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Arresti sul litorale, tutti i dettagli.................da

6 APPROFONDIMENTO luglio 2021 Il Corriere della Città Pasticcieri e usurai sul litorale: «Se non paghi t

I

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nteressi mensili pari al 15% (pari al 180% annuo…), che portavano i debiti quasi a raddoppiare e per riscuotere i quali, se le vittime non avessero pagato, sarebbero arrivate frasi come “raddrizzati la

testa, altrimenti te la raddrizziamo noi con

una tortorata” per incutere timore e spingere i malcapitati a saldare. E, se gli importi

prestati erano piccoli, i tassi di interesse ar-

rivavano anche al 25% mensile. È l’ennesima storia di estorsione e usura che flagella il litorale di Ardea e Pomezia, quella scoperta la mattina del 29 giugno, con l’operazione “Babà”, svolta dai Carabinieri della Compagnia di Anzio, guidati dal Capitano Giulio Pisani, e coadiuvata, per quanto riguarda le perquisizioni domiciliari, dagli uomini della Guardia di Finanza di Pomezia, guidati dal Comandante Leonardo Cuneo. 6 gli arresti, 3 in carcere e 3 ai domiciliari: quello che ha fatto clamore sono i nomi dei protagonisti, almeno per quanto riguarda 3 persone, note nel territorio in quanto collegate a rinomati locali, ma non solo. Spesso si erano fatti notare per azioni benefiche, come la distribuzione di pacchi alimentari ai terremotati, la distribuzione di cornetti, panettoni o uova di cioccolata ai bambini. Adesso, però, la situazione è ben diversa: loro sono i fratelli Guiderdone, riconducibili alle notissime pasticcerie La Salernitana e La Royal, con sedi a Tor San Lorenzo, Nuova Florida e Pomezia e di altri locali aperti recentemente ad Anzio e Nettuno. La mattina del 29 giugno, all'alba, Vincenzo e Leonardo sono stati arrestati e condotti in carcere, mentre il terzo fratello, Gerardo, è stato posto agli arresti domiciliari. L'accusa è quella di usura in concorso ed estorsioni. Insieme ai 3 fratelli sono stati arrestati anche Roberto Matta (in carcere), Daniele De Stefanis e Giuliano Scarcella ai domiciliari. Adesso saranno i giudici, nei prossimi giorni a seguito degli interrogatori di garanzia, a decidere se confermare le ipotesi investigative che hanno portato agli arresti. Per alcuni degli indagati c’è anche l’ipotesi di reato di autoriciclaggio, bancarotta fraudolenta, infedele ed omessa dichiarazione e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Frasi come "Non farmi incazzare, sennò ti faccio vedere io... vengo a casa tua e ti squaglio, ti faccio sparire", "Devi rispondere del debito e basta, che ti devo dire che ti apro la testa in due. Io ad ammazzare una persona ci metto 30 secondi: vengo e ti scanno", “Ti hanno bruciato il forno sì infame, merda… portami i sordi, perché ti pigghiu a cutiddati, ti faccio fare la fine del commercialista”, erano alcune delle minacce con cui gli usurai si rivolgevano alle loro vittime per spaventarli e costringerli a pagare.

Te devo spacca' la capoccia "Te devo spacca' la capoccia, te muro la

porta de casa", “Ti frantumo”, erano altre delle minacce con cui gli usurai si rivolgevano alle loro vittime. L’operazione è la fase conclusiva dell’articolata attività investigativa condotta dai Carabinieri della Compagnia di Anzio e diretta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Velletri, che ha portato a far scattare le manette per i soggetti che, tra il 2015 e il 2019, a seguito di piccoli prestiti richiedevano ai debitori interessi con tassi usurari. Al prestito in contanti, talvolta richiesto per tentare di salvare l’attività commerciale di famiglia, seguivano nel tempo le richieste di restituzione che si trasformavano ben presto in minacce di ritorsione fisica o addirittura di morte. Le vittime sono tutte

