Il Corriere della Città - Settembre 2016

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Anno 8 Numero 09

SETTEMBRE 2016

libertà informazione politica cronaca cultura sport

Pomezia colpita al cuore

La città piange le "sue" 12 vittime del terremoto Pomezia sotto le macerie PAG. 04

“Io sopravvissuto a quell’orrore” PAG. 12

Pio Schiano, pronto il nuovo record per il baywatch più anziano d’Europa PAG. 26



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EDITORIALE

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Dovere di cronaca Tra professionalità ed emotività: ecco quanto ci è costato scrivere

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da tanto tempo che non scrivo un editoriale, forse perché i questi mesi non ho ritenuto di dover esprimere la mia opinione su qualcosa. Ho scritto articoli di cronaca e di politica, ma sempre – come ogni giornalista dovrebbe fare – tenendomi al di sopra delle parti. Ma l’editoriale è qualcosa di diverso: qui posso mettere anche le mie emozioni e i miei sentimenti di persona, oltre che di giornalista. E questa volta l’editoriale è dedicato a tutte le vittime del terremoto che la notte del 24 agosto, alle 3:36, ha sconvolto il centro Italia. Un terremoto che ha colpito anche Pomezia e Ardea, che hanno pagato il loro tributo con la vita di 12 concittadini, tra cui due ragazze e un bambino. È stato difficile raccontare in tempo reale sul sito del Corriere dell’angoscia nelle ore in cui venivano dati per dispersi, della disperazione quando sono stati ritrovati morti. È stato difficile fare il mestiere di cronista obiettivo, non farsi trasportare dalla rabbia e dal dolore. L’esperienza vissuta nei giorni seguenti al terremoto è stata forse la peggiore da quando scrivo: mi sono sentita - forse perché qualcuno l’ha scritto nei suoi commenti sotto agli articoli – uno “sciacallo” perché stavo riportando le notizie che arrivavano dalle zone terremotate, anche se stavo non solo facendo il mio mestiere, ma anche fornendo un servizio di informazione a tutti quei lettori che stavano aspettando proprio quello per avere notizie

delle persone di cui non si sapeva nulla, oppure per sapere dove e quando si sarebbero svolti i funerali. Ho trovato la forza di continuare quando alcuni parenti e amici delle vittime mi hanno contattata, chiedendomi di scrivere anche dei loro cari: era un modo, per loro, di sentirli ancora vivi, di espandere il dolore e cercare conforto nella condivisione. In quel momento ho capito che dovevo ignorare le critiche e anche i sensi di colpa: era mio dovere continuare, anche se la disperazione mi si attaccava addosso come una seconda pelle. Mentre scrivevo mi veniva da piangere. E l’ho

fatto, senza vergognarmene. Perché a ogni nome delle vittime che giungeva alla nostra redazione corrispondeva un volto, un sorriso, una storia di vita spezzata. E sorrisi spenti nei volti dei loro familiari, delle mamme e dei papà che non potranno più riabbracciare i loro figli. Non ci sono parole adatte per descrivere tutto ciò o per alleviare il dolore dei parenti. Si possono solo tenere nel cuore i volti delle vittime: per questo la redazione, che si stringe al cordoglio delle famiglie, ha deciso di dedicare a loro lo speciale pubblicato in questo numero. Maria Corrao


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TERREMOTO

Il Corriere della Città

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Pomezia sotto le macerie S

ono le 3.36 del 24 agosto. Mia moglie mi sveglia. “Ha tremato il letto”. “Ma no dai”. “Sì, sì ha tremato”. Squilla il telefono. “Avete sentito?”. Non serve altro. In un lampo siamo in strada. Guardo il telefono. Amici, parenti di Pomezia. In molti hanno preferito scendere in strada per sicurezza, alcuni passeranno in auto l'intera notte. Apro Facebook: sui vari gruppi tutti commentano, raccontano, è il delirio. Per chi fa questo mestiere è anche la consapevolezza che sta per iniziare il lavoro: non aggiungo altro a quanto detto dalla nostra direttrice nell'editoriale di questo mese, sposo in pieno le sue parole. “Una scossa di magnitudo 6.0 ha interessato poco fa la zona di Rieti...” Alle quattro pubblichiamo il primo servizio. Credo che le parole del Sindaco di Amatrice negli attimi successivi al sisma abbiano fatto capire a molti che la situazione era davvero grave, anzi gravissima. E infatti così sarà. Il conto delle vittime pian piano sale, si rincorrono cifre, numeri che con le prime luci dell'alba spalanca la visione di un gigantesco orrore. Amatrice, Accumuli, Pescara e Arquata del Tronto, Norcia i nomi che iniziano ad imporsi nelle TV e nelle radio. E nell'orrore inizia a finirci dentro Pomezia. L'indomani, poco prima di pranzo, arriva la prima notizia-scock: tra le vittime c'è una ragazza pometina di soli 15 anni, che si unisce ad una signora, stavolta di Anzio, che come lei non ce l'ha fatta. Ci sono altri dispersi, c'è paura per altri cittadini e familiari. Nel pomeriggio arriva l'ufficialità. E' Arianna Masciarelli il primo volto a finire inghiottito dal sisma. La redazione si ferma. Come si fa a scrivere una cosa del ge-

nere? Le dita si fanno pesanti. Ad ogni carattere battuto sullo schermo c'è una famiglia, amici, parenti, conoscenti, e non so chi altro, lacerati da un dolore immane. Non siamo fatti per questo. Vai avanti, pubblichi l'impubblicabile. E' la cronaca, dicono. Passano le ore ma siamo appena all'inizio. 73 morti. Latina piange due coniugi, Pomezia si appresta a fare altrettanto con Andrea Cossu: 45 anni. Anche per lui il terremoto è stato più forte. Poco dopo un'altra ufficialità: Wilma Piciacchia, cinquantenne, si unisce al drammatico elenco che continua a salire inesorabile. Ma di pometini, nella zona colpita dal sisma, ce ne sono ancora tanti. Come si bilancia la speranza con la paura? Come fa una persona che cerca un proprio caro in quei frangenti a farlo? Non lo so, non so cosa si prova. Non riesco nemmeno a pensarci perché si apre in me un vuoto che farei fatica a riempire. Intanto c'è Elisa a Pescara del Tronto: l'appello del padre, la voglia di spezzare questa sorta di in-

cantesimo maledetto. E invece, purtroppo, il terremoto prende anche lei, il cuginetto Gabriele Pratesi e le nonne Irma Rendina e Rita Colaceci. 247. Aiuti, catene umanitarie, sangue, gli appelli, raccolte fondi. Tutto scorre parallelamente agli sforzi di trovare in vita qualcun altro. 25 agosto. Un'altra, tremenda notizia viene diffusa. La famiglia Dell'Otto, tra cui Paolo, residente di Pomezia, non c'è più. E a loro si aggiungono i coniugi Valentini di Torvaianica, Egidio e Pasquetta, scomparsi anche loro sotto cumuli di macerie e detriti. 250. Dentro ci finisce un'altra coppia sempre del litorale pometino: Federico Ascani e Giuliana Cellini. 267. E' lutto cittadino. Pomezia si ferma alle 16.30 di venerdì 26 agosto, poi l'indomani alle 11.00 e il lunedì successivo alle 11.30. Tutti salutano chi non c'è più. 283, 284, 285, 286...290...294. Luca Mugnaioli



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TERREMOTO 6 Torvaianica saluta i coniugi Valentini

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lle 12.30 di del ventinove agosto si sono completate le celebrazioni ed i riti per le esequie di Egidio Valentini e della sua coniuge Pasquetta Gianni. Si trattava di una celebrazione complessa, per le crude cause del decesso, e per il profondo radicamento della famiglia in due realtà, il fitto legame tra una prima vita vissuta ad Amatrice, che ha voluto riprenderseli, e questo nostro territorio. La rotonda centrale di Torvajanica è stata chiusa e tutto il sagrato della Beata Vergine Immacolata è diventato una chiesa all’aperto molto ordinata e ben organizzata. Erano presenti numerosissimi amici e, a tratti, sembrava quasi una festa, con la consapevolezza della tragedia, ma anche il ricordo di più di cinquanta anni di amicizia scherzi, sfottò, mangiate, bevute e solidarietà quando serviva. Celebravano numerosi sacerdoti che hanno voluto confortare la famiglia, senza trascurare il contesto di questa tragedia, che tale resta. In particolare è pervenuto il messaggio del Vescovo Semeraro, impossibilitato ad intervenire. Naturalmente si sono incrociati attestati di solidarietà da parte di vari enti territoriali, Ardea per esempio. Naturalmente ancora si sono apprezzati i meriti dei soccorritori. Quindi tutti gli organi dello Stato, forze dell’ordine, Vigili del Fuoco, Protezione Civile, tutti e giustamente. L’intervento del Sindaco Fucci, apprezzabile, non poteva che confermare questo, ma ha affrontato l’aspetto del dolore collettivo e condiviso, rimarcando che proprio Pomezia ha pagato un grande tributo al terremoto, con

i suoi numerosi caduti, anche bambini. Sono infine intervenuti Fabio Cecchini, leader della casa famiglia locale, che infine, dopo alcune considerazioni sul testimone da prendere da parte di una nuova generazione, man mano che quella dei pionieri di questo luogo, si ritiri e si estingua, ha lanciato l’intervento di Gianni Valentini, commosso, che ha fatto un breve ricordo dei suoi genitori e della vita familiare. Dopo ciò, in mezzo a tanti applausi, ha preconizzato una fondazione intitolata a Egidio e Pasquetta per salvaguardare e conservare la chiesa di Sant’Egidio a Sommati, da loro sempre sostenuta. Infine ha ripetuto con puntiglio contabile tutti gli uomini di religione e gli organi pubblici e di volontariato che hanno dato soc-

corso alle comunità colpite. Ma soprattutto ha ringraziato tutto il personale della sua impresa, la Soradis di Pomezia, che lo ha raggiunto ad Amatrice, forte di riconoscimenti di competenza di Protezione Civile per scavare con le mani e con ogni mezzo in mezzo alle macerie, fino al triste ritrovamento. L’ultimo ringraziamento è stato lanciato al maestro Davide Ciavarella, cantante lirico che ha dato solennità a quanto si svolgeva sul sagrato. Terminata la cerimonia funebre, Egidio e Pasquetta, già tornati alla casa del padre, si ricongiungeranno per sempre alla loro terra natale, tra Sommati e Sant’Angelo. Luigi Torreti



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POLITICA 8 Quello che sta accadendo ad Ardea è assai peggio di un terremoto

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Polveri sottili, micro polveri, Anidride solforosa, diossido di azoto, anidride carbonica, metalli pesanti, gas radioattivi, sono solo un assaggio dei micidiali inquinanti presenti nell’aria che uccideranno ogni anno assai più di un devastante sisma tellurico

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li effetti devastanti del terremoto che ha inghiottito Amatrice sono ancora vivide immagini nei nostri occhi. Un disastro prevedibile al quale si sarebbe potuto porre rimedio per limitare vittime e danni alle abitazioni. Opere di consolidamento che sarebbero costate 100 volte di meno del danno provocato dal sisma. Forse Amatrice non sarà più ricostruita, e anche se lo fosse, non potrà mai più essere quell’incantevole paesino medioevale che resterà per sempre nei cuori di chi ha avuto la fortuna di visitarlo. Una tragedia che ci coglie impreparati e crea sgomento per le centinaia di morti che in pochi istanti hanno mietuto vittime e devastato intere famiglie. Ma è proprio il cordoglio di questi giorni che ci porta a riflettere sui rischi ai quali la natura sottopone i nostri territori. Se il rischio, poi, non è di origine naturale ma provocato dall’uomo stesso, lo sgomento e la paura lasciano il posto alla rabbia.

Il territorio del comune di Ardea è compreso in quello che un tempo fu il grande vulcano laziale. La particolare conformazione geologica dei terreni rende questo territorio particolarmente a rischio per la presenza del gas radon sprigionato dalle rocce. Il radon è un gas radioattivo che si disperde nell’aria in maniera naturale, ma dove è presente, come da noi in quantità sopra la media, può ristagnare in ambienti abitati ed essere inalato procurando gravissimi rischi per la salute. Questo gas, che già da solo costituisce un pericolo, diventa micidiale se inalato da soggetti dediti al fumo. Fortunatamente esistono metodi per mitigare la presenza del gas nelle abitazioni che consistono sia in interventi mirati negli edifici esistenti, sia in tecniche di realizzazione delle fondamenta per le nuove costruzioni. Purtroppo ad Ardea, dove pure il fenomeno è ampiamente noto da anni all’amministrazione comunale, nulla si fa per informare i cittadini e per emanare quelle regole edilizie che già da sole costituirebbero un enorme passo avanti nella prevenzione.

