#11
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A LT O A D I G E
TA K E #11
#IDMFILMFUNDING
M A G A Z I N E F O R F I L M P R O F E S S I O N A LS 2 0 2 0
DOSSIER
Films for future Idee e iniziative per un cinema più sostenibile
IN PRIMO PIANO
AT T U A L I TÀ
My Upside Down World di Elena Goatelli / Il cinema e la famiglia: Andrea De Sica si racconta
Gli effetti del Covid-19: l’emergenza vissuta dal settore cinematografico e le prospettive future
A magazine by
Issue – Year
IDM FILM FUND & COMMISSION
#11 2 0 2 0 1
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Panalight Südtirol
Viale Druso, 313/b · 39100 Bolzano (Bz) MOB. +39 366.9509059 · TEL. +39 0471 539862 panalightsudtirol@panalight.it
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www.panalight.it
distributore esclusivo per l’Italia
INTRODUZIONE
CARI PROFESSIONISTI DEL CINEMA,
alcuni mesi fa abbiamo festeggiato insieme i primi dieci anni della Film Fund & Commission (IDM). Vorrei ricordare alcuni numeri che bene illustrano la nostra attività: 265 progetti sostenuti, oltre 3.770 giorni di riprese, 70 milioni di euro di effetto territoriale, ovvero creazione di valore per l’Alto Adige. Anche nel difficile 2020, IDM Alto Adige ha sostenuto numerosi progetti, molti dei quali presentati da case di produzione locali. Accanto alla gestione del fondo per l’audiovisivo, l’altra importante funzione di IDM Film Fund & Commission è rappresentata dal lavoro sul territorio, ovvero dal sostegno al settore cinematografico locale: un obiettivo perseguito anche grazie a un’ampia offerta formativa per professionisti che intendono specializzarsi o assumere ruoli di responsabilità nei rispettivi reparti, come anche per i talenti di domani ai quali ci rivolgiamo ad esempio con workshop per studenti. 475 persone hanno aderito negli ultimi dieci anni alle nostre proposte di formazione e aggiornamento. La proficuità del nostro lavoro a vantaggio di una location vitale e creativa è testimoniata dai molti filmmaker e professionisti locali che popolano le pagine di questa edizione di TAKE: registe e registi come Hannes Lang, Nancy Camaldo, Elena
Goatelli e Ronny Trocker; produttori come Moritz Bonatti; la costumista Katharina Forcher, l’attrice Penelope Frego e il location scout e location manager Daniel Defranceschi. Ma anche la direttrice del Bolzano Film Festival Bozen Helene Christanell e le collaboratrici del Film Fund: tutti loro sono l’Alto Adige cinematografico. Un ulteriore punto di forza del nostro territorio è rappresentato dai suoi ambienti e paesaggi unici: un motivo in più per dedicare il dossier di questa edizione ai “set verdi”. IDM ha fatto della sostenibilità il suo principio guida. E sostenibilità, per noi, significa anche trovare il giusto equilibrio tra le esigenze delle produzioni e la tutela della natura alpina. Una responsabilità che, con il vostro aiuto, accompagnerà la nostra attività anche nei mesi e negli anni a venire.
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Welcome
Vera Leonardelli D I R E C T O R B U S I N E S S D E V E LO P M E N T I D M A LT O A D I G E
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CO LO P H O N
INDICE
MAGAZINE FOR FILM P R O F E S S I O N A LS # 1 1 2020
PUBLISHER IDM Alto Adige Film Fund & Commission Via Alto Adige, 60 39100 Bolzano T +39 0471 094 274 film@idm-suedtirol.com film.idm-suedtirol.com Facebook: idmfilmfunding Instagram: idmfilmfunding
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EXECUTIVE EDITOR Birgit Oberkofler
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MANAGING EDITORS Alessia De Paoli, Barbara Weithaler
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CONCEPT Ex Libris www.exlibris.bz.it EDITOR-IN-CHIEF Florian Krautkrämer EDITOR, PUBLISHING MANAGER Valeria Dejaco/Ex Libris EDITORIAL DESIGN Nina Ullrich www.designnomadin.com ART DIRECTION Philipp Aukenthaler www.hypemylimbus.com TRANSLATIONS & PROOFREADING Ex Libris (Claudia Amor, Valeria Dejaco, Cassandra Han, Federica Romanini, Helene Dorner, Milena Macaluso, Charlotte Marston) PHOTOS If not credited otherwise: IDM COVER ILLUSTRATION Oscar Diodoro ILLUSTRATIONS Oscar Diodoro (34-41), freund grafic design (57) PRINTER Dialog Spa Via A. Amonn, 29 39042 Bressanone www.dialog.bz
PRODUCTION #2: MY UPSIDE DOWN WORLD
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O N LO C AT I O N
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LO C A L TA L E N T S
Shot in South Tyrol / FINAL TOUCH #5 / Top 5 / 3 domande a… / Formazione / Facts & figures / Rising Star / New Faces
Il cinema? Questione di stile: la costumista Katharina Forcher
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SET VISIT Daniel Defranceschi: location scout, location manager e direttore di produzione MARIANNA KASTLUNGER
NEWS
AT T U A L I TÀ : CO V I D - 1 9
L’emergenza vissuta dal settore cinematografico: le misure anticrisi / Colloquio con Laura Delli Colli e Francesco Rutelli / The Red House, un resoconto
MARIANNA KASTLUNGER
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PRODUCTION TALK
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Ursula Wolschlager e il network femminile nella produzione cinematografica
regista Andrea De Sica e la sua vena dark NICK VIVARELLI
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PRODUCTION #1: NON MI U CC I D E R E Intervista: il
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DOSSIER
Films for future: produzioni ecosostenibili / Intervista a Philip Gassmann, esperto di set verdi FLORIAN KRAUTKRÄMER
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Tre scorci
di Alto Adige
Elena Goatelli racconta le avventure di una campionessa di arrampicata GIULIA BIANCONI
SKADI LOIST
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S P OT L I G H T
Moritz Bonatti T I TO L I D I CO D A
Piera Detassis risponde alle domande di TAKE / Coming soon: TAKE #12
E D I TO R I A L E
IDM
TAKE #11
Film Fund & Commission
a febbraio, durante il nostro tradizionale appuntamento nell’ambito della Berlinale, abbiamo festeggiato insieme i primi dieci anni della Film Fund & Commission. Nessuno sospettava cosa ci avrebbe riservato di lì a poco il futuro. La crisi innescata dal Covid-19 ha messo a dura prova la nostra società e l’economia, non risparmiando il settore cinematografico. Grazie all’impegno di tutti i professionisti coinvolti, buona parte delle riprese in Alto Adige in programma per i primi mesi del 2020 si è potuta svolgere durante l’estate. Tuttavia la crisi rimane una sfida molto seria per il nostro settore. Sfida che potremo vincere solo insieme, rafforzando ulteriormente la nostra rete di collaborazione internazionale. In questo numero parliamo dunque delle misure adottate da diversi Paesi per contrastare gli effetti dell’emergenza sull’industria audiovisiva (p. 18). Vi proponiamo la valutazione di Francesco Rutelli e Laura Delli Colli sulla situazione in Italia, particolarmente colpita dalla crisi, e l’incredibile storia che una troupe italiana ha vissuto in Groenlandia a causa della pandemia. L’approfondimento di questa edizione è dedicato alla sostenibilità nel settore cinematografico: un tema centrale, che la crisi non deve fare passare in secondo piano. Nel dossier
a pagina 34 scoprirete idee e iniziative per un’industria più verde, in Alto Adige e oltre i confini del nostro territorio. I protagonisti di questo numero, diversi ma simili nella loro originalità, sono l’altoatesina Angelika Rainer, campionessa di arrampicata su ghiaccio, alla quale la regista Elena Goatelli ha dedicato il documentario My Upside Down World (p. 42), e il regista Andrea De Sica, che nell’intervista a pagina 28 ci parla del suo nuovo progetto e della sua celebre famiglia. Questa edizione di TAKE si presenta, come già la precedente, con una nuova veste grafica ed è disponibile in italiano, tedesco e inglese. Non solo: quest’anno per la prima volta TAKE esce anche a settembre, in concomitanza della Mostra di Venezia e a poche settimane dall’inaugurazione della Festa del Cinema di Roma e del Mercato Internazionale dell’Audiovisivo. I principali appuntamenti di settore italiani dunque si faranno, nonostante tutto: un segnale positivo, che genera fiducia. Mi auguro siano occasione per potervi nuovamente incontrare di persona. Buona lettura!
Birgit Oberkofler H E A D F I L M F U N D & CO M M I S S I O N
CONTATTI IDM Alto Adige Film Fund & Commission BIRGIT OBERKOFLER Head Film Fund & Commission T +39 0471 094 277 birgit.oberkofler@idm-suedtirol.com RENATE RANZI Coordinator Film Location T +39 0471 094 252 renate.ranzi@idm-suedtirol.com
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CARE LETTRICI, CARI LETTORI,
EVA PERWANGER Film Funding T +39 0471 094 282 eva.perwanger@idm-suedtirol.com BEATRIX DALSASS Film Funding T +39 0471 094 272 beatrix.dalsass@idm-suedtirol.com ALESSIA DE PAOLI PR & Film Location T +39 0471 094 266 alessia.depaoli@idm-suedtirol.com BARBARA WEITHALER PR & Film Location T +39 0471 094 254 barbara.weithaler@idm-suedtirol.com
Birgit Oberkofler: “La crisi si può vincere solo rafforzando la cooperazione internazionale”.
SOPHY PIZZININI Film Location T +39 0471 094 279 sophy.pizzinini@idm-suedtirol.com LUISA GIULIANI Film Commission T +39 0471 094 294 luisa.giuliani@idm-suedtirol.com
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O N LO C AT I O N
IDM TION LO C A TO U RE S # 9 PL AC BER O CTO 2020
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LO C AT I O N TO U R
AREA
PLACES #9
Val d’Ultimo
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Anna M. Wenter
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Villa Hartungen, San Nicolò
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O N LO C AT I O N
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FILM
D I R E C TO R
Sprite Sisters (2020)
Sven Unterwaldt Jr.
LO C AT I O N
florian mohn / www.cinealp.com
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Teatro Comunale Giacomo Puccini, Merano
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FILM
D I R E C TO R
Siberia (2020)
Abel Ferrara
LO C AT I O N
Talia Cooperativa
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Bunker H, Bolzano
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NEWS
S H OT I N S O U T H T Y R O L
F I L M CO M M I S S I O N
Volevo nascondermi (2020)
FINAL TOUCH #5
S H OT I N S O U T H T Y R O L
Elio Germano si è aggiudicato l’Orso d’argento alla Berlinale 2020 come migliore attore per l’interpretazione di Antonio Ligabue nel biopic Volevo nascondermi di Giorgio Diritti. Il film narra la vita del celebre artista, tra l’infanzia da orfano e i disturbi fisici e psichici: un’esistenza ai margini della società, nella quale Ligabue riuscì in parte a riscattarsi solo attraverso le sue opere. A fare da sfondo ad alcune sequenze dedicate alla sua giovinezza, nel primo Novecento, sono state le location altoatesine di Castel Fahlburg a Prissiano e del Museo degli usi e costumi di Teodone.
C. De Luigi
Il genio nascosto
F I N A L TO U C H # 5
Kill your darlings!
M. Tessaro
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Consegna dei premi FINAL TOUCH durante il 33° Bolzano Film Festival Bozen (01); FINAL TOUCH #4: gli esperti Birgit Oberkofler, Sergio Fant, Marzia Mete, Catia Rossi, Nikolaj Nikitin e Florian Geiser (02, da sin.)
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“Ma davvero devo eliminare la mia scena preferita dal documentario?” – “Sì: se è drammaturgicamente sbagliata.” Una critica onesta e diretta, magari dopo mesi di lavoro a un progetto giunto ormai alla fase finale, può essere dolorosa. Eppure, l’ultimo tocco spesso si rivela decisivo per ottimizzare la trama, individuare le mosse giuste per post-produzione e montaggio o per integrare i finanziamenti mancanti e pianificare la distribuzione. Il programma FINAL TOUCH, organizzato da IDM e Bolzano Film Festival Bozen (BFFB), offre ai giovani filmmaker l’opportunità di perfezionare i loro progetti, incrementandone le possibilità di successo. L’edizione 2020, FINAL TOUCH #5, originariamente programmata per aprile durante il Festival, è stata posticipata all’autunno: si svolgerà nella cornice di “Intermezzo”, versione alternativa di BFFB (► p. 14). Il 19 e 20 novembre, presso la sede di Cine Chromatix Italy a Merano, quattro team selezionati parteciperanno a un’intensa sessione di feedback sui loro film e documentari con un team di esperti composto da Nina Kusturica (montaggio), Nikolaj Nikitin e Christine Dollhofer (festival), Gaetano Maiorino (True Colours, distribuzione), Florian Geiser (Cine Chromatix Italy, post-produzione) e Birgit Oberkofler (IDM Film Fund & Commission, finanziamento). In palio due premi, sotto forma di servizi, che i team vincitori potranno utilizzare per finalizzare i loro progetti: il Post Production Prize offerto da Cine Chromatix Italy e il True Colours International Distribution Prize. Tra i quattro progetti selezionati per questa edizione, tre sono documentari: Days of Destiny di Emanuele Marini (prodotto da Atacama Film), El Toro di Sebastiano Luca Insinga (Jump Cut) e Südtirols hoher Norden di Jochen Hemmleb (Albolina Film). Il quarto è il lungometraggio Erhart di Jan Březina (Xova Film) dalla Repubblica Ceca, Paese ospite del Festival.
NEWS
TO P 5
Film in costume #shotinsouthtyrol TO P 5
Cinque sguardi al passato
FILM
Lou Andreas-Salomé (2016) Cordula Kablitz-Post PRODUZIONE Avanti Media Fiction (DE), KGP Kranzelbinder Gabriele Production (AT), Tempest Film (DE) LOCATION Caldaro, Valdurna, Renon, Passo di Pennes, San Paolo, Appiano TRAMA Biopic sulla scrittrice e psicoanalista Lou Andreas-Salomé, che percorse con determinazione la sua strada sfidando le convenzioni sociali del XIX secolo.
