Le confraternite e la vita religiosa nella Parma Medievale
La SantitĂ come operare socialmente utile: la Confraternita delle Monache Benedettine di S. Uldarico come esperienza di socialitĂ religiosa
Partiamo da noi‌
Eccoci … davanti alla flora“salimbeniana”… che cresce nel piazzale interno alla nostra scuola Fra’ Salimbene… Una scuola forse come tante altre…
si studia
si fanno laboratori
ci si diverte
La nostra scuola, un tempo gli orti del Monastero
Un tempo, qui, nello spazio della nostra scuola, c’erano altre piante e giardini, gli orti rigogliosi di un Monastero benedettino ‌
Parrocchia di Sant’Uldarico
…costruito sopra le rovine di un teatro romano.
A.S.PR Pianta figurativa del già convento di Sant’Uldarico di Parma, la quale potrebbe convenientemente servire di canonica della chiesa di Sant’Uldarico, in sostituzione dell’attuale canonica, che per ragione degli scavi si dovrà demolire [1844?]
Orti del Monastero di Sant’Uldarico
Dal sec. VII/VIII diviene la chiesa del Monastero delle Monache benedettine, le quali, oltre alla vita interna della ComunitĂ , avevano la cura parrocchiale di una vasta zona a sud della cittĂ , gestivano i mulini per fornire farina e ospitavano i pellegrini di passaggio da Parma.
A Parma erano presenti ventisei monasteri femminili, sei dei quali benedettini: oltre a Sant’Uldarico , San Bartolomeo, Sant’Alessan dro, San Paolo, San Quintino e San Pietro in Vincoli.
Ma perché la chiesa è dedicata a S. Uldarico? E' tutta colpa del cattivo tempo! Nell'ottobre 971, come raccontano le più belle leggende, essendo in viaggio per Ravenna, l'Ecc.mo Uldarico, Vescovo di Augusta (Ausburg - Germania), dovette utilizzare tutta la sua santa pazienza per aspettare di passare il Taro in piena, nei pressi dell'attuale Pontetaro. Provenendo da Borgo San Donnino (Fidenza) per arrivare a Parma, dopo tre giorni di inutile attesa che il Taro fosse guadabile, si decise a celebrare la S. Messa vicino al fiume in piena. Finita la Messa, le acque "abbassarono il loro orgoglio" e Uldarico poté proseguire per Parma dove trovò alloggio presso il Monastero delle Suore Benedettine. Ebbene, quando giunse a Parma la notizia della morte di Uldarico, avvenuta ad Augusta il 4 luglio 973, monache e parrocchiani, ricordando il prodigio del Taro, lo considerarono santo e gli dedicarono chiesa e monastero. A parte la leggenda, Uldarico fu il primo non romano a esser dichiarato santo dal Papa il 2 febbraio 992.
Sta di fatto che Monastero, Chiesa e mulino di S. Uldarico esistevano già dal secolo X come cosa nota a tutti. La Chiesa e il Monastero di S. Uldarico si trovavano nel suburbio, appena fuori di Porta Nuova, ora Barriera Farini. Rimangono dell’intero complesso la Chiesa e la Torre, il cui impianto è attribuibile al X secolo. Il Monastero delle Monache Benedettine era presente a Parma già dal sec. VIII.
Le monache, oltre al monastero, che si estendeva fino all’attuale p.le Santa Fiora, a borgo Giacomo Tommasini e alla parte di borgo Felino che arriva alla Chiesa, curavano la Parrocchia, il cui territorio arrivava fino all’attuale via Montebello. E’ difficile fornire la mappa esatta dei beni del monastero nei secoli ma vi sono riferimenti a una parte della Cappella di S. Michele con i bene annessi, vicina al Castello di Antesiga (località vicina a Langhirano), alle Chiese di S. Prospero nella Pieve di Gaione, a S. Maria di Collecchiello nella Pieve di Collecchio, alla Chiesa di Bogolese nella Pieve di Ramoscello, a terre poste nella Villa di Felino e di Mariano; a Valera, nella Villa di Montecchio, oltre alla numerose proprietà nei pressi del monastero.
