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Matteo Acitelli su Forbes Italia
Matteo Acitelli su Forbes Italia: «Una grande emozione»
Il suo nome è stato inserito tra i migliori Under 30 del Paese secondo la prestigiosa rivista
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atteo Acitelli, classe 1992, di Torvaianica, volto storico del nostro giornale, è stato inserito nella classifica dei “Number One Under 30” della prestigiosa rivista Forbes Italia, tra i 5 migliori della categoria Media. Lo abbiamo intervistato. Comparire nella classifica dei migliori “Under 30” dalla rivista Forbes Italia è un bel traguardo. Te lo aspettavi o anche per te è stata una piacevole sorpresa? «È stata una bellissima sorpresa, l'ho scoperto anche io dopo che la rivista è andata in stampa. Ero al computer a casa quando scorrendo il feed di LinkedIn mi ritrovo il post pubblicato da un ragazzo che annunciava di essere finito nella classifica Forbes. Insieme al messaggio era allegato uno screen in cui si vedeva la classifica completa con i 100 nomi di tutti gli Under 30 premiati, inizio quindi a scorrere la pagina per leggere gli altri nomi, curioso di scoprire se c'era qualcun altro che conoscevo. Purtroppo era un'immagine molto piccola e pur provando a zoommare i nomi si leggevano a malapena, era tutto sgranato. Scorrendo la pagina arrivo agli ultimi nomi della lista in basso a destra, la sezione dedicata ai "Media", come primo nome trovo "Matteo Acitelli", ero abbastanza incredulo e vista la qualità dello screen non ho detto nulla a nessuno fino a quando non sono arrivato in edicola e ho avuto la conferma che quel nome era proprio il mio...» Che effetto fa essere accostati a nomi importanti dell'imprenditoria, dello sport o della musica come Matteo Berrettini, Blanco o Filippo Scotti solo per fare qualche esempio? «È stato incredibile, tra l'altro ad ottobre compio 30 anni quindi questo per me era l'ultimo anno che avevo a disposizione per tentare di entrare in questa classifica. Per chi come me lavora nel mondo dell'imprenditoria online (ma non solo) è un bel riconoscimento, un piccolo traguardo che ti ripaga dei tanti sacrifici fatti negli anni per ottenere certi risultati. Fa strano leggere il proprio nome accanto a quello di numeri uno dello sport o dello spettacolo». Veniamo a te. Sei partito da Torvaianica, anche con noi de Il Corriere della Città, e sei arrivato – virtualmente e non – a girare il mondo. Chi è oggi Matteo Acitelli e dove vuole arrivare? «Fin da bambino ho coltivato tante passioni, molte delle quali negli anni si sono trasformate in lavoro. Ho iniziato online grazie ad un computer portatile che mio padre aveva in casa, ricordo ancora le prime volte che lo prendevo quando non ci lavorava, avevo paura ad aprirlo perché era molto duro, non scorderò mai quella sensazione. Oggi posso definirmi un "imprenditore digitale", ho alcuni miei progetti online, sono consulente e formatore per diverse aziende e multinazionali e gestisco team di lavoro che si occupano di digital marketing ed editoria online». Influencer, webmaster, comunicazione, tv, giornalismo, campagne marketing. Non sappiamo se abbiamo toccato tutti gli aspetti del tuo lavoro ma qual è la definizione che rispecchia di più la tua attività? «Effettivamente non è semplice racchiudere tutto sotto una singola etichetta, ho la fortuna di occuparmi ogni giorno di tante tematiche differenti tra loro. Potrei definirmi un "Imprenditore presso Me Stesso" come si legge spesso su certi profili Facebook! Come anticipavo però non credo esista un termine per unire queste attività, credo che parte del mio "successo" sia proprio legato alle diverse skills acquisite negli anni che mi permettono di spaziare in vari ambiti come quelli che hai elencato». Fino ad ora qual è il progetto a cui hai lavorato al quale sei maggiormente legato? «Domanda difficile, forse ti direi quelli legati ad Instagram. Questa piattaforma mi ha permesso di fare diverse esperienze in giro per il mondo che mai avrei pensato di realizzare. A differenza degli altri lavori che comunque sono più "classici", grazie ad Instagram ho avuto la fortuna di collaborare con enti del turismo, hotel e resort. Tra le esperienze che ricordo sempre con piacere c'è il viaggio con l'ente del turismo dell'Indonesia che mi ha permesso di girare per circa un mese le principali località della zona, è stato il mio ultimo viaggio pre-Covid». Ultima domanda: qual è il tuo sogno nel cassetto? «Non credo di avere un sogno nel cassetto particolare. Mi piace pensare che questo sia solo l'inizio ma non so quale sarà la destinazione finale. Per il momento sono grato di quello che sono riuscito a costruire e vediamo cosa ci riserverà il futuro».
