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Prefazione

Prefazione.................................................................................... 7 Avvertenza premessa dall’autore alla prima edizione ..............11 Parte prima .................................................................................17 I Il barone e il prete............................................................19 II La trappola.......................................................................31 III Alla vigilia del delitto ...................................................... 43 IV Il delitto...........................................................................49 V Dopo il delitto – sensazioni ............................................61 VI Filippino il cappellaio ......................................................75 VII Troppa fortuna .................................................................83 VIII Il cappello........................................................................89 IX Il prete risuscita.............................................................. 95 X Primi spaventi................................................................103 XI Il rimorso di coscienza................................................. 109 XII Il fantasma del cappello .................................................115 XIII Paure .............................................................................. 121 XIV Una visita al morto........................................................ 131 XV In casa di Filippino ........................................................141 XVI Il cacciatore.....................................................................151 Parte seconda ...........................................................................165 I La mano della giustizia..................................................167 II L’orgia............................................................................. 175 III L’hanno arrestato...........................................................183 IV L’assassino del prete......................................................191 V Alle corse....................................................................... 203 VI Un altro grande colpevole.............................................215 VII Non si fa luogo a procedere..........................................221 VIII Il castigo.........................................................................225 IX Un morto e un risorto ..................................................249

Indice

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Dopo essere stato pubblicato a puntate, “in appendice”, sui giornali “L’Italia” di Milano e il “Corriere” di Napoli, Il cappello del prete esce in volume nel 1888, preceduto da una noterella introduttiva dello stesso autore (una «Avvertenza», per la precisione), che l’accorto lettore farebbe bene a saltare (magari leggendola alla fine) per gustarsi, senza pregiudizi, tutta la piacevolezza di questo breve romanzo, il primo “giallo” (o forse “noir”) della letteratura italiana. Perché, piú che una «Avvertenza», l’introduzione del De Marchi – che definisce il libro un romanzo non «sperimentale, tutt’altro, ma un romanzo d’esperimento» (il corsivo è suo) – è un breve ma caustico pamphlet contro il feuilleton, la letteratura d’appendice francese (chissà poi perché proprio e solo francese). Col suo fervore (un po’ moralistico, un po’ patriottico, un po’ paternalistico), il collega e contemporaneo di Carolina Invernizio (il cui primo libro, Il bacio di una morta, è praticamente coevo del Cappello del prete) travolge, credo (e spero) inconsapevolmente, nella sua implacabile condanna delle «solite basse transazioni» provenienti – manco a dirlo – dalla Francia, una schiera di autori che comprende, oltre a Eugène Sue e Ponson du Terrail (ai quali, forse, il De Marchi pensava in modo specifico), anche scrittori d’oltralpe del calibro di Balzac, Hugo, Flaubert, Dumas, Maupassant, Sand, e, naturalmente, Zola (secondo alcuni vero obiettivo degli strali del nostro); ma anche d’oltre Manica (Dickens, Thackeray, Eliot), russi (Tolstoj, Dostoevskij) e persino nostrani (i primi romanzi di Verga e Storia di una capinera, le prime opere narrative di Nievo, tra cui L’avvocatino, che sarà pure fonte di qualche guaio giudiziario per l’autore). Che cosa esattamente avesse in capo il De Marchi quando parlava di «romanzo detto d’appendice» non è facile immaginare. Perché l’espressione non indica – almeno alle origini – un particolare genere letterario, ma piuttosto un modo di pubblicare (e di pubblicizzare) opere letterarie dei piú diversi generi (e certo non sempre di pari valore), che uscivano, in tutto o in parte, su giornali e riviste prima di essere pubblicati in volume. Certo, il mercato

Prefazione

8 finirà col condizionare la tecnica narrativa e coll’imporre stereotipi funzionali a catturare il lettore e tenerlo sulla corda fino alla puntata successiva, e non c’è dubbio che questo non gioverà alla qualità media della produzione letteraria di quello che, a poco a poco, finirà col diventare realmente un “genere”: e di ciò abbiamo un fulgido esempio proprio nella già citata Invernizio (che, però, francese, purtroppo per De Marchi, non era). Resta il fatto che, fino ai tempi di De Marchi (ed anche oltre) la pubblicazione di opere letterarie a puntate fu praticata anche da grandi scrittori.

Al tempo stesso, il De Marchi stigmatizza l’atteggiamento svalutante che la critica letteraria (dimentica, anch’essa, di certi nomi di tutto rispetto) riservava alla letteratura d’appendice, sovente trattata alla stregua di genere minore, quando non francamente disprezzata (non sempre a torto, per quanto riguarda i numerosi autori che, nella moda del romanzo d’appendice, avevano visto un facile espediente di guadagno, poco impegnativo e soprattutto poco esigente sul piano della qualità). Bisogna aver piú rispetto – è il pensiero del De Marchi – per quel «gran pubblico cosí spesso calunniato e proclamato come una bestia vorace che si pasce solo di incongruenza, di sozzure, di carni ignude»; per quella massa, cioè, dei lettori (dei lettori italiani, dobbiamo supporre) meno “colti”, che nel romanzo, anzi che i “modernismi” e le elucubrazioni intellettuali, tanto piú celebrate nei circoli acculturati quanto meno vicine al comune sentire, cercano emozioni e brividi, ma che non per questo necessitano, per soddisfare il bisogno di evasione dalla realtà, delle crude e torbide atmosfere “francesi” e della spudoratezza delle loro descrizioni.

Un buon racconto, scritto con un linguaggio piano e facilmente accessibile, che narri una storia avvincente, condita da un pizzico di ironia, senza trascendere in turpitudini che ripugnano al senso morale del popolo, ed anzi esaltandolo, senza parere, mediante un’opera accorta di contrapposizione tra il bene e il male, che lottano fra loro non soltanto nella trama degli eventi, ma anche nell’a-

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