piccoli imprenditori, commercianti o addi-

rittura semplici dipendenti o pensionati, residenti sul litorale compreso tra Pomezia, Ardea e Nettuno. Tra loro figura anche un ex carabiniere della forestale. Il comune denominatore è che sono tutte persone amiche o conoscenti dei loro carnefici, ai quali si sono GLI ARRESTI Sei le persone finite in manette. Tra loro ci sono i fratelli Guiderdone, riconducibili alle notissime pasticcerie La Salernitana e La Royal: Vincenzo e Leonardo sono finiti in carcere, Gerardo si trova ai domiciliari rivolte in momenti di difficoltà, pensando di poter ricevere un aiuto. La scoperta del giro di usura: tutto nasce dalla denuncia di una vittima Ma ecco la ricostruzione dei fatti secondo quanto riportato nell’ordinanza di custodia cautelare di 133 pagine emessa dal GIP Gisberto Muscolo. La scoperta degli uomini dell’Arma avviene a seguito della denuncia da parte di una delle vittime, un commerciante di Nettuno. L’uomo si rivolge a Leonardo Guiderdone, che conosceva e di cui si fidava in quanto suo fornitore, per avere alcuni piccoli prestiti in un momento di difficoltà economica, per un totale di 15 mila euro. I primi, con tassi del 10% mensili, vengono tutti saldati, seppur con enorme difficoltà e tra tante minacce. Ma all’ultimo prestito, vista la pressione che veniva fatta, al punto che la vittima deve ormai ricorrere ad assegni firmati anche dai suoi familiari per poter restituire l’importo gravato dagli interessi, non ce la fa più - specie dopo che uno degli assegni di sua figlia era andato in protesto - e decide di denunciare tutto ai carabinieri di Anzio, raccontando per filo e per segno l’accaduto.

(continua)

L’operazione dei Carabinieri e della Guardia di Finanza scattata a fine giugno

Le vittime sono tutte piccoli imprenditori, commercianti o addirittura Alcuni degli arrestati si erano spesso fatti semplici dipendenti o pensionati, notare per azioni benefiche, come la residenti sul litorale compreso tra distribuzione di pacchi alimentari ai Pomezia, Ardea e Nettuno terremotati o dolci ai bambini

È l’ennesima storia di estorsione e usura che flagella il litorale di Ardea e Pomezia: le accuse vanno, a vario titolo, dall’usura in concorso alle estorsioni fino ai reati di autoriciclaggio e bancarotta fraudolenta

luglio 2021 www.ilcorrieredellacitta.com APPROFONDIMENTO 7 ti scasso la testa», ecco le intercettazioni choc

(segue)

I militari iniziano quindi le indagini, riscontrando che gli assegni dati dal commerciante di Nettuno (in tutto 39 assegni, per un importo di 74.430 euro, ma effettivamente ne erano stati pagati solo 17, per un totale di 24.728 euro) erano stati usati da Guiderdone per pagare alcuni suoi fornitori di caffè e farina. Grazie a questi gravi indizi, il giudice autorizza le intercettazioni sia ambientali che telefoniche a carico di Leonardo Guiderdone, cosa che fa scoprire il coinvolgimento dei suoi fratelli e delle altre 3 persone arrestate. I pagamenti dei debiti, a seconda della cifra da restituire, erano settimanali o mensili: più l’importo prestato era piccolo, maggiore era il tasso d’interesse applicato. Diversi i

“clienti”, spesso abituali, che si rivolgevano

a loro nei momenti di bisogno. Emblematico il fatto che alcune vittime, sentite dai carabinieri durante le fasi di indagine, abbiano negato di aver ricevuto soldi in prestito con tasso usuraio e di aver ricevuto minacce, non sapendo delle registrazioni delle conversazioni intercorse tra loro e gli aguzzini. Ma le prove trovate dagli investigatori appaiono sufficienti, perché, al contrario, alcune delle vittime hanno invece trovato liberatorio raccontare tutto, trovando rispondenza in quanto intercettato dai carabinieri, i quali, nel corso delle perquisizioni, hanno rinvenuto ulteriori riscontri a quanto sospettato, come un’agenda trovata a casa di Leonardo Guiderdone, dove venivano riportati nomi dei debitori e le date delle scadenze delle varie restituzioni.

