NO. 1 I'GIORNALINO

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N.O 1 Novembre 2019

I’ Giornalino


REDAZIONE

Direttrice GIULIA PROVVEDI (VA) Vicedirettrice ELISA CIABATTI (IVB)

Redazione MATILDE MAZZOTTA (IVC), ALESSIA ORETI (IIIB), ALICE ORETI (IVB), AURORA GORI (IVA), DANIELE GULIZIA (IVB), DIANA GASTALDI (IIA), DIEGO BRASCHI (IVA), PIETRO SANTI (IVA), RICCARDO MOSCATELLI (IVA), PIETRO MARTELLI (VD) Fotografi SILVIA BRIZIOLI (caposervizio IVA), MARIA VITTORIA D’ANNUNZIO (IIB), MATTIA DE NARDIS (VB), SOFIA ZOLLO (IIID) Collaboratori ALLEGRA NICCOLI (IIB), MADDALENA GRILLO (IVB), ROXANA POPA (VB), SOFIA DEL CHERICO (VB) Art Director DANIELE GULIZIA (IVB) Disegnatori FRANCESCA TIRINNANZI (IIIB) REBECCA POGGIALI (IVA) Grafico BERNADETTE SILVA (VC) Social Media Editor ALICE ORETI (IVB) Ufficio comunicazioni AURORA GORI (IVA) Referenti PROF. CASTELLANA, PROF.SSA TENDUCCI


I Curdi: il popolo tradito di Alice Oreti

La questione curda è esplosa negli ultimi anni per i media occidentali, con un’omertà che ha distrutto secoli di lotte e resistenza di questo popolo. Questa non è una guerra di pochi anni. Questa è la storia di un popolo oppresso.

Il popolo curdo è di origine indoeuropea, una mistione tra le popolazione autoctone del Kurdistan e diverse tribù indoeuropee che si spinsero fino ai territori dell’Alta Mesopotamia. Da sempre combattente, ha dovuto scontrarsi con gli eserciti assiri, è stato dominato per due secoli dai Persiani, in guerra con i Greci, dominato dai Romani, conquistato dai popoli islamici, invaso dai Mongoli e dai Tartari, dai Persiani safawidi e dagli Ottomani fino alla fine della prima guerra mondiale. E proprio allora, quando sembrava ci fosse una piccola speranza di indipendenza, avvenne il tradimento verso il più grande popolo attualmente senza terra. Con il trattato di Sèvres del 10 agosto 1920 ai Curdi fu promessa la creazione di uno stato indipendente a loro dedicato: il tanto sognato e agognato Kurdistan. Bisogna però sottolineare che nel 1916 un trattato segreto, quello di Sykes-Picot, aveva definito la spartizione tra gli Alleati delle zone arabe in caso di sconfitta dell’Impero Ottomano. Ogni speranza d’ unità del popolo curdo fu brutalmente distrutta con il Trattato di Losanna nel 1923, che cancellò di fatto il Kurdistan dalla carta geografica. Da allora le varie comunità curde, spartite in quattro stati, Iraq, Iran, Turchia e Siria, reclamano la loro indipendenza. Nel 1978 Abdullah Öcalan fondò il

partito dei lavoratori turchi, il PKK, che dal 1984 combatte una guerra silenziosa, che per le potenze occidentali non è di rilievo. La lotta indipendentista curda è da sempre stata repressa, principalmente perché la Turchia ha richiesto che il PKK fosse inserito nelle liste delle organizzazioni terroristiche internazionali ed è per questo che il leader del PKK si trova dal 1999 nell’isola-carcere di Imrali, in isolamento, condannato al carcere a vita. Nonostante nel 2013 siano iniziati i negoziati di pace tra Öcalan e il governo turco, con la ripresa dei bombardamenti da parte delle milizie turche sul PKK in nord Iraq nel 2015, questi negoziati sono stati interrotti e le operazioni di guerriglia tra le unità di difesa (HPG e YJA-STAR) e il governo di Erdogan sono ricominciate. Dalla nascita di Daesh – così viene chiamato in quelle zone il sedicente stato islamico – le unità di difesa curde geograficamente schierate in Turchia (come quelle appena citate) e quelle siriane (i peshmerga e l’YPG) danno il loro contributo nella lotta contro l’ISIS, tanto che sono considerati i più grandi esponenti della resistenza anti-terrorismo. Cosa che non si può invece dire della Turchia stessa, che nei combattimenti in Iraq e Siria non solo non ha mai fornito aiuto, ma ha pure lasciato che il territorio turco fosse usato


come base di transito per molti jihadisti stranieri che volevano unirsi all’ISIS. Il popolo curdo, nelle proprie operazioni di resistenza e di lotta al Daesh, ha sempre ricevuto tutt’altro che aiuto e sostenimento: il governo Erdogan continua ad attuare una politica di cancellamento dell’etnia curda, di fatto, portando avanti un genocidio. In Turchia, i Curdi – che ricordiamo essere un quinto della popolazione - non

possono più parlare in pubblico la loro lingua, ascoltare la loro musica tradizionale, esprimere l’appartenenza alla loro etnia, non possono più tramandare i loro cognomi ai loro figli.

Molti Turchi negano addirittura la loro esistenza: “Non sono Curdi – dicono – sono Turchi delle montagne”. Parti del Kurdistan hanno però raggiunto una parvenza di indipendenza, come il Kurdistan iracheno, ormai riconosciuto come regione federale, e il Rojava, il Kurdistan siriano, che è stato conquistato goccia di sangue dopo goccia di sangue, centimetro per centimetro. Al suo interno c’è il simbolo di tutta la resistenza curda: Kobane. Di Kobane ci parla Zerocalcare nel suo Kobane Calling, un graphic novel/diario di viaggio dell’autore stesso nelle zone di guerra curda. Nel suo diario di viaggio, Calcare descrive bene il sentimento di appartenenza dei curdi ai loro territori, l’importanza della donna, la tolleranza di tutte le etnie e religioni, il sentimento di desiderio di libertà e la volontà di combattere per l’unità del loro popolo, che ormai sognano da troppi anni. Il popolo curdo sta organizzando il suo nascente stato sui principi del multiculturalismo, del femminismo e dell’ecologismo, secondo il confederalismo democratico.

Gli ultimi avvenimenti non ci fanno ben sperare: in seguito alla morte di Al Baghdadi e alla presunta sconfitta dell’autoproclamato stato islamico, Trump ha deciso di ritirare le truppe ausiliarie fornite finora nella lotta all’ISIS, lasciando, di fatto, campo libero alla Turchia per il proseguimento di questo genocidio. Kobane Calling è solo un piccolo esempio della forza, della speranza, dell’orgoglio e del desiderio di libertà curdo ed è solo un aspetto della punta dell’iceberg. Mentre la maggior parte delle potenze mondiali non fa altro che voltare la testa e far finta di nulla, o peggio ancora - come fa del resto anche l’Italia - pagare ingenti cifre al governo Erdogan per bloccare i migranti che passano dalla Turchia, ci sono persone che ogni giorno combattono per quello che per noi è scontato: una casa, la libertà, la vita. In questo clima di omertà e di indifferenza si alza il canto delle guerriere curde, vere protagoniste della resistenza. Il mio appello a voi è questo: informatevi, parlate di loro, informate a vostra volta, perché è con la consapevolezza che possiamo aiutare in qualche modo. Io vi chiamo alle armi della conoscenza, per il popolo curdo.

si chiama così in curdo l’urlo di guerra delle donne. I terroristi tremano, si narra: il «tululu» gli promette due cose: «Vi uccideremo» è la prima, e la seconda dice: «Il vostro credo vi promette 72 vergini in Paradiso se verrete uccisi in guerra come martiri di Allah, shahid. Però vi dice anche: se morirete per mano di donna è scritto che non potrete entrare in Paradiso. Rosolerete all’Inferno per sempre».

