STATUE EGITTIZZANTI DA TIVOLI TRA RAPPRESENTAZIONE E RITUALITÀ
BEATRICE CACCIOTTI
Come è noto il principato di Adriano è caratterizzato da culti solari e misterici in cui si combinano la venerazione per il Sole e la Luna, per Aion, per il siriano Zeus Casios1. Codici sacrali, riti salvifici, icone divine fanno da sfondo a un fenomeno complesso di portata religiosa, culturale e politica2. L’apertura di Adriano verso il mondo orientale, egizio in particolare, affonda le sue radici in un’esperienza interna alla società romana, che maturerà nel viaggio in Egitto del 130 d.C.3 CALANDRA 1996, pp. 120-134; MUSSO 2000, pp. 377-378; MUSSO 2008, pp. 162-163; MIGLIORATI 2003, p. 298; BRAVI 2007, p. 87 sgg.; GALIMBERTI 2007, pp. 144-146 (ridimensiona l’orientalismo di Adriano, collocandolo su uno sfondo di portata culturale più che religiosa: opinione non condivisibile; anche TAKÁCS 1995, pp. 104-107, ritiene che l’interesse per il mondo egizio di Adriano sia un condizionamento di moda). 2 Sulla funzionalità politica della fondazione di Antinoopolis, importante punto di appoggio del governo di Roma vd. MEYER 1991, pp. 215-217; CALANDRA 1996, pp. 132-134; GALIMBERTI 2007, p. 142. 3 Sul viaggio e la misteriosa morte di Antinoo nel Nilo vd. CALANDRA 1996, pp. 131-134, 157-162; GALIMBERTI 2007, pp. 139- 144; sul culto in Egitto vd. MEYER 1991, pp. 183-194, 251 sgg. 1
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Infatti, in vario modo, un interesse per i culti egizi si trova riflesso nell’intelligentia del tempo (si consideri che le Metamorfosi di Apuleio, scrittore africano iniziato ai culti egizi, furono composte tra l’età adrianea e quella antonina; Tacito e Plutarco manifestarono interesse per i culti egiziani4 e Giovenale si scagliò contro l’insensatezza di tali culti5). Una coincidenza che non può considerarsi casuale né non presumere una valenza simbolica è l’inaugurazione del Serapeo di Luxor e di quello di Ostia, rispettivamente il 24 gennaio del 126 e del 127 d.C. ovvero nel dies natalis dell’imperatore6. Evento che si può leggere come l’atto di una propaganda religiosa in nuce, che promuoverà nell’Urbe la ristrutturazione dell’Iseo Campense7, ma soprattutto porterà Adriano a presentarsi a Philae, isola dedicata a Iside, come Zeus-Serapide8 e lo farà innalzare al rango di theos sunnaos del dio nel tempio di Alessandria, anch’esso ricostruito dall’imperatore9. Legame sancito nelle emissioni alessandrine, che lo vedono associato, nel rovescio, ad Agathodaimon (117-118 d.C., 125126 d.C.), alla figura del dio Ptah-Sokar-Osiris (127-128 d.C.), ai TAC. Ann. 2, 59 si diffonde sul culto di Serapide; Plutarco compone il De Iside et Osiride: GALIMBERTI 2007, p. 145; COARELLI 2006, pp. 64-67. 5 IUV. VI, IX, XV. 6 LEMBKE 1994, pp. 94-95; TAYLOR 2004, p. 252, nota 102; COARELLI 2006, p. 63 sgg.; ROMEO 2007a, p. 97, nota 10: Adriano è associato a ZeusSerapide in un’iscrizione del 126 dal Serapeo di Luxor. 7 ENSOLI 1998, pp. 429-430; ENSOLI 2002, p. 107. Per un possibile intervento adrianeo nella costruzione del Serapeo del Quirinale vd.TAYLOR 2004, p. 254. 8 Nell’occasione venne risistemata l’isola dell’Abaton, ove era la tomba di Osiride: DESROCHES-NOBLECOURT 1999, pp. 63-73; ROMEO 2007b, p. 69; CAPRIOTTI VITTOZZI 2009, p. 63. 9 Nel cui recinto fonderà un Adrianeion: GRENIER 1989, pp. 972-973 nota 84; CALANDRA 1996, p. 130; TAYLOR 2004, p. 252. L’assunzione di Serapide quale divinità tutelare potrebbe avvalorarsi anche dal medaglione con funzione apotropaica recante il suo busto, scolpito sul pettorale di una statua loricata proposta come raffigurazione di Adriano vincitore sul nemico (TAYLOR 2004, p. 253, fig. 33), ma anche come Settimio Severo (MADERNA 2005, pp. 586-587, n. 159). 4
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busti di Iside e Serapide10 (133-134 d.C.). Devozione che non mancherà di ribadire nominando Isidios un demo della tribù Paolina ad Antinoopolis, unica denominazione di derivazione egizia tra tante che rendevano ossequio alle divinità del pantheon greco11. Nei termini di una dimensione sacrale che investe la persona stessa del princeps, e non solo in relazione all’immaginario connesso alla figura di Antinoo, sembra quindi che vada inteso il percorso di Adriano all’interno della religiosità dell’antico Egitto. Nella teologia egizia, ove l’aspetto della rigenerazione ciclica si rivelava dominante, aveva inoltre incontrato un terreno propizio a quell’aspirazione di palingenesi, già ricercata nelle pratiche iniziatiche