Matteo Acitelli, classe 1992, è tra i migliori 5 Under 30 nella categoria “Media”
«Il mio nome sulla rivista? Non me lo aspettavo, è stata una bellissima sorpresa»
«Forse parte del mio “successo” deriva dalle diverse skills acquisite nel tempo che mi hanno permesso di lavorare in più settori, dalla comunicazione, al giornalismo, ai social media, al digital marketing»
Luca Mugnaioli «Il progetto a cui sono più legato? Difficile dirlo. Forse quelli legati a Instagram che mi hanno permesso di lavorare anche all’estero, tra cui in Indonesia con l’Ente del turismo»
Covid, la situazione contagi sul territorio
Sopra 1.000 i casi a Pomezia, ad Ardea va leggermente meglio: ecco gli ultimi dati
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rano 1,240 i cittadini attualmente positivi a Pomezia a fine marzo. Un dato in rialzo rispetto all'inizio del mese quando il dato era sceso a 810 unità. Il territorio pometino resta dunque uno dei Comuni con il numero più alto di casi nella Asl Roma 6 insieme, tra gli altri, ad Anzio (1291), Albano (1022) e Velletri, con quest'ultimo che “guida” la classifica per il maggior numero di contagi. Ad Ardea la situazione è migliore: stando all'ultimo aggiornamento disponibile i casi erano a quota 879, contro i 668 di inizio mese (dunque anche qui un leggero aumento).
Asl Roma 6
Guardando al distretto sanitario la Asl Roma 6 contava ad inizio mese complessivamente 12,408 cittadini positivi al virus. Venticinque i pazienti ricoverati (non gravi) mentre nessuna persona era in terapia intensiva a causa del Covid.
Nel Lazio
Al 3 aprile erano quasi 130,000 gli attuali positivi in Regione. Oltre 1,000 i pazienti ricoverati nei reparti ordinari per Covid, a quota 72 le terapie intensive. Dallo scoppio della pandemia, sempre al 3 aprile, i decessi erano attestati a quota 10.795.
Orari “precari”
TORVAIANICA ALTA - Orari del bus attaccati su un palo in modo precario. E’ questa la segnalazione che ci giunge da Torvaianica Alta: «Questi orari della linea Troiani non sarebbe meglio sostirli e posizionarli in modo più idoneo anziché attaccati in questo modo un un palo?», si chiede un nostro lettore che ci ha inviato la foto.
Pomezia sempre più primo. UniPomezia ce la puoi fare
La società del patron Bizzaglia ha raccolto ben 13 punti a marzo: sarà un finale al cardiopalmo
’UniPomezia si avvicina ulteriormente alla zona salvezza. Sono infatti ben 7 i punti racimolati questo mese in virtù delle vittorie arrivate con Cannara (3-2), a segno Ramceski, Cruciani e Lupi, quest’ultimi due a segno anche nella vittoria contro Scandicci fuori casa (1-2) mentre, l’unico pareggio, è arrivato tra le mura amiche contro Lornano Badesse. Attualmente la società del presidente Valle occupa il primo posto dei play out a 27 punti, la zona salvezza diretta ora è distante solamente due punti a 7 giornate dal termine del girone E di Serie D. Il Pomezia Calcio del presidente Bizzaglia ha raccolto ben 13 punti nel mese di marzo ma, soprattutto, ha vinto con una diretta concorrente per la vittoria del girone A di Eccellenza come la W3 Maccarese grazie al gol di Passiatore. Inoltre si registrano 3 vittorie con Aranova (4-1), Parioli Calcio (3-2) e Città di Cerveteri (3-1). Mentre arrivano lontano dal Comunale di Pomezia la sconfitta contro l’Ottavia (0-1) e il pareggio a reti bianche contro la Favl Cimini, che ha però il sapore della vittoria. A tre giornate dal termine la squadra di mister Scaricamazza occupa la prima posizione a 61 punti, inseguita da W3
L’ Maccarese a 59 e Polisportiva Favl Cimini a 56. Si prospetta un finale di campionato al cardiopalma. L’Indomita Pomezia, dopo la presentazione nelle scorse settimane del nuovo direttore tecnico Marco Ridolfi, si rilancia nuovamente per ritagliarsi un ruolo da protagonista anche nella prossima stagione. È stato un mese esaltante per i ragazzi di mister Aiello che hanno raccolto ben 9 punti con Riano (1-3), Pol. Angelo Romano (3-1) e Casal Barriera (3-1) mentre arriva una manita nella prima partita del mese di aprile contro la Vigor Perconti (5-0) con le reti di Ugolini, Pacchiarotti, Seferi e doppietta di Italiano. I gialloneri occupano ora la quarta posizione a 46 punti, preceduta solo da Luiss a 54, Anzio a 58 e Tivoli a 72.
