NO. 3 I'GIORNALINO

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NO 3 Gennaio 2020

I’ GIORNALINO

Grazie, Prof.!


REDAZIONE

Direttrice GIULIA PROVVEDI (VA)

Vicedirettrice ELISA CIABATTI (IVB)

Redazione MATILDE MAZZOTTA (IVC), ALICE ORETI (IVB), AURORA GORI (IVA), DANIELE GULIZIA (IVB), DIANA GASTALDI (IIA), DIEGO BRASCHI (IVA), PIETRO SANTI (IVA) RICCARDO MOSCATELLI (IVA), PIETRO MARTELLI (VD), ALESSANDRO FRATINI (IIC), RACHELE MONACO (IB), ELETTRA MASONI (IA), GIULIA OTTINI (IA)

Fotografi SILVIA BRIZIOLI (caposervizio, IVA), MARIA VITTORIA D’ANNUNZIO (IIB), SOFIA ZOLLO (IIID), MATTIA DE NARDIS (VB), MARGHERITA CIACCIARELLI (IB)

Collaboratori ALLEGRA NICCOLI (IIB), MADDALENA GRILLO (IVB), ROXANA POPA (VB), SOFIA DEL CHERICO (VB), ALESSIA ORETI (IIIA), COSIMO CALVELLI (VE), IRENE SPALLETTI (IVA), ELISA CALVELLI (IVA), ELENA CANALI (IVA), DAVID FORTI (IIA)

Art Director DANIELE GULIZIA (IVB)

Disegnatori FRANCESCA TIRINNANZI (IIIB),

REBECCA POGGIALI (IVA)

Social Media MARGHERITA ARENA (IIIB), MARIANNA CARNIANI (IIIB)

Ufficio Comunicazioni AURORA GORI (IVA)

Referenti PROF. CASTELLANA, PROF.SSA TENDUCCI


29 gennaio 2020

Voglio dedicare il terzo numero de i’Giornalino a una donna magnanima che vive ancora nel cuore di tante persone, alla professoressa Anna Borghi. La sig.ra Borghi, durante la sua carriera, non solo ha dato lezioni di greco, latino, italiano, storia e geografia, ma anche lezioni di vita, formando così generazioni e generazioni di futuri cittadini del mondo. Noi studenti la ricordiamo come una brava insegnante, ma anche come un’amica e una seconda mamma per il tanto affetto mostrato negli anni e per questo non possiamo che ringraziarla. Cara Professoressa, ci ha dato tanto di lei sia culturalmente che umanamente e pertanto vivrà in eterno nei nostri cuori e nelle nostre menti. Io voglio ricordarla così: mentre scende le scale con la sua borsa rosso passione, come quella che metteva nel suo lavoro e in tutte le sue azioni, e mentre mi dà quel caloroso “Buongiorno”, anche nelle giornate più fredde. Giulia Provvedi


27 gennaio

Il segnalibro della memoria di Elisa Ciabatti

"Per non dimenticare". Quante volte abbiamo sentito queste parole. Quante volte ci sono stati eventi da non dimenticare. Quante volte, invece, siamo riusciti veramente a ricordare?

Tanti eventi nel corso della storia sono stati truci, abominevoli e disumani, eventi troppo spesso insabbiati e sottaciuti oppure giustificati dalla mancanza di un pezzo di carta che attestasse l'esistenza dei cosidetti Diritti Umani, eventi che ancora oggi incombono pesanti sulle opere buone compiute, perchè effettivamente è difficile dimenticare che chi ha compiuto certe azione era alla fine un uomo. La seconda guerra mondiale è stata senza dubbio un evento traumatico nella storia dell'umanità, che ha sconvolto,

rovinato e distrutto milioni di vite. Questa volta però non è passata inosservata, non è stata descritta solo come uno "sfortunato evento ormai passato", questa volta gli errori sono rimasti ben impressi nella mente di chi l'ha vissuto e ha deciso di raccontarlo. L'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha decretato, nel 2005, che ogni 27 gennaio sia celebrata la Giornata della Memoria per commemorare tutte le vittime dell'Olocausto, per non dimenticare, per far si che tutti sappiano ciò che è successo e che mai più possa accadere. Quello stesso giorno del 1945, infatti, le truppe dell'Armata Rossa liberarono il

campo di concentramento di Auschwitz, restituendo la vita a tutti coloro che pensavano di non averne più diritto. Non si parla quindi solo di una giornata dedicata a rimuginare sul passato, ma su una vera e propria presa di coscienza che ci spinga ad essere persone veramente umane. Anche coloro che hanno vissuto sulla propria pelle l'Olocausto e che ad oggi, dopo un lungo periodo di silenzio, hanno deciso di parlarne, non perdano tempo a ricordare quanto sia importante la memoria. Liliana Segre, nominata senatrice a vita nel 2018 e sopravvissuta ai capi di sterminio, e Primo Levi ne sono d'esempio. Con le loro parole hanno infatti cercato di sensibilizzare il più possibile tutte le generazioni con cui sono stati in contatto e che verranno dopo di loro. La senatrice afferma infatti:

❝L'indifferenza è più colpevole della violenza stessa. È l'apatia morale di chi si volta dall'altra parte: succede anche oggi verso il razzismo e altri orrori del mondo. La memoria vale proprio come vaccino contro l'indifferenza.❞

Ed è proprio l'indifferenza che ogni giorno si cerca di combattere e che ogni 27 gennaio è messa alle strette dai fatti e dalle persone che non sono disposte a lasciar passare, a dimenticare, a ignorare più di 5 milioni di morti, perché è solo ricordando che possiamo riuscire a riprenderci quell'umanità che non c'era in certi posti, a migliorarci e a non lasciar ripetere per alcun motivo un'atrocità simile.



Qualcosa è cambiato

di Irenick

La mia vita era sempre stata normale. Ero un quattordicenne come tanti e

frequentavo la terza media. Certo, qualcosa sarebbe potuto migliorare nella mia

vita, ma le verità è solo che ci si lamenta sempre quando si sta bene, perché se tutto

fosse perfetto la vita sarebbe alquanto monotona. Giocavo a calcio e avevo un

migliore amico. Tante volte da ragazzi si sogna che qualcosa cambi, ma quello che

piombò nella mia vita non era il cambiamento che desideravo.

Ricordo ancora quella mattina, quando entrando in cucina per fare colazione trovai i

miei genitori sgomentati, con gli occhi puntati su un giornale poggiato sul tavolo.

Allora non lo sapevo, ma quel giorno avrebbe stravolto la mia vita. Mese dopo mese

apparvero dei cartelli sulle vetrine dei negozi, vennero approvate nuove leggi e

quasi mi sorpresi di scoprirmi ebreo. I miei non erano praticanti, solo mio padre era

ebreo, ma mia madre, mia sorella ed io eravamo cristiani, come tutti, e neanche

conoscevo, prima di allora, la mia discendenza, non l’avevo mai ritenuta importante.