Oltre a possedere numerosi terreni e case, il cenobio aveva in proprietà un mulino sul Canale Maggiore e un mulino sul Canale Comune. Le città medievali erano in genere dotate di una fitta rete di corsi d’acqua (canali e navigli) indispensabili per garantire l’igiene del centro urbano, per facilitare i trasporti e per far fronte alle esigenze di molte attività economiche. Nella parte vecchia della città scorrevano il Canale Comune e Maggiore che, congiungendosi prima di entrare in città a Porta Pediculosa (oggi via Farini), si dividevano nelle vicinanze dell’attuale borgo Riccio, dietro alla struttura del
Mappa di Parma con i canali e le mura Piante della città di Parma di fine ‘800 con fosse e canalizzazioni
Le monache, occupando si dei mulini, erano anche le protagonist e di controversi e per la pulitura del Canale Maggiore…
A.S.PR Conventi e Confraternite – XI – S. Uldarico di Parma in «Ragioni di acqua», doc. n. 1 Sentenza data dal giudice delle strade, de’ canali e de’ ponti: in vigore di cui si dichiara non essere tenuto il monastero a spurgare il canale maggiore…[27 marzo 1389]
… inoltre, esse svolgevano attività nel giardino del Monastero che dell’acqua avevano bisogno.
A.S.PR Conventi e Confraternite – XI – S.Uldarico di Parma in «Ragioni di acqua», doc. N. LXXIV Dissegno in cui si derivano il canale e gli acquedotti, ch’entrano nel giardino del nostro monastero. [18 giugno 1689]
Le Istituzioni monastiche femminili erano centri di poteri allo stesso modo di quelli maschili ed esercitavano un ruolo importante per gli equilibri interni della cittĂ . I monasteri erano amministrati dalla figura della Badessa. Attraverso le testimonianze di manoscritti e di contratti di locazione, ricordiamo le domine Badessa Berta (1182), Badessa Guglielma e Beatrice Bergonzi (XIV), Sandrina Cantelli (1404), Petra (1453) e Cabrina Carissimi (1497).
Sarà proprio la badessa Sandrina Cantelli ad inaugurare nel 1404 i lavori per la costruzione del chiostro, che ancora oggi si può ammirare, discesi i gradini di una breve scaletta. Fu ultimato dalla sua erede Petra Carissimi, mentre Cabrina Carissimi, nel 1505, stipulerà un contratto per la costruzione del coro della Chiesa, in nobile gara di emulazione con le consorelle badesse dei conventi di San Francesco, San Paolo e di San Quintino.
•3 Convento di San Francesco del Prato
•20 Monastero di San Paolo
•22 Monastero di San Quintino
•23 Monastero di Sant’Uldarico
Il chiostro ci testimonia un antico splendore, la vita copiosa dell’annesso convento. Presenta sei arcate per lato: nei lati minori si trovavano archi di stile rinascimentale. Lo stemma della famiglia Carissimi ricorre nei capitelli: un torello rampante inquartato.
Le monache, nei primi secoli, si occupavano personalmente del Monastero; solo piÚ tardi compaiono i procuratori, cioè i rappresentati della badessa e delle monache, forse allo scopo di controllarne la vita. La possibilità per le badesse di gestire immensi patrimoni mobili e immobili in modo autonomo aveva fatto dei monasteri dei luoghi di prestigio sociale e di ricchezza economica, di cui le famiglie di antico lignaggio potevano fruire grazie alla forte presenza di rappresentanti femminili della propria casata. La conseguenza fu il riformarsi tra le mura monastiche di clan che, nel caso di Parma in particolare modo, riproponevano lo scontro tra fazioni, già vissuto, spesso drammaticamente, in città ; tali situazioni di tensione si delineavano all'interno dei monasteri soprattutto in occasione delle elezioni della nuova badessa, dal momento che il potere di quest'ultima era a vita. I documenti che ci sono rimasti, fissano a dodici il numero delle monache che potevano vivere nel Monastero nel XIII secolo; bisogna giungere al 1716 per avere altre notizie sul numero delle monache presenti nel cenobio: ventisei monache, ventun converse, quattro educande.