Un’azione da realizzare subito che quasi non ha costi e che, senza una logica spiegazione, giunta e sindaco, ignorano irresponsabilmente. Fin qui è opera della natura, ma poi ecco arrivare l’irresponsabilità dell’uomo. Proprio lungo il sentiero di discesa che percorrono gli aerei militari per atterrare all’aeroporto di Pratica di Mare si trovano due dei quartieri più densamente popolati d Ardea: la Nuova Florida e Tor San Lorenzo. Gli aerei militari, specie in quest’ultimo periodo in cui insistenti spirano venti di guerra, hanno enormemente intensificato il traffico aereo ed è noto come non siano mai stati campioni di prevenzione in quanto a rumore e inquinamento dell’aria. Dai mostruosi turboreattori di quelle macchine da guerra si disperdono gas, polveri e metalli pesanti che inevitabilmente arrivano fino a terra in una preoccupante concentrazione per via della bassissima quota del sentiero dovuta alla vicinanza della pista aeroportuale. Come se non bastasse questo a compromettere la qualità dell’aria, intorno ad Ardea sono presenti ben tre impianti la cui influenza si estende per centinaia di chilometri quadrati. Si tratta dei due inceneritori, quello di Malagrotta e quello di Colleferro, ma ancor più vicino a noi e non meno devastante per effetti, l’impianto Turbogas nel comune di Aprilia che si trova a soli nove chilometri di distanza dal centro di Ardea e a meno di cinque chilometri da Colle Romito e Lido dei Pini. Oltre gli inceneritori, le discariche. Ce ne sono ben due ad Ardea, poste solo sulla carta nei comuni limitrofi ma in realtà vicinissime ai centri abitati del nostro comune. La discarica di Roncigliano si trova nel comune di Albano sulla via Ardeatina a pochi metri dal Villaggio Ardeatino. Di recente un incendio ha reso in parte inutilizzabile l’impianto ma gli effetti di anni e

anni di conferimenti e TMB stanno facendo oggi sentire gli effetti disastrosi dell’inquinamento dei terreni e delle falde acquifere in cui attingono i pozzi degli abitanti di quei luoghi privi di pubblica conduttura dell’acqua. Un’altra discarica, potenzialmente più pericolosa perché prevista in un’area prima utilizzata per interrare bidoni di sostanze dalla dubbia provenienza e mai bonificata, nascerà per opera della società Paguro nei pressi dei nostri giardini della Landriana in località la Cogna. Sono in atto azioni di protesta da parte di comitati cittadini sorti spontaneamente per impedirne la realizzazione ma il patron della ditta, lo stesso della Rida Ambiente appare molto più “ammanicato” di quanto sarebbe lecito pensare. Come ormai è prassi comune, gli Enti locali si schierano contro ma poi la Regione Lazio inesorabilmente e senza minimamente curarsi della salute dei cittadini, approva. È finita qui? Neppure per idea! Sta sorgendo proprio nel comune e nelle sue immediate vicinanze, la più spietata e programmata concentrazione d’impianti a bio gas che la regione ricordi. Esiste già alla nuova Florida un impianto che ha dato, e da, numerosi problemi ai cittadini che abitano proprio a pochi metri da quei voraci digestori che macinano rifiuti – anche se legalmente non sono più definiti tali – quali sono le deiezioni di animali da allevamento e scarti putrescenti di prodotti agricoli restati invenduti piuttosto che la sansa di olive ormai sfruttata e buona solo per la discarica. Qualche tempo fa l’impianto fu chiuso per pochi giorni a causa di uno sversamento di sostanze pericolosamente inquinanti nei corsi d’acqua vicini. Gli odori nauseabondi sono stati in parte mitigati da semplici coperture delle aree di stoccaggio che tuttavia non sono a tenuta d’aria e quindi non hanno risolto il grave problema.


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Settembre 2016 Sarà questo un territorio martoriato da impianti ad alto impatto ambientale. Dicono che non sono poi tanto pericolosi, ma quando in pochi chilometri ne insistono ben sei, la preoccupazione per i cittadini è legittima. Completamente disinteressata, invece, appare essere l’amministrazione Di Fiori. Torna all’assalto la Biovis per un impianto a biogas che dovrebbe sorgere in località Caronti sulla Pontina vecchia, mentre è già stato approvato l’impianto a biogas targato Suvenergy ed è in dirittura di arrivo ai nostri confini. Non ci sarà più un solo metro quadrato del territorio del Comune di Ardea che non avrà almeno una centrale a biogas o una pericolosa discarica a meno di 5 km di distanza. Avremo casi estremi come quelli dei cittadini di Montagnano/Villaggio Ardeatino che godranno di ben due impianti a meno di 2,5 Km dalla propria abitazione. Stessa sorte per i pochi, per fortuna, che abitano tra la Pescarella e Tor di Bruno. Va male per la stragrande maggioranza del territorio e solo un poco meglio (2 impianti in 5 km) per una piccola parte della Nuova Florida e di Tor San Lorenzo, che, per compensare il disagio sono già interessati dal cono inquinante degli aerei militari. La conferenza di servizi che riguarda la procedura di autorizzazione per l’impianto Biovis, che ricordiamolo, è lo stesso progetto che doveva nascere nel comune di Marino e al quale è stato attribuito dagli inquirenti una preoccupante intercettazione telefonica da parte di esponenti coinvolti con mafia capitale, si terrà a metà settembre in Regione Lazio. Vedremo ancora una volta alla prova quest’amministrazione schizofrenica che mentre da una parte, apparentemente, si schiera al fianco dei cittadini per fermare gli impianti, dall'altra, e spesso tenendo riservata la cosa, le approva in

POLITICA

sede di conferenza. C’è un altro progetto per la realizzazione di un impianto di compostaggio aerobico da realizzare proprio tra Pescarella e Tor di Bruno, ma proprio perché poco inquinante di questo non si parla. L’azienda proponente e quella che fa capo a un notissimo ex sindaco di questa città. Si blocca un impianto utile e non pericoloso per l’ambiente per favorirne altri solo per motivi politici? C’è infine un altro impianto in territorio comunale confinante; i nostri vicini tendono a piazzarli lontani dai loro centri abitati e così, inevitabilmente, questi finiscono vicini ai nostri confini, com'è accaduto per la discarica di Roncigliano nel comune di Albano, per quella della Cogna nel comune di Aprilia. Anzio posizionerà il suo impianto a biogas a meno di 4 km dai nostri confini, in località Padiglione, via delle 5 Miglia. La proponente dal nome beffardo la Green Future srl conta di trattare 90.000 tonnellate/anno di rifiuti e il sindaco di quei luoghi, Bruschini, amico del

9 nostro Di Fiori, deve aver imparato da lui la tecnica bipolare; dapprima si schiera con tutto il consiglio comunale per dire NO all’impianto salvo poi far passare indisturbata in conferenza dei servizi l’approvazione del progetto. Esattamente come Di Fiori ha fatto ad Ardea. I due di recente hanno anche firmato l’atto di convenzione che li vede uniti nella Stazione Unica Appaltante (SUA), unici due comuni a partecipare e che li troverà sicuramente propositivi e collaborativi nei progetti a venire. Pomezia, Ardea, Anzio, Aprilia contano complessivamente poco meno di 240 mila abitanti e producono tutte insieme rifiuti organici (il così detto umido) per un totale di 34 mila tonnellate/anno, Ardea da sola nel 2015 non è arrivata a 7 mila tonnellate. La sola Kyklos di Aprilia, impianto tristemente noto e operativo già dal 2009, è in grado di trattare 60 mila tonnellate/anno di questi rifiuti e un recente progetto di ampliamento conta di raddoppiarne la capacità portandolo nel 2017 a 120 mila tonnellate/anno. Se da solo questo impianto è dimensionato per un’esigenza di smaltimento di ben quattro volte superiore alle necessità dei quattro comuni citati, perché progettare tra Anzio, Ardea e Pomezia centrali a biogas che oltre a quelle già esistenti aggiungono una potenzialità di smaltimento di ulteriori 150 mila tonnellate complessive? La domanda è pleonastica e la risposta si trova nelle decisioni di un governo regionale a guida PD che di rifiuti non vuol parlare per non turbare certe amicizie e che ora, in emergenza, conta sui comuni della provincia e perfino su quelli della vicina provincia di Latina, per smaltire la montagna di rifiuti che la città di Roma riversa da queste parti. Mario Savarese


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TERREMOTO

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Dedicato a… sieme? Invece il destino ti ha portata via. Via da me, via dai tuoi genitori Via da tutte le persone che ti amavano. Durante il terremoto, quella notte, mi ero svegliata e sono stata male: dimmi la verità mi stavi avvertendo? Volevi che mi accorgessi che qualcosa non andava? Beh, io non volevo crederci... appena ho saputo la notizia non riuscivo veramente a rendermi conto della situazione. Mi hai sempre detto che avevi paura di essere dimenticata... ma come possiamo dimenticarti? Non succederà mai! Non posso dimenticare la persona che mi è stata accanto per tutto questo tempo... E neanche gli altri possono dimenticarti! Adesso come faccio senza vedere il tuo sorriso? Senza vederti ridere... Non ho avuto modo nemmeno di salutarti... Se avessi saputo che il 2 agosto sarebbe stato il nostro ultimo abbraccio ti avrei stretto talmente forte da non lasciarti più andare... Hai lasciato un segno indelebile dentro di me... Eri una sorella per me... la mia sorellina... Non si può morire a questa età. Angelo mio, stammi accanto per favore... non lasciarmi mai da sola... Io ti ricorderò per sempre, sarai sempre "Honey", il mio dolce miele... §”

Arianna Masciarelli (15 anni), da parte di Arianna B.

“Arianna, adesso me lo dici come faccio senza di te? Ti conoscevo da una vita... eri una persona fantastica, sorridevi sempre nonostante tutto. Sapevi come rendere felici le persone in qualsiasi modo... ci sei sempre stata per tutti e soprattutto per me. Da bambine litigavamo per l'altalena, ti ricordi? Eravamo piccolissime ma sapevo già che eri una bambina speciale. Hai sempre creduto nei sogni e mi hai sempre detto di farlo, perché non c'è cosa più bella di sognare. Avevi gli occhi di un marrone scuro, ma erano così grandi e intesi... mi piacevano tanto. E i tuoi ricci? Ogni volta ti lamentavi con me perché non riuscivi a tenerli a bada... e con un po’ di vento diventavi un leoncino... Ma eri così bella, sei sempre stata bella! Eri molto timida e non credevi abbastanza in te stessa... nonostante questo eri forte. Sai non mi sarei mai aspettata una cosa del genere... non pensavo di dover scrivere queste cose... Non avevi detto che dovevamo invecchiare in-

Egidio Valentini e Pasquetta Gianni, da parte di Luigi Torreti

“Non si muore sempre all’unisono, e vicini, come è capitato a loro. Ma è andata così, dolorosamente, come più non si poteva. Una casa lungamente anelata e finalmente raggiunta, li ha uccisi, quando un sogno di serenità e bellezza sembrava conseguito, per morire normalmente, piano piano, da anziani appagati. Non è stato così, alle 3.36 di un mattino qualsiasi, si sono azzerati sogni, angosce, progetti, per molti tragicamente. Tutto quel che c’era dopo spariva in poche frazioni di tempo. Il dopo è un’altra cosa, che non avrebbero visto. Non stiamo a fare la cronaca di questo funerale, ma vogliamo considerare l’evento e le vittime, il perché noi, spettatori della tragedia, ci ritroviamo oggi a Torvajanica a completare un percorso iniziato ad Amatrice, passando per le frazioni di Sommati e Sant’Angelo (dove Egidio e Pasquetta sono “nati”). Insomma parliamo di Egidio e Pasquetta, di un disastroso terremoto e della loro vicenda terrena. Nati ad Amatrice li ritroviamo qui, in anni pioneristici, diciamo 1960, in un nuovo filone di immigrazione in questi luoghi. Consultando dei documenti, mi ero accorto che Pasquetta in realtà non era nata a Sant’Angelo di Amatrice, ma a Roma, unica della fami-

glia. Ebbi l’occasione di parlarne con lei e, come sospettavo, mi spiegò che lei era nata d’inverno e d’inverno le pecore stavano a Roma. Gli altri erano nati ad Amatrice, nati dove c’erano le pecore, con la data estiva che capitava. Pasquetta è nata il sei gennaio, Egidio il primo settembre, Sant’Egidio, patrono di Sommati. Insomma, la loro vicenda è tracciata sui percorsi della Transumanza. Per questo, poiché moltissimi qui attingono lassù le loro origini, oggi ci troviamo in tanti a costatare che c’è un legame antico e forte tra questo litorale e le montagne della Laga e dei Sibillini. Luoghi che hanno sempre convissuto col terremoto, che spesso si è fatto modellatore del territorio, tra infiniti lutti. Il legame di Egidio ad Amatrice e aTorvajanica è testimoniato dalla bella targa artistica che pose affianco del cancello di casa a Torvajanica, con lo stemma di Amatrice. Gli chiesi dove l’avesse

presa: a l’Aquila, guarda caso. Un mese dopo me ne portò una identica a casa… ora dovrò murarla. Egidio e Pasquetta erano, insieme ai loro congiunti, i perfetti prototipi di questa storia, naturalmente mai ferma. Il Casale Valentini, in Via Siviglia è sempre stato un punto di riferimento di Torvajanica, un luogo di incontro di tante persone, tra i quali noi (tanti) ragazzi che lì trovavamo il nostro “vero ranch” dei film western, sempre accolti per ogni evenienza. Poi quel casale era sempre pieno di gente, amici dei Valentini, ma anche i lavoranti dei Valentini. Si facevano feste anche nei magazzini. Insomma, un bel posto. Avranno avuto pure le loro seccature, ma per molti anni fu così. E oggi ricordiamo tutto questo, grati del contributo che Egidio e Pasquetta hanno dato alla socialità di Torvajanica che cresceva e del ricordo che ci lasciano”.


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Per Andrea Cossu da Emiliano Piacenti

“Andrè, ho fatto come avevamo detto: sono andato, e come al solito ho fatto schifo... mi mancavano le tue cartucce e tuoi consigli.... e non sai quanto mi mancheranno purtroppo per sempre! Riposa in pace… io farò del mio me-

Per tutte le vittime dalla Protezione Civile Pomezia Gamma 13 “Siamo partiti da Pomezia dopo aver ascoltato il contenuto di una chiamata che non avremmo mai voluto ricevere. Tutto ciò ci riportava alla mente L’Aquila, ma qualcosa era diverso: stavolta siamo partiti col cuore spezzato, sapendo che in quella brutta situazione c’erano i nostri amici e parenti. Ricordate, noi saremo sempre con voi, gli angeli di Pomezia e dintorni”.

Per tutte le vittime da Alessia De Simone “Il dolore che provo è immenso ...anche se non vi conosco....mi sembra che questo terremoto abbia strappato un pezzo del mio cuore!”

TERREMOTO

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glio, te lo prometto, grazie di tutto, grazie dell'amicizia confermata dopo anni che non ci vedevamo e della semplicità e la bontà che mi hai dimostrato. Qui se c'eri tu avresti portato l'ennesimo meritato premio a casa. Ciao Andrè, rimarrai sempre nei miei pensieri e con me in ogni campo o piazzola”. Per Andrea Cossu da Daniela Ciappetta “Il grande amore che ha legato Rita e Andrea, con Charlie e Flash, resterà indissolubile nel tempo, anche ora che il destino li ha separati”.

