n. 4 2014
Kathleen Kennedy
Yasser Aref
pag 24
Amit Sood
pag 38
Come la mia famiglia mi ha insegnato il coraggio
pag 12
ISSN 2281-3365
Biblioteca di Alessandria, il mito torna a vivere
Heritage, storia e arte: la cultura secondo Google
Spike Lee
STATI UNITI D’EUROPA Iniziativa patrocinata da Confindustria Assafrica&Mediterraneo Dipartimento Comunicazione e Ricerca Sociale "Sapienza" Università di Roma Transparency International Italia Associazione Italiana Studi Semiotici
n. 4 - 2014 Stati Uniti d’Europa L’anima di una nazione
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L’eredità di una dinastia
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European (r)evolution
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Story-telling Europe
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Europa, casa della storia
20
Rivivere il passato
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Storie in crowdsourcing
30
Mecenatismo e mercatismo
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Dentro l’immagine
38
Spike Lee
Kathleen Kennedy
Oscar Blumm
Daniela Panosetti
Stephen Clark
Yasser Aref
Stefano Jacoviello
Vincenzo Boccia
Amit Sood
Cultura open access
44
Facilitare, tutelare, mediare
50
Il filosofo e lo stratega
52
Argonauti d’Europa
56
Il patrimonio dell’umanità dell’Unesco
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Thanks to Vincenzo Boccia, Olimpia Fabbricatore, Silvia Tartamella, Florindo Rubbettino, Andrea Tramontana, Danco Singer, Anna Maria Lorusso, Antonia Magnacca
Iniziativa promossa da DIPARTIMENTO DI COMUNICAZIONE E RICERCA SOCIALE
Spike Lee
Kathleen Kennedy
Stephen Clark
Yasser Aref
Stefano Jacoviello
Vincenzo Boccia
Amit Sood
Simona Panseri
Massimo Pomilio
Danco Singer
Alfonso Mattera
Andrea Tramontana
Simona Panseri
Massimo Pomilio
Danco Singer
Alfonso Mattera Ricigliano
Andrea Tramontana
Una nuova avanguardia europea Editoriale di Franco Pomilio
Avanguardia significa muoversi oltre, anticipare il futuro. Ma cosa accade quando le tracce di futuro ci riportano al passato? E come si trasforma l’idea di patrimonio in questo passaggio? Sono i paradossi dell’heritage, parola di molti significati e grande potenziale, che abbiamo provato ad affrontare insieme nell’ultimo ICS Europe di Bruxelles, esplorando insieme i territori della memoria e dell’arte, del racconto collettivo e delle eredità culturali, tangibili e non. Quanti sensi, infatti, ha la parola patrimonio? E quanti patrimoni abbiamo in Europa, troppo spesso abbandonati o dimenticati? Può questo patrimonio fare da motore, finalmente, allo scatto in avanti che i paesi del Vecchio continente da troppo tempo invocano e attendono, senza trovare la forza per avviarlo? È possibile, in sintesi, vincerla sul paradosso, rinnovarsi costringendosi a essere quello che si è sempre stati, o semplicemente ri-conoscendolo, conoscendolo di nuovo? Domande che girano e tornano su se stesse. A settembre in tutta Europa si sono celebrati gli Heritage Days e a Bruxelles in particolare l’evento è stato accompagnato dall’annuncio della futura apertura di una Casa della Memoria Europea. Per un fortuito, ma significativo caso, appena due giorni dopo anche noi eravamo a Bruxelles, per la seconda edizione di ICS Europe, dedicata allo stesso tema, che abbiamo affrontato
con il consueto spirito internazionale e interdisciplinare, ma con una particolare attenzione e sensibilità per i temi europei. Perché, come abbiamo detto più volte in questa rubrica, siamo convinti che sia proprio l’Europa, nonostante o forse proprio in virtù della crisi in cui versa, la chiave per un modello nuovo di benessere e di partecipazione, in cui la comunicazione non sia solo strumento, ma un principio relazionale, una logica profonda, che preferisca la fiducia alla seduzione, i valori ai prodotti, il coinvolgimento al consumo. Trust, engage and share. Il futuro della comunicazione pubblica si gioca su queste parole chiave. Ma è un futuro saldamente ancorato ad alcuni modelli passati, che forse è arrivato il momento di recuperare e rivitalizzare, alla ricerca di una nuova avanguardia. Pensateci: è stato Omero il primo storyteller. E il primo grande esempio di dialogo interculturale ha visto la luce grazie all’eclettismo dell’impero romano. Non si tratta però di ripetere i triti argomenti di un ritorno al passato, ma di invertire lo sguardo trasformando il passato da archivio polveroso di testimonianze a fonte viva di modelli ripetibili e riadattabili. Perché è questo che distingue il patrimonio: la sua trasmissibilità, la capacità di generare e rigenerare. Ed è questo che abbiamo chiesto ai partecipanti al nostro summit: di aiutarci a riscrivere il futuro.
