BRUNA PUTZULU
Un lavoro da favola Come decidere di cambiare lavoro orientando la propria vita
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Prefazione di Giuseppe Sciacca Due premesse
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1. Costruisci la casa i. Scruta l’abisso ii. Paradiso e Inferno iii. Conduci te stesso iv. Le casse del destino v. Se sei come ieri sei meno di ieri vi. Due facce della stessa realtà vii. Liberi di scegliere viii. Su ali d’aliante ix. Diogene il Cinico x. Fragilità, il tuo nome è Donna xi. Che noia per Dio!
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2. Dai vita alle idee i. Metti radici / VISIONE ii. Allarga il tuo mondo / PLURALITÀ iii. Sostieni il livello / LEGGEREZZA iv. Fai gemmare le idee / CREATIVITÀ v. Sgancia le catene / LIBERTÀ vi. Cedi alle tentazioni / FLESSIBILITÀ vii. Sconfiggi l’inutile / SEMPLICITÀ viii. Porgi il tesoro / ENERGIA
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4. Tabù. O virtù i. Né ricci, né zerbini. Irriverenza ii. L’illusione di Houdini. Magia o sotterfugio? iii. Sorridere alle canaglie. Menzogna iv. Porto riparo? Il proprio egoismo v. Mai fuggire dal panico
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5. Celebra la vittoria i. Allestire la scenografia ii. Percuotere le campane iii. Celebrare la vittoria iv. Sfidare noi stessi
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3. In scena. Si gira i. Il curriculum perfetto? Sintesi e colore ii. Colloquio di lavoro: in due sulla stessa luna iii. Parla con il cuore. Ascolta con gli occhi iv. Io non parlo. Dipingo v. Il respiro. Voce dell’anima vi. Mai in pasto ai coccodrilli. Provocazione
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Nietzsche diceva: “Divieni quello che sei”, questo potrebbe essere il futuro stato su facebook, dopo questa lettura, di chi ha costruito la propria identità digitale. Un lavoro da favola è il lavoro che ognuno deve fare su se stesso per cercare di intraprendere quella via che porta alla realizzazione dei propri sogni. Un sentiero che non prevede scorciatoie ma infinite alternative da percorrere per arrivare alla meta, con un’unica raccomandazione: quella di cedere alle tentazioni, il solo rimedio per rimettersi in gioco, mostrare coraggio, vivere la paura che genera emozioni. Un atto di amore verso i propri desideri più intimi, alla libertà che non contempla le catene delle sovrastrutture, al sano egoismo che obbliga al rispetto di se stessi, alla sfacciata e divertita irriverenza verso interlocutori poco consapevoli del nostro valore. L’importanza di dare materia alle apparenze prive di significato, a quei profili professionali che si nascondono dietro ai più diffusi inglesismi che fanno perdere di vista, in prima battuta a noi stessi, le nostre vere competenze, relegando in un angolo la creatività, nella sua accezione più letteraria, come la capacità di creare. È il gusto di un sorriso, a volte beffardo per chi nella vita, almeno una volta, abbia pensato di non essere padrone nella realizzazione dei propri sogni, incapace di reagire alla prepotenza degli eventi, ai cambiamenti del tempo, timoroso del giudizio degli altri, spettatore passivo in attesa ingiustificata. Non è un manuale di regole, di esempi concreti o un invito a “lasciare tutto e andare via” su un atollo dimenticato a bere latte di cocco… a meno che questo non sia il vostro desiderio.
Prefazione
Prefazione
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Un lavoro da favola
Non c’è spasma, ma una rivalutazione della noia, come vuoto su cui costruire. È un fiume di parole che guida, anche nella formale compilazione del curriculum vitae, ad un tenace individualismo, alla voglia di parlare di sé, di non temere le proprie emozioni, a rifuggire dal buonismo, ad inorgoglirsi delle proprie vittorie, e magari, per chi proprio non riesce a rinunciare alla modalità on line, annunciarle sul proprio profilo di Facebook, Twitter, Linkedin, in un gioco di veritiera corrispondenza tra reale e virtuale. E se nessuno clicca mi piace, retwetta o commenta, fregarsene, questo è un libro per chi non cerca il consenso, se non quello di se stesso.
