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FARE O NON FARE TEATRO? 10 EFFETTI BENEFICI DELLA RECITAZIONE

di Letizia Chiostri

Già gli antichi Greci avevano appreso il grandioso potere del teatro. Ritenevano, infatti, che la tragedia avesse una funzione catartica, purificatrice. Attraverso la visione dello spettacolo, il pubblico era in grado di tirar fuori le proprie emozioni, avere modelli con i quali confrontarsi e, dunque, imparare. Per questo, tutti dovevano andare a teatro: era lo Stato stesso a pagare il biglietto per chi non se lo poteva permettere, mentre il pagamento della liturgia – una tassa particolare imposta ai tre cittadini ritenuti più ricchi per finanziare l’allestimento e, soprattutto, per sostenere le spese del coro – era ritenuto un grande privilegio. Con il tempo, il modo di fare teatro si è modificato ed evoluto. Tuttavia, ha sempre mantenuto questa sua capacità di guarigione, non solo per lo spettatore, ma anche – e oserei dire soprattutto – per l’attore stesso. Purtroppo, spesso sottovalutiamo questo aspetto: è luogo comune pensare che un attore pratichi questo mestiere solamente per la ricerca della fama o per una sorta di esagerata megalomania. Invece, ignoriamo tutti i benefici, fisici e psicologici, che esso produce. Proverò a indicarli in dieci punti principali.

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1. Uso corretto della voce e della respirazione

Questo è un punto estremamente importante, ma troppo sottovalutato. Uno dei primi esercizi che si svolge in un corso di teatro è quello della respirazione. Spesso, infatti, presi dalla frenesia di una vita sempre di corsa, ci dimentichiamo di respirare, o comunque di farlo correttamente. L'esercizio che si propone, in genere all'inizio della lezione, è respirare profondamente e lentamente, con gli occhi chiusi, per un minuto. Oltre che essere utile per il sistema respiratorio, questa attività riduce l'ansia e lo stress e rilassa i muscoli. Per quanto riguarda l'uso della voce, la questione si fa più interessante. Tutti coloro che cantano sicuramente lo sapranno meglio di me. Ognuno di noi possiede diversi tipi di voce, a seconda di dove si spinga l'aria quando si parla (per esempio esiste la voce di petto o di naso); ma le più importanti sono tre: la voce di testa - quella acuta, in falsetto -, di diaframma - banalizzando, è quella che utilizziamo anche per fare il verso a Babbo Natale - e di gola, cioè quella che usiamo normalmente. In teatro - e in realtà anche nella vita di tutti i giorni - bisogna utilizzare la voce del diaframma: questa ci permette di aumentare il volume della voce senza sforzarsi. Se usassimo quella di gola, infatti, non solo dureremmo molta fatica, ma anche dopo una, due repliche ci ritroveremmo con un bel mal di gola!

2. Imparare ad approcciarsi allo spazio circostante

Molti ritengono che recitare sia soltanto un esercizio vocale: in realtà un attore deve prima di tutto saper usare il proprio corpo e i propri movimenti in relazione allo spazio. Ciò che si compie sul luogo sul quale ci troviamo, il palco, è un’azione, un gesto, e tutto deve tornare perfettamente dell’immensa costruzione della scena. Muoversi troppo può distrarre l’attenzione dello spettatore o sminuire il personaggio; muoversi troppo poco, invece, rischia di non coinvolgere abbastanza il pubblico nella vicenda o inchiodare il ruolo che si interpreta senza dargli modo di esprimersi. Alcune delle attività più frequenti quando si segue un corso di teatro sono quelle che riguardano il concetto di spazialità. Per esempio, si mette della musica e si chiede ai partecipanti di camminare per tutto lo spazio disponibile seguendo l'andamento musicale. Ogni volta che la musica viene stoppata, anche noi dobbiamo fermarci. Può sembrare un gioco banale, ma in realtà è molto utile per attivare la nostra capacità di ascolto. Un altro esercizio che trovo molto significativo strettamente legato alla spazialità è il cosiddetto “gioco della zattera”. Esso consiste nel muoversi occupando ogni spazio, immaginando di trovarsi sopra una zattera: se tutto il peso si concentra su un lato dell’imbarcazione, questa affonda.

