"Baciare il tempo" / Lamberto Lambertini

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BACI ARE I L T E M PO

romanzo fino alla fine di

lamberto

lambertini

Napoli – Via Costantinopoli finito di stampare nel mese di marzo duemiladiciotto presso Vulcanica Srl – Nola (Na)



Dear Max...



O M IO CU OR E

O mio cuore, dal nascere in due scisso, quante pene durai per uno farne. umberto saba

In ogni racconto ben costruito è d’obbligo la descrizione dell’eroe. Ma questo non è un racconto, o almeno non è un racconto ben costruito. In questo caso, probabilmente, le parole che Wilhelm Waiblinger dedicò a Friedrich Hölderlin, poeta da lui amato e stimato moltissimo, potrebbero calzare a puntino. Già da tempo mi ero proposto di confidare al mondo cenni sul passato e in particolare sulla terribile contraddizione tra il presente e il passato del mio caro sfortunato amico. Sulla sua vita attuale, o meglio, sul suo sopravvivere in penombra. Ma questo progetto venne dimenticato, come cento altri fugaci propositi, per l’assillo e l’agitazione di una vita troppo inquieta. Adesso, nella luce invitante del mare del sud, uno strano incitamento m’incoraggia ad attuare il mio antico proposito. In tal modo spero di fare cosa gradita ai molti che saranno lieti di sapere come questo spirito viva in rapporto a se stesso, al suo passato e al mondo esterno. I germi, i primi motivi, le cause di ciò che poi accadde sono da ricercarsi nella sua adolescenza, anche se la sua prima educazione sembra essere stata estremamente buona, delicata, affettuosa e elevata. La sua natura nobile, la sua vivace e audace fantasia, la sua predisposizione per il disegno e la poesia,

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Vieni e placami questo Caos del tempo, come una volta, delizia della celeste musa, gli elementi hai conciliato! Ordina la convulsa lotta coi tranquilli accordi del cielo, finché nel petto mortale ciò ch’è diviso si unisca, finché l’antica natura dell’uomo, la placida grande, fuor dal fermento del tempo, possente e serena si levi. friedrich hölderlin




LAMBERTINI

Noi lavoriamo nell’oscurità. Facciamo quello che possiamo. Diamo quello che abbiamo. Il nostro dubbio è la nostra passione e la nostra passione è il nostro compito. Tutto il resto è la follia dell’arte. henry james

insomma i suoi molteplici talenti artistici e intellettivi, nutriti e coltivati fin dai primi anni dai suoi genitori, colmavano tutti delle migliori speranze. La sua figura esteriore era straordinariamente amabile. Lo sguardo ardente e profondo, la fronte alta, l’espressione gentile, rifulgente di spirito, conquistavano i cuori di tutti. La bontà d’animo, il caldo e vivo modo di percepire, oltre a una grazia naturale, lo rendevano irresistibilmente attraente. L’averlo frequentato per tanti anni ha posto me, più d’ogni altro, nella condizione di capire il caotico fluire dei suoi pensieri. Così mi abituai a lui e lui si abituò a me. Nutriamo un profondo e timoroso rispetto per la misteriosa tenacia con la quale ha lottato durante la sua vita. Questo rispetto ci ha vietato di tentare con temeraria impudenza un giudizio e un’analisi morale o psicologica su un fenomeno spirituale che è ancora per tutti noi un enigma. Dopo molti incontri e conversazioni, se così si può dire, Waiblinger venne in Italia per fortificare la sua aspirazione di poeta. Morirà a soli venticinque anni, sotto il cielo di Roma, distrutto dall’alcol e dalla miseria.

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NO N SI P UÒ

Non si può mai pensare di partire da zero; si è sempre costretti a partire da cose già fatte, ready-made, come il proprio padre e la propria madre. marcel duchamp

C’erano una volta due scrittori. Uno si era sdraiato sul divano e guardava il soffitto, l’altro girava per la stanza curiosando tra i libri degli scaffali, e tutti e due pensavano sbadatamente a qualcosa che era il loro lavoro. ennio flaiano

Entri senza bussare. Hai le chiavi. Il corridoio, cieco guardiano delle ombre, invita, tacendo, al silenzio. Alte porte, serrate da pesanti lucchetti, si fronteggiano austere. Rare lampadine disegnano pareti spogliate d’ogni cosa. Dopo un angolo sbieco appare, come quando dal treno svampa l’uscita della galleria, la luce di una porta aperta. Viene naturale di accelerare il passo. Inciampi sulla soglia. Vibra un bel vaso cinese senza precipitare. Indiavolati puttini ti fulminano dalla volta affrescata. Sei tu? Subito chiede. E chi se no? Ti affretti a rispondere. Navigatori in solitario, limitate i dialoghi al minimo indispensabile. Sorride. Al manifestarsi d’una presenza aliena, un esploratore dell’Universo sorriderebbe così nel timido tentativo di colmare l’infinita distanza tra i due mondi. Scansando a naso gli ostacoli che invadono il pavimento riprende le interrotte faccende. Scivoli su un divano dal lusso smangiato, per darti un tono. Quel divano, quando venne portato, gli procurò un enorme piacere. Ho un divano, ti disse, usalo quando vuoi! Tra i tuoi