Giuseppe Sciacca regista RAI
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1. PER CHI | Scrivo questo libro per me stessa, per regalarmi una sfida e una prova. E anche per rileggere in maniera differente il valore di ciò che ho fatto negli ultimi dieci anni. Per lo stesso motivo scrivo per voi: affinché lo stesso valore possa essere di aiuto a coloro che sono agli inizi di un viaggio. È una gran bella cosa intraprendere una strada, sapere prima ed immaginare, avere un faro aiuta a placare le angosce. Ma questo, che pure ho l’audacia di definire “libro”, non è una sibilla, né vuol essere un faro. Io non sono una scrittrice, sono una manager: è questa la mia brutta “etichetta”. Per questo mi scuso con chi leggerà, per la mancanza di uno stile. Mi scuso e avviso che, in tutta onestà, uno stile non l’ho neanche cercato, perché le etichette non mi appartengono. Questo che non può essere un saggio né un manuale vuole essere un po’ di tutto ciò, giacché nell’epoca della comunicazione non possono esistere gabbie in cui intrappolare la conoscenza. Perché chi è germogliato in questo giardino sa e vuole tutto: e pretende di elaborarlo senza confezioni. Per scrivere sto cercando di fare uno sforzo da trasformista. Proseguo nel mio cammino e man mano mi libero degli ispessimenti che la vita mi ha cucito addosso, riscopro - insperabilmente - il mio vero io. Non pensavo di possederlo, di averlo ancora, invece è lì intatto, sopravvissuto agli eventi, che mi sussurra irriverente di proseguire nel mio percorso a ritroso, un bivio, una scelta, una volontà di invertire la rotta.
Due premesse
Due premesse
2. E ancora: Perché | Il “lavoro” è morto: lo abbiamo sperimentato. Lo abbiamo intuito, dapprima, ma adesso lo stia9
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mo amaramente toccando con mano. Non esiste più. Si è dissolto nell’acida pioggia del declino economico, lasciando un’ossatura pulita e scintillante di un nuovo ordine di cose. E questo, come in un ritorno alle origini, ci spalanca la porta di un sotterraneo dove il ciabattino pesta i chiodi nelle suole, in cui Geppetto costruisce il proprio figlio-burattino. Il lavoro di oggi si chiama mestiere ed è quello che ci riuscirà di saper fare domani. Ciò che si vuole e si può imparare. Quello che porteremo dentro la borsa ovunque andremo e qualsiasi sia il biglietto da visita dimenticato nel nostro portafoglio. È per questi motivi che occorre abbandonare velocemente i cumuli usurati di “project manager” - “programme integration specialist” - “focus oriented analyst”. Questo non è lavoro, sono titoli, etichette, biglietti da visita sempre più vuoti di talento e di valore. Avete mai provato a spiegare al dentista che fate il project manager? Avete mai provato a spiegarlo ai vostri figli? Io sì. È un’attività tanto sfiancante quanto deprimente. Più si va avanti nella spiegazione, più i concetti si ingarbugliano, si complicano e soprattutto si spogliano di senso. Il re è nudo. Prendiamone coscienza, nella società di oggi questi “mestieri” non esistono più, o forse non sono proprio mai esistiti. E se non ci bastasse lo sguardo perso dei nostri bambini o il cinguettio del levigatore del dentista che corre a vuoto, provate a fare un giro su Linkedin. Sul web, avete capito bene, su quei bellissimi mondi virtuali, vetrina di tutti i lavori e anche dei finti mestieri. Un esercito di persone con un titolo altisonante ma senza un lavoro - uno vero intendo - che presto rimarranno anche senza un salario. E se un falegname, un ciabattino, una sarta possono sempre trovare qualcuno disposto a comprare il loro prezioso lavoro, provate a trovare qualcuno che vuole comprare un “project integration manager”. Che sa fare costui? È per questo che faccio un tentativo, lo confesso, probabilmente ardito, di fondere percorsi cognitivi teorici, con quelli di elaborazione personale, che come sentieri tratteggino la propria strada alla ricerca di una strada, di un progetto, di un sogno, di un lavoro - sia esso il primo lavoro - o un bivio di vita. Per far questo occorre fare un compromesso, una trattativa con il maligno, mixare