Wild Bunch
REGIA
FILM
Maikäfer flieg – La primavera di Christine (2016) Mirjam Unger PRODUZIONE KGP Kranzelbinder Gabriele Production (AT) LOCATION Cermes (Castel Baslan), San Candido, Renon, Casateia presso Racines TRAMA 1945: Christine, nove anni, e la sua famiglia, che in guerra hanno perso tutto, trovano rifugio in un’elegante villa, di proprietà di una famiglia nazista.
O. Oppitz
REGIA
FILM
Luis Trenker – Der schmale Grat der Wahrheit (2015) Wolfgang Murnberger PRODUZIONE Roxy Film (DE), EPO Film (AT) LOCATION Bolzano, Gardena, Rio di Pusteria, Bressanone, Merano, Passo delle Erbe TRAMA Alto Adige, 1924: lo scalatore e attore Luis Trenker conosce la giovane Leni Riefenstahl e l’attrazione iniziale si trasforma presto in rivalità.
C. Hartmann
REGIA
FILM
Anita B. (2014) Roberto Faenza PRODUZIONE Jean Vigo Italia (IT) LOCATION Bolzano e dintorni TRAMA Ungheria, 1945: la sedicenne Anita è sopravvissuta a un campo di concentramento, ma anche la vita “normale” pone la giovane di fronte a numerose sfide.
Jean Vigo Italia
REGIA
FILM
Max & Hélène (2014) Giacomo Battiato PRODUZIONE 11 Marzo Film (IT) LOCATION Bolzano, Presule, Soprabolzano, Bressanone, Magrè, Missiano, Merano, Fortezza TRAMA Il film, dal romanzo di Simon Wiesenthal, narra le vicende dell’ebreo Max Sereni, che nel 1960 dà la caccia al criminale di guerra responsabile della morte di sua moglie Hélène.
F. Vagliati
REGIA
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NEWS
3 DOMANDE A…
F I L M LO C AT I O N
Helene Christanell
MOV!E IT!
M. Tessaro
Helene Christanell, direttrice del Bolzano Film Festival Bozen
A. Cerrato
3 DOMANDE A…
Il programma era pronto, i preparativi quasi ultimati. Poi il lockdown. Helene Christanell sta organizzando con la sua squadra una manifestazione di quattro giorni, in programma per novembre. Non sostituirà il festival di aprile ma sarà, di nome e di fatto, un “Intermezzo”.
1.
Che cosa ci attende a novembre? All’inizio, ancora fiduciosi, avevamo deciso di posticipare la manifestazione a giugno, poi non ci è rimasto che annullarla. L’appuntamento autunnale non sarà il Bolzano Film Festival Bozen e proprio per questo avrà un altro nome: Intermezzo. Dal 17 al 20 novembre, proporremo una selezione dell’edizione originaria, in particolare pellicole legate all’Alto Adige. Assegneremo il Premio speciale Dolomiti UNESCO e il Golden Walther Award, presenteremo produzioni locali indipendenti e ci sarà l’evento di settore FINAL TOUCH #5. Non sarà il festival che conosciamo, ma accoglierà ugualmente alcuni ospiti: i festival vivono dell’incontro tra pubblico e cineasti. Se le circostanze non lo permettono, si può ripiegare su forme ibride, mostrando i film in sala e dialogando con i registi tramite i canali digitali.
HC
Quanto gravi sono le ripercussioni economiche di questa situazione? HC È un momento difficile. Anche cancellando del tutto l’evento, avremmo dovuto sostenere dei costi. Proporre una rassegna, per quanto limitata, ci permette invece di presentare i risultati della nostra attività e soddisfare i criteri per le sovvenzioni future. L’attuale piano finanziario va rivisto e al tempo stesso dobbiamo lavorare sul piano per il prossimo anno.
2.
3.
Che cosa avete in programma per aprile 2021?
HC L’edizione 2020 sarebbe stata davvero interessante: pro-
babilmente inseriremo alcuni dei suoi elementi di spicco nel programma 2021 e daremo al Paese ospite di quest’anno, la Repubblica Ceca, la possibilità di presentarsi. Ma non mancheranno le novità: ripartiremo con slancio. HELENE CHRISTANELL è la direttrice del Bolzano Film Festival Bozen, che da 34 anni si svolge nel capoluogo.
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F O R M A Z I O N E D I S U CC E S S O
La formazione è il miglior investimento: è questo il principio guida delle iniziative di formazione organizzate da IDM, riunite sotto l’etichetta MOV!E IT!. L’offerta per i professionisti comprende attualmente programmi di mentoring in diversi settori quali produzione, regia e fotografia, suono, scenografia, trucco e costumi. A questi si aggiungono webinar con esperti dedicati, ad esempio, al calcolo del budget o alle modalità di casting e un workshop online sulla sottotitolazione. La sezione MOV!E IT! Young è invece dedicata ai giovani talenti e racchiude un workshop nel quale gli studenti delle scuole, guidati da un produttore altoatesino, realizzano un cortometraggio come anche tre workshop grazie ai quali i partecipanti imparano a girare dei video con lo smartphone. In settembre, inoltre, partirà presso la sede della scuola di cinema ZeLIG un corso di formazione di nove mesi per assistenti nel reparto produzione, organizzato con il sostegno di IDM. Il corso si rivolge a persone giovani, attualmente non occupate o con basso reddito annuo, interessate a un percorso professionale nel settore dell’audiovisivo. Per informazioni e iscrizioni: film.idm-suedtirol.com
NEWS
FA C T S & F I G U R E S
R I S I N G S TA R
475
Riafn (2019)
FA C T S & F I G U R E S
475 … persone hanno approfittato dell’ampia offerta formativa di IDM Film Fund & Commission nei primi dieci anni dalla sua costituzione. Ai professionisti del settore si rivolgono i workshop e seminari di MOV!E IT! Professional. Il programma MOV!E IT! Scholarship rende possibile una solida formazione in rinomate scuole di cinema, mentre nell’ambito di MOV!E IT! Mentoring giovani professionisti altoatesini approfittano dell’esperienza di esperti del settore, che li affiancano per lunghi archi di tempo. In RACCONTI Script Lab sceneggiatori e sceneggiatrici elaborano i loro soggetti per film e serie, mentre in FINAL TOUCH esperti selezionati offrono ai cineasti sessioni di feedback approfondito sui loro progetti in fase finale. I workshop e i programmi estivi riuniti sotto l’etichetta MOV!E IT! Young avvicinano infine i ragazzi alle professioni del settore audiovisivo.
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Petrolio Film
Il richiamo della montagna TA K E #11
Il regista Hannes Lang, pluripremiato per l’insolito documentario Riafn.
Con Riafn, il regista altoatesino Hannes Lang, 39 anni, si è aggiudicato il “Franklin Humanities Institute Award” dell’edizione 2020 del Full Frame Documentary Film Festival nel North Carolina (USA). Il riconoscimento viene assegnato a documentari brevi dall’impostazione particolarmente innovativa. La giuria ha scelto di premiare la “sintesi emozionante e precisa” di immagini e audio con la quale Lang e il direttore della fotografia Jakob Stark esplorano il confine tra realtà documentata e arte. Intrecciando canti tradizionali, richiami dei pastori e suoni della natura dell’Alto Adige, del Piemonte e delle Alpi francesi e svizzere, la pellicola, priva di dialoghi, crea un suggestivo mosaico sonoro della montagna e dei suoi abitanti. Il film della durata di 30 minuti, sostenuto da IDM, è stato presentato per la prima volta nel 2019 al festival Visions du Réel di Nyon, ottenendo in seguito numerosi riconoscimenti a festival internazionali come il Trento Film Festival (Genziana d’argento), il festival di Oberhausen (nella rassegna dedicata ai cortometraggi) e il Rhode Island International Film Festival (premio alla migliore fotografia). Riafn è una produzione della Petrolio Film di Colonia, guidata dallo stesso Lang con Carmen Losmann e Mareike Wegener.
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NEWS
N E W FA C E S
Anika Kasoiz
Penelope Frego
Tra due lingue e due culture: la bolzanina Penelope Frego è attiva soprattutto in Germania. E sogna un ruolo da protagonista in un film italiano.
N E W FA C E S
Penelope Frego All’età di sette anni, Penelope Frego sognava di diventare pattinatrice artistica su ghiaccio. Allenamenti quotidiani, ambizione e competizioni agonistiche hanno così segnato i dieci anni successivi. Oggi, a 28 anni e con la stessa determinazione di allora, Penelope sta costruendo una promettente carriera da attrice, iniziata otto anni fa a teatro e proseguita con la formazione presso la scuola d’arte drammatica “Der Keller” di Colonia. Un progetto non facile per la bolzanina di madrelingua italiana: “Il mio tedesco non era buono come lo è ora. Ma volevo migliorare e ci sono riuscita, impegnandomi al massimo”, racconta. Da dove proviene una tale autodisciplina? “Dal pattinaggio, senza dubbio. Sport che mi ha anche insegnato il controllo del corpo”, aggiunge. Il primo successo è giunto, subito dopo gli studi, grazie alla serie tedesca Wishlist, che nel 2018 ha ricevuto ben due candidature al prestigioso premio Grimme. “Ho stabilito molti contatti, mi sono sentita apprezzata e ho acquisito fiducia nelle mie capacità, ottenendo piccole parti in progetti sempre più importanti”, racconta. Tra gli ultimi, il film per bambini Sprite Sisters, girato in parte in Alto Adige. La strada, insomma, è quella giusta. Frego adora i ruoli comici e pensa di essere tagliata per i personaggi buffi ed eccessivi, ma ovviamente si trova a suo agio anche nei ruoli drammatici: “Del resto è il mio lavoro”, chiarisce subito con un sorriso. Ora sogna un ruolo da protagonista in una grande produzione italiana: “Ho raccolto molte esperienze sui set tedeschi, ma un ruolo principale nella mia madrelingua sarebbe il massimo. Mi piace muovermi in entrambi i mondi”, conclude.
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FILMOGRAPHY 2020: SOKO Köln TV Series 2020: Vite in fuga TV Series 2020: Dunkelstadt TV Series 2020: Sprite Sisters – Vier zauberhafte Schwestern Feature Film 2019: Klassentreffen – Die Hochzeit Feature Film 2019: Einstein TV Series 2019: Heldt TV Series 2018: Head Full of Honey Feature Film 2018: Wishlist/WISHLIST 2.0 Web Series
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film production / location service / logistics / scenography
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LO R CO V IEDM- 1I 9 PSUM
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Dopo la tempesta Gli effetti del Covid-19: l’emergenza vissuta dal settore cinematografico e le prospettive future
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BASIS/Samuel Holzner
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TA TAKKEE#11 #11
LOTRUE A AT ML I P TÀ SUM
Cinema drive-in e festival online: belle iniziative ma, per il settore, una goccia nel mare. Nella foto: il drive-in del Centro culturale BASIS nell’ex caserma Druso di Silandro in Alto Adige.
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L’emergenza vissuta dal settore
Il lockdown e l’impatto sul settore Le misure anticrisi in Italia, Germania e Austria avrebbe portato al tracollo di questa ancor giovane industria. I timori si rivelarono infondati: un secolo dopo, il settore della produzione e distribuzione cinematografica è più attivo che mai, o lo è stato fino alla brusca frenata causata dal Covid-19. Qual è stato, dunque, l’impatto della “nostra” pandemia sull’industria cinematografica e come sta reagendo il settore? Come in altri ambiti, anche nel cinema il coronavirus ha acuito divisioni e tensioni già esistenti. Da un lato, i provvedimenti restrittivi in vigore da marzo hanno bloccato temporaneamente l’attività di sale e produzioni. Dall’altro, i servizi di streaming hanno incrementato i loro introiti, con aumenti fino al 150 per cento. (Per un approfondimento sul rapporto tra cinema e servizi di streaming, vedi il Dossier in TAKE #10.) In Germania, alcune associazioni di settore come AG Dok, Bundesverband Regie e Hauptverband Cinephilie parlano di distorsione della concorrenza e invocano un
Getty Images/R. Vennenbernd
Questa chiusura forzata ha dato a tutti, produttori come espositori, l’opportunità di fermarsi e riflettere. Lo scorso anno è stato un periodo intenso nella storia dell’industria cinematografica. I produttori si sono impegnati giorno e notte per realizzare ogni tipo di film: corti, lungometraggi e serie; e tutti hanno continuato a lavorare a ritmo serrato per cercare di trarre il meglio dalla situazione. Non abbiamo avuto la possibilità di analizzare le cose con calma: siamo stati troppo presi dal lavoro. [...] Ora, invece, ci è stata imposta un’opportunità: quella di fermarci e di prendere atto di dove siamo diretti. Parole che potrebbero essere state scritte nel 2020. E invece risalgono al 23 novembre 1918 quando W. C. Patterson, gestore del Criterion Theater di Atlanta, firmò questo appello ai colleghi di settore apparso nella rivista Motion Picture News. Già, perché poco più di cent’anni fa il cinema si trovò ad affrontare la prima pandemia della sua storia: l’influenza spagnola. Molti credettero che la crisi
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Le misure anticrisi nel settore audiovisivo
MEGLIO IL DIVANO DI CASA
In Austria, il ministero dell’Economia e il sottosegretariato alla Cultura hanno accordato alle produzioni televisive e cinematografiche una sovvenzione (“Comeback bonus”) per agevolare la ripresa dei progetti interrotti e incentivare l’avvio di nuove produzioni. Il fondo è dotato di 25 milioni di euro. Un ulteriore milione di euro è stato assegnato all’Österreichisches Filminstitut per la promozione di sceneggiature e sviluppo di progetti. L’Italia è stato il primo Paese europeo interessato dal Covid-19 e uno dei più duramente colpiti dall’epidemia. Non stupisce quindi che le ricadute sull’industria cinematografica siano state particolarmente gravi. I due decreti della Presidenza del Consiglio, emanati a marzo e giugno, destinano 245 milioni di euro a favore del settore cinematografico e dello spettacolo, buona parte dei quali a potenziamento del Fondo Cinema e Audiovisivo e del tax credit. Sono inclusi nel fondo di emergenza anche i gestori di sale, sempre con contributi una tantum di 10.000 euro a cinema. Dopo lunghe settimane di incertezza, un segnale positivo per l’industria cinematografica italiana e internazionale è giunto dalla decisione di confermare la Mostra del Cinema di Venezia a settembre. Pur nel rispetto dei protocolli sanitari imposti dal virus, in questo strano 2020 il settore non dovrà dunque rinunciare a uno dei suoi appuntamenti più prestigiosi.
