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YOUNG, SCRAPPY AND HUNGRY

di Francesca Oriti

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John Trumbull, Ritratto di Alexander Hamilton, olio su tela, 1806

Hamilton è un musical scritto da Lin Manuel-Miranda e rappresentato per la prima volta nel 2015 che narra la vicenda del padre fondatore degli Stati Uniti Alexander Hamilton. La storia ha inizio quando il protagonista lascia l’isola caraibica dove è nato per sbarcare a New York e prendere parte alla Guerra d’Indipendenza dall’Impero britannico, in cui svolge principalmente il ruolo di segretario di Washington. Alla vita pubblica si intreccia quella privata, infatti nel bel mezzo della Rivoluzione Hamilton sposa Elizabeth Schuyler, figlia di un importante generale e politico newyorkese, tuttavia la politica pervade ogni momento della sua vicenda e l’unione con la giovane moglie diventa il simbolo dell’Unione delle tredici colonie sotto la bandiera a stelle e strisce (all’assolo della damigella d’onore “To your union” risponde il tutti “To the Union, to the Revolution”). Dopo la Rivoluzione la carriera di Hamilton incontra maggiori ostacoli, infatti quando assume il ruolo di segretario del tesoro e propone la creazione di un debito unico federale, incontra la resistenza degli Stati del Sud, che tuttavia riuscirà a vincere accettando di spostare la capitale da New York a Washington DC.

La sua abilità politica gli permette perfino di sopravvivere a uno scandalo sessuale, che però si riflette tragicamente sulla famiglia: per difendere la sua reputazione, il figlio maggiore Philip accetta un duello in cui troverà la morte. Distrutto dall’avvenimento, avendo ormai perso lo scopo della propria vita, Hamilton si avvia a una fine analoga a quella del figlio accettando uno scontro con il nemico di sempre Aaron Burr. Aaron Burr è la nemesi del protagonista, è il primo e l’ultimo personaggio a comparire sulla scena e svolge il ruolo di voce narrante dell’intera vicenda. Il musical si apre con le sue parole:“How does a bastard, orphan, son of a whore and a Scotsman…grow up to be a hero and a scholar?” (“Come può un figlio illegittimo, orfano, figlio di una prostitua e di uno scozzese crescere fino a diventare un eroe e un docente?”). I due personaggi sono accomunati dalla condizione di orfani, tuttavia Burr connota Hamilton con toni dispregiativi che sottolineano la sua invidia latente, infatti lui come Alexander si laurea in giurisprudenza e poi partecipa alla Guerra d’Indipendenza, tuttavia non riesce ad ottenere un ruolo di importanza nell’entourage di Washington e sul versante della vita privata non può vantare una famiglia solida come quella del collega. I due personaggi vengono nettamente distinti da una canzone cantata dallo stesso Burr, in cui lamenta di non essere stato presente all’incontro segreto tra Hamilton, Jefferson e Madison, in cui è stato deciso di spostare la capitale da New York a Washington DC. La ripetizione ossessiva delle stesse frasi con la medesima melodia, sintomo di sospetto e paranoia, dimostrano come la sua ambizione politica sia stimolata solo dal desiderio di rivincita su Alexander e non dal desiderio di conquistare progressi significativi per la democrazia che caratterizza il protagonista. Oltretutto Lin Manuel-Miranda esplora in maniera brillante l’accecamento dato dall’invidia, infatti Burr si fa corrodere dall’illusione che Hamilton sia esente da dolori e frustrazioni, quando in realtà lo vediamo in momenti tragici, come quello in cui piange il figlio morto per difenderlo. A Burr si contrappone Alexander Hamilton, rappresentazione dell’ambizione in tutta la sua complessità, infatti il suo desiderio di avere un peso decisivo sulla Storia è evidenziato dai suoi cari che gli chiedono preoccupati “Why do you write like you are running out of time?” (“Perché scrivi come se non avessi abbastanza tempo?”) e dal brano cantato da Washington “History has its eyes on you” (“La Storia ti osserva”). C’è un riferimento testuale addirittura al simbolo dell’ambizione per eccellenza, il Macbeth di Shakespeare, tuttavia nello scontro con Thomas Jefferson emerge l’umanità e l’ispirazione alla giustizia sociale di Hamilton, che si batte affinché gli Stati Uniti istituiscano un debitounico federale e gli Stati del Sud non si trovino più avvantaggiati ripagando i debiti di guerra con la manodopera schiavile. Capiamo la genialità di tale idea dal fatto che gli Stati europei stanno iniziando a discutere la creazione di un debito unico solo nel XXI secolo, più di 200 anni dopo la trovata di Hamilton e con le numerosissime resistenze che sono state opposte nell’ambito del Next Generation EU. Dunque l’ambizione di Hamilton non è impulso verso un potere personale, ma è il sogno di un mondo migliore, come spiega cantando con i rivoluzionari: “I may not live to see our glory, buy I will gladly join the fight” (“Potrei non vivere abbastanza per assistere alla nostra gloria, ma prenderò volentieri parte alla battaglia”). La riflessione sul potere viene ulteriormente approfondita nella figura di Washington, un militare a capo di uno Stato che concentra su di lui il fulcro del sentimento patriottico, una situazione che potrebbe preludere a scenari ben poco democratici. Tuttavia Washington rimane fedele ai principi che l’hanno guidato nella lotta contro la Corona britannica e stabilisce il precedente storico dei due mandati presidenziali, reso obbligatorio con il 22º emendamento solo nel 1951. Washington spiega a Hamilton “If I say goodbye, the nation learns to move on, it outlives me when I’m gone” (“Se mi ritiro, la nazione imparerà ad andare avanti, mi sopravviverà quando sarò scomparso”). Questo è forse il punto focale del musical, infatti possiamo percepire in questa frase il peso storico degli eventi, cioè la creazione della carica del tutto originale del presidente di una Repubblica, la caratterizzazione dell’eroe americano che si sacrifica di fronte al bene della nazione e la morale della vicenda di Hamilton, ovvero che l’ambizione non deve tendere a un obbiettivo personale e contingente, ma alla memoria e alla posterità.

