Omnia mutantur nihil interit_Syria Fiorini

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­­ ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI URBINO Dipartimento di Arti Visive Scuola di Pittura DIPLOMA ACCADEMICO DI PRIMO LIVELLO

PROGETTO ARTISTICO

DOCENTE Serena Riglietti

ALLIEVO Fiorini Syria

anno accademico 2018 / 2019 sessione straordinaria



Virginia De Winter

Omnia mutantur nihil interit La Bella Addormentata nel Bosco

Syria Fiorini


Secoli e secoli prima che i re del Nord conquistassero il Continente, c’erano un Re e una Regina, di un paese bello e lontano, disperati perchÊ non potevano avere figli.



La loro natura si nutriva di sangue e oscuritĂ e non era concesso loro di generare la vita quando esistevano soltanto in virtĂš della morte. Erano entrambi splendidi, di pelle candida e labbra rosse, occhi ardenti come il sole che non potevano piĂš contemplare.



Nel giorno piĂš bello della loro eternitĂ , trovarono nella culla, fino a quel momento


disperatamente vuota, una bambina bellissima e subito l’amarono come fosse figlia loro.



Diedero una grande festa in suo onore e invitarono immortali e semidei, redivivi e figli di demoni. Ognuno portò in dono una virtĂš o una fortuna ricevendo in cambio, come segno di gratitudine, oro e gioielli. Ma l’invito di una Regina del Presidio si era smarrito e, trovandosi nei paraggi del castello, ella si fermò a guardare le altre invitate con invidia.


Lei aveva la bellezza fosca e pericolosa delle genti della sua stirpe, sciupata da lungo tempo da una cicatrice di cattiveria sul volto che si sforzava sempre di nascondere. Le invitate alla festa della bambina erano incantevoli e danzavano alla luce delle candele, adorne dei gioielli che il Re e la Regina avevano donato loro, e lei pensò che se avesse potuto rapire l’essenza della piĂš mirabile, allora avrebbe riavuto indietro la propria bellezza, intatta.




Presa da una rabbia senza fine, piombò nel bel mezzo della festa e si avvicinò alla culla della neonata. << Tutte le invitate ti hanno portato un regalo e così farò anche io che nessun invito ho ricevuto >>, esordì la Regina. << Ho sentito le altre donarti tutte le prerogative della bellezza: capelli di seta, pelle di velluto, occhi splendenti come gemme. Il mio dono sarà renderla eterna: quando compirai quindici anni riceverai il Morso tenebroso da un uomo che amerai perdutamente e che ti ucciderà, sarai leggenda e il tuo ricordo non morirà mai. Così io avrò preso la tua vita, bella tra le belle, e questo mi restituirà la mia, di bellezza >>. Detto questo scomparve.


La Regina scoppiò in lacrime, grosse lacrime di sangue che il Re tentava invano di asciugare. Si fece avanti una fanciulla che aveva nelle vene il sangue e il potere degli dèi del sud. I suoi occhi di un dolce violetto guardarono la Regina, pieni di compassione.


<< I doni ricevuti da tua figlia >>, le disse con voce dolcissima, << non si limitano alla bellezza del corpo: ha ricevuto anche la compassione, l’amore, la gentilezza. Raccoglie in sé virtù che la rendono preziosa e che mi permettono, se non di annullare, almeno di mitigare le disposizioni della Regina del Presidio >>. Si avvicinò alla neonata e le sorrise. << Non morirai >>, dichiarò, << ma ti addormenterai del sonno incantato che è mio dono elargire. Ti sveglierà un Figlio di Re che ti donerà il suo amore e vivrete entrambi un eterno >>.


Trascorsero gli anni e la Principessa crebbe, bella e piena di talento, sorvegliata a vista. Il Re e la Regina, per proteggerla, avevano emanato un bando che vietava a tutti i vampiri del regno di avvicinarsi al castello.



Ma un giorno in cui i suoi genitori erano in visita presso un regno vicino, la Principessa, vagabondando nelle campagne vicine al castello, si trovò davanti a un mausoleo antichissimo, seminascosto da una fitta cortina di edera.



La sera cadeva come un manto violetto dal cielo e le stelle iniziavano a luccicare nell’ombra. Le guardie cercavano la Principessa che, curiosa e stufa di essere controllata, entrò nel mausoleo e scese lungo la scalinata. Si trovò in una stanza lussuosamente arredata con sete e velluti color del sangue, e oro e argenti vetusti e preziosi. Al centro della camera si trovava un catafalco, dove un giovane riposava con le mani intrecciate sul petto.



Aveva il volto di un angelo e, non appena lo vide, il cuore della Principessa fu colto da un impeto di passione così potente che pensò ne sarebbe morta. Si avvicinò e sfiorò con un a carezza quelle labbra bellissime per baciarle e così facendo si ferì con i denti acuminati del giovane.




UscĂŹ dal mausoleo e si sentĂŹ sopraffare dal languore: chiuse gli occhi e cadde in terra.


Furono le guardie a ritrovarla e a condurla di nuovo a palazzo dove la piansero come morta. Dopo che l’ebbero composta nella sua sepoltura, un sontuoso letto di marmo, tutti, nel castello, avvertirono una strana sonnolenza. Ognuno dove si trovava – le bestie nelle stalle, gli sguatteri in cucina, le fantesche negli armadi che riordinavano – si addormentò di un sonno profondo e incantato.




Trascorsero cento anni e una folta vegetazione circondò il castello insieme alla fama di essere la dimora degli spiriti.


Risvegliandosi dal suo sonno, il Figlio di Re si toccò le labbra e sentì il sapore del sangue che gli accese nel cuore una scintilla. L’amore divampò facendogli credere che sarebbe morto di nostalgia per il sapore di una fanciulla che forse aveva veduto soltanto in sogno.




Seguì il suo profumo e si ritrovò davanti a una parete impenetrabile di rovi. Strappò le spine ferendosi la pelle meravigliosa che subito si rimarginò.


Riuscì a farsi strada fino alla tomba della Principessa e, non appena la vide, con un tuffo al cuore capì che era la donna che aveva visto in sogno e che ora dormiva, sospesa tra la vita e la morte, in attesa che una delle due avesse la meglio. Si chinò su di lei e la destò con un bacio. Quando vide la vita abbandonare i suoi occhi splendidi, avvicinò il collo alle sue labbra per permetterle di bere dalla sua vena, sigillando così il loro amore per l’eternità.






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