Da 2000 a 4500 euro e non bastavano

In un’intercettazione si sente una vittima che, esasperata dalle continue minacce, anche di morte, reagisce in maniera inaspettata, ricordando che fino a quel momento ha sempre pagato. “Io mi pare che te li ho dati ‘sti

soldi, Leona’… e mo’ addirittura adesso da 2000 euro te ne sto a dà 4500, a Leonà ehhh, è ovvio che a mente mo’ non ce l’ho i

soldi…”, ma ovviamente Guiderdone non si fa convincere e rispondere che quelli restituiti erano i suoi soldi e, arrabbiato per il timore di essere intercettato, cerca di convincere il suo interlocutore a smettere di parlare insultandolo. L’uomo era talmente assoggettato e spaventato dalle continue minacce che, qualche giorno dopo, senza più soldi neanche per mettere benzina alla sua auto e pressato da Leonardo Guiderdone, ar-

I Guiderdone e l’inchiesta “Equilibri”: in occasione dell’apertura della Salernitana a Torvaianica i Fragalà, che qui avevano i loro locali e non volevano che venisse invaso il territorio, "avvisarono" del loro malcontento gli avversari incendiando l'ingresso del locale a Nuova Florida Alcune vittime hanno negato di aver ricevuto i soldi o di aver subito minacce non sapendo delle intercettazioni. I pagamenti erano settimanali o mensili: minore era l’importo maggiore era il tasso d’interesse

rivò a dire: “Guarda, se posso mi vado a

vendere un rene, che ti devo fa…eh, Leonà,

io non so che fa”. Le minacce contro l’uomo erano continue: “Ti scasso la testa come

apro un melone: in due. Se non mi porti i soldi entro il 5 mi faccio 20 anni di galera

perché ti scanno”. Ma la cosa assurda è che tutte queste minacce erano per farsi pagare un residuo di 100 euro sulla rata del debito mensile. Ad un certo punto, a seguito di una perquisizione domiciliare dei carabinieri, per paura di essere intercettato Leonardo Guiderdone (così come gli altri indagati nello stesso periodo) cambia atteggiamento nelle sue telefonate con le vittime, chiamando “torte” i soldi che deve ricevere, salvo confondersi su chi deve comprare o fornire le stesse ed evita le minacce. Da quanto

emerge dalle intercettazioni, il più minaccioso era proprio Leonardo, che riusciva a terrorizzare le sue vittime tenendole in

stato di assoggettazione psicologica. Eppure proprio lui sembrava il più dolce e romantico, visto che voleva farsi strada come cantante melodico: “A volte penso come la musica possa cambiare lo stato delle persone e riesca a farci vibrare l’anima...stasera mi sento di dire proprio ciò: la musica esprime ciò che non può essere espresso a parole e ciò che non può rimanere in silenzio”, aveva dichiarato in occasione dell’uscita di un suo singolo, a marzo di quest’anno, dal titolo “Siamo perfetti”. A maggio, invece, l’ultima creazione, DNA, e queste le parole per presentarla: Chi mi conosce ormai da anni, sa che sono un perfezionista e amo sempre che le persone siano entusiaste dei miei prodotti… e la stessa caparbietà la metto nelle canzoni, sarà nel mio “DNA”? Chi lo sa. Una cosa è certa, o troverò una strada o ne costruirò una, ma non resterò mai con le mani in mano, anche perché le risposte nella vita le ho sempre avute dai comportamenti e non dalle parole”. I fratelli Guiderdone sono molto noti sul litorale anche per aver fatto molta beneficienza: quando ci fu il terremoto di Amatrice fu Vincenzo ad andare a consegnare, aiuti alimentari e, a Natale, panettoni e dolci per i bambini. Anche in altre occasioni le loro pasticcerie sono state al centro dell’attenzione per attività benefiche, ma anche di un episodio oscuro, riportato all’interno del faldone dell’operazione "Equilibri", che ha visto l'arresto di molti esponenti del clan Fragalà, dove si parla dell'apertura della filiale della pasticceria La Salernitana a Torvaianica: i Fragalà, che qui avevano i loro locali, non volevano che venisse invaso il territorio e "avvisarono" del loro malcontento gli avversari incendiando l'ingresso del locale a Nuova Florida. Poi, però, tutto rientrò e la pasticceria aprì. Ma questa è un'altra storia...