Il Pomezia Calcio ha vinto anche contro una diretta concorrente: adesso sono 61 i punti in classifica e mancano tre giornate
Indomita Pomezia al quarto posto dopo un mese esaltante. Unipomezia: la salvezza è a soli due punti
Il Corriere della Città
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Numero 4 Anno 14 aprile 2022
E-MAIL: direttore@ilcorrieredellacitta.it redazione@ilcorrieredellacitta.it TELEFONO: 392.6939763
DIRETTORE RESPONSABILE: Maria Corrao IN REDAZIONE: Arianna Azzurra Achille, Matteo Acitelli, Luca Mugnaioli, Alessia Achille, Federica Rosato, Martina Monti, Claudio Menafra, Concetta Alagna PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE: MA&MC CHIUSURA REDAZIONALE: 03/04/2022
STAMPA: Tipografia Graffietti Reg. Trib. di Velletri Settembre 2009 N. Reg. 19/09 del 24 Settembre 2009
«Mamy, papy...mi leggete una favola?»
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o me lo ricordo quando da piccola mio nonno mi leggeva le favole prima di addormentarmi e se ci penso bene… sì, è proprio uno tra i miei ricordi preferiti, pieno di calore e di affetto, avvolto da quel senso di sicurezza e di tranquillità. Una volta, quando la vita scorreva un po' più lenta e non eravamo bombardati dalla tv e dai telefonini era un’abitudine più frequente quella di leggere storie ai nani di casa. Mi rendo conto che, oggi, nell’era “moderna”, presi da tutti gli impegni quotidiani è più difficile ritagliare uno spazio per leggere una bella storia ai propri figli, ma voglio comunque provare a convincervi che si può fare e che è importante farlo! Grazie alla scienza sappiamo che questo gesto porta grandi benefici allo sviluppo dei bimbi fin dall’ultimo trimestre di gravidanza. Intanto forse non sapete che leggere ad alta voce aiuta lo sviluppo del cervello e delle sue potenzialità tra cui per esempio quelle legate al linguaggio, ma anche che avvicina i bambini alla lettura e li porta ad appassionarsi al mondo dei libri e che seppur questo aspetto non è l’obiettivo finale costituisce comunque un imprinting positivo per la loro crescita personale e intellettuale. Secondo uno studio del 2019 condotto dall’Università di Perugia, la lettura aiuterebbe a sviluppare le capacità cognitive e non solo: rafforzerebbe la memoria e aumenterebbe il livello di attenzione. Leggere per i più piccoli, anche per i piccolissimi è un atto d’amore, con effetto calmante soprattutto tra gli 0 e i 3 anni. Già prima del parto, nell’ultimo trimestre di gravidanza il senso dell’udito del feto è sviluppato al punto da sapere distinguere la voce di mamma da quella di papà. In questo periodo la lettura ad alta voce favorisce il fenomeno dell’attaccamento sicuro, permettendo ai bimbi di sperimentare in tutta tranquillità nuove emozioni e sensazioni. La letteratura ed il gesto di narrare rappresentano la nostra identità e possono modificare il nostro modo di pensare, esprimerci, rapportarci con gli altri e interpretare il mondo intorno a noi. Fino a 3 anni, i bimbi dimostrano una spiccata sensibilità e una grande capacità di assorbire stimoli esterni quindi la voce di mamma e papà che leggono, la storia che raccontano e il libro che tengono in mano, in sé rappresentano un forte stimolo. Ascoltare la voce, vedere e toccare il libro serve a facilitare la relazione con l’adulto, ma anche con l’oggetto ed ecco perché alcuni libri sono studiati appositamente per l’infanzia, colori, materiali, forme, possibilità di interagire con il tatto, specchiandosi in pagine lucide o muovendo fogli “rumorosi”. Leggere per i più piccoli vuol dire permettere di soddisfare le loro curiosità sfruttando uno strumento che ancora non possiedono e cioè la capacità di leggere. Il genitore leggendo crea emozioni, così anche i più piccoli che ancora non sanno comprendere il significato delle parole possono comunque trarre un senso leggendo non quello che c’è scritto, ma le emozioni suscitate dal tono di voce di chi legge, dalla musicalità del tono che di volta in volta viene scelto per interpretare la storia. Non è un caso quindi che i libri dei più piccoli contengano rime, filastrocche, suoni onomatopeici scelti ad hoc per ricreare azioni e situazioni. I ricercatori affermano che i bambini che ricevono letture quotidiane precoci hanno un vocabolario più ricco, un’immaginazione più sviluppata, sono più curiosi e hanno un maggior stimolo creativo. Ma esistono libri e libri, non tutti stimolano allo stesso modo. Alcuni devono essere ascoltati e giocano soprattutto su rime e filastrocche e altri invece sono libri da toccare, con buchi, finestrelle e specchi riflettenti. Fino ai 4 mesi di età i libri da preferire sono quelli che devono essere letti da mamma e papà o magari dai nonni o, perché no, dai fratelli maggiori. Saranno gli adulti