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MARGHERITA DI PISA A PAG
Borgo San Lorenzo Vieri Chini: artista e attore. “Quella mattonella che piacque al re del Marocco...”
Non è sempre facile reggere il confronto quando si hanno antenati illustri. Non è il caso di Vieri Chini, artista e attore borghigiano, che fin da giovane è riuscito a tenere alto il nome e la tradizione della famiglia Chini: una storia familiare iniziata già a metà Ottocento, periodo al quale risalgono i primi pezzi conservati a Villa Pecori, ma resa celebre dall’attività dei cugini Galìleo e Chino. La vicenda è nota: orfano di padre già in giovane età, Galileo viene allevato e instradato alla professione di restauratore e decoratore da alcuni zii. La conversione alla ceramica avviene dopo il 1896, quasi in un moto di protesta a seguito dell’acquisizione della fabbrica Ginori da parte dei milanesi Richard. La volontà di mantenere a Firenze un centro di produzione ceramica portò infatti Galileo a fondare, con un gruppo di amici, “l’Arte della ceramica” in un fondo in via Arnolfo, affiancato pochi anni dopo dal cugino Chino. Dal 1904 l’azienda ha fatto ritorno in Mugello, zona originaria della famiglia, dove si trova ancora oggi sia pure in seguito a tanti cambiamenti: il bombardamento delle fornaci durante la seconda guerra mondiale, l’acquisizione da parte della famiglia Pecchioli e oggi una nuova proprietà belga. Dei due cugini, Galileo è generalmente considerato il genio creativo e innovatore, ma la figura di Chino sta negli ultimi anni venendo sempre più rivalutata, in quanto sperimentatore dal punto di vista tecnico, senza la cui abilità tecnica non sarebbe stato possibile mettere in pratica le idee del cugino, che nel 1925 ha lasciato l’attività: a Chino si sono affiancati progressivamente nella direzione artistica (che in oltre centoventi anni di attività è sempre rimasta fieramente Chini) i figli Tito e Augusto e, per finire, il figlio di quest’ultimo, Vieri. Che all’inizio, spiega, non era tanto interessato a proseguire la tradizione familiare: “Anzitutto, la mia passione principale era il cinema, uno dei miei sogni era fare l’attore. Per contro, considerando il mio carattere schivo e timido, non mi sentivo portato per l’attività familiare. Mio padre Augusto, che era un abile disegnatore, non mi reputava portato per l’arte: già da giovane disegnavo e dipingevo, schizzavo a inchiostro, spalmavo il colore coi polpastrelli, realizzavo collage con vari materiali. Insomma, mio padre era un po’ allibito dal mio scarso tradizionalismo, dalla mia ricerca contemporanea. Dopo le scuole medie mi mandarono a scuola di ragioneria, io che ero così poco portato per i numeri e preferivo le espressioni artistiche! Feci il militare e poi mio padre mi mandò a seguire corsi di ceramica e a lavorare nello studio di alcuni pittori a Firenze. La produzione di ceramica della nostra famiglia era all’epoca ancora piuttosto tradizionale, anche se nello stile caratteristico dei Chini, mentre io realizzavo ceramiche con colori forti e forme geometrizzanti, davanti alle quali mio padre e il proprietario facevano facce strane e scettiche. Proprio una di quelle mattonelle, però, fece colpo su Re Hassan II del Marocco, cosa che mi permise di proseguire poi con la mia ricerca artistica. Nel corso degli anni ho avuto anche qualche piccola “rivincita”: all’epoca fui scartato da un concorso ceramico a Faenza, oggi il loro museo espone uno dei miei pezzi!” La sua passione per il cinema si è quindi riversata nell’attività teatrale? “Da ragazzo avrei appunto voluto fare l’attore, desideravo andare a Roma per frequentare il Centro sperimentale di cinematografia. Durante il servizio militare non ho mai abbandonato del tutto questa passione, andavo spesso al cinema e a teatro; i miei superiori commissionarono l’organizzazione di uno spettacolo, ma quando lessero la sceneggiatura non se ne fece niente, perché era una critica proprio al mondo militaresco. Quando sono tornato a Borgo, il panorama teatrale comprendeva quasi esclusivamente produzioni di tipo vernacolare: io, che continuavo a frequentare i teatri fiorentini, e un gruppo di amici, tra i quali Daniela Pini e la
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mia futura moglie Patrizia, ci lanciammo nell’impresa di portare in Mugello un teatro più impegnato e moderno. Nacque così nel 1971 il Teatro Idea: il nostro primo spettacolo fu “La cantatrice calva” di Ionesco. Credo che all’epoca il pubblico non avesse mai visto una rappresentazione del genere, sia per la modernità del testo, sia per la nostra regia: portavamo un trucco molto pesante, con biacca bianca in viso e occhi truccati di nero, e ci vestivamo e ci svestivamo in scena... Abbiamo ottenuto molti successi, abbiamo girato tutta la Toscana, ampliando il nostro raggio d’azione così come le nostre esperienze attoriali, mettendoci sempre alla prova su testi e autori diversi come Brecht, Pirandello, Moliere. Siamo stati in cartellone assieme ad attori e compagnie professioniste e posso dire che non abbiamo mai sfigurato al loro fianco: oggi la nostra attività recitativa si è un po’ ridotta, ma continuiamo ad affiancare e curare la stagione teatrale del Teatro Giotto di Borgo San Lorenzo”. Al Teatro Idea si deve anche un evento che ha animato i carnevali di Borgo per qualche anno: il Berlingaccio. “Quella fu un’idea che ebbe mia moglie Patrizia quando col Teatro gestivamo anche corsi di recitazione: propose di organizzare qualcosa di simile al Carnevale Barberino
di Venezia. La prima manifestazione fu a Villa Pecori, uno spettacolo itinerante con circa 40 maschere. Già dall’anno seguente ci siamo spostati nel centro di Borgo e negli anni ci siamo sempre più allargati, fino ad arrivare a coprire pressoché tutte le piazze del centro, con fino a 300 figuranti in maschera (costumi tutti realizzati a mano da Patrizia!), scuole di danza, mangiatori di fuoco... Sono stati eventi davvero splendidi, abbiamo smesso di farlo sia per motivi economici, in quanto il comune non poteva sostenerci interamente, sia perché di certo non stiamo ringiovanendo”.