3. Imparare ad approcciarsi alle persone circostanti

Questo punto è strettamente collegato a quello precedente. Essere capaci di approcciarsi allo spazio intorno a noi significa inevitabilmente potersi approcciare a coloro che occupano questo spazio, nel senso di migliorare le proprie abilità comunicative nell’accezione emotiva del termine. Significa diventare in grado di dialogare con gli altri. Insomma, in poche parole, il teatro è uno strumento di socializzazione e ci insegna a relazionarsi con maggiore libertà.

4. Rafforzamento dell’autostima

Il teatro è un’attività che viene quasi sempre consigliata a tutte quelle persone che soffrono di ansia, che sono state vittime di bullismo e/o che in generale hanno poca fiducia in sé stesse. In questo senso, recitare rappresenta una cura per molti. Forse all’inizio potrebbe sembrare strano: parlare ad alta voce, davanti ad un pubblico, con tutti i riflettori puntati addosso non parrebbe proprio il miglior modo per affrontare la timidezza. In realtà si tratta di un percorso lungo, non certo immediato. Anche io stessa ho dovuto fronteggiarmi con una grande insicurezza, ma ora sono una persona molto più aperta ed estroversa. Questo è possibile grazie al fatto che recitare serve per superare l’ansia da prestazione. Una volta che sei sul palco, tutto può succedere e non si può tornare indietro, non si può cancellare niente. Si potrebbe, dunque, affermare che recitare stimoli anche una certa capacità di adattamento. E, in aggiunta, fare teatro è anche un modo per esprimere la propria interiorità. Un insegnamento che ho imparato e che mi porterò sempre dentro è che ogni tanto è giusto avere i riflettori puntati su di sé. A volte, essere “egocentrici”, nel significato di pensare a noi stessi, è positivo. Curarsi solo e soltanto degli altri, per quanto sia un gesto magnanimo e generoso, può essere dannoso per la nostra stessa salute perché ci dimentichiamo di prenderci cura di noi. Ecco, il corso di teatro ha anche il compito di riportarci su un piano personale e soggettivo. In quell’ora o in quelle due ore che siamo sul palcoscenico, per una volta, godiamoci l’applauso del pubblico e le luci che illuminano.

5. Rafforzamento del senso di identità personale

Inutile dirlo: recitare ci permette di trovare noi stessi. Si tratta di un punto forse facile da individuare ed immediato, ma non per questo meno importante. Le persone sono chiamate a calarsi nei panni di diversi personaggi e diversi anche da sé stesse. Esistono svariati metodi di recitazione; due dei più famosi sono quello di Stanislavskij e quello di Brecht. Il primo sistema di recitazione si basa sull’immedesimazione dell’attore nei confronti del proprio ruolo, il secondo, il più complesso, sull’estraniamento. Penso che entrambi i metodi, sebbene completamente agli antipodi, diano una grandiosa consapevolezza di sé stessi. L’attore deve essere capace tutte le volte di abbandonare il proprio Io e diventare qualcun altro. Deve saper indossare tante maschere differenti e per farlo deve avere consapevolezza del suo modo di essere e di atteggiarsi.

6. Benefici fisici

La parola “dramma” deriva dalla radice del tema dell’aoristo del verbo τρέχω, ovvero -δραµ, che significa “correre”. In qualche modo, potremmo considerare la recitazione uno sport, tanto che è stata definita una tipologia di danza. Il teatro mette in movimento tutti i muscoli e le articolazioni del corpo ed è anche un perfetto esercizio per i muscoli facciali. Inoltre, è scientificamente provato che migliori la capacità di memorizzazione e la reattività dei neuroni. Inoltre, quando l’attore è sul palco vengono rilasciate endorfine, ormoni che provocano una sensazione di piacere. Per questo spesso chi recita afferma che il teatro regala emozioni indescrivibili. Quasi si forma un dialogo non solo fra il pubblico e l’attore, ma anche fra questo e il palcoscenico stesso.

