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ARTURO RIETTI

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VUALTRIS FASEILU

VUALTRIS FASEILU

Artista aristocratico, instancabile, inquieto e passionale.

impartita una educazione intellettuale e raffinata; di temperamento suscettibile e poco pratico, si diletta di pittura (pur non seguendo un percorso formativo), parla più lingue ed è appassionato ‘di tirar di scherma’, invitato a grandi tornei di Vienna e Budapest. Tuttavia, la famiglia viene turbata dai suoi manifesti ideali irredentisti.

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Tra il 1882 e l’84, sarà ospite in Toscana dal fratello maggiore; avrà modo di dilettarsi in pittura con scene di vita agreste in stile verista. Rietti, rimane legato ai pittori triestini e alle loro tematiche della ‘pittura di genere’ realista di Telemaco Signorini.

Il pittore, inoltre, ha soggiornato a Rivignano, invitato dai Solimbergo.

Alla morte del padre, e contro il diniego dello zio tutore Vitale Laudi, ma sostenuto dalla madre e dalla nonna, nel 1884 il Nostro si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Monaco di Baviera, quale allievo di Franz Von Defregger e di Nikolaus Gysis. Ha contatti con gli artisti concittadini Umberto Veruda e Richard Carniel, e conosce Hugo Von Habermann, con il quale sperimenta varie tecniche miste, preferendo quella del pastello. Poi, si sposta a Milano, affina le proprie arti e nel 1887 espone alla Permanente.

Ha contatti con diversi artisti: Mosè Bianchi, il Mariani, e Ambrogio Alciati (quest’ultimo aveva parenti qui a Gradiscutta), Emilio Gola e l’amicizia duratura con lo scultore Paul Troubetzkoy, coinvolgendolo verso un impressionismo del tutto personale.

Nel 1889 ottiene la medaglia d’argento all’Esposizione Universale di Parigi; all’Esposizione del ’91 avrà quella d’oro. E’ elogiato anche dalla critica viennese.

Arturo Rietti(s) nasce a Trieste il 3 marzo 1863, ed è il rampollo di una facoltosa famiglia ebrea (il padre era un commerciante originario di Zante), quella borghesia che si reputava quasi un’aristocrazia del fiorente emporio cittadino. In quell’ambiente cosmopolita, gli viene

Ricorderemo che il giovane Arturo Rietti, sarà ospite assieme agli amici Thyrichter a Varmo dai Balestra, famiglia ebrea triestina, finita poi tragicamente (ed erano i proprietari di quella che oggi è conosciuta come ‘Villa Giacomini’, … avvolta in una velata maledizione).

Insomma, Arturo Rietti è stato una delle figure di primo piano della pittura triestina del tempo, con larga e meritata notorietà soprattutto di ritrattista, che deve rivelare “una verità segreta, profonda, dell’anima del soggetto”. Nella lunga e fiera carriera del maestro, “…tutti passavano dal suo studio”, come: Benedetto Croce, Gabriele D’Annunzio, Bugatti, Arturo Toscanini, Giacomo Puccini, il Lamberti e De Gasperi, gli esponenti dell’alta borghesia e della raffinata nobiltà triestina e internazionale. Numerosi sono i suoi autoritratti.

E’ stato anche un eccellente paesaggista, di nature morte ed interni; sorprendenti per freschezza gli schizzi a matita che riempiono i suoi quaderni.

L’amico pittore Sofianopulo ci informa come il Rietti fosse “…non mai tranquillo, non mai in pace con sé stesso e con gli altri, sempre disturbato dai rumori che gli facevano cambiare alloggio ogni quindici giorni”, variando città, ma pur sempre legatissimo alla natia Trieste.

Ma, le sue opinioni politiche antifasciste lo rendevano ‘scomodo’, tanto che, rimasto vedovo, e messo in serio pericolo dalle leggi razziali, nel 1940 si traferisce a Milano. Infine, troverà rifugio a Fontaniva (Pd), nella villa dei Conti Gallarati Scotti (amici dei Rietti), allora ritrovo protetto di intellettuali antifascisti e dove, il 6 febbraio 1943, si spegnerà. La figura di artista e di uomo, dopo la morte, sarà confinata nel mero mercato antiquariale.

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