In ricordo delle vittime del nostro territorio


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CRONACA

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“Io sopravvissuto a quell'orrore”

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attia Rendina, 19enne di Pomezia, è tra i sopravvissuti del sisma che ha squarciato e colpito al cuore il centro Italia. Sua mamma invece, Wilma Piciacchia, 49 anni, purtroppo non ce l’ha fatta. I suoi funerali si sono svolti il 27 agosto. Mattia ci racconta il dramma vissuto. “Non capivo se stavo sognando o se ero sveglio. Mi sembrava un incubo, a volte capita no? Invece era tutto vero”, inizia a ricordare visibilmente provato. Mattia stava trascorrendo le vacanze estive a Pescara del Tronto, nella casa di famiglia. Quella maledetta notte era uscito con gli amici, rientrando a casa intorno a mezzanotte e mezza. Mattia dorme al terzo piano: ad un certo punto un frastuono irrompe nella sua stanza. Il boato lo catapulta molti metri più in basso di dove si trovava. “Ho aperto gli occhi: mi sono sentito risucchiare, dal terzo piano mi sono ritrovato in cantina! Ero cosciente. Ero vivo perché il tetto mi aveva fatto da capanna: le travi si erano incastrate finendo per proteggermi.” Il suo racconto si fa sempre più drammatico. “Riuscivo a muovere a malapena le dita e sì ho avuto paura. Ma è durata molto poco. Dovevo rimanere lucido altrimenti ero finito” Quanto sei rimasto in quella situazione? Azzardiamo. “Non lo so di preciso. Un'ora, forse due. Respiravo a fatica, continuavo ad essere completamente immobile. Poi ad un certo punto ho sentito dei movi-

menti. Era mio zio Sergio, che mi cercava. E poi anche gli altri miei zii, Alfio e Roberto, mi cercavano, mi chiamavano.” Mattia confessa di aver avuto paura di morire ma anche di non aver mai perso quella lucidità “necessaria per rimanere in vita”, ci dice. Con un pensiero fisso alla mamma, che stava poche stanze più in là. “Zio, aiutami, zio! Non lasciarmi solo!”. E' il suo grido. Ma l'incubo è tutt'altro che finito.

Estrarre Mattia si rivela più complicato del previsto. Una trave gli piega la testa quasi completamente sul petto. Ci sono dei massi. Si inizia a scavare, passa il tempo, passano addirittura altre ore. Poi succede qualcosa. “Ad un certo punto mi sono trovato a pochi centimetri da un ragazzo che stava scavando insieme agli altri per tirarmi via da quell'inferno. La terra ha ricominciato a tremare e lui mi ha sussurato 'perdonami Mattia' ed è saltato via dalla buca. Non sono stupido: quel tetto poteva ucciderci tutti, non posso avercela con lui. Passata la scossa è tornato al suo posto e ha ripreso a scavare.” L'incubo di Mattia finisce soltanto verso le otto quando i soccorritori lo hanno letteralmente strappato dalla prigione in cui si era ritrovato intrappolato. “Mi hanno tirato fuori, alla fine, con uno strappo, il buco da cui sono uscito non era molto più grande di un cesto di pallacanestro. Ho alzato il pollice in segno di vittoria verso mio padre Filippo e mio fratello Daniele. E ho dato un bacio grande a mio zio, che se non c’era lui non c’ero più io. La prima notte in ospedale non ho chiuso occhio, la seconda mi hanno dato le gocce. Non credevo possibile che fosse accaduto tutto quello, eppure era così.” Mattia ora è circondato dall’affetto di parenti e amici, a Pomezia, dove tutta la città continuerà a dargli quella vicinanza di cui ha bisogno per superare questo grave trauma.

Protezione Civile “Airone” di Ardea in prima linea per sostenere i terremotati

«

Il nostro lavoro continua a sostegno alla popolazione di Accumoli, vietato fermarsi». E’ questo il messaggio di Gianni Fois, Presidente della Protezione Civile Airone al gruppo di volontari di Ardea impegnati ad Accumoli. Nelle ore successive al sisma l’intervento dei volontari del nucleo operativo si è concentrato su più fronti: supporto alla popolazione, distribuzione di generi di prima necessità, lavori di ogni tipo con carico e scarico

merci. Tutti i volontari hanno lavorato, e lo stanno facendeo tutt'ora, sprezzanti dei rischi a cui vanno incontro. «Abbiamo caricato e trasportato al campo pali per poi mettere rete ombreggiante sulle tende – dichiara il responsabile Gerardo Di Leo – il tutto è stato fatto per rendere più confortevole la permanenza in tenda della popolazione durante il giorno, abbiamo reso più funzionale l’approvvigionamento dell’acqua con nuova condotta e installato pompa

per dare più pressione alla stessa, e fatto tante altre cose in collaborazione con altri volontari». «Il nucleo operativo è attivo a ogni livello – conclude Gianni Fois – tutti i volontari sono in stato di mobilitazione. Grande collaborazione anche con le sale operative regionali e nazionali per garantire il massimo servizio e supporto alla popolazione colpita dal sisma».



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CRONACA

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Cronache e Storia - Un litor A

un certo punto della storia di Torvajanica, emerse un nuovo pensiero, basato sulla Legge “Ponte”, che dopo la fondamentale, ma obsoleta, Legge Urbanistica 17. 08.1942, n. 1150, emessa in piena guerra, veniva a disciplinare l’urbanistica del già inoltrato dopoguerra. La Legge “Ponte” 06.08.1967, n. 765, appunto. Partirono le prime iniziative di lottizzazioni edilizie convenzionate. Lo strumento della Convenzione non era una novità assoluta, ma ora era meglio disciplinato, proprio dalla nuova Legge Ponte, il “ponte” verso un transitorio da perfezionare e normare al più presto. Per esempio, mediante ben definiti Standard Urbanistici (D. M. 01. 04. 1968, n. 1444), requisiti minimi quantitativi per l’urbanizzazione e l’edificazione negli anni a venire. Nel contesto locale, in quei tempi ruggenti e speculativi, nacque così, forse inconsapevolmente, un primordiale “progetto” di “Torvajanica policentrica”, che poteva attenuare l’esasperata linearità di una strana città, una tipica boom-town del West, solo balneare, sdra-

iata su una lunghissima striscia, larga, però solo poche decine di metri, parallela alla battigia. Si pensavano aggregazioni più compatte, embrioni di veri futuri “quartieri” areali e ariosi, collegate dall’angusta striscia, che fuori dalla caotica stagione estiva, rimaneva quasi deserta. Si andava a realizzare dei “bozzi” trasversali o piazzette su quella inquietante striminzita fettuccia. Chi c’era lo sa bene. Questo poteva produrre una relativa autosufficienza delle singole zone e delle esistenti piccole attività commerciali e imprenditoriali. Tali nuclei avrebbero consentito di fare la spesa a piedi e potevano sollecitare nuovi, pur modesti, investimenti, garantendo un piccolo riconoscibile bacino all’intraprendenza dei più coraggiosi. Non sfugga, sennò ci perdiamo, che era la fine degli anni sessanta: i presupposti economici e commerciali erano molto diversi dalle condizioni attuali. Cinquanta anni fa si pensava solo alla balneazione, alla pesca e a gli operai, che lavoravano nelle industrie e nelle allora promettenti officine di Pomezia e Ardea. L’edilizia sviluppatasi, e in crescita, era una semplice conseguenza. Collegamenti e servizi: se ne sarebbe parlato dopo, con comodo... molto comodo: tanto c’erano le 600 e le 500 Fiat, le prime 850. Per fortuna c’erano da realizzare le promettenti convenzioni edilizie, che, però, scoordinate, sarebbero rimaste, lo stesso, prive di affidabili riferimenti. C’erano, sparsi, numerosi negozi e negozietti, ferramenta, ristoranti, bar, qualche benzinaio con officina di meccanico o elettrauto, quello che faceva i pozzi, la sarta, il calzolaio. A Torvajanica compravamo i quarantacinque giri e i rullini fotografici, c’era un notevole negozio di modellismo, aerei, trenini, giocattoli. Ma qui potevi pure comprare il vestito per la comunione e il matrimonio. E pure le bomboniere. Qualche spiraglio per un vivace tessuto commerciale c’era. Forse, un solido riferimento culturale avrebbe avuto un giusto ruolo, ma ci avremmo pensato dopo. Dopo che? Dopo... Basta andare a vedere chi ci amministrava. Intanto qualcuno ebbe cura di fare spazio e far sparire le ultime tracce della Torre del Vajanico. La prima vera scuola elementare fu inaugurata nel 1965, la media nel 1972. Diversi anni dopo è arrivata sul territorio, in forze, la grande distribuzione (ricordate la

Standa?) e oggi il territorio e il mercato si muovono in maniera completamente diversa, con concentrazioni, fusioni e accorpamenti di banche e super o iper-mercati, logistica intensa e anonima, centri commerciali e parchi tematici che poco restituiscono al territorio che spremono e al lavoro, se non un sicuro inquinamento tutto a carico nostro, drenando e trasferendo altrove enormi flussi di denaro, speso da quelli che qui lavorano e spendono, senza considerare i soldi guadagnati altrove e portati qui, per esempio da Roma, ma non vedono quei soldi tornare, almeno in parte, nelle nostre tasche e in quelle tasche dei nostri figli, che vorrebbero stare o rimanere qui per lavorare e tenere in piedi una dignitosa, prestigiosa e grande Città, se siamo Pomezia, Ardea, Torvajanica, non cambia molto. Niente: stessa barca, stesso mare! Centodiecimila abitanti!

Carabiniere di Ardea arresta 2 sciacalli

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l Nucleo Radiomobile Carabinieri Roma Sezione Motociclisti ha arrestato nei giorni scorsi ad Amatrice due sciacalli. Tra i protagonisti del blitz un agente del territorio, Antonio T., trentacinquenne di Ardea, che sta prestando servizio nelle zone terremotate. L’operazione portata a termine aggiunge una tacca al suo valore come uomo e come militare ed ha permesso di bloccare due criminali della peggior specie: la coppia di malviventi, rispettivamente di 44 e 45 anni, è di nazionalità rumena e viaggiava a bordo di una Wolkswagen Passat station-wagon con targa tedesca, mentre

per le strade di Amatrice ancora si piangevano morti e dispersi. Ad un certo punto hanno incrociato quattro moto dei Carabinieri romani e da lì si sono dati alla fuga. Inseguiti e bloccati, i militari hanno quindi proceduto con l'arresto in quanto li hanno trovati in possesso, tra gli altri, di indumenti assiepati, ma ben stirati e con odore di bucato fatto da poco, banconote, per la somma di 305 euro (frutto di un saccheggio nelle abitazioni abbandonate), una pistola e arnesi da scasso. Condotti presso il centro allestito ad Amatrice, sono stati controllati i documenti e tratti in arresto.


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rale policentrico e ordinato

Spostiamoci indietro, ai sogni mancati delle Convenzioni edilizie. Esisteva già il “compound” recintato “Villaggio Tognazzi”, un po’ “chic” (o forse meglio dire “kitsch”), esclusivo ed escludente, all’estremo angoletto nord ovest del Comune di Pomezia, a confine con quello diRoma. Proprio lì dietro, in tempi allora recenti, a confine con l’ambigua e inquietante tenuta di Capocotta, con la vicenda di Wilma Montesi, si perpetrò, irrisolto, il suggestivo, peccato originale di Torvajanica, insieme alla sua prima fortuna mediatica. Tuttavia Ugo Tognazzi e il Villaggio omonimo amplificarono il rumore mediatico sui luoghi. Ma l’integrazione con la Città sta solo in vecchie buffe fotografie, qualche aneddoto di graditi ospiti, happenings di varia eleganza. Certo non era “Città”, ma inutile vacua sudditanza e altezzosità. Diciamocelo chiaro: un’irrilevante piccola singolarità,

almeno a livello urbano, cittadino e storico, anche se alcuni ancora ne sentono una nostalgia che sarebbe meglio superare. Mai vissuta, vuota, estinta e morta. Altri imprenditori o proprietari terrieri agirono di iniziativa e ci fu una serie di proposte e iniziative in convenzione che si andavano a concretizzare, partendo dal nord ovest, col Centro Elisabetta, i Tre Grattacieli (gli edifici più alti di Torvajanica), Le Onde (il fabbricato più lungo), gli impianti sportivi in Via Varna, dove oltre al tennis (due campi in cemento), pattinaggio, la piscina, c’era un’apprezzabile discoteca. E spettacolari spazi commerciali sotto a ciascuna delle tre torri. Erano arrivati gli anni settanta: “Le Grillon”! Per un lungo periodo fu un’importante discoteca, e, non solo qui. Via Varna è oggi uno dei luoghi più degradati o abbandonati di Torvajanica, probabilmente tenuta aperta solo per la presenza delle due rampe dei garage dei “Grattacieli”, oggetti architettonici anche pregiati, spesso mal gestiti. Ed è diventata una discarica, più volte vanamente bonificata. Il campo di pattinaggio di Via Varna ospitò, intorno al 1985, anche il basket di Torvajanica. Finito quello... andate a vedere. Nessuno aiuta gli imprenditori che pure sollecitano e propongono iniziative di recupero. Poco più a sud venne individuato un compendio che in qualche cartografia dell’epoca reca ancora il cognome di chi scrive, un modo approssimativo, provvisorio, ma anche più “storico”, di fare toponomastica. Il riferimento più riconoscibile, anch’esso non ufficiale, è “Tre Delfini”, ché lì c’era il grande complesso alberghiero, omonimo, di Guerrino Lattanzi. Si trattava di Via Brasilia, Via Montevideo, quella che oggi è Via Dublino, Piazza San Salvador (splendido giardinetto di quartiere, perfezionato nei primi anni ’90) con discreti spazi commerciali fino alla prima, sconnessa, ma allora ordinata, Via Casablanca, ora devastata per l’uso improprio e incontrollato, da Via Zagabria al Fosso della Crocetta, scavalcando inesistenti o non predisposte opere di urbanizzazione. Detto questo, (non dimenticando l’esistenza di Campo Ascolano), altra aggregazione concentrata e importante doveva essere il Villaggio Laurentum, oggi confinato dietro al tratto devastato di Via Casablanca, soffocato dalla vicinanza con a un