7. Apertura mentale e creatività

Il fatto che l’attore debba sempre cambiare pelle gli permette di essere una persona dalle ampie vedute. A volte, per interpretare un personaggio si cerca di trovare quali sono le motivazioni che lo guidano. Questo permette di vedere la situazione da diversi punti di vista e ci spinge a contestualizzare ogni evento. Un’altra conseguenza di ciò è che l’attore tende ad avere una mente continuamente in movimento e sottoposta a stimoli diversi. Chi recita per definizione è curioso e desideroso di mettersi in gioco. Sì, il teatro è un vero e proprio gioco – di ruolo – tanto è vero che gli attori rimangono un po’ sempre bambini. Lo ha notato anche Orazio Costa, ideatore del metodo di recitazione mimico: tutti noi abbiamo un istinto mimico, soprattutto da piccoli. È per questo che se i bambini mentre giocano si immaginano qualcosa si comportano come se questa fosse vera. Da questo punto di vista, si può tranquillamente affermare che recitare è un’attività per tutte le età, ma che ci consente di non invecchiare mai.

8. Imparare a parlare

Il teatro sicuramente ci insegna ad acquisire una certa sicurezza tale da permetterci di parlare senza difficoltà in pubblico. Ma in particolare, da un punto di vista linguistico, l’attore impara anche ad ampliare i propri discorsi e quasi a trasformare in modo plateale qualsiasi conversazione in un monologo shakespeariano. Un altro aspetto del quale mi sono resa conto interpretando vari ruoli è che a volte, quando non si recita in vernacolo, bisogna imparare a parlare in italiano standard, quindi abbandonando ogni traccia del proprio dialetto. E per esperienza personale posso riferirvi che non è molto facile!

9. Arricchimento del proprio bagaglio culturale

Andare a teatro è un modo per imparare sempre più informazioni. Ma anche fare teatro è fonte di conoscenza. Dopotutto, non è possibile interpretare un testo senza conoscerne l’autore e gli antefatti. Recitare ha un fortissimo valore educativo, per questo sarebbe così importante abituare le persone fin da giovani ad assistere ad uno spettacolo o, ancora meglio, a prenderne parte in prima persona.

10. Creazione di ricordi indimenticabili

Come ogni altra esperienza nella vita, il teatro regala grandi emozioni e memorie indissolubili. In nove anni di recitazione, mi ricordo di tanti momenti di commozione, come la prima volta in cui mi sono esibita sul palco con la compagnia “Namastè Teatro”. Ma mi ricordo anche di altrettanti – e forse più numerosi – aneddoti sulla vita da attrice. Per esempio, nello spettacolo di Benvenuti in casa Gori, verso la fine del secondo atto doveva essere portato in scena un panettone. Il problema è che da diversi anni veniva utilizzato sempre lo stesso panettone; ormai aveva iniziato a emanare odori non molto gradevoli, che, fortunatamente non venivano sentiti dalla platea, ma da noi in scena sì. Durante una delle repliche nel novembre 2021, una volta entrato in scena il vassoio del panettone, uno degli attori sussurra ad un’altra, con un gergo tipicamente fiorentino: «Mamma mia, che puzzo!» La sera seguente, allora, abbiamo avuto l’idea di spruzzargli sopra la lacca per capelli, che era profumata, per vedere se il buon odore riuscisse a sconfiggere quello cattivo. Ma dal momento che nemmeno questa strategia sembrava funzionare siamo stati costretti a comprare un nuovo panettone e buttare via l’altro, non senza averlo onorato con i più sinceri saluti e i più commossi ringraziamenti per averci accompagnato in scena per tanti anni. Speriamo solo il prossimo panettone non debba fare la stessa fine!

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