parte dei documenti ma non li trascrive. 23 LITTERI 2000, pp. 84, 85. La Litteri ignora lo studio di Garms, e pensa di pubblicare documenti inediti. Nel proprio saggio, che si concentra sul lavoro di Ludovico Stern per la Cappella di San Francesco Caracciolo a San Lorenzo in Lucina, definisce il nostro «un tale Andrea Procaccini». 24 ASR, Congregazioni religiose maschili, Chierici Regolari Minori in San Lorenzo in Lucina, b. 519, c. 48r. «Al Sig. Andrea Procaccini Pittore per il quadro originale del N.ro V.P Fran.co Caracciolo p. regalare al Sig. Card.le Fran.co Barberino in tela d’imperatore, disegnato e ritoccato dal Sig. Carlo Maratta per intiero, e totale pag.to Scudi trenta». 25 ASR, Congregazioni religiose maschili, Chierici Regolari Minori in San Lorenzo in Lucina, b. 529, c. 87 r. 22

236


LA CENTRALITÀ DEL DISEGNO PER ANDREA PROCACCINI

nostro nella consegna del dipinto. Le ragioni di quest’indugio si potrebbero trovare nella moltiplicazione dell’incarico da parte dei caracciolini, che il 25 novembre 1701 chiedevano la realizzazione di sei copie del dipinto originale, che dovevano essere finite nel gennaio 1702. Il pagamento frammentato di questi dipinti si concludeva sempre il primo marzo 1702, per un totale di ottantaquattro scudi, vale a dire quattordici scudi a copia26. Attraverso diverse ricevute conosciamo i destinatari delle opere incaricate, principali agenti in quegli anni per la risoluzione della lunga causa che porterà alla beatificazione di Francesco Caracciolo27. Mesi dopo questo compenso, il Procaccini riceve a ottobre diciassette scudi per un nuovo dipinto che il Padre Salustio «disse dover servire per essere mandato in Spagna […]»28, mentre ancora un anno più tardi ASR, Congregazioni religiose maschili, Chierici Regolari Minori in San Lorenzo in Lucina, b. 529, cc. 88 r., 88 v. e 89 r. «Io infrascritto prometto, e mi obligo a favore del Rev.mo P. G.rale de Ch.ci Reg.ri M.ri di fare sei copie del quadro originale in tela d’imperatore disegnato dal Sig. Carlo Maratta rappresentante il Ven. Servo di Dio Fran.co Caracciolo, […] sottoponendole al giuditio del Sig. Carlo Maratta mio maestro, obligandome ancora di finirle per tutto il mese di Gennaro 1702 prossimo avvenire per il prezzo di scudi quattordici per ciascuna copia sud. […] Et in fede q.to dì 25 Novembre 1701. Io Andrea Procaccini m.no pp.a. […] A dì primo Marzo 1702. E più ho ricevuto scudi cinque per saldo e final pagamento delle sudette sei copie a raggione di scudi quattordici per ciascheduna e mi chiamo contento e soddisfatto faciendone quietanza et in fede. Io Andrea Procaccini m.o pp.a.» 27 ASR, Congregazioni religiose maschili, Chierici Regolari Minori in San Lorenzo in Lucina, b. 519, cc. 48 r.-cc. 50 r. Grazie al pagamento dei facchini che trasportarono i dipinti si possono identificare le personalità dei riceventi le sei copie e il loro ruolo nel processo di beatificazione: così Monsignor Bottini fu il Promotore della Fede, Monsignor Inghirami il Segretario della Sacra Congregazione dei Riti; l’Abate Pieris occupava la carica di Sottopromotore della Fede e l’Avvocato era un certo Lucini; per ultimo il Procuratore della Causa era il Signor Antonio Franceschetti, intanto che l’incarico di Auditore del Cardinale Ponente era ricoperto dal Signor Pompeo Tozzi. 28 ASR, Congregazioni religiose maschili, Chierici Regolari Minori in San Lorenzo in Lucina, b. 529, c. 100 r. 26

Horti Hesperidum, IV, 2014, 1

237


G. ZOLLE

vediamo il nostro ricevere denari, sempre diciassette scudi, per il prezzo di un quadro, che attraverso altre carte sappiamo fosse un regalo fatto dall’Ordine al Cardinale Carpegna «Prefetto della Sacra. Congregazione de’ Riti»29. In tutto, nell’arco di due anni, lo studio del Procaccini licenziò almeno nove dipinti. Nel frattempo, il 19 settembre 1702, e cioè un anno dopo la commissione del primo quadro si chiedeva a Robert van Audenaerd30 di trarre dalla composizione originale una stampa per la quale sarà pagato trentacinque scudi l’11 dicembre successivo. Ancora qualche giorno dopo vediamo nelle carte comparire il nome dell’intagliatore, che veniva ricompensato con «un paio di Capponi […] per haver ritoccato più volte il rame […]»31 e quello del Procaccini, che riceveva due scudi «per il prezzo delle lettere incise al sud.o rame […]»32. La stampa (fig. 8), ancora oggi conservata all’Istituto Centrale per la Grafica, è stata pubblicata da Garms33, che la considerava conferma visiva dell’impegno del Procaccini documentato nei pagamenti. La scoperta di uno dei dipinti della serie a New Jersey è importante perché aggiunge un tassello mancante nel breve catalogo del Procaccini. Inoltre la presente tela, assieme ad almeno tre disegni preparatori per la composizione rintracciati nella Real ASR, Congregazioni religiose maschili, Chierici Regolari Minori in San Lorenzo in Lucina, b. 519, c. 56 r. 30 ASR, Congregazioni religiose maschili, Chierici Regolari Minori in San Lorenzo in Lucina, b. 529, c. 101 r. «Io infrascritto mi obligo col Reverendissimo Padre Generale de Ch: Minori di san Lorenzo in Lucina di Roma d’intagliare in acqua forte, e bollino il Quadro rappresentante il Ven: Padre Francesco Caracciolo, con tutte le figure, et ornamenti del medesimo dipinto dal Sig: Andrea Procaccini secondo la misura data dal medesimo Sig: Andrea, per il prezzo di scudi trentacinque […] e in fede per questo dì 19 Settembre 1702. R. Audenaerd, m. p.a ». 31 ASR, Congregazioni religiose maschili, Chierici Regolari Minori in San Lorenzo in Lucina, b. 519, c. 53 r. 32 ASR, Congregazioni religiose maschili, Chierici Regolari Minori in San Lorenzo in Lucina, b. 519, c. 52 r. 33 GARMS 1976, p. 155, fig. 2. Inventariata con la sigla FC122168 nella raccolta romana. 29

238


LA CENTRALITÀ DEL DISEGNO PER ANDREA PROCACCINI

Academia de Bellas Artes de San Fernando e in questa occasione presentati per la prima volta, sono una prova utile a rendere ancora più chiaro il lungo processo che vide la genesi della serie di dipinti e le rettifiche in corso d’opera. Sono evidenti le differenze tra il dipinto americano e la stampa, che consistono non soltanto nel naturale capovolgimento della raffigurazione ma anche nella risoluzione di uno degli angeli. In entrambe le composizioni si assolve al compito prestabilito nell’accordo tra le parti al momento della contrattazione mi obligo […] di fare un quadro in tela d’imperatore disegnato dal Sig. Carlo Maratta rappresentante il Ven. Servo di Dio Fran.co Caracciolo, Fondatore de Ch.ci Reg.ri M.ri in atto di orare avanti il S.smo Sacramento con l’espressione di due Angeli indicanti le regole della Religione, e la mortificazioni del suo Istituto con la Virtù dell’Humiltà […] e arrichito con architettura in conformità con il disegno già dato […]34.