L’anima di una nazione di Spike Lee*
La storia millenaria del Vecchio Continente incontra la sensibilità pionieristica di uno degli storyteller più acuti del nostro tempo. Spike Lee racconta la sua visione d’Europa e rivela l’ingrediente imprescindibile per il racconto efficace di una storia che sia davvero “universale” * Trascrizione dell’intervento tenuto dall’autore durante l’edizione 2014 di ICS Europe a Bruxelles
SCORCI NEOREALISTI In apertura, particolare della locandina di La ciociara, uno dei più noti film del neorealismo italiano, corrente che ha ispirato Spike Lee fin da quando era bambino
Cappellino d’ordinanza e tuta Nike, aspetto stropicciato e idee pungenti, una tazza fumante nella mano destra,«perché qui sono le 5 del mattino, e mi scuserete se di tanto in tanto mi fermerò per bere un sorso di tè». Quando sullo schermo di ICS Europe, nel patinato setting della Bibliothèque Solvay, tutta boiserie pregiata e spirito mitteleuropeo, è comparsa l’immagine di Spike Lee, in diretta da Los Angeles, pronto a raccontare al pubblico del summit la sua idea sfaccettata di cultura, l’effetto è stato leggermente straniante. Curioso, spiazzante, ma senza dubbio d’impatto. Comunque del tutto in linea con la vocazione di fondo di ICS, che è sempre stata quella di individuare punti di vista non banali e inattesi su problemi emergenti: una
LA SCHEDA O IL FUCILE L’attivista afroamericano Malcom X, assassinato nel 1965. Alla sua storia Lee ha dedicato uno dei suoi film più noti
vocazione estetica, oseremmo dire, ricordando che la funzione dell’arte è anche quella di cambiare prospettiva e tramite questo cambio, accrescere la conoscenza. Così chiedere al più grande regista afroamericano di raccontare “la sua Europa” – e per traslazione, ovviamente, la sua Africa e in generale ogni luogo dove ha trovato stimoli di riflessione e ispirazione – è stato innanzitutto un modo per riconsiderare i valori del vecchio continente da uno sguardo lontano, ma comunque emotivamente coinvolto. Perché Spike, l’Europa, la ama, come ama del resto tutte le culture, tutti i luoghi reali e immaginari che sanno farsi culla di belle storie. Storie cioè che sappiano essere uniche e universali. Da costruire, conservare e tramandare insieme. Con cura, e con amore. (D.P.)