Non mi ero mai ritenuto un essere orribile, quel mostro chiamato “ebreo”, io non

sapevo di esserlo. Io mi sentivo come gli altri, mi sentivo io. Eppure quella stella,

quel pezzo di stoffa insignificante, che ormai era cucito su tutti i miei vestiti,

sembrava rendermi diverso. E se allo specchio non mi trovavo cambiato, se i miei

indumenti erano sempre gli stessi, l’atteggiamento degli altri era cambiato. I

passanti non mi guardavano negli occhi, fissavano quell’inutile pezzo di stoffa e si

scansavano, qualcuno addirittura mi faceva lo sgambetto e io cadevo lungo, disteso,

domandandomi cosa avessi fatto di male per meritarmi tutto quel disprezzo. Anche i

miei amici, quelli con cui prima uscivo spesso, mi evitavano, come se avessi il

morbillo e avessero paura che lo attaccassi loro.

Nell’arco di qualche mese mi tolsero una quantità di diritti che ritenevo talmente

scontati che non avevo mai pensato me ne potessero privare. Roba da non crederci!

Mi sembrava che fossero tutti impazziti e continuano ad esserlo, anche ora, ora che

ci è stato proibito di salire sugli autobus, di entrare nei negozi, ora che non possiamo

più essere trattati come gli altri.

Ma forse sono io ad essere diventato matto, perché anche qui, in questo vagone

stracolmo di gente che sgomita, io mi sento uguale agli altri, identico a tutte quelle

persone che là fuori camminano sui marciapiedi e non sono costretti a lasciare la

propria casa.

Io l’ho capito che non ci aspetta niente di buono. Sento vociferare gli adulti, che si

raccontano cose orribili, allucinanti, inconcepibili. Ma che siano vere o no, a me

importa poco. Io penso a quella valigia, quella che mi ha strappato un ufficiale

mentre mi spingeva dentro al treno e che nella confusione non ho saputo tenermi

stretta. Là dentro non c’era molto, ma c’era il mio quaderno dei disegni. Tra tanti,

rivedo l’ultimo, quello che nessuno potrà capire, e che andrà probabilmente perso

insieme a tutte le mie cose. È solo un foglio bianco, ma con una firma in fondo, la

mia. Quello rappresenta il mio futuro, un futuro incerto, bianco, di cui per la prima

volta ho paura.

Ora questo foglio, invece, su cui con tanta premura ho scritto i miei pensieri, lo

lascio andare, lo faccio volare via dal finestrino, così raggiungerà la valigia e la casa

che mi lascio alle spalle. Così almeno lui potrà essere libero. Io, ormai, non lo sono

più.


U.S.A.TI

Come gli USA controllano la rete di Pietro Martelli

Quali utilizzi vengono fatti delle foto, dei video, dei post, delle informazioni personali che ogni giorno condividiamo con un microprocessore?

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VENDITA AD AZIENDE COMMERCIALI Il primo utilizzo, quello più noto, è che questi dati vengano raccolti dai vari social network e venduti ad aziende al fine di creare pubblicità sempre più mirate e sempre più conformi alle nostre preferenze. Sostanzialmente l’essere umano diventa merce, acquistabile al fine di renderlo il consumatore perfetto. Il costo dei dati di una persona normale si aggira intorno ai $0,70. Ciò significa che l’identità digitale di 10.000 persone (non molte, se pensiamo a quante persone utilizzano internet abitualmente) viene venduta a $7000. Ovviamente più sono i dati di una singola persona, più questa cifra è destinata a salire.


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VENDITA A SOCIETÀ DI CONSULENZA

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USO GOVERNO AMERICANO

Il secondo utilizzo è la vendita a società di consulenza - come ad esempio Cambridge Analytica (ormai chiusa) - le quali stilano profilazioni (anche psicologiche) digitali sulla base dei dati raccolti appunto dai social network. Nel caso di Cambridge Analytica, l’azienda aveva acquistato dati provenienti da Facebook da uno sviluppatore di un’applicazione che sfruttava la modalità di registrazione tramite Facebook per raccogliere i dati dal social. Questi dati sono poi stati utilizzati durante la campagna elettorale di Trump nel 2016, per studiare e analizzare gli argomenti cari agli elettori e il loro orientamento politico al fine di creare una campagna elettorale su misura degli elettori stessi. Anche Barack Obama e Hilary Clinton hanno utilizzato

Il terzo utilizzo riguarda direttamente il governo USA. Ma come fanno i giganti di internet come Facebook, Google, Amazon e le aziende hi-tech come Apple e Microsoft ad essere funzionali al potere americano? Internet non è un’entità eterea, ma ha una sua fisicità espressa in server e cavi in fibra ottica posati sui fondali dei mari e degli oceani. Il server è la componente, sia hardware che software, di gestione ed elaborazione del traffico di informazioni. È anche il luogo di archiviazione dei dati del web. Ovviamente buona parte dei server presenti sul globo si trovano sul suolo americano, così come sul suolo americano fanno capo i cavi attraverso i quali passano i dati digitali. I tre maggiori motori di ricerca (Google, Bing e Yahoo) sono americani, e, tra le persone che hanno un profilo social, quelle che si collegano a social network americani variano, a seconda delle statistiche, tra il 96% ed il 98%. Immaginate la mole di dati che queste aziende possiedono. I dati in possesso delle multinazionali digitali vengono raccolti e analizzati dalle agenzie di intelligence americane (in particolare CIA e NSI, le quali si occupano anche di strategia militare) con l’obiettivo di capire i trend


quali sono i sentimenti di rabbia e quali sono le questioni che ci appassionano al fine di prevedere e manipolare tali tendenze. Le aziende di internet sono consapevoli però che il parlamento americano potrebbe danneggiarle in modo molto grave grazie alle leggi sulla privacy e sull’antitrust, regolando così la vendita di dati con la prima, e il mercato, in modo da non permettere alle aziende di ottenere il monopolio del mercato stesso, con la seconda. Queste leggi ancora non esistono, ed è per questo motivo che le “big tech” spendono moltissimo in “lobbying”, il doppio rispetto alla lobby finanziaria di Wall Street. Queste aziende sono subordinate al LOBBY governo perché in primis negli States il Gruppo di controllo geopolitico, e quindi influenza sul Congresso strategico, è predominante americano sull’aspetto economico; in secundis gran parte delle tecnologie utilizzate dai colossi digitali come il microprocessore, l’assistente vocale, ed internet stesso sono tecnologie nate all’interno del PENTAGONO Pentagono a scopo militare. Le quartier generale del Dipartimento aziende di internet le hanno solamente della difesa degli “prese in prestito” dal governo. USA Inoltre, dati posseduti dalle multinazionali digitali non riguardano solamente ciò che noi condividiamo consapevolmente, ma riguardano anche i luoghi in cui andiamo, che cosa diciamo, che musica ascoltiamo e i siti che visitiamo. Ad esempio, capita di ritrovarsi sponsorizzazioni di oggetti o servizi di cui magari si è solamente parlato con un amico oppure a casa con la propria famiglia. Questo è possibile grazie agli assistenti vocali che si attivano attraverso il comando vocale, e che quindi rimangono in costante ascolto dell’ambiente circostante. È chiaro quindi che l’ingerenza del governo americano e dei colossi digitali sulle nostre vite non è assolutamente da sottovalutare, e che possono concretamente influenzare o addirittura indirizzarci nelle nostre scelte, da quelle che riguardano l’acquisto di vestiti a quelle di natura politica, arrivando a manipolare la nostra opinione su avvenimenti, guerre, politici attraverso la selezione di contenuti da mostrarci sugli schermi dei dispositivi che usiamo quotidianamente.