eleusine12. Al culmine di questa affiliazione ai culti della rinascita vi è l’osirificazione di Antinoo13 (Osiride era il sovrano defunto che risorgeva in suo figlio Horus), nonché la “rinascita” di Adriano stesso, come viene celebrata da alcuni cistofori coniati dopo il 128 d.C., da una serie di aurei degli anni 136-137 d.C. e da alcuni ritratti scultorei, uno dei quali scoperto a villa Adriana14. Rinascita che potrebbe essere stata propiziata o dalla seconda iniziazione eleusina15, o dalla morte di Antinoo16 o addirittura dalla celebrazione, durante il suo viaggio in Egitto, della festa regale Sed, un giubileo reale, risalente all’Antico Regno dei Faraoni, in cui si compiva un rito di ringiovanimento del
ASHTON 2004, p. 66, n. 35, p. 86, n. 50, p. 92, nn. 55-56. Numerose altre simbologie egizie sono presenti nelle emissioni adrianee (templi egizi, Serapide, Arpocrate, Nilo, Horus che uccide coccodrillo, ippopotamo: ASHTON 2004, nn. 16, 22, 37, 52, 63, 64, 101). 11 GALIMBERTI 2007, p. 144. 12 CALANDRA 1996, pp. 105-107; GALIMBERTI 2007, pp. 128-134. 13 MEYER 1991, pp. 183-194, 251 sgg.; GALIMBERTI 2007, pp. 293-301. Da ultimo GRENIER 2008b, con bibl. precedente. 14 CORAGGIO 2000, pp. 240-241. 15 BEAUJEU 1955, pp. 164-170; MIGLIORATI 2003, p. 293. 16 HANNESTAD 1986, pp. 208-209; MIGLIORATI 2003, pp. 295-296; CAPRIOTTI VITTOZZI 2009, pp. 49-53, 71-72. 10
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sovrano17. Forse queste tre possibilità si devono sommare, sono riti che si rinnovano e che si compiono ciclicamente per mantenere l’imperatore semper aeternus. Un rinnovamento che, passando per la sua persona, assume un’accezione universale18. Nel 139 era stata prevista da Adriano la celebrazione dell’era sotiaca: l’auspicio di un saeculum aureum per l’Impero, che avveniva sotto la protezione di una divinità egizia. Un busto colossale di Iside-Sothis-Demetra, oggi conservato nei Musei Vaticani19, probabilmente inserito in un impianto idrico monumentale (fontana-ninfeo)20, che alludeva alle sorgenti del Nilo21, aveva trovato collocazione proprio a villa Adriana, scenario dove l’affermazione del pensiero religioso egizio ebbe la sua principale attuazione. Tralasciando la decorazione scultorea del santuario isiaco (ovvero la cosiddetta Palestra)22, ci soffermiamo sull’altro focus HORNUNG 1999, p. 108; ROMEO 2007a, p. 96. La cerimonia è raffigurata sull’obelisco di Antinoo del Pincio, dove il potere rigenerante si sarebbe trasmesso ad Adriano ed è richiamata su un frammento di statua di Ramesse II trovato a villa Adriana (ROMEO 2007a, pp. 95-96; CAPRIOTTI VITTOZZI 2009, pp. 68-69). Qui si sarebbe rinvenuto anche un cratere in granito (Musei Capitolini, inv. S. 29) con la “rinascita di Adriano” (ROMEO 2007b, pp. 68-73), per il quale vd. anche MARI 2010b, pp. 208-209. 18 CALANDRA 1996, p. 107. 19 MGE, inv. 22804: GRENIER 1989, pp. 957-958, 965; GRENIER 2008a, pp. 116-117. 20 ENSOLI 2002, pp. 101-106 (presso il padiglione-ninfeo cosiddetto di Venere Cnidia ove ipotizzava un Iseo); DE VOS 2004, p. 214 (presso il ninfeo con abside che fa parte delle sostruzioni del Casino Fede); MARI 2010a, p. 134, fig. 8 (cosiddetta palestra). Diversamente GRENIER 2008a, pp. 116-117 (già collocato nella grande nicchia- fontana in fondo al corridoio del Serapeo). 21 La piena del Nilo era annunciata dal sorgere della stella della costellazione del cane Sirio-Sothis, identificata con Iside. Nel 134-138 d. C. a Roma era stata coniata dal Senato una moneta con l’immagine di Iside-Sothis (GRENIER 1989, p. 964; CALANDRA 1996, p. 242; DESROCHESNOBLECOURT 1999; LEMBKE 1994, p. 120). 22 Per la cui decorazione vd. ENSOLI 1997, pp. 418-420; per gli sviluppi degli scavi vd. MARI 2006, pp. 113-139; MARI 2010a, pp. 134-137, con bibl. precedente. Il Mari propone qui il Canopum citato dall’Historia Augusta. 17
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egizio della villa, il cosiddetto Antinoeion, individuato da Zaccaria Mari in una zona scavata a partire dal 2002 di fronte alle Cento Camerelle23. Per questo contesto il programma decorativo si è formulato sia con materiali egizi ed egittizzanti, spesso frammentari, venuti alla luce, tra il 2002 e il 2004, nelle indagini condotte dal dott. Mari, sia con opere scoperte in epoche precedenti, non sempre però nell’area del complesso monumentale recentemente individuato, ma attribuitevi sulla base di letture iconografiche. Oltre ai marmi trovati in situ come riempimento nelle fosse e nei cunicoli (blocco con immagini regali e