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Quando ero ragazzino andavo spesso al cinema. Mia madre era una cinefila e mi portava con sé a vedere i film. Portava me, il maggiore dei suoi
Noi uomini avremo sempre bisogno di raccontare una storia. Non importa con quali mezzi: abbiamo iniziato disegnando nelle caverne, abbiamo continuato con le canzoni, i libri, i romanzi
figli; mio padre, infatti, era un musicista jazz e non amava il cinema, così ero io il cavaliere di mia madre. Ero così giovane che nemmeno sapevo si potesse lavorare nel mondo del cinema, che si potesse intraprendere una carriera come regista. Non avevo idea di come nascesse un film. Immagino, però, sia stato proprio in quegli anni che ha cominciato a nascere in me l’amore per il cinema: ero come terreno fertile sul quale hanno attecchito i semi della regia. Mi è sempre piaciuto andare al cinema, ma soltanto per divertimento. Solo quando sono arrivato al college mi sono reso conto che era quella la mia strada. Oggi sono un professore, insegno cinematografia alla New York University, proprio nell’università che io stesso ho frequentato. Insegno ormai da quindici anni e ai miei studenti racconto sempre che ogni sera, prima di andare a letto, mi inginocchio e ringrazio il Signore, perché ho la fortuna di fare ciò che amo, e cioè girare film e raccontare storie. Mi rendo
conto che questo è un privilegio, che la maggior parte delle persone di questo mondo chiude gli occhi per sempre dopo avere trascorso la vita a fare un lavoro che odiava. UNA STORIA UNIVERSALE Essere un afroamericano negli Stati Uniti d’America significa vivere una dualità, poiché sei cittadino americano, certamente, ma sei anche afroamericano. Ripensando alla storia di questo paese, mi rendo conto che spesso ci è stata affibbiata una sorta di cittadinanza “di seconda categoria, soprattutto nel mondo dell’arte: basta dare un’occhiata alla storia della televisione e del cinema. Così,
Ho messo piede per la prima volta in Europa nel 1982 ed è stata un’esperienza strabiliante arrivare da New York e trovarsi in un altro continente, con paesi diversi e lingue diverse. Ad ogni viaggio successivo, ho imparato davvero molto e mi ritengo fortunato, perché tanti americani non hanno neanche il passaporto e non possono viaggiare. Uno degli aspetti che più mi ha colpito, sin dall’inizio, è che in Europa, su uno stesso territorio, si sono combattute in passato un grandissimo numero di guerre. L’Europa è un continente così eterogeneo al suo interno: tante lingue e culture che stanno insieme, ma che, allo stesso tempo, non sono insieme. Ma è proprio questa diversità che rende ogni cosa universale. Scrivere un romanzo,
L’orgoglio di essere ciò che siamo «Un buon film afroamericano ha una valenza universale. James Brown è conosciuto e apprezzato ovunque, così come Miles Davis, Stevie Wonder, Prince. Lo stesso dovrebbe accadere per l’arte cinematografica». Così ha risposto Spike Lee, durante il question time al termine della sua lectio magistralis, alla domanda – non molto politicamente corretta, ma senza dubbio significativa – su quanto l’etichetta di afroamericano, come altre etichette etnico-culturali del resto, possa essere un vantaggio o una limitazione per un’artista, rispondendo senza indugio che no, non crede che essere definito in tal modo sia mai stato un problema. «Personalmente non mi sento offeso quando l’aggettivo afroamericano viene messo davanti al mio nome. Non credo che ponga dei limiti a ciò che sono o a ciò che posso fare. Mi rendo conto però che non è per tutti così. Ad esempio mi sono scontrato spesso con Whoopi Goldberg: lei sostiene di essere innanzitutto un essere umano, poi una donna e infine un’afroamericana». Per Lee, insomma, non c’è niente di negativo nel mostrare e vedersi riconoscere la propria identità culturale, neppure nelle discriminazioni che talora, ancora nonostante la fama, gli capita di sperimentare «per colpa di questa», dice, indicandosi il braccio. «Sono orgoglioso di ciò che sono - ribadisce - e sono orgoglioso del mio patrimonio culturale e non vedo alcuna negatività nell’opposizione tra l’essere un regista afroamericano e l’essere semplicemente Spike Lee, un regista». E conclude: «Non permetto alla gente di etichettarmi. So chi sono e basta». Daniela Panosetti
quando ho deciso di diventare regista, il mio obiettivo era esplorare situazioni diverse, storie diverse della vita degli afroamericani. Quando ho iniziato affrontavo solo quel genere di tematiche, ma oggi ho allargato la mia sfera di interesse. Ho persino girato un film in Italia, intitolato “Miracolo a Sant’Anna”, che racconta la storia della Divisione Buffalo, che combatté in Italia contro i fascisti e i nazisti. Noi esseri umani avremo sempre bisogno di raccontare una storia. Non importa con quali mezzi: abbiamo iniziato disegnando nelle caverne, abbiamo continuato scrivendo canzoni, opere teatrali, romanzi, continueremo a farlo. Ma il nocciolo della questione è quale storia raccontare e come raccontarla. È una domanda che mi pongo spesso, e l’ho fatto anche quando mi è stato chiesto: “Come racconteresti la storia d’Europa, la storia di un continente alla ricerca della propria anima?”. Mi sono fatto questa domanda e ci ho pensato a lungo, un’intera notte.