Maria Corrao

«Se non paghi mi faccio 20 anni di galera perché ti scanno», vittime minacciate e terrorizzate anche per poche decine di euro di debito

Parco della Minerva, polizza fideiussoria: oltre 100mila

C

ontinuiamo a parlare della vicenda del Parco della Minerva, il quartiere “fantasma” mai terminato nel quadrante sud della città di Pomezia legato al crack dell'imprenditore Raffaele Di Mario. Nello scorso numero vi abbiamo raccontato le vicende dei promissari acquirenti i quali, nonostante numerose difficoltà e con contenziosi legali durati anni, erano riusciti a riottenere le caparre versate per le abitazioni all'epoca comprate su carta ma mai ultimate. Non solo. Dall'attuale Sindaco di Pomezia Adriano Zuccalà, in merito ad un possibile futuro recupero dell'area, avevamo inoltre appreso che parte degli immobili sono stati già venduti all'asta e che quindi a breve potrebbero esserci importanti novità circa il completamento del quartiere. Quartiere che è già dotato, lo ricordiamo, di tutta una serie di servizi quali strade, marciapiedi, rotonde, e illuminazione. Ma oltre a tutto questo c'è un altro capitolo che merita un ulteriore approfondimento: si tratta della vicenda della polizza fidejussoria dal valore di 16 milioni di euro legata alla mancata realizzazione di tutte le opere di urbanizzazione previste dalla convenzione originaria.

La nostra inchiesta: i soldi potevano già essere nelle casse comunali

Tutto nasce da un annuncio fatto dal precedente Sindaco di Pomezia Fabio Fucci che a febbraio 2018 comunicava alla città l'imminente arrivo di questa importante somma di denaro. In realtà oggi scopriamo, parola in questo caso del nuovo Primo Cittadino succeduto proprio all'oggi Consigliere leghista, che non solo i soldi non sono arrivati nelle casse comunali ma che in realtà non si parla affatto di 16 milioni di euro. A tale cifra ci sono infatti da sottrarre le opere di urbanizzazione – che non sono poche come vedremo – già realizzate. Il problema è però che, in questi anni, precisamente dal 2016, sono stati spesi soldi pubblici per affrontare cause in Tribunale nel tentativo di recuperare l'intero importo della polizza facendo così lievitare il costo delle spese legali. Ma perché non si è proceduto diversamente? Interpellando vari esperti su questi temi, è emerso infatti che se l'Ente avesse ri-

chiesto l'esatto importo della polizza fidejussoria, ovvero i 16 milioni meno le opere già fatte, tale cifra sarebbe stata accreditata immediatamente da parte dell'assicurazione e senza probabilmente nemmeno bi-

sogno di ricorrere al Giudice. E, aggiungiamo, gli Uffici non potevano non essere al corrente di quanto effettivamente realizzato proprio in termini di opere di urbanizzazione dato che queste ultime erano legate ad ogni singolo permesso a costruire rilasciato. Tirando le somme quindi, la città in questi anni non solo non ha ricevuto un centesimo ma ha anche sostenuto delle cospicue spese legali in una battaglia giudiziaria “sbagliata”. Insomma, una doppia beffa per i cittadini.

La cronistoria

Ma andiamo con ordine. E' il 21 giugno 2016 quando l'allora Dirigente all'Urbanistica invia una lettera di diffida alla Parsitalia Real Estate, società con cui 10 anni prima il Comune di Pomezia aveva stipulato la conven-

Il quartiere “fantasma” del Parco della Minerva: è uno dei capitoli del crack Di Mario zione relativa ai comprensori P12, P13 P14 a Casale della Crocetta Selva Piana, quello a tutti noto come il quartiere “Parco della Minerva”. Si legge nel documento: «A garanzia dell'esatta e piena esecuzione dei lavori e delle opere oggetto dei Piani di lottizzazione sopra citati, Parsitalia costruzioni, in qualità di Concessionario, ha costituito apposita polizza fidejussoria decennale per un importo di 16.352.404,59 euro rilasciata da Assicurazioni Generali S.p.A. con scadenza 30/06/2016». A questo punto si inserisce un passaggio importante: nel 2008 infatti il Consorzio Unitario la Sughereta, altra controparte nella vicenda, aveva già chiesto “lo LA POLIZZA svincolo parziale della sopra citata polizza fiFIDEIUSSORIA DA dejussoria” ma l'atto – finito in una proposta 16 MILIONI DI EURO di delibera avente per oggetto proprio la riE’ legata alla realizzazione delle opere di urbanizzazione previste dalle convenzioni urbanistiche dei “Comprensori P12-P13-P14” stipulate duzione della suddetta polizza (evidentemente perché parte delle opere di urbanizzazione era già stata realizzata) – non fu mai deliberato dalla Giunta Comunale. nel 2006 con la società Parsitalia Real Estate. La maggior parte di (continua) queste è stata consegnata al “Peccato originale”: il Dirigente sin Comune dall’inizio ha fatto leva sul mancato