Se le produzioni sono ripartite, nel rispetto delle misure di sicurezza, i Paesi europei dovranno ora contrastare gli effetti economici del lockdown nel settore cinematografico.
Il pubblico, invece, sembra ancora preferire il divano di casa agli spettacoli in sala. In Italia i cinema hanno riaperto a metà giugno ma tra ingressi limitati, distanze di sicurezza e obbligo di mascherina fino al proprio posto le previsioni dei gestori per l’intera estate sono cupe: le presenze non dovrebbero superare il 10-20 per cento delle capacità complessive. Anche in alcune Länder tedesche da giugno hanno riaperto i cinema ma anche lì le sale restano vuote, talvolta con più personale che ospiti presenti. I P R O F E S S I O N I S T I A U TO N O M I I N D I F F I CO LTÀ
I cinema drive-in e i festival online, riportati in auge dalla crisi, rappresentano una piacevole novità per il pubblico, ma poco più di una goccia nel mare per un settore dove sono stati relativamente in pochi a poter approfittare dei rapidi finanziamenti anticrisi. Dalle sovvenzioni, volte ad ammortizzare le spese operative e subordinate all’esistenza di progetti già avviati, sono infatti rimasti esclusi soprattutto i professionisti autonomi. L’eventuale perdurare della crisi renderà pertanto necessari strumenti compensativi rispetto ai mancati guadagni. Ma i fondi, per quanto importanti, non sono tutto. Al momento il settore soffre infatti per la difficoltà nel riprendere le produzioni e ritrovare i ritmi abituali. Non a caso, nell’edizione di giugno della rivista dell’American Society of Cinematographers si trovano alcuni suggerimenti per mantenersi in esercizio durante l’inattività forzata. Come? Ad esempio, si legge, riproducendo nel soggiorno di casa con mezzi di fortuna celebri inquadrature de Il mago di Oz o E.T. l’extra-terrestre. Con più ottimismo guardava invece al futuro W. C. Patterson, il gestore del cinema di Atlanta, durante l’epidemia del 1918: Indubbiamente questa chiusura significa una perdita di denaro per tutti noi ma, in innumerevoli modi, comporta anche un guadagno. Questa è infatti l’occasione per scoprire se siamo sulla strada giusta. Abbiamo ottenuto il massimo dalle nostre opportunità? Abbiamo offerto ai nostri spettatori il tipo di intrattenimento a cui hanno diritto e per il T#11 quale sono disposti a spendere i loro soldi?
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contributo di solidarietà da parte dei servizi di streaming e delle emittenti tv pubbliche. Eppure, in Germania i programmi di sostegno al settore sono stati avviati tempestivamente: già a marzo le emittenti pubbliche ARD e la società ARD Degeto hanno assicurato alle produzioni la propria compartecipazione ai costi aggiuntivi generati dall’emergenza Covid. Subito dopo è giunta la reazione dei fondi nazionali: Monika Grütters, alla guida del Ministero federale della Cultura, ha disposto un pacchetto di aiuti per i cinema d’essai, che comprende un contributo una tantum fino a 10.000 euro a schermo e lo snellimento delle procedure per ottenere contributi a fondo perduto per gli investimenti. Con il programma “Neustart Kultur” (“Rilancio cultura”), varato a giugno, sono stati infine stanziati 40 milioni di euro per sostenere le sale nell’adeguamento delle strutture alle misure contenitive del virus.
▶ Il protocollo di sicurezza anti-Covid e le norme da rispettare sui set italiani: film.idm-suedtirol.com/it/covid-19
TUTTE LE MISURE, regolarmente aggiornate, dei fondi cinematografici europei (EFAD – European Film Agencies) per contrastare gli effetti dell’emergenza Covid
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L’emergenza vissuta dal settore
“Niente sarà come prima.” Il cinema italiano affronta la pandemia Un colloquio a due voci tra Laura Delli Colli e Francesco Rutelli “Siamo impegnati al massimo per la ripresa”: Delli Colli e Rutelli durante il colloquio per TAKE presso la sede ANICA a Roma.
Una stagione sospesa che tenta la riapertura dopo mesi di eventi drammatici e guarda alla ripresa con inevitabile ottimismo ma, soprattutto, con la voglia e l’obiettivo di superare una difficoltà che ha messo a dura prova anche il cinema: il Covid-19 ha colpito imprenditori e lavoratori di un intero comparto, dai set alle sale, ha messo in difficoltà scrittura e produzione fino alla promozione e al mondo dei festival di cui il cinema ha bisogno. Abbiamo ancora sulla pelle le ferite che non basta un’estate a far rimarginare, con una sola certezza di fondo: la capacità di fare squadra che, mai come ora, l’industria e tutto il cinema stanno cercando di dimostrare, consapevoli che niente sarà come prima. Quando è scattato l’allarme le sale erano finalmente di nuovo piene, il cinema italiano aveva appena conquistato ben due premi al festival di Berlino (per Volevo nascondermi e Favolacce) e circa 70 produzioni stavano per tornare sul set. Oggi, dalla produzione alle sale, fino al modo di guardare i film, tutto va “resettato” alla ricerca di un nuovo equilibrio. Cambierà il modo di produrre? Cambieranno storie e modalità di gestire il set come la sala? E il pubblico? Usciremo dal tunnel cambiati anche nelle modalità di fruizione del cinema? Il cinema resta, comunque, un comparto di grande valore, centrale per la produzione ma anche per la creatività e la cultura italiane.
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Come affrontare i prossimi mesi e come uscirne? Il dialogo è aperto, anche nel confronto di idee e di punti di vista. Come dimostra questo colloquio a due voci tra Francesco Rutelli, presidente di ANICA, e Laura Delli Colli, presidente della Fondazione Cinema per Roma (che sta preparando la Festa per il prossimo ottobre) nonché del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani (che ha appena prodotto, con i Nastri d’Argento, il primo evento live della “riapertura”). Li abbiamo lasciati a briglia sciolta su una serie di domande. Ecco come hanno risposto. Il Covid-19 ci ha fatto vivere mesi di assoluta emergenza lasciando ferite ancora aperte anche nel mondo dell’audiovisivo. Come valutate la situazione oggi e che clima si respira all’interno del settore audiovisivo italiano? LAURA DELLI COLLI Sì, la pandemia ha provocato, dall’inizio dell’anno, un’emorragia di spettatori devastante, mai vissuta nella storia di queste industrie. Industrie che rappresentano, come spesso ho sentito ripetere proprio da Francesco Rutelli, la forma sociale di entertainment e, perché no, anche di cultura, più popolare e accessibile. Se non conoscessimo direttamente gli effetti che è in grado di produrre basterebbe guardare un po’ di dati nazionali: sono oltre duemila le aziende che – direttamente oppure nelle industrie correlate al cinema – danno occupazione a 250
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Riccardo Ghilardi
Colloquio con Laura Delli Colli e Francesco Rutelli
mila persone. Il settore vanta normalmente un fatturato di 4 miliardi di euro, con una crescita media superiore al 5 per cento negli ultimi sei anni. Sbaglio, presidente? Concordo. La crisi è sotto gli occhi di tutti, siamo lontani dall’avvio entusiasmante in questo anno che era iniziato molto bene ed è stato letteralmente spezzato dalla pandemia. Ma siamo impegnati al massimo per la ripresa: il cinema, che a gennaio ci aveva fatto registrare un aumento di 4 milioni di spettatori, ne ha persi in pochi mesi 25 milioni. Una crisi globale, ovviamente. Che annuncia una competizione ancora più forte in cui l’Italia non può perdere un posizionamento decisivo, per la nostra autorevolezza internazionale ma soprattutto per la tenuta di un comparto di grande valore produttivo e creativo. E naturalmente per l’occupazione.
FRANCESCO RUTELLI
Registreremo conseguenze così preoccupanti ancora per molto tempo? E gli spettatori? Finiranno per abbandonare per sempre il cinema in sala? FR Il cinema è creatività allo stato puro. Chi davvero lo ama e continua a sentirne la mancanza ne conosce il valore e lo ha dimostrato consumandolo comunque in tutte le modalità alternative alla sala che è stato possibile attivare. Dal nostro punto di vista sappiamo bene, però, che il cinema è
anche business, industria, investimenti. La filiera comprende anche aziende medie e piccole: dallo sviluppo del progetto fino alla produzione, alla promozione e alla distribuzione e finalmente alla proiezione in sala. Ogni area del settore attende quindi una sfida specifica. LDC Per la produzione, un’idea di ripresa c’è già. Sia pure con limiti evidenti: sui set si fanno i tamponi per escludere la positività, si usano le mascherine e i protocolli, che hanno fissato mille accorgimenti, rendono più sicuro il set. Quello che è successo sta provocando però una mutazione nelle nostre stesse abitudini di spettatori: il Covid-19 ci sta facendo ripensare il nostro rapporto col cinema, dalla sala al formato dei festival e delle rassegne. Basti pensare che ha fermato Cannes, costretto Venezia – come i più importanti festival del mondo – a una formula ibrida e ci ha abituato a dialogare usando le tecnologie in un tempo impensabilmente rapido.
Parliamo di misure necessarie per contrastare gli effetti dell’emergenza all’interno del settore. Quali le più urgenti? LDC Dall’esterno credo serva una proroga degli ammortizzatori sociali e delle indennità già assicurate anche per decreto dalle istituzioni, in primis dai provvedimenti
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Colloquio con Laura Delli Colli e Francesco Rutelli
Dobbiamo augurarci che non accada ma, certo, non saremmo presi di sorpresa. Bisogna attrezzarsi finora, cercando nuovi asset produttivi e riuscendo a compensare la crisi di finanza delle imprese con uno sguardo più attento alle coproduzioni e ai mercati internazionali. Il Ministro Franceschini sta varando una nuova modifica al tax credit che permetta di risolvere diverse esigenze: sostenere le aziende e la ripresa dei set, e tamponare gli effetti del maggior costo delle produzioni per le assicurazioni obbligatorie. Abbiamo tutti una maggiore consapevolezza che ci consente di essere più attrezzati di fronte al danno ma anche ai rischi. Diceva Flaiano che il cinema è morto, ma lo T#11 abbiamo sempre visto risorgere…
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R. Ghilardi
LAURA DELLI COLLI è giornalista e scrittrice, autrice di numerosi libri dedicati al cinema e ai suoi protagonisti. Dal 2003 è presidente del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani (SNGCI) che assegna annualmente il “Nastro d’argento” ai film, agli attori, agli autori e agli operatori del cinema italiano, manifestazione diretta da Delli Colli. Dal 2019 è presidente della Fondazione Cinema per Roma che organizza la Festa del Cinema di Roma.
La comunità scientifica segnala il rischio di nuove crisi pandemiche: come industria saremo eventualmente più attrezzati nel caso? LDC Abbiamo analisi e soprattutto protocolli che in questi mesi tra Governo e Regioni sono diventati una vera e propria mappa di indicazioni da seguire. Una mappa che ha reso anche nel mondo dell’audiovisivo centrale il tema della salute e della tutela di ogni singolo.
proposti dal ministro Franceschini, a favore dei lavoratori e delle imprese dello spettacolo. Servirà, immagino, anche un fondo dedicato alla ristrutturazione e all’adeguamento tecnologico delle sale. Ma su questo la parola spetta soprattutto al presidente Rutelli. Giusto, il monitoraggio e l’intervento del Governo, come si è già dimostrato, resta indispensabile. Parliamo di provvedimenti anche a fondo perduto, che accompagnino la trasformazione di tutto il sistema per impedire il rischio di una vera e propria desertificazione produttiva: più della metà delle sale cinematografiche rischia di chiudere a breve. E invece il cinema deve trasformarsi in qualcosa di multifunzionale dove poter andare a vedere, oltre all’ultimo film del tuo regista preferito, la partita di una squadra in trasferta, la prima della Scala, il concerto di Vasco Rossi se all’Olimpico è tutto esaurito… insomma un luogo di quartiere con la propria autonomia ma anche con un’autentica vocazione di servizio pubblico.
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FRANCESCO RUTELLI è stato dal 1993 al 2001 sindaco di Roma, dal 2006 al 2008 vicepresidente del Consiglio dei ministri e ministro per i Beni e le attività culturali e ha fondato diverse organizzazioni ambientali e culturali tra cui il Centro per un Futuro Sostenibile. Dal 2016 è presidente dell’Associazione nazionale industrie cinematografiche audiovisive e multimediali (ANICA), la maggiore associazione di categoria che riunisce produttori, distributori e industrie tecniche.