Tuttavia la dissonanza figurativa potrebbe far pensare che la tela sotto studio possa essere una copia con variazioni del modello partorito dal duo Maratti-Procaccini nei primi anni del Settecento, realizzata in un momento indeterminato da un pittore sconosciuto, e frutto della necessità di diffondere l’immagine del futuro santo. Un paio di disegni conservati all’accademia madrilena smentiscono questa tesi e danno al dipinto americano il valore della preminenza temporale rispetto alla stampa incisa da Robert van Audenaerd. Il primo foglio 35 (fig. 9) presenta la composizione intera, già perfettamente descritta, ad eccezione della figura dell’angelo alle spalle del Caracciolo. Essa è ancora titubante ed è presentata in modo impreciso attraverso diverse varianti, malgrado sia distinguibile già in potenza solo la scelta finale nella tela e non quella visibile ASR, Congregazioni religiose maschili, Chierici Regolari Minori in San Lorenzo in Lucina, b. 529, c. 87 r. 35 CIRUELOS GONZALO, GARCÍA SEPÚLVEDA 1987, p. 329. Inventariato con il num. 530 nella raccolta della Real Academia. 34

Horti Hesperidum, IV, 2014, 1

239


G. ZOLLE

nella stampa romana36. Le caratteristiche dello schizzo, veloce e impreciso, non basterebbero da sole a reggere il nostro pensiero, tuttavia l’affiancamento alla composizione di un altro disegno (fig. 10) completa il significato accennato. Si tratta questa volta del foglio 1322 della raccolta di San Fernando37, che presenta studi particolareggiati per i due angeli della composizione. Ed ecco che quello che si mostra in piedi «con le regole della Religione» tra le mani è quasi in tutto coincidente con la presenza angelica del quadro conservato nel seminario di New Jersey. Un particolare delle mani con il grande libro conferma senza dubbio la pertinenza del disegno madrileno con la tela finale, corroborata inoltre dalla completa coincidenza dell’angelo bambino che nel dipinto appare seduto per terra mostrando allo spettatore gli strumenti della penitenza. Quest’ultimo personaggio viene studiato in due diverse sezioni del foglio, sia nella posizione degli arti superiori e del volto, sia nella strutturazione del torso, delle natiche e delle gambe, graziosamente scorciate sul gradino dell’altare. Un’analisi comparata tra disegni e dipinto palesa piccole differenze tra i fogli e la composizione finale. Ad esempio, il piede dell’angelo più grande, studiato con cura ben due volte nella prova grafica, viene poi coperto nel dipinto con parte dell’abito di Francesco. Si potrebbe scorgere un certo distacco qualitativo in favore dei disegni, che presentano soluzioni più complesse rispetto a quelle finalmente scelte sulla pittura. Serva come dimostrazione la maggior complessità nella resa grafica dei panneggi nell’angelo nel foglio di Madrid, che invece appaiono Sebbene le carte d’archivio parlino dell’intervento del Maratti nell’ideazione della composizione, il disegno presentato è sicuramente da assegnare alla produzione grafica del Procaccini. Comunque un’implicazione del Maratti in questa commessa dovrebbe essere provata dalla sostanziosa ricompensa ricevuta dal maestro marchigiano: «Per regalo fatto al Sig. Carlo Maratta con quattro Mortadelle di Bologna […] et otto Marzoline in tutto scudi tre e b. settanta». ASR, Congregazioni religiose maschili, Chierici Regolari Minori in San Lorenzo in Lucina b. 519, c. 48 r. 37 CIRUELOS GONZALO, GARCÍA SEPÚLVEDA 1989, p. 445. 36

240


LA CENTRALITÀ DEL DISEGNO PER ANDREA PROCACCINI

semplificati nella pittura. Di sicuro tali scarti di merito sono comprensibili se si tiene conto della serialità nella produzione dei dipinti che avrebbe portato il nostro ad avvalersi sicuramente dei suoi collaboratori per la conclusione del lavoro. Da questo punto di vista è interessante segnalare la presenza nella casa del Procaccini tra il 1699 e il 1703 di almeno tre possibili collaboratori dell’artista: Giuseppe Maria Stasi, che accompagnerà il pittore in Spagna, Pietro Ferloni, futuro arazziere del San Michele, e quel Gerolamo Ferroni, che diventerà uno dei principali diffusori delle opere del Maratti attraverso la stampa38. Le variazioni inserite nella stampa sarebbero state realizzate sotto indicazione dei committenti dallo stesso incisore Robert van Audenaerd. Almeno dalla lettura attenta delle carte dell’Archivio di Stato si potrebbe desumere questa teoria, visto che l’intagliatore era stato compensato con dei pennuti e con qualche moneta per aver ritoccato più volte il proprio lavoro. In questo modo all’incisore andrebbe la responsabilità di avere interamente modificato una delle figure della composizione. Un disegno conservato a San Fernando (fig. 11) permette una migliore comprensione dei fatti. Si tratta in questo caso di un foglio39 che presenta uno studio molto dettagliato delle estremità superiori dell’angelo raffigurato nella stampa romana e del nuovo librone aperto, visibile alle spalle del santo inginocchiato sull’incisione. È indiscutibile la paternità procacciniana di questo disegno, ben visibile nell’estrema stilizzazione della disposizione affusolata delle dita che coincidono in toto con quelle presenti sulla stampa. È possibile che la volontà di mutare una parte della composizione fosse sorta all’interno della committenza, premurosa nel creare un’immagine del proprio Padre Fondatore più aggiornata e Archivio Storico del Vicariato di Roma (=ASVR) Stati d’Anime, Sant’Andrea delle Fratte, Stati d’anime, voll. 79, 82; doc. individuati da L. Possanzini in PASCOLI 1992, p. 840 n. 2. 39 CIRUELOS GONZALO, GARCÍA SEPÚLVEDA 1989, p. 500, n. inv. 1698. 38

Horti Hesperidum, IV, 2014, 1

241


G. ZOLLE

decisamente barocca rispetto all’iniziale impostazione proposta dal Maratti e dal Procaccini nel dipinto. Ma è anche possibile che l’esigenza di rinnovamento della scena fosse nata all’interno del gruppo di artisti che concepì l’iconografia del futuro beato. Di sicuro il disegno di Madrid permette di dare al Procaccini la piena responsabilità di questa variazione in corso d’opera, che la documentazione archivistica, peraltro in questa occasione particolarmente completa, non raccoglie. L’immenso materiale grafico di mano del Procaccini conservato alla Real Academia de Bellas Artes de San Fernando si dimostra uno strumento chiave per la comprensione dell’opera del nostro. La lettura dei disegni dell’artista permette in molte occasioni non solo di confermare la paternità o di avanzare nuove proposte al suo catalogo pittorico, ma serve talvolta a tracciare l’intera genesi delle opere del pittore romano, completando il significato delle tante volte scarne e imprecise notizie raccolte dalle fonti archivistiche. Questa affermazione si avvera chiaramente nello studio del presente dipinto, la cui particolare provenienza potrebbe invece legittimamente portare a qualche perplessità attributiva. Grazie alle informazioni ricavate attraverso la comunità caracciolina di Ramsey, che possiede la tela nel proprio Istituto, si possono ritrovare i fili che collegano l’attuale residenza del dipinto con le proprie origini romane40. La tela ebbe come sede iniziale negli Stati Uniti un istituto gesuita newyorchese, dove era arrivata in un momento indeterminato come una raffigurazione di sant’Ignazio. Una volta accertato l’errore iconografico il dipinto fu ceduto ai chierici regolari minori del New Jersey. Nella primitiva sede si conservava la memoria della provenienza spagnola della tela, dove l’istituto religioso fondato da san Francesco Caracciolo ebbe sin dal Seicento una imponente diffusione. Se tale notizia fosse attendibile, la tela americana sarebbe la penultima tra quelle richieste al Procaccini Ringrazio i padri adorniani di questa località statunitense per le utili comunicazioni orali. 40