TULULU


INTERVISTA A TERESA NERI “EUROPE STOP KILLING” “TURKEY STOP KILLING THE KURDS” di Sofia del Cherico


Cosa ti ha spinto a sviluppare questo progetto? Moltissime persone hanno preso parte con te in questa “lotta” ti senti fiera di quello che hai realizzato? All’inizio del tuo lavoro, delle persone hanno rovinato il manifesto di Europe stop killing che avevi appeso, quali pensi siano state le loro motivazioni? Ho iniziato col primo lavoro a partire dai compiti che ci avevano assegnato per l’estate scorsa: dovevo realizzare un murale e ho scelto di parlare della questione immigrazione. Quando ho attaccato il primo “manifesto” non mi immaginavo di proseguire e pensavo, forse ingenuamente, che sarebbe rimasto lì più a lungo. Ma è andata diversamente. Non reputo che la reazione suscitata dal murale sia stata una questione prettamente ideologica, attaccandolo ho coperto un tag (firma ndr) e questa può essere stata la motivazione (che personalmente non ritengo lo stesso valida). Questo è stato il vero stimolo che mi ha spinta a continuare e a sviluppare un progetto più ambizioso; c’è una parte della società che non vuole vedere il problema ed è proprio a loro che vorrei rivolgermi per le strade. Per ora più che soddisfatta sono rincuorata dal fatto che ci siano altre persone che la pensano come me. Quando ho letto che gli accordi fra Italia e Libia sono stati rinnovati, ero delusa, delusa dal cambiamento che non c’è stato. Dopo le critiche alla politica di Salvini, il governo attuale non è stato in grado, per ora, di dimostrarsi migliore. Ma quando alla manifestazione del 9 novembre a Roma ho visto tante persone dire: “Basta”, mi sono ricordata, ancora una volta, di non essere sola. Questo è ciò che ho provato scrivendo quei nomi sui fogli, leggendo l’elenco delle persone che hanno sostenuto e continuano a sostenere questo progetto. Ringrazio ciascuno per aver reso possibile questo progetto. Tutto ciò mi fa credere un’alternativa è possibile. Qual è la tua opinione riguardo l’emergenza immigrazione? Personalmente penso che l’emergenza immigrazione può essere ricondotta a una parola, molto abusata ultimamente, ma che in questo caso ritengo adeguata: ignoranza. Ignoranza nata dalle bugie che ci vengono raccontate e alle quali crediamo senza approfondire le nostre ricerche, pensando

che la conoscenza e la formazione di un’opinione possano nascere dalla sola lettura di un paio di frasi sui social. I governi che si sono susseguiti in questi ultimi anni hanno marciato sopra le paure e le sofferenze sostituendo una politica volta a risolvere i problemi con una misera battaglia contro il diverso, distraendoci, incanalando il nostro odio verso un nemico facile, presentandoci il “terrificante quadro dell’INVASIONE”. Ma se andiamo a leggere i dati raccolti dall’UNCHR o dall’ISTAT e da altri enti ciascuno di noi si può confrontare con la realtà. La percentuale di immigrati rispetto al resto della popolazione italiana è bassissima. L’ Europa si sta macchiando di crimini umanitari fingendo di non conoscere le condizioni dei campi di detenzione libici, incriminando le Ong, rimanendo impassibile.

Cosa vuoi far arrivare alle persone attraverso la tua iniziativa? Tramite questa iniziativa vorrei sensibilizzare, dare il mio contributo, dare spazio , anche se è un piccolo spazio, alle voci di chi esige un cambiamento. Vorrei dare un piccolo contributo con i miei mezzi e la mia possibilità di esprimermi a quelle realtà più grandi , a quelle persone che salvano vite e che per questo si trovano additate come criminali. Non sono un’esperta, tutt’altro, e non sono qui per impartire una lezione, ho un’opinione però, che si sta formando tramite l’informazione, la lettura di testi di chi ne sa di più, di chi ha vissuto sulla propria pelle questa realtà e da queste basi ho deciso di provare a iniziare. E’ un periodo in cui è essenziale che ciascuno di noi si ricordi che ha una voce e tutto il diritto di farla sentire seppur questo non significhi che ognuno è qualifi-


cato per tutto. Se vogliamo farci sentire, informiamoci, facciamoci una cultura e alimentiamo di verità quello che diciamo, invece di diffondere commenti razzisti e xenofobi per la nostra ignoranza.

con la scusante del PKK o meno. Accusare di terrorismo il PKK non è una giustificazione! Sono state usate armi chimiche, gli attacchi turchi hanno colpito indiscriminatamente, uccidendo molti civili. Interventi del genere non sono giustificabili. Secondo te, come dovrebbe organiz- È forse la violenza l’unico e irrinunciazarsi l’Unione Europea per poter acco- bile e mezzo per risolvere i problemi? gliere gli immigrati sul suolo Europeo? Prima di tutto l’Unione Europea deve apri- Cosa diresti delle parole di Trump, rire i porti rispettando i valori di civiltà su ferite al PKK: “È in molti modi probacui è stata fondata e collaborare per la bilmente una minaccia peggiore dell’Irisoluzione delle emergenze umanitarie. sis. […] i curdi non sono angeli.”? Oltre ad intervenire per il soccorso in Partendo dal fatto che le parole di Trumare, credo che ogni paese, a secon- mp mi suonano spesso, se non sempre, da delle proprie risorse economiche, do- ridicole, questo caso non è un’eccezione vrebbe impegnarsi per permettere un in- . Porre a confronto PKK e l’Isis significa serimento adeguato degli immigrati nella porre a confronto due cose radicalmente società, senza lasciarli nell’illegalità, ali- diverse, con scopi diversi. Si commette, mentando così le organizzazioni criminali oltretutto, una erronea generalizzazione che attingono manovalanza proprio dove identificando l’intero popolo curdo con il lo stato è assente. Guardando alla situa- PKK. quando come in qualsiasi popolo ci zione italiana, prima di tutto, però, i go- sono più gruppi e più visioni. L’argomento verni stessi dovrebbero essere d’ esempio PKK è comunque molto ampio con radiabbattendo i muri del razzismo che avan- ci molto profonde e non mi reputo molza. Per il momento ciò mi sembra impossi- to adatta ad affrontarlo nello specifico. bile e, quindi, sta a ciascuno di noi fornire “I Curdi non sono angeuna testimonianza per il nostro paese e li”... Perché gli Americani si? far sentire la nostra voce dicendo “Basta”. Da poco hai pubblicato anche un manifesto riguardante l’attacco turco verso i Curdi, popolo che ha contribuito notevolmente alla lotta contro l’Isis, considerando l’aiuto che loro ci hanno fornito nella medesima lotta, cosa pensi l’Europa possa fare per aiutarli? L’Europa purtroppo ha già contribuito direttamente a questo conflitto ma non di certo in aiuto del popolo curdo. Le armi usate dalla Turchia sono infatti, tra le varie, anche italiane. Siamo già colpevoli e la mancanza di un sostegno concreto ci rende ulteriormente tali. Pensi che tra le varie motivazioni (giuste o sbagliate che siano) della Turchia nel continuare questo conflitto con il popolo Curdo, ci sia anche la sbagliata rappresentazione che il governo turco dà del PKK (movimento politico curdo) accusato di terrorismo e di aver torturato e ucciso centinaia di curdi alleati o sospettati di collaborazionismo con il governo Turco sin dagli anni ’80? Io penso che Erdogan, per propri interessi, avrebbe attaccato comunque il popolo curdo,