rispetto della convenzione (ma la polizza non è una penale) chiedendo il pagamento dell’intera polizza fideiussoria. Oggi scopriamo che è stata una decisione sbagliata: ma perché agire così?

Il Comune ha cercato di ottenere l’intero importo della polizza (16 milioni) non considerando le opere di urbanizzazione già realizzate. Ma non si poteva fare. Risultato: l’Ente non ha incassato un centesimo e in più ha sostenuto ingenti spese legali

euro a Leoncilli, ma la causa è “sbagliata” fin dall’inizio

(segue)

Per il Dirigente dunque non ci sono dubbi: «Tenuto conto che alla data odierna non è stato adempiuto quanto espressamente previsto nella convenzione […] giacché non risulta effettuata la consegna della restante quota delle opere di urbanizzazione nei termini e nelle modalità prescritte agli articoli 11 e 12 delle Convenzioni, è intenzione dichiarare la decadenza per le parti non eseguite». In pratica, dato che il Privato non aveva rispettato l'accordo tra le parti il Comune manifestò l'intenzione di “procedere all'escussione della garanzia fideiussoria per la somma di 16 milioni acquisendo altresì la piena proprietà e disponibilità delle opere, manufatti e impianti e di ogni altra proprietà così come previsto nelle Convenzioni [...]”. Logicamente parlando resta tuttavia difficile da capire, malgrado il Dirigente citi espressamente due articoli specifici della Convenzione, come possa aver fatto

l'Assicurazione a garantire un simile pas-

saggio, se anche un solo euro di mancata realizzazione delle opere di urbanizzazione avrebbe poi fatto scattare l'intero versamento della polizza. Ad ogni modo è qui che inizia il contenzioso legale.

Iniziano le ingenti spese legali: causa affidata a Leoncilli

Siamo al 2017. Piazza Indipendenza intenta causa contro il Consorzio Unitario la Sughereta e l'Assicurazione Generali ma il Tribunale, non è ancora chiaro ad oggi per quale motivo, inizialmente emette un decreto ingiuntivo soltanto avverso il Consorzio. Serve dunque un ulteriore atto da parte del Comune – che arriva sempre lo stesso anno –che agisce quindi anche contro l'Assicurazione coinvolta. La cifra oggetto del contenzioso, è un passaggio dirimente, è sempre la stessa: gli ormai famosi 16 milioni di euro. Entrambe le controparti tuttavia decidono di opporsi (il procedimento contro il Consorzio – RG 6535/2017 – peraltro è ancora in corso con prossima udienza fissata il 23 settembre, ndr) e il Comune è costretto così a costituirsi in Giudizio. A rappresentare l'Ente è l'Avvocato Luigi Leoncilli, nome noto alle cronache pometine degli ultimi anni per i numerosi incarichi ricevuti dal Comune: in questo caso la doppia determina di impegno di spesa per i relativi procedimenti legali sfiora i 100.000 euro (Det. Dirigenziale 1690/2017 importo

46.945,00 e la numero 882/2018 dall'im-

porto di 45.844,28). In sede di opposizione tuttavia il Giudice decide di riunire la causa anche se ormai la doppia spesa da parte del Comune è già stata sostenuta.