parco acquatico che provoca notevoli disagi, e dall’inserzione di una strada, Via dei Romagnoli, diventata pure importante, su stradine e ponticelli inadeguati, in un sistema viario sfacciatamente insensato. Lì, nel Villaggio, in convenzione e, prima dell’edificazione commerciale, furono realizzate tutte le opere di urbanizzazione primaria e secondaria: strade, fogne, illuminazione stradale, impianti sportivi (piscina, campi da tennis), giardino di quartiere e la cappella di Santa Maria dell’Annunciazione, un piccolo tesoro di architettura. Queste dovevano essere al servizio del pubblico, anche se non residente nel Villaggio. Erano opere di interesse territoriale, non limitate agli abitanti locali e proprietari, ma volte a dare impianti sportivi che allora non esistevano e non sarebbero altrimenti arrivati. Anche il Villaggio ha sofferto di alti e bassi, prima per la gestione del complesso, che non trovava più gestori. Quando si sono trovati, gli investimenti per ripristinare i campi sportivi e la piscina (oggi coperta da un pallone) furono ingenti. Per la “territorialità”, di strade private aperte al pubblico, c’era un maggior onere di manutenzione per i proprietari delle unità immobiliari. La situazione, già onerosa, degenerò quando cominciarono a circolare camion della nettezza urbana per travasare i rifiuti da mezzi piccoli a compattatori più grandi, usando le strade private per prendere scorciatoie e fare manovra. L’immondizia recapitata dal Villaggio era una parte infinitesima di quanto movimentato e disperso. Quando poi arrivò il parco acquatico, col cantiere, ci fu un incontrollato traffico di autotreni “dispersi” incastrati in strade residenziali, private e inidonee a quei mezzi. Il Comune dovette disporre il divieto d’accesso su uno dei tre “accessi”, Via Laurentum, complicando la situazione del nodo Via Romagnoli, Via Zara, Idrovora, Via San Francisco, già di per sé limpidamente inverosimile. Come indecente è che il Comune non se ne vuole accorgere: mai vista una relazione della polizia Locale, dell’Urbanistica o dei Lavori Pubblici. En passant, ci fu pure un rozzo tentativo di far sbarcare una strada interna del parco sulla viabilità del Laurentum. Purtroppo il problema è stato rigirato di nuovo su Via Casablanca. (segue a pag. 16)

Solidarietà: la pasticceria Salernitana di Tor San Lorenzo dona oltre 1200 cornetti

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a fatto il giro d'Italia il gesto di Vincenzo Guiderdone, proprietario della rinomata Pasticceria Salernitana di Tor San Lorenzo, che si è adoperato insieme a tutto il suo personale per offrire alle popolazioni colpite dal sisma una ricca colazione con cornetti, caffè, cappuccini e tante altre leccornie. «Non riesco a trovare le parole – ha dichiarato Guiderdone – quello che ho visto con i miei occhi è qualcosa di incredibile e pazzesco, sono profondamente scosso. Siamo partiti alle 4 di mat-

tina da Tor San Lorenzo, siamo arrivati alle ore 8 ad Accumoli per poi ripartire per Arquata e Borgo. Ho visto tanta solidarietà e questo è meraviglioso. Auguro a tutta la popolazione di rialzarsi il prima possibile, nel nostro piccolo noi siamo a disposizione per qualsiasi altro gesto solidale». Sono stati distribuiti piu’ di 1200 pezzi tra cornetti e pasticcini distribuiti, un gesto semplice che ha regalato qualche sorriso a una popolazione colpita al cuore.


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(continua da pag. 15) Poco a sud, avventurandosi nella demenziale viabilità impostata sul piccolo ponte della bonifica [il punto più basso del Comune di Pomezia] e sull’inserzione di Via dei Romagnoli, strada tutta da analizzare tecnicamente, si arriva ai campi sportivi comunali. Quelle strutture, all’epoca, erano preziose e notevoli, centro di socialità e orgoglio di Città. Doveva essere un altro nobile polo (non si vagheggiava, anni dopo, la ridicola Città del Calcio?) della Città Policentrica e vissuta. Oggi parliamo di quelli che vi si accomodano a vivacchiare e anche morire di stenti negli spazi residuali e umanamente impraticabili, come il Corriere ha documentato un mese fa, parlando, ancora una volta, degli invisibili. C’è poi la piazza del mercato, Piazza John F. Kennedy, che deve soffrire di quanto detto. Dove la folla diventa società e mercato? Al, mercato, che non è solo cicoria e broccoletti, ma socialità e incontro, chiacchiere per rendere più larga e aperta la Città, senza ricorrere agli iPod. Non so se lì ci si riesce, ma quello è un luogo importante per un’aggregazione che non si sfilacci su anguste stradine parallele al mare facendo slalom tra le macchine. Il centro di Torvajanica era, ed è, elettivamente e storicamente, il primo polo di aggregazione locale e lo è stato: lì si è costruita Torvajanica, quella di chi ancora s’incontra e si saluta da sempre, residenti e anche no. Stiamo parlando del centro di questa visione policentrica, che richiederebbe una più dettagliata analisi. Qui annotiamo che la Torvajanica che vediamo è un prodotto degli anni sessanta e settanta. Le originarie “baracche” sono state demolite entro i primi anni ottanta. Ricordo una demolizione nella primavera del 1987, poco discosta dal sito della Torre del Vajanico, che non esisteva più. upe-

riamo Viale Francia e il Fosso dell’Orfeo (Via Siviglia). Arriviamo al “Fenomeno Corsetti”, un complesso ricettivo e balneare sensazionale a cavallo della Litoranea, fin oltre l’attuale Via Polonia, dove c’erano residence, negozi, campi sportivi (tennis) piscina e un ristorante che ancora sopravvive. E pure un rimessaggio nautico. I residence sono stati trasformati in appartamenti. I negozi sono chiusi, insieme agli interrati. Il guaio è che questo doveva e poteva essere un altro duraturo polo di aggregazione. Non è andata così. Sconfiniamo sul Comune di Ardea, scavalcando Rio Torto al km 18, luogo della pericolosa doppia curva. Qui rinveniamo il Centro Regina. La signora Regina è sorella della Elisabetta del centro omonimo, di cui abbiamo già

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parlato. Il centro Regina è frutto delle stesse matite, ma, forse per mutate normative, si rivolse a un’edilizia per palazzine più basse, non scordando un tentativo ironico di (ora molto piccolo) centro commerciale integrato in uno spazio urbano condiviso. Come si è visto, tutti, o quasi, gli esperimenti non hanno avuto il successo sperato o, avendolo avuto, è poi declinato rapidamente. Vero è che i presupposti economici, la demografia, e i contesti più vasti dell’economia, non sono più quelli della Legge Ponte. Resta che questa comunità, ostinandosi a seguire ed eleggere personaggi sfacciatamente inadeguati, non ha mai saputo adeguarsi e darsi da fare come altri, altrove, che si sono adeguati giorno per giorno, per anni. Luigi Torreti

Il silenzio che fa rumore

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a fine di quest'estate è stata funestata dal tragico terremoto che ha colpito l'Italia. Abbiamo sentito tante volte i nomi dei paesi distrutti e delle persone la cui vita è stata spezzata. Abbiamo ascoltato le loro storie, abbiamo guardato le immagini strazianti. Abbiamo seguito con ansia le notizie che ci dicevano di un continuo aumento delle vittime. Tanto è stato e sarà detto. Ma a colpirmi di più sono stati i silenzi. Per primo, mi sembra giusto ricordare l'assordante assenza di parole del Presidente Mattarella. Il suo è stato un silenzio ca-

rico di rispetto e di commozione. Una tacita accusa contro chi poteva e doveva evitare che quei paesi diventassero polvere. Ha promesso che sarebbe stato vicino ai terremotati, ma in quel momento io mi sono sentito vicino a lui: non ho visto più il Presidente della Repubblica, ma un uomo anziano che si prendeva sulle spalle già curve la responsabilità di rappresentare lo Stato. Il secondo silenzio che mi ha colpito è quello spaventoso di Pomezia. Il 26 agosto la nostra città ha celebrato i primi funerali delle vittime

del sisma. Tante vite spezzate, più di quelle che mi sarei potuto aspettare. Non ero a Pomezia nel pomeriggio e non ho potuto assistere all'intera cerimonia, ma sono riuscito ad arrivare in piazza intorno alle 19. Ho visto una città intera stringersi intorno ai suoi concittadini. Ho sentito, nell'assordante silenzio di una folla che mai avevo visto in quella piazza, il rispetto e il dolore. Nella tragedia, mi sono sentito orgoglioso del saluto che noi pometini stavamo dando a quelle persone: un saluto che ci fa capire quanto la nostra comunità possa essere unita, forte, fiera, contro un destino che voleva spezzare i nostri legami e che li ha invece evidenziati. Abbiamo scoperto ed onorato legami che non sapevamo di avere: questo è essere una città, questo è essere umani. La società potrà continuare a renderci più individualisti, più soli, più schiavi di queste tecnologie che elevano ognuno a suo proprio Dio. Ma quando il dolore fa emergere la vera umanità, tutto questo non esiste più: e possiamo essere uniti con degli sconosciuti, dare il conforto che solo una grande comunità può dare, usare le tecnologie per avvicinarci e non per separarci. Grazie Pomezia, perché con quel silenzio mi hai dimostrato che l'uomo c'è ancora. Mario Di Toro



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Demolizioni “storiche” a Pomezia

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omezia si libera di due strutture che negli anni erano entrate a far parte, nostro malgrado, del tessuto cittadino. Il primo, quello più importante, è l'ormai ex eco-mostro di Viale Manzoni, pieno centro città, i cui lavori di demolizione sono partiti lo scorso 9 agosto (e ultimati qualche giorno più tardi). L’edificio versava da decenni in stato di abbandono, e solo a gennaio era stato raggiunto un accordo per il suo abbattimento e per la successiva ricostruzione tra il Comune di Pomezia e la ditta ED.I.PO. – Edilizia Industriale Pomezia. A giovare della sua scomparsa saranno la scuola materna di via Dante Alighieri, che vedrà sorgere un giardino esterno, e il parcheggio sito tra via Spaventa e viale Manzoni, in cui saranno rifatti asfalto e marciapiedi e saranno piantate nuove specie arboree. “E’ un momento storico per Pomezia – dichiarava a margine delle operazioni il Sindaco Fabio Fucci – La Città vede finalmente la demolizione di un edificio abbandonato da anni e la riqualificazione di un quadrante importante. Grazie alla politica ur-

banistica della nostra Amministrazione, Pomezia oggi gode non solo di quartieri riqualificati,

ma anche di nuove opere e servizi pagati dai costruttori a beneficio della collettività”. Oltre a questi interventi comunque, ricordiamo, l’edificio in demolizione in viale Manzoni, accatastato come “non residenziale”, lascerà anche il posto a una nuova costruzione, stavolta con destinazione d’uso “residenziale”, che dovrebbe ospitare 35 appartamenti. Il secondo pezzo “perso” per così dire dalla città, ma nessuno pensiamo lo rimpiangerà, così come per quanto riguarda l'eco-mostro di Viale Manzoni, è stato il cavalcavia pedonale all’altezza di Via Monte D’Oro che attraversava trasversalmente la SR148 Pontina. L’installazione era da tempo fatiscente e ormai era diventata un pericolo per l’utenza; per questo, nella notte del 12 agosto, si è deciso di procedere con la sua rimozione. In questo caso però non è prevista una nuova costruzione in sostituzione. Luca Mugnaioli

E' nato Italia’s Goat Talent: sei pronto a metterti in gioco?

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l Corriere della Città si lancia in una nuova sfida: nasce Italia’s Goat Talent, il format web-tv per tutti. Goliardicamente andremo in giro per le strade, le piazze, le spiagge, ma anche nei locali e nei punti di maggiore aggregazione, per mettervi alla prova. Domande di cultura generale, ma anche sfide, tentatiti di conquiste e tanto altro. Mentre scriviamo sono andate in onda già due puntate che potete trovare sul nostro sito www.ilcorrieredellacitta.com nella sezione dedicata: dopo la prima clip-pilota, girata presso lo stabilimento Schiano di Torvaianica, ci siamo recati ad Ostia per saggiare il livello di bravura dei “campioni” (o “capre”, sempre col sorriso s'intende) locali. Insomma: non perdete tempo. Andate sui nostri canali e spargete la voce, Italia's Goat Talent non lascerà scampo a nessuno.