Gli esseri umani, le persone sono l’anima di una nazione. Cultura, cibo, moda, lingua: tutto riconduce alla gente. Ecco ciò che è veramente importante, la fonte d’ispirazione per ogni storia
dipingere un quadro, girare un film: tutte le attività legate a una specifica cultura hanno un’anima universale. Perché? Perché raccontano gli esseri umani. E gli esseri umani, le persone, sono l’anima di una nazione. Cultura, cibo, moda, lingua: tutto riconduce alle persone. La gente: ecco ciò
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BUFFALO SOLDIERS Una scena del film di Lee Miracolo a Sant’Anna, che ricostruisce i fatti dell’Eccidio di Sant’Anna attraverso il punto di vista dei soldati americani della Divisione Buffalo
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che è veramente importante, la fonte d’ispirazione per raccontare ogni storia. DA LADRI DI BICICLETTE A MALCOM X Un esempio di quanto le storie riescano ad essere universali è legato alla mia personale esperienza. Ho scoperto il cinema europeo per quello che è veramente solo quando ero all’università e uno dei miei film preferiti è, da allora, “Ladri di biciclette”. Adoro i film e i registi italiani del Dopoguerra, da Fellini a Rossellini e De Sica. Prendiamo, appunto, “Ladri di biciclette”: io non parlo italiano, non sono italiano, eppure sono stato in grado di calarmi nella storia di quel padre che, insieme al figlio, va alla ricerca della bicicletta che gli è stata rubata. La bicicletta naturalmente è un simbolo: non è solo il mezzo che gli consente di avere un lavoro e mantenere la famiglia. È un film fatto così bene che ancora oggi ne avverto l’impatto. L’anima di un paese è quindi la sua gente. Ed è la gente che deve raccontare le storie della propria nazione. Non voglio dire che un regista straniero non possa girare un film su un paese diverso dal suo, ma per conoscere qualcosa davvero bene, devi avercela dentro, deve essere nel tuo DNA. Per esempio, il regista inizialmente scelto per girare “Malcolm X” non ero io. All’inizio l’incarico era stato affidato a Norman Jewison, un ottimo regista per il quale nutro il massimo rispetto, ma io sentivo
Aspetto con impazienza di vedere i lavori delle nuove generazioni: i giovani vogliono dare il loro contributo, vogliono comunicare la loro visione del mondo, raccontare la loro storia
mia la storia di Malcolm X, perché era legata alla mia esperienza di vita, l’esperienza di un afroamericano cresciuto negli USA, dove i miei antenati erano arrivati come schiavi. Si tratta di quell’elemento in più, di quel quid di cui hai bisogno per rendere al meglio una storia. Però attenzione, non pensiate che solo registi di colore possano dirigere film sulla storia dei neri e viceversa, perché non è così. Tuttavia, quello di “Malcolm X” è un esempio di come il fatto di essere di colore e di vivere negli Stati Uniti d’America mi abbia permesso di girare una specifica storia affrontandola con una sensibilità diversa. D’altro
canto, a quel film hanno lavorato anche persone che non appartengono alla cultura afroamericana, ma che hanno fatto comunque un lavoro straordinario, dimostrando una grande sensibilità. In generale, quando si lavora su temi simili è necessario prestare molta attenzione. Bisogna rispettare la cultura e bisogna rispettare la gente, non si può assumere l’atteggiamento di colui che sa tutto, o crede di sapere tutto, e perciò si sente il padrone della situazione. Non è questo l’approccio che io seguo abitualmente. Quando affronto argomenti che non appartengono alla mia cultura, cerco di circondarmi di persone che appartengono a quella cultura, che possiedono quella mentalità e chiedo il loro consiglio, mi affido a loro perché ne sanno più di me. Perciò circondarsi di persone capaci di aiutarti a raccontare una storia è il modo migliore per affrontare un film. IL FUTURO DELLO STORYTELLING Ritengo che anche la tecnologia dia un importante contributo nel raccontare una storia. Le macchine fotografiche moderne, quelle in grado di girare anche video, permettono ai giovani di dar vita a narrazioni filmiche molto prima di quanto riuscissero a fare quelli della mia generazione, e li aiutano anche nello sviluppo delle loro capacità comunicative. I giovani di oggi, inoltre, sono bombardati da stimoli in tutti i modi. Un ragazzino di oggi, a