Hai una tua idea riguardo il discorso che il presidente degli Stati Uniti, Trump, ha tenuto sul conflitto tra Siria e Turchia nel quale afferma: “Se la Siria vuole combattere per riprendersi la sua terra, sta a loro e alla Turchia. C’è molta sabbia con cui possono giocare. […] stiamo proteggendo paesi che nemmeno ci apprezzano […] ma i nostri soldati non moriranno lì. Dobbiamo uscire dalle guerre infinite.” A questo discorso rispondo soltanto che


dietro al non intervento americano ci sono degli interessi ben precisi e che quando il popolo curdo si stava battendo contro l’Isis, l’America li ha sostenuti. Ora che questi vengono schiacciati dalla Turchia, gli Stati Uniti se ne lavano le mani. Da ultimo parlare di “giocare” quando civili vengono uccisi a sangue freddo è seriamente preoccupante. Pensi di continuare questo progetto anche in futuro? Magari con altri fatti che vuoi portare alla luce? Non ho iniziato con le idee molto chiare su come sarei andata avanti ma di certo non è ora il momento di fermarsi. Sono all’inizio di un percorso da modellare via via, non voglio darmi auto-imposizioni e definire troppo, vorrei lasciare più strade aperte. Certamente questo andrà di pari passo con quello che succede nel mondo. Se riterrò che questo non è più il mezzo adatto per me chiuderò questo percorso per aprirne un altro. Sfrutto questa domanda per sottolineare che per quanto parli al singolare in questo articolo, dato che tratto delle mie specifiche idee ed esperienze, non gestisco il progetto da sola. Ho trovato il sostegno di persone senza le quali forse non avrei neanche iniziato. Se potessi cambiare qualcosa nell’Unione Europea di oggi, cosa sarebbe? Quello che vorrei è semplicemente un’Unione Europea che onori i valori di accoglienza e umanità. Possiamo davvero continuare a ritenerci non responsabili davanti a ciò che succede? Quello che vorrei è una presa di coscienza, vedere l’unione Europea come un punto di riferimento non come una delusione. Potessi scegliere tre persone con cui cenare discutendo di attualità, chi sarebbero? Cosa domanderesti? Probabilmente sceglierei Roberto Saviano, Alessandro Leogrande (scomparso nel 2017) e Tiziano Terzani (scomparso nel 2004). Sono tutte persone che stimo moltissimo per il contributo che hanno dato/danno, per il loro sguardo sul mondo, persone che hanno visto un sacco di posti, popoli, situazioni. Davanti a persone con un bagaglio culturale così notevole, più che domandare ascolterei le loro storie, forse, alla fine, troverei il coraggio di fare una domanda.

Ti chiederei anche della situazione climatica, perché spesso ti ho incontrata alle manifestazione a riguardo; Cosa ne pensi della marcia che gli attivisti portano avanti? Sappiamo che ognuno nel suo piccolo può fare qualcosa di significativo, che sia stare attenti allo spreco dell’acqua, diminuire e col tempo eliminare l’uso della plastica etc...e che, attraverso finanziamenti da parte degli stati, potrebbe essere possibile incentivare l’acquisto di auto elettriche o riqualificare gli impianti industriali affinché le loro scorie non siano nocive all’ambiente. Ma cosa diresti alle persone che ancora oggi restano scettiche davanti a questo allarme? La questione ambientale riguarda noi tutti e non posso che stimare e sostenere gli attivisti. Siamo davanti a una fine da noi stessi causata e questo è un dato che ci viene mostrato in maniera oggettiva da studi e ricerche, ma anche semplicemente dal nostro occhio. Questo è solo l’inizio e negare l’esistenza del problema non lo risolverà. Procrastinare è inutile. Noi stessi potremmo non avere un futuro. Da piccoli alcuni di noi giocano facendo finta di “fare una famiglia”poi si cresce e si arriva alla realtà . Ma siamo sicuri che questi figli potranno esserci un giorno se lo vorremo. Potremo davvero regalargli quel futuro da sogno. Non è voler essere catastrofici . Dobbiamo interrogarci su un futuro che ora più che mai è davvero incerto.


LUCCA COMICS & GAMES Un mondo dentro le mura di Aurora Gori e foto di Silvia Brizioli

“E’ come entrare in un mondo parallelo; incontri i personaggi di film, libri e manga al bar, ci prendi un caffè insieme, fai quattro chiacchiere. E’ il mondo che tutti i fan hanno sempre sognato!” Così è stato definito l’evento che anche quest’anno ha riunito da tutto il mondo amanti di anime, manga, videogiochi, cinema e narrativa, conclusosi domenica 3 novembre. Come ogni anno, il cuore del festival sono stati i cosplayer, che hanno colorato le vie della città di Lucca con costumi bizzarri e appariscenti, dai quali trapelano giorni se non mesi di lavoro. Moltissimi i personaggi anime, da Naruto a Sailor Moon, ma anche protagonisti di film e libri: le mura della città si sono riempite di centinaia di Joker che salutavano con le dita e con un sorrisino sadico chiunque avesse avuto la malsana idea di incrociare il loro sguardo. Cortei dei più e meno famosi eroi Marvel e stand di Star Wars presi d’assedio dai fans. Enormi padiglioni pieni di bancarelle dove decine di mangaka stavano concentrati nel disegnare nuovi manga e nel riproporre gli sketch di quelli più famosi; ed erano così assurdamente bravi che, non ci fosse stato tanto altro da vedere, saresti rimasto a guardarli incantato per tutto il giorno. Poi minuscole stanzine con numerose televisioni allineate sulle pareti e davanti ad esse ragazzi con il joystick in mano si divertivano a provare il brivido di nuovi ed entusiasmanti videogiochi. Lucca Comics & Games ci ha anche aperto un portone sul mondo di The Witcher grazie ad un esperienza favolosa: una mostra presente tutti i giorni del festival che ha permesso a tutti i grandi fans di entrare a visitare il Continente. Dopo un lungo tunnel avvolto in luci rossastre si potevano incontrare i personaggi principali della serie: dagli alchimisti, che nella storia hanno una funzione di rilievo, intenti a mischiare strani intrugli, ai mostri, che la penombra della grotta rendeva ancor più inumani. La zona Est di Lucca ha invece ospitato Japan Town, che ha conquistato tutti gli appassionati del Sol Levante. Folle simili a mari in tempesta hanno assediato il ManGiappone, il tradizionale spazio dedicato a specialità nipponiche, tanto che prendere una ciotola di ramen è quasi diventata un’impresa impossibile! Il Mercato del Carmine, un antico edificio nel cuore della città di Lucca, si è trasformato invece nell’universo del celebre personaggio Disney, Paperino, che ha festeggiato 85 anni e grazie a varie esperienze ha saputo divertire e intrattenere grandi e piccini. Insomma, questa 53esima edizione di Lucca Comics & Games è stata veramente un grandissimo successo, con più di 270.000 biglietti venduti al pubblico. Anno dopo anno, ogni nuova edizione sa infiammare ed esaltare gli animi dei fans più di quella precedente: per questo non ci resta che attendere trepidanti l’anno prossimo, che sicuramente non solo ci porterà un Lucca Comics pieno di nuove esperienze ma saprà attrarre anche gli amanti del genere nascosti nei più remoti angoli del pianeta.


ARTE AL FEMMINILE di Daniele Gulizia

Ho deciso di inaugurare questa rubrica per cercare di dare, in qualche modo, risalto ad una materia che troppo spesso viene messa in secondo piano e non considerata per il suo valore effettivo, che invece è immenso ed inestimabile. Ripercorrendo i secoli passati, a partire dalle prime civiltà, possiamo notare come l’arte sia stato uno dei più primitivi, efficaci mezzi di comunicazione e di espressione dell’uomo. Basti pensare, solo per esempio, ai grandi dipinti parietali rinvenuti negli anni ‘40 del novecento a Lascaux, in Francia, vecchi di quasi diciotto mila anni o alle ancora più note Veneri paleolitiche, tra le quali spicca sicuramente la Venere di Willendorf, oggi conservata al museo di storia naturale di Vienna, risalente ad un periodo compreso dal 23.000 e il 19.000 a.C, silenziosi testimoni Riproduzione di un particolare della caverna de Lascaux di usi e culti delle società preistoriche che altrimenti sarebbero rimaste circondate da un alone di mistero. Avanzando nel tempo, passando attraverso la monumentalità e lo splendore dell’ arte egizia e per la magnificenza, la perfezione della statuaria e dell’architettura greca (scuola di ogni artista, sia questo antico o contemporaneo) e al rigore e all’ austera imponenza delle costruzioni romane fino a giungere ai capolavori quattrocenteschi (sarà sicuramente nota la triade che darà una svolta rivoluzionaria all’arte europea, composta da Brunelleschi, Donatello e Masaccio...) e cinquecenteschi(con esponenti immortali e impressi nella cultura di ciascuno di noi quali Raffaello , Michelangelo , Leonardo Da Vinci , Botticelli, Luca Signorelli, Perugino , Tiziano...) ai fasti del Barocco (periodo nel quale grossolanamente si possono collocare maestri del calibro di Caravaggio, Artemisia Gentileschi, Gherardo delle Notti, Guido Reni, Rubens, Rembrandt, Bernini , Borromini) alla raffinatezza e sontuosità del Rococò, alla ricerca della perfezione classica dei neo-classici alla sfaccettata e variegata ricerca dei Romantici, agli audaci e innovativi movimenti avanguardistici e trans-avanguardicisti , ci è chiara una cosa: l’ importanza dell’arte a livello socio-culturale, in quanto riflesso dei società e periodi storici molto differenti, talvolta molto complessi. Un esempio specifico che vorrei citare, forse anche per una particolare fascinazione personale, a noi molto vicino e molto spesso poco ricordato, è il ciclo di affreschi nella cappella Tornabuoni, a Firenze, di Domenico Ghirlandaio (nella bottega del quale, per altro, operò anche il giovane Michelangelo) dove possiamo riconoscere molto bene volti, abiti, usi e architetture della società borghese fiorentina dell’epoca (dalle più articolate e pregiate visibili nella “nascita di Maria”, alle più semplici, ma non per questo meno eleganti, della nascita del Giovanni Battista). Gli esempi sono ovviamente innumerevoli perché tutti i pittori quattrocenteschi e cinquecenteschi hanno teso a inserire scene sacre in ambientazioni a loro contemporanee e vestire i loro personaggi biblici secondo le “mode” dell’epoca. Sicuramente, nella remota possibilità che di questa società, nei secoli avvenire, ci cominciassimo a dimenticare, resterebbero Domenico Ghirlandaio affreschi e dipinti immediatamente pronti a Nascita di San Giovanni Battista regalarci scorci di questa. Bisogna dire che l’arte non solo si è fatta portavoce di società e culture differenti, ma anche spesso della parte più intima e nascosta dell’artista, trasmettendoci emozioni profonde e intense , a noi vicine, creando quel legame di fusione con l’opera che si sta osservando. Infine, l’ arte è stata spesso utilizzata dai grandi signori delle corti, dai re e dalle regine, come mezzo di propaganda e di diffusione della propria immagine, spesso volutamente idealizzata.


