Hystrio 2018 1 gennaio-marzo

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la società teatrale

a cura di Roberto Rizzente

Argano: il DDL, alla ricerca della stabilità perduta di Roberto Rizzente

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novembre: la Camera approva la legge delega di riordino del settore dello spettacolo, attesa da cinquant’anni. Mentre si aspettano i decreti attuativi, il teatro italiano imbocca la via della stabilità. Cosa cambia? Ne abbiamo parlato con Lucio Argano (nella foto di apertura, con Ilaria Angelone e Claudia Cannella durante uno dei Seminari di Hystrio), già presidente della Commissione Consultiva Teatro. Qual è stato l’iter del disegno di legge? Lo spettacolo dal vivo non aveva, a differenza del cinema, un dispositivo organico di norme: c’erano le leggi 800 del 1967 e quella sui circhi del 1968 (dove per circo s’intendevano gli spettacoli con animali), ma nessuna norma sul teatro di prosa o sulla danza, tant’è che per la danza si faceva riferimento alla legge sulla musica. Quando uscì la Legge 163 del 1985, che ha istituito il Fus, se ne parlò come di una legge madre che avrebbe dovuto far nascere delle leggi figlie per i diversi settori. Ma nulla cambiò, e il sistema continuò a orientarsi sulle circolari per disciplinare l’erogazione dei finanziamenti. Poi, col Valore Cultura del 2013 e il DM del 1 luglio 2014, cominciò a farsi strada l’esigenza di una norma organica. Iniziò così un dibattito con le rappresentanze dello spettacolo, su iniziativa della senatrice De Giorgi, che ha portato al disegno di legge “Disposizioni generali in materia di spettacolo e deleghe al Governo per il

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riordino della materia”, approvato dal Senato il 20 settembre e dalla Camera l’8 novembre, in vista dell’unico testo normativo denominato “Codice dello Spettacolo”. Quali sono i pro del DDL? Il riequilibrio territoriale tra Nord e Sud prima di tutto. Il ricambio generazionale, la facilitazione dell’accesso alla fruizione: il sostegno pubblico ha sempre supportato l’offerta, rimane la necessità di intervenire sulla domanda. E, ancora, l’invito agli enti locali a individuare immobili pubblici in stato di degrado da restituire alla scena. I temi dello statuto del lavoratore dello spettacolo, o del credito agevolato, attraverso convenzioni per esempio con l’Istituto del Credito Sportivo. E, ancora, la concertazione tra Stato e gli enti pubblici territoriali, anche attraverso lo strumento dell’accordo di programma. Cosa la lascia perplesso, del DDL? Nel DDL si parla dei carnevali e delle rievocazioni storiche: mi chiedo se il legislatore ritenga che il carnevale di Viareggio abbia la stessa importanza di certi festival teatrali. Si includono, poi, le pratiche artistiche a carattere amatoriale, compresi i complessi bandistici: sarà importante capire gli equilibri, se questi fenomeni sono intesi come strumenti di avvicinamento alle arti sceniche, ben vengano, diversamente rimango perplesso.

Cosa rimane, nel DDL, del precedente DM? il DM - che rimarrà in vigore fino al completamento dei decreti attuativi - è stato in qualche modo assunto come elemento guida del DDL sia per i principi che l’informano (l’eliminazione delle barriere d’ingresso alla domanda, a patto di avere una progettualità) sia per le categorie postulate. Citando l’Art Bonus, lo strumento di defiscalizzazione dell’investimento privato che il DDL estende allo spettacolo dal vivo, si parla di «teatri nazionali, teatri di rilevante interesse culturale, festival, imprese, centri di produzione, circuiti di distribuzione», il che mi fa pensare che le categorie saranno mantenute. A patto, naturalmente, di qualificarle meglio. Rimane attiva la Commissione Consultiva… Come si inserisce il suo lavoro in questo nuovo quadro? Fino a oggi operava una Consulta Generale dello Spettacolo, una sorta di rappresentanza del mondo dello spettacolo nella dialettica con le Istituzioni che determinava gli indirizzi principali, per esempio come utilizzare il tesoretto. Sotto di essa operavano in maniera autonoma le quattro Commissioni Consultive di prosa musica danza e circo. Col nuovo DDL, la Consulta diventa il Consiglio Superiore dello Spettacolo: formata da quindici figure con competenze gestionali, più che artistiche, aiuterà il Governo a indirizzare le politiche che deriveranno dall’applicazione dei Decreti. Non cambia, dunque l’architettura, ma molto dipenderà da chi entrerà nel Consiglio. Su quali fondi potrà contare il DDL? È previsto, per il 2018/2019, un incremento del Fus di 9,5 milioni, e di 22,5 a decorrere dal 2020. Certo, dovrà finanziare anche i carnevali e il teatro amatoriale, ma non dimentichiamo che il Fus era già aumentato nel 2017 e aveva potuto beneficiare di 12 milioni dal decreto Milleproroghe, di cui 4 assegnati alle Regioni colpite dal sisma. Sono segnali piccoli, ma importanti, perché si fanno norma, e stabiliscono che la dotazione generale del Fus deve aumentare. Che giudizio complessivo dà, dunque, del DDL? La De Giorgi ha dimostrato una grande volontà di capire, e non era scontato. È chiaro che, non scendendo il DDL nell’operativo, molto dipenderà dai decreti attuativi, ma nei principi, nelle priorità evidenziate, nell’analisi omnicomprensiva dei problemi, è indubbio che il DDL segni un passo in avanti. Credo che un grosso lavoro l’abbia fatto Ninni Cutaia: c’era l’ordinario da mandare avanti, il nuovo DM da far uscire, ma il DDL è stato portato a termine. Se non lo si sciupa nelle beghe politiche che ci saranno, rischiamo di avere delle norme primarie, e di non dipendere più dalle circolari, variabili triennalmente o annualmente. E servirebbe molto a questo povero mondo dello spettacolo avere qualche certezza! ★


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