Ai miei studenti racconto sempre che ogni sera, prima di andare a letto, mi inginocchio e ringrazio il Signore, perché ho la fortuna di fare ciò che amo, e cioè girare film e raccontare storie
dieci anni, sa già quello che io sapevo a diciassette. I ragazzi sono esposti a ogni genere di messaggio e non sto dicendo che sia sempre un bene, perché spesso quei messaggi non sono positivi. Mi entusiasma però il pensiero di come le nuove generazioni sapranno raccontare le storie. Aspetto con impazienza di vedere i lavori delle nuove leve di aspiranti registi, di cui fanno parte anche entrambi i miei figli: i giovani vogliono dare il loro contributo, vogliono comunicare la loro visione del mondo, dare nuova voce alla gente, alle nazioni, alla loro anima. In una parola, vogliono raccontare la propria storia.
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Move your ass, guys! L’ingiustizia, il pregiudizio e l’oppressione sono le forze che animano l’universo artistico di Spike Lee. Come scrittore, regista (il primo afroamericano), attore, produttore, autore e imprenditore, ha rivoluzionato il ruolo del “talento nero” a Hollywood, cancellando decenni di stereotipi e rappresentazioni di emarginati per aprire una nuova arena in cui le voci degli afroamericani venissero ascoltate. I suoi film, tutti caratterizzati da un’esplicita e provocatoria coscienza critica sociopolitica e influenzati dall’impegno costante verso impegnativi presupposti culturali non solo sulla razza, ma anche di classe e identità di genere, lo hanno consacrato come una delle figure più influenti del cinema contemporaneo. Al centro della sua attività di storyteller ci sono sempre storie di afroamericani ed in particolare quelle che lui pensa possano essere ignorate o nascoste. È sorprendente come Lee, negli ultimi decenni, abbia segnato un percorso unico di lavori eterogenei, che documenta l’esperienza afroamericana come nessun altro regista ha osato fare imprimendo il suo particolare marchio d’autore a tutti i suoi progetti cinematografici. Alle sue grandi passioni, sport e cinema, Lee unisce quelle per la difesa dei diritti civili e la lotta al razzismo. Dopo le recenti uccisioni di neri da parte di poliziotti in Missouri e a New York si è unito alle proteste che hanno infiammato diverse città Usa e ha fatto sentire forte la sua indignazione. «Io non sono il portavoce di 45 milioni di afroamericani, parlo a titolo personale. Sono tempi pieni di tensioni, sembra che la gente sia stanca dell’atteggiamento della polizia. A protestare non sono solo i neri ma anche giovani ispanici, asiatici. Siamo visti nel mondo come faro della democrazia, ma non è così. Ed è importante capire che a protestare in America sono i giovani di ogni razza, che non credono che i poliziotti possano più farla franca». I giovani sono un’altra costante nella vita di questa star carismatica sui generis ai quali dedica attività concrete (come il film Sweet Blood Of Jesus, girato con alcuni suoi studenti di cinema e finanziato attraverso il crowdfunding) ed esortazioni: «lavorate ragazzi, move your ass per eccellere nel mondo, diventate bravi nel vostro mestiere. Vi rispetteranno, anche se non siete una celebrity». 10
Alida Manocchio
ICS Europe 2014: riscrivere il futuro