242


LA CENTRALITÀ DEL DISEGNO PER ANDREA PROCACCINI

nell’ottobre 170241. Purtroppo le ricerche di un dipinto di simili caratteristiche nelle fonti spagnole non ha dato risultati, così come sembra molto difficile seguire la traccia dei dipinti offerti dai caracciolini ai membri meno noti che appartenevano alla Congregazione che s’incaricava della beatificazione. Nel 1714 muore il cardinale Carpegna, ma nella sua imponente collezione non si ritrovano notizie che si possano collegare a uno dei quadri della serie42. Al contrario al momento della morte del Cardinale Francesco Barberini si ritrovava ancora nel palazzo della famiglia «Un quadro in tela d’imperatore rapp.te il V. P.re Fran.co Caraccioli fondatore de P. Chierici minori scuola di Carlo Maratta, con cornice nera […] stimato scudi novanta»43. Sfortunatamente questa tela, che sicuramente per l’importanza del destinatario e per essere la prima della serie doveva in buona logica essere la più meritevole, non si conserva oggi tra le collezioni della Galleria Nazionale d’Arte Antica44. In questo modo il dipinto qui studiato appare come l’unico superstite dell’intero ciclo. Le prerogative formali dell’opera perfettamente si adeguano alle coordinate cronologiche offerte dalle carte d’archivio. In questi primi anni del Settecento la fedeltà ai principi del marattismo si unisce ad un superiore rigore espresso attraverso la citazione di modelli distillati dalla versione più purista del classicismo bolognese, come dimostra la presenza neoreniana dell’angelo sul fondo della composizione. Il fatto che la riforma dell’immagine nell’incisione dell’Audenaerd si concentri su ASR, Congregazioni religiose maschili, Chierici Regolari Minori in San Lorenzo in Lucina, b. 529, c. 100 r. 42 ASR, Notai del Vicario, Sfasciamonte, aprile 1714. L’inventario dei quadri del cardinale Gaspare Carpegna è stato pubblicato da BENOCCI (2003, pp. 115-148). 43 ASR, Notai della A.C., De Cesaris, vol. 1830, inventario dei beni del Cardinale Francesco Barberini junior a Palazzo Barberini, c. 76 r. L’elenco dei beni del Cardinale non è stato pubblicato nel volume dedicato agli inventari della famiglia nel Seicento (LAVIN 1975). 44 MOCHI ONORI, VODRET 2008. 41

Horti Hesperidum, IV, 2014, 1

243


G. ZOLLE

questo particolare non è, a mio avviso, casuale: la variazione di questa figura angelica (quasi una citazione degli angeli del Bernini a Ponte Sant’Angelo) introduce un elemento di vitalità barocca all’immagine, rea, forse, di una eccessiva sobrietà accademica, e che invece doveva concepirsi come strumento per muovere alla devozione. Sicuramente di gusto della committenza, l’angelo visibile sulla stampa, seppur possa apparire figurativamente lontano dal classicismo barocco marattesco, viene assorbito nella composizione senza eccessivi problemi. Questa figura accorda il proprio slancio dinamico e lo svolazzo spirituale delle vesti, quasi una citazione scultorea, all’enfasi gestuale degli altri ingredienti del dipinto contenuti nella retorica delle braccia aperte del santo e nella monumentalità scenica delle architetture. L’angelo della stampa indica non solo la capacità del marattismo di recepire e fagocitare altri linguaggi, talvolta eliminando l’attinente carica espressiva, ma soprattutto la propensione del Procaccini a far confluire nella propria arte l’elemento centrale della fedeltà al verbo marattesco con sollecitazioni di diversa indole. Queste arrivano sia dalle diverse tradizioni figurative del Seicento sia dalle forme più aggiornate che si andranno conformando con il divenire pittorico del nuovo secolo. La semplicità estrema della costruzione compositiva si deve collegare alla necessità di una facilissima lettura, condizione implicita nella condizione tipologica del dipinto, legato alla promozione iconografica degli aspiranti alla beatificazione e alla canonizzazione, che dovevano mostrare in modo preciso segni parlanti della propria condizione, dell’appartenenza a un particolare ordine e delle più originali virtù. La diffusione quasi seriale di queste immagini, attraverso la creazione di copie e mediante il mezzo della stampa, aveva un’enorme importanza per rendere popolari alla pubblica devozione nuovi personaggi. Sugli artisti, poi, ricadeva la responsabilità di fissare le nuove iconografie. Queste dovevano avere il sapore dell’immediatezza ed ecco che venivano sacrificate alla causa della comprensibilità composizioni di maggiore complessità figurativa. Da questo punto di vista il nostro dipinto rientra per le proprie 244


LA CENTRALITÀ DEL DISEGNO PER ANDREA PROCACCINI

caratteristiche nel filone di questo tipo di opere45. La scelta compositiva, che inoltre era stata quasi dettata nell’accordo tra le parti, dove si specificavano tutti gli elementi della scena, si può collegare ad altre iconografie generate in quel contesto. Quasi contemporaneamente alla creazione del ciclo procacciniano viene data alla stampa un’incisione di Benoit Farjat46, che presenta tante analogie con il nostro dipinto e dimostra la ferrea volontà da parte dell’Ordine di creare una visione univoca del fondatore legata al carattere più straordinario del suo carisma. L’elemento centrale della spiritualità del Caracciolo è costituita precisamente dalla devozione verso il sacramento eucaristico, come dimostrano diverse testimonianze e non sorprende che già le prime immagini ‘illecite’ che furono esposte a Napoli nelle feste organizzate dall’Ordine nel 1629, e che portarono a processo i promotori dell’evento, avessero come argomento l’iconografia dell’adorazione perpetua47. Mezzo secolo dopo l’incarico al Procaccini, sarà richiesto a Lodovico Stern un nuovo dipinto del religioso, che sarebbe poi finito al tempo della beatificazione nel 1769 sull’altare della cappella a lui dedicata nella chiesa di