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Fingo d’essere con te e non ho cuore di dirti a un tratto: “Non so chi tu sia!”. Amico, in verità, non so chi tu sia. giovanni boine


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piedi e quelli del divano vedi un album di pelle dai fregi sbalzati. Senza perdere il suo vago andirivieni, lo afferri e lo apri. Scorrono uomini in borghese e in divisa, donne alla moda, bimbetti su cuscini di seta, famigliole al mare vestite di tutto punto. Sbiaditi antenati, colti in flagrante colpevolezza di non essere né morti né vivi.

Ero un lettore ospitale in quell’altro ieri, un cortesissimo ricercatore di vite altrui, e accettavo tutto con felice e alacre rassegnazione. Credevo in ogni cosa, persino nelle brutte illustrazioni e nei refusi. jorge l. borges

Malconci tendaggi resistono ai lusinghieri assalti del sole. Gloriose librerie boccheggiano di suppellettili in disuso. In una rientranza del muro, un busto di Dante, una testa di Garibaldi, il dio Ganesh ben assiso sul topo, un ritratto del principe di Sansevero, un Crocifisso di legno senza croce, uno Scheletro Marionetta ingarbugliato nei suoi fili, un pupo Orlando armato di tutto punto, un Pinocchietto a ruote col figliolino sulle spalle. Dall’alto di una cassettiera, una zebra a righe arancioni non smette di fissarti. Per terra, pacchi di quotidiani imprigionati dallo spago, riviste di perduto erotismo, disorientati giocattoli. Tra le braccia panciute di una poltrona, una radio di radica sogna il tempo che fu. Su tutte le superfici libere i suoi quadri. Appunti figurati diresti, dovessi definirli. Perché tra le figure, incollate e dipinte, s’inscrivono brevi citazioni, proprie e altrui. Più che un arredo, un accumulo disordinato e vitale. Come se gli oggetti dovessero conquistarsi lo spazio a gomiti e spintoni. Come una città sconvolta dalle bombe che ancora mostri orgogliosi guizzi prospettici. È fermo di fronte a una pila di scatole. Sfiora con presbiti dita le ingiallite etichette di minuta calligrafia. Trovata quella che cerca, la sfila, attento che non crolli la grigia piramide di cartone. La posa sul tavolo. Leggi sottecchi: Custodi del Sipario. Nell’Oriente più vicino vengono chiamati così, se non ri-

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Finalmente un quadro che non dice nulla – esclamai con un sospiro di sollievo. carlo belli


B A CIA R E IL TE M PO

cordi male, i burattinai della strada. Solleva due foto che traspaiono dalla carta velina che le protegge. Due ritratti: il padre e la madre. Venti anni lui. Posa virtuosa, rialzato il bavero impermeabile, cinto l’esile collo di avventuroso foulard, l’iride celeste lampeggia, sotto il biondo ciuffo seduttivo, spavalde fragilità. Venti anni lei. Pantaloni da uomo, maglietta a girocollo, scarpette ben salde sui sassi raggelati del torrente, alle spalle il mulino. Sotto i riccioli ribelli saettano, senza volere, nere pupille volitive. Alla Greta Garbo. Versa il contenuto sul piano del tavolo. Roba di poco conto. La più difficile da buttar via. Carte francesi, trottoline, innocui portafortuna, carta da lettere bordata di celeste, svaporati profumi, biglie di tutti i colori, conchiglie di tutte le forme, forbicine, pinzette, occhialini, una Bibbia in tedesco, una cascata di nera bigiotteria. Per ultima una bobina di nastro magnetico. Mentre inserisce nei dovuti percorsi del magnetofono il nastro che maligno si arriccia, due parole sul padre. Si narra che il giovane Mozart, dopo aver ascoltato una sola volta un corale eseguito dai cantori del Vaticano, fosse stato in grado di riscriverlo da capo a fondo senza il minimo errore. gillo dorfles

Egano, egocentrico infante. Dotato di prodigiosa memoria, qualità che già vale più della metà d’uno scrittore. Tutto ricorda. Il primo cerchio di legno, le prime scarpe da ometto, le gambe ombrose della prima maestra, la prima punizione, la prima sabbia, la prima neve, il primo compagno, la prima monetina, il primo morto, il primo bacio e tutte le bugie, caramelle di verità. Avide sanguisughe di sangue già corso, i ricordi. Tu che hai questo dono, lo tormenteranno gli amici, scrivila una buona volta questa tua vita. Metti nero su bianco il tuo chiacchiericcio fanfarone. In catene dirò la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità! Non giura. Alibi gioviale, la sua risposta, pigro