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Quando la realtà cambia davanti alla cinepresa The Red House, un resoconto
“Siamo partiti per la Groenlandia il 24 febbraio, quando l’emergenza Covid19 stava per cominciare. Ma nessuno immaginava cosa sarebbe arrivato: alla partenza dall’Italia, in aeroporto, non si notava niente. Qualche mascherina, ecco. Dopo due giorni di viaggio, passando per Copenaghen e Reykjavík, prendendo tre aerei e un elicottero, abbiamo raggiunto la location, il paesino remoto di Tasiilaq. All’inizio ci siamo mossi soltanto io e il regista Francesco Catarinolo per la pre-produzione. Già dopo pochi giorni abbiamo iniziato ad avvertire le prime conseguenze delle notizie che stavano arrivando dall’Italia: era diventata l’hotspot della pandemia. La reazione della popolazione, una comunità isolata con un livello di istruzione abbastanza basso, è stata a dir poco negativa. Abbiamo iniziato a fare dei primi incontri, ad esempio con il preside di una scuola, con un social worker e altre istituzioni. Sono bastati pochi giorni, però, perché iniziassero a circolare nei gruppi Facebook locali – senza che noi lo sapessimo – delle fake news: che i filmmaker italiani avessero il coronavirus, che fossero bloccati a letto. Ecco perché, tornati nella scuola, i ragazzi non volevano più incontrarci. Erano convinti che avessimo il virus: all’intervallo, vedendoci, si coprivano la bocca con il maglione. I docenti erano ancora più impauriti e la gente del villaggio ci evitava. L E V O C I S U FA C E B O O K
A questo punto abbiamo iniziato a preoccuparci: il film è in sviluppo da quattro anni e la casa di produzione ha sostenuto costi molto alti per il viaggio, gli spostamenti in elicottero e motoslitta, per gli alloggi. Questi ultimi non sono facili da trovare in zona: c’è poco turismo e dei soli due alberghi uno è proprio la Red House, la casa del nostro protagonista Robert Peroni. Per aiutarci, un collaboratore di Robert ha pubblicato su Facebook un post per chiarire che le informazioni su di noi erano false, permettendoci di iniziare a lavorare quando finalmente è arrivata la nostra troupe. Purtroppo, con loro è arrivato un altro problema: un gruppo di circa 25 turisti tedeschi. Tutti in buona salute, certo, ma nessuno poteva essere certo che tra loro non ci fossero portatori sani del virus. E le voci su Facebook hanno di nuovo cominciato a girare. Comunque la diffidenza degli abitanti è comprensibile: essendo così isolati, i loro sistemi
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Il produttore Gianluca De Angelis.
THE RED HOUSE vede protagonista il bolzanino Robert Peroni, ex alpinista ed esploratore, che negli anni 90 si è trasferito in Groenlandia, nella remota regione di Ammassalik. La sua Red House nel paesino di Tasiilaq è un piccolo albergo per turisti. Ma anche un luogo di incontro per la comunità Inuit del posto: da quando il commercio della pelle di foca è stato vietato, il popolo degli Ivi è afflitto da un alto tasso di disoccupazione, alcolismo e suicidi. Robert, che a sua volta soffre di una grave malattia, ha dedicato a questo popolo la propria vita. Il documentario, diretto da Francesco Catarinolo, è prodotto dalla casa di produzione di Torino Tekla e Vidicom Media di Amburgo. IDM ha assegnato alla produzione due finanziamenti pari a 18.000 euro (pre-produzione) e 60.000 euro (produzione).
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The Red House, un resoconto
Le riprese del documentario su Robert Peroni e la sua Casa Rossa in Groenlandia (01, 02) si sono interrotte bruscamente; il produttore De Angelis ha vissuto un’odissea per riportare in Italia la troupe (03) in pieno lockdown.
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immunitari sono più deboli e spesso, nella loro storia, chi veniva da fuori ha portato gravi malattie. In più, lì non c’è un ospedale, non hanno nessuna terapia intensiva e non esiste nemmeno la possibilità di effettuare un test Covid. Vista la situazione e le notizie che arrivavano dal mondo, hanno chiuso le scuole, impedendoci di continuare a lavorare. Abbiamo effettuato le ultime riprese all’interno della Red House, il nostro albergo. E la storia della Casa Rossa è finita sotto ai nostri occhi: Robert ha dovuto chiudere l’attività, avendo perso tutte le prenotazioni dei turisti. Anche se poi fino in Groenlandia il virus praticamente non è arrivato, tra i tanti mali che l’occidente ha portato agli Inuit ci sono comunque le conseguenze della pandemia: l’isolamento, il lockdown, le ricadute economiche. Nel nostro film volevamo incorporare proprio i problemi di questa società dovuti alla colonizzazione da parte degli occidentali, come il divieto della caccia alle foche. Si è aggiunto il coronavirus, che è entrato a far parte della trama perché ha modificato la realtà che volevamo ritrarre nel film. A R E N AT I I N G R O E N L A N D I A
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Tekla
Finite le riprese si è presentato l’ultimo problema: il rientro in Italia. Si era creata una psicosi: era il 15 marzo e l’Italia era proprio al centro della crisi. Io sono riuscito a tornare, anche se con moltissime difficoltà perché la Groenlandia aveva bloccato tutti i voli. Ma il resto della troupe era rimasto a Tasiilaq con il regista, e non riuscivamo a farli rientrare. Lavoravano in isolamento, tra gli sguardi diffidenti degli abitanti, con la paura di rimanere bloccati in Groenlandia per chissà quanti mesi. Abbiamo interpellato l’ambasciatore italiano in Danimarca, siamo riusciti a piazzare due articoli su Corriere e Repubblica, abbiamo chiamato l’Unità di crisi della Farnesina che era oberata. Attraverso un senatore torinese abbiamo persino chiesto aiuto al ministro Di Maio, mentre io cercavo di arrangiarmi con una disponibilissima signora del centro operativo Covid groenlandese, dove però non parlavano l’inglese… alla fine non so se siano stati i danesi, la Farnesina, il ministro o la signora del centro operativo, ma siamo riusciti a far rientrare la troupe, con un viaggio di cinque giorni. Ora, finalmente, possiamo ultimare il lavoro. L’intenzione era di seguire il protagonista a Bolzano, dove fa ritorno ogni anno. Ma ovviamente in questa situazione non si muove da Tasiilaq. Sono felice comunque del risultato finale perché il film si è arricchito di un elemento nuovo. E in fondo è questo il bello del lavoro del documentarista: che il film si debba adeguare alla realtà. Soltanto il documentario può essere presente in un momento storico, e raccontarlo con questa spontaneità.” Gianluca De Angelis, produttore di The Red House
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FILM
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Non mi uccidere (2021)
Andrea De Sica
La vena dark di Andrea De Sica L’adolescenza, la famiglia, il cinema di genere pensato in chiave d’autore. Il regista, che con Non mi uccidere torna in Alto Adige, si racconta a TAKE
Intervista
NICK VIVARELLI Foto
R I CC A R D O G H I L A R D I
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Andrea De Sica, che è nato cinematograficamente colto, rappresenta un’anomalia nel cinema italiano per il modo in cui unisce una forte impronta d’autore con gli stilemi del genere. Ci siamo incontrati a Roma, a Monteverde Vecchio, dove entrambi abitiamo, per parlare del suo prossimo film Non mi uccidere, un horror/fantasy, ma anche un coming-of-age con “un forte romanticismo”, dice lui, prodotto da Warner Bros. Entertainment Italia e Vivo film, che vede protagonista Alice Pagani di Baby, la serie che ha girato per Netflix. Al centro della trama, gli inseparabili fidanzati Mirta e Robin, in una storia di amore e morte, rinascita e crescita. Per De Sica è un ritorno in Alto Adige dopo I figli della notte, suo film d’esordio, girato con il sostegno di IDM Film Fund: esperienza che ripeterà con il secondo lungometraggio.
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L’ingresso, a volte traumatico, nel mondo degli adulti è uno dei temi centrali dei film di De Sica: “Faccio parte di una generazione che ne ha prese di batoste”.
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FILM
D I R E C TO R
Non mi uccidere (2021)
Andrea De Sica
“Il fatto di avere girato il mio primo film a 35 anni deriva in parte dalla mia famiglia: ho sentito un po’ il dovere di arrivarci preparato.” Andrea De Sica fotografato per TAKE nella sua casa romana.
ANDREA DE SICA nato a Roma nel 1981, dopo gli studi in Filosofia presso l’Università degli Studi Roma Tre, si è diplomato in regia al Centro Sperimentale di Cinematografia. Ha collaborato alla regia della serie animata Mia and me prima di girare, nel 2013, il primo documentario Città dell’uomo. Per il lungometraggio d’esordio I figli della notte (2016), girato in Alto Adige e ambientato in un collegio, è stato premiato con il Nastro d’Argento al miglior regista esordiente. Ha fatto seguito Baby (2018), serie “teen” per Netflix, che narra la vita di due giovanissime squillo romane, vista da più di 10 milioni di abbonati in tutto il mondo nel primo mese. Figlio d’arte di una delle dinastie più importanti del cinema italiano (il nonno è stato Vittorio De Sica, lo zio è Christian De Sica), nel 2020 ha girato il secondo lungometraggio Non mi uccidere, sempre indirizzato a un pubblico adolescente. De Sica vive a Roma.
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Hai esordito a 35 anni, dopo aver fatto varie forme di gavetta, con un film che credo ti rappresenti molto bene. Ho l’impressione che per il debutto tu sia partito da te stesso, dal tuo mondo, però pensando anche al pubblico. In particolare, a quello della tua generazione. Com’è nato I figli della notte? ANDREA DE SICA È nato nel momento in cui mi sono fermato a pensare a quale fosse il modo migliore per fare un primo film. E fare un primo film tutto basato su un’idea di un luogo mi sembrava qualcosa che potesse avere un certo potenziale in un pitch con un produttore. Perché così potevo mettere a frutto tutte le mie esperienze anche con pochi soldi: cosa che in quel momento era fondamentale. Anche perché c’era molta diffidenza verso le opere prime e io avevo già fatto un bel giro di visite a produttori che mi avevano fatto fare sala d’aspetto per tanto tempo. All’epoca avevo in mente due progetti da proporre: I figli della notte e Non mi uccidere. Nel 2012 girai un corto che ho prodotto io stesso. Era una sequenza di Non mi uccidere. Tra i tanti produttori che lo videro, Gregorio Paonessa di Vivo film si convinse a fare un film con me.
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Warner Bros. Entertainment Italia & Vivo film
Narrativamente, invece, com’è nato il film? Nasce da un’esperienza che non ho vissuto in presa diretta ma di riflesso, grazie a quella dei miei cugini di Marina di Carrara; loro andavano in collegio, una cosa che a me sembrava vetusta, una realtà di cui non avevo mai sentito parlare. Pensavo fosse una roba da I Turbamenti del giovane Törless. E poi ho scoperto che in realtà c’è un sottobosco di gente di buona famiglia di tutta Italia, di grandissime famiglie industriali che, nel silenzio garantito da queste istituzioni, mandavano le teste calde di famiglia lì a studiare e anche un po’ in reclusione. Questa cosa mi ha acceso una lampadina e soprattutto mi è piaciuta subito perché racconta un tipo di adolescenza a me vicina. ADS
Un po’ superficialmente, le scuole per ricchi hanno un ruolo abbastanza importante nel tuo lavoro. C’è come un fil rouge. Penso alla scuola della serie animata per bambini Mia and Me, la tua prima esperienza televisiva, quella de I figli della notte, e poi quella di Baby. Di queste credo che la più cinematica sia quella de I figli della notte. ADS La cosa bella è stata quando ci è venuto in mente di andare in Alto Adige perché il collegio sarebbe stato uno dei grandi protagonisti di questa storia. La ricerca di questo collegio, quindi, è stata fatta come si fa un vero casting: abbiamo visitato tutte le location in lungo e in largo. E il luogo prescelto, il Grand Hotel Dobbiaco, indubbiamente è un protagonista del film. Ma anche i boschi, le montagne gli donano un sapore particolare. Danno il tono al film. Baby nasce da una costola de I figli della notte. La differenza è che il film è nato dalla mia voglia di non assomigliare a nessuno, anche andando a girare in Alto Adige, in un posto sperduto. Rinchiudermi in un luogo fuori da Roma, lontano dai miei genitori, dai miei parenti, e girare un film così. Assorto come un monaco. Per me Baby invece è stato importante perché è stato il mio ritorno a Roma. Girare una serie a Roma sui miei anni del liceo, nella mia città. In I figli della notte c’era un filtro che è la mia cinefilia, e tutto quello che mi legava all’educazione dei miei genitori [il compositore Manuel De Sica e la produttrice Tilde Corsi, ndr]. Con Baby invece non mi sono fatto nemmeno un mezzo disegno di come lo volessi girare. Perché volevo farlo tutto in modo più istintivo, più rapido. Perché poi così è la televisione. E con Non mi uccidere spero di fare un passo avanti. Raccontaci quindi del nuovo film. Non mi uccidere è un libro che ho scoperto quando avevo 25 anni, quando stavo al Centro Sperimentale. E di cui mi sono innamorato subito. È la storia della disillusione ADS
di un’adolescente che per amore si spinge oltre la morte e poi magari capisce di essere completamente diversa da quella che pensava di essere. È un rituale coming-of-age, anche questa volta, ma molto dark. Io poi ce l’ho questa vena gotica, scura, di suspense. Questa volta l’ho voluta veramente cavalcare fino in fondo con un film di genere, arrivando in modo estremo a fare un intero film così. Ecco, ma nonostante il genere rimani un autore. Anche i francesi, pensa a Jacques Audiard, sono autori che però hanno una particolare visione rispetto al genere, rispetto allo spettacolo. Una visione, se si vuole, controversa perché non è che ti diano mai niente di così rassicurante nelle loro pellicole, eppure sono autori a cui piace il cinema. Pensa a Hitchcock. Durante il lockdown mi sono letto il libro di 800 pagine di Donald Spoto su Hitchcock, e mi vedevo i suoi film: anche lì c’è una visione molto personale, d’autore, però nell’ottica di un film pensato anche per il pubblico. ADS
Un tipo di visione che ti ispira. Sì, mi piace molto. Se pensi a Ladri di Biciclette e Sciuscià [diretti da suo nonno, Vittorio De Sica, ndr], all’epoca erano molto avanti come concezione, per una certa immagine che davano dell’Italia. Ma sono scritti e pensati in modo non punitivo. Perché a volte il cinema d’autore diventa un po’ punitivo. Invece in questi film c’è un patto con gli spettatori molto evidente. Io credo molto in questa cosa, e spero che con Non mi uccidere riuscirò a farla, ma con un genere completamente diverso. Per me la cosa sempre fondamentale è che debba esserci un’idea di base che ancora non è stata realizzata. E poi cerco di capire cosa
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A. De Sica, G. Romoli, Grams collective
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NON MI UCCIDERE di Andrea De Sica è un film horror tratto dall’omonimo romanzo bestseller di Chiara Palazzolo. La sceneggiatura è firmata da De Sica insieme allo scrittore e produttore Gianni Romoli e al collettivo di sceneggiatori Grams, con il quale ha già collaborato per Baby: Antonio Le Fosse, Giacomo Mazzariol, Marco Raspanti, Romulo Emmanuel Salvador ed Eleonora Trucchi. Non mi uccidere è prodotto da Warner Bros. Entertainment Italia e Vivo film di Roma e distribuito da Warner Bros. Pictures. Le riprese in Alto Adige si sono svolte ad agosto in diverse location del territorio. IDM Film Fund & Commission ha accordato alla produzione un sostegno pari a 450.000 euro.