V. Casale in LA PITTURA IN ITALIA 1990, pp. 558-568. Casale, nel suo fondamentale contributo sui quadri di canonizzazione, ha analizzato queste problematiche. È molto probabile che gli esemplari prodotti per il cardinale Barberini e per il cardinale Carpegna, vista l’importanza dei destinatari di questi regali, fossero di una qualità più alta rispetto al dipinto che qui ci occupa. 46 Pubblicata da GARMS (1976, p. 155, fig. 1). Nello stesso periodo che vide il Procaccini al servizio dei regolari minori, il Farjat viene pagato per la realizzazione di una serie di stampe, remunerazione che si deve sicuramente collegare a questa immagine. ASR, Congregazioni religiose maschili, Chierici Regolari Minori in San Lorenzo in Lucina, b. 519, c. 78 v. 47 Testimonianze coeve ma soprattutto la documentazione posteriore alla morte del santo hanno sempre messo in evidenza la devozione del Caracciolo verso il Santissimo Sacramento. Si veda MORREA 2010, pp. 50, 51; per l’episodio delle immagini napoletane, MORREA 2010, pp. 89, 90. 45

Horti Hesperidum, IV, 2014, 1

245


G. ZOLLE

San Lorenzo in Lucina. L’argomento iconografico sarà lo stesso e si presenterà con pochi cambiamenti figurativi48. Sulle tracce visive di un quadro perduto del Procaccini in Inghilterra Nella biografia da lui dedicata al Procaccini, il Pascoli ricorda la preferenza accordata all’artista dai clienti «forestieri», che si concretizzò in un folto numero di committenze straniere; secondo il biografo, queste sarebbero diretta conseguenza del prestigio acquisito dal nostro Andrea come pittore al servizio della casa del marchese Pallavicini49. Parole che certamente rispecchiano la realtà dei fatti, visto che grazie alla sua celebrità, conclamata dalle guide pubblicate in quegli anni50, la collezione del nobile genovese era diventata per i viaggiatori stranieri una delle tappe obbligate per la conoscenza della Roma pittorica contemporanea. Recentemente è stato rammentato, seppur in modo sommario, il rapporto di conoscenza tra il pittore e il noto antiquario Francesco Ficoroni, menzionato da quest’ultimo in uno dei suoi scritti più noti51. Nelle pagine Per questo dipinto si veda LITTERI 2000, pp. 73-78, Documenti, pp. 83, 84. 49 PASCOLI 1992, p. 837. 50 RUDOLPH 1995, p. 2. La studiosa segnala la precoce citazione del ROSSINI (1715, pp. 84, 85), che testimonia l’importanza della collezione pallaviciana. 51 CONNOR BULMAN 2001, p. 221, n. 14; FICORONI 1732, p. 35. L’erudito, antiquario e protoarcheologo ricorda in questo passaggio l’illustre visita di Carlo Maratti in compagnia del suo allievo Procaccini agli scavi che in quel momento egli stesso conduceva sull’Appia Antica: «le volte poi di dette camere, pochissime erano semplicemente imbiancate, e con qualche lavoro fino di stucchi, ma la maggior parte le ritrovai nobilitate d’istoriate pitture, e di tal vista, che traevano l’ammirazione d’ogni studioso, e intelligente del disegno, e fino il celebre Cavaliere Carlo Maratta con tutti li di lui discepoli, uno de’quali fu il virtuoso Andrea Procaccini, al presente nobilitato dal Gran Monarca delle Spagne Filippo V, e detto Cavalier Maratta, vero sostegno della Pittura, consideratane attentamente la buona maniera della figure, loro ornati e vividi colori, riconobbe esser inimitabili in questi nostri tempi». 48

246


LA CENTRALITÀ DEL DISEGNO PER ANDREA PROCACCINI

successive si seguiranno le tracce di un dipinto perduto che fu richiesto al nostro da un celebre viaggiatore inglese e si proporrà un’ipotesi ricostruttiva dell’opera grazie ad una testimonianza grafica. Al contempo tenteremo di trovare nel rapporto tra l’artista e l’antiquario il possibile nesso che portò il Procaccini a beneficiare di questo tipo di commissioni, sicuramente tra le più redditizie che si potevano riscontrare nel mercato romano in quegli anni. Frances Vivian ha rintracciato già nel 1971 una serie di documenti che potrebbero supportare il suddetto presupposto. Si tratta di un carteggio conservato a Londra, le cui notizie principali sono state riportate dalla studiosa52. Ficoroni nel 1710 appare in queste lettere come assiduo corrispondente di Thomas Williams, banchiere a Venezia sin dal 1680 e mediatore di una parte del mercato artistico e antiquario che aveva come destinazione le Isole Britanniche. L’agente romano riceveva dalla Banca Williams delle somme di denaro che venivano usate per l’acquisto di oggetti d’arte di ogni genere. Nell’ambito della pittura il Williams e il Ficoroni si avvalevano dei servizi del nostro Andrea, che ebbe in questa occasione il suo primo incarico conosciuto come intermediario nel mercato d’arte romano. Attraverso Williams il duo romano fa la conoscenza di un personaggio molto in vista: si tratta di Thomas Wenworth, Lord Raby, ambasciatore straordinario a Berlino tra il 1705 e il 1711, poi Conte di Strafford e plenipotenziario all’Aja53. A lui si rivolge direttamente il Ficoroni in una lettera datata 14 giugno VIVIAN 1971, pp. 5-8. In queste pagine sono contenute le informazioni che interessano il presente studio e che qui vengono riassunte velocemente. Il carteggio a cui si fa riferimento si conserva a Londra, Public Record Office (=PRO) Documenti dello Stato Veneziano, State Papers 99, voll. 5762, corrispondenza intercorsa tra i Segretari di Stato ed i rappresentanti inglesi a Venezia, residenti e consoli. La studiosa offre una trascrizione molto sommaria delle missive, che purtroppo non ho potuto consultare personalmente. 53 Per questo personaggio, congiuratore contro gli Hannover e partigiano degli Stuart, si veda ad vocem in DICTIONARY 1899. 52

Horti Hesperidum, IV, 2014, 1

247


G. ZOLLE

1710, nella quale elenca il contenuto di una «cassetta»54 spedita al nobile inglese tramite i servizi di Thomas Williams. Nella stessa missiva il Ficoroni inoltra all’ambasciatore inglese in Prussia i saluti del «Sig. Andrea Procaccini, scholaro del Maratta», che faceva sapere della sua «intenzione di andare a cercare fortuna a Berlino». A continuazione viene descritto l’inventario degli acquisti fatti sicuramente dal nostro, soprattutto libri, tra i quali l’Admiranda Romanorum Antiquitatum del Bellori con stampe di Santi Bartoli55. La lettera contiene due notizie allora di grande interesse: di certo la volontà del nostro di cambiare aria e di tentare la fortuna in terre lontane non deve sorprendere, visto che la sua carriera, in quel decisivo 1710, si svolgeva ancora completamente all’ombra del Maratti. Inoltre deve essere tenuta in conto la scomoda situazione economica del Procaccini: numerosi atti notarili conservati nell’Archivio di Stato di Roma raccontano il progressivo e inarrestabile indebitamento dei genitori dell’artista nell’ultimo quarto del Seicento. Un crescente dissesto che ricadrà come un macigno sull’unico figlio superstite dopo la precoce morte del padre Carlo e dei numerosi fratelli. Insieme alla madre, l’artista sarà sempre alla ricerca di nuovi creditori. Si avvarrà inoltre di pesanti obbligazioni ipotecarie sui propri beni immobiliari romani per finanziarsi i debiti arrivando fino ad una parziale alienazione di questo patrimonio56. Certamente queste preoccupazioni potevano trovare soluzione con una vantaggiosa sistemazione come pittore di corte in qualche capitale europea dove il suo gigantesco bagaglio d’immagini marattesche poteva essere ancora inedito. Il progetto mancò forse per via della fine dell’Ambasciata di Lord VIVIAN 1971, p. 7; Ficoroni a Wenworth, 14 giugno 1710, PRO, S. P. 99, vol. 59, c. 133. 55 VIVIAN 1971, p. 7. 56 La situazione economica del Procaccini è stata analizzata da chi scrive nella propria tesi dottorale e sarà uno dei principali argomenti di un prossimo contributo ancora in preparazione. 54