ad utilizzarli, quindi la loro forma non è particolarmente importante. Vanno bene filastrocche, ninne nanne, storie in rima e così via. Dal 5° al 10° mese la manualità dei bimbi aumenta, quindi sarebbe meglio scegliere libri di piccole dimensioni cartonati, oppure in stoffa con immagini del corpo o grandi figure che possano iniziare a far associare il suono delle parole ad oggetti reali o a parti del corpo. In questo caso è molto utile il silent book, cioè un libro fatto di sole immagini che permette al bimbo di creare le sue rappresentazioni mentali liberamente. Fino ai 12 mesi servono libri resistenti, di non più di 12 pagine con raffigurati oggetti e momenti di vita facilmente riconoscibili e che acquisiscono significato se rapportati alle persone care. Hanno lo scopo di creare concetti e in genere hanno immagini colorate e brillanti. Dopo i 3 anni i bambini sanno identificarsi con i protagonisti delle loro storie e i libri diventano interattivi e possono includere lettere dell’alfabeto e numeri. Insomma di possibilità ce ne sono tantissime e di tutti i tipi… si tratta solo di ritagliare un piccolo spazio nella quotidianità di sempre, lasciare il cellulare, spegnere la tv, ritrovarsi prima di dormire e dire “ti voglio bene”, o anche “ti amo” in modo alternativo.
Dott. Ost. Catiuscia De Renzis
Papera.cd@gmail.com
Infodemia: Misery non deve morire
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l Monopoli, un gioco che ha compiuto ottant’anni, insegnava che se si faceva qualcosa troppo rapidamente “senza passare per il via” si finiva direttamente in prigione senza guadagnare né denaro nè l’acquisto di una proprietà. La morale era che non si possono fare le cose senza riflettere, senza soste o passaggi intermedi, altrimenti si rischia di vivere ciecamente, portati al guinzaglio come cagnolini dall’informazione prevalente del momento. Fare finta di niente come un insegnante che continua a parlare ad una classe vuota o un direttore d’orchestra che continua a dirigere imperterrito con la sua bacchetta un’orchestra che non c’è, fa ritrovare in un colpo solo proprio di fronte a ciò che più si teme. Passati dal Covid alla guerra in un colpo solo come dall’antipasto alla frutta “senza passare per il via”, ci siamo ritrovati in balìa di una nuova pandemia, l’infodemìa, l’ eccessiva quantità di informazioni, prima eravamo incollati al televisore per il Covid e poi per la guerra, tutto quasi senza accorgersi del cambio di pietanza, invero entrambe un po’ indigeste, almeno alla mente. Un passaggio rapido tra due minacce di corsa verso la distruzione totale del pianeta senza neanche annunciare la fine di un capitolo né l’inizio del nuovo, come in un libro folle scritto nel paese dei balocchi. Una moderna “Gioventù bruciata” dove solo il volto di James Dean è cambiato trasformato in quello del nostro Pianeta, l’unico di cui disponiamo, al di là delle fantasiose chimere di fughe su Marte, altro che salti nel vuoto. Una pausa consentirebbe di tornare in sé, di pensare ad altre soluzioni, almeno di salvare la dignità evitando di concedersi come vittime sacrificali per gli scopi di potere di alcuni e di correre tra le braccia del nemico come un salvatore. Ancòra terrorizzati dalla pandemia tanti si ritrovano, loro malgrado, a cercare disperatamente “dosi” di informazioni, online o sui media tradizionali ove si dibatte inutilmente per ore in talk-show ringalluzziti dagli audiences sempre più alle stelle, divenendo complici inconsapevoli dei propri carnefici. L’infodemìa miete nuove vittime, i livelli di ansia e stress risultano notevolmente innalzati in una circolarità perversa di notizie dove non si sa più chi le crea e chi le subisce. Uno studio pubblicato a novembre 2020 ha messo in luce un aumento delle sensazioni di minaccia e paura in cittadini USA che, a marzo 2020, avevano consultato una gran quantità di news e post sul Covid ogni giorno. I ricercatori si sono focalizzati su notizie e riflessioni legate all’aspetto sanitario, ma nelle conclusioni formulano un’ulteriore riflessione: “Potrebbero impattare negativamente sulla salute mentale anche i contenuti che enfatizzano continuamente i pericoli per l’economia”, tra l’altro ripresi e rilanciati dal nuovo conflitto bellico. La libertà d’informazione è sacra, ma se è troppa, continua, indiscriminata, deviante, discordante tra pareri accademici, risulta disorientante, confusiva, frastornante e produce un effetto peggiore della sua negazione come nei regimi totalitari. Senza informazioni prima o poi ci si adatta, si può anche giungere ad amare il carnefice che, identificato con una figura paterna, può apparire protettivo, forse per la forza dimostrata, ma quando sono troppe, continue e discordanti le informazioni minano il benessere