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Tor San Lorenzo, la gestione di un bar-ristorante finisce in causa

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ra il 26 luglio scorso quando sul nostro sito pubblicavamo un articolo, dal titolo “Tor San Lorenzo, sgomberato bar-ristorante gestito in maniera abusiva”, riguardante un'operazione dalle forze dell'ordine avente lo scopo di liberare un'attività commerciale sul lungomare. Nel servizio i fatti – solo a posteriori ci siamo accorti che, forse, avremmo potuto analizzare diversamente l'intera vicenda – sembravano abbastanza chiari: proprietari abusivi da oltre due anni, un'intimazione da parte del Comune a lasciare liberi i locali, quindi l'intervento coatto a seguito dell'inottemperanza da parte degli stessi gestori. Ebbene? Si dirà. In realtà è proprio qui che inizia questa storia. Veniamo contattati, all'indomani della pubblicazione dell'articolo, proprio dai gestori che ci chiedono la possibilità di fornire la loro versione. Che è la seguente. E' il 2013. La titolare della concessione demaniale dell'area dove sorgerà il bar-ristorante oggetto del caso cede in affitto il ramo di azienda alla società che chiameremo “X”, la quale diventerà così la legittima proprietaria/gestore della struttura, per svolgere le attività commerciali legate al servizio di ristorazione (Bar, Pizzeria e annesse attrezzature). Viene firmato un regolare contratto, fondato sul presupposto dell'art. 45 bis del Codice della Navigazione (tenete a mente questo passaggio sarà cruciale più avanti), di 6+6 anni: dal 1° agosto 2014 al 31 luglio 2020, a rinnovo tacito e con facoltà di recesso anticipato da parte dell'affittuario (la società “X)”. Il tutto viene sottoscritto il 16 luglio 2014 e trasmesso come da prassi all'Ufficio delle Entrate, alla Camera di Commercio ed in più viene redatto un atto notarile apposito. Il Comune di Ardea, attraverso l'Ufficio Demanio Marittimo, autorizza, riportiamo testualmente, su richiesta della società titolare della concessione, “la società “X” alla sub-gestione del ramo d'azienda della titolare della concessone demaniale in oggetto riguardante esclusivamente il bar-ristorante” pur tuttavia con la seguente prescrizione: “al termine della durata della sub-gestione il ramo d'azienda tornerà di diritto alla società” concedente. Fin qui tutto sembrerebbe filare liscio, compreso il fatto che, a richiedere tale documento, non sia stato l'effettivo gestore del locale, la società che abbiamo chiamato “X”, in quanto semplice affittuario, ma piuttosto il con-

cedente, in quanto titolare della concessione demaniale, tanto stabilito dalla normativa vigente. C'è tuttavia qualcosa che non torna (ed è qui che si manifesta il primo cortocircuito della vicenda): la durata di tale autorizzazione è soltanto di un anno (ma come: la società “X” e la titolare della concessione non avevano firmato un contratto di 6 anni rinnovabile?), dal 28-082014 al 28-08-2015. Che fosse soltanto una prassi? Una formalità? Ma andiamo avanti. Nel frattempo comunque il ristorante, ora di nuovo aperto al pubblico, riprende quota e le cose sembrano andare per il meglio. Il fatturato cresce così come il gradimento del pubblico che apprezza sempre più l'attività così rinnovata. Passa un anno e arriva l'autunno del 2015. Decisamente a sorpresa, “non ce lo aspettavamo proprio”, ci dicono i rappresentanti dalla società “X”, arriva un controllo per la verifica del cosiddetto “45bis”, ovvero l'articolo che disciplina primariamente i rapporti e le concessioni sul demanio marittimo. Sì perché il documento del Comune era ormai scaduto (ricordate la deadline del 28 agosto 2015?) e non era stato rinnovato. Ma come è possibile? I gestori, stando alla versione fornita dagli stessi, chiedono lumi alla concedente che ribatte di aver formulato regolare richiesta al Comune – che è avvenuta il 4 agosto 2015 – e di non aver mai ricevuto risposta. Il motivo di ciò, ci dicono ancora, non ci è mai stato comunicato. La questione si complica. Inoltre, tra agosto e settembre 2015, la concessionaria denuncia a sorpresa proprio la società “X” per esercizio in mancanza del rinnovo annuale della attività concessa in sub-gestione e segnala al contempo altri presunti illeciti edilizi. Il motivo? La concessionaria individua alcuni presunti abusi

in dichiarate difformi realizzazioni di opere su area demaniale imputabili alla affittuaria; in realtà i lavori, sostengono ancora dalla società affittuaria, erano stati svolti su terreno demaniale rientrante nella concessionaria, tanto che la stessa concessionaria, con lettera, aveva comunicato al Comune di Ardea, sportello unico edilizia, lo svolgimento delle lavorazioni per le quali allegava progetto tecnico del Geometra incaricato. Quegli stessi documenti comunque, fa sapere ora Luca Fanco, Consigliere Comunale di Ardea che si sta occupando della vicenda, riguardavano una semplice C.I.L.A. (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata) che in ogni caso non erano idonei alle opere in questione, in quanto non rientranti tra quelli definiti attività di edilizia libera (ex art.6 Dpr 380/01). Morale della favola – fermo restando che, puntualizza ancora Fanco, la concessionaria era l'unica responsabile della correttezza del procedimento seguito e della installazione giusta previsione della concessione demaniale e della autorizzazione alla sub gestione ex art. 45 bis C.d.N. – i lavori vengono rimossi, l'atto non viene impugnato e tutto viene archiviato. Il locale comunque, in mancanza dei requisiti previsti dalla legge, rimane chiuso. I mesi trascorrono con le parti in causa, ed era inevitabile, una contro l'altra. A giugno di quest'anno la svolta: il Comune di Ardea dà, alla resa dei conti, torto alla società “X” intimando inoltre lo sgombero immediato dei locali. A racchiudere tutto è un documento, Prot./URB n° 32323 del 27/06/2016 – che trova tra l'altro fondamento in un'altra comunicazione di cui, mentre scriviamo, gli affittuari ancora non sono riusciti ad entrare in possesso, dove si legge: “si avvisa la S.V. Che in qualità di occupante abusivo senza titolo autorizzativo (assenza di subgestione ai sensi dell'art. 45 bis codice della navigazione – dovuto ad abusi edilizi – riguardante la sub-gestione del bar-ristorante […] come da contratto d'affitto con la concessionaria […]) di un tratto demaniale marittimo di competenza del Comune di Ardea è tenuto a permettere l'accesso all'area e far trovare l'immobile sito in Ardea […] libero e sgombero da persone e cose, con l'avvertenza che in difetto, si procederà all'accesso forzato […]. Il 26 luglio 2016 tutto questo trova applicazione nello sgombero forzato riportato nell'articolo menzionato in apertura. Gli affittuari subiscono il provvedimento ma contestano proprio al Comune, linea mantenuta tutt'oggi, diversi elementi: è possibile imputare a noi il mancato rinnovo del cosiddetto 45bis considerando il fatto che era una questione di cui si sarebbe dovuta occupare la concessionaria (così come avvenuto per il primo anno)? Possiamo allora essere noi definiti “abusivi” quando disponiamo tutt'oggi di un regolare contratto in essere? Venendo poi allo sgombero, può una comunicazione di questo tipo essere recapitata mediante semplice avviso che non è impugnabile in alcuna sede? Sono dunque queste alcune delle domande su cui ora dovrà esprimersi un giudice.



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CRONACA 24 Pio Schiano, pronto il nuovo record per il baywatch più anziano d’Europa

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ta aspettando le condizioni meteo perfette per battere un nuovo record. Pio Schiano Morello, 97 anni splendidamente portati, è pronto per la traversata Ostia-Torvaianica in pattino, che si svolgerà entro il mese di settembre. L’assistente bagnante ancora in attività più anziano d’Europa – per il titolo mondiale si attendono conferme – è in gran forma e intenzionato a registrare, stavolta con il tragitto al contrario rispetto al passato, il suo quarto record mondiale e quinto europeo, ovvero la traversata in pattino, circa 20 chilometri in solitaria, da Ostia a Torvaianica, dove al suo arrivo sarà festeggiato da parenti e amici. La sua prima traversata di Schiano risale al 2003, quando aveva 84 anni, bissata poi nel 2005 e ripetuta nel 2010. A Torvaianica nonno Pio è ormai un’istituzione, ma è conosciuto molto bene anche a Ostia, dove è nato. “La mia famiglia viveva in una capanna proprio sulla spiaggia di Ostia – racconta con una lucidità che fa invidia ai ventenni - Quando sono nato mio padre mi ha messo nell’acqua di mare per lavarmi: quello è stato il mio battesimo, da quel momento io e il mare siamo una cosa sola”. “Ogni giorno – conferma il figlio Marco – mio padre si allena, estate e inverno, con il pattino. Noi siamo anche preoccupati, data la sua età, ma quando abbiamo provato a “vietargli” di andare in mare da solo già all’alba, la sua risposta è stata: “Se rinuncio, muoio. Ma se devo morire, voglio scegliere come farlo: preferisco che mi venga qualcosa in mare che restando a casa a rimpiangerlo”. Ecco, questo è mio padre”. Pio Schiano Morello si trasferisce da Ostia a Torvaianica negli anni '50. La vita con lui non è stata sempre semplice, ma è riuscito ad integrarsi talmente bene sul territorio da avere ora, insieme a figli e nipoti, diverse attività commerciali, a partire da uno stabilimento balneare. “Ma ho avuto anche momenti difficili – ricorda – come quando volevano mettermi in mezzo come capro espiatorio nella vicenda Montesi”. Pio, infatti, fu tra i primi a vedere il cadavere della giovane Wilma, sulla spiaggia di Torvaianica. Con la sua motoretta andò fino a Pomezia

per chiamare i carabinieri, che lo seguirono in bicicletta. Peccato che in seguito un giudice volesse per forza trovare in lui un colpevole che invece andava cercato altrove. Ma da allora di tempo ne è passato e il mare è stata una costante della sua vita. Quante persone ha salvato? “Tante, il numero preciso non lo so, non tengo il conto”. E quante di loro le sono state riconoscenti? “Nessuna. Anzi, mi è capitato di persone che, dopo il salvataggio, mi hanno pure tolto il saluto. La gente è strana…” Guai a chiamarlo “bagnino”. “Il bagnino raccoglie ombrelloni e sdraio, oltre a controllare che tutto sia a posto. Noi assistenti bagnanti non possiamo distrarci con queste incombenze: dobbiamo guardare il mare, osservarlo per ore, anzi giorni interi, per capire non solo le correnti, ma tutti i messaggi che ci dà. Solo in questo modo si capiscono e anticipano i pericoli, riuscendo a prendere quanto di bello l’acqua ci offre”. Questo e altro Pio lo ha trasmesso – e continua a farlo – a tutti gli assistenti bagnanti che lo hanno affiancato nel tempo nel suo stabilimento. “Serve umiltà nei confronti del mare – continua – perché è lui a stabilire le regole,

non noi”. Mentre lo dice fissa l’orizzonte, scrutando le increspature delle onde di quel mare che ama forse più di ogni altra cosa, tanto da dargli la forza, alla soglia dei 100 anni, di sfidarlo ancora una volta e, lo scommettiamo, di raggiungere il desiderato record. Arianna Azzurra Achille

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Essere straniero – anzi rumeno – a Torvaianica La testimonianza di un lettore, sconfortato da quanto accaduto dopo il furto della sua auto

Ammetto che non so come o da dove iniziare, cosi come non so più a chi rivolgermi per sfogarmi e raccontare della situazione che sto vivendo ultimamente nel luogo dove ho scelto di vivere e lavorare. Per essere più preciso cerco qualcuno che riesca a spiegarmi come mai a oggi sembra essere più conveniente essere un malvivente che una persona per bene”. Così inizia la lunga lettera che ci è pervenuta nei giorni scorsi in redazione da parte di un uomo che ci ha chiesto di mantenere riservato il suo nome. “Lasciando un attimo stare il fatto che sono un straniero, e, come si usa spesso da queste parti, definito rumeno di mer** solo perché vengo appunto dalla Romania, passo veloce al punto e racconto cosa mi è successo. Nei primi giorni di maggio mi è stata rubata l'auto, che era parcheggiata in una via abbastanza centrale di Torvaianica, di fronte alla piazza dove si fa il mercato ogni martedì. Come farebbe ogni persona normale, ho denunciato l'accaduto presso il comando di carabinieri con la speranza di ritrovarla, perché credo che una macchina non possa sparire nel nulla in un lasso di tempo molto breve. Infatti mi è stato confermato dagli stessi militari che, per statistica, o l'auto viene recuperata entro un paio di giorni o non si troverà più”. Ma i giorni passano e nessuna buona notizia arriva al nostro lettore. “Da tempo sentivo le voci di coloro che abitano da queste parti: pare che tutti sappiano che le auto rubate in questa zona vadano a finire in alcuni capannoni privati di Via Colli Marini, a Tor San Lorenzo, dove vengono smontate e rivendute a pezzi. Sembra che tutti siano a conoscenza di questa cosa, tranne le forze dell'ordine. Nel frattempo, dopo il furto della mia macchina, l'auto aziendale che usavo per continuare ad andare al lavoro tutti i giorni è stata aperta e "svuotata" ben 2 volte, sulla stessa strada che, ripeto, è centralissima. Di certo non mi consola

il fatto che io abbia sentito parecchie altre persone che hanno lamentato furti di auto o del contenuto, qui a Torvaianica. Ma è veramente possibile che qui i ladri facciano proprio come vogliono? Ma qui, probabilmente, stiamo ancora nell’ordinaria amministrazione. Lo sconforto mi è arrivato il 31 luglio, con quella che voi italiani definite “la ciliegina sulla torta”. Quando ormai mi ero “dimenticato” della mia auto rubata, forzandomi di pensare che magari era in giro molto lontano da questi luoghi, ho ricevuto una telefonata dal comando di carabinieri di Tor San Lorenzo, che mi informato che avevano ritrovato la mia auto, ovviamente completamente smontata. Praticamente ne era rimasta solo la scocca”. “In pratica, quello che avevo sostenuto fin dal primo giorno era vero, solo che nessuno ha verificato, con il risultato che un'auto rubata a Torvaianica viene ritrovata completamente smontata dopo 3 mesi a Tor San Lorenzo, quindi in tutto questo tempo la macchina, altro che lontano, è stata "lavorata" proprio qui! Possibile che nessuno avesse mai fatto un controllo rispetto alle “voci che girano” più che insistentemente riguardo a questi voluminosi “affari”? Ma ciò che mi ha ferito è il fatto che, quando sono stato chiamato per il ritrovamento, ho avuto la sensazione che il ladro fossi io. Questo perché di solito sono i rumeni a fare crimini contro gli italiani e non il contrario? Probabilmente c’era diffidenza per il mio essere straniero,

questo non lo so, ma di certo è stata davvero una brutta sensazione, che mi ha per un attimo portato a pensare: a questo punto perché non fare davvero il malvivente, visto io – rumeno di mer** - mi trovo nel loro Paradiso sulla terra? Almeno non mi dovrei più alzare tutti i giorni alle 04:30 del mattino per andare a lavorare, ma restare sveglio solo in alcune notti (per fare un altro tipo di "lavoro"). Non dovrei andare a fare denunce del tutto inutili, non mi dovrei più offendere quando leggo negli occhi delle persone - anche quelle che dovrebbero proteggere i cittadini onesti e per bene, pure se stranieri – la loro diffidenza perché vengo dalla Romania”. Lo sfogo del lettore conclude poi così: “Non voglio aggiungere altro, in quanto ho finito le parole. Magari solo il fatto che nel frattempo ho acquistato un'altra auto, ma vivo ormai con la paranoia che un giorno non la ritroverò più perché, non avendo un garage, devo parcheggiarla qua e là in giro per Torvaianica, sempre in un posto diverso nella speranza di non farmela rubare. Camino più a piedi adesso che quando non avevo una macchina… Questa è Torvaianica di questi tempi: mi dispiace, io qui ci stavo bene e vorrei tornare a essere contento della scelta di vivere qui”. Riguardo ai fatti, possiamo dire che i Carabinieri, così come la Polizia, ben conoscono il fenomeno che vede rubare, fare a pezzi e riciclare auto nei vari capannoni del territorio di Ardea (ma anche di Pomezia), tant’è vero che numerose operazioni sono state effettuate con conseguenti denunce e arresti. Per quanto invece concerne il resto, ovvero le sensazioni provate, noi non commentiamo in alcun modo lo sfogo del lettore. Ci limitiamo a rifletterci sopra, invitando tutti a fare altrettanto. Anna Maria Greco



