LA BALLAT A di OTTO JENISCH scritto e illustrato da
Chiara Mazzotti
LA BALLAT A di OTTO JENISCH scritto e illustrato da Chiara Mazzotti
Udite udite di Otto Jenisch la storia qui ora un pezzetto ne conterò a memoria...
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Viveva ad Amburgo, erano gli anni venti c’erano miseria e motori ruggenti. Viveva vicino al porto, in una catapecchia isolata con lamiere e legno fradicio se l’era aggiustata. Ma più spesso dormiva, insieme ad altre persone sotto i ponti, nelle strade, tra i ripari della stazione.
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Di giorno frugava tra i resti della città o aspettava e aspettava di qualcuno la pietà. Guardava gli altri, che passavano, con occhi malinconici e la realtà si mescolava ad incubi onirici.
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Il brontolìo dello stomaco era un’automobile nera che correva di continuo, da mattina fino a sera. A bordo c’era un uomo magro con una maglia a righe togliendosi il cappello scopriva un viso pien di piaghe dalle quali uscivano volando centinaia di locuste;
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Otto si sfregava gli occhi, ma gli incubi eran peste. In città di notte c’eran mille cavalieri con le spade e le alabarde avanzavan sempre fieri e spaventosi coi mantelli del color come la pece loro in avanti, a piedi o in groppa, lui indietro invece.
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Udite udite come la fame riduce un uomo ascoltate me e non chi vi dice che nella miseria c’è del buono.
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La vita di Otto così si trascinava diversa certo da quella che lui stesso ricordava. Guardare il cielo era la sua passione si metteva i vestiti buoni a volte per l’occasione.
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Oppure ai mercatini gli piaceva andare tra tutti quei rumori guardare e ascoltare. E così ecco accadde di andar vicino a un banchetto a metter su dei dischi era un allegro ragazzetto poteva esser suo figlio se il suo non fosse morto in guerra mille e mille volte maledisse questa terra. La musica era calda, lieve, veloce e gli venne di cantarla, di nascosto, con la voce. Lo portava in mondi belli, sereni, turchini dove le case son per tutti e tutti son bambini. E così fu che s’addormentò lì, tra tanta gente e dopo tanti anni fece davvero un sogno decente.
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Quella notte così era sveglio e camminando canticchiava quella canzone che dal cuore più non se ne andava. Lo sentì un signore uno importante lavorava nei locali dove ballava la gente. Sentì quella voce roca e quella strana cantilena un po’ conosciuta un po’ inventata dava i brividi alla schiena. Chiese a Otto se per caso la potesse registrare e lo invitò a bere qualcosa così, per chiacchierare. Quello si vide davanti un cavaliere bianco il suo occhio buono il suo sorriso franco ma dovette indietreggiare: non gli piacevano i cavalieri sentiva già le trombe lontane che preannunciavano quelli neri Così gli disse spiccio che sì prego ma ce l’avete un soldino? E quello – certo,non ve lo nego.
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Udite udite come finisce la storia così come la sappiamo, come tramanda la memoria.
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Finì che il giorno dopo il nostro caro amico volle festeggiare in birreria, già, e qui vi dico: ordinò salsicce a volontà e patate che non soffrì la fame per intere tre serate e le birre che si scolò se le gustò con un sorriso che era così bello a vedersi, e così bello era il suo viso. Se la godette fino in fondo, e io fin qui ho saputo non voglio tediarvi oltre, mi scuso e vi saluto.
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Questa ballata è stata scritta da Horst Brünner su un racconto di Heinrich Vogel, che incontrò personalmente il signor Otto Jenisch nel luglio del 1927. Traduzione dal tedesco e immagini a cura di Chiara Mazzotti.
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Udite udite di Otto Jenisch la storia...