Parlare delle badesse significa indagare la vita interna del monastero, la Regola, la vita della monaca.
La sua giornata cominciava alle due di notte, quando la campana del monastero annunciava il mattutino. Insieme alle altre monache, usciva dal dormitorio e andava nel coro, la parte della chiesa riservata alla preghiera. Alle quattro , dopo un'ora di riposo, doveva tornare in chiesa per cantare di nuovo. Al canto del gallo, dopo un'altra ora di sonno, le monache si dividevano secondo le loro mansioni: alcune andavano negli orti a lavorare, altre si dedicavano alla cura dei pellegrini, altre ai mulini che macinavano grano, altre ancora a cucinare o a fare riparazioni per il monastero. C’erano anche quelle che copiavano a mano testi sacri e libri antichi, lavoravano alle illustrazioni per decorare i codici di pergamena. Per
All'una, dopo altre due soste in chiesa, la campanella annunciava il pranzo. Oltre alla verdura, alla frutta e al pane, c’era del pesce bollito, che non compariva spesso in tavola; la carne, invece, era proibita. Mentre le monache mangiavano, dovevavno osservare il silenzio e ascoltare una di esse che leggeva un testo sacro.
Dopo pranzo era libera di riposare passeggiando nel chiostro. Finita la passeggiata, la monaca tornava al lavoro al quale seguiva una cena frugale e la compieta, ovvero la preghiera che chiudeva la giornata. Ora poteva finalmente andare nel dormitorio a riposare sul giaciglio di paglia, ma alle dieci di sera doveva svegliarsi per recitare il notturno. Qualche altra ora di sonno e poi la campana suonava il mattutino.
Alle monache era affidato, inoltre, la direzione dell’Ospedale di S. Uldarico (“Ospedale per li forestieri”), la cui fondazione risale al 1255, che ospitava i pellegrini di passaggio a Parma e in cui convergevano interessi economici e politici. Come data per l’aggregazione all’Ospedale Rodolfo Tanzi viene indicato l’anno 1520. Confraternite e ospedali si proponevano non solo come luoghi di devozione ma anche come palestre di vita civile dove s’imparava a convivere, a scambiarsi reciproco aiuto e infine a costruirsi un’identità di virtuosi valori. In tempi calamitosi o di guerre, carestie ed epidemie, un altro personaggio partecipò alla cura animarum e, insieme, alla cura civium di Parma; una donna che, anche dopo la morte, ebbe grande importanza. Si tratta di Margherita Cristalli, una semplice consorella, non una badessa appartenente ad una famiglia ragguardevole della città.
Maestro del secondo nicchione “Madonna della Misericordia“ (XIV Secolo). Parma, Battistero.
Chi è Suor Margarita Cristalli? Vita e opera di Venerabile: la santità come operare socialmente utile Già nota ai parmigiani per la sua santità e il suo «potere di intercessione» prima di morire, con la sua morte aumentò il numero delle persone che si rivolgevano alle «Monache di S. Olderico» a chiedere, per mezzo suo, «grazie e aiuto dal Signore». Sepolta dapprima in un’arca o sepolcro esterno vicino all’ingresso del coro di allora, in seguito, per inconvenienti vari, le sue ossa furono poste in una nicchia dell’attuale coro il 13 febbraio 1676 dove tuttora si trovano. Margherita Cristalli, al secolo “Caterina” o “Catlona”, era nata a Curatico di Corniglio nel 1498-99. Quando il padre l’affidò giovanissima alle Monache di S. Uldarico aveva circa 11/12 anni.