Riportare le Istituzioni verso la gente. Coltivare la memoria collettiva. Tornare alle persone. Sono solo alcuni degli input lanciati dal palco di ICS Europe 2014, il summit sulla comunicazione ideato e organizzato da Pomilio Blumm, tenutosi lo scorso 24 settembre a Bruxelles e consacrato, per questa seconda edizione, al tema di crescente interesse dell’heritage come asset fondamentale di sviluppo e mezzo potenziale per quello che, nella presentazione ufficiale dell’evento, è stato definito “Il nuovo Rinascimento europeo”. Main speaker dell’evento, il regista afroamericano Spike Lee e l’ideatore della serie televisiva di culto House of Cards, Michael Dobbs, che hanno catturato l’attenzione del pubblico internazionale riunito nella raffinata cornice della Bibliothèque Solvay, a pochi isolati dal Parlamento Europeo. Entrambi i relatori, tra più autorevoli e apprezzati storyteller del nostro tempo, hanno sottolineato il potere del racconto per riscoprire la memoria collettiva e rafforzare un’identità sociale europea. Ad animare l’evento, accanto ai ricordi cinefili di Lee e all’arguzia very british di Dobbs, un parterre di relatori di varia provenienza e alto profilo, che hanno portato sul palco del summit le loro diverse visioni e sensibilità, spaziando tra i temi della memoria collettiva e individuale, l’uso delle nuove tecnologie, la storia collettiva delle istituzioni e delle comunità. Al centro delle riflessioni, la convinzione che il patrimonio millenario della Vecchia Europa - inteso come eredità non solo artistica, ma anche storica, civile, religiosa – può diventare una leva formidabile per la sua rinascita economica e sociale. Perché cultura significa identità e valorizzare il patrimonio significa rafforzare l’appartenenza e, tramite questa, costruire quel senso di comunità che fin dall’inizio rappresenta il valore fondante del progetto europeo. Ad arricchire l’evento, l’armonia sublime e senza tempo dei celebri Bronzi di Riace, protagonisti della mostra fotografica “Raccontare la bellezza”, che ha proposto per la prima volta al pubblico internazionale le affascinanti immagini delle due statue realizzate dal maestro fotografo Mimmo Jodice nell’ambito della campagna 2013 di promozione turistica della Regione Calabria, ideata da Pomilio Blumm.
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Face Book QUARTERLY ITALIAN EDITION - n. 4 - 2014
Spike Lee, pluripremiato scrittore, regista, attore, produttore e autore, è considerato uno dei pionieri tra i registi afroamericani e un precursore della scuola del cinema indipendente. Laureato al Morehouse College, ha conseguito il Master of Fine Arts in produzione cinematografica alla Tisch School della New York University of Arts. Ha fondato la società di produzione 40 Acres e Mule Filmworks, che ha prodotto più di 35 film dal 1983.
Proprietario: Pomilio Blumm srl
Franco Pomilio, Ics Chairman e presidente di Pomilio Blumm, ha studiato ad Harvard, MIT e Insead e lavorato nelle principali agenzie pubblicitarie mondiali. Già direttore della rivista “Quale impresa” e presidente Giovani Imprenditori Confindustria Mezzogiorno, oggi è consigliere di Confindustria Assafrica&Mediterraneo. Tra i fondatori dei progetti TAC e The Bridge, ha pubblicato “La Repubblica della Comunicazione” (2010), “Comunicazione 3.0” (2011) e “Comunicare la trasparenza” (2013).
Direttore Responsabile: Daniela Panosetti Direttore editoriale: Virginia Patriarca Coordinamento redazionale: Simona Di Luzio
Art Director: Franco Pomilio
Kathleen Kennedy Townsend, politica e avvocato, già vice-governatrice del Maryland. Primogenita di Robert Kennedy e nipote di John Fitzgerald Kennedy, politica e avvocato, fa parte del direttivo della John F. Kennedy Library Foundation ed è membro del Council of Foreign Relations e dell’associazione Inter-American Dialogue.