divine, blocco con capitello hatorico, rilievo di Iside trasformata in uccello, rilievi con simboli vari, bocciolo di loto, ureo, etc., colonnine tortili, resti di statue in marmo nero con venature bianche tra cui una testa regale maschile e un plinto, frammento di un falco divino, frammento di statua di Ramesse II)24, all’arredo sono stati ricondotti i due telamoni25 in sienite di Assuan, di cui si hanno testimonianze solo a partire dalla fase di reimpiego ai lati del portale del palazzo vescovile di Tivoli, ma sui quali un ulteriore spunto di riflessione potrebbe essere offerto da un passo di Pirro Ligorio, che ricorda nella villa statue gigantesche in marmo nero e rosso, recanti capitelli sulle teste e abbigliate con vesti sottilissime, individuate ai margini di un triclinio di forma decagona, forse identificabile presso la platea del cosiddetto tempietto di Venere Cnidia26. MARI 2002-2003, pp. 145-185; MARI 2003-2004, pp. 263-314; MARISGALAMBRO 2007, pp. 83-104; SGALAMBRO 2010, pp. 385-414. 24 MARI 2002-2003, p. 159 sgg.; MARI 2003-2004, pp. 289-296; CAPRIOTTI VITTOZZI 2009, pp. 53-64; MARI 2010b, pp. 210-211, cat. 29. 25 Musei Vaticani, Pio-Clementino, Sala a Croce Greca, inv. 196-197: RAEDER 1983, pp. 166-167, III, 73-74. Nella ricostruzione dell’Antinoeion sono stati collocati ai lati del portale dell’Antinoeion o a sostenere l’architrave del protiro del tempietto dell’esedra (MARI 2002-2003, p. 180; MARI 2003-2004, p. 301; MARI-SGALAMBRO 2007, p. 87; MARI 2008, p. 128, fig.; MARI 2010a, p. 132, figg. 3-6), ma già posizionati agli angoli dei due padiglioni del Serapeo (GRENIER 1989, pp. 973-974, fig. 9). 26 TEN 2005, pp. 56, 57, 180 (P. Ligorio, Taur. 20, f. 34v: «triclinio, ciò è stanza dove si manciava, di forma circolare, come la descrive Vitruvio, il 23
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Rappresenterebbero la testimonianza più completa dell’apparato decorativo del cosiddetto Antinoeion le dieci statue trovate negli anni settanta del XVII secolo dai padri Gesuiti in un loro terreno «incontro alle Cento Camerelle»27, definite di pietra paragone ovvero un marmo grigiastro con ampie macchie di colore chiaro (che oggi sappiamo trattarsi del marmo nero antico/bigio morato di Göktepe, come hanno dimostrato le analisi sui frammenti scavati recentemente28), le quali entrarono nella collezione del cardinale Camillo Massimo, alla cui morte (1677) nove passarono in proprietà del marchese del Carpio, ma scomparvero nell’Ottocento, forse a seguito dell’invasione napoleonica della Spagna. Grazie ai disegni commissionati dal nobile spagnolo possiamo però conoscere l’aspetto delle statue, sebbene in parte inficiato dai restauri cui quale nel vero, è stato tanto spianato che già non mai più se ne vedrà segno alcuno. Haveva questo alquanto della forma rotonda ma decagona e degli angoli dolcemente angolata, incrostato tutto di marmi mischi, et di compartimenti: haveva figure per colonne del marmo negro, i vestimenti di sottilissimi veli vestiti, colle mani et piedi et braccia del marmo rosso, poste in ogni angolo una che sostenevano mutuli capitelli et corone, delle quali solo una ne havemo veduta intera è… et esse figure sono di grandezza tre volte il naturale»). Per l’ipotesi di un Iseo presso il padiglione-ninfeo cosiddetto di Venere Cnidia vd. ENSOLI 2002, p. 101. 27 CACCIOTTI 1994, pp. 155-160, figg. 50-53, tav. II; CACCIOTTI 1996, pp. 214-215, figg. 72-75; MARI 2003-2004, pp. 282-286; CACCIOTTI 2010c, p. 229; PALMA VENETUCCI 2010, p. 45. La collezione del Carpio comprendeva quindici statue a soggetto egizio, ma solo per nove si ha la certezza della provenienza tiburtina. Alcune potrebbero provenire dal mercato antiquario e da altri luoghi egizi di Roma (Iseo campense) e del territorio laziale. I reperti conservati a Madrid, nel Museo del Prado (per i quali vd. SOUROUZIAN 1993, pp. 41-43, n. 1, inv. 106F: ciò che rimane della statua dell’Album Carpio, f. 84; SCHRÖDER 2004, pp. 451-463, nn. 202, 203, 204: inv. 703-E, 414-E, 415-E= Album Carpio, ff. 83, 85) non fanno parte del gruppo dei «dieci idoli egizi», anche se alcuni poterono essere restaurati con frammenti trovati a Tivoli (cfr. infra). 28 ATTANASIO, BRUNO, YAVUZ 2009, pp. 334-336; ATTANASIO, BRUNO, YAVUZ 2010, pp. 84-88. I marmi delle cave di Göktepe (Muğla) nella regione di Afrodisia, che presentano inclusioni calcitiche bianco-giallastre, si mostrano in una varietà nera e in una più tendente al grigio, oltre a una qualità bicroma bianco-nera e al bianco statuario.