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Non mi uccidere (2021)
Andrea De Sica
sia il fondo, il nocciolo: in Non mi uccidere è la metafora dell’adolescente, in senso universale, che perde le sue spoglie rassicuranti di bambino, si trova catapultato nel mondo violento degli adulti e scopre una violenza anche dentro di sé. Come vivi il legame con la tua famiglia? Il fatto di aver girato il mio primo film a 35 anni sicuramente deriva dal provenire da una famiglia così prettamente cinematografica. Ho sentito un po’ il dovere di arrivarci preparato, e quindi ho fatto tanta gavetta. Questo adesso mi dà una certa sicurezza, una certa disinvoltura. Se fossi stato più giovane avrei vissuto tutto con più paure, più angosce. Invece adesso ho l’età giusta per godermi quello che faccio. E questo mi rende molto sereno. Mi rende sereno il fatto che sin da subito con I figli della notte io sia riuscito a staccarmi da qualsiasi mescolanza con il resto della mia famiglia. E che, diciamo, sono io e basta. ADS
Durante il lockdown ti sei posto la domanda: avrà ancora un significato Non mi uccidere con tutto quello che sta succedendo in questo momento? ADS Me lo sono chiesto, ma penso di sì, perché i film che io immagino sono sempre dei mondi paralleli. C’è sempre una forte valenza simbolica e non riguardano lo stretto, concreto necessario per sopravvivere. Nei miei film non descrivo mai la realtà concreta dell’anno in cui faccio le riprese, con tutti i problemi materiali dello scendere sotto casa e andare dal tabaccaio… E penso che i temi fondamentali del cinema non cambino. Comunque io sono della generazione che ha vissuto: Berlusconi; la crisi del 2008; che ha avuto i salari più bassi, penso, degli ultimi vent’anni. In questo momento ci stavamo riprendendo – ed è arrivato pure il coronavirus! Faccio parte di una generazione che ne ha prese di batoste. Ma ho ancora l’età e le forze per dire: “Sarò tra quelli che T #11 cercano una rinascita, un rilancio”.
“Ho voluto cavalcare la mia vena dark fino in fondo con un film di genere”, dice De Sica a proposito del suo nuovo progetto Non mi uccidere.
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A. De Sica, G. Romoli, A. Le Fosse, G. Mazzariol, M. Raspanti, R. E. Salvador, E. Trucchi
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Vivo film
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NATURE IS OUR FILMSET CONTACT US: SCHNALSTAL.IT/SENALES.IT CREDIT & © : PATRICK STEGER - VIDEOMETRIXS.COM
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IL SET VERDE
Produzioni ecosostenibili
Set “verdi” e produzioni più rispettose dell’ambiente: tra i Fridays for Future e nuove iniziative green, l’industria cinematografica è ormai consapevole delle proprie responsabilità Produzioni ecosostenibili Testo
F LO R I A N K R A U T K R Ä M E R Illustrazioni
OSCAR DIODORO
CARE LETTRICI, CARI LETTORI,
nel 2019, in fase di pianificazione di questo numero, abbiamo deciso di dedicare il dossier a uno dei temi che più ci stanno a cuore: la sostenibilità delle produzioni cinematografiche in ogni loro fase. Lo abbiamo fatto, non da ultimo, nella convinzione di fornire un contributo all’importante dibattito sul risparmio energetico e sulla tutela ambientale che ha animato negli ultimi anni il nostro settore. Da allora un altro tema – il coronavirus – è salito prepotentemente alla ribalta. Anche se i rallentamenti e le limitazioni alle produzioni imposti dall’epidemia continueranno a occuparci
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almeno per un anno, riteniamo che le iniziative a favore di una gestione consapevole delle risorse rimangano di grande attualità in ambito cinematografico. Nelle pagine a seguire vi presentiamo iniziative e persone impegnate nel cambiamento. Sullo sfondo della minaccia rappresentata dal Covid19, il nostro dossier non vuole essere solo una fotografia della situazione attuale, ma anche un invito a difendere, dopo il ritorno alla normalità, i risultati raggiunti. Florian Krautkrämer Caporedattore TAKE #11
IL SET VERDE
Produzioni ecosostenibili
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DOSSIER
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DOSSIER
IL SET VERDE
Produzioni ecosostenibili
Nuove tecnologie, uffici di produzione senza carta e catering a km zero: le riprese ecosostenibili sono una sfida compatibile con la creatività.
Films for Future. Idee e iniziative per un cinema più verde
Fino a pochi anni fa l’espressione “riprese ecosostenibili” sarebbe stata associata a un documentario sulla tutela dell’ambiente. Oppure all’energia solare, o a chi compensava le emissioni di CO2 piantando qualche albero. Se oggi invece il suo significato è chiaro, ciò è dovuto alle molte misure attuate negli ultimi anni a garanzia di una gestione sostenibile delle risorse nelle produzioni cinematografiche. E ancor più alla nuova consapevolezza ambientale dell’intero settore. Alcuni studi dimostrano che a Los Angeles nel 2016 l’industria cinematografica era il settore con la più alta produzione di CO2. Il mondo del cinema, insomma, ha riconosciuto ormai la propria responsabilità nei fenomeni di riscaldamento globale, e all’interno del settore sempre più voci reclamano cambiamenti radicali. Il movimento “Fridays for Future” e la popolarità di Greta Thunberg hanno conferito enorme visibilità alla tematica. Oggi le discussioni su consumi e risparmi non sono più appannaggio degli specialisti, ma coinvolgono un po’ tutti, e può capitare di domandarsi quanta CO2 produca un’ora di streaming su Netflix. I dati a nostra disposizione sono molto divergenti, eppure una cosa è certa: anche i gesti quotidiani vanno posti in relazione alla tutela dell’ambiente. Come spesso accade, sono i numeri a darci le
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dimensioni del fenomeno: la studiosa di cinema Laura Marks ha calcolato che lo streaming della nuova serie Netflix Tiger King avrebbe consumato in dieci giorni nei soli Stati Uniti una quantità di energia pari a quella consumata dal Ruanda nell’intero 2016. Riguardo alla produzione, invece, è difficile stimare l’impronta di carbonio di un progetto cinematografico e calcolare i risparmi effettivi senza conoscere a fondo la filiera della produzione e post-produzione, come dimostra l’ultimo “Green Report” di Cineregio sulla base di un progetto concreto di un “ufficio di produzione senza carta”. I T ’ S N OT E A S Y B E I N G G R E E N
In Europa, da oltre dieci anni, diverse iniziative promuovono una maggiore trasparenza in materia di impatto ambientale delle produzioni e di neutralità climatica della tecnologia impiegata. Una delle prime misure adottate è rappresentata dal calcolatore di CO2, uno strumento che permette alle produzioni televisive e cinematografiche di misurare la propria impronta ecologica, agevolando la messa a punto di soluzioni efficaci per ridurre il livello di emissione. Iniziative analoghe sono state avviate anche da alcuni fondi regionali. In Germania, la Medien- und
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IL SET VERDE
Produzioni ecosostenibili
“Non bisogna rinunciare a nulla per essere green!” Con il suo secondo lungometraggio Zorro, il regista altoatesino RONNY TROCKER ha soddisfatto i criteri di sostenibilità previsti dalla Filmförderung Hamburg SchleswigHolstein, ottenendo il sigillo verde “Grüner Filmpass”.
Qual è stato il ruolo del vostro green consultant? È stato coinvolto fin dall’inizio e ci ha accompagnati già in fase di pianificazione. Proprio qui il suo apporto è stato fondamentale. Il consulente ha elaborato con ogni reparto un piano di misure specifico. RT
Filmgesellschaft (MFG) del Baden-Württemberg, da qualche anno fortemente impegnata sul piano della sostenibilità, ha sviluppato un proprio calcolatore di CO2, inserendolo sul sito del fondo nell’ambito del progetto “Green Shooting”. Dal 2020 tutte le domande di finanziamento alla MFG devono riportare indicazioni sull’impronta ecologica dell’intera produzione, post-produzione compresa. Maria Dehmelt, responsabile del progetto, ritiene che i dati acquisti grazie all’iniziativa permetteranno di analizzare in modo sistematico consumi e risparmio potenziale. Dehmelt, che si è occupata di riprese ecosostenibili già nella tesi di laurea, segue il progetto dal 2015, anno in cui ha iniziato a collaborare con la MFG. Accanto al sostegno concreto del settore, anche l’attività di informazione è essenziale affinché produttori e produttrici non percepiscano la sostenibilità come un elemento limitante: “Le riprese ecosostenibili rappresentano un’avvincente sfida del tutto compatibile con la creatività”, afferma l’esperta. Accanto a materiale informativo e workshop dedicati, uno degli strumenti principali del progetto è rappresentato dalla figura professionale del green consultant. I consulenti, coinvolti già in fase di pianificazione delle riprese, forniscono assistenza a tutti i reparti della
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Zorro è stato girato su un set ecosostenibile. Che cosa l’ha spinta a questa scelta? RONNY TROCKER L’impulso decisivo è venuto dalla mia produttrice Susanne Mann. Se, come nel nostro caso, il rispetto per l’ambiente è importante nella vita di tutti i giorni, è giusto che lo sia anche in ambito professionale.
Quali sono stati i cambiamenti più evidenti sul set? L’ufficio senza carta. Non circolavano quasi più copioni e scalette stampati. Ci siamo resi conto di quanta carta sprecassimo prima! In più, il catering non utilizzava stoviglie monouso e proponeva una volta alla settimana un menu esclusivamente vegetariano. Due iniziative che ho apprezzato molto. RT
Che cosa le ha insegnato questa esperienza? Che non bisogna rinunciare proprio a nulla per essere green! Non c’era alcuna limitazione e non abbiamo dovuto modificare in alcun punto i nostri programmi. Penso che anche gli altri membri della troupe abbiano ora una maggiore consapevolezza ambientale, sia a livello privato che professionale. RT
Sarà verde anche il prossimo set? Alcune novità, come l’ufficio senza carta, ci accompagneranno anche in futuro. In generale, anche senza certificazioni ci muoviamo ora con maggiore sensibilità e consapevolezza. Ciò non toglie che l’aspetto formale del “Grüner Filmpass” sia importante, in particolare la relazione finale T#11 con l’elenco dettagliato dei risultati raggiunti. RT
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IL SET VERDE
Produzioni ecosostenibili
produzione nella ricerca delle soluzioni più efficaci di risparmio energetico. Grazie a competenze fondate sulla prassi, i green consultant propongono soluzioni su misura a garanzia di riprese realmente rispettose dell’ambiente. Le produzioni che hanno ottenuto il sostegno della MFG possono richiedere un ulteriore finanziamento fino a 5.000 euro per l’assunzione di un green consultant. L E I N I Z I AT I V E D E I F O N D I R E G I O N A L I
La “consulenza verde” è addirittura obbligatoria nell’ambito dell’iniziativa per la sostenibilità promossa dal gruppo di lavoro “Green Shooting”, fondato dalla MFG nel 2017 e di cui oggi fanno parte diversi fondi di finanziamento, case di produzione ed emittenti. Per soddisfare la crescente domanda di esperti ed esperte in tale settore, la MFG ha ideato, in collaborazione con un istituto universitario di Stoccarda, un corso di formazione certificato per green consultant, il cui avvio è previsto nel 2020. Anche in Italia le iniziative a favore delle “riprese verdi” nascono spesso in seno ai fondi regionali. Le Film Commission del Trentino e della regione Sardegna, ad esempio, adottano protocolli verdi con apposite certificazioni per le produzioni cinematografiche che operano in modo sostenibile. La certificazione assicura un punteggio più alto in cinque categorie rilevanti ai fini dell’accoglimento della domanda di finanziamento (efficienza energetica, mobilità sostenibile, utilizzo di materiali ecologici, alimentari a chilometro zero e corretta gestione dei
rifiuti). Il programma “Edison Green Movie” dell’omonima società energetica fornisce già dal 2011 consulenza ai “set verdi” combinando in modo innovativo sostenibilità e ottimizzazione del budget. Il programma – come spiegano i promotori – si compone di linee guida di facile attuazione, integrabili nelle diverse fasi di lavorazione al fine di rendere l’organizzazione più efficiente con concreti risparmi economici. Dal 2016 la Edison coopera in tale ambito con la Film Commission della regione Piemonte, ma intende estendere a breve l’iniziativa anche ad altre regioni italiane. Anche IDM assegna massima priorità alla produzione sostenibile, organizzando ad esempio workshop sulla figura del green consultant. Philip Gassmann, che offre consulenza sulla transizione verso il “green shooting” a emittenti televisive, produzioni e fondi di finanziamento (vedi intervista), ha tenuto nel maggio del 2020 su incarico di IDM un corso di più giorni dedicato al cinema sostenibile, svoltosi online a causa delle limitazioni imposte dall’emergenza Covid-19. Le numerose interruzioni alle produzioni causate dall’epidemia hanno accresciuto ulteriormente l’interesse dei professionisti locali per l’iniziativa. Jonathan Rinn, che lavora sui set altoatesini come capo elettricista e cameraman, ha partecipato al corso per interesse professionale e personale. Il workshop – dice – gli ha fornito strumenti utili a convincere le produzioni con le quali collabora dei vantaggi della sostenibilità all’interno del suo reparto. Al termine del workshop, seguito da addetti dei più diversi reparti, i partecipanti si sono riuniti
Green consultant e certificazioni vincolanti trasmettono l’impegno dei professionisti anche al di fuori del settore cinematografico.