A tal proposito, voglio riportare (tra i tantissimi che potremmo citare) un dipinto, datato 1787, di Elisabeth Vigée le Brúne, chiamato “Maria Antonietta con i suoi figli. Siamo ormai prossimi allo scoppio della Rivoluzione francese, Maria Antonietta è al centro delle critiche quanto più aspre e infamanti da parte dei membri di corte e del popolo e a breve sarebbe diventata L’emblema della rivoluzione stessa. Il profilo della donna , che giovanissima si è ritrovata come regina consorte in una corte che non la vedeva di buon occhio Domenico Ghirlandaio - Natività di Maria e che lei detestava (ben lontana dalla corte austriaca, dalla quale proveniva) è quello di una persona infelice, trovatasi a regnare in un luogo a lei ostile, con un marito freddo e impacciato, al centro di tanti, troppi, pettegolezzi e di alcuni scandali (adesso sappiamo che fu semplicemente incastrata e non ne era l’effettiva responsabile) che fecero crollare irrimediabilmente la sua immagine. Ma ritorniamo al quadro. Maria Antonietta sta cercando disperatamente di riabilitare quella immagine così screditante che le era stata attribuita, e per farlo cosa fa? Decide di commissionare un dipinto. Un dipinto, magistralmente realizzato, che ci apre le porte della sua intimità, ritraendola come madre, non come regina, con abiti semplici, senza gioielli (eccetto degli orecchini di perla che la Vigée le Brúne le fece indossare per esaltare la bellezza del suo collo), dedita alla cura dei suoi figli. Al fianco vediamo il delfino di Francia indicare ad una culla vuota: inzialmente infatti, nel dipinto era stata ritratta la figura della quarta figlia della coppia reale, da poco nata, ma durante la realizzazione di questo, ella mori di tubercolosi a nemmeno un anno Maria Antonietta e i suoi figli - Elisabeth Vigeé Le Brun di età. Il dipinto non riabilitò la figura di Maria Antonietta (che nel 1793 sarebbe stata decapitata) e la regina stessa dovette farlo nascondere, nel 1789, anno in cui perse anche l’altro figlio. L’ immagine era per lei troppo dolorosa e alla vista del quadro ella non riusciva mai a trattenere le lacrime. Ho sempre apprezzato molto questo quadro perché si associa a due importanti e già citati compiti dell’arte: quello propagandistico ed encomiastico ed un altro, a mio avviso ben più importante, il compito di emozionare e di suscitare svariate emozioni, dallo stupore, al dolore più profondo, come nel caso di Maria Antonietta. Dopo il lungo preambolo iniziale, ma fondamentale questa piccola parentesi mi ha permesso inoltre di introdurre l’effettivo argomento che ho intenzione di trattare nella rubrica: la figura della donna nella storia dell’arte (ho citato la grande pittrice elisabeth Vigée le Brún). La donna, che da dalla storia dell’arte si è sempre cercato di escludere e che è stata oscurata in qualsiasi modo. I manuali poco trattano le grandi artiste donne che hanno lasciato un segno profondo nella storia dell’arte e per questo motivo ho deciso di ritagliare questo piccolo spazio per cercare di far arrivare a tutti voi lettori la bellezza delle loro opere, che nulla hanno da invidiare ai rivali maschili. Spero che, anche se non amanti o appassionati , apprezzerete lo spirito di questa rubrica e l’argomento che sarà trattato. Nel caso ciò non fosse, mi dispiace, il mondo è bello perché vario.


Tra scaffali e bacheche online di Elisa Ciabatti

Oppresse dai numerosi rivenditori online, le librerie indipendenti stanno diventando una realtà sempre più lontana da noi. L’odore dei libri, la carta che scorre tra le dita e il colore scuro dell’inchiostro sono ormai spesso sostituiti da file pdf o da applicazioni specializzate che ci allontanano dal piacere di tenere realmente un libro tra le mani. Non solo quindi è sempre più raro trovare un momento per entrare in una libreria, ma si sta perdendo anche la voglia di cercare IL libro, quello che sembra scritto per te o addirittura proprio su di te. La scelta, infatti, è spesso dettata da recensioni o dal numero di stelline che un perfetto estranea ha affidato, a volte anche erroneamente, a un libro che si presume abbia letto. Le librerie indipendenti sono, invece, realtà completamente opposte. Ogni libreria ha una personalità propria e, dall’arredamento fino alla scelta dei libri esposti, si distingue da tutte le altre, regalando a chiunque entri un piccolo mondo a sé da scoprire. Vivere, anche solo con gli occhi, ognuno di questi piccoli rifugi dalla frenetica quotidianità fornisce un’esperienza unica e imperdibile che arricchisce il piacere di scegliere un buon libro. Poter parlare poi con persone competenti che hanno il tempo e la passione di conoscere chi hanno davanti rende la scelta ancora più stimolante ed interessante. Inoltre, tra i tanti scaffali pieni di storie, si possono trovare libri sconosciuti nel mondo del web, destinati magari solo a poche persone.

Chi è un “bibliofilo”? Un bibliofilo è colui che ama i libri e di conseguenza chi ama leggere.

Questi piccoli paradisi per bibliofili sono una parte fondamentale non solo per il singolo lettore,ma anche per la città nella quale si trovano. A Firenze ad esempio ce ne sono 69, sparse per tutto il centro. Passano inosservate a chi guarda senza far attenzione, ma a chi ha la volontà e la curiosità di soffermarsi in una di queste regalano un ambiente rilassante e suggestivo. Esse sono infatti piccoli agglomerati di ricordi e abitudini troppo spesso considerate passate, fuse insieme a novità letterarie e un’infinità di storie e soprattutto di vite impresse su un foglio. Le librerie indipendenti, seppur sempre più a rischio di scomparire, sono una traccia ben visibile di un mondo incentrato non solo sulle grandi masse, che ancora crede nella singolarità di ognuno. Esse ricordano soprattutto il piacere della lettura, intesa anche come ricerca e confronto, quella reale fatta di pagine che si leggono anche se non c’è campo. Sono piccoli scaffali capaci di non essere solo un “aggiungi in bacheca”.