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Calcio Dilettanti, si parte! Al via i tornei di Eccellenza e Promozione

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i è svolto lunedì 22 agosto a Tivoli il primo atto ufficiale della nuova stagione del calcio dilettantistico laziale. Presso la rinomata location del “Duca d’Este” sono stati resi noti i gironi dei tornei di Eccellenza, Promozione e Juniores Elite, insieme alla composizione della Coppa Italia. Partiamo dall’Eccellenza. Nel girone A troviamo Atletico Vescovio, Almas, Astrea,Boreale, Civitavecchia, Compagnia Portuale Civitavecchia, Cre.Cas., La Sabina, Ladispoli, Lepanto Marino, Montecelio, Eretum Monterotondo, P.C. Tor Sapienza, Real Monterotondo Scalo, SFF Atletico, Tolfa, Valle del Tevere e Vigor Acquapendente; nelgirone B, quello che ci interessa più da vicino, sono state inserite Aprilia, Arce, Audace SV Empolitana, Cedial Lido dei Pini, Colleferro, Cassino, Formia, Gaeta, Itri, Monte SGC, Morolo, Pomezia, Racing Club, Roccasecca, San Cesareo, Serepntara B.O., Unipomezia Virtus e Vis Artena. Per quanto riguarda le squadre del nostro territorio impegnate nel campionato di Promozione da tenere sott’occhio sarà il gruppo C composto da Agorà, Atletico Lariano, Atl.Morena, Atl.Torrenova, Borgo Podgora, Cavese, Dil. Falasche, Fonte Meravigliosa, Frascati, Indomita Pomezia, La Rustica, Nettuno, Pro Roma, Semprevisa, Sermoneta, Sport. Genzano, Team Nuova Florida, Vivace Grottaferrata. La prima giornata - Per il primo turno del cam-

pionato di Eccellenza Girone B si sfideranno, domenica 4 settembre, Aprilia e Racing Club mentre l’Unipomezia andrà in trasferta sul campo del Calcio San Cesareo; esordio casalingo invece per Cedial Lido dei Pini, che affronterà l’Arce, e Pomezia Calcio s.d.p., la quale se la vedrà con l’Audace. In Promozione per le squadre del territorio, analizzando il Girone C, è stata sorteggiata la seguente giornata: Indomita Pomezia-Semprevisa, Cavese-Nettuno e Frascati Calcio-Team Nuova Florida. Coppa Italia: ostacolo Hermada per l’Indomita Pomezia. Per Racing e Unipomezia la sfida si chiama Monterotondo - Nel turno preliminare

di Coppa Italia (andata 14 settembre, ritorno 28 settembre) l’Indomita Pomezia affronterà l’Hermada con match inaugurale tra le mura amiche; per quanto riguarda la rassegna nazionale di Eccellenza invece l’Unipomezia se la vedrà con il Real Monterotondo Scalo (andata il 14 settembre fuori casa) mentre al Racing Club, che esordirà tra le mura amiche, è stato affiancato l’Eretum Monterotondo. Il resto del torneo proseguirà poi, parlando qui della Promozione, tra il 19 ottobre e il 2 novembre quando si scenderà in campo per i trentaduesimi; tra il 16 novembre e il 30 dello stesso mese invece ci saranno i sedicesimi, per poi passare al 14 dicembre data d'inizio degli ottavi di finale (fino all'11 gennaio 2017 ndr). Tra il primo febbraio e il 15 febbraio sarà quindi la volta dei quarti, per poi passare a marzo (1-15) per le semifinali. Quindi la finalissima: la data fissata in questo caso è quella del 13 maggio. Seguirà un calendario leggermente diverso invece la Coppa Italia d'Eccellenza: dopo il turno preliminare descritto sopra si procederà (12-26 ottobre) con i sedicesimi; gli ottavi avranno quindi luogo tra il 9 e il 23 novembre per poi passare alla fase dei quarti di finale (7-21 dicembre). Con il nuovo anno prenderanno quindi il via le semifinali (11-25 gennaio) mentre la finale si disputerà mercoledì 8 febbraio 2017. Luca Mugnaioli

Ciao bomber! Il calcio dilettantistico di Pomezia ed Ardea perde uno dei suoi campioni. Dal 26 agosto 2016 infatti non c'è più Roberto Lorenzo Arena, 38 anni, amato e conosciuto in tutto il territorio locale dove aveva segnato oltre 300 gol. Non ci sono parole per descrivere quello che ti è successo. In campo sei stato per tutti un degno avversario o un altrettanto valido compagno di squadra. Ci mancherai. Ciao bomber!


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Rio 2016, Pomezia si colora d'oro e d'argento L

e Olimpiadi di Rio sono andate in archivio con la Nazionale Italiana che ha chiuso al 9° posto totalizzando 28 medaglie (8 ori, 12, argenti e 8 medaglie di bronzo), posizionandosi subito dietro a Corea del Sud e Giappone. A contribuire a questo risultato, con due medaglie, è stata la città di Pomezia che ha riportato trionfi nello “skeet femminile” (oro) e nel Judo (argento). A conseguire il primo risultato è stata la pometina Diana Bacosi – che fa parte dell’Esercito Italiano – che si è aggiudicata il gradino più alto del podio olimpico nella disciplina “Skeet femminile”. L’atleta, nata a Città della Pieve ma da anni residente Pomezia con la famiglia, ha battuto di un solo piattello la connazionale Chiara Cainero. Il risultato ha visto infatti il punteggio di 15/16 per Diana Bacosi e 14/16 per Cainero, che ha così conquistato la medaglia d’argento. Le due azzurre alla fine della gara si sono lasciate andare a un lungo e commosso abbraccio. La medaglia di bronzo è andata invece all’americana Kimberly Rhode, alla sua sesta medaglia olimpica consecutiva. Tutta la città ha esultato per questo risultato, sperato e reso sempre più vicino grazie alle splendide qualificazioni disputate dalla 33enne Diana. Nel Giugno dello scorso anno la Becosi era stata premiata dal sindaco di Pomezia come “Eccellenza del territorio”. Con lo stesso entusiasmo i cittadini hanno accolto il risultato della judoka Odette Giuffrida che ha ottenuto invece l'argento. L'atleta è

stata accolta in pompa magna e con un affetto incredibile al Campeggio “Il Delfino di via Siviglia” a Torvaianica lo scorso 14 agosto di rien-

tro dal Brasile. Il suo arrivo è stato festeggiato trionfalmente al suono dell’Inno d’Italia e con fuochi d’artificio, grazie all’organizzazione di Angela Ruggiero, titolare del Campeggio “Il Delfino”, con la complicità di alcuni familiari e amici della stessa Odette. La giovane, emozionata, si è commossa ricordando tutte le sue estati passate proprio a Torvaianica “qui, dove ormai tutti voi siete per me una seconda famiglia”, ha voluto precisare. Baci, abbracci e racconti che si incrociavano hanno caratterizzato una mattinata di gioia che ha visto protagonista la giovane Caporal Maggiore dell’Esercito, viso dolcissimo a dispetto del suo saprannome, “Veleno”. Odette, che si allena al centro federale di Ostia, ha disputato un’ottima finale contro la grande favorita, la kosovara Majlinda Kelmendi. Luca Mugnaioli


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Un altro aiutino: la manovra di Kristeller

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n travagliato lungo tutta una notte, fatica, dolore, stanchezza, momenti difficili, di sconforto in cui le forze insieme alle speranza sembravano averci lasciato, sembra che tutto sia sospeso, fermo, solo le contrazioni ritmiche vanno e vengono sembra che niente debba più cambiare e invece finalmente con le prime luci dell’alba arriva anche la tanto attesa “dilatazione completa”, l’energia sembra di colpo tornata, il silenzio che fino a quel momento regnava è finito, un minimo di concitazione, qualcosa si muove … è arrivato il momento di spingere! La spinta come tutto il resto del travaglio e del parto non s’insegna, non si racconta, ma si sente, si vive e si asseconda. Ogni donna in linea di principio sa partorire, ma certo và aiutata, supportata e indirizzata magari cambiando posizione, magari ricordandole di respirare, magari incitandola a spingere con più forza, ma nessuno può spingere al posto di una mamma o meglio di una mamma lasciata libera di assecondare il proprio istinto. Certo magari la stanchezza non aiuta, neanche il digiuno talvolta imposto durante il travaglio e qualche volta neanche un’epidurale troppo “aggressiva”. Metteteci poi che alcune mamme ad un certo punto si dissociano e smettono fisicamente e mentalmente di partecipare al proprio parto. Ma chi può spingere al posto di una mamma? Un ginecologo tedesco di nome Samuel Kristeller nel 1867 provò a risolvere il problema inventando una manovra da applicare durante la fase espulsiva avanzata. Nacque così la manovra di Kristeller, si tratta di una manovra ostetrica eseguita in concomitanza con la contrazione che si serve di una spinta applicata al fondo dell’utero per aiutare la testa fetale ad uscire durante una fase espulsiva avanzata, cioè quando la testa fetale è già ben visibile, ma stenta ad uscire all’esterno. Inizialmente nasceva come una manovra per velocizzare la fase espulsiva, ma ben presto ci si è resi conto che non era esente da rischi e per questo motivo oggi è vietata in molti paesi europei come ad esempio in Inghilterra e Spagna. In Italia è solo fortemente sconsigliata dall’OMS!!! Secondo le linee guida dell’organizzazione mondiale della sanità è una manovra da applicare solo in casi di reale emergenza eppure oggi ancora nelle sale parto se ne abusa e i racconti più “sconvolgenti” sono quelli dei papà che ri-

feriscono di aver visto il ginecologo o la ginecologa di turno salire letteralmente sulla moglie urlante durante l’ultima fase del parto perchè a detta dell’ostetrica “non stava spingendo bene!” Tuttavia i casi in cui effettivamente la manovra troverebbe ragione di essere applicata sono per esempio quando la forza contrattile dell’utero si esaurisce nonostante l’uso di ossitocina, quando la mamma non è in grado di spingere perché troppo stanca, dissociata o semplicemente non sente la spinta per effetto di un’epidurale imperfetta, quando il battito del bambino decelera e rischia di andare in sofferenza o quando il bambino s’incastra e testa o spalle faticano ad uscire anche se la mamma spinge efficacemente. Non andrebbe ripetuta più di tre volte e dovrebbe farla solo una persona competente. Purtroppo come molte cose in Italia anche la manovra di Kristeller non è regolamentata e non occorre un consenso informato firmato dalla mamma per poterla praticare. Addirittura spesso non viene annotata neanche in cartella, quasi come fosse una manovra consueta durante un parto fisiologico. L’incapacità di aspettare, la chiusura verso ciò che è diverso da quello che abbiamo sempre fatto, l’ignoranza nei confronti di ciò che è fisiologico. Quel maledetto aiutino, la convinzione che prima e più in fretta è meglio. Tutto questo porta ad una gestione irrispettosa del travaglio e del parto e soprattutto della donna che suo malgrado si trova a subire tale gestione. I danni della manovra di Kristeller sono importanti anche quando viene eseguita bene: il ricorso ad un’episiotomia ampia, lacerazioni vaginali e perineali, distacco d placenta con con-

seguente sofferenza fetale, contusioni a carico dell’utero fino alla sua rottura e conseguente emorragia. Tutte circostanze che possono condurre alla morte mamma o bambino o a danni irreversibili come la perdita dell’utero o lesioni gravi. Se poi chi la fa non è neanche così esperto allora si aggiungono traumi costali e lividi per la mamma che può arrivare anche a svenire durante la manovra essendo già provata dal travaglio magari. Non ci dimentichiamo poi degli effetti psicologici come la frustrazione di non essere state capaci a fare da sole e il senso di colpa che arriva quasi a fargli credere che è colpa loro se sono dovuti ricorrere ad una manovra così estrema! Quindi come a dire che il dolore che senti te lo sei cercata! Lo trovo ingiusto, assurdo e irrispettoso! Poco professionale! Finalmente anche in Italia sta partendo una campagna d’informazione contro questa manovra e il mio pensiero va a te che giovanissima hai dato alla luce una splendida bambina dopo un travaglio indotto ma andato avanti da manuale per tutta una notte di stelle e poi concluso con qualcuno che, come mi hai detto tu, ti ha fatto sentire in colpa perché non stavi spingendo bene e quindi Kristeller importante e poi emorragia e nella notte successiva isterectomia … hai rischiato di morire, sei stata lontana dalla tua piccola e da tuo marito, nessun altro bimbo per voi … magari sarebbe successo lo stesso, magari no … non lo sapremo mai … Mamme ricordatevi che il parto è il vostro, non lo subite, vivetelo!