Margherita Di Pisa
Venerdì 4 febbraio, al Circolo Arci ‘Bruno Baldini’ di Barberino di Mugello, c’è stata la prima proiezione del docu-film “Tekoşer. Il partigiano Orso”, che si ripeterà nei circoli Arci di Firenze e provincia. Il documentario, realizzato da Dario Salvetti, sarà infatti proiettato in sei diversi circoli del comitato fiorentino e sarà un modo per portare nuovamente la storia di Lorenzo Orsetti nelle nostre Case del Popolo, tornare a parlare della sua lotta per il Rojava, per il Confederalismo Democratico e la libertà del popolo
“Tekoşer. Il partigiano Orso”: prima proiezione al circolo Arci
curdo. Fortemente ispirato al libro “Siria, scritti dal nord est”, il documentario Tekoşer di Dario Salvetti, segue la vicenda di Lorenzo Orsetti (Orso), ragazzo di Rifredi partito alla fine del 2017 per sostenere la rivoluzione dei popoli del Rojava e combattere l’Isis. Da Firenze Rifredi al nord della Siria, nel Rojava e poi di nuovo a Rifredi, passando per la battaglia di Afrin e di Deir el Zor negli ultimi giorni della campagna militare contro l’Isis e con la minaccia incombente della Turchia di Erdogan. Un viaggio che si snoda tra le interviste al padre e al cugino di Lorenzo, gli interventi di altri volontari internazionali partiti per il Rojava e le parole stesse di Lorenzo Orsetti. Un documentario che spazia anche visivamente dagli scorci di Rifredi, resi con l’effetto timelapse a sottolineare lo scorrere della nostra routine, fino ai combattimenti in Rojava. Nel fare questo si appoggia sulle illustrazioni originali di Giulio Peranzoni che richiamano a loro volta i numerosi murales e graffiti che contraddistinguono lo spazio urbano ripreso dall’occhio della telecamera. Un omaggio a Rifredi, una testimonianza della causa curda, della lotta antifascista e internazionalista contro l’Isis e infine una commossa riflessione sul senso della vita: Tekoşer, il partigiano Orso prova ad amalgamare il tutto con un montaggio che punta consapevolmente sul ritmo e sull’intensità. E’ una testimonianza e un ricordo di Lorenzo e un omaggio alla sua causa. L’Iniziativa è a cura di Arci Firenze, Associazione per Lorenzo Orsetti Orso Tekoşer e Novaradio. Venerdì 4 febbraio a Barberino hanno partecipato anche il regista Dario Salvetti, i genitori di Lorenzo Orsetti e Manfredi Lo Sauro per Arci Firenze. L’ingresso era con tessera Arci e Green Pass.
Sant’Agata Festa della Patrona: un fine settimana di iniziative
Festa di Santagatina: lo scorso fine settimana, 5 e 6 febbraio, sono state tante le iniziative alle quali molti mugellani hanno partecipato. Martina Cianti, una nostra lettrice, ci aveva informato che in occasione della Festa della Patrona Sant’Agata (nell’attraente borgo del comune di Scarperia e San Piero) c’erano degli appuntamenti interessanti per le vie del paese. Sabato scorso, durante la mattinata, c’è stata l’esposizione della Reliquia; poi a seguire c’è stata la Santa Messa solenne in memoria di Sant’Agata. A proposito, cosa sapete su Sant’Agata? È patrona, in Italia, di 44 comuni. Una data che ci interessa da vicino è il 1175, che si legge su uno specchio del recinto battesimale nella riedificata pieve di Sant’Agata nel Mugello, uno splendido edificio romanico, dove un rito di propiziazione prevede ancora per la sua festa l’accensione di ceri agli ingressi del paese. Sant’Agata è la protagonista della devozione popolare, nel Medioevo si è diffusa la credenza che proteggesse contro qualsiasi calamità naturale, non solo l’incendio ma anche inondazioni, bufere, epidemie e carestie. Tante donne si rivolgono oggi a Sant’Agata che fu martirizzata con l’amputazione delle mammelle, per scongiurare quindi le malattie (come i tumori) al seno. Molti proverbi conosciuti la riguardano, come “La terra rifiata e la merenda è ritrovata”. Domenica mattina, invece, c’è stata la benedizione delle ‘Crocelline’ e del paese. E poi la Santa Messa solenne e la riposizione della reliquia. Molti cittadini e i turisti si sono recati dai Collezionisti in piazza, nel centro storico di Sant’Agata. Qualcuno sfruttando l’ingresso libero ha visitato il museo archeologico di Sant’Agata con il mercatino. Nella foto, viene riportata la Capanna dell’Età del Bronzo ricostruita nel Villaggio Preistorico adiacente al museo.