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IL SET VERDE
Produzioni ecosostenibili
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Una buona base, insomma, sulla quale continuare a lavorare, anche perché il riscaldamento globale non permette titubanze. Proprio per questo il prossimo passo dovrà essere quello di introdurre certificazioni vincolanti in grado di comunicare l’impegno e il rispetto delle linee guida anche al di fuori del settore cinematografico. Un esempio in tal senso è fornito dal sigillo di qualità “Grüner Filmpass”, una sorta di “pass verde” per le produzioni, introdotto alcuni anni fa dalla Filmförderung Hamburg Schleswig-Holstein (vedi anche l’intervista a Ronny Trocker) o dal certificato federale dell’FFA, attualmente in fase di sviluppo. Il percorso verso un riconoscimento unico a livello europeo è tuttavia lungo, anche a causa delle notevoli differenze tra i diversi Paesi dell’Unione. Rimane però la Gran Bretagna il Paese con la maggiore esperienza in materia di riprese ecosostenibili. Grazie al protocollo elaborato dal British Film Institute (BFI) e al lavoro di “albert”, consorzio di settore che dal 2011 riunisce emittenti e produttori, i dati a disposizione sono ormai moltissimi. Dati che sono essenziali per comprendere differenze, possibilità di risparmio e nuovi sviluppi. In Europa il ruolo trainante spetta invece ai fondi regionali, capaci di agire più efficacemente e talvolta in tempi più rapidi. La tematica ambientale illustra al meglio come si sia evoluto il ruolo dei fondi cinematografici: non più meri strumenti di sostegno economico alle produzioni ma, grazie alla loro funzione chiave nel settore, incaricati dell’importante compito di creare strutture ed elaborare standard che permettano anche in futuro di girare film T#11 all’insegna di qualità e responsabilità sociale.
Riprese green in Alto Adige Le misure di IDM Film Fund & Commission a favore delle produzioni ecosostenibili “L’attrattività del paesaggio è uno dei motivi principali per cui le produzioni scelgono di girare in Alto Adige. Ed è proprio la natura autentica e intatta, presente ancora in molti luoghi, a fare delle nostre location dei set particolarmente richiesti. Compito e responsabilità della Film Fund & Commission è preservare questo ambiente, rendendolo al tempo stesso accessibile al pubblico televisivo e cinematografico. Consapevoli di ciò, negli ultimi due anni abbiamo accresciuto ulteriormente il nostro impegno a favore delle produzioni ecosostenibili. Accanto all’adesione al Network Green Regio, puntiamo fortemente sulla formazione con un’offerta regolare di workshop sul tema del Green Shooting e corsi per green consultant. Un’ulteriore importante misura è rappresentata dall’elaborazione e attuazione di un catalogo di criteri. In futuro, le domande di finanziamento presentate dalle produzioni dovranno includere un piano di sostenibilità. Inoltre, stiamo sviluppando insieme ai professionisti locali del materiale informativo per agevolare le riprese ecosostenibili. L’obiettivo è la certificazione esterna delle produzioni che si svolgono in Alto Adige.”
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in gruppi di lavoro specifici per definire gli aspetti principali per il proprio ambito, redigere dei vademecum e scambiarsi esperienze pratiche. Anche la bolzanina Kathy Leonelli fa ora parte di uno dei gruppi di lavoro formatisi in seguito al workshop: “Nel mio ruolo di location manager, la tutela ambientale svolge un ruolo importante prima, durante e dopo il lavoro sul set”, spiega. Per Kathy Leonelli il workshop è stato utile soprattutto nell’ottica del proprio sviluppo professionale: ne ha apprezzato il carattere trasversale rispetto ai singoli reparti anche perché in una realtà complessa come quella delle produzioni cinematografiche, la motivazione personale, insieme alla conoscenza approfondita del contesto, è fondamentale per giungere a soluzioni intelligenti di risparmio energetico.
Birgit Oberkofler Head Film Fund & Commission
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IL SET VERDE
Intervista a Philip Gassmann
“L’obiettivo non è ridurre: è migliorare” Intervista a Philip Gassmann, esperto di riprese ecosostenibili Philip Gassmann, regista e produttore, è da alcuni anni anche un esperto a livello internazionale e consulente green per emittenti televisive, case di produzione, film commission e decisori politici. Gassmann ha organizzato due corsi di formazione per green consultant su incarico di IDM Film Fund & Commission. Come si diventa specialisti internazionali di produzioni ecosostenibili? PHILIP GASSMANN Mi interesso di tematiche ambientali fin dai tempi della scuola. Dopo gli studi a Parigi e i miei primi impieghi in ambito televisivo, mi sono reso conto della scarsa consapevolezza ambientale nel nostro settore. L’impulso decisivo è venuto circa dieci anni fa dall’incontro con Christiane Dopp della Filmförderung Hamburg Schleswig-Holstein, che all’epoca aveva già introdotto l’allora “Grüner Drehpass”. Ho organizzato quindi i primi workshop per diversi reparti su incarico del Fondo di Amburgo, ampliando e approfondendo in seguito la mia attività. Come ha reagito il settore alle sue iniziative? La mia attività ha sempre riscontrato interesse, ma negli ultimi due anni la domanda è cresciuta enormemente. I miei corsi della durata di più giorni registrano sempre il tutto esaurito, catalizzati anche dal movimento Fridays for Future e dal generale interesse per le tematiche ambientali in questo momento. A prescindere da ciò, ritengo che il nostro settore sia più che maturo per affrontare la sfida
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della sostenibilità. Gli eventi “Keen to be green” delle German Film Commissions, che si sono svolti tramite videoconferenza, hanno registrato più di cento adesioni per ogni reparto! Si incontrano anche riserve, ad esempio il timore che tutto diventi troppo complicato? PG La revisione di tutti i processi in un’ottica “verde” offre l’opportunità di riconsiderare a fondo l’intero sistema di produzione che si è cristallizzato nel corso degli anni. È un’attività altamente creativa e stimolante. Io e i miei colleghi osserviamo inoltre che le misure per rendere sostenibile un set accrescono notevolmente la comunicazione all’interno delle troupe: molti professionisti sviluppano idee, ricevono un riscontro positivo e si identificano ancora di più con la propria attività. Le produzioni, soprattutto in ambito cinematografico, si inseriscono in strutture esistenti dove i cambiamenti richiedono tempi lunghi. Può capitare, ad esempio, che un noleggio non offra generatori a basso consumo energetico. Come reagire? PG Io consiglio sempre di insistere sulla sostenibilità, anche dopo avere ricevuto una risposta negativa: mettetela nero su bianco nelle richieste inviate agli hotel o ai servizi di noleggio attrezzatura! Abbiamo appurato che il semplice fatto di ribadire un’esigenza può contribuire ad accelerare il cambiamento. Comunicazione capillare, creazione di
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IL SET VERDE
Intervista a Philip Gassmann
incentivi e condivisione di conoscenze sono i tre pilastri della nostra attività. Anche il calcolatore di CO2 si è rivelato uno strumento utile, poiché rende gli effetti visibili e comparabili. Per esempio, se possiamo dire che l’energia elettrica consumata da uno studio equivale alla CO2 emessa da 47 aerei, il messaggio risulta molto più incisivo! Come valuta gli incentivi strutturali, ad esempio per stimolare i noleggi ad acquistare tecnologia a basso consumo energetico? PG La tecnologia e la domanda già ci sono. È giunto il momento di introdurre incentivi mirati. All’estero vengono impiegati impianti che qui ancora nessuno conosce, come generatori solari che si orientano autonomamente verso il sole. Pensate ad esempio che già nel 2013, durante le riprese di Bad Words di Jason Bateman, è stata utilizzata esclusivamente energia solare. Quali dovrebbero essere i prossimi passi? Un’analisi più approfondita di sfide e potenziali. A tal fine sarebbe importante avere a disposizione dati precisi, che permettano di valutare se le dimensioni di una determinata produzione siano davvero giustificate e di formulare quindi proposte concrete per rendere la lavorazione più sostenibile. Senza per questo rinunciare alla creatività. T#11 Il mio obiettivo non è ridurre: è migliorare.
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Philip Gassmann: “Il settore è più che maturo per affrontare la sfida della sostenibilità”.
PER SAPERNE DI PIÙ
GREEN FILM SHOOTING è una piat-
taforma per la sostenibilità nel mondo dei media e pubblica una volta all’anno l’omonima rivista (in tedesco e inglese)
GREEN REGIO è un gruppo di lavoro di Cineregio, il network europeo dei fondi di finanziamento regionali. Tra le sue pubblicazioni c’è il Green Report annuale LAURA MARKS: STREAMING VIDEO , a
link between pandemic and climate crisis
www.philipgassmann.de
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FILM
My Upside Down World (2020)
sopra
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Testo
G I U L I A B I A N CO N I Foto
ALBOLINA FILM
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Jonathan White
D I R E C TO R
PRODUCTION
Elena Goatelli
Albolina Film
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Caparbietà, bravura, tenacia: in My Upside Down World Elena Goatelli racconta i viaggi e le sfide della campionessa di arrampicata Angelika Rainer
Il mondo visto dall’alto: Angelika Rainer si arrampica nella falesia “Tomorrow’s World” sulle Dolomiti. “Le sportive come Angelika rompono ogni tipo di cliché legato alla donna”, dice la regista Elena Goatelli.
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PRODUCTION #2
FILM
My Upside Down World (2020)
Ritratto al femminile: Angelika Rainer impegnata nei leggendari percorsi di arrampicata dell’isola greca di Kalymnos.
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Per vent’anni Angelika Rainer è stata una delle più famose ice climber professioniste al mondo. Per ben tre volte l’altoatesina si è aggiudicata il titolo mondiale di arrampicata su ghiaccio. Poi, all’età di 32 anni, ha sorpreso il mondo dello sport annunciando di voler abbandonare l’agonismo. Per lanciarsi in una nuova sfida: viaggiare il mondo, aprire nuove vie sempre più difficili ed essere la prima donna a scalarle, incontrare altre donne coraggiose. E immortalare le sue imprese in un documentario. My Upside Down World, diretto da Elena Goatelli e prodotto da Roberto Cavallini della bolzanina Albolina Film, con il sostegno del fondo altoatesino per l’audiovisivo, racconta la svolta nella carriera di questa sportiva determinata e caparbia che, attaccata a ramponi e piccozze, osserva il mondo sottosopra. Il film è un ritratto al femminile, una riflessione sulla crescita personale dell’arrampicatrice, nata a Merano nel 1986, attraverso un viaggio durato quasi un anno in luoghi sempre diversi: dai paesaggi mozzafiato delle Dolomiti, alla torrida Kalymnos, in Grecia, con le sue falesie infuocate, fino ai ghiacciai dell’Islanda. U N A S TO R I A U N I V E R S A L E
Elena Goatelli ha conosciuto Angelika Rainer cinque anni fa, mentre preparava un documentario sull’alpinista britannico Tom Ballard. Qualche tempo dopo, leggendo un articolo sulla sportiva, scoprì che Angelika si stava preparando a intraprendere un viaggio in Iran, dove avrebbe insegnato alle donne del luogo a scalare. “Da lì è nata l’idea del film. Anche se poi, purtroppo, non siamo riusciti a partire in tempo con le riprese per seguirla in quel progetto. Insieme abbiamo comunque disegnato un anno di viaggi e progetti nel quale Angelika ha messo alla prova sé stessa”, ci spiega la regista nata a Bolzano, 45 anni, che come la protagonista del suo documentario ha nel DNA la natura e le montagne. Un amore che l’ha spinta, dopo alcuni anni a Madrid, a tornare a vivere in Italia insieme al compagno, anch’egli regista, Angel Esteban. “Da sempre fan delle donne coraggiose”, come lei stessa sostiene, Goatelli aveva voglia di realizzare il suo primo film al femminile (anche se in passato si era già occupata di una tematica legata al mondo delle donne, l’endometriosi). “Tutte le mie amiche affrontano la vita in modo potente e coraggioso”, racconta. “Le sportive, vivendo l’agonismo, rompono ogni tipo di cliché legato alla donna. Affrontano le cose diversamente, fuori dai canoni, non devono essere per forza eleganti e carine.” La regista si è avvicinata all’universo di Rainer proprio per comprendere da vicino come una sportiva viva la sua professione al di fuori della pressione delle competizioni. “Mi interessava scoprire qual è la motivazione che ti spinge a continuare a praticare uno sport come l’arrampicata e a trovare sempre un limite da superare, in che modo riesci a mantenere la tensione, anche se non ci sono più giudici e cronometro”, ci dice ancora Goatelli, che per completare il
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Elena Goatelli
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Le riprese in Islanda. “Abbiamo vissuto con Angelika il momento della preparazione e dell’incertezza”, dice la regista Elena Goatelli.
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La regista Elena Goatelli
ELENA GOATELLI, nata a Bolzano nel 1975, è laureata in Lingue e letterature straniere presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e vive in Trentino. Ha lavorato nel dipartimento di documentari di Canal+ Spagna prima di dirigere, nel 2012, il documentario televisivo Endometriosis, la punta del iceberg per l’emittente pubblica spagnola TVE, il primo film in assoluto sull’endometriosi. Dopo il documentario One Minute for Conductors (2013), realizzato insieme ad Angel Esteban e mostrato all’International Documentary Film Festival di Amsterdam (IDFA), nel 2015 ha girato sempre con Esteban il lungometraggio TOM sull’alpinista inglese Tom Ballard, che ha vinto una serie di premi internazionali, e nel 2017 il documentario Malditos. Il suo nuovo film My Upside Down World, realizzato con la casa bolzanina Albolina Film, ha ottenuto da IDM Film Fund & Commission un finanziamento alla produzione di 110.000 euro.