248


LA CENTRALITÀ DEL DISEGNO PER ANDREA PROCACCINI

Raby a Berlino57, solo un anno dopo la comunicazione del Procaccini della sua disponibilità al trasferimento, ma non è neanche provato che l’inglese abbia tenuto in qualche considerazione il desiderio espresso dall’artista. Esattamente dieci anni dopo, l’occasione della partenza si ripresenta, ma con una diversa destinazione, la Spagna e il Procaccini, che in quel momento godeva sicuramente di maggior reputazione rispetto al passato, non ebbe sicuramente tentennamenti nel cogliere l’opportunità di risolvere definitivamente i problemi legati alle proprie disastrate finanze. Anche se il progetto berlinese svanì per ignote ragioni, l’epistola del Ficoroni ci consegna l’immagine di un rapporto con il pittore che va ben al di là dell’illustre citazione letteraria in una delle sue pubblicazioni: oltre alla loro azione intellettuale e artistica, entrambi dedicavano comuni sforzi alla proficua attività di rifilare buone quantità di manufatti di ogni genere al pubblico inglese, tra i quali il pittore romano inseriva sicuramente le proprie opere. Tramite le sue conoscenze il Ficoroni fu forse in grado di presentare al Procaccini l’opportunità d’immettersi in un mercato che suppliva le penurie del panorama interno, e dal canto suo l’antiquario poteva contare su un pittore esperto capace di fornire opere e pareri da presentare a clienti esigenti. Tra il 1714 e il 1719 Procaccini avrà la possibilità di servire con le sue opere due tra i più importanti viaggiatori, che visiteranno la città in quel lasso di tempo, cioè Lord Coke e Lord Annandale. Dal momento che questi due milord ebbero rapporti molto stretti nel loro soggiorno romano con il Ficoroni, non sembra insensato ricondurre la loro fiducia nel nostro pittore alle raccomandazioni di uno dei più celebri esperti in arte antica che annoverava la Città Eterna nel primo quarto del secolo.

57

VIVIAN 1971, pp. 7 e 9.

Horti Hesperidum, IV, 2014, 1

249


G. ZOLLE

Concentriamo il nostro interesse sul primo dei due nobili dilettanti britannici58. Sir William Coke59 arriva per la prima volta a Roma nel febbraio del 1714 poco più che quindicenne. Intorno a lui si raggruppa un seguito di precettori, letterati, antiquari ed artisti, tra i quali spiccano il Ficoroni, scelto dal nobile inglese come cicerone della Roma antica, e William Kent, pittore connazionale, allievo del Chiari e del Luti, che introdusse il giovanissimo dilettante nelle botteghe dei più importanti artisti romani60. Grazie ad una lettera di questo personaggio datata nel maggio 1714 si viene a sapere che Lord Coke «has bespoke six of the best painters a Un breve cenno alla figura di James Johnston, secondo marchese di Annandale: arrivato in Italia per la prima volta nel 1713 insieme al padre, primo marchese di Annandale, questo nobile scozzese si reca per la seconda volta nella penisola nel gennaio 1718, in un viaggio che si protrae fino al 1721. Rientrato in patria dopo la morte del padre per prendere possesso del proprio titolo, Lord Johnston spedirà alle sue proprietà una delle collezioni d’oggetti d’arte più grande mai formata da un viaggiatore durante il Grand Tour, costituita da più di 300 dipinti di artisti diversi come Guercino, Maratti ed altri, libri, disegni (tra i quali autografi di Juvarra), stampe e una notevole collezione di marmi antichi. Ammalatosi irreversibilmente, decise di ripartire per l’Italia, trovando la morte a Napoli nel 1730. Ebbe rapporti con Ficoroni, come fa capire la lettera che l’antiquario e procuratore di opere antiche gli recapitò nel novembre del 1718, che aveva come oggetto la descrizione di un cammeo di età augustea, e che fu data alla stampa a Napoli anni dopo. Nello stesso 1718 si fece ritrarre dal Procaccini in uno scenografico ritratto dove appare in compagnia di innumerevoli oggetti antichi, sicuramente appartenenti alla propria collezione. Il ritratto, conservato a Hopetoun House, è stato pubblicato da FLEMING 1962, p. 9, fig. 5; studiato dalla MENA MARQUÉS 1975, vol. I, pp. 485, vol. II, pp. 987988; ricordato da URREA 1977, p. 181; RUDOLPH 1983, num. 595. Per notizie relative ai viaggi di Annandale vedere INGAMELLS 1997, ad vocem Johnston, James, p. 560 e CONNOR BULMAN 2001, p. 231, n. 74 e 75. 59 Diverse pubblicazioni hanno trattato il viaggio giovanile di questo personaggio in Italia. Le notizie che a partire da questo momento vengono riportate provengono da CLIFFORD 1977, pp. 92-103; MOORE 1985, pp. 3539; CLARK 1992, pp. 224, 225; INGAMELLS 1997, ad vocem Coke, Thomas, pp. 225, 226; CONNOR BULMAN 2003, pp. 27-34. 60 CONNOR BULMAN 2003, p. 29. 58

250


LA CENTRALITÀ DEL DISEGNO PER ANDREA PROCACCINI

picture», affermazione che viene confermata da una cauzione di 600 scudi rilasciata in quegli stessi giorni61. Negli anni successivi saranno pagati per il loro lavoro Giuseppe e Tommaso Chiari, Luigi Garzi, Sebastiano Conca e il nostro Andrea, che ricevette il 31 luglio 1716 una somma superiore a 30 corone, «account of a picture Bespock 2 years ago»62. Coke ritornerà a Roma nel gennaio 1717 e lì risiederà per altri tre mesi; dopo aver attraversato una consistente parte della Francia e della Germania, il giovane Lord ritornerà in patria nel 171863 e nei decenni seguenti concentrerà le sue energie nella costruzione della sua residenza a Holkham Hall, magnifico contenitore dell’immenso numero di opere d’arte acquistate durante il suo viaggio e negli anni successivi dai suoi agenti. Oggi a Holkham Hall si conserva solo un dipinto del Procaccini, raffigurante Tarquinio e Lucrezia64. Tuttavia nell’antica guida del Palazzo compilata da Matthew Brettingham65 si fa riferimento a una grande tela, oggi perduta, dove veniva illustrato il racconto romano del secondo Re di Roma, Numa Pompilio e la consegna della Legge, che per dimensioni e argomento si deve associare alle altre quattro opere richieste nel 1714: Giuseppe Chiari è l’autore della Continenza di Scipione, suo fratello Tommaso dipinse una Sofonisba e Massimina, non più reperibile, mentre Luigi Garzi firmava una Storia di Cincinnato. A questi quattro episodi, tratti dai dieci volumi della Storia Romana di Tito Livio, si sommava la virgiliana Visione di Enea nei Campi Elisi, dovuta a Sebastiano CONNOR BULMAN 2003, p. 29. n. 13 e 14. Come riferisce la studiosa la giustificazione di questo pagamento si conserva ancora nell’archivio di Holkham Hall, tra le carte prodotte durante il viaggio del giovane Lord. (Holkham Hall, Accounts, MS. 733, p. 71). 62 CLIFFORD 1977, p. 99. Lo studioso riferisce per primo questo pagamento definitivo, certificato dai contabili di Coke (Holkham Hall, Accounts, MS. 733, pp. 156). 63 INGAMELLS 1997, ad vocem Coke Thomas, pp. 225, 226. 64 Per questo dipinto si veda CLARK 1981, p. 93; MENA MARQUÉS 1975, vol. I, p. 474, vol. II, pp. 969-970; CORNFORTH 1988, p. 90; CLARK 1992, p. 224. 65 BRETTINGHAM 1773, p. 11. 61

