Una riflessione di Stefania Zambrano su un fatto a lei accaduto
previsto dalla legge. Evidentemente però c’è qualcosa di poco chiaro perché questo peregrinare da uno sportello ad un altro doveva essere un atto dovuto e per la legge sulla privacy un atto d’ufficio tutelandomi.
Riceviamo e pubblichiamo da Stefania Zambrano una riflessione su un fatto a lei accaduto “Ecco cosa accade quando il pregiudizio prevale addirittura sulla sentenza passata in giudicato. La mia storia é fuori da ogni comprensione, un’avventura che dura circa tre anni. Attraverso il mio legale Cristina Polimeno mi viene riconosciuto il diritto del cambio anagrafico con sentenza passata in giudicato. L’iter prevede nel mio caso due passaggi in quanto non residente nel comune di nascita. La cosa disarmante é che il comune di nascita riconosce nei tempi previsti il mio diritto inviando il tutto (come da prassi) al comune di residenza per il cambio sui documenti visto che il tribunale ne ha dato l’autorizzazione e che il comune di nascita prendendone atto ha modificato l’estratto di nascita. Al comune di residenza dunque, ricevuta la Pec, bastava solo attenersi ai fatti procedendo come
Ad oggi sul mio documento ho ancora il nome che non mi riconosce il genere cui appartengo ma quello di nascita. La mia domanda e quella che molte altre ragazze/i si fanno è: possiamo pretendere dopo una trafila a volte onerosa il diritto di non essere giudicate da chi evidentemente vive il mio disagio con indifferenza? Tutta la documentazione parte dal Comune di Torre del Greco, che con tanta gentilezza manda il cartaceo al Comune di Napoli, ma la IV Municipalità dice che la Pec non è mai arrivata. Il mio avvocato si mette allora in contatto con i due Comuni e, ancora una volta, il Comune di Torre del Greco fa il suo lavoro mandando email e Pec. 113