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vennero sottoposte nel Seicento per le non buone condizioni in cui versavano al momento della scoperta; per la decima, raffigurante Imhotep, ci viene in aiuto un coevo disegno di Pietro Santi Bartoli rintracciato dalla Capriotti Vittozzi29. Alcuni «pezzi di gambe, teste, orecchie di toro, code di altri animali» che si trovarono nello «scassato» dei Gesuiti potrebbero essere andati a completare le stesse statue non tutte venute in luce in buono stato e altre figure egizie, non necessariamente di provenienza tiburtina30, assai ricercate in un ambiente culturale attratto dall’esoterismo e dalle scienze occulte e che riconosceva all'Egitto antico e alla sua "emblematica" scrittura il riflesso della prisca sapientia. Frammenti di marmo di origine tiburtina potrebbero essere stati impiegati per completare altre due statue egizie appartenute al marchese del Carpio, risultato di un pastiche seicentesco composto da parti antiche non pertinenti e integrazioni moderne. La prima statua (Madrid, Museo del Prado, inv. E 414)31, di cui sono noti due disegni della seconda metà del Seicento e del primo Settecento32, è composta principalmente da quattro pezzi (fig. 1): 1) parte superiore di tipo regale; 2) parte centrale costituita dalla veste di lino dei sacerdoti isiaci33; 3) parte inferiore da sotto le ginocchia, comprensiva della base, di un marmo grigiastro con venature bianche (fig. 2);
CAPRIOTTI VITTOZZI 2006b, pp. 105-109, tav. I. Ricordiamo che in quegli anni si scavava anche all’Iseo Campense, da dove proviene la statua di Iside della collezione Massimo, oggi a Monaco di Baviera (GRIMM 2004, p. 131, n. 105), già con errata provenienza da villa Adriana (ROULLET 1972, n. 123, figg. 140-142). 31 SCHRÖDER 2004, pp. 459-467, n. 204. 32 Album Carpio, f. 85 e Album Ajello, f. 3 (CACCIOTTI 1996, p. 159, f. 57; ELVIRA BARBA 1998, pp. 38-39, n. 3); SCHRÖDER 2004, p. 465, fig. 98b. 33 Per l’abbigliamento dei sacerdoti isiaci vd. le pitture dall’Iseo di Pompei: SAMPAOLO 2006, pp. 99-101, II.20, II.21, 1.6. 29 30
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4) braccio sinistro della stessa qualità di marmo del n. 3 (fig. 3). Per il completamento dei restauri ai nn. 3 e 4 potrebbero essere stati utilizzati quei frammenti ricordati dal Bartoli, che furono trovati nello scavo tiburtino dai Gesuiti; nel n. 3 richiama l’attenzione l’animale schiacciato dal piede sinistro (un coccodrillo “miniaturizzato” ?), presente anche in un’altra statua scoperta a villa Adriana, oggi perduta, e testimoniata solo da un disegno34. La seconda statua (Madrid, Museo del Prado, inv. E 415: fig. 4)35 è il frutto di vari pezzi giustapposti, dove risalta la testa di marmo attraversata da una vena con inclusioni che tendono all’arancio (fig. 5), testa che non corrisponde a quella posseduta nel Seicento (posticcia ?), come dimostra un disegno dell’epoca (Album Carpio, f. 84: qui fig. 6) ove recava la testa in basalto di un funzionario egizio, ugualmente oggi conservata nel Museo del Prado36 (fig. 7), che dovette esserle asportata a seguito di restauri avvenuti nel corso del Settecento37. Un disegno settecentesco (fig. 8) riproduce infatti il pezzo con la nuova testa caratterizzata dal capo coperto dal nemes striato -ancora oggi conservata – e con un diverso posizionamento delle braccia (attualmente mancanti) non più incrociate sul grembo (cfr. fig. 6) bensì portate lungo i fianchi e con i palmi aperti verso lo spettatore (Album Ajello, f. 7: qui fig. 8)38. Tasselli di marmo di Göktepe, verosimilmente provenienti dai frammenti scoperti a villa Adriana, servirono a reintegrare, nel torace e nel braccio destro (fig. 9), una statua inginocchiata del faraone Nectanebo I, pervenuta anch’essa nella collezione del marchese del Carpio39 (fig. 10). Album Carpio, f. 87: CACCIOTTI 1996, p. 215, fig. 74. Ringrazio la dott.ssa G. Capriotti Vittozzi per i consigli sull’identificazione dell’animale. 35 SCHRÖDER 2004, pp. 459-467, n. 203. 36 SOUROUZIAN 1993, pp. 41-43, n. 1, inv. 106F. 37 Sui restauri del 1735 circa eseguiti sui cosiddetti idoli egizi vd. LUZÓN NOGUÉ 2000, p. 213 e nota 43. 38 CACCIOTTI 1994, p. 160, fig. 59; ELVIRA BARBA 1998, p. 47, n. 7. 39 CACCIOTTI 2010b, pp. 80-81, n. 12. 34