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Accade così che delle immagini di film rimangano qua e là nella testa come se facessero parte della nostra vita. marc augè


LAMBERTINI

Un contadino chiese a Dante: “Qual è il cibo migliore?”. Dante rispose: “L’uovo”. Passato molto tempo, Dante tornò in quegli stessi luoghi. Il contadino: “Con che?” Dante: “Col sale!”. bibbia dei poveri

tormentone. Viene alla mente il memore Funes, prima lettura borgesiana, incapace di pensare perché sovraccarico di ricordi. Pensare, scrivere, vuol dire dimenticare, abolire i dettagli, anche questo vuol dire. In prigione scriverò! Una prigione per i debiti al gioco. Colpa non colpa, il gioco, vergogna e vanto. Peccato solitario consumato in compagnia. Dietro le sbarre, scriverò! Magari sentendosi Sade. Donatien, Aldhonse, François de Sade, divino, grafomane marchese. Indomito, aspro nemico d’ogni politico potere. Condannato a trentacinque anni di sbarre. Metà di una vita, giorno più giorno meno. Condannato a non più godere, se non in briciole, degli orrendi misfatti ascritti al suo nome. Condannato a furiosi orgasmi di carta. lettera al direttore della bastiglia Che possa scrivere e ricevere lettere! Che non mi si metta più droga nei piatti! Che possa comprare tutto quello di cui ho bisogno! Che il guardiano mi pulisca la camera e mi rifaccia il letto! Che possa spedire la posta senza che venga letta! Che possa ricevere biancheria pulita e candele! Che possa vedere mia moglie ogni sette giorni e soli! E adesso, il menu della settimana. Lunedì excellent potage mai più dovrò ripeterlo, i miei potages sempre eccellenti, mattino e sera, deux côtelettes fondantes di vitello impanate, due mele cotte al forno, questo il dîner, segue il souper, quattro uova fresche potage mardi à diner, mezza pollanca, très succulente, patate à la vanille, due mele cotte, per cena potage, un’ala e una coscia del pollo del mattino, mercoledì potage rognone di vitello crème au chocolat due mele cotte, per cena potage due uova alla cocque, jeudi potage, ali di pernice très picquées molto piccanti, spinaci al sugo, due pere cotte, il venerdì potage, una sogliola, riso bianco, deux pommes cuites, souper venerdì uova fresche, sabato potage, due cotolette di montone, crème au café, due mele cotte, a cena omelette inzuccherata fritta nel burro, domenica, e questa è la fine, potage,

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Tutta l’opera di Sade par proprio non essere che un unico, disperato grido lanciato all’immagine della verginità inaccessibile, grido nascosto e incastonato in un cantico di bestemmie. pierre klossowski


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budino, antipasto, cardi alla crema, pere cotte, potage, pommes bigné. E che finisca questa assurda detenzione! Non capisco perché mai continuiate ad attribuirmi la paternità del romanzo intitolato Justine o le sventure della virtù? Non saprei scrivere tale robaccia! Solo gli imbecilli e i calunniatori possono battere ancora su questo tasto. La mia condanna e il mio disprezzo saranno le uniche armi che userò in mia difesa.

Mi sembra che la gioia primitiva di mentire sia una forma originaria di creazione artistica, sia sempre una sorta di rifiuto istintivo dell’intelletto, che ci è di peso, un momento di distensione, un comodo sgranchirsi. oswald spengler

Incatenato scriverò. Magari sentendosi Casanova. Elegantone fuori moda. Gran sincero. Gran bugiardo. Puttaniere e femminista. Incatenato al suo odioso invecchiare. s t o r i a d e l l a m i a v i ta Nequicquam sapit qui sibi non sapit. Nulla sa chi di sé non sa. Vecchio ormai di settantadue anni, quando posso dire ho vissuto, benché respiri ancora, non potrei procurarmi divertimento più gradito che di scrivere la mia storia e di fornire degno argomento di riso alla piacevole compagnia che mi ascolta. Dico tutto, non mi risparmio. Tuttavia non posso dare alle mie memorie il titolo di confessioni perché non mi pento di nulla. Felice o sventurata, la vita è il solo tesoro che l’uomo possiede e chi non

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l’ama non ne è degno. La morte è un mostro che caccia dal teatro uno spettatore, prima della fine di uno spettacolo che lo interessa enormemente. Il nastro è pronto. Chiude il coperchio del registratore. Ti guarda. Preme il tasto del colore appropriato. Trema, svolgendosi, il fedele Geloso. voce del padre