ATTUALITĂ€

Il Cile oggi Dai conquistatori, passando per Pinochet, per arrivare all'attuale governo di Sofia Del Cherico


Quella che state per leggere più che una vera e propria intervista è un resoconto di una chiacchierata tra me e il professore cileno Cristian Gagliardo che mi ha gentilmente concesso del tempo per parlare del suo paese. Come spiegherebbe, in un quadro generale, cosa sta accadendo in Cile? Stanno accadendo diverse cose in realtà. Possiamo dire che tutto ha avuto inizio con i conquistatori, che hanno tolto la terra ai proprietari rivendicandola come loro. Questo problema continua a persistere ancora oggi. Nel corso della storia ci sono stati dei tentativi di raddrizzamento, alcuni governi hanno tentato di dare più partecipazione al popolo, popolo che, a eccezione di pochi, è povero e senza lavoro. Quindi è un problema di stato sociale? Esatto, tutti i laghi in cui pescare e le terre da coltivare sono in mano a quei pochi ricchi presenti nel territorio. Le scuole, le cure mediche sono tutte a pagamento, e chi non ha i soldi necessari non può istruirsi, eccetto per alcuni fortunati vincitori di borse di studio, e non può ricevere cure mediche adeguate. Se hai un infarto, ad esempio, quando vai in un ospedale pubblico hai già la consapevolezza che morirai a causa della mancanza di macchine e dottori. L’ unica speranza sarebbe andare in un ospedale privato, dove però ti chiedono, ancor prima di entrare, di lasciargli un assegno con cifre in bianco, se non puoi permettertelo, muori fuori. Inoltre, persino trovare lavoro è un’ impresa; se si trova, la paga è bassa. Prima, quando ancora abitavo là, nel 1980, le persone si indebitavano per un televisore, ad esempio. Oggi fanno debiti addirittura per mangiare.

❝Oggi i cileni fanno debiti anche per mangiare.❞

Quando sono cominciati questi problemi? Durante la dittatura o anche prima? Prima, se pure c'erano, non erano così sofferti. Durante la dittatura di Pinochet tutto è peggiorato, questo perché il governo della dittatura ha fatto un sistema pensionistico diverso dal precedente, nel quale lo stato si prendeva cura degli anziani. Con Pinochet, la cui famiglia ha rubato moltissimo denaro al Cile mettendolo in banche statunitensi, si è creato l' AFP (amministrazione fondi pensione), nel quale promettevano importanti fondi monetari che non hanno mai rilasciato. In aggiunta, Pinochet ha introdotto il traffico di cocaina nel paese e privatizzato tutti i luoghi pubblici, laghi, parchi, fiumi, rendendo difficile procurarsi di che vivere da soli, soprattutto per i Mapuches (nativi del luogo, ndr), ancora oggi il governo cerca di eliminarli con l’intento infuso da Pinochet di eliminare il cancro marxista dallo stato. Nonostante questo però, il popolo cileno è sempre stato abituato ad essere colpito, già dai terremoti, come quello del ’60. Per questo tra le persone gira il detto: “Ho le mie mani”. Parlando della forza del popolo cileno, cosa pensa del governo attuale e delle numerose rivolte che stanno avvenendo nello stato? L'attuale presidente, Sebastian Pinera, ha definito il Cile come un oasi priva di povertà, affermando il falso. È stato migliorato l'aspetto delle città, lrendendole più ricche, e per


mantenerne l'aspetto, invece di migliorare lo stile di vita dei suoi abitanti, hanno isolato i più poveri lontano dai centri. Le proteste avvengono proprio a causa di queste diversità sociali e economiche che il governo sembra aggirare. I governi di destra e di sinistra invece di cercare una soluzione per migliorare la situazione di tutto il popolo cileno preferiscono fare solo il proprio interesse. Un esempio sono le leggi per le quali chiunque sollevi una protesta contro il governo, viene messo agli arresti. È quindi una repressione? È una repressione vera e propria. Non c'è la stessa libertà di parola e di stampa che invece ho trovato in Italia. Nonostante le proteste vadano avanti da quattro mesi, l'Europa non ha fatto niente, gli Stati Uniti neanche. Le proteste non si fermeranno, spero, ancora per molto tempo, perché c’è bisogno di un cambiamento che sicuramente non può essere apportato restando in silenzio. Cosa chiede la popolazione attraverso queste proteste? Prima di tutto, una nuova costituzione (la costituzione attualmente in uso non è stata votata dal popolo, ndr). In secondo luogo, uno stato sociale, un welfare state, ovvero chiedono un aiuto da parte dello stato in termini di educazione, pensione e medica, poiché limitati solo ai ceti medio-alti della società. Poi, un taglio alla privatizzazione dei luoghi pubblici e una maggiore salvaguardia dell'acqua e dell'ambiente. Il presidente sostiene ci sia poca acqua, ma attualmente viene deviata e usata per innaffiare enormi pezzi di terra, appartenenti a una sola persona, nei quali coltivano Avocado. Come pensi andranno le prossime elezioni cilene? Cambierà qualcosa? La popolazione ha delle preferenze? La complicazione principale è che la popolazione cilena, la stessa che oggi protesta, ha votato questo governo. Il problema in questo è stata la mancanza di partecipazione, molti non hanno votato, lasciando spago ai ceti più alti. Ad aprile ci saranno le prossime elezioni, dove si deciderà se cambiare o meno la costituzione. L'altra faccia ella medaglia in questo è che, anche se tutti votassero ”SI” la funzione avrà inizio solo dopo quattro anni. Per quanto riguarda le preferenze, ci sono alcune persone, come il sindaco Daniel Haude che è molto ben voluto trai cileni. Altrimenti, c'è un parlamentare del partito umanista, Florcita Motuda, il quale nonostante il suo ruolo di rilievo, non ha mai cambiato il suo stile di vita semplice. Florcita era un cantante e già al tempo della dittatura aveva avuto la forza di opporsi attraverso la sua musica. Infine il professore mi ha raccontato una storia sulla sua infanzia per darmi un idea di