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La statua risulta, infatti, ricomposta da più parti con inserimenti di pezzi di marmo diverso (fig. 11). Il corpo e la testa non sono pertinenti tra di loro: il corpo, cui sono uniti il pilastro dorsale e la base con geroglifici, appartiene a Nectanebo I (380-362 a.C.), primo sovrano della XXX dinastia40. La testa, che non reca alcun attributo regale e che presenta forti asimmetrie tra le due parti del volto, costellato da rattoppi in granito, è realizzata in un materiale caratterizzato da una porzione centrale tendente all’arancio e sembra configurarsi come un lavoro moderno. Come più volte ribadito, le statuette Massimo-del Carpio vanno ad unirsi alle cinque statue di sacerdoti e offerenti, insieme a un busto di Osiri-Api su un fiore di loto, trovate all’inizio del Settecento41. Sicuramente il gruppo delle statue in marmo nero/bigio di Göktepe, alte all’incirca 1,50-1,60 m42, doveva essere ancor più numeroso, come si evince sia dalle parti frammentarie impiegate per i restauri segnalati sopra (e da quelle trovate nel 2002-200443), sia dalla pertinenza alla villa di pezzi tipologicamente affini, come i due «idoli egizi in marmo nero, di paragone», l’uno maschile, l’altro femminile, riportati in luce nel Pantanello da Gavin Hamilton e acquistati dal conte di Shelburne44, o ancora l’immagine del dio Min di Panopolis45
Il faraone è raffigurato in ginocchio, atteggiamento di offerente nel quale viene rappresentato anche su una lastra architettonica in basalto da Alessandria d’Egitto conservata al British Museum: RUSSMANN 2001, cat. 134. 41 CACCIOTTI 1994, pp. 155-156; PALMA VENETUCCI 2003, pp. 286-287; MARI 2003-2004, pp. 281-296; MARI 2010a, p.130, figg. 1-2. 42 Vd. il calco, oggi distrutto, di una statuetta del gruppo tiburtino MassimoCarpio che si conservava a Madrid presso il Museo Nacional de Reproducciones Artísticas (ELVIRA BARBA 1998, p. 43). 43 MARI 2003-2004, pp. 289-295. 44 SMITH 1901, p. 310 e nota 6; ROULLET 1972, nn. 233-234; GRENIER 1989, pp. 959-960; BIGNAMINI, HORNSBY 2010, pp. 160, 164, n. 14 (venduti nel 1995-1996, forse in collezione privata a New York). 45 Monaco, Staatliches Museum Ägyptischer Kunst, inv. Gl. WAF 32: ROULLET 1972, n. 139, fig. 158; GRENIER 1989, p. 943 (stesso atelier del dio Ptah); GRENIER 2008a, p. 114 (identificato con Horo arpionatore di 40
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posseduto dal cardinale Alessandro Albani, la cui collezione si formò con molte antichità provenienti dalla residenza imperiale46. La suggestiva ipotesi del Grenier come l’interessante ricostruzione del Mari tendono a incanalare il messaggio religioso emanato da questa teoria di sacerdoti, di offerenti e di figure incedenti, l’una nella piattaforma della galleria del Serapeo, l’altra nel recinto in muratura o nel portico dell’esedra dell’Antinoeion47. Si potrebbe però presumere anche una distribuzione meno concentrata, pensando alla simulazione di una processione con ministri che recano strumenti del rito, offerte di fiori e collane, atteggiati in gesti di ostensione, mentre convergono verso un luogo di culto per partecipare a feste isiache, a cerimonie a carattere iniziatico o a riti in onore di Antinoo48. Un confronto per il cerimoniale può essere fornito dagli offerenti sontuosamente vestiti in abiti da cerimonia che incedono verso il sacello e recano doni sui vasi in ossidiana da Stabia49 o dal cofanetto in legno conservato al Museo egizio di Torino50 di tarda età tolemaica, con scena di offerta compiuta dal re in onore di Arpocrate. Forse rivalutando la posizione delle statuette lungo le terrazze del Canopo indicate nella pianta di villa Adriana da Giovanni Canopo); GRIMM 2004, pp. 170-171, cat. 113; CACCIOTTI 2010c, p. 230, fig. 1. 46 Anche per le due «figure maschili in costume reale egittizzante» (Monaco, Staatliches Museum Ägyptischer Kunst, inv. Gl. WAF 14, 15), a pendant e molto restaurate, si è ipotizzata una provenienza da villa Adriana: GRENIER 1989, pp. 943-945; GRENIER 2008a, p. 114, secondo cui sarebbero Osirantinoos o Antinoo-Faraone; GRIMM 2004, pp. 135-137, cat. 108-109; MARI 2002-2003, p. 181; MARI 2003-2004, p. 301 (dall’Antinoeion). 47 GRENIER 1989, pp. 935-956; GRENIER 2008a, pp. 113-114, che non tiene in alcun conto le dieci statue Massimo-Carpio; MARI 2003-2004, pp. 281295; MARI 2010a, pp. 130-131. 48 Riti funebri e giochi in suo onore furono istituti da Adriano, come ricordato anche sull’Obelisco del Pincio (ROMEO 2005, pp. 9-10). 49 CIMA 2006, pp. 212-214. 50 SPAGNOTTO 1997, p. 63.