L'apparente svolta: il Tribunale emette un decreto provvisoriamente esecutivo

Passano i mesi e arriviamo così al 27 febbraio 2018, altra data spartiacque nella vicenda. Quel giorno infatti il Tribunale di Velletri emette un decreto provvisoriamente esecutivo contro l'Assicurazione Generali e la decisione viene notificata al Comune di Pomezia. L'allora Sindaco Fabio Fucci coglie la palla al balzo e annuncia, sulla scorta della decisione del Giudice, “l'imminente arrivo dei 16 milioni di euro per la città” organizzando inoltre un incontro pubblico con i residenti per programmare il futuro della zona. Il successivo 4 aprile arriva l'opposizione da parte dell'Assicurazione all'ingiunzione di pagamento. E' qui che si registra una nuova svolta nella vicenda. Notate bene: a seguito di questo atto, che ai più, compreso chi scrive, sembrerà “scontato”, il 14 giugno il

Tribunale, senza sentire le parti e fuori udienza, revoca la provvisoria esecutività

del Decreto Ingiuntivo. Secondo un esperto legale da noi interpellato si tratta di un passaggio “eccezionale” che “quasi mai avviene in questo tipo di contenziosi”. Difficilmente infatti un Giudice revoca un decreto provvisoriamente esecutivo e comunque non con queste modalità, peraltro senza nemmeno audire le parti in causa. Da ciò si deduce che, evidentemente, l'opposizione presentata

dalla controparte era fondata a tal punto

da bloccare l'ingiunzione di pagamento. Di questo ovviamente non se ne è saputo nulla se non il mese scorso grazie alla nostra intervista con l'attuale Sindaco di Pomezia (ma ci torneremo tra poco).

Ancora soldi

Ebbene il 28 giugno 2018, come “se nulla fosse” verrebbe da dire e nel pieno delle elezioni Amministrative, viene firmata una nuova Determina Dirigenziale (la 863/2018) con la quale si dà nuovamente mandato a Leoncilli per la rappresentanza dell'Ente “nella procedura esecutiva mobiliare da promuovere nei confronti della società Generali Italia” e – attenzione a questo passaggio –per “eventuali accordi transattivi e/o conciliativi”. Importo circa

20.000 euro.

Il Tribunale concede inizialmente il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo (27 febbraio) ma poi lo ritira dopo l’opposizione dell’Assicurazione (14 giugno). Il 28 giugno il Comune tuttavia prosegue lo stesso la causa nonostante il titolo non sia più “valido” spendendo altri 20.000€

I COSTI

La doppia determina di impegno di spesa per i relativi procedimenti legali a Leoncilli sfiora i 100.000 euro (D.D. 1690/2017 importo 46.945,00 e la numero 882/2018 dall'importo di 45.844,28)

(continua)

Chiedendo l’importo esatto, e gli Uffici avevano i conteggi perché legati ai permessi a costruire, i soldi della polizza sarebbero stati liquidati subito senza nemmeno ricorrere al Giudice

Il “paracadute “ di Leoncili? Una clausola del 5%, non ammessa dal disciplinare e chiesta peraltro un giorno prima della revoca del decreto ingiuntivo da parte del Tribunale, sulle effettive somme versate al Comune a fronte di un’eventuale conciliazione a importi più bassi (segue)

In merito al secondo passaggio è degno di nota constatare come lo stesso Avvocato, in data 13 giugno, ovvero un giorno prima della revoca della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo, abbia allegato una nota a parte nel preventivo (una sorta di “paracadute”?) per le attività da svolgere evidenziando che “la parte variabile del compenso, relativa ad eventuali ed aggiuntive attività che esulano dalla cd. fase esecutiva (eventuali accordi transattivi e/o conciliativi sottoscritti con l'Assicurazione), […] viene quantificata nella percentuale del 5% da calcolarsi sulle somme che verranno corrisposte da controparte in via transattiva […] effettivamente introitate dall'Ente”. Ma che senso avrebbe avuto anche solo considerare la possibilità da parte del Comune di Pomezia di un eventuale “accordo transattivo e/o conciliativo” con l'Assicurazione se si era certi di incassare l'intero importo della polizza? Non solo.

L'azione stessa intentata dall'Ente, così come configurata nella Det. 863 sopracitata, risulterebbe alla luce dei fatti “non

ammissibile” proprio perché il Giudice aveva già revocato la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo, notizia che ovviamente gli Uffici – e lo stesso Avvocato – non potevano non sapere. E allora perché si è andati avanti lo stesso spendendo ulteriori 20mila euro? Su queste somme peraltro abbiamo raccolto un altro parere scoprendo che, a prescindere, la parcella richiesta risulterebbe comunque troppo alta rispetto al disciplinare sulle “liquidazioni giudiziali e il relativo compenso agli Avvocati in ambito civile” nei casi di esecuzioni mobiliari. Apprendiamo infatti che “per una causa da 16 milioni fino a 32 il compenso tabellare (valori medi) si aggirerebbe intorno ai 16.000 euro, importo tuttavia da abbattere del 50%”; senza contare inoltre che, nel caso specifico di Leoncilli, è stata aggiunta a prescindere “un'ulteriore clausola del 5% non prevista anche qui dal disciplinare considerando che in fase di un'eventuale conciliazione all'Avvocato non spettano compensi aggiuntivi in più rispetto alla parcella concordata”.