Fonte: Comune di Occhiobello


DIARIO DI SOPRAVVIVENZA PER IL LICEO

I compagni di classe di Alessia Oreti In qualsiasi classe, di qualsiasi scuola, di qualsiasi città, potrete trovare diversi stereotipi di persone. Iniziamo subito ad elencarli e descriverli: Immancabile in ogni classe è il così detto “Secchione egoista”. Spesso riesci ad inquadrarlo sin dal primo giorno: è colui che non perde un secondo nel cercare di dimostrare la sua conoscenza. Molto probabilmente si farà odiare sin dal primo giorno, non volendo mai andare volontario, non suggerendo mai e non salvando la pelle alle povere vittime delle interrogazioni di matematica. Dopo ogni compito dirà di aver fatto schifo e poi mostrerà i suoi dieci in giro con orgoglio, suscitando il disprezzo più profondo nei cuori dei compagni. Affianco possiamo trovare una tipologia di alunno simile, il “Secchione generoso”. Diversamente dal primo caso, nonostante i voti alti e la conoscenza pressoché infinita, questo tipo di compagno prova un enorme piacere nell’usufruire delle ore passate sui libri per aiutare gli indifesi compagni di classe. Sa di sapere e a volte pecca di ubris ma per difendersi dall’ira degli dei, paga i compagni per farsi picchiare. Del tutto opposto, eccoci all’ “Asino” di classe. Ha la media del 3 anche a religione, affronta le interrogazioni con menefreghismo. Grazia alla sua ironia, nonostante la media, i professori provano una buona dose di simpatia nei suoi confronti. Potrà avere anche sette materie insufficienti, ma riuscirà sempre a cavarsela, andando a settembre con tre materie (tra le quali, l’immancabile matematica) e passando grazie ad un miracolo divino. Quello “Invisibile” di cui nessuno sa niente. Quando è assente non ci fai caso, spesso non ti ricordi nemmeno il suo cognome. Non parla mai, probabilmente ha anche il potere dell’invisibilità. “Voglio morire”: in ogni classe c’è l’ “Anima nera”, la persona che porta un po’ di oscurità anche nelle giornate più belle. L’unico colore che le vedrete addosso sarà il nero. Se siete fortunati anche il grigio e le sue sfumature. Molto probabilmente ascolta musica il 97% del tempo. Odia tutto e tutti e non ha problemi nel dirlo. La solitudine è la sua religione, anche se sicuramente è atea. Subito dopo troviamo l’”Intraprendente”. Quella persona che non ha fermezza e riesce a trovare tempo per fare tutti i corsi extra curricolari e partecipare a qualsiasi strano evento organizzato dalla scuola. La “Bella e stordita”. Passa tutta la sua giornata a ridere. Non segue la lezione nemmeno per scherzo e chiede mille volte al giorno “Ma che materia facciamo ora?”. È dipendente dal telefono. Forse se l’è persino incollato alla mano. Gli “Amici inseparabili”. Sono una persona sola, è difficile distinguerli da lontano. Stessi vestiti, stesse voci, stessi voti. Sono un gruppetto ristretto che non lascia spazio agli altri.


Gli alberi di Piazza della Vittoria di Matilde Mazzotta e foto di Maria Vittoria D’Annunzio

“Gli alberi sono sani” Questa è la frase che sento dire ormai da due anni, ma che risuona nella piazza della Vittoria già da molto più tempo. Alberi con occhi disegnati sul tronco che scrutano i passanti, timorosi di intravedere tra questi gli aggressori, coloro che dovranno abbatterli. Ma è veramente così? Il Comune sta realmente permettendo l’abbattimento di alberi SANI? Tutto ebbe inizio in una notte buia e tempestosa o almeno così pare, tanto sembra una tragedia, quando due anni fa, nel 2018, partì il progetto di riqualificazione della piazza. Progetto che prevedeva l’abbattimento di tutti gli alberi, cementificazione dell’area e un parcheggio sotterraneo. Progetto che ad oggi è cambiato completamente pur rimanendo un’occasione di lamentele collettive, che sincere o frutto di strumentalizzazione politiche hanno portato ad incatenarsi agli alberi. Per capire questo passaggio è necessario analizzare la storia della Piazza.

Piazza della Vittoria nasce come luogo di riposo e di socialità quasi 100 fa, come parte di un progetto di espansione di Firenze. Tra il 1914 e il 1931 vennero piantati i pini che tuttora popolano la piazza. Nel 1955 vennero aggiunti i decori come la fontanella. Così è rimasta più o meno invariata fino agli anni Novanta, quando sorse il problema di ristrutturare la piazza poiché gli alberi non erano più sicuri. Quando questi vennero piantati non si aveva ancora la consapevolezza di oggi, le conoscenze e gli strumenti adeguati per capire quanto effettivamente fosse sicuro piantare una specie di alberi


piuttosto che un’altra e soprattutto non si era presa in considerazione la distanza di sicurezza tra un pino, in questo caso, ed un altro. Il pinus pinea, la varietà più comune di pini, sarebbe una tra le specie con le radici più profonde e solide in assoluto, in condizioni normali, ossia naturali. Ma un pino in città, soffocato dall’asfalto, dallo smog, dalle emissioni delle tubature di gas, delle fognatura e dall’eccessivo affollamento, soprattutto tenendo conto dell’altezza che può raggiungere in proporzione a quanto le radici possano espandersi, non dovrebbe sopravvivere più di 40 anni (età media). Ne sono passati più di 70.

Gli alberi vengono classificati da A(sano) a D(rischio immediato), gli alberi di Piazza della Vittoria hanno subito l’ultimo controllo nel 2018, dove sei di questi sono risultati di livello D, purtroppo non disponiamo ancora di una tecnologia che ci permette di fare migliori accertamenti riguardo la salute di un albero, ma solo test superficiali, che, come ci ha insegnato l’esperienza, spesso non sono sufficienti, assistendo al collasso di piante ritenute sane. Nonostante i risultati delle perizie un gruppo di cittadini costituitisi in Comitato non si è scomposto ma ha continuato a marciare in fronte compatto al grido del “Non abbatterete

Ma ciò non può permetterci di credere di avere più certezze di quel che abbiamo, perché il concetto del “finchè non cade” è sbagliato. Nel momento in cui un albero cade in un luogo come Piazza della Vittoria, una piazza viva, animata da ragazzi, bambini o adulti che si fermano a chiacchierare sulle panchine avviene un danno, o meglio: accade la tragedia.

i nostri alberi sani” e lamentandosi di un “mancato coinvolgimento dei cittadini da parte del Comune” dopo due convegni dove ben pochi dell’opposizione si sono presentati, come affermato dall’Amministrazione.

La paura del cambiamento ha bloccato i lavori già negli anni novanta e nonostante i vari tentativi di approccio ancora nel 2018 il Comune ha avuto un riscontro negativo da parte dei cittadini. Ma ne vale veramente la pena? Vale la pena salvare alberi senescenti? Cosa conviene salvare?

Siamo nel 2019, gli alberi che sono risultati di classificazione D sono stati abbattuti. Verso metà agosto. Dopo più di 70 anni. Dopo due anni di avviso. Dopo un mese e mezzo di persone incatenate agli alberi per non permettere i lavori. Siamo nel 2019, quasi 2020 e la piazza è rimasta sostanzialmente invariata dal 1955, meno 6 alberi. In due anni, dal 2018, il Comune ha proposto vari progetti


ai cittadini, ma da parte dei Comitati, secondo l’Amministrazione, non c’è stato un confronto proficuo. L’Amministrazione ha il dovere di salvaguardare i cittadini e il dovere etico di lasciare la città più verde di quando l’abbia trovata.

- creazione di un gazebo, progettato con l’aiuto degli studenti del nostro Liceo, destinato a favorire l’estro artistico e musicale, ma anche ad offrire rifugio politico a questi stessi nei giorni di pioggia.

In tutto ciò è stato proposto un altro progetto, quello tutt’ora in corso d’opera, che prevede:

Il cambiamento fa sempre impressione, soprattutto se si teme di rimetterci in prima persona, ma bisogna saper riconoscere l’impegno dell’Amministrazione, in questo caso, a tutelare l’interesse pubblico. È difficile mettere da parte l’orgoglio di studenti del Dante, validi sostenitori della Piazza della Vittoria e dei suoi pini, occhi compresi, per lasciare spazio ad adulti che minacciano di “distruggere” questo storico rifugio nelle ore di buca.

- l’abbattimento graduale di alberi C, mentre in contemporanea verranno piantati nuovi pini, più resistenti alle processionarie e altri tipi di alberi, più adatti all’ambiente urbano; - ripavimentazione con un materiale in colori naturali con aggiunta di sentieri lungo le diagonali;

Se l’uomo è riuscito ad evolversi, può farlo anche Piazza della Vittoria.