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Battista Piranesi51, si potrebbe fornire una prospettiva di indagine alternativa e meno in contraddizione con le testimonianze delle fonti antiquarie. Numerosi sono inoltre i materiali trovati fuori contesto, che rinviano alla considerazione di spazi religiosi all’interno della villa ancora in corso di definizione nei loro molteplici significati52. Un caso su cui soffermare l’attenzione è la «Inachis-Venere egizia» che, come chiarisce una testimonianza ligoriana53, va ricondotta al ninfeo absidato che, oltre l’ottagono centrale, chiude a sud la Piazza d’Oro54. Questo unico elemento PIRANESI 1781, s.v. “Canopo”, Y, Z. CACCIOTTI 2010c, p. 231 sgg. 53 «La testa di essa fonte era formata di una gran cavea absidata dove corrispondentemente attorno erano colonne sopra modiglioni posate del marmo giallo et con nicci et a destra et a sinistra dell’absida o vero emiciclo erano poste imagini di Venere, delle quali due ne son state portate a Roma, nel giardino di Monte Cavallo, con altre figure ch’erano Nymphe dell’Oceano dove era Inachis o vero Venere Egittia et Hipponoe»: BAV, Cod. Vat. Lat. 5295, f. 18r. La stessa si ripete in Taur. 20: «La testa poi di essa fonte, formata di una gran cavea absidata, dove, corrispondentemente attorno, erano colonne sopra modiglioni posate, del marmo gialle thasio et con nicchi tra esse colonne da statoe, et a destra et a sinistra dell’absida, o pure un grande hemyciclo, erano due altri luoghi con le imagini di Venere, de le quali due ne sono portate a Roma, nel giardino di Monte Cavallo, con altre figure ch’erano de le Nymphe dell’Oceano, dove era Inache-Inachis, o vero Venere Aegyptia, et Hipponoe, Galathea et Thetide» (TEN 2005, p. 64, p. 184, f. 41; SALZA PRINA RICOTTI 2001, pp. 265-276, fig. 92, h, che poi inserisce la statua di Iside anche nella lista delle sculture provenienti dal Canopo, ibidem, p. 421). La descrizione è ripetuta quasi identica nel codice di Torino sull’antica Tibur, dove si trovano citate anche le immagini di «Galathea et Thetide». 54 Il passo ove il Ligorio menziona tali rinvenimenti fu equivocato dal Lanciani, che pensò si trattasse della cosiddetta Piazza d’Oro, errore che è stato pedissequamente ripetuto. Il Ligorio descrive, invece, quella che convenzionalmente indichiamo come Piazza d’Oro quando si sofferma sulle strutture collocate a est del Canopo (TEN 2005, pp. 181-182, f. 37, p. 184, f. 41; SALZA PRINA RICOTTI 2001, pp. 357-359, p. 419). L’indicazione del Ligorio sulla scoperta in quest’area di capitelli in marmo nero ha avuto inoltre riscontro nella scoperta di altri capitelli rinvenuti nel cosiddetto 51 52
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decorativo egizio, in un contesto in cui sono presenti figure di Ninfe marine (Ipponoe, Galatea e Tetis; e immagini di Venere verosimilmente inquadrabili nel repertorio figurativo di tradizione greco-ellenistica), si può identificare con la statua colossale in basalto di Iside (fig. 12), oggi al Louvre (alta 2, 56 m)55, ma già appartenuta a Ippolito d’Este56, che avrebbe riacquisito solo nell’Ottocento la sua testa originaria, scoperta nel Pantanello nel 1726 da Francesco Antonio Lolli e venduta al cardinale Melchior de Polignac57. Per il comparto egizio villa Adriana risulta un punto d’incontro di maestranze e materiali di cave diverse. Sotto un supervisore di formazione egizia58 dovrebbero aver lavorato in Stadio in epoca recente. Le «grandi imagini del marmo mamurro bianco et negro», al quale l’erudito allude nello stesso passo, potrebbero riconoscersi in frammenti di statue di Niobidi, alcune delle quali, in marmo bigio, sono venute alla luce a villa Adriana nel corso degli anni Cinquanta del Novecento e si è ipotizzata per esse una collocazione proprio nel cosiddetto Stadio (GIZZI 2000, pp. 206-208, n. 22; MOESCH 2000, pp. 230-231, n. 41; ESPOSITO 2000, pp. 231-232, n. 41-42; DIACCIATI 2005, p. 197 e sgg.). 