Horti Hesperidum, IV, 2014, 1

251


G. ZOLLE

Conca66. Purtroppo nell’acconto di trenta scudi sopra citato non ci sono riferimenti all’iconografia del quadro incaricato al nostro pittore. È molto probabile in realtà che questo documento non sia da accordare alla tela raffigurante Tarquinio e Lucrezia, ma si riferisca al pagamento della serie dei dipinti commissionati dal Coke nella primavera del 1714, vista la prossimità del pagamento a Procaccini con quello effettuato a tutti i suoi colleghi coinvolti nella realizzazione degli altri dipinti. Recenti scoperte archivistiche hanno rivelato che tra le opere incaricate dal marchese Pallavicini al nostro pittore una aveva come soggetto la violenza su Lucrezia, ma il dipinto non arrivò mai al suo committente, che morì quando questo non era stato ancora concluso. Testimonianze rese da pittori collaboratori del Procaccini durante le cause giudiziarie legate all’eredità Pallavicini affermavano dell’esistenza della tela, forse incompiuta, ancora nello studio del pittore insieme ad altri lavori destinati al marchese intorno al 1715. Appare possibile che questo dipinto sia quello effettivamente arrivato a Holkham Hall, comperato all’artista dal giovane Coke, che in compagnia dei suoi consulenti artistici si sarebbe recato allo studio del pittore dove avrebbe potuto visionare il quadro. Questo scambio assolutamente privato potrebbe giustificare l’assenza di tracce di pagamento nei conti legati alle spese artistiche del viaggio del nobile inglese67. Ritorniamo alla tela raffigurante Numa Pompilio: felicemente Brettingham offre nel suo scritto una precisa descrizione del dipinto perduto, che oltre alla consegna delle leggi raffigurava: «a Vestal Vergin pouring Oil upon the holy Fire, alludes to that famous institution, and the several Orders of Priest, the Salii, and the Marti, form different Groups that fill upon the picture: Anche se il Kent riferiva nella missiva sopracitata della propria implicazione nell’incarico, si ha certezza soltanto della realizzazione di cinque dipinti. Per l’intera serie si veda CLIFFORD (1977, pp. 92-103) e CONNOR BULMAN (2003, pp. 27-34). 67 Questa ipotesi è trattata in modo più approfondito in ZOLLE BETEGÓN 2015. 66

252


LA CENTRALITÀ DEL DISEGNO PER ANDREA PROCACCINI

below the Figure of the River Tiber, Romulus and Remus are introduced sucking the Wolf»68. Certamente questa rappresentazione della scena presenta molti punti in comune con una stampa incisa dal Frezza, da un’invenzione del Procaccini e conservata all’Istituto Centrale per la Grafica (fig. 12)69. Avremmo in questo modo una immagine virtuale della tela sparita. L’artista avrebbe deciso di riprodurre la propria invenzione attraverso la stampa. La complessità del racconto, innestato nella più alta tradizione della pittura di storia, così come il prestigio di una committenza che lo vedeva in concorrenza con i maggiori virtuosi dello scenario pittorico romano, sono caratteristiche che ponevano questo dipinto smarrito in una posizione preminente nel percorso professionale del Procaccini. Ma il romano ha sicuramente voluto applicare qualche variante rispetto all’opera originale: Brettingham, ad esempio, nella sua descrizione individuava un ritratto di Lord Coke nei panni di un senatore romano, che non ha lasciato traccia nell’incisione. Certamente questa discrepanza tra l’immagine e la descrizione getta qualche dubbio sulla tesi fin qui esposta. È pur vero che le vestali della stampa hanno un ruolo defilato rispetto alla narrazione dello scrittore inglese che le vede protagoniste70. Tuttavia la scena descritta dal Procaccini amalgama i due episodi principali del regno di Numa in un’unica immagine, cioè il conferimento della legge da parte della Ninfa Igeria e l’istituzione del culto della dea Vesta. È altresì sicuro che il Brettingham, nel dare un nome all’opera, abbia preferito

BRETTINGHAM 1773, p. 11. Inventario FC 116652, vol. 57N12. Nella istituzione romana l’immagine viene catalogata in modo generico come raffigurazione di «un sacrificio antico». 70 BRETTINGHAM 1773, p. 11. 68 69

Horti Hesperidum, IV, 2014, 1

253


G. ZOLLE

ricordare il primo fatto e forse per questo motivo ha voluto descrivere il rituale compiuto dalle sacerdotesse. Si potrebbe affermare che in fondo, al di là dell’inevitabile matrice marattesca di ogni raffigurazione, è nell’iperbolico sfoggio di conoscenza archeologica che l’immagine trova la sua ragione narrativa: fanno bella mostra di sé i più bizzarri arnesi della casta sacerdotale romana, descritti con una dovizia di particolari non casuale. È stato accertato il carattere didattico e formativo del Grand Tour per l’adolescente William Coke. Applicato dai suoi precettori nell’impegnativa lettura di Tito Livio già durante la prima tappa veneziana del soggiorno in Italia, si cimentava al contempo nella lettura del più digeribile Telemaco di Fenèlon, di cui un esemplare fu comperato nella Serenissima. Agli educatori del giovane Lord appariva sicuramente proficuo abbinare al venerabile resoconto di una storia mitica le riflessioni che il religioso francese offriva sull’importanza formativa della pittura e dell’arte71. Così il gruppo inglese arriva a Roma: il palcoscenico degli eventi narrati da Tito Livio ancora costellato dalle rimanenze di quel passato offerte al piccolo turista attraverso le dotte spiegazioni del Ficoroni. Ecco che si rende necessario immortalare in immagini le parole lette. Se la stampa romana fosse, come sembrerebbe, una versione con qualche variante del dipinto di Holkham Hall, il Procaccini, con il probabile consiglio del suo amico antiquario, avrebbe voluto offrire al cliente un prosieguo delle sue applicazioni allo studio della romanità. Tutto ciò attraverso un’immagine dove la pedante componente archeologizzante si somma alla carica retorica gestuale già vista

CONNOR BULMAN 2003, pp. 27-34. Nel proprio saggio la studiosa pone l’accento sul carattere moralmente educativo del viaggio compiuto dal futuro Conte di Leicester in Italia e del valore che la committenza delle opere d’arte poteva avere in questo senso. 71

254


LA CENTRALITÀ DEL DISEGNO PER ANDREA PROCACCINI

in altre pitture di storia uscite dall’atelier del Procaccini in quegli anni72.