La doppia beffa alla città: spese legali (che si potevano evitare) e il mancato incasso della polizza

A conti fatti il danno subito dai cittadini di Pomezia – perché sempre di soldi pubblici parliamo – è evidente. Da un lato il Comune, malgrado tutte le evidenze sembrassero contrarie, ha scelto di tirare dritto puntando a recuperare l'intero importo della polizza richiamando il mancato rispetto della convenzione. Ma, trattandosi di una polizza

fideiussoria (cioè una garanzia) e non, ad esempio di una penale, resta da capire perché l'Ente abbia a tutti i costi voluto intra-

prendere ostinatamente questa strada. Che le opere di urbanizzazione fossero state realizzate del resto, a parte essere sotto agli occhi di tutti, era chiaro per forza al Comune ma ciò nonostante si è preferito fondare la propria azione su altri presupposti. Che a qualcuno dunque possa essere stato di beneficio portare avanti una causa dall'importo così alto? Di certo c'è che oggi, a distanza di anni, sappiamo con certezza che il percorso intrapreso è stato quello sbagliato e questo, riassumendo, almeno per tre motivi: il primo è che il Tribunale ha revocato la provvisoria esecutività del Decreto e dunque un minimo di fondatezza nell'opposizione da parte dell'Assicurazione Generali deve pur esserci stato; il secondo motivo è che alla fine è stato dato mandato all'Avvocato di poter, eventualmente, conciliare a somme più basse ma perché mai se il Comune era sicuro di poter rientrare dell'intera polizza? In ultimo, ma certamente è la motivazione più importante, ci sono le parole dell'attuale Sindaco di Pomezia Adriano Zuccalà che ai nostri microfoni ha ammesso: «Rapportandoci con trasparenza alla cittadinanza – ha dichiarato il primo cittadino nemmeno un mese fa – attualmente è in corso un contenzioso tra il Consorzio Unitario la Sughereta con l'assicurazione Generali Italia S.p.A e il Comune di Pomezia per la definizione di quanto dovuto all'Ente. Un commissario tecnico terzo

ha quantificato le opere di urbanizzazione realizzate fino ad oggi, queste dovranno essere scomputate dai 16 milioni della polizza e ad oggi siamo in attesa che la questione venga dibattuta nell’aula di tri-

bunale. Appena avremo aggiornamenti sul tema li condivideremo prontamente con la cittadinanza». Ma quanto spetterà effettivamente al Comune? Stando ad una stima, molto al ribasso precisiamo, almeno il 60% delle opere di urbanizzazione sarebbe già stata realizzata e già questo dimezzerebbe di per sé gli importi nella vicenda; di conseguenza infatti, anche di fronte ad un eventuale contenzioso legale, sicuramente le somme richieste dall'Avvocato sarebbero state decisamente più basse. Chiudendo il cerchio dunque, anche a costo di sembrare ripetitivi, ribadiamo che se il Comune avesse agito diversamente, cercando di recuperare gli importi effettivi della polizza, oggi quelle somme sarebbero già state versate nelle casse comunali, pronte per essere utilizzate per la collettività. Ma sopratutto non si sarebbero spesi oltre 100.000 euro (se non di più) per una causa trascinata per anni che non si sarebbe mai potuta vincere.

Strade, illuminazione, marciapiedi: almeno il 60% delle opere è stato già realizzato

Luca Mugnaioli

Così Zuccalà: «Un commissario tecnico terzo ha quantificato le opere di urbanizzazione realizzate fino ad oggi, queste dovranno essere scomputate dai 16 milioni della polizza. Siamo in attesa che la questione venga dibattuta in Tribunale»

A chi ha fatto comodo tenere in piedi per anni una causa da 16 milioni di euro quando era palese che l’importo era decisamente inferiore, forse anche meno della metà?

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