55 Parigi, Museo del Louvre, Departement des Antiquités Égyptiennes, N 119 A; GRENIER 1989a, p. 972, tav. XXXIX; ZIEGLER 1994, pp. 61-62, cat. 11. 56 BULGARINI 1848, p. 75 nota a; SENI 1902, p. 264; ASHBY 1908, p. 233, p. 254, Appendice C; RAEDER 1983, p. 58, I 40. Questa è la «statua gigantesca di basaltide egizio […] senza testa», citata in FERRUTI 2009, pp. 229-231; CACCIOTTI 2010a, pp. 78-79, fig. 1; PALMA VENETUCCI 2010, p. 43; SLAVAZZI 2010, p. 77. 57 Cfr. l’inventario del 1742, Etat et Description de statues… trouvés à Rome assemblés et apportés en France par feu M. le Cardinal de Polignac, n. 482: «Teste Egyptienne d’Isis, en basalte d’un pied 8 ponces». L’intuizione della pertinenza dei due pezzi staccati in età post-antica sarebbe stata di Diego de Revillas, la cui opinione fu autorevolmente condivisa dal Winckelmann, che criticò aspramente quella testa moderna «lavorata a capriccio», aggiunta nel Cinquecento; GRIMM 2004, p. 166. 58 CAPRIOTTI VITTOZZI 2005, p. 16; CAPRIOTTI VITTOZZI 2006a, p. 61; CAPRIOTTI VITTOZZI 2009, pp. 55, 70. Sulla possibilità che artigiani scalpellini dall’Egitto siano venuti con Adriano in Italia: BRESCIANI 1986, p. 96. L’elaborazione del complesso programma iconografico egizio all’interno di villa Adriana presuppone la presenza a Roma di un sacerdote egizio, ad esempio Pétarbeschénis di Panopoli, o di uno del clero ermopolitano:
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contemporanea scultori di diversa estrazione per mettere in opera, in differenti parti della villa, programmi decorativi con tematica analoga. Riconsideriamo in breve gli esempi citati. Lo stile della statua del Louvre (fig. 12) è indubbiamente greco, la veste è totalmente ellenizzata. Il materiale utilizzato è però basalto; la competenza nella lavorazione di pietre molto dure è stata attribuita spesso ad artisti egizi e nel caso specifico si è ipotizzato che la statua sia stata scolpita in Italia59. Le statuette di offerenti e sacerdoti rientrano nella categoria delle opere egittizzanti60, ovvero non copiate direttamente bensì ispirate a modelli egizi, e sono in marmo afrodisiense. Si tratta quindi anche per esse di manufatti prodotti in loco61. L’aspetto della questione che si pone è se il materiale di origine afrodisiense utilizzato per iconografie ispirate alla tradizione egizia sia stato lavorato da maestranze urbane62. L’eccezionale richiesta di un repertorio creato ad hoc viene soddisfatto servendosi di una varietà di marmi – proconnesio (sfinge)63, basalto (statua del Louvre), nero/bigio morato di Göktepe (statuette di sacerdoti e offerenti) e rosso antico da BRESCIANI 1986, p. 96; GRENIER 1989, p. 979; CAPRIOTTI VITTOZZI 2006b, pp. 108-109. 59 ZIEGLER 1994, pp. 62-63, cat. 11. In generale su artisti egizi nella Roma imperiale vd. CAPRIOTTI VITTOZZI 1999, pp. 161, 165; CAPRIOTTI VITTOZZI 2005; CAPRIOTTI VITTOZZI 2006a, pp. 53-60. Per l’ipotesi che la sfinge in proconnesio di recente trovata a villa Adriana possa essere stata eseguita da un artista egizio attivo a villa Adriana: CAPRIOTTI VITTOZZI 2006c. 60 LEMBKE 1994, pp. 32-33. 61 A due diversi artisti per elementi (busto di Osiride-Api, tre statuette egittizzanti e altre due statuette egittizzanti) del presunto programma iconografico del cosiddetto Serapeo pensava GRENIER 1989, p. 942. Che l’intero gruppo fosse stato realizzato da un medesimo atelier di scultori appositamente attivo per villa Adriana è stato ipotizzato in MARI 2003-2004, p. 297; MARI 2010b, p. 210. 62 ATTANASIO, BRUNO, YAVUZ 2010, p. 87. Per alcuni aspetti sulla lavorazione dei marmi afrodisiensi vd. SMITH 2008; SMITH 2011; PENSABENE 2011, pp. 52-56. 63 Vd. nota 59.
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Milas (sacerdoti isiaci)64- la cui disponibilità e il controllo imperiale ne determinarono un ampio uso nella decorazione della villa65, non esclusivo del comparto egizio, ma dove il colore in questo caso fu determinante, essendo il nero e il rosso parte della realtà e della ricchezza concettuale dell’antico Egitto.