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il vecchio col nuovo, gli ideali con la realtà. Ed è per tale ragione che lungo la strada troverete ragionamenti, ponderazioni, ma anche pratici e ordinari consigli, e qualche trucco di come far germogliare il proprio talento, per riuscire a “vendere il proprio prodotto” come nel banco al mercato. Non sarà sempre utile capirli. A volte, confesso, non li ho elaborati neppure io. Li ho sentiti, liberi e leggeri, vagare nei pensieri, ed è con la stessa leggerezza che li propongo. Come in un arazzo, in regola libera, ma non casuale, vengono intessute metafore, citazioni, fiabe, aforismi, giochi di carte e… tatoo. Universi lontani solo in apparenza, che si sfiorano e si intrecciano. Uniche perle che possono soccorrerci, al fine di riuscire a scrutarci un po’ più a fondo, con parecchi timori ma senza alcun pregiudizio. Ecco allora fiabe e poesie, ci accompagnano nel primo capitolo, perché ci aiutano a rimpadronirci del nostro Io bambino che libero sonnecchia nel profondo: svegliamolo e ricordiamogli che è solamente lui colui che è capace di guidarci nel nuovo percorso. Riscoprire l’ossatura, il bene ed il male, l’equilibrio e gli opposti, il sole e la luna, che come la luce ed il buio, ci regalano forza e distanza da noi stessi e dalle ceneri che il mondo propone. Ancora, spiccare leggeri il volo e farci prendere per mano - nel secondo capitolo - dalla ragione e dalla creatività, dove attraverso riflessioni e pensieri, rendiamo vive le idee, facendole innalzare libere per spiccare il volo e rendere il nostro progetto unico e visibile. Allora eccoci, sulla soglia della nostra bottega - e del terzo capitolo - a creare, scolpire, dipingere il nostro “figlio burattino” e portarlo in scena, per farlo ammirare, studiando ciò che di più efficace esiste nel teatro della vita al fine di illuminare – con arte – il nostro sogno. E per continuare il cammino con gioia e leggerezza proviamo a liberarci dei tabù, dai falsi ed inopportuni moralismi, stereotipati ed intrisi di colpa, sia essa di radice cattolica o laicamente stantia, che spesso come fantasmi aleggiano e rischiano di “limitare il cammino”. È cosi che sdoganiamo, con sarcasmo e fantasia, alcuni tabù morali ed altrettante regole etiche. Ed è la fantasia che ci guiderà nella scoperta delle metafore che abbiamo scelto: i giochi di car-
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Bruna Putzulu
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te. Tesori della tradizione popolare, palestre per “provare” le nostre strategie con gli avversari, per allenare con sottigliezza ed arte i nostri tabù (o virtù). E ri-osservandoli con giusta prospettiva, li trasformeremo in frecce preziose, affinché possano venirci in soccorso, quando occorrerà difenderci da tutti i gatti e le volpi che lungo il viaggio di certo non mancheranno. Ed infine eccola, maestosa e luccicante, la nostra corona, che conclude - e rifonda con gloria - il cammino. Suonate le campane del vostro successo, non sottraetevi alla grandezza che avete creato. La corona conclude e dà inizio, in un’ellisse perfetta, ad un nuovo cammino, un’altra sfida di vita che riconsidera con distacco e leggerezza tutto ciò che è fermo, terreno, pesante… per librarsi, nuovamente libera, e dar luce ad un altro e più bel sogno di vita.
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