IL CACCIATORE DI TALENTI di Diana Gastaldi In questa edizione del giornalino e nei prossimi numeri sarà presente una nuova rubrica, “Il Cacciatore di Talenti”, volta a far conoscere ragazzi che si sono distinti per determinate capacità artistiche, letterarie o musicali. Attrezzata a dovere, mi sono calata nei panni di un vero e proprio cacciatore, non d’animali, ma di talenti. La caccia, per questo mese è stata molto proficua: mi sono imbattuta in tre ragazzi molto talentuosi che ho intervistato: Angela Bonciani –VC musicale-, amante della lettura, della musica e di passeggiate in montagna; Pietro Innocenti -VD musicale-, in arte Pinnomusic, cantautore; e infine Daniele Gulizia, -IVB classico- appassionato d’arte, pittore e redattore di una rubrica del settore presente nel nostro giornalino. Dalle interviste sono emersi aneddoti, curiosità, sentimenti come la passione e l’impegno impiegati quotidianamente da tutti e tre.

Angela si occupa di scrittura, passione che le è stata tramandata dal nonno e che ha deciso di conservare per ricordarlo. Tanti sono gli articoli e le storie mai pubblicati che fanno parte del suo repertorio. Attualmente con la guida della prof. Tenducci sta realizzando un podcast; ciò che ha ispirato la storia del podcast deriva da un suo incubo e la trama narra la vicenda di un militare che salva in missione un bambino africano da tanti pericoli. Instagram: @laboncy

Pinnomusic, musicista a 360 gradi, ha un canale proprio di youtube –Pinnomusic-, scrive, compone ed esegue; ha fatto i primi passi alle medie dando parole alla sua musica; alcuni dei suoi brani più ascoltati sono ‘’Resto con te’’ e ’’ Tempo fragile ‘’, dove affronta problemi familiari come l’abbandono, ‘’che porta a chiudersi in se stessi e toglie tempo prezioso, appunto fragile’’, alle cose importanti della vita. È stato uno dei finalisti nazionali del Tour Music Fest. Instagram: @pinno_music YT: Pinnomusic Spotify: pinno

Daniele Gulizia, pittore, ritrattista della figura umana, che si concentra ad esaltare la diversità mettendo in luce l’individualità di ogni persona. Al centro delle sue opere troviamo quindi i dubbi, le incertezze e i punti di forza del soggetto ritratto, insieme ad una parte fondamentale: l’introspezione. Quest’estate ha esposto le sue opere prima a Firenze e successivamente nel Casentino. Instagram: @il_guli_


ICCHÉ TU DIHI

Arezzo e il suo dialetto di Riccardo Moscatelli Salve a tutti appassionati lettori, io sono Riccardo, aretino di lingua, anche se non di nascita (vengo da un paese in provincia di Viterbo fondato dagli aretini). Dunque, partendo dal presupposto che voi non conosciate Arezzo, vi darò alcune informazioni e curiosità sulla città, sulla lingua e sui suoi detti. Arezzo fu preistoria, Etruschi che vera e propria Aritim. Fu poi dai Romani e un presidio, Arretium. dell’Impero città, entrata dei domini mantenne cruciale per posizione via Cassia.

abitata fin dalla ma fu con gli divenne una città, chiamata conquistata trasformata in dal nome Alla caduta Romano, la a fare parte Longobardi, un’importanza via della sua strategica sulla

Intorno all’anno mille divenuto un comune libero, continuò la sua storia alternando successi e sconfitte, fino a quando fu annessa ai domini fiorentini nel 1384. Nel 1796 fu presa da Napoleone, ma nel 1799 la città si sollevò contro i francesi. Probabilmente l’indole degli aretini è abbastanza ribelle, poiché la città si sollevò nuovamente tra il 1943 e il 1945 contro i nazisti. La città fu una delle più attive nella lotta partigiana. Arezzo dette i natali a molti personaggi della cultura, come Guittone d’Arezzo (letterato), Margaritone (pittore) e Francesco Petrarca, figlio di esuli fiorentini. Ho parlato anche troppo di storia e geografia, per cui vorrei illustrarvi un detto:

“Semo pe’ le buche” (stiamo camminando sulle buche), cioè essere in una situazione difficile.

Bene, con questa perla passo e chiudo. Se sentimo citti, alla prossima.


ICCHE’ TU DIHI

i’Toscano di Pietro Santi Buongiorno a tutti! Quest’artì’olo ‘he fo e lo fo pe’ dire alle gente toscane che gnarà cche vu parli thoscano! Ai’ ggiorno d’oggi se dua pe’ istrada e pharlan toscano lo guardon male! O pecché!? A me mi succedé! Mi tro’ào in via San Gallo che dicéi hose in dialetto, e una cirilla1 che l’averà abbiutho po’o più di huindic’anni e la mi guardiede male; Eppure questa ee2 la lingua de’ nostri padri, nonni… Io un sto a di’ che l’italiano un sie importante, ma creggio3 pure ‘he i’ toscano deva esse’ saphuto da’ thoscani! Qualo ene4 un mothivo bono, per esempio, pe’ ‘mparà di novo huesto dialetto? Di sihuro riscoprire la sapienza popolare e contadina! In parecchi detti v’enno scritte hose ‘he possino esse’ uthili nella ghita5

“Quande piova i’ tre aprilante, piova quaranta di’ durante.”

“Quande mignola d’ aprile si hondisce co’ i’ barile, quande mignola di giungo si hondisce co’ i’ pugno.”

Quindi se i’ tre d’aprile piova portathevi l’ombrello dreto6 per attri huaranta giorni, ché seguita!

Sta a di’ che se l’ulivo fiorisce d’aprile vu a’rai7 tant’olio se invece fiorisce di giugno po’o! Questi ed attri ancora, pure termini miha solo detti, vu vederai su i’ telefano e forse vu sarai conquisi8 di parla’ toscano.

Note 12345678-

cirilla: ragazzina ee: è creggio: credo ene: è ghita: vita dreto: dietro a’rai: avrete conquisi: convinti


ICCHE’ TU DIHI

Icché si combina di La Franca

Scrivo quest’ articolo pé1 spiegar un pochinino icch’ e’ si combinerà ne’ prossimi numeri é2 pé spiegar le ragioni di questa cosa che à3 parecchi la parrà inutile. Partirrei dicendo ché4 l’amore pé la lingua Toscana ce l’hò dà5 quand’ andeo6 all’asilo: infatti, quand’ ero có7 la mi’ nonna, mi garbava di sentilla parlare é quindi provao à imitalla; po’8 pultroppo, all’ elementari é alle medie (siccome le maestre le ci ripeteano ‘n continuazione cose come “non si dice ‘dicano’, si dice ‘dicono’”), corrompetti9 così tanto la mi’ parlata, ché ‘n terza media, sé10 unn era pé l’accento, parlao solo italiano. Una vorta arriato ‘n questa scola, mi ci vorse11 un anno prima di sdegnammi12 à furia di sentì tutti chesti gran perbenini (fò ì classico, ce n’enno à divozione13) parlare egregiamente il loro italiano; all’inizio stiedi14 n’ ì mio, po’ scopersi ché anche ì mi’ amico (quello ché lo conoscan tutti perché’ gl’è un ciabattone di pé ì ridere15) si stavea16 appassionando alla lingua de’ nostri antenati; quindi ci si messe17 à cercare tutte l’espressioni idiomatiche é locuzioni particolari dell’ormai quasi estinto dialetto Mugellano: si compronno ó trovonno de’ libri, si domandette18 à chi la parlata l’avea vissuta (ì mi’ nonno, per esempio) é s’imparò, insomma, à parlare. Presto però ci s’accorgette ché à quasi nissuno gli garbava ì nostro progetto di riportà ‘n vita una lingua morta; perché? Semplice: nell’anni, questa l’è suta19 percepita come “propia de’ contadini ignoranti é analfabeti” é di conseguenza abbandonata, sostituita; pé quest’ idea, ché l’è presente anch’ oggi nelle strane mente delle gente, tante delle lingue ché le c’enno sù ì territorio italiano (come ì lumbaart, ì zeneis, ì piemunteis etc) le stanno scomparendo. Gl’è propio à causa di ciò ché s’è deciso di far parte d’ ì Giornalino, pé far riscoprire un idioma d’attri tempi, sperando (impossibile, mà no’20 si spera uguale) ché quarcheduno ci s’appassioni. Dà ì prossimo numero, grazie alla Francesca Tirinnanzi (IIIA) ché la ci farà e’ disegni, si pubblicherà delle storie à fumetti co’ personaggi ché parlano Toscano; pé la prima pubblicazione s’è pensato di far’ una favola d’Esopo, ma ottre à questo c’enno e’ tré poste settimanali su’ profili social d’ ì Giornalino, indo’ si metterranno de’ detti contadini d’ ì Mugello.