come è la vita in Cile: Quando ero piccolo, andavo alle elementari, avevo un bullo in classe che mi prendeva sempre le matite che mia nonna, con la quale vivevo, mi ricomprava ogni volta che tornavo a casa. Un giorno, quando sono tornato a casa, la nonna mi chiese di tirare fuori il mio materiale scolastico, e arrivato alle matite feci scena muta, dispiaciuto dell'accaduto e impaurito per la reazione che avrebbe avuto lei a riguardo. Nonna mi rimproverò aspramente dicendomi che se mi fosse successo un’ altra volta mi avrebbe dato tanti di quei ceffoni che non sarei più potuto andare a scuola. A me piaceva studiare, quindi il giorno dopo, arrivato in classe, quando vidi il bullo prendermi una matita, mi buttai su di lui e cominciai a colpirlo, tanto che non riusciva neanche a reagire. Alla fine, quando mi tolsero da sopra di lui, si, mi rimproverarono, ma ebbi anche tutto il mio materiale indietro.


di Aurora Gori


Questo mese ho intervistato una ragazza di IVC del Liceo Musicale, Zagara Militello. Da agosto 2019 è in Brasile e tornerà in Italia verso la fine di giugno 2020. Ecco cosa ci racconta in diretta dal Sud America!

Quella di viaggiare è una tua passione o è stato il brivido di un momento? A me è sempre piaciuto viaggiare, ma non mi era mai capitato ancora di fare una viaggio

di 11 mesi! Quindi potrei dire che questa volta è stato davvero il brivido di un momento:

un anno non sembra, ma è davvero lungo! Da dov’è nata l’idea di andare in Brasile? In realtà non è mai nata: facendo l’anno all’estero con Intercultura avevo la possibilità di

scegliere 10 paesi, ed io ho cercato di fare un elenco il più lungo possibile...

Ma il Brasile devo ammettere che mi ha sempre attratto, anche per la cultura, ma

soprattutto per la sua musica.

Hai parenti in Brasile? Se no, dove stai soggiornando? Come dicevo sto facendo l’anno all’estero con Intercultura e no, non ho parenti in

Brasile. Sto soggiornando nel centro esatto del Brasile, in casa di due fantastici ragazzi,

Marina ed Edson. La città/paese in cui stai soggiornando com’è? La città si chiama Goiania: è molto grande (quasi 11 volte Firenze). È una città piena di

vita, come un po' tutto il Brasile; la gente qui sembra sempre indaffaratissima, sempre

sommersa di cose da fare. Ed anche se non si direbbe, ci sono davvero un’infinità di

parchi, che non mi stancherò mai di visitare.

Hai avuto problemi con la lingua? Nella prima settimana non capivo niente. Poi ho iniziato ad imparare la pronuncia delle

domande fondamentali (dalle indicazioni a come chiedere da mangiare!). Dopo un mese

già me la cavavo abbastanza bene. Ci ho messo relativamente poco perché qui

praticamente nessuno parla inglese, o se lo parla lo parla così male che fai prima a

capirti in italiano! La cosa che ti ha colpito di più dei brasiliani? La cosa che mi ha colpito di più è il fatto che trovino sempre l’occasione o il pretesto per

ballare! Hanno la musica nel sangue i brasiliani! Quello dei brasiliani è uno stile di vita molto diverso dal nostro? Sì, assolutamente molto diverso. Più che altro secondo me sono le abitudini quotidiane


che fanno la differenza tra una cultura e l’altra.

Socialmente parlando non si direbbe, ma c’è addirittura un razzismo “interno” tra chi è

“caffè latte”, chi è “marrone” e chi è “nero”. È un paese molto più povero dell’Italia, un

palazzo che da noi viene visto come una costruzione “di periferia”, per loro è una casa

stupenda! C’è molta povertà e ci sono comunque persone benestanti che fanno soldi sulla povertà degli altri… È difficile descrivere il Brasile, ma vi posso assicurare che nonostante tutte le difficoltà è un paese stupendo, pieno di colori, di persone che tentano in tutti i modi di mantenere viva la propria, bellissima cultura, che non la vogliono lasciar morire così!

Stai avendo modo di confrontarti con il sistema scolastico brasiliano? I brasiliani sono molto più aperti. Ad esempio, a scuola i professori vengono chiamati per

nome e gli alunni anche, il rapporto che c’è tra i due è come un rapporto di amicizia, e

questo è molto bello. A scuola i ragazzi sono interessati a tutte le lezioni, non ho mai

sentito un professore gridare per mantenere l’ordine o lamentarsi degli alunni… Cosa che

in Italia succede per lo meno una ventina di volte al giorno. Le materie sono diverse dalle nostre? Sì. Ovviamente non si studia l’italiano, ma per il resto sono le stesse. La persona più stravagante che hai incontrato? Mi trovavo a Rio de Janeiro, vicino alla “Lapa”, un vivacissimo quartiere della città. Ero in taxi e dal finestrino ho visto una signora in mutande con solo una camicia sbottonata addosso ed una cuffia che le teneva su i capelli: parlava ad un telefono fisso al quale però era stato tagliato il filo… Il cibo più buono che hai assaggiato? Il cibo più buono… Mi piace tutto in realtà! Se proprio dovessi scegliere, direi in generale

il cibo della regione in cui mi trovo. Qui si mangia la pamonha: mais tritato e cotto con

formaggio e salsiccia, che viene poi chiuso nelle foglie della pannocchia e diventa un

piccolo fagottino delizioso! Oppure il pequi, un frutto che si mangia solitamente con il

brodo di gallina e il riso. Un’esperienza nuova che hai fatto? Tutto quello che finora ho fatto è stato nuovo. L’esperienza più bella è stata senza

dubbio il carnevale; vedere tutti in strada ballando la samba, è stato meraviglioso! Consiglieresti anche a noi di partire per il Brasile? Sì certamente, penso sia un paese più che degno di essere visitato. Comunque sono

dell’idea che viaggiare in generale sia un’esperienza da assaporare più di una volta nella

vita.

Il Brasile sembra proprio un paese sorprendente!

Vi ricordo che se avete delle domande per la nostra Zagara potete inviarle in direct alla pagina Instagram @i_giornalino

Le risposte verranno pubblicate il prossimo mese.


IL CACCIATORE DI TALENTI di Diana Gastaldi

Durante questo mese ho avuto la possibilità di intervistare una band, gli Echotempura, i cui componenti provengono da licei differenti, Silvia Brizioli, un’attrice classicista con il pallino per la fotografia e il pianista classico Pietro Iacopini.