E mi sentii sfiorare le spalle. Trasalii. “Siamo fuori orario” m’avvertì il frate. “Siete pallido: avete avuto paura?”. “Sì. Però avrei preferito un fantasma”. fabio tombari

Il fratello di mia madre, Nicola Caracciolo, IX principe di Torella, veniva in villeggiatura con noi, a Scauri. Vestiva come un pezzente. Portava sempre lo stesso cappotto militare con cappuccio che noi bambini riempivamo dei tappi delle bottiglie scolate a cena, cosicché nel rimetterlo in testa, tra le nostre risate, gli rotolavano addosso. Faceva lunghe passeggiate sul Monte Argento. Come dimenticare il suo passo sportivo seguito dal concerto spernacchiante delle sue scorregge? Grande mangiatore, grande bevitore anche di quei liquori di Natale che nessuno tocca. A quel punto cominciava a parlare in francese. Matrimoni, figli, parentele vicine e lontane. Un albero genealogico ambulante. La sua passione era la Storia. Avrebbe voluto fare l’ufficiale di Marina. Fumatore impenitente. Scapolo solitario. Gli proposero zia Baby che aveva i soldi e, benché nubile, anche una figlia. Zio Nicola aveva cinquant’anni, un vecchio per l’epoca. Come regalo per il primo anniversario riconobbe la piccola come sua. A Baby piaceva far credere che il padre fosse re Boris di Bulgaria. Nessuno le ha mai creduto, anche se aveva delle bellissime gambe.

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Noi cominciamo ad essere col primo ricordo che riponiamo in magazzino. Il luogo dove si ebbero i primi avvertimenti della vita diventa noi stessi. dolores prato



I L L U S T R A Z I O N I

pag.

6, Lamberto Lambertini in una sala del Museo Archeologico Nazionale di

Napoli;

pag.

12, Egano Lambertini a vent’anni;

vicino alla casa mulino dell’Acquario;

pag.

pag.

13, Delia Parodi a vent’anni,

16, Nicola Caracciolo di Torella, nella

mai smessa veste militare; pag. 17, Malcy Caracciolo, fresca sposa di Inigo Lambertini, del quale si vede l’ombra; pag. 18, Giulio Valentino Lambertini, principe di Poggio Renatico a Carnevale. Sotto, Egano a ottant’anni con l’ennesima sigaretta;

pag.

19, Delia a ottant’anni alla finestra. Sotto, Giuseppe e Maria Pa-

rodi con quasi tutti i figli; pag. 20, il Cardinale Antonelli; pag. 21, Loreta Marconi; pag.

26, Delia, Malcy e Lamberto hanno regalato una cravatta a Egano;

pagg.

28, 29, 30, scorci dello studio di Lamberto;

Torella;

pag.

34, Eugenie Murat;

primogenito Egano;

pag.

pag.

pag.

33, Giuseppe Caracciolo di

35, Gioacchino Murat;

pag.

45, Inigo e il suo

52, l’ombra di Lamberto sul pavimento della Cappella

Sansevero (acquerello di Antonio Monroy);

pag.

53, Lamberto sul terrazzo di

palazzo Tarsia con il cane Vienna; pag. 54, Concetta Barra in scena; pag. 55, Egano e Delia sul balcone di casa a Napoli; pag. 58, Egano allievo dell’Accademia Aeronautica; pag. 63, Delia con Massimiliano, dopo la Prima Comunione di Lamberto e Dilio;

pag.

64, Liceo Umberto di Napoli, foto della III B;

pag.

70, Lamberto nel

suo lettino; pag. 79, Lamberto a passeggio nella Villa Comunale; pag. 80, Prospero Lorenzo Lambertini, Papa Benedetto XIV;

pag.

88, 89, Luigi Solito allestisce,

nella sua galleria d’arte, Spazio Nea, la mostra dei quadri di Lamberto; Delia gioca con il suo tigrotto;

pag.

91, Francesco e Lorenzo Lambertini;

pag.

90,

pag.

94,

Loredana Mandile in barca; pag. 101, Lamberto, di spalle, in partenza per Parigi. Le altre figure sono opere pittoriche, compiute e incompiute, di Lamberto Lambertini.

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foto di Aniello Barone, Roberto Della Noce e Dilio Lambertini progetto grafico e impaginazione: Luca Mercogliano | luca@manifatturedigitali.it isbn 9788899928278 – Š iemme edizioni 2018 Iemme è parte del progetto artistico culturale Via Costantinopoli, 53 | 80138 Napoli +39 081 451358 | info@iemmedizioni.it I diritti di traduzione, riproduzione e adattamento totale o parziale e con qualsiasi mezzo (compresi microfilm e copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.


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