Sin da bambina era abituata a vedere e a parlare con Gesù che le appariva anche quando portava al pascolo le pecore. Faccenda che creava guai al padre di Margherita, poiché, le pecore, come vuole la leggenda, invece di brucare l’erba guardavano quel Gesù che parlava con Margherita con la conseguenza che non facevano né latte né lana. Motivo per il quale il papà decise di portare la ragazza dalle monache dicendo: “Prendete questa mia figlia e facciamo un affare in due. Voi perché, essendo donne di preghiera, avrete in mia figlia una ragazza che prega e io, non avendo più lei a distrarre le pecore, otterrò più latte e più lana”.
Giunta alla maggiore età divenne Suora “conversa” (serva) diventando santa. Santità la cui notizia uscì dal convento, cosicché si rivolgevano a lei, da viva, per avere grazie dal Signore. La cosa divenne ancora più diffusa dopo la sua morte: infatti i fedeli usavano grattare la calce della sua tomba come mezzo per ottenere grazie dal Signore. Molta gente accorreva al monastero, poveri e ricchi; tra i tanti, anche il Duca di Milano Francesco II Sforza! La cosa durò fino a quando fu guastato il sepolcro e, nel 1756, la tomba fu spostata nel coro. Un certo P. Odoardo Mancini, teologo, nel 1680 circa, descrive vita e prodigi della Venerabile, in un’opera dal titolo “Vita mortale della
Il Monastero venne soppresso per decreto napoleonico il 1° ottobre 1810 e venne destinato ad uso militare ; nel 1822 con decreto della Duchessa Maria Luigia, fu destinato a ricovero per le monache di Istituti soppressi, fra cui quelle di S. Alessandro (quel complesso era stato demolito per fare posto al Teatro Regio).
A.S.PR. Direzione del Patrimonio dello Stato, Busta n. 117, Icnografia dell’edifizio detto di Sant’Ulderico in Parma – 24 ottobre 1822 [decreto di Maria Luigia per cui il convento di Sant’Ulderico – la cui pianta è allegata – è conceduto temporaneamente al Comune di Parma per continuare a servir di quartiere alle truppe austriache di guarnigione in
A.S.PR. Direzione del Patrimonio dello Stato, Busta n. 117, Pianta della quattro stanze che sono nel ex convento di Sant’Uldarico destinate per l’alloggio del Signor Ruggero capo della Banda Militare 27 gennaio 1849
Visse altri rimaneggiamenti. Mandate via le monache, furono lasciati alla Parrocchia soltanto la chiesa e l’attuale locale adibito a canonica. Tutto il resto fu incamerato nei beni dello stato; i mulini e le case non confinanti furono venduti. Dal 1963 sull’orto del Monastero è stato costruito il plesso scolastico Fra’ Salimbene.
A.S.P.R. Direzione del Patrimonio dello Stato Busta n. 117 Pianta del convento in Parma detto di Sant’Uldarico – Parma 14 settembre 1816 – L’ispettore Abbati
A.S.P.R. Direzione del Patrimonio dello Stato Busta n. 117 Piante d’una parte del piano terreno del già convento di Sant’Uldarico in Parma, ridotta ad uso di canonica per quella parrocchia – Parma, 31 maggio
E l’ordine benedettino? Oggi prosegue la sua storia nell’Abbazia di San Giovanni, vicino alla cattedrale, con l’ordine maschile dei monaci benedettini.
Fin dal Medioevo anche questo monastero fu importante all'interno della cittĂ : forti furono i legami sia di carattere caritativo-assistenziale, grazie all'organizzazione di ospedali, xenodochi e di una farmacia pubblica, sia di carattere
Ancora oggi i monaci seguono la regola di San Benedetto con la quale organizzano la loro giornata, cosĂŹ come avveniva per le
Sull’orto del Monastero, come detto, è stato costruita la nostra scuola Fra’ Salimbene: anche noi seguiamo delle regole che tutti devono rispettare e formiamo una comunità, costituita da tutte le persone che all’interno vi vivono e lavorano per il bene della nostra città e del nostro Paese.