Echotempura

echotempura

Per i cuori infranti e gli amanti del Messico gli Echotempura hanno pronti due inediti, 12 amanti e Lost in the taste. Il loro sound ispirato a Caparezza vi catturerà. Ma chi sono questi Echotempura? La voce del gruppo è Elisa Calvelli, al basso abbiamo Elena Canali, come chitarrista Nora Donelli e Lorenzo Giomi e alla batteria Matteo Mantelli. Frequentando la stessa scuola di musica, tra una battuta e l’altra, hanno deciso di formare una band. A maggio potremo assistere alla loro performance gustando un buon hamburger all’Hard Rock Cafe di Firenze.

Silvia Brizioli

Silvia Brizioli, caposervizio di fotografia per il giornalino, riesce a coniugare la passione per il teatro e per la fotografia all’impegno scolastico. Come dice lei il suo hobby è la fotografia, con cui ha mosso i primi passi attraverso gli scatti delle gite in estate e anche le foto agli amici fino ad arrivare ad adesso con dei progetti in cui le foto raccontano delle storie. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza la macchina fotografica che suo babbo ha regalato a sua mamma e il supporto pratico dei suoi stretti amici. Anche per il teatro la passione è profonda. Infatti, anche qui può esprimere al meglio sé stessa grazie all’ambiente umano che permette di dar vita a rappresentazioni uniche ed emozionanti.

Pietro Iacopini

pietro_iacopini

dueotrefoto

È quasi arrivato al traguardo della maturità il solista Pietro Iacopini, pianista da otto anni dotato d’istinto musicale, capace quando suona in pubblico di equilibrare razionalità e istinto in modo da gioire mentalmente ed emotivamente del brano in esecuzione. Per trovare questa condizione fisica e mentale si esercita con perseveranza così da districare e far propri gli innumerevoli nodi tecnici e melodici. Ama suonare in sessioni musicali con altri elementi e in particolare in trii dove si può confrarti e fondersi con gli altri strumenti; si diletta anche ad improvvisare, da solo o in compagnia.


SGUARDO RANDAGIO IN MEMORIA DI BRISTOL

JACK di Irene Spalletti

Vi presento Jack, nove anni, incrocio pastore tedesco e ogoargentino. Jack è un brontolone, testardo e protettivo. È molto diffidente, perché dalla vita non ha avuto altro che delusioni e dolore. Ma ora si è rimesso in gioco e sta cercando una famiglia che lo ami e da poter amare. Nonostante l’età è ancora bello da mozzare il fiato e il fisico non gli manca!Adora correre, giocare con la sua palla e fare lunghe passeggiate nei prati. A primo impatto può spaventare, con quel suo vocione, ma se si ha la pazienza di farsi conoscere, ti apre il suo cuore e rivela il cane splendido che è!

Riporto di seguito ciò che mi ha raccontato Martina Vignini, volontaria e vicepresidente dell’associazione. È stata lei a salvare Jack dalla brutta situazione in cui si trovava e lo ha aiutato a diventare il cane fantastico che è adesso.“Jack stava inizialmente nelle campagne, aperto e libero, poi, a seguito del trasferimento della sua famiglia in paese, è stato liquidato dentro un box. La prima volta che lo vidi lui iniziò a sbavare e si attaccò al cancello della gabbia. Il proprietario glielo aprì e me lo aizzò contro tanto che Jack arrivò a mordermi il piede. Per farmi conoscere andai altre 2 volte in passeggiata con lui accompagnata dai proprietari. Lo inserii quindi allo stallo, mettendolo io stessa dentro al box e andando tutti giorni mattina e sera a portarlo fuori e a gestirlo, perché degli altri volontari non so fidava e non si faceva avvicinare. Pian pianino ho iniziato ad allargargli la cerchia di persone, lavorando con le volontarie che avevano voglia di conoscerlo e di osservarlo. L'insegnamento di vita che Jack dà è quello di potersi fidare di nuovo dell'essere umano, di andare oltre i maltrattamenti subiti. Da quando è con noi Jack è cambiato tantissimo, ora è più tranquillo, ha lo sguardo più sereno, corre, gioca... Da un orco cattivo si è trasformato in Shrek.”

! Per donazioni!

Associazione Sguardo Randagio

IBAN: IT 37 Z083 2538 1600 0000 0208 710


MUSICA

L’indie in Italia di Rachele Monaco

L’Indie è un genere musicale abbastanza diffuso in Italia. Le canzoni, solitamente, non vengono composte a scopo commerciale: infatti la parola Indie, deriva da indipendent, poiché rappresenta i musicisti che vogliono differenziarsi dai più grandi marchi musicali: i portavoce di questa “corrente” venivano prodotti da case discografiche autonome.

L’obiettivo era quello di differenziarsi dalla massa, di non essere una tendenza, di essere compresi da pochi. Molti, interpretano questo intento come una smania di avere successo. Solo negli ultimi anni alcuni cantanti iche si etichettano come indie stanno avvalorando la tesi di molti: voler esordire, avere successo, a tutti i costi. Ma non bisogna fare di tutta l’erba un fascio. L’Indie, non è nato per essere un genere musicale, bensì, per essere un movimento sia di pensiero, che artistico. Dopo il grande successo riscontrato, ha cominciato a diffondersi, fino ad essere considerato a oggi un genere musicale vero e proprio. Trovo che anche dopo aver avuto molto successo, la maggior parte dei musicisti indie continuino a non omologarsi e a mantenere un’elevata originalità, infatti i testi non trattano sempre i soliti temi, è come se

l’autore ci facesse vedere tutto con un’ altra prospettiva. Una canzone indie che si rispetti presenta queste caratteristiche: il ritornello è sempre ben definito, la melodia composta da tre, quattro note, spesso è presente un assolo di chitarra e l’accompagnamento è fatto da una batteria che enfatizza e definisce il momento del ritornello e che al contempo da l’idea di un’esplosione.

Per quanto riguarda le parole, a volte vengono raccontate storie, oppure vengono cantate un mucchio di frasi ad effetto, collegate da un sentimento unico, o da una situazione, ma che rendono sempre chiaramente il sentimento o l’emozione su cui si basa la canzone. Non manca mai, proprio MAI, un lato malinconico, ma viene sempre smorzato da qualcosa di divertente, e perciò anche la cosa più triste risulta essere apparire comica.

Questo genere si è cominciato a diffondere intorno agli anni ’90-’80 tra gli Stati Uniti e l’Inghilterra, dove le grandi Major cominciarono a interessarsi a questo genere emergente, e poi arrivò in Italia. Ha avuto il suo boom durante i primi anni duemila. I primi cantanti di questo genere in Italia sono: Manuel Agnelli, i CSI e I tre ragazzi allegri morti. Essere diversi è coraggio, è rischiare, è uscire fuori dagli schemi, infatti le prime canzoni venivano trovate diverse e quindi strane, non venivano apprezzate. Dalle prime canzoni indie italiane tanto stato scritto e contattato e l’opinione è totalmente cambiata dai primi anni duemila. Senza il rischio non si va da nessuna parte!