psicologico profondamente senza escludere la dipendenza, sebbene da una sostanza invisibile. Gregory Bateson, psicologo, psichiatra ha fornito una preziosa indicazione per la comprensione della schizofrenia con la scoperta del “double bind” (doppio legame), un concetto derivato dallo studio di relazioni familiari patologiche. In sintesi comunicazioni contraddittorie provenienti dalle principali figure parentali di riferimento inducono la vittima designata (in genere il membro più fragile della famiglia) a vivere in uno stato d’animo come senza via d’uscita con l’esito di bloccare lo sviluppo del pensiero autonomo e quindi del suo equilibrio emotivo fino a condurre alla schizofrenia. L’infodemia coi suoi flussi continui ed invasivi che circolano per i circuiti cerebrali tenendoli così sempre in stato di allarme, di paura agisce come un virus in piena libertà, portando all’immunità di gregge ma nel senso stretto del termine, ovvero di pecore che procedono flemmatiche verso il mare in burrasca Non c’è da meravigliarsi, ci si affeziona a tutto, specie alle pappe emozionali negative, al surplus di chiacchiere, al carnefice, anche alle sbarre, non sono rari detenuti che dopo decenni di carcere non vogliono più uscire per paura del mondo esterno. Ci si affeziona anche ai chili di troppo, tanto è vero che diete e consigli non mancano (altro fenomeno endemico mai visto nella storia), ma nessuno li ascolta, avranno raggiunto l’immunità di gregge. Ci si affeziona anche ad un matrimonio sbagliato, specie se si resta troppo a lungo a bagno rischiando di abituarsi all’acqua fredda (fino a sentirne la mancanza) col rischio di perdere il momento in cui si dovrebbe regolare il termostato. A volte cogliere in tempo il cambio di temperatura nei rapporti e adeguare prontamente il termostato, è autorizzato -oltre che consigliato- anche senza passare per il via, se il prezzo è l’intera vita nel clima glaciale del Polo Nord. Ogni regola ha le sue eccezioni “ a volte anche a una pecora (farfalla nel romanzo/film “Misery non deve morire” di Stephen King.) tocca fare la carogna” e lanciarsi fuori un attimo prima di finire dritta a mare, anche senza denaro e proprietà, anche in mutande.
Dott.ssa F.Tomasino
Psicologa – Psicoterapeuta francesca.tomasino@hotmail.it 3271363539 Chiama ora per la tua pubblicità
La donna più famosa al mondo D
ipinta da Leonardo da Vinci nel 1504 su uno sfondo dove vengono rappresentati i 4 elementi terrestri c'è lei Monna Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo detta la "Gioconda". E' il ritratto di una donna dal sorriso enigmatico che si oppone ai dipinti di quei tempi che sempre rappresentavano volti tristi e malinconici. Osservare questo quadro, che ha più di 500 anni, ci dà l'impressione che la donna sia quasi viva e come contornata da una condizione di beatitudine. Il pittore e genio toscano nel 1516 si trasferì a Parigi portando con se la Gioconda per venderla per 4 mila ducati d'oro all'allora re di Francia Francesco I. Ma sarà nell'agosto del 1911 che questo quadro diventò pura leggenda ossia quando l'imbianchino italiano Vincenzo Peruggia la ruba dal museo del Louvre a Parigi, per riportarla in Italia. Verrà ritrovata solo 2 anni dopo a Firenze per essere restituita alla Francia. Ora Il suo valore si stima tra gli uno e i due miliardi di euro. Non è un semplice ritratto di donna eseguito in maniera magistrale ma rappresenta, con il suo sguardo e quell'accennato sorriso, una profonda introspezione psicologica e non è un caso che abbia fatto breccia in vari settori del marketing: usato per esempio per lo slogan dell'acqua Ferrarelle e per altri spot pubblicitari, padroneggiando anche come simbolo in alcuni cortei di emancipazione femminile. Sarà l'eclettico Marcel Duchamp nel 1919 a pensare di riprodurla con i baffi e la scritta provocatoria "L.H.O.O.Q" che in francese suona "Elle a chaud au cul" ossia "Lei ha caldo al culo" forse nel tentativo di dissacrarne il mito, facendola entrare nel mondo della Pop Art sottolineandone in più il fatto che non si capisce se somiglia ad un uomo o a una donna. A seguire è stata rappresentata da Andy Warhol nelle sue famose immagine a ripetizione colorate ed anche da Salvator Dalì altro grande artista provocatore che nel 1954 lo utilizzò da base per farsi un autoritratto. Degli artisti di strada tedeschi i "Die Dixons" decidono in questi ultimi anni di lavorare ad un progetto di Street Art dove la riproducono su di un murales alto ben 11 metri x 16 sulla facciata di un palazzo a Berlino richiamando in pochi giorni un gran numero di visitatori che incuriositi l'hanno resa un'opera super fotografata. E di certo non può mancare la Gioconda ai tempi del Covid
Laura Piacentini
Centro diurno disabili