Graphic Design: Luca Di Sabatino Nicola Garibaldi Guglielmo Paradisi
Stephen Clark, direttore Relazioni con i cittadini del Parlamento Europeo. Ha gestito per anni le attività del Parlamento Europeo sui social media. È stato coordinatore della campagna di comunicazione del Parlamento sulle elezioni europee 2014.
Responsabile di produzione: Antonio Di Leonardo
Yasser Aref, capo dell’unità Studi Architettonici e membro della Alexandria and Mediterranean Research Center della Biblioteca di Alessandria d’Egitto, dove è responsabile del progetto in 3D International Augmented Med - IAM, che racconta la storia della città e il suo patrimonio culturale.
Cadenza: trimestrale
Stampa: Artigrafiche Boccia
Stefano Jacoviello, semiologo, docente presso l’Università di Siena. Si occupa della relazione fra patrimonio, memoria, identità e cittadinanza. È responsabile scientifico del progetto #Inherit.
Redazione: Giovanni Cellini Claudio Di Giovanni Alessandra Farias Sara Fiadone Alida Manocchio Antonella Mastrangelo Federica Vagnozzi
Vincenzo Boccia, amministratore delegato di Arti Grafiche Boccia SpA, presidente onorario di Assafrica & Mediterraneo, attualmente è presidente del Comitato Tecnico Credito e Finanza di Confindustria.
Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero: Antonio Di Leonardo, Rosita Focosi, Antonia Magnacca, Andrea Masci. Le foto in questo magazine sono state tratte da: Google, Wikipedia, thinkstockphotos.it ICS MAGAZINE Copyright © 2010 Pomilio Blumm srl, Via Venezia 4 65121 Pescara - Italy - www.pomilioblumm.com Periodico registrato al Tribunale Ordinario di Pescara n. 06/2011 Reg. Stampa, n. 487/2011V.G., n. 71/2011 Cron. Edizione numero 8 - Tutti i diritti riservati.
Simona Panseri, dal 2008 direttore della comunicazione istituzionale e coordinatrice delle relazioni esterne di Google Italia, è anche membro dell’Advisory Board dell’MBA della Swiss School of Management presso l’Università Europea di Roma. Massimo Pomilio, Master in marketing internazionale, AD Pomilio Blumm, di cui dirige anche l’unità multimediale, è membro di diversi Comitati di Confindustria, ha ricoperto la carica di consigliere nazionale dell’Associazione dei Professionisti Pubblicitari. Premio “Philip Morris” nel 1992. Project manager di numerosi progetti internazionali nell’area euro-mediterranea tra cui Union for the Mediterranean, European Food Safety Authority, EU Programs. Fondatore e direttore del network internazionale indipendente EMN.
Spedizione gratuita prossimi numeri su richiesta: info@internationalcommunicationsummit.com Tel. 0854212032 fax 0854212092
Danco Singer, esperto di editoria multimediale con un passato in Olivetti, è direttore di EM Publishers e ha ideato con Umberto Eco il progetto Encyclomedia, la prima grande enciclopedia mondiale.
Stampato in Italia da Artigrafiche Boccia spa Via Tiberio Claudio Felice, 7 - 84131 Salerno Italy www.artigraficheboccia.com
PREVIEW
Amit Sood, direttore di Google Cultural Institute, è il fondatore di Google Art Project. Ha lavorato con il team di Android di Mountain View e per i prodotti GEO di Google.
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il prossimo numero di ICS MAGAZINE sarà disponibile nel mese di MARZO 2015 Se vuoi ricevere la rivista vai sul sito WWW.INTERNATIONALCOMMUNICATIONSUMMIT.COM
Alfonso Mattera, direttore scientifico della Fondazione Collegio Europeo di Parma; consigliere speciale alla Commissione europea; professore di “Diritto del mercato unico europeo” al Collegio d’Europa di Bruges e di “Diritto e politiche dell’Unione europea” all’Università LUISS Guido Carli di Roma. Andrea Tramontana, dottore di ricerca in Semiotica specializzato in semiotica dell’heritage, ha conseguito un postdottorato in Storia e Arte presso l’Università di Bologna. Attualmente lavora come redattore presso l’editore Bompiani.