Nella raccolta grafica della Real Academia de Bellas Artes de San Fernando ho potuto identificare due disegni che devono essere associati alla stampa romana pubblicata dal Frezza e quindi all’ipotetica immagine del dipinto disperso di Lord Coke: si tratta del disegno inv. n. 1286, (CIRUELOS GONZALO, GARCIA SEPÚLVEDA, 1989, p. 440), che presenta a destra un studio molto rifinito del victimario e del sacerdote che alle sue spalle indica la strada; nella zona centrale del foglio è ben leggibile un saggio del torso del Tevere sdraiato. Il disegno inv. n. 1487b (CIRUELOS GONZALO, GARCIA SEPÚLVEDA, 1989, p. 473) offre invece uno studio del panneggio del personaggio inginocchiato in primo piano a sinistra della scena e delle mani che al margine sinistro della composizione trattengono un bambino. 72

Horti Hesperidum, IV, 2014, 1

255


G. ZOLLE

Bibliografia L’ARTE PER I PAPI 1990 = L’Arte per i papi e per i principi nella campagna romana: grande pittura del ‘600 e del ‘700, catalogo della mostra (Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, 8 marzo 1990-13 maggio 1990), 2 voll., Roma 1990. BEDAT 1968 = CH. BEDAT, L’achat des dessins de Carlo Maratta par la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, in «Melanges de la Casa de Velázquez», 4, 1968, pp. 413-415. BENOCCI 2003 = C. BENOCCI, L’inventario dei quadri (1714) del cardinale Gaspare Carpegna, in «Studi montefeltrani», 24, 2003, pp. 115-148. BERSHAD 1985 = D. BERSHAD, The newly discovered testament and inventories of Carlo Maratti and his wife Francesca, in «Antologia delle Belle Arti», 25/26, 1985, pp. 65-84. BRETTINGHAM 1773 = M. BRETTINGHAM, A Description of Holkham, Norfolk, London 1773. BROGI 2004 = A. BROGI, Una piccola Pommersfelden?: dipinti italiani della collezione Schaumburg-Lippe, II, in «Paragone. Arte», 55/56, 2004, pp. 89-138. CASALE 2000 = V. CASALE, Il Dna artistico di Pier Leone Ghezzi e il gioco degli scambi con Biagio Puccini, Giuseppe Chiari, Agostino Masucci e Antonio David, in «Bollettino d’arte», 85, 2000, pp. 103-124. CHATTARD 1762 = G.P. CHATTARD, Nuova descrizione del Vaticano, o sia Della Sacrosanta Basilica di S. Pietro, vol. I, Roma 1762. CIRUELOS GONZALO, GARCÍA SEPÚLVEDA 1987 = A. CIRUELOS GONZALO, P. GARCÍA SEPÚLVEDA, Inventario de Dibujos de la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando (II), in «Academia. Boletín de la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando», 64, 1987, pp. 255-259. CIRUELOS GONZALO, GARCÍA SEPÚLVEDA 1989 = A. CIRUELOS GONZALO, P. GARCÍA SEPÚLVEDA, Inventario de Dibujos de la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando (III), in «Academia. Boletín de la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando», 68, 1989, pp. 339-550. CLARK 1981 = A.M. CLARK, Studies in Roman eighteenth-century painting, selected and edited by E.P. Bowron, Washington 1981. CLARK 1992 = J. CLARK, Palladianism and the Divine Right of Kings: Jacobite iconography, in «Apollo», CXXXV, 362, 1992, pp. 224-228. CLIFFORD 1977 = T. CLIFFORD, Sebastiano Conca at Holkham: a Neapolitan painter and a Norfolk patron, in «The connoisseur», 196, 1977, pp. 92-103. 256


LA CENTRALITÀ DEL DISEGNO PER ANDREA PROCACCINI

CONNOR BULMAN 2001 = L.M. CONNOR BULMAN, Gaetano Piccini: the neatest handed, idlest fellow I ever met with, in «Xenia Antiqua», 10, 2001, pp. 219-239. CONNOR BULMAN 2003 = L.M. CONNOR BULMAN, Moral education on the Grand Tour: Thomas Coke and his contemporaries in Rome and Florence, in «Apollo», CLVII, 493, 2003, pp. 27-34. CORNFORTH 1988 = J. CORNFORTH, Augustan Vision Restored, in «Country Life», CLXXXII, 1988, pp. 90-92. DESMAS 2001 = A.L. DESMAS, L’universo artistico di un allievo del Maratti: lo studio Calandrucci e le sue raccolte descritti da un nuovo inventario, in «Bollettino d’arte», 86, 2001 (2002), n. 118, pp. 79-121. DI FEDERICO 1968 = F. DI FEDERICO, Documentation for the paintings and mosaics of the baptismal chapel in Saint Peter’s, in «The art bulletin», 50, 1968, pp. 194-198. DICTIONARY 1899 = Dictionary of National Biography, ad vocem Thomas Wentworth, vol. LX, Oxford 1899. DOWLEY 1965 = F.H. DOWLEY, Carlo Maratti, Carlo Fontana, and the Baptismal Chapel in Saint Peter’s, in «The art bulletin», 47, 1965, pp. 57-81. FICORONI 1732 = F. FICORONI, La bolla d’oro de’ fanciulli nobili romani, e quella de’ libertini, ed altre singolarita spettanti a’ mausolei nuovamente scopertisi breuemente spiegate, e divise in 2 parti da Francesco de’ Ficoroni, Roma 1732. FICORONI 1736 = F. FICORONI, Lettera scritta all’Ill., ed Eccell. sig. Giacomo Lord Johnstone dal signor Francesco de’ Ficoroni antiquario romano, socio dell’Accademia Reale di Parigi... sovra un nuovo cameo esprimente Marcello nipote di Augusto, Napoli 1736. FLEMING 1962 = J. FLEMING, Robert Adam and his circle in Edinburgh and Rome, London 1962. GARMS 1976 = J. GARMS, Kunstproduktion aus Anlass von Heilig-und Seligsprechungen, Rome 1767 und 1769, in «Römische historische Mitteilungen», 18, 1976, pp. 153-164. IL MUSEO DEL BAROCCO ROMANO 2008 = Il Museo del Barocco Romano: le collezioni Ferrari, Laschena ed altre donazioni a Palazzo Chigi in Ariccia, catalogo della mostra (Ariccia, Palazzo Chigi, 2008), a cura di F. Petrucci e M.B. Guerrieri Borsoi, Roma 2008. INGAMELLS 1977 = J. INGAMELLS, A dictionary of British and Irish travellers in Italy: 1701-1800, comp. from the Brinsley Ford Archive, New Haven 1977.