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suo ritratto ha individuato in ogni location del documentario altri personaggi femminili da raccontare. Come la leggenda delle donne di Kalymnos, che avevano in mano il potere economico e sociale dell’isola perché i mariti erano sempre fuori, o quella islandese su fate e folletti che vivono in una natura incontaminata e forte. La storia di Angelika Rainer ha affascinato anche Roberto Cavallini di Albolina Film, che, dopo dodici anni all’estero, nel 2016 è tornato in Italia dedicandosi completamente alla professione di produttore, soprattutto di documentari. “La curiosità non deve mai mancare oggi a chi fa il mio mestiere”, afferma il produttore, quest’anno nominato e selezionato per il noto programma Emerging Producers. “Quando Elena, un paio di anni fa, mi ha parlato della storia di Angelika, mi sono messo nei panni dello spettatore per capire a chi potesse parlare. C’è un pubblico fedelissimo dei documentari incentrati sulla montagna, ma in questo caso l’intenzione era raccontare un mondo che ha una grossa potenzialità di fascinazione a un pubblico più ampio”, spiega sempre Cavallini, che ha prodotto, tra gli altri, anche Malditos diretto da Goatelli e Esteban. My Upside Down World non è, dunque, un documentario rivolto solo agli appassionati dell’arrampicata e della montagna. “È una storia al femminile di caparbietà, bravura, tenacia”, sottolinea Cavallini. “Può avere tanti livelli di lettura interessanti per la nostra vita quotidiana. Il racconto di Angelika è universale”, aggiunge Goatelli. “Fare questo viaggio con lei ci ha fatto riflettere su quanto la vita ci metta alla prova continuamente. Se la sfida di Angelika è quella di scalare pareti sempre più complesse, la mia è riuscire a sintetizzare fedelmente chi sia lei, senza perdere di vista la sua vera natura”. U N I N N O A L L A L I B E R TÀ E A L L A N AT U R A
Le riprese di My Upside Down World sono iniziate nel giugno 2019 a Merano, dove Angelika vive e si allena con il compagno Marco Servalli. Sono proseguite sull’isola greca di Kalymnos, nel mar Egeo, considerata il paradiso dei climbers, dove Rainer torna ogni anno, e sono andate avanti una settimana in Alto Adige e in Trentino, a Ceniga e presso il Maso Naranch sulla sponda nord del lago di Garda. Alla fine del 2019 la produzione ha seguito la sportiva a Eptingen, in Svizzera, dove Angelika da tempo voleva portare a termine la catena di Ironman, una via di dry-tooling (tecnica derivata dall’arrampicata). Per una settimana tra fine febbraio e inizio marzo le riprese si sono spostate in Islanda, dove una bufera di neve ha sorpreso la troupe e scombussolato il piano di lavoro. “La meraviglia del documentario è proprio quella che non puoi essere mai sicuro delle sorprese che avrai”, spiega Elena Goatelli. “In Islanda ci siamo dovuti adattare. Ma quello che si vedrà è tutto reale. Non abbiamo girato nulla a posteriori. Siamo andati sul posto e abbiamo vissuto con Angelika il momento della preparazione, dell’incertezza, anche con il rischio di non poter realizzare quello che avevamo previsto. Ma è questo a dare una vibrazione al film, rendendolo più vero e potente.” In tutti i viaggi è stato presente anche Cavallini. “Ho voluto seguire da vicino le riprese. Mi piace essere sul campo nei progetti che scelgo”, ci spiega il produttore. Il gruppo è riuscito a rientrare dall’Islanda giusto in tempo per il lockdown dovuto all’emergenza Covid-19, dovendo interrompere l’ultima settimana di riprese in Alto Adige. Ma questa pausa forzata, come tiene a precisare la
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Elena Goatelli
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regista, non entrerà nel documentario. “Abbiamo pensato se inserirla o meno”, dice Goatelli. “Ma il racconto di Angelika è atemporale, è un inno alla libertà e alla natura, e non è giusto spostare l’attenzione su questa fase di costrizione che abbiamo vissuto tutti.” Le ultime riprese di My Upside Down World sono state realizzate a luglio tra Merano e Monte Cavallo, a Vipiteno, dove Rainer ha fatto da bambina le prime passeggiate ed escursioni insieme alla madre, così da “ripercorrere dal vivo i ricordi di Angelika”, spiega Cavallini. A chiudere il documentario è un’intervista finale alla protagonista con le ultime riflessioni e sensazioni su quel viaggio durato quasi un anno. Il film uscirà nei cinema italiani nella primavera 2021, per poi passare in televisione e, probabilmente, anche sulle piattaforme. Prima, però, T # 11 sarà presentato in festival nazionali e stranieri.
“L’intenzione era di raccontare la storia di Angelika affascinando un ampio pubblico”: così il produttore Roberto Cavallini.
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Il cinema? Questione di stile. La costumista Katharina Forcher fotografata nel parco dell’hotel Laurin a Bolzano
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LO C A L TA L E N T S
CO S T U M E D E S I G N E R
Katharina Forcher
WINDSTILL Nel primo lungometraggio della regista e sceneggiatrice bolzanina Nancy Camaldo, una giovane donna e madre decide di cambiare vita facendo ritorno al maso di famiglia, gestito dalla sorella. Windstill è una coproduzione della Elfenholz Film di Monaco con l’emittente Bayerischer Rundfunk, in collaborazione con l’HFF di Monaco. Le riprese sono state effettuate nell’estate 2019 tra la Baviera e l’Alto Adige. IDM ha sostenuto la produzione con un finanziamento di 140.000 euro.
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MICHAEL PEZZEI
Grigio o nero, lino o cotone, bottoni di madreperla o di plastica: cosa risalta di più sullo schermo? Sono i piccoli dettagli dal grande effetto ad affascinare Katharina Forcher. Quando incontriamo la professionista, altoatesina ma viennese d’adozione, a colpire infatti è soprattutto il suo stile, essenziale ma con piccoli tocchi particolari. È stato, forse, anche questo talento ad avvicinare Forcher, di formazione orafa, al cinema e al mondo dei costumi. “Una professione da sogno. Registi e costumisti hanno filosofie diverse ma è proprio questo a rendere la loro collaborazione così stimolante”, dice. Anche quando, come a volte accade, un’impostazione cromatica elaborata per settimane va scartata all’ultimo perché si rivela inadatta all’attore selezionato: grazie al suo approccio pragmatico, la costumista non si lascia turbare. “L’imprevedibilità fa parte del mestiere. Anzi, è proprio uno dei suoi aspetti più interessanti”, spiega. Dopo la prima esperienza da sarta – nel 2015 sul set del lungometraggio Gli eremiti firmato dal regista altoatesino Ronny Trocker – Forcher ha collezionato esperienze in tutti gli ambiti legati ai costumi. Nel 2019 ha assistito la costumista Tanja Hausner nelle riprese di Schachnovelle, lungometraggio di Philipp Stölzl ispirato alla celebre Novella degli scacchi di Stefan Zweig, con Oliver Masucci nel ruolo principale. “Mi piace vedere attori e interpreti indossare i miei abiti per calarsi nella parte, soprattutto quando portano gli abiti di scena prima ancora delle riprese, per familiarizzare con i loro personaggi”, spiega Katharina Forcher. “È fantastico poter dare loro una seconda pelle nella quale possano sentirsi a proprio agio.” Windstill (2020) della regista bolzanina Nancy Camaldo, classe 1992, è il primo lungometraggio per il quale Forcher è stata responsabile di tutti i costumi. “Avevo già ricoperto lo stesso ruolo in alcuni cortometraggi. Impegno e preparazione sono ovviamente diversi ma il lavoro è lo stesso”, spiega. Richiede uguale accuratezza e una grande passione per tessuti, tagli e particolari. Il suo costume preferito è stato quello di Berta, un ruolo secondario interpretato dall’altoatesina Eva Kuen: “Prima delle riprese non riuscivo a inquadrare il personaggio, non capivo come muovermi. Ma poi mi sono trovata davanti Eva: e di colpo tutto è diventato chiaro”. Insieme a Brigitta Fink, anche lei altoatesina stabilitasi a Vienna, Katharina Forcher gestisce a Bolzano il noleggio di costumi “Kostüm Moidele”. Un inventario che copre l’intero XX secolo e che la costumista, grande appassionata di moda vintage, ama “collaudare” di persona indossandone gli abiti più particolari. Perché T # 11 il cinema è questione di stile.
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Elfenholz Film
Windstill è il primo lungometraggio di cui Katharina Forcher ha curato tutti i costumi: una grande prova di stile Talenti da scoprire
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M A E S T R A N Z E D E L L’A LTO A D I G E
Daniel Defranceschi
Quando segue produzioni in Alto Adige nel triplice ruolo di location scout, location manager e direttore di produzione, ragiona come in una partita a scacchi Una giornata con… Daniel Defranceschi
Testo
M A R I A N N A K A S T LU N G E R
Foto
MICHAEL PEZZEI
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Solitamente, nel suo ruolo di location scout Daniel Defranceschi gira l’Alto Adige da solo, in cerca degli scenari perfetti. Oggi, invece, lo accompagniamo alla ricerca di un vecchio maso immerso in una cornice rurale: una veduta abbastanza comune in Alto Adige. Individuata la location perfetta, si presenta al proprietario e chiacchiera affabilmente prima di illustrare le sue richieste. Affiancando Defranceschi, 38 anni, si nota presto che è proprio tagliato per questa attività e che ama lavorare a stretto contatto con le persone: dopo pochi minuti, infatti, l’agricoltore lo autorizza a scattare alcune foto e i due si salutano come vecchi amici.
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Il Pastore (in production)
good friends Filmproduktion & Satel Film
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“Mi piace soprattutto collaborare da pari a pari con tutte le parti coinvolte”, spiega, “la regia, i produttori ma anche i privati che mettono a disposizione le location”. E collaborare, per Defranceschi, significa in primis trovare insieme la soluzione migliore: “La produzione di un film crea spazi per la creatività solo se è sostenuta da un meticoloso lavoro di organizzazione, capace di gestire anche gli immancabili imprevisti”, aggiunge il professionista, attivo nel settore da circa dieci anni dopo un percorso che lo ha visto formarsi in post-produzione e VFX a Berlino, per poi proseguire con un corso di regia alla NUCT (oggi Roma Film Academy) sfociato, nel 2006, nel suo primo cortometraggio su pellicola 35mm, Nevedimka. È stata proprio la realizzazione del suo primo film, a far scoprire a Defranceschi la passione per i ruoli organizzativi: “Richiedono efficienza, accortezza, ma anche doti comunicative, un mix molto stimolante”, spiega. Da allora, ha dato prova di questo talento in decine di produzioni locali e internazionali realizzate in Alto Adige, tra cui Clouds of Sils Maria di Olivier Assayas e Il viaggio di Amelie di Tobias Wiemann. Inizialmente attivo soprattutto come location scout, il professionista si è affermato nel corso degli anni anche come location manager e, più recentemente, come direttore della produzione. “In quest’ultimo campo devo molto alla Ammira Film e al suo fondatore Wolfgang Fliri, che ha creduto ciecamente in me. Ho sempre apprezzato il suo coraggio. Il suo contributo allo sviluppo del settore cinematografico locale è stato enorme”, racconta Defranceschi, ricordando il produttore scomparso prematuramente nel 2018. QUESTIONE DI EQUILIBRIO
Recentemente Defranceschi ha organizzato, in veste di direttore di produzione, il blocco di riprese invernali sul fronte italiano per Why Not You di Evi Romen e si è occupato degli scouting per una probabile puntata speciale della serie Die Bergretter dell’emittente tedesca NDF, dedicata ai soccorritori alpini dell’Alto Adige. Quando lo incontriamo per TAKE, ha appena finito di seguire le riprese di uno spot pubblicitario per un celebre marchio alimentare, realizzato al passo di Carezza, ai piedi dell’imponente Latemar. E il prossimo progetto? Defranceschi sarà alla ricerca dello scorcio perfetto tra i vigneti dell’Alto Adige meridionale per le riprese del poliziesco tedesco Il Pastore, progetto per il quale metterà di nuovo a frutto la sua lunga esperienza di location scout. “Quando le circostanze lo consentono, cerco di selezionare in prima persona i luoghi delle riprese anche quando opero come location manager o direttore di
Anche quando è impegnato come location manager, Defranceschi ama selezionare in prima persona i luoghi per le riprese: ad esempio per il prossimo progetto, nei vigneti intorno al lago di Caldaro.