Dott.ost. Catiuscia De Renzis dovevolalacicogna@libero.it



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Evangelo di Fede in Fede “Bisogna che nasciate di nuovo” Correva l’anno 26 d.C. ed erano i giorni della Pasqua Ebraica; è in questo contesto storico che la Scrittura ci narra un evento di grandissima importanza, non soltanto per quell’uomo, Nicodemo; non da meno ha messo in luce, per tutte le generazioni compresa la nostra, cosa significa cristianesimo nella mente di Dio. Ecco la storia: “C’era tra i farisei un uomo chiamato Nicodemo, uno dei capi dei Giudei. Egli venne di notte da Gesù e gli disse: Rabbi, noi sappiamo che tu sei un dottore venuto da Dio; perché nessuno può fare questi miracoli che tu fai, se Dio non è con lui. Gesù gli rispose: In verità in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio” (Giov. 3:1-3). Nicodemo andò a Gesù con il suo sapere e le sue convinzioni, ma anche con un grande bisogno di capire meglio, ma Gesù, colui che legge i cuori andò oltre le argomentazioni di Nicodemo e rivolse la sua attenzione e la sua risposta al bisogno del suo cuore: “Bisogna che tu nasca di nuovo”. Quante volte ci rivolgiamo a Dio con mille domande, e Dio molte volte risponde alle suppliche degli uomini; ma la priorità di Dio nelle sue argomentazioni era e continua ad essere “Bisogna che nasciate di nuovo”. Nascere di nuovo E’ una necessità. “Generato dall’alto” (traduzione letterale di Giov. 3:16), o “nato dallo Spirito” (1 Giov. 5:1). Gesù stesso dice chiaramente che l’uomo senza la nuova nascita “non può vedere il regno dei cieli” ed ancora “non può entrare nel regno dei cieli”(Giov. 3:3-5). La più alta vocazione dell’uomo è vivere in eterno con Dio, ma la natura umana, nella sua condizione attuale non può vivere in un regno celeste, pertanto la vita celeste deve scendere dall’alto per trasformarla e renderla idonea a quel regno. Questa trasformazione ha il suo inizio nella nuova nascita; nato da Dio. Praticamente Dio con un atto divino vivifica l’anima morta nei falli e nei peccati e la rende vivente alla realtà del mondo spirituale. L’essenza dell’essere nato da Dio è una vita nuova donata da Dio Padre per la mediazione di Cristo Gesù attraverso l’opera dello Spirito Santo. Come si nasce di nuovo? E’ sempre Cristo Gesù che rende noti i mezzi della rigenerazione, del nascere dall’alto. “Gesù rispose: in verità, in verità ti dico che se uno non è nato d’acqua e di Spirito non può entrare nel regno dei cieli (Giov. 3:5).

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www.ilcorrieredellacitta.com Numero 09 Anno 8 SETTEMBRE 2016 EDITORE: La Città

via Odessa 41 - 00040 Torvaianica

Nato d’acqua e di Spirito. Nato d’acqua … La scrittura stessa rivela che l’acqua è la Parola: “Cristo ha amato la chiesa e ha dato se stesso per lei, per santificarla dopo averla purificata e lavandola con l’acqua della Parola” ( Ef. 5:2526). Ed ancora: “Perchè siete stati rigenerati non da seme corruttibile, ma incorruttibile cioè la Parola vivente e permanente di Dio” (1 P 1.23). L’evangelo di Gesù Cristo è ancora oggi potente ed efficace; le sue parole sono acqua viva, e risuscitano l’anima ad una speranza viva. La nuova nascita spirituale avviene non soltanto per mezzo dell’acqua (la Parola), ma avviene anche per mezzo dello Spirito: “nato d’acqua e di Spirito” (Giov. 3:5). … e di Spirito Gesù per chiarire l’opera dello Spirito prende ad esempio il vento: “Il vento soffia dove vuole, e tu ne odi il rumore…così è di chiunque è nato dallo Spirito”. Il vento non possiamo vederlo, ma certamente ne vediamo gli effetti; così è dell’opera di Dio. Forse il vento di Dio ha già soffiato sul tuo cuore portando refrigerio e ristoro alla tua anima, o forse lo stai “sentendo” proprio ora nel leggere queste parole che parlano dell’Iddio vivente e vero. Tutto ciò può essere principio di nato dall’alto. L’azione divina dello Spirito Santo nei cuori che vanno a Gesù è reale, efficace e apporta benefici spirituali ed eterni. Il vento di Dio cambia l’esistenza e conduce ad una conoscenza più profonda; una conoscenza non soltanto teologica e dottrinale, ma soprattutto interiore e pratica. Nato da Dio, nato a vita nuova. L’apostolo Giovanni nella sua prima epistola descrive quattro aspetti di un avvenuto cambiamento in colui che è nato da Dio. Nascere dall’alto non è esperienza riservata a chissà quale elite, o esperienza raggiungibile dopo aver scalato chissà quali vette; piuttosto è l’esatto contrario: “Chiunque crede che Gesù è il Cristo è nato da Dio”. Il semplice atto di credere in Cri-

sto Gesù, riconoscerlo come colui che è venuto da Dio, e come Salvatore della tua anima accende la vita di Dio nel tuo cuore. A ciò segue il cambiamento divino: “l’amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato” (Ro. 5:5). Il secondo aspetto è che il cuore umano viene fatto partecipe dell’amore divino: “l’amore di Dio è stato sparso nei vostri cuori mediante lo Spirito Santo” (Ro. 5:5). Ed ancora: “Chiunque ama è nato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore” (1 Giov. 4:7-8). Tutto ciò testimonia a favore dell’essere nato da Dio. Terzo aspetto è: “tutti quelli che praticano la giustizia sono nati da Dio” (1 Giov. 2:29). La Parola di Dio e la sua Grazia ci ammaestrano e ci danno la forza di vivere secondo giustizia nei confronti di Dio e del nostro prossimo. Quarto aspetto: “chiunque è nato da Dio non persiste nel peccare” (1 Giov. 5:18). Chi nasce da Dio non vive in un’altalena infinita di peccato piuttosto avviene una liberazione profonda da ciò che lega l’anima, sia esso vizio, dipendenza, comportamenti sconvenevoli, ed altro ancora; questo non significa che chi è nato da Dio non sbaglierà più, purtroppo ci saranno ancora delle cadute a causa della fragilità della natura umana, ma certamente non si conduce più una vita immersa e dominata dal peccato. A questo punto nasce spontanea la domanda; sei nato da Dio? Dopo la resurrezione, prima di ascendere al cielo Cristo Gesù pronunciò parole che indicano la via di salvezza eterna, ma anche il grave pericolo di condanna eterna: “Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato; ma chi non avrà creduto sarà condannato” (Mr. 16:16). La Scrittura ci esorta a ricevere la Parola di Dio nei nostri cuori, la quale è potente nel condurre a novità di vita e a speranza eterna.

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CHIUSURA REDAZIONALE: 01/09/2016

DIRETTORE RESPONSABILE: Maria Corrao IN REDAZIONE: Alessia Ambra Achille, Arianna Azzurra Achille, Matteo Acitelli, Elisa Benazzi, Alfredo Corrao, Alessandra Crinzi, Anna Maria Greco, Giuseppe Marrone, Luca Mugnaioli, Luigi Torreti

STAMPA: Tipografia Graffietti Reg. Trib. di Velletri Settembre 2009 N. Reg. 19/09 del 24 Settembre 2009


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L'Avvocato risponde La consulenza legale per i lettori del Corriere della Città

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ono padre di un bambino di appena 2 mesi e mia moglie è casalinga. La domanda che vengo a porre è se ho diritto o meno a 2 ore di permesso giornaliero e ciò nonostante mia moglie sia casalinga. Nessuno, neanche sul mio posto di lavoro è stato capace di fornirmi una risposta.

Al quesito posto dal lettore deve rispondersi in modo positivo. L'Inps, risolvendo alcune rilevanti incertezze interpretative, ha chiarito che il padre può fruire delle due ore giornaliere di permesso, anche se la moglie è casalinga. A questa conclusione si è giunti per gradi. La materia dei permessi giornalieri in caso di maternità è disciplinata dagli articoli 39 e seguenti del Dlgs n. 151/2001 (Testo unico maternità e paternità). L'articolo 39 riconosce alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, il diritto di fruire di due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata, della durata di un'ora ciascuno. Il riposo è uno solo quando l'orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore. Il successivo articolo 40 prevede che tali permessi sono riconosciuti al padre lavoratore quando ricorre una delle seguenti situazioni: 1) i figli sono affidati al solo padre; 2) la madre lavoratrice dipendente non utilizza i permessi; 3) la madre non è lavoratrice dipendente; 4) in caso di morte o di grave infermità della madre. In attuazione della citata disposizione, l'Inps, in varie circolari, aveva ritenuto che per madre «lavoratrice non dipendente» dovesse intendersi la madre «lavoratrice autonoma (artigiana, commerciante, imprenditrice agricola, libera professionista, ecc.) avente diritto ad un trattamento economico di maternità a carico dell' Istituto o di altro ente previdenziale». L'Inps escludeva, invece, che rientrasse nella nozione la madre casalinga, e pertanto, in tale ipotesi, escludeva il diritto del padre a fruire dei riposi giornalieri. Sennonché, con sentenza n. 4293 del 9 settembre 2008, il consiglio di Stato, sezione VI, ha ritenuto che la ratio della norma in esame, «volta a beneficiare il padre di permessi per la cura del figlio», induca a ritenere ammissibile la fruizione dei riposi giornalieri da parte del padre anche nel caso in cui la madre è casalinga, qualora la stessa sia «impegnata in attività che la distolgano dalla cura del neonato». Il ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali ha condiviso l'orientamento giurisprudenziale espresso dal Consiglio di Stato nella citata sentenza e pertanto ha ritenuto che il padre lavoratore dipendente possa fruire dei riposi giornalieri anche nel caso in cui la madre svolga lavoro casalingo. L'Inps, però, non si è adeguata immediatamente a tale lettura. Ed invero in un primo momento l'Istituto ha ritenuto che l'interpretazione estensiva operata dal Consiglio di Stato consentisse di riconoscere al padre lavoratore dipendente il diritto a fruire dei riposi giornalieri, ma solo nei casi di oggettiva impossibilità da parte della madre ca-

salinga di dedicarsi alla cura del neonato, perché impegnata in altre attività (ad esempio accertamenti sanitari, partecipazione a pubblici concorsi, ecc.). Questa lettura restrittiva è stata comunque rapidamente superata; infatti, la circolare Inps n. 118 del 2009 ha definitivamente chiarito che il padre lavoratore che sia coniugato con una casalinga può sempre fruire dei permessi per accudire il neonato, senza necessità di documentare l'oggettiva impossibilità della moglie di assistere il bambino. Pertanto, è ormai pacifico che il padre dipendente - se sposato con una casalinga - può fruire dei riposi giornalieri, nei limiti di due ore o di un'ora al giorno a seconda dell'orario giornaliero di lavoro, entro il primo anno di vita del bambino. Nel nostro condominio, il regolamento condominiale, consente di posteggiare l’automobile in cortile. La domanda che sono a porre è se l’assicurazione risponde dei danni all’auto posteggiata all’interno del cortile condominiale cagionati da un altro veicolo, da pallonate o da altri oggetti. Il quesito posto dal lettore concerne due principi fondamentali: il diritto del danneggiato incolpevole ad ottenere il risarcimento dei danni subiti e l’obbligo della persona responsabile, per fatto proprio o per l’azione di un soggetto del quale debba rispondere (es. figlio minore), di risarcire il danno cagionato. Ora, in proposito deve dirsi che se il danneggiamento dell’auto in sosta è stato provocato dalla circolazione di un altro veicolo a motore soggetto all’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile, l’onere del risarcimento è sostenuto dalla compagnia di assicurazione che presta questa copertura. Infatti, le condizioni generali di contratto normalmente prevedono che l’assicurazione copra anche la responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione in aree private. Il danno causato da pallonate o altri oggetti, invece, deve essere risarcito dal soggetto responsabile ed eventualmente eventualmente, da una compagnia di assicurazione impegnata per contratto a sollevare il responsabile dall’obbligo del risarcimento. L’agenzia di viaggi e il tour operator rispondono dei danni (es. furto di oggetti lasciati nella stanza dell’albergo) subiti da un consumatore che ha partecipato ad un viaggio organizzato? A norma dell’art. 1783 e ss. del Codice civile, gli albergatori sono responsabili nei confronti dei propri clienti di ogni deterioramento, distruzione o sottrazione delle cose portate dal cliente in albergo.