TOP HITS INDIE ITALIA a cura di Alessandro Fratini

1. Affogare 2. Klimt

di Legno

7. Polynesia

di Gio Evan

3. I Nostri Anni

di Tommaso Paradiso

4. Arsenico di Aiello 5. Sorriso

di Calcutta

6. Cornflakes

di Eugenio Campagna

di Gazzelle

8. Capita Così

di Brunori Sas

9. La mia ultima storia

di Aiello

10. Una canzone che non so

di Gazzelle


di Elettra Masoni e Giulia Ottini

Sto tornando a casa e ripenso a quella che è stata la giornata di oggi: sono entrato in ritardo e appena ho varcato la soglia della classe, il docente e tutti i miei compagni mi

fenomeno da baraccone

hanno guardato come se fossi un . Il professore mi ha detto in tono sprezzante di uscire dall’aula ed entrare alla seconda ora, ma, prima di

risatine

chiudere la porta, sento e bisbiglii. Ho seguito le lezioni successive e, a ricreazione, vedo lui: quello che più si divertiva tra i miei compagni a vedermi fuori dalla stanza. Vorrei fare qualcosa. Gli vado incontro, non so cosa dirgli, ma voglio chiarire. Capisce le mie intenzioni e accenna un sorrisetto arrogante e provocatorio, che poi si

disorientato

trasforma in una risata derisoria. Sono e non so cosa fare. Sorprendendo addirittura me stesso, sferro un pugno. Senza realizzare il gesto, inizio a correre, mi sento bene.

Passa il fine settimana… Oggi mentre camminavo per i corridoi le persone mi guardavano in modo ammirevole, probabilmente la voce si è sparsa… Se agendo in questo modo riesco ad ottenere reazioni positive, forse dovrei continuare.

Siamo quasi al termine dell’anno scolastico… Oggi è l’ultimo giorno di scuola, mentre passo per i corridoi, le persone non mi guardano

timore

più con la stessa ammirazione, vedo nei loro sguardi il , forse, avrei

dovuto farmi scivolare le cose addosso, fermarmi solo ad un pugno o magari non iniziare proprio.


Mmh… Questa mattina mi sento… Come le altre. Sto sfilando per i corridoi sfoggiando i medesimi capi firmati. Ondeggio i miei capelli piastrati e il mio trucco non ha bisogno di presentazioni, così sono sicura di me. Incrocio lo sguardo di una ragazza di cui sinceramente non so nemmeno il nome, mi fissa come se fosse quasi migliore di me, è

bruttina e credo pure che non sia neanche così tanto simpatica. In classe ne parlo con il mio gruppetto di amiche e la pensiamo tutte allo stesso modo. La vedo parlare sorridente con le persone che capitano, ma chi si crede di essere con quegli abiti scelti

al buio e quella coda di cavallo? Al cambio dell’ora le faccio capire chi è che detta le regole. La chiamo e le chiedo che problemi abbia, lei con una risata ironica si scusa sentendosi innocente e se ne va, richiamo l’attenzione delle persone attorno a me compresa lei e informo compiaciuta di passare meno tempo possibile con quella insolente, lei sembra non dare importanza alle mie parole, ma è solo l’inizio.

“Suona la campanella della fine delle lezioni , torno a casa infastidita, allora decido di fare una breve visita sul suo profilo, è scarno, con pochi follower. Commento sotto le misere

frecciatine , condivido i post con i miei amici e conoscenti. Tutti devono sapere chi evitare.

foto lanciando

Mesi dopo… Questa mattina sono come sempre molto curata, ma qualcosa è cambiato, non vedo più

quella ragazza sorridere parlando con le persone che capitano, anzi la vedo

triste e in

solitudine con gli occhi gonfi e i capelli sciolti a coprire il viso. Volevo davvero arrivare a questo? Ora che ci penso può darsi che il problema non fosse il suo modo di fare ma il mio, tutte le volte che mi guardo allo specchio non vedo niente di buono e invidio le persone che sono piacevoli anche senza ricercare tutta questa attenzione.

MA COS’ È IL BULLISMO?

Il bullismo è una forma di comportamento sociale di tipo violento e intenzionale di natura sia fisica che psicologica, ripetuto nel corso del tempo e attuato nei confronti di persone considerate dal soggetto bersagli facili e/o incapaci di difendersi.

QUALI MOTIVI DOVREBBE SPINGERE UN BULLO AD ESSERE UN BULLO?

I motivi che spingono i giovani a compiere atti di bullismo possono essere diversi e ogni singola situazione va vista nello specifico. In generale le cause possono essere rintracciate in diversi ambiti da quello familiare a quello individuale passando a quello socio-culturale.

UNA PERSONA CHE HA SUBITO IL BULLISMO RIESCE A SUPERARLO DAVVERO?

Certamente il superamento del problema è possibile, grazie a sostenitori, aiuti o figure specializzate che aiutino ad affrontare un percorso volto ad incrementare l’autostima, coltivare passioni, a stabilire relazioni sane e comunicare in maniera efficace.

COME SI RICONOSCE UNA VITTIMA DI BULLISMO?

I segnali possono essere segni sul corpo come: ferite, graffi e lividi, abiti o oggetti rovinati oppure sintomi come irritabilità, ansia e tendenza ad isolarsi.

CONCLUSIONE

Il bullismo parte anche da azioni minime, può far male anche un semplice commento oppure l’elencazione dei propri difetti, come se già non li sapessimo. Che poi, servisse a qualcosa, i difetti sono solitamente fisici, cose che non abbiamo deciso noi e che non possiamo nemmeno cambiare. Non date peso alle parole delle persone che vogliono ferirvi, ma a quelle che vi vogliono bene. Con questo non diciamo di lasciar scorrere un atto di bullismo o comunque un atto provocatorio, ma cercare di evitarlo.


ALLA SCOPERTA DEL MUGELLO

Visita alla Villa delle Maschere

LA STORIA deLa Franca

La villa piglia ì nome dalle ventidue maschere tutte differente scorpite su ‘n la1 facciata a Oveste. Fu costruita s’una collina che oggi c’ha innanzi ì Lago di Bilancino (sì, Fiorentini, quello che vi dà da bere a voantri2 ) verso la fine d’ì sedicesimo secolo (aimmeno3 , le

testimonjanze iconografiche l’enno presente da ì 1585) dalla famiglia de’ Bettini. Doppo, la compronno e’4 Gerini (pé questo la si chjama anche “Villa Gerini”) che l’allargonno e

sistemonno e’ diciannove ettari di parco con de’ viali e ì giardino all’italiana. Nella villa vjensero5 dimorti6 re, regine e papi e ci furno fatte delle grande feste. N’ì 1963 prencipiò ì degrado pé l’abbandono che fece crollà un po’ d’ì tetto; solo n’ì 2000 fu comprata pé rimettila un po’ su, e’7 lagori8 finirno n’ì 2008. E’ compratori l’apersano9 a ì pjuvvico10 n’ì Marzo d’ì 2009 come albergo.