ARDEA - Partiti i lavori per l’apertura del Centro Diurno Disabili per persone adulte di Via Terni, nel quartiere Nuova Florida, presso una struttura sequestrata alle mafie. Grazie alla cooperazione tra Comune, ASL RM 6, Consulta per il Superamento dell'Handicap (CSH) e Comitato Promotore per il Centro Diurno, a breve Ardea metterà a disposizione del Consorzio del Servizi Sociali un nuovo sito che si aggiungerà a quello di Pomezia per aumentare la disponibilità di questo importante servizio. Un passo verso l'inclusione sociale che questo territorio attendeva da tanto tempo, indispensabile a garantire il sostegno alle persone adulte con disabilità, un luogo che sia punto di socializzazione e assistenza per il benessere psicofisico degli utenti e di supporto alle famiglie. Con questo primo finanziamento si rende immediatamente disponibile una congrua porzione del fabbricato che vedrà il totale adeguamento alle prescrizioni della ASL, nei prossimi mesi. Il Comune si adopererà con le associazioni, l’ASL RM 6 ed il Consorzio Socio Sanitario, per porre in essere la corretta pianificazione per erogare servizi di qualità alle persone adulte con disabilità ed alle loro famiglie evitando viaggi verso la capitale o comuni limitrofi.
icordiamoci del proverbio “sorridi alla vita e la vita ti sorriderà”. Ma come far sapere agli altri che sei sempre di buon umore? Semplice, sorridendo. Sorridere sempre nonostante tutto. Sorridere quando si incontrano le persone che conosciamo, amici, colleghi ecc.. Sorridere quando le cose si fanno difficili. Sorridere quando tutto sembra andare a scatafascio. Sì, ma che tipo di sorriso dobbiamo adottare? Cordiale che coinvolga anche gli occhi, sincero, franco, onesto, aperto e felice. E il sistema più semplice per ottenere un sorriso così è crederci. Non si può fingere o si viene immediatamente “beccati”. Per sembrare autentici, un sorriso deve essere sincero. E’ importante sorridere anche quando si stringe una mano. Ci scambiamo spesso strette di mano e di solito lo facciamo in maniera abbastanza inconsapevole ponendo scarsa attenzione. In realtà, con quella breve stretta di mano trasmettiamo una miriade di segnali, dovremmo renderla eccezionalmente decisa e rassicurante e quando qualcuno la stringe, dovrebbe trarne un’impressione di forza, fiducia e autorevolezza. Pertanto esercitiamoci a migliorarla e renderla energica, senza chiaramente esagerare, evitando di far trovare il nostro interlocutore con le dita doloranti. Le regole di “Bon Ton” suggeriscono che sarebbe meglio evitare lo “scambio del cinque” o il palmo della mano a cucchiaio. Restiamo fedeli alla stretta di mano tradizionale e saremo ricordati come persone sicure ed autorevoli. I bravi stringitori sono quelli che, oltre ad avere una buona stretta, porgono le mani per primi. Emanano sicurezza annunciando il loro nome e contemporaneamente porgendo la mano; così facendo, esprimono entusiasmo, cordialità, un approccio rilassato e sicuro. Inoltre, ti guardano negli occhi e ripetono il tuo nome, dopo averlo ascoltato. A tutti piace ascoltare il proprio nome, dà un senso di intimità. L’effetto migliore lo si ottiene presentandosi con una stretta di mano energica e sicura dicendo “Buongiorno, sono Luigi Rossi….” ed avrete sicuramente un effetto positivo verso la persona a cui siete presentati. Certo, non c’è dubbio e le statistiche lo confermano: le persone belle hanno più successo. Le persone
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Ma che cosa rende attraente o bella una persona? Sicuramente non solo l’aspetto fisico. Conta molto avere carisma, fascino ed un atteggiamento disinvolto. Queste persone hanno vitalità, presenza e personalità anche se non sono propriamente avvenenti L’immagine è totalmente racchiusa nel sorriso e negli occhi. Ci sono sorrisi che illuminano in maniera magnetica ed esercitano un forte potere Soprattutto nel lavoro imparare semplicemente a dire “grazie” e a riconoscere i meriti e le capacità degli altri
Non cercare di tirar fuori il meglio per fare colpo, anche perché di solito potrebbe per gli altri risultare al contrario il peggio di quello che siamo
belle devono impegnarsi meno per fare progressi. Ma che cosa rende attraente o bella
una persona? Sicuramente non solo l’aspetto fisico. Conta molto avere carisma, fascino ed un atteggiamento disinvolto. Queste persone hanno vitalità, presenza e personalità anche se non sono propria-
mente avvenenti. Tutte queste caratteristiche sono presenti in ognuno di noi, bisogna crederci ed esserne consapevoli. E, in ogni caso, sono più semplici da acquisire di quanto sembri. Se ci si presenta bene, prestando attenzione alla nostra persona, coltivando il sorriso giusto, essere sempre cordiali, affabili, spigliati e attenti saremo anche attraenti.