Detta responsabilità, però, è limitata al valore di quanto deteriorato, distrutto o rovinato e comunque sino all’equivalente di cento volte il prezzo giornaliero dell’alloggio. La stessa responsabilità, poi, è esclusa quando il fatto è dipeso dal cliente o dai suoi accompagnatori, ovvero da forza maggiore o dalla natura della cosa medesima. Viceversa, l’albergatore risponde illimitatamente della distruzione, rovina o sottrazione delle cose qualora queste vengano espressamente consegnate allo stesso per custodirle. Nel caso di specie, tuttavia, essendo presumibile che l’albergatore abbia operato come terzo prestatore di servizi nell’ambito di un pacchetto di viaggio tutto compreso, ai sensi dell’art. 93 del Codice del consumo, spetterà direttamente all’agenzia di viaggio e al tour operator provvedere al risarcimento del danno patito dal consumatore, nei limiti sopra indicati, fermo restando il successivo diritto di rivalsa dei medesimi nei confronti dell’albergatore del cui servizio si sono avvalsi. Avv. Antonio Aquino


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Te l’assicuro! Le risposte dell’esperto ai quesiti dei lettori riguardanti le assicurazioni

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ent.mo. Sig. Roberto Morbinati, ho sentito un gran parlare della nuova legge che ha introdotto il reato di “Omicidio Stradale”, se dovesse concretizzarsi un’accusa del genere, la compagnia che assicura la R.C.Auto si attiverebbe per la difesa del conducente che ha provocato il danno? La ringrazio e le porgo cordiali saluti. Giulio P. Egr.Sig. Giulio, lei tocca un argomento estremamente delicato e complesso per molti, diversi aspetti; mi limiterò, per ovvi motivi di spazio, a rispondere puntualmente e senza divagazioni di alcun tipo, alla sua precisa domanda. La legge che ha istituito il nuovo reato di Omicidio Stradale arriva alla sua approvazione dopo molti anni di discussioni e molte versioni depositate presso la Camera dei Deputati praticamente da tutte le forze politici; possiamo dire che è stata una delle poche leggi che hanno avuto, in Parlamento, un consenso assolutamente trasversale. L’Omicidio Stradale si inserisce nell’art. 589 del Codice Penale che già si occupa dell’omicidio colposo, andando a specificare le pene in caso di incidente stradale. L’articolo è abbastanza complesso e lo riassumo velocemente dicendo che le pene nei vari casi partono da 2 fino a 18 anni di detenzione, in caso di aggravanti come la fuga e il mancato soccorso e fino a 30 anni o definitivo il ritiro della patente. Il reato si configura in maniera specifica nei casi di guida in stato di ebrezza, oltre un certo tasso alcolemico e in caso di guida sotto effetto di sostanze stupefacenti. Va detto subito che le assicurazioni rispondono dei danni a terzi, materiali e fisici, che un sinistro catalogato come Omicidio Stradale, può

provocare; ferma restando poi, la possibilità di fare rivalsa, parziale o totale, sul responsabile dell’evento. Argomento che qui sorvolo perché non utile alla risposta al quesito posto. In caso di sinistro la Compagnia prenderà, se richiesta dall’interessato, la difesa del proprio assicurato in sede civile, ( non in sede penale ) ma solo fino a quando la stessa troverà utilità nel continuare a farlo nel tempo; ovvero, se dall’attività di difesa ci si potrà aspettare una ragionevole diminuzione di attribuzione di responsabilità all’assicurato, presupposto per un minore esborso economico, la Compagnia continuerà l’azione legale, altrimenti la interromperà. Quindi l’assicurazione non seguirà il caso per l’aspetto penale ma solo per ciò che riguarda la liquidazione dei danni in sede civile, questo fa sì che l’assicurato dovrà provvedere in proprio, a proprie spese, per la sua difesa penale. Per un’opportuna vostra tutela, sarà bene chiedere al proprio agente assicurativo d’inserire nella copertura dell’auto la Tutela Legale, facendo però attenzione che sia inclusa l’estensione anche alla difesa penale per l’accusa di

Omicidio Stradale; questa particolarità ricopre una grande importanza perché non tutte le Compagnie prevedono tale estensione. Nel caso la vostra compagnia non lo prevedesse, sarà opportuno stipulare una specifica polizza, oltre la R.C.Auto, con una Compagnia specializzata che lo preveda. La garanzia di Tutela Legale è inoltre utile anche nel caso in cui si subisca un danno da una vettura senza copertura assicurativa, oppure da una vettura che scappa dopo avervi causato il danno, oppure nel caso in cui ci sia un incidente con una macchina assicurata da una Compagnia in stato di liquidazione e comunque serve per ogni tipologia di sinistro legata alla circolazione della vostra auto. La cosa più importante è comunque capire che quando ci si mette alla guida di un autovettura abbiamo nelle nostre mani non solo la nostra vita, ma anche e soprattutto quella degli altri e guidare sempre in perfette condizioni psicofisiche è una responsabilità che non possiamo sottovalutare. Roberto Morbinati


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INFORMAZIONE Il tuo piatto forte!

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Inviaci la tua ricetta a redazione@ilcorrieredellacitta.it o contattaci sulla nostra pagina Facebook. Potresti essere tu il prossimo chef de “Il tuo piatto forte!” Lo chef di questo mese: Chiara Pini, 33 anni. Sposata con 2 bambini, Matteo & Marco. Ama cucinare per suo marito Simone.

Lo chef di questo mese Manuela, 43, Pomezia.

Crespelle alle zucchine Innanzi tutto prepariamo le crespelle cuocendo in un padellino antiaderente, un mestolo alla volta, un composto preparato con 2 uova, 100 g. di farina, 250 ml di latte e un pizzico di sale. Per farcire 6 crespelle occorrono: 2 zucchine, 200 ml di besciamella, 100 g. di ricotta romana, 2 uova, 100 g. di emmentaler grattugiato, 40 g. di parmigiano grattugiato, sale e pepe. In una ciotola unite le zucchine grattugiate con una grattugia a fori grossi, la besciamella, la ricotta, le uova, l' emmentaler, e metà parmigiano. Mescolare bene e aggiustare di sale e pepe. Su un foglio d' alluminio imburrato disponete le crespelle sovrapponendole per formare un rettangolo. Spalmate il composto sul rettangolo, poi arrotolatelo aiutandovi col foglio d'alluminio col quale poi coprirete il rotolo stesso. Mettete in forno su una placca imburrata a 180° per 30 minuti. Ora togliete l'alluminio che le copre, co-

spargere il parmigiano rimasto e qualche fiocchetto di burro e fate gratinare per 5 minuti

sotto il grill. Servite il rotolo a fette ancora caldo.


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Il Corriere della Città

Settembre 2016

Quando la natura si ribella rimane solo devastazione e dolore

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A quando la consegna del pezzo che andrà sul mensile?" è stata questa la domanda che ho posto alla direttrice de Il Corriere della Città qualche giorno fa. Mi ha risposto che avrei dovuto presentarlo entro pochi giorni, e in quel momento ho realizzato che tutto le vecchie intenzioni erano svanite, che quello avrei voluto scrivere sarebbe stato messo da parte, perché si può essere futili quando la leggerezza mentale lo permette, ma oggi il mio animo è pesante e non si può far finta che questi non siano giorni difficili; il terremoto che il 24 agosto scorso ha devastato paesi, strade, vite, causando la morte di quasi 300 persone, ha provocato una scia di dolore nel cuore di tutti, compreso in quello della sottoscritta. Lo raccontavo qualche giorno fa sull'edizione online; ho smesso di guardare la televisione e leggere giornali perché innervosita da chi sta facendo notizia "intrattenendo" il suo pubblico tramite immagini di morte, scrivendo senza alcun pudore dettagli raccapriccianti di un evento che è già orribile a prescindere, ma questo non significa che mi sia estraniata dai fatti, anzi, non ho smesso per un solo secondo di pensare a tutte le persone che sono state coinvolte da quest'immensa tragedia. Seppur in modo diverso e sicuramente più lieve, io so bene quanto sia tremendo lottare

tro, diventiamo essere minuscoli, senza forze e spesso senza via di fuga.

contro la rabbia della natura; le alluvioni che hanno colpito la città nella quale abito, Genova, hanno sempre rotto qualcosa dentro di me, irreparabilmente, come un vaso che cade, che si riduce in tanti piccoli pezzi e che nonostante venga riparato non sarà mai più lo stesso, e nell'ultima, quella del 2014, io e il mio compagno abbiamo rischiato di rimanere intrappolati in fiume d'acqua formatosi in una strada e che, se attraversata qualche minuto più tardi, probabilmente sarebbe stata l'ultima da noi percorsa. Ricordo quei minuti perfettamente, come se tutto fosse accaduto ieri, e in queste ultime ore quelle immagini si sono ripresentate nella mia mente più e più volte insieme ad un'unica certezza: quando la natura decide di rivoltarsi con-

Sapete qual è il pensiero che mi ossessiona e che allo stesso tempo mi fa più paura? L'idea della morte e della devastazione improvvisa che in entrambi i casi non lasciano scampo. Il pensiero di addormentarmi e svegliarmi diversa, senza possedere più certezze, cose che mi appartengono, senza avere più accanto le persone che amo o peggio, quello di non svegliarmi più, nello stesso modo in cui è accaduto a chi è stato sorpreso dalla furia del terremoto. È tremendo. Quelle persone si sono messe a letto come facciamo tutti noi ogni sera, con leggerezza, con il sorriso sul volto o forse con qualche pensiero, ma in entrambi i casi dando per scontato l'arrivo di un giorno nuovo fatto di routine, invece tra di loro c'è chi il sole non l'ha più visto e chi oggi lo guarda da una prospettiva completamente diversa... e chissà per quanto tempo ancora non riusciranno più a percepirne il calore. Il mio cuore è con loro.

Alessandra Crinzi www.crinzieacapo.com www.instagram.com/alessandracrinzi www.facebook.com/alessandra.crinzi



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Il Corriere della Città

Settembre 2016

Le Vacanze "... se fossi un medico, prescriverei una vacanza a tutti i pazienti che considerano importante il loro lavoro..." (B. Russel)

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e vacanze per molti , probabilmente, devono ancora cominciare ma in ogni caso per entrambi arriva quel fatidico momento in cui bisogna rientrare nella normalità della vita e degli impegni che avevamo lasciato. Rientrare negli affanni quotidiani non è facile nè indolore per nessuno, ma è necessario rientrare col piede giusto, essere più rilassati ci aiuta a guardare quello che ci circonda con occhi diversi e a riprendere la propria attività senza aspettarsi che ciò che abbiamo lasciato in sospeso sia cambiato. L'importante è partire con la voglia ed il desiderio di ricaricarci in modo che tutto poi ci appaia meno pesante di prima. Il tempo dedicato al riposo deve servire per fare il punto sulla nostra vita, ritornare a parlare di noi, dei nostri obbiettivi, delle nostre reali possibilità. Rimettere al centro NOI, valutare le nostre scelte, rivalutando le piccole cose guardandole attraverso una diversa angolazione; ritornare a provare quella grande passione che muove il mondo e che ci fa essere anche migliori, inoltre ritornare a credere in una forza interiore che ci aiuta ad accettare il presente perché così noi possiamo realmente costruire il nostro futuro. Per fare tutto ciò ci si deve necessariamente spostare fisicamente, poiché le idee si formano anche in seguito allo spostamento del corpo che ha bisogno di ritrovarsi in un posto diverso per generare nuove idee, proprio mentre ci godiamo il cosiddetto "dolce far nulla". Ed è cosi che, nel caso delle vacanze, abbiamo la possibilità di riempire questo "nulla" coi nostri desideri, in quanto il nostro sguardo vede magari anche le stesse cose ma in maniera diversa, poiché le sentiamo diversamente, offrendoci un'emozione nuova ed imprevedibile. E sappiamo bene che gli aspetti più interessanti della nostra vita sono le emozioni ed i luoghi dove queste si sentono, perché noi non proviamo paura, gioia, afflizione in linea generale ed in maniera astratta, ma io provo questo tipo di emozioni quando sono in una determinata si-

tuazione, ovvero quando la mia mente ed il mio corpo incontra delle cose, delle persone e quindi se io durante le vacanze ho avuto la possibilità di fare degli incontri emotivamente interessanti, questi diventano ossigeno che la mente adesso ha per evocare e ricordare tutto il bello che ha immagazzinato. D'altronde è proprio il fare nuove e diverse esperienze che ci fa crescere sempre di più come persone, infatti vi è bisogno di uscire da un ambiente per entrare in altro posto nuovo che fa generare nuove emozioni. Quindi la vacanza come carburante per uscire dalle proprie abitudini. Si deve approfittare quando si è in vacanza e ci si sente più tranquilli di pensare di più a se stessi, alle proprie scelte, ai propri obiettivi, alle nostre reali possibilità, sforzandoci ad analizzarli con più obiettività e da più punti di vista, scoprendo talvolta che attraverso una diversa osservazione dei fatti, le cose e le emozioni assumono un diverso significato. Bisogna cercare sempre di ritrovare quella grande passione nel fare le cose, quella veramente autentica che sta dentro di noi e che è capace di muovere ogni cosa che ci circonda e che ci fa anche essere migliori. Ritornare a credere in quella forza che ci aiuta ad accettare il presente e che è l'unica vera certezza per costruire solo noi il nostro futuro. Paradossalmente in vacanza anche i nostri pen-

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sieri assumono forme diverse, ecco perchè poi al rientro non ci ritroviamo, almeno inizialmente, con ciò che avevamo lasciato. La vacanza di per sè è fatta proprio per concedersi la possibilità di riempire la nostra mente di desideri che durante l'anno è più difficile esaudire, ma ciò non vuol dire che non si faccia proprio nulla in quel periodo e che quindi il tempo sfugga, tant'è che si ritorna spesso con l'insoddisfazione di non aver potuto realizzare tutto ciò che ci si era ripromessi di fare al momento della partenza. Questo provoca uno stato di disagio che porta ad accumulare una certa dose di stress compromettendo sicuramente un ritorno tranquillo alla normalità. Invece bisognerebbe accettare tutto quello che di buono per se stessi si è riusciti a fare durante il periodo di riposo senza riempire la propria mente di tante aspettative che portano, inevitabilmente, ad avere continuamente l'assillo delle cose non fatte piuttosto di quelle realizzate. Ritrovare il piacere di tornare dalle vacanze per riprendere le proprie attività, rivedere colleghi ed amici, sarebbe l'assoluta ricetta per un rientro piacevole e sicuramente meno stressante. Quindi cerchiamo di cogliere il vero beneficio del periodo di riposo, ovvero aver immagazzinato dentro di noi bei ricordi legati a luoghi visitati, a profumi ed emozioni che ci hanno coinvolto e che ci danno la carica e l'ossigeno per superare questo malessere che proviamo quando torniamo ai nostri ruoli. Infine bisogna avere la consapevolezza che le vacanze sono una conquista proprio di chi affrontando con serietà e dedizione la propria attività lavorativa, conserva dentro di se l'energia acquisita nell'attesa proprio di riprogrammare nuovi progetti, infatti uno dovrebbe essere una persona diversa non in vacanza, ma dopo la vacanza. Buone vacanze a tutti i nostri lettori. Antonio GUIDO Esperto di Galateo ed Immagine Relazionale dirguido@libero.it

Auguri ad Alessandro De Paolis e Vitina Galasso per i 25 anni di matrimonio. Un abbraccio da tutta la redazione e dai figli Valentina e Daniele




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