LE FOTO

di Pietro Santi

Gl’è un foharile11 di nulla! Magara ci stassi, sa’ ‘he rialti farebbi12! Gl’ene una di vélle13 ville delle gente a miccino14! Purtroppo in arcune fotho e cenno le marruhe15 e’ seccaroni16 pieni di fruscoli17 ‘he un te le facciono venì’18 bene. Arcune però me ne viensono senza e’ talli19 e gl’arberi.

GLOSSARIO su ‘n la1 (<in sulla) = sulla;

voantri2 = voi (quando si vuole dare enfasi al pronome);

aimmeno3 = almeno;

e’4 = i (articolo);

vjensero5 = vennero;

dimorti6 = molti (ma questo si sa, vero?);

e’7 = contrazione di e + e’ (ita.: e + i);

lagori8 = lavoro;

apersano9= aprirono;

pjuvvico10 = pubblico;

foharile11 = focolare, abitazione; farebbi12= farei;

vélle13= quelle;

miccino14= per bene;

marruhe15= rovi;

seccaroni16= piante secche;

fruscoli17 = rami secchi;

venì18= venire;

talli19 = cespugli;


In questa fotho si vegghe20 un po’ della

limonaja, indò’ ci tene’ano e’ limoni a ì’coperto, ni’ Mugello miha semo ’n Sicilia, indo’ gli fa caiddo21! E si piglian le pispole22 in gennaio!

Ecco, c’enno l’uggiose23 vilumahole24 ’he

vegghe20 = vede;

caiddo21 = caldo;

pispole22 = fa freddo;

uggiose23 = irritanti, noiose;

vilumahole24 = rovi;

alithà 25 = località;

hon 26 = con;


Beh, questo gl’ee i’ panorama dalla lo’ alithà 25 delle Maschere, si vegghe tutto

i’Mugello, da Galliano, indò’scorrano la Sorcella e i’ Tavajano, fino a Vicchio e lontano, ma miha parecchio, l’Appennino.


La veduta, da ‘ndo’ sta la Villa, della Valle di Barberino, e’ Monti di San Giovanni hon 26 sotto i’ Lago di Bilancino (vu’ be’i dimçrto vo’ fiorentini).


I MIGLIORI DIECI FILM DEL 2019 di Maddalena Grillo Il 2019 è stato un anno davvero interessante per il mondo del cinema, infatti diversi esponenti di questo mondo meraviglioso lo hanno scelto per dar luce alle proprie opere. Stilare una lista di dieci film non è stato facile, sono state numerose le correzioni e gli spostamenti di classifica che ho effettuato nello scrivere questo articolo. Ovviamente questa è una classifica amatoriale dettata in buona parte dal gusto personale e, come sempre quando si parla di arte, il tutto contiene molta soggettività. Detto ciò iniziamo subito a vedere le posizioni dieci e nove, nel prossimo numero verranno svelate le successive!


10. Martin Eden, Pietro Marcello Pietro Marcello, nel suo libero adattamento di Martin Eden di Jack London, sostituisce Oakland con Napoli. La trasformazione di Martin, interpretata da Luca Marinelli che ci regala una performance davvero ottima, è sociale, culturale. Abbiamo un giovane che cerca di incrementare il proprio sapere per poter essere degno dell’amore di Elena, una ricca figlia di borghesi. Il regista intercala alle scene ambientate durante i primi dell’Ottocento dei materiali di repertorio tratti da numerosi archivi in epoche diverse. Abbiamo dunque un film che spazia da un periodo storico all’altro, essendo in grado di contrapporre alle vicende di Martin scene di vita quotidiana delle classi meno agiate di una Napoli che, nonostante le condizioni economiche punitive, è capace di mantenersi sempre vitale. Inoltre abbiamo una netta distinzione tra l’entusiasmo giovanile e il disincanto dell’età adulta del protagonista, data, oltre che dalla recitazione, dalle scenografie, dalla fotografia e in particolare dalla luce, che nella prima parte del film ha toni più caldi, come se la vita di Martin fosse irraggiata da un caldo sole primaverile, cosa che invece cambia nella seconda, dove il protagonista si trova a dover affrontare l’inverno della vecchia in solitudine.

9.

Pinocchio, Matteo Garrone

La storia di Collodi, conosciuta da tutti, è tornata quest’anno al cinema per la sesta volta sul grande schermo dal 1911, senza contare le trasposizioni ideate per la televisione della quale fa parte il famosissimo sceneggiato di Comencini. Pinocchio è sempre stata una favola davvero difficile da rendere al cinema, in molti ci hanno provato, ma davvero in pochi ci sono riusciti. Matteo Garrone, per quanto mi riguarda, fa parte dei pochi che ce l’hanno fatta. Questo film è lodevole sotto diversi punti di vista, innanzitutto la fedeltà al libro. Chiariamoci, trovo insopportabile il costante paragone tra libro e film quando lo sceneggiato non è originale, perché comunque si tratta pur sempre di due prodotti differenti pensati in maniera differente. Ma in questo caso si tratta di una favola eterna, di una storia che è entrata a far parte dell’immaginario comune di tutti noi, sarebbe stato dunque sacrilego prendersi certe libertà, cosa che però, al contrario di molti, Garrone non ha fatto. La fotografia è capace di rendere al meglio l’ambiente fiabesco nel quale ci troviamo, allo stesso modo gli effetti speciali. Una cosa a cui fare attenzione è come il film sia “a misura di bambino” e questo traspare sì dalla storia, ma anche in modo implicito dalle inquadrature: la telecamera infatti è spesso posizionata a circa un metro o poco più da terra, rendendo così la visuale del mondo del burattino. Spettacolare anche il lavoro fatto dalla sezione make-up, ad esempio il viso di Pinocchio è stato realizzato interamente con trucco di scena anziché al computer, rendendo un’espressività decisamente più autentica. La presenza di un attore come Benigni non fa che aggiungere valore al prodotto in questo caso, poiché è in grado di regalarci un fantastico Geppetto. Matteo Garrone è stato in grado di regalarci un film pieno di stupore e di meraviglia, nel quale non è affatto difficile perdersi.