Horti Hesperidum, IV, 2014, 1

257


G. ZOLLE

LAVALLE-COBO 1991 = T. LAVALLE-COBO, La obra de Andrea Procaccini en España, in «Academia. Boletín de la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando», 13, 1991, p. 381-394. LAVIN 1975 = M.A. LAVIN, Seventeenth-Century Barberini Documents and Inventories of Art, New York 1975. LITTERI 2000 = T. LITTERI, La cappella di San Francesco Caracciolo in San Lorenzo in Lucina: nuovi documenti, in «Bollettino dei musei comunali di Roma», 13, 1999 (2000), pp. 70-92. MACCHIONI 1998 = S. MACCHIONI, Dal classicismo tardobarocco al rococò accademico: a proposito di un disegno inedito e del marattismo di Giuseppe Chiari, in «Per Luigi Grassi: disegno e disegni», a cura di A. Forlani Tempesti, S. Prosperi Valenti Rodinò, Rimini 1998. MENA MARQUÉS 1975 = M. MENA MARQUÉS, Los dibujos de Carlo Maratta y de su taller en la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando de Madrid, 2 voll., Madrid 1975. MOCHI ONORI, VODRET 2008 = L. MOCHI ONORI, R. VODRET, Galleria Nazionale d’Arte Antica Palazzo Barberini; i dipinti; catalogo sistematico, Roma 2008. MOORE 1985 = A. MOORE, Norfolk & the Grand Tour: eighteenth-century travellers abroad and their souvenirs, Norwich 1985. MORREA 2010 = N. MORREA, Francesco Caracciolo, l’uomo, il fondatore, il santo, in «Studi medievali e moderni», 14, 27, 2010, pp. 33-90. PAPA ALBANI 2001 = Papa Albani e le arti a Urbino e a Roma 17001721, catalogo della mostra (Urbino, Palazzo del Collegio, 29 giugno-30 settembre 2001; Roma, Chiesa del Santissimo Salvatore, 25 ottobre 2001-13 gennaio 2002), a cura G. Cucco, Venezia 2001. PASCOLI 1992 = L. PASCOLI, Vite de’ pittori, scultori, ed architetti moderni, edizione critica a cura di A. Marabottini, Perugia 1992. PETRUCCI 2011 = F. PETRUCCI, Repliche nella produzione giovanile del Maratti, in «Storia dell’Arte», 129, 2011, pp. 111-133. PIO 1977 = N. PIO, Le vite di pittori, scultori et architetti, a cura di C. Enggass, R. Enggass, Città del Vaticano 1977. LA PITTURA IN ITALIA 1990 = La pittura in Italia: il Settecento, a cura di G. Briganti, vol. II, Milano 1990. QUADRI DAL SILENZIO 1993 = Quadri dal silenzio: dipinti da conventi e istituti religiosi romani, catalogo della mostra (Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, 18 dicembre 1993-18 gennaio 1994), a cura di C.M. Strinati, Roma 1993. ROSSINI 1715 = G.P. ROSSINI, Il Mercurio errante delle grandezze di Roma, tanto antiche, che moderne, Roma 1715. 258


LA CENTRALITÀ DEL DISEGNO PER ANDREA PROCACCINI

RUDOLPH 1983 = S. RUDOLPH, La pittura del ‘700 a Roma, Milano 1983. RUDOLPH 1995 = S. RUDOLPH, Niccolò Maria Pallavicini: l’ascesa al tempio della virtù attraverso il mecenatismo, Roma 1995. SCHAAR 1966 = E. SCHAAR, Carlo Maratti and his pupils in the Baptismal Chapel of Saint Peter’s, in «The art bulletin», 48, 1966, pp. 414-415. SERRA 1932 = L. SERRA, Catalogo delle cose d’arte e d’antichità di Urbino, Roma 1932. SESTIERI 1994 = G. SESTIERI, Repertorio della pittura romana della fine del Seicento e del Settecento, 3 voll., Torino 1994. SPANTIGATI 2006 = C.E. SPANTIGATI, Il culto di San Pio V nella diffusione delle immagini, in Il tempo di Pio V, Pio V nel tempo, atti del convegno internazionale di studi (Bosco Marengo, Alessandria, 1113 marzo 2004), a cura di F. Cervini e C.E. Spantigati, Alessandria 2006. TURČIC 1985 = L. TURČIC, A key drawing by Andrea Procaccini, in «The Burlington magazine», 127, 1985, p. 795. URREA FERNÁNDEZ 1977 = J. URREA FERNÁNDEZ, La pintura italiana del siglo XVIII en España, Valladolid 1977. VIVIAN 1971 = F. VIVIAN, Il Console Smith, mercante e collezionista, Vicenza 1971. ZOLLE BETEGÓN 2015 = G. ZOLLE BETEGÓN, L’Accademia Pallavicini, incompiuta costruzione di un tempio marattesco, in Maratti e l’Europa, giornate di studi su Carlo Maratti nel terzo centenario della morte (1713-2013), atti del convegno internazionale (Roma, Palazzo Altieri-Accademia di San Luca, 11-12 novembre 2013) a cura di L. Barroero, S. Prosperi Valenti Rodinò, S. Schütze, pp. 289-313..

Horti Hesperidum, IV, 2014, 1

259


G. ZOLLE

Didascalie Fig. 1. Andrea Procaccini, Incontro tra Abramo e Melchisedec. Roma, Istituto Calasanctianum. Fig. 2. Andrea Procaccini, Salomone adora gli idoli. Roma, Istituto Calasanctianum. Fig. 3. Andrea Procaccini, Battesimo del Centurione Cornelio. Urbino, San Francesco. Fig. 4. Andrea Procaccini, Studio per Incontro tra Abramo e Melchisedec. Madrid, Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, n. inv. 1271. Fig. 5. Andrea Procaccini, Studio per Incontro tra Abramo e Melchisedec. Madrid, Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, n. inv. 1287. Fig. 6. Jean Simonet e arazzieri del San Michele su cartone di Andrea Procaccini, Purificazione. CittĂ del Vaticano, Palazzo Apostolico. Fig. 7. Andrea Procaccini, San Francesco Caracciolo. Ramsey, New Jersey, Sant Michael Seminary. Fig. 8. Robert van Audenaerd da Andrea Procaccini, Il venerabile Padre Francesco Caracciolo. Roma, Istituto Centrale per la Grafica, n. inv. FC122168. Fig. 9. Andrea Procaccini, Studio per san Francesco Caracciolo. Madrid, Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, n. inv. 530. Fig. 10. Andrea Procaccini, studio per san Francesco Caracciolo. Madrid, Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, n. inv. 1322. Fig. 11. Andrea Procaccini, Studio per san Francesco Caracciolo. Madrid, Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, n. inv. 1698. Fig. 12. Girolamo Frezza da Andrea Procaccini, Numa Pompilio riceve le leggi dalla ninfa Igeria e istituisce il culto di Vesta. Roma, Istituto Centrale per la Grafica, n. inv. FC 116652.

260


LA CENTRALITÀ DEL DISEGNO PER ANDREA PROCACCINI

1

2

Horti Hesperidum, IV, 2014, 1

261


G. ZOLLE

3

262


LA CENTRALITÀ DEL DISEGNO PER ANDREA PROCACCINI

4

5

Horti Hesperidum, IV, 2014, 1

263


G. ZOLLE

6

264


LA CENTRALITÀ DEL DISEGNO PER ANDREA PROCACCINI

7

8

Horti Hesperidum, IV, 2014, 1

265


G. ZOLLE

9

266


LA CENTRALITÀ DEL DISEGNO PER ANDREA PROCACCINI

10

11

Horti Hesperidum, IV, 2014, 1

267


G. ZOLLE

12

268


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.