Il musical si propone come un affresco energico ed estremamente coinvolgente della nostra epoca in quanto supera le barriere stilistiche del genere, imponendo una preponderanza delle canzoni rap, e le barriere sociali della misoginia e del razzismo. Angelica Schuyler, la cognata di Alexander, ha un ruolo di primo piano nella narrazione, infatti enuncia il principio base della Rivoluzione Americana “I hold this truth to be selfevident, that all men are created equal” (“Ritengo questa una verità autoevidente, che tutti gli uomini sono stati creati uguali”), ed è interpretata da un’attrice afroamericana, ad evidenziare che i nobili principi dei padri fondatori non si sono ancora tradotti in un’uguaglianza sostanziale. Angelica è un alter-ego di Alexander come simbolo di ambizione, infatti lui le canta “You’re like me, I’m never satisfied” (“Tu sei come me, io non sono mai soddisfatto”), tuttavia la condizione femminile la vincola a un matrimonio opportunistico con un lord inglese. Questo rafforza la carica di critica sociale insita nella narrazione, infatti per quanto una donna possa essere forte, la società patriarcale cerca dalla notte dei tempi di ridurre il suo potere assoggettandola a uomini che la deprivano dei suoi ideali. Il messaggio rivoluzionario del musical tuttavia sta nella rappresentazione di una donna in cui ambizioni politiche e passione amorosa si intrecciano e coesistono per formare un personaggio straordinariamente forte, che invita le giovani donne e tutto il pubblico in generale a perseguire il sogno di un mondo migliore con la stessa ambizione che ha unito Angelica e Alexander.

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