Note 12345-

pé: per; è: e (congiunzione); à: a (preposizione); ché: che; dà: da (preposizione);

16- stavéa: stava; 17- mésse: mise; 18- domandètte: domandò; 19- suta: stata; 20- no’: noi.

6- andéo: andavo; 7- có: con; 8- po’: poi; 9- corrompètti: corruppi; 10- sé: se; 11- vòrse: volle; 12- sdegnàssi: disgustarsi; 13- ce n’ ènno à divozióne: ce ne sono in abbondanza; 14- stièdi: stetti; 15 - gl’ è un ciabattóne di pé ì ridere: è un gran chiacchierone;


Angolo del Poeta “La poesia è quando un’emozione ha trovato il suo pensiero e il pensiero ha trovato le parole. “ Robert Lee Frost LA CANZONA DEL DANTE Quant’è bella sufficienza Che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto, sia: Di passar non c’è certezza. Questi son Sergio e Anna, Amici e certo mai attenti Perché l’greco fugge e inganna Che del Dante son studenti. Questi due e altre genti Sono allegri tuttavia! Chi vuol esser lieto, sia: Di passar non c’è certezza. Questi venti poveretti Dalla traduzion terrorizzati Per messaggi e per biglietti N’hanno almen cento copiati, Or dal prof interrogati Taccion, piangon tuttavia. Chi vuol esser lieto, sia: Di passar non c’è certezza. Ma i prof. non hanno caro Da lor essere ingannati: Non può fare al copiar riparo Se non studenti rozzi e’ngrati. Ora insieme ritrovati Passan, boccian tuttavia. Chi vuol esser lieto, sia: Di passar non c’è certezza. Questo prof che vien drieto Con lo zaino è Sileno: Troppo serio e mai lieto Già di voti e compiti pieno; Se non spiega almeno Ride e interroga tuttavia! Chi vuol esser lieto, sia: Di passar non c’è certezza.

Mida vien dietro a costoro Ciò che copia sei diventa E ne deve aver tesoro Chi del sei s’accontenta. Che dolcezza vuoi che senta Chi ha nove tuttavia? Chi vuol esser lieto, sia: Di passar non c’è certezza.

Ciascun apra ben gli orecchi Di bocciar nessun si paschi; Oggi siam, quartini e vecchi Lieto ognun,femmine e maschi; Ogni tristo voto caschi: Facciam gli scongiuri tuttavia. Chi vuol esser lieto, sia Di passar non c’è certezza. Amici miei studianti Viva il Greco e viva l’amore! Ciascun traduca, soffra e passi! Arda di sufficienza il cuore! Dopo tal fatica e sudore! Ciò c’ha esser convien sia. Chi vuol esser lieto, sia: Passare ormai è certezza. Libero Enrico Gori


FELICITÀ

SALE

La felicità è il sorriso di chi ti ama la felicità è avere una spalla su cui piangere la felicità è la cioccolata calda d’inverno la felicità è l’acqua del mare d’estate la felicità è un “sogni d’oro” la sera la felicità è una mano tesa per aiutarti la felicità è un abbraccio che ti entra nel cuore la felicità è uno sguardo d’intesa la felicità è una risata nel silenzio la felicità è il profumo di erba tagliata la felicità è un cielo pieno di stelle la felicità è nelle piccole cose basta solo saperla afferrare.

A metà tra il vento e il mare costruivi castelli di sabbia. Le onde li risparmiavano quasi avessero conosciuto la tua fragilità. Piangesti lacrime amare quando realizzasti che era l’ultimo giorno. Sale che scioglieva sale. Erano gli occhi di una bambina che ti vedeva correre via per un altro anno. Piangemmo lacrime amare quando realizzammo che non ci saremmo più visti. Mai più visti. Eppure l’anno dopo saremmo stati ancora lì. A volte ti cerco nell’infrangersi fragoroso delle onde su quegli scogli che avevamo popolato di risate quella stupida eterna e ridente estate. Piangemmo, come se il ricordo fosse potuto svanire come le nostre orme sulla sabbia. Con gli occhi rossi mi togliesti gli occhiali e tornai a vedere. I tuoi occhi si confondevano con le nuvole. E scusami se ti paragono sempre al mare. Ma piangemmo sale quel giorno. Sale innocente sulle gote innocenti di due bambini.

di Aurora Gori

POSIA DI MAGGIO N°8

di Cosimo Calvelli Rossi e indomiti i capelli Come le fiamme che hai dentro Fuoco antico In me ormai spento E gli occhi verdi come i campi A primavera E il cielo blu Non chiudo gli occhi Per paura di non vederti più. È Un carillon, che gira piano E noi, con lui, giriamo E noi, con lui Le mani sporche di terra La vita è bella La vita è guerra È una guerra contro se stessi E le nostre paure Una guerra perché Nulla ci possa toccare E tu che mi sussurri piano Stiamo assieme Non ci abbandoniamo mai Mai Mai Mai e poi mai

di Alice Oreti


FINO ALL’ULTIMA GOCCIA di Silvia Brizioli Come un fiore a primavera Che ride e s’innamora, Quasi non ci fosse cosa più bella della vita, che tanto ti toglie quanto ti dà specchiandosi nelle lacrime in giorni gioiosi, quando il sole splende e il tempo corre via, senza poterlo toccare con mano, respirando libertà e prigionia come se si confondessero in quel groviglio inestricabile che è l’esistenza, assaporando ogni attimo come se fosse l’ultimo, che non sai mai cosa ti potrebbe capitare. Ci vuole consapevolezza. Una stanza senza porte, che ti soffoca e ti diverte, una risata e tutto passa. Vivi la tua giovinezza guardando sempre avanti, accartoccia il passato e tienilo in mano, non farlo scappare mai. Vivi di emozioni, belle o brutte che siano. Lascia correre gli sbagli, i pensieri, lascia correre. Ma vivi. Fino in fondo. Fino all’ultima goccia.

Chiedimi come sto di Essenem Se sanguinassi Mi guarderesti Ma non voglio. I tuoi occhi impetuosi I colori che vedo sono sbiaditi In una cortina di grigio Che sembra non finire Non so neanche più soffrire Come te lo posso dire? Tendimi una mano in questa nebbia.


ESTRATTO di Cassiel


Angolo del Disegnatore

Benedetta Baccari

Margherita Cacciarelli

Margherita Cacciarelli

Sofia del Cherico


RECENSENDO...