Dalle cave di Milas, l’antica Mylasa in Caria, proviene il marmo rosso con cui è stato realizzato il busto di sacerdote egizio, da villa Adriana ai Musei Capitolini: comunicazione di Matthias Bruno nella conferenza The newly discovered Goektepe quarries in ancient Caria near Aphrodisias: use and distribution from the 1st century to late Antiquity, tenuta al Convegno Using Image in Late Antiquity, Identity, Commemoration and Response (Roma, Accademia di Danimarca, 13-15 gennaio 2010). 65 Vd. per il marmo di Göktepe i centauri, il fregio, i capitelli, la statua di Niobe; per il marmo di Milas il Fauno rosso, probabile opera di artisti afrodisiensi, Musei Capitolini, inv. 657 (ATTANASIO, BRUNO, YAVUZ 2010, p. 89; CADARIO 2010, pp. 182-184, cat. 10). Per un frammento in marmo rosso dall’Antinoeion: MARI 2003-2004, p. 295, fig. 39. 64
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B. CACCIOTTI PENSABENE 2011 = P. PENSABENE, Su alcuni aspetti produttivi delle “scuole” di scultura di Docimio, Afrodisia e Nicomedia, in Roman Sculpture in Asia Minor 2011, pp. 37-61 PIRANESI 1781 = G. B. - F. PIRANESI, Pianta delle fabriche esistenti nella villa Adriana, Roma 1781 RAEDER 1983 = J. RAEDER, Die statuarische Ausstattung der Villa Hadriana bei Tivoli, Frankfurt am Main 1983 Roman Sculpture in Asia Minor 2011 = Roman Sculpture in Asia Minor, Proceedings of the International Conference to celebrate the 50th anniversary of the Italian excavations at Hierapolis in Phrygia (Cavallino, 24-26 May 2007), ed. F. D’Andria, I. Romeo, Portsmouth 2011 («JRA», Supplementary series, 80) ROMEO 2005 = P. ROMEO, L’obelisco di Adriano al Pincio e il presunto Antinoeion di Villa Adriana, «AnnNoment», 6, 2005, pp. 5-15 ROMEO 2007 a = P. ROMEO, Ancora sull’obelisco adrianeo del Pincio, «AnnNoment», 8, 2007, pp. 92-98 (2007 a) ROMEO 2007 b =P. ROMEO, “Signora delle due Terre”. Sabina e l’Egitto, in Vibia Sabina da Augusta a Diva, a cura di B. Adembri, M. Nicolai, Milano 2007, pp. 67-73 (2007 b) ROULLET 1972 = A. ROULLET, The Egyptian and Egyptianizing monuments of imperial Rome, Leiden 1972 RUSSMANN 2001 = E. R. RUSSMANN, ed., Eternal Egypt. Masterworks of Ancient Art from the British Museum, London 2001 SALZA PRINA RICOTTI 2001 = E. SALZA PRINA RICOTTI, Villa Adriana. Il sogno di un imperatore, Roma 2001 SAMPAOLO 2006 = V. SAMPAOLO, Statua di Arpocrate e Vignette con sacerdoti, in Egittomania 2006, pp. 98-101, Cat. II.20, II.21 SCHRÖDER 1993 = S.F. SCHRÖDER, Cátalogo de la escultura clásica. Volumen I: Los Retratos, Madrid 1993 SCHRÖDER 2004 = S. F. SCHRÖDER, Museo del Prado. Catálogo de la Escultura Clásica. II: Escultura Mitológica, Madrid 2004 SENI 1902 = F.S. SENI, La villa d’Este in Tivoli, Roma 1902 SGALAMBRO 2010 = S. SGALAMBRO, Il contesto e l’architettura del cosiddetto Antinoeion a Villa Adriana, in Tradition and Trasformation: Egypt under Roman Rule (Proceedings of the International Conference, Hildesheim, Roemer- and Pelizaeus-Museum, 3-6 July 2008), ed. K. Lembke, M. Minas-Nerpel, S. Pfeiffer, Leiden Boston 2010, pp. 385-414 SLAVAZZI 2010 = F. SLAVAZZI, Le sculture della Villa Adriana: cinquecento anni di dispersioni, in Villa Adriana 2010, pp.79-80
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B. CACCIOTTI Didascalie Fig. 1. Statua egittizzante ricomposta con parti non pertinenti. Madrid, Museo del Prado (inv. E-414). Fig. 2. Parte inferiore di restauro della statua inv. E- 414. Madrid, Museo del Prado. Fig. 3. Particolare del braccio di restauro della statua inv. E- 414. Madrid, Museo del Prado. Fig. 4. Statua egittizzante ricomposta con parti non pertinenti. Madrid, Museo del Prado (inv. E-415). Fig. 5. Testa egittizzante di restauro, particolare della statua inv. E-415. Madrid, Museo del Prado. Fig. 6. Disegno della statua egittizzante inv. E-415 restaurata nel Seicento. Album Carpio, f. 84. Fig. 7. Testa egizia, già restaurata sulla statua inv. E-415. Madrid, Museo del Prado (inv. 106-F). Fig. 8. Disegno della statua egittizzante inv. E-415 restaurata nel Settecento. Album Ajello, f. 7. Fig. 9. Statua di Nectanebo I, particolare con torace e braccio destro restaurati in marmo di Göktepe. Madrid, Museo Arqueológico Nacional (inv. 1979/65/1). Fig. 10. Disegno della statua di Nectanebo I. Album Carpio, f. 82. Fig. 11. Statua di Nectanebo I. Madrid, Museo Arqueológico Nacional (inv. 1979/65/1). Fig. 12. Statua colossale identificata come Iside. Parigi, Museo del Louvre (inv. N 119 A).
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