L’immagine è totalmente racchiusa nel sorriso e negli occhi. Ci sono sorrisi che illuminano in maniera magnetica ed
esercitano un forte potere, proprio come la stretta di mano, chiara, trasparente, soddisfatta e sicura. Inoltre, altro sentimento che
rende attraenti è la Cortesia. Soprattutto nel lavoro imparare semplicemente a dire “grazie” e a riconoscere i meriti e le capa-
cità degli altri. Provateci e scoprirete quali effetti straordinari crea tale atteggiamento; produce una bellissima sensazione che non può essere nascosta e che rende, in chi la percepisce, il desiderio di comportarsi allo stesso modo, quasi come se dovesse restituire il favore. D’altronde essere cortesi consiste essenzialmente in un modo particolare di trattare gli altri, parlando e agendo in modo tale da tenere sempre in considerazione i sentimenti degli altri, perché fondamentalmente la cortesia è proprio la capacità di
voler bene, di provare affetto per le altre
persone e di desiderare di farle star bene. A cominciare quindi dalla presentazione che è un momento affascinante della vita di ognuno di noi poiché due persone, fino a quel momento sconosciute, entrano per la prima volta in contatto. Innanzitutto è necessario ricordare che si chiama “presentazione” e non “esibizione”. Si dovrebbe cercare di conoscere qualcuno per il piacere di stare con lui e non catapultarlo nell’elenco dei nostri bisogni e frustrazioni. Non cercare di tirar
fuori il meglio per fare colpo, anche perché di solito potrebbe per gli altri risultare al contrario il peggio di quello che siamo.
Anche quando si introduce qualcun altro, evitare inutili giri di parole tipo: “permettimi di presentarti il più affascinante ecc..ecc” oppure “ho il piacere di presentarti un vero genio...”. Il modo più elegante resta il più semplice: è sufficiente dire nome e congnome e, in situazioni particolarmente familiari e non professionali, il solo nome lasciando alle persone appena presentate il piacere di scoprirsi a vicenda. Capita purtroppo di non ricordare esattamente il nome della persona che si sta presentando a qualcuno. Come sempre la semplicità e la sincerità sono lo strumento migliore. Meglio chiedere alla persona il suo nome prima di presentarla agli altri, in modo riservato e confessando candidamente la dimenticanza. In pratica qualche piccola regola di Bon-Ton suggerisce che nelle presentazioni l’uomo viene presentato alla donna e non viceversa, tranne se si tratta di grandi personalità; la persona più giovane a quella più anziana; mai porgere la mano con i guanti e se l’uomo indossa il cappello, dovrebbe almeno sollevarlo. Se vi viene presentato qualcuno mentre siete seduti, se siete donne potete rimanere comode, mentre i signori devono comunque alzarsi. Evitare gli inchini e il baciamano, romantica e ottocentesca abitudine demodé oltre alla stucchevole scena di baciare il vento intorno alle gote. Meglio pun-
tare sulla potenza di uno sguardo poiché, come cantava Jim Morrison, l’anima di una persona è nascosta nel suo sguardo, per questo abbiamo paura di farci guardare negli occhi.