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Daniel Defranceschi
produzione: una pluralità che genera sinergie molto vantaggiose”, spiega. Girare la provincia alla ricerca delle location gli permette di stabilire rapporti personali e costruire una base di fiducia in vista dell’arrivo della produLocation scouting al zione: elemento fondamentale in un passo di Pennes in Val territorio piccolo come l’Alto Adige, Sarentino: per Defranceschi l’equilibrio tra esigenze dove le strade di chi lavora nel settore della produzione e tutela si incrociano continuamente. Da ambientale è fondamentale. esperto location manager, ad esempio, sa come e quando rivolgersi ai partner locali e consiglia soltanto location che non pongano difficoltà logistiche. Oltre alla creazione di condizioni ottimali per le troupe cinematografiche, la sua filosofia di lavoro pone al centro il tema della sostenibilità: “Nel senso del rispetto per i luoghi e per la proprietà ma anche della coerenza nelle relazioni con enti, privati e responsabili. Sono aspetti essenziali, troppo spesso sottovalutati”. La sostenibilità, per Defranceschi, è fondamentale anche nella sua accezione ambientale: significa trovare il giusto equilibrio tra la tutela della natura alpina e le esigenze delle produzioni internazionali interessate agli scenari montani, asset fondamentale per il territorio cinematografico locale. Ecco perché il professionista è a favore di direttive chiare e propone, ad esempio, di contrassegnare le aree più delicate dal punto di vista ambientale. Ascoltandolo si intuisce come, per Defranceschi, mediare tra soggetti con esigenze anche opposte sia una vera passione. “È proprio così. Del mio lavoro amo soprattutto il problem solving”, conferma, aggiungendo che le esperienze raccolte nei suoi tre campi di attività gli forniscono un indubbio vantaggio: “Mi permettono di conoscere a fondo le esigenze di tutte le parti coinvolte. Ecco perché mi risulta più facile porre le domande giuste al momento IL PASTORE (in preparazione), telefilm con la giusto, anticipare le mosse della controparte e proporre sceneggiatura di Ben Braeunlich, Grzegorz Muskala e Max scenari alternativi qualora necessario”, spiega. Sembra di Gruber, è una coproduzione della good friends di Berlino e parlare con uno scacchista. Defranceschi ride… ed estrae della Satel Film di Vienna. Il poliziesco, ambientato in Alto dalla tasca dei pantaloni lo smartphone per mostrarci sullo Adige, vede il commissario Erlacher impegnato nelle indagini sul traffico di esseri umani. Le tracce conducono a Matteo T # 11 schermo una app di scacchi. Trojer, “viticoltore dell’anno” ma anche uomo dal passato oscuro, vittima di pressioni mafiose e costretto dalla malavita a contraffare vini. Quando Erlacher scompare misteriosamente, il caso viene affidato alla PM Christina Melauer. E Trojer si troverà sempre più con le spalle al muro. 21 dei 42 giorni di riprese previsti si svolgeranno in varie location dell’Alto Adige, tra cui Bolzano e la Strada del Vino. IDM ha sostenuto la produzione con 300.000 euro.
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PRODUCER
Ursula Wolschlager
“Non sono più una guerriera solitaria, ed è una delle esperienze più belle degli ultimi anni.” Intervista a Ursula Wolschlager
Intervista
S K A D I LO I S T
Non solo produttrice ma autrice e sceneggiatrice, Ursula Wolschlager vanta una lunga esperienza nel settore cinematografico. Nel 2008 ha fondato a Vienna la casa di produzione Witcraft, di cui è tuttora alla guida e con la quale ha sviluppato, scritto e prodotto importanti lungometraggi, coproduzioni internazionali, documentari e serie. Oltre che membro di diverse giurie e commissioni, Wolschlager è da sempre promotrice di reti femminili tra le professioniste del settore, ad esempio in qualità di membro direttivo dell’associazione “FC Gloria” e co-fondatrice del programma di sostegno alle produttrici “Pro-Pro”.
e mi dissero: “Può iscriversi come studentessa straordinaria, ma soltanto al corso di studi in Produzione. E a proposito, l’esame di ammissione è domani”. Telefonai subito all’unico filmmaker che conoscevo, Peter Zach, e gli chiesi: “Pensi che sia tagliata per la produzione? Che cosa potrei dire al colloquio?” E Peter: “Beh, sei una persona molto concreta e hai vissuto per anni in Russia. Potresti raccontare che hai intenzione di seguire progetti in Russia per case di produzione europee”. Mi sembrò un’ottima idea. Questi progetti hanno mai visto la luce? Sì, in effetti mi sono occupata per anni di coproduzioni in Russia, dapprima come interprete, poi come assistente alla regia, direttrice di produzione e infine produttrice. È stata una tappa fondamentale nella mia vita, come del resto il periodo trascorso alla Filmakademie, dove sono entrata in contatto con persone che si sarebbero rivelate essenziali per la mia carriera, come le registe Barbara Albert e Kathrin Resetarits. UW
Oltre a produttrice di successo, lei è mentore e promotrice di altre professioniste nel settore della produzione. Quali sono state le tappe decisive che le hanno permesso di arrivare a questo punto della sua carriera? URSULA WOLSCHLAGER Ero iscritta a Scienze cinematografiche e avevo deciso di seguire alcuni corsi anche alla Filmakademie, l’Accademia del cinema di Vienna. Chiamai
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Ursula Wolschlager
Stefanie Freynschlag
Il progetto per la serie Schnee è stato invitato al Co-Production Market della Berlinale 2020 (nella foto la Wolschlager con la regista Barbara Albert, a ds.)
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Lukas Beck
URSULA WOLSCHLAGER produttrice austriaca, crea da anni reti di collaborazione tra le professioniste del settore e può contare ormai su numerose colleghe e alleate.
L’Accademia è stata dunque un importante punto di avvio per creare una rete professionale? UW Il corso in sé non mi ha fornito molti strumenti utili ma mi ha dato l’opportunità di produrre cortometraggi con diversi registe e registi: sono rimasta affascinata dai loro percorsi e dai loro soggetti, mentre loro avevano bisogno di qualcuno come me, che riuscisse a ottenere dei risultati piuttosto rapidamente. Come ci si può immaginare, sono stati mesi e anni di lavoro non remunerato, ma ogni minuto è stato prezioso. In seguito, ho ricevuto i miei primi incarichi retribuiti nell’ambito della produzione: all’epoca, chi sapeva muoversi poteva avanzare velocemente. Che cosa l’ha portata a fondare una sua casa di produzione? UW Prima di compiere questo passo ho lavorato a lungo come direttrice di produzione e line producer. Poi nel 1999 è nato mio figlio e non potevo più sostenere ritmi di lavoro da 80 ore alla settimana per tre mesi di fila, a disposizione
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Ursula Wolschlager
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“Amo le forme narrative che vanno in profondità”, dice Ursula Wolschlager a proposito del progetto per la serie Schnee.
24 ore su 24. Ho dovuto cambiare prospettiva e costruirmi un nuovo modello professionale. Per fortuna, all’epoca esistevano finanziamenti per la formazione di giovani madri. Mi sono concentrata sempre più sullo sviluppo e ho iniziato a scrivere. È passata insomma dall’ambito organizzativo a quello più creativo? UW In realtà fin dall’inizio mi ero avvicinata al mondo del cinema proprio per questo: poter lavorare sui contenuti e contribuire al nucleo creativo delle produzioni. Sono stata a lungo impiegata come development producer presso la Lotus Film. Poi, nel 2008, ho fondato la mia società, concentrandomi su sviluppo e produzione. La Witcraft. Date priorità a determinati temi, generi e format? UW Una delle nostre caratteristiche è da sempre la collaborazione con filmmaker donne, per il semplice motivo che i loro soggetti mi interessano di più! Dall’altro lato, voglio offrire a storie di interesse sociale e politico la possibilità di raggiungere un ampio pubblico. Proprio per questo, produco anche commedie e, negli ultimi anni, serie tv. Tutti lamentano la saturazione del mercato cinematografico, così ho scelto di prediligere forme narrative nelle quali è possibile andare in profondità. Poi ci sono i talenti particolari come Marie Kreutzer, che ho notato da subito e di cui la Witcraft ha sviluppato e coprodotto il primo film, The
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SCHNEE (“Neve”) è una serie drammatica di genere mystery composta di sei episodi da 45 minuti ciascuno. La Witcraft di Ursula Wolschlager è stata invitata a presentare il progetto al pitch “Co-Pro Series” tenutosi nell’ambito del Co-Production Market della Berlinale 2020. Il dramma, sceneggiato da Michaela Taschek e diretto da Barbara Albert (Nordrand) e Sandra Wollner (Das unmögliche Bild), è ambientato a Rotten, un’immaginaria località alpina, un tempo meta di turismo invernale e oggi alle prese con gli effetti dei cambiamenti climatici. Lo scioglimento delle nevi fa riemergere il cadavere di una giovane donna e con esso i segreti dell’intera comunità. Anche Lucia Salinger, la nuova dottoressa del paese, viene coinvolta nel caso. IDM ha sostenuto il progetto con un finanziamento alla pre-produzione di 50.000 euro.
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Ursula Wolschlager
Moritz Bonatti
Fatherless. In generale, tengo molto ai film di debutto: quando noto una voce nuova e significativa, vorrei contribuire ad amplificarla. Ha collaborato anche in seguito con le registe che ha sostenuto al debutto? UW Quasi sempre. Di Marie Kreutzer ho prodotto anche We Used to Be Cool e ho affiancato The Ground Beneath My Feet nella fase di sviluppo iniziale. Con Nathalie Borgers, della quale ho già prodotto due importanti documentari, sto sviluppando il primo lungometraggio, ambientato all’epoca del colonialismo belga. è stato selezionato per partecipare all’edizione 2020 dell’EAVE Producers Workshop. Il programma internazionale, articolato in tre sessioni, è occasione di scambio con produttori e produttrici affermati e dà al neo produttore 33enne altoatesino la possibilità di perfezionare insieme al regista e autore Georg Zeller il documentario Souvenirs of War, film in fase di preparazione. Nel primo incontro sono state elaborate trama, sinossi e log line e si è parlato di strategie di finanziamento e marketing. Per Bonatti, Souvenirs of War è il primo film da produttore dopo diverse esperienze da assistente alla produzione e co-autore. Il workshop gli ha già fornito molti spunti utili: “Non ci sono domande che non abbiano ricevuto una risposta. E gli interrogativi, al primo progetto, sono davvero molti…”. Le ultime due sessioni sono in programma per ottobre e dicembre. “Per il nostro, come per gli altri progetti, l’intervallo sarebbe stato importante per svolgere delle ricerche”, spiega il produttore. A sconvolgere i piani ci ha pensato il Covid-19: il team ha dovuto rinviare un viaggio di ricerca previsto in occasione del 25° anniversario del massacro di Srebrenica. Il documentario, ambientato in Bosnia, è dedicato al difficile rapporto della popolazione locale con l’eredità della guerra. Per l’inizio delle riprese Bonatti è comunque fiducioso: le ha segnate in calendario per l’estate 2021.
La situazione non sembra essere migliorata più di tanto. Il programma di sostegno alle produttrici “Pro-Pro” conta ormai su numerose mentori, ma è significativo che programmi di questo tipo continuino a essere necessari. UW Uno degli obiettivi di questo programma – al quale ho dato vita insieme a Esther Krausz e Iris Zappe-Heller dell’Österreichisches Filminstitut – è quello di sostenere le produttrici, aiutandole a raggiungere una maggiore sicurezza economica. Buona parte delle professioniste opera infatti nell’ambito di progetti sottofinanziati e in condizioni talvolta precarie. Una casa di produzione è sostenibile solo se la sua sussistenza economica non dipende esclusivamente da progetti cinematografici sovvenzionati dai fondi. Serve una certa diversificazione. E, in questo contesto, i format per la tv sono essenziali. Così come lo sono la cooperazione e lo scambio di idee tra professioniste donne. UW Esatto. Nell’ambito del programma ho ad esempio avviato con Gabriela Bacher, una delle mentori di Pro-Pro nonché produttrice con grande esperienza internazionale, una fantastica amicizia e collaborazione professionale. Il fatto di non essere più una guerriera solitaria è per me una T # 11 delle esperienze più belle degli ultimi anni.
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MORITZ BONATTI
Ha accompagnato anche l’intera filmografia della regista Barbara Albert, dai cortometraggi ai lungometraggi allo sviluppo della serie Schnee. UW Esatto. La collaborazione con Barbara Albert è iniziata con alcuni cortometraggi. Quando stavamo lavorando allo sviluppo di Periferia Nord, credevo di non essere ancora matura abbastanza per creare una mia società e produrre lungometraggi. Semplicemente, non ne avevo il coraggio, anche perché in Austria mancavano modelli femminili di produttrici cui ispirarmi. E anche anni dopo non è stato facile prendere la decisione di fondare la mia attività.
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T I TO L I D I CO D A
QUESTIONARIO
Piera Detassis QUESTIONARIO
Piera Detassis risponde alle domande di TAKE
QUAL È STATO L’ULTIMO FILM CHE HA VISTO?
In sala, prima del lockdown, Volevo nascondermi di Giorgio Diritti, ricordo indelebile di un’altra vita. Da allora ogni giorno, come un fiume che scorre implacabile, tutti i film, nuovi, bellissimi, inutili e futuribili, via link o in piattaforma: implosione e, dunque, memoria breve. QUALE SERIE L’HA COLPITA MAGGIORMENTE?
Normal People. Capolavoro sentimentale e crudele. UN FILM CHE ANDREBBE ASSOLUTAMENTE GIRATO?
Ogni film diretto da una donna, scritto e prodotto da donne, con donne protagoniste e mai più solo di spalla, di sfondo, per
F. Cestari
bellezza o di contorno. PER CHE COSA NON SPENDEREBBE PIÙ NEANCHE UN CENTESIMO?
Per lo sfacciato neo-marketing dei superdetergenti anti-germi, anti-virus, anti-tutto, a prezzi stellari. Bastano alcol, bicarbo-
A. Mignogna
nato e aceto, come diceva nonna: meno plastica, meno inquinamento. L’ULTIMA FOTO CHE HA SCATTATO?
PIERA DETASSIS, trentina, laureata in Storia e critica del cinema, ha scritto saggi e articoli per le maggiori testate specializzate, italiane e straniere. Direttrice del mensile di cinema Ciak dal 1997 al 2019, dal 2019 Editor at large Cinema ed Entertainment di Elle. Responsabile artistica del festival “Una notte in Italia” sull’isola di Tavolara in Sardegna. Nel 2006 è stata co-fondatrice del Festival di Roma che ha diretto per quattro anni; dal 2015 al 2018 è stata presidente della Fondazione Cinema per Roma. Dal 2018 è presidente e direttrice artistica dell’Accademia del Cinema Italiano che assegna i premi David di Donatello.
La riapertura dello schermo sull’isola di Tavolara per il 30° anniversario del Festival, nell’arena sul mare più bella del mondo seppur con le regole del contenimento. Ho programmato proprio Volevo nascondermi come simbolo. Dalla fine del lockdown fotografo solo natura, tramonti e temporali. E vivo all’aperto: il ritorno del Selvaggio.
#12 M A G A Z I N E F O R F I L M P R O F E S S I O N A LS
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Sonderaus E d i z i o n e s pg a b e d e s F i l m F e s t i v a l s eciale del B o l z a n o F i l mB o z e n Festival
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