Joker

di Roxana Popa e Maddalena Grillo

Titolo Originale: Joker Regista: Todd Philips Genere: Drammatico, Thriller Paese: USA Durata: 122 min Che temi tratta? R: Viene affrontato il rapporto tra una società in degrado e un individuo che si ritrova a dover affrontare il suo declino psicologico perché abbandonato a se stesso dalle istituzioni. M: Il film tratta il tema dell’emarginazione sociale e quello della malattia mentale attraverso uno dei personaggi del mondo DC più famoso di sempre. In che genere lo collocheresti? R: È un film caratterizzato da forti note drammatiche, ma soprattutto da una profonda analisi psicologica che dà alla pellicola un carattere introspettivo. M: È un film di genere drammatico, misto al thriller data la violenza di alcune scene, sebbene sia l’unica caratteristica di quest’ultimo genericamente grafica Ti è capitato di entrare in empatia con il personaggio? R: Fin dalle prime scene entriamo in contatto con le ingiustizie e le azioni violente che vengono subite dal personaggio, comprendiamo il suo status di emarginato e vittima di un sistema che non funziona. Si percepisce tutta la difficoltà, l’angoscia e la rabbia del personaggio che è costretto ad affrontare in solitudine tutte le avversità. È inevitabile provare comprensione ed empatia nei confronti di Arthur/Joker che ci appare così debole e fragile e che viene solo bistrattato dalla società. M: Sì, devo dire che da questo punto di vista il regista ha svolto un ottimo lavoro. Si prova empatia con il personaggio fin da subito.Todd Phillips e la bravura di Joaquin Phoenix ci accompagnano nella fragilità spirituale di Arthur Fleck, facendoci provare l’estremo disagio del protagonista e ciò che lo renderà Joker. Che tipo di sentimenti ti ha suscitato? R: Fin dall’inizio ho provato tanta compassione per il personaggio, dopo la rabbia e l’angoscia, il tutto però accompagnato da un forte desiderio di rivalsa del personag-


gio e ciò avverrà poi attraverso atti criminali provocatori, spregiudicati e cruenti che tuttavia sembrano quasi seguire uno sviluppo giustificato: dopo tutte le ingiustizie e violenze subite, perché negarsi una vendetta che sa di meritata rivalsa? M: I sentimenti che suscita il film sono davvero molti e sorprendenti. Come già detto, lo spettatore prova empatia con il protagonista, che è pur sempre un super cattivo. Ma non solo: il girato riesce a muovere qualcosa all’interno di chi lo guarda, un moto rivoluzionario, di ribellione sociale, di protesta. Ci si schiera a favore del più debole, dell’indifeso, del dimenticato. In che modo gli archetipi del buono e del cattivo vengono ribaltati? R: Avviene un ribaltamento effettivo dei ruoli del buoni e dei cattivi: i buoni sono ora i malvagi corrotti nell’interiorità e i cattivi sono le vittime di un sistema degenere. C’è quindi una fortissima critica morale dei buoni che si sono resi colpevoli di superbia e rigidità mentale, essendosi loro estraniati dalla realtà circostante e accomodati nella propria vita privilegiata, disdegnando e giudicando sprezzantemente chi ne è escluso. M: Joker, il cattivo per antonomasia, viene messo al centro di una storia drammatica e commovente. Vedere il mondo con i suoi occhi, ci fa capire che ognuno è il protagonista della propria vita, che scelte e sentimenti sono soggettivi. Il nostro “eroe” cerca di combattere la profonda ingiustizia sociale presente nelle strade di Gotham. Inoltre è costretto ad adottare misure drastiche, poiché l’intero sistema lo rifiuta e maltratta. Il cattivo qui diventa colui che ha tutto, il cittadino perfetto, affermato, potente, ricco. Si scontrano l’agiatezza dei benestanti e la fame dei dissidenti. Avviene ad un certo punto una rivalsa del personaggio, come l’hai interpretata? R: È il momento cruciale, quello che tutti aspettavamo e che arriva con tutta la sua forza carica di emotività, turbamento e disagio, ma che non risultano di troppo, anzi perfettamente in linea con il crescente sentimento di vendetta e desiderio di rivoluzione interiore che trascinano lo spettatore in un turbine di sentimenti negativi, nel caos totale suscitato da Joker, che è esso stesso il caos. M: La rivalsa l’attendiamo sin dal primo minuto del film. Facciamo fin da subito il tifo per il debole, l’indifeso. Joker non fa solo questo. Con il suo mutare a poco a poco in qualcosa di malvagio, esorcizza ciò che abbiamo nel profondo. Proviamo ciò che il malato mentale prova. Ricordo la sensazione provata appena uscita di sala: ero in ansia. Ansiosa di fare, realizzare e tutto ciò era accompagnato dalla consapevolezza che nessuno avrebbe potuto fermarmi. Ecco come ho interpretato la rivalsa del Joker: come un invito alla rivalsa personale di ognuno di noi. Capolavoro o film sopravvalutato? R: Sopravvalutato assolutamente no, è un film degno di tutto lo scalpore e l’attenzione che ha suscitato, ha certamente superato di gran lunga le mie aspettative personali, ma non so se definirlo un capolavoro assoluto o meno; certo che è che l’interpretazione di Joaquin Phoenix è stata eccezionale, quindi definisco lui un capolavoro. M: Nessuna delle due. Certo, se parliamo solo di 2019, allora potremmo anche azzardare nel definirlo un capolavoro. Io ho venerato questo film, ma no, non è un capolavoro. Ma non è nemmeno sopravvalutato. Tutto lo scalpore e l’attenzione mediatica attirata sono pienamente motivati. Uno dei migliori film del 2019, indubbiamente, ma anche del nuovo millennio. A chi lo consiglieresti? R: Lo consiglierei a chi ha voglia di conoscere più da vicino e di comprendere più a fondo non solo il personaggio di emblematico di Joker, ma anche la sua interiorità; a chi ha voglia di essere sorpreso e coinvolto emotivamente; a chi vuole di più del solito film DC M: Lo consiglierei a chiunque, perché davvero è un film che merita di essere visto, ma soprattutto lo consiglierei ai miei coetanei, ai giovani. Voto? R: 8/9 M: 8 e mezzo


TITOLO: Noah AUTORE: Sebastian Fitzek Talentuoso scrittore tedesco, conosciuto per i suoi thriller psicologici. Inizia la sua carriera col romanzo “Die Therapie”, pubblicato nel 2006, col quale ottiene un grande successo, vendendo 12 milioni di copie in tutto il mondo. CASA EDITRICE: Giulio Einaudi editore COLLANA: stile libero big ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2013 GENERE: psychothriller PERSONAGGIO PRINCIPALE: Noah TRAMA: Inverno berlinese. Noah si sveglia e non sa chi sia, da dove venga, come sia finito lì. Ha un tatuaggio con scritto quello che prende come suo nome. Non sa come recuperare la memoria. Ha una ferita d’arma da fuoco alla spalla e non idea di come se la sia procurata. Noah intraprenderà un viaggio alla ricerca di se stesso e della verità, ma verrà inevitabilmente coinvolto in complotti, potenze mondiali e segreti più grandi di lui. COMMENTO: Noah è un libro attuale. Porta agli occhi dei lettori le problematiche del mondo d’oggi, trascinando il lettore all’interno dell’universo dei complotti, dai più banali e conosciuti, ai più articolati e complicati. Con un linguaggio semplice Fitzek intriga e chiama il lettore a informarsi sempre di più sull’argomento. È un romanzo che si articola nelle vicende politiche dei nostri giorni. VOTO:4/5 Alessia Oreti

Fonte: quelibroleo


DICEMBRE ARTE

MUSICA

LETTURE

DAL 4 AL 21

7

3

14

9

ARTISTI IN VETRINA Vetrina sede di via S. Gallo Mostre a cura di studenti ed ex studenti del Liceo Artistico

8

ALBERO DI NATALE ore 17:00 Palazzo Vecchio - Cortile della Dogana Accensione dell’Albero di Natale con addobbi realizzati dagli studenti del Liceo Artistico a cura dell’Associazione MUSE. Intervento musicale degli studenti del Liceo Musicale.

ARCHI IN CONCERTO ore 21:00 Limonaia di Villa Strozzi Concerto dell’Orchestra Sinfonica del Liceo Musicale

MARTEDARTE ore 18:00 Teatrino sede di via F. Puccinotti Calliope - La voce e il racconto

STRINGS CITY - FINGER I SUOI PRIMI 100 ANNI MUSIC La storia d’Italia dai banore 13:00 chi di scuola del Liceo Teatrino sede di via F. Dante di Firenze Puccinotti ore 17:30 Le Orchestre del Liceo Musi- Sede di via F. Puccinotti cale in concerto. Lettura Reading del Prof. SALVATORE CINGARI con la partecipazione dell’attore 17 MICHELE CARLI. SANTA CLAUS IN Evento a cura del Liceo COMING… Classico. 10 ore 20:30 CONTEINER CAREGGI Auditorium della Cassa di ore 11:00 Risparmio, via Folco Portinari Ospedale Ponte Nuovo - Via Banda&Band del Liceo Musidelle Oblate, 4 cale. Inaugurazione dei murales sui container in partenza per l’Africa, realizzati dagli studenti del Liceo Artistico a cura dell’AOUC Careggi - Cooperazione Sanitaria Internazionale dell’Ospedale. Intervento musicale degli studenti del Liceo Musicale.


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