Antonio Guido
Guerre, solidarietà ed abitudini alimentari
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opo due anni di pandemia, quando finalmente le cose sembravano mettersi per il meglio ed eravamo pronti a riprendere un po di vita normale, e' arrivata questa orribile guerra in Europa. Siamo tutti psicologicamente provati dalle tragiche notizie che riceviamo tutti i giorni e preoccupati per le conseguenze anche economiche di questo assurdo e sanguinoso conflitto. Gli onnipresenti virologi in TV sono stati sostituiti da esperti militari e le immagini di ospedali e file per i tamponi, da angoscianti visioni di morte e di distruzione e da file per il cibo. In questi anni abbiamo imparato che all'improvviso potremmo trovarci a dover fronteggiare qualche emergenza che sconvolge le nostre vite. Non importa che si tratti di una malattia prodotta da una pandemia o l'impossibilita di riscaldarsi o di utilizzare auto e mezzi di trasporto a causa di una crisi energetica. Se siamo in ottima forma affronteremo e supereremo tutto meglio. Ora più che mai dovremmo curare la nostra salute e la nostra alimentazione, scegliendo tra i tanti prodotti locali che costituiscono la base della nostra straordinaria dieta mediterranea. Mangiare in modo adeguato preferendo prodotti a basso impatto ambientale, non solo può migliorare il nostro stato di salute e farci sentire più energici ed ottimisti, ma e' anche molto piu' sostenibile e solidale. La cosiddetta economia circolare, quella che rispetta la natura, il territorio e la dignità di chi produce, non viene creata dai politici o dagli economisti, ma dalle piccole scelte che noi facciamo tutti i giorni a partire dalla nostra spesa. Con i costi dei carburanti e dell'energia alle stelle non solo aumenteranno i costi dei prodotti alimentari che ci arrivano attraverso la grande distribuzione, ma potrebbe peggiorare anche la loro qualità. Scegliere prodotti a "chilometri zero" in questo difficile momento e' la cosa piu' etica che possiamo fare. Ci sono moltissimi produttori locali che possiamo riscoprire, piccole aziende agricole in grado di produrre ortaggi, cereali e prodotti zootecnici di eccellente qualità. La grande distribuzione, per abbassare i costi, spesso strangola questi piccoli imprenditori agricoli, costretti a vendere a prezzi irrisori. I prodotti, anche quelli deperibili, vengono raccolti in modo centralizzato, stoccati e spesso conservati in frigo con grande dispendio di energia per poi essere trasportati a volte a migliaia di chilometri di distanza. Questo sistema di distribuzione, gia' inidoneo prima della pandemia e della guerra, con la crisi economica ed energetica in corso, rischia di divenire del tutto insostenibile. Ad esempio molte qualita' organolettiche dei cibi freschi si perdono se i tempi di trasporto e conservazione sono troppo lunghi, per non parlare del problema della frutta ed degli ortaggi raccolti acerbi e fatti maturare artificialmente. Pochi sanno che le piante producono sostanze tossiche per evitare che i loro frutti siano mangiati prima che i semi siano pronti per essere ingeriti e distribuiti in giro con le feci, favorendo la loro riproduzione. Uccelli ed animali hanno imparato nel corso di milioni di anni di evoluzione a riconoscere gli spiacevoli effetti prodotti da frutti non maturi. Noi umani per interessi economici tendiamo a trascurarlo mettendo in commercio cibi che hanno solo il sapore ed il colore dei cibi maturati naturalmente ma ancora pieni di sostanze leggermente tossiche. I cereali, provenienti da paesi esteri, a volte lontanissimi, durante le delicate fasi di trasporto e conservazione si possono contaminare con pericolosissime aflatossine. Problemi possono derivare anche da carni o pesci allevati con acque, mangimi ed antibiotici in paesi extracomunitari con controlli sanitari poco rigorosi. Le stesso vale o per i cibi industriali "spazzatura" resi appetibili e gustosi solo grazie ad additivi, coloranti e grassi saturi....Potrei continuare con una lunga lista, ma i pochi esempi che vi ho fatto penso siano sufficienti a farvi capire quanto sia importante scegliere alimenti 'sani" ed acquistarli ove possibile direttamente dai produttori locali. Molti dei nostri problemi intestinali, intolleranze, gonfiori e disturbi di vario genere derivano dalla scarsa qualità dei cibi che ingeriamo. Alla base delle nostra alimentazione mediterranea ci sono ortaggi legumi, verdure, cereali non raffinati ecc. Per reperire verdure coltivate senza pesticidi, oltre che affidarci ad aziende conosciute e certificate come biologiche, una alternativa può essere rappresentata dagli orti urbani, o dagli orti in affitto, presenti anche nel nostro territorio. In questo caso da soli o con l'aiuto di un ortofrutticultore specializzato, possiamo coltivare e raccogliere direttamente noi i nostri prodotti. Coltivare un orto ed evitare di prendere la macchina per piccoli spostamenti o per viaggi inutili oltre a farci risparmiare, puo stimolarci a muoverci di più e quindi a tenerci in forma. Inoltre in alternativa a viaggi in auto sempre più dispendiosi, potremmo fare lunghe camminate all'aperto per riscoprire il nostro meraviglioso territorio. Ci sono tantissime associazioni che organizzano bellissime escursioni. Infine se vogliamo dimostrare una reale solidarieta' alle popolazioni in guerra potremmo rinunciare ai "cibi inutili", a quei cibi che vi ho insegnato a riconoscere attraverso questa rubrica, che sono dannosi per la nostra salute e spesso anche per l'ambiente e riempire, con i soldi risparmiati, qualche carrello della spesa da destinare agli aiuti alimentari alla popolazione in guerra ed ai profughi. Questo ci farà sentire meglio non solo fisicamente ma sopratutto spiritualmente.
Monica Grosso - Biologo nutrizionista
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