RECENSENDO…

Il Giovane Holden The catcher in the rye L’adolescenza, uno dei temi più affrontati dalla società moderna, è anche ciò di cui tratta questo romanzo scritto da Salinger, scrittore statunitense nato a New York il 1 gennaio 1919 e morto a Cornish nel New Hampshire il 27 gennaio 2010. Dopo aver praticato molti lavori diversi inizia a scrivere per The New Yorker dal 1948, e pubblica per la prima volta The Catcher in the rye il 16 agosto 1951, romanzo che vede come protagonista il giovane Holden Caulfield il quale, dopo essere stato cacciato per l’ennesima volta dal collegio in cui era stato mandato dai genitori decide di partire qualche giorno prima delle vacanze di natale per andare a New York in attesa di tornare dai genitori dopo che questi avessero smaltito la notizia della sua bocciatura. L’adolescenza il periodo più bello della vita secondo gli adulti ma molto spesso non altrettanto apprezzato dai giovani che la vivono e che ogni giorni devono affrontare sbalzi d’umore improvvisi, brufoli disgustosi che spuntano quando meno vorresti, e figuracce colossali, oddio, forse questo è più soggettivo che oggettivo. Questi anni però non sono solo cellulite e brufoli ma sono anche gli anni in cui decidi chi vuoi essere nella vita, in cui decidi da che parte stare, gli anni in cui ti sembra di capire il mondo e di sapere tutto ,un giorno, e il giorno dopo non sapere più niente, gli anni in cui sei ripetitivo, critico e magari anche scortese, ma soprattutto sono gli anni in cui ti accorgi di cosa vuol dire essere giovane e di non voler più crescere. Il Giovane Holden parla di come le esperienze che facciamo durante questo breve periodo di vita determinino ciò che diventeremo un giorno ma anche di come il finire di questo periodo, detto da un’adolescente, rappresenti la fine della libertà e la costrizione ad adeguarsi alle regole perché non sei più un bambino… Non ufficialmente almeno. Leggendo è incredibile vedere come gli atteggiamenti di Holden, il protagonista, siano simili ai nostri; la sua fugace felicità, il suo desiderio di fermarsi e guardare il mondo scorrere senza di lui, il suo desiderio di cristallizzare tutto ciò che è bellissimo ma che è destinato a cambiare, ma anche il suo attaccamento al passato che lo porta a vedere la realtà con occhi critici e velati di nostalgia. Incredibile è anche il linguaggio utilizzato da Salinger che risulta molto innovativo per il periodo in cui scrive, con gli etc…, onomatopee ed altre espressioni un po’ crude tenta e riesce a riprodurre il linguaggio di un giovane piuttosto incurante di ciò che lo circonda ma per niente stupido. Innovativa è anche la copertina; completamente bianca eccetto per il titolo del romanzo, scelta dovuta al desiderio dell’autore che il suo libro non venisse giudicato dalla copertina o che venisse comprato per come figurava in una libreria, ma per il valore delle parole scritte al suo interno. Se questo libro merita di essere letto? Assolutamente sì perché i libri che mi lasciano assolutamente senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l’autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira e questo è uno di quelli.


TOLO TOLO di Giulia Agresti

Luca Medici, noto col nome d’arte Checco Zalone, dopo quattro anni dal suo ultimo film di successo Quo Vado, si ripresenta al cinema con una tematica di grandissima importanza ai giorni d’oggi: quella dell’immigrazione. Molti critici hanno però affermato che questo argomento non ci sia e che l’attore abbia esclusivamente voluto utilizzarlo come sfondo per "fare audience”. In realtà io direi che, sebbene non possiamo definirlo un documentario sull’Africa, Tolo Tolo si basa proprio su questo. Il film parla di Checco, che oppresso dai debiti, decide di emigrare in Africa, dove trova lavoro come cameriere ad un resort privato. Tuttavia, a causa della guerra, dovrà spostarsi nuovamente in un viaggio di fortuna per provare a tornare in Italia. Il nuovo lungometraggio di Zalone viene pubblicizzato dalla canzone che farà parte della colonna sonora Immigrato, criticata da molti per la poca tolleranza nei confronti di coloro che arrivano in Italia in cerca di una vita migliore. Ma in verità l’attore assume il punto di vista dell’italiano medio prendendo in giro gli stereotipi e i luoghi comuni di tutti coloro che hanno difficoltà ad accettare questo tipo di cambiamento nella nostra società. L’ ingegnosità dell’attore sta nel non schierarsi da nessuna parte: se in certi punti sembra esaltare a pieno la destra, si smentisce subito con battutine contrarie, così che alla fine ognuno può godersi il film senza sentirsi preso in giro o accusato. Alla maggior parte di coloro che l’hanno visto non è piaciuto: “Ha voluto inserire il tema dell’immigrazione in un film comico e ha stonato parecchio”, “Erano meglio quelli prima”, sono state alcune delle critiche. In realtà, sebbene da una parte sia vero che i film precedenti, essendo atti alla sola comicità, abbiano fatto più ridere, dall’altra questa pellicola è geniale, perché Luca Medici è riuscito a farci aprire gli occhi su una realtà quotidiana che siamo soliti ignorare: le difficoltà che devono affrontare tutti coloro che partono dall’Africa con la speranza di arrivare in Italia. Ponendo accanto la figura di Checco e il personaggio Africano Oumar, ci mostra la grandezza dei problemi di chi rischia di morire tutti i giorni rispetto ai problemi che riteniamo di avere noi. Il pubblico in sala quindi, se da una parte è divertito dalle battute, dall’altra si fa un esame di coscienza e prende atto della gravità della situazione impersonandosi nel personaggio principale. Tutti coloro che non l’hanno apprezzato, o non hanno capito il vero senso del film, oppure rifiutano di preoccuparsi di un fatto che, anche se non sembra, ci colpisce così da vicino e rimangono dunque annoiati quando ne sentono parlare. Fonte: The Space Cinema





FEBBRAIO ARTE

MUSICA

LETTURE

DAL 5 AL 20

11

8

ARTISTI IN VETRINA

CONCERTI AL CHERUBINI

GIORNATA DELLA LINGUA GRECA

ore 18:00 Sala dei giochi, Villa Favard Esibizione di solisti e gruppi da camera del Liceo Musicale.

ore 10:00 Teatrino sede di Via Puccinotti, 55 Letture e interventi sulla cultura greca a cura del Liceo Classico.

20

25

POMERIGGI PIANISTICI

EKATERINA. UNA SCHIAVA RUSSA NELLA FIRENZE DEI MEDICI

Vetrina della sede di Via San Gallo Mostre a cura di studenti ed ex studenti.

DAL 22 AL 4/03 ARTISTI IN VETRINA Vetrina della sede di Via San Gallo Mostre a cura di studenti ed ex studenti del Liceo Artistico.

ore 17:30 Checcacci Store, Firenze Pianisti del Liceo Musicale in concerto.

27 CONCERTI AL BOBOLINO ore 17:00 Residenza Il Bobolino Esibizioni di solisti e gruppi da camera del Liceo Musicale.

ore 17:00 Teatrino sede di Via Puccinotti, 55 Incontro con la scrittrice Maria Luisa Bianchi, a cura del Liceo Classico


CONTATTI @i_giornalino I’Giornalino dell'Alberti Dante ilgiornalinoalbertidante@gmail.com


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