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27 GENNAIO Giornata della memoria

IL BENE ALL’INFERNO Storie d’amore nei lager durante l’Olocausto


27 GENNAIO

UN TATUAGGIO SUL BRACCIO E...SUL CUORE Ludwig Sokolov e Gita Fuhrmannova Una storia d’amore che, all’origine, nasce dal sacrificio di un ragazzo per la propria famiglia. Nato in Slovacchia da genitori ebrei, Ludwig Sokolov era un tatuatore di professione durante l’epoca nazista. Nell’aprile del 1942, i nazisti pretesero che ogni famiglia della sua città natale, Eisenberg, consegnasse un membro da deportare nei campi di concentramento. Ludwig (detto “Lale”) si offrì volontario. Fu così che arrivò ad Auschwitz-Birkenau, dove fu costretto a lavorare per i nazisti come tatuatore di numeri. Aveva 26 anni. Un giorno, tra i tanti deportati che aveva “trattato”, si trovò a dover tatuare il numero 34902 a quella che sarà la sua futura moglie, Gita Fuhrmannova. Inizialmente i due non ci vogliono credere: stanno vivendo in un inferno, dove la speranza è scomparsa ormai da tempo. Ma lui ha intuito che Gita è la donna della sua vita. È talmente innamorato che cerca di metterle da parte razioni di cibo extra e prova a farle ottenere i lavori meno pesanti.

A tre anni dal giorno in cui si sono conosciuti, lei venne selezionata dai nazisti per una delle famose “marce della morte”. I due così si persero di vista. Ludwig, una volta liberato dai sovietici, scappò in Cecoslovacchia, dove si ricongiunse con la sua amata. La storia si conclude con il finale tanto atteso e sperato, che vede i due giovani sposarsi. Dal frutto del loro amore, nel 1961 nacque, in Australia (dove si erano trasferiti), il loro figlio: Gray. Ludwig Solokov inizialmente mantenne segreta la sua esperienza per proteggere la sua famiglia. Ma nel 2003, dopo la morte di Gita, si decise a raccontare la sua storia in un libro, con Heather Morris. Ludwig morì nel 2006, all’età di 90 anni. Nel 2024 su Sky verrà proposta una serie tv ispirata alla vicenda del “tatuatore di Auschwitz” e di sua moglie.


27 GENNAIO

UN AMORE CHE SUPERA GLI OSTACOLI Bruce Murray e Josefine Lobnik Un giorno del 1942, nei pressi di un campo di prigionieri, alla periferia di Maribor (Slovenia) sboccia l’amore contro ogni previsione possibile. Josefine, combattente partigiana che si batteva contro l'occupazione nazista nel suo paese, cercava di rintracciare il fratello scomparso, pensando che potesse essere trattenuto nella sezione slava del paese. Per questo motivo, stava tentando di far scivolare un biglietto attraverso il recinto di filo spinato. Ad intercettarlo fu Bruce Murray, prigioniero di guerra neozelandese. Quell’incontro ebbe un impatto duraturo su entrambi e fu l'inizio di una storia d'amore. Bruce non vide più Josefine fino al 1943, quando entrambi finirono in una fattoria in Austria: lui era lì per una spedizione di prigionieri di guerra, mentre Josefine perché era stata inserita nella lista dei perseguitati dai nazisti a causa del suo lavoro nella resistenza. Dopo essersi innamorati e essersi separati durante gli ultimi anni di guerra, i due continuarono a scriversi.

Ma c'era una complicazione: la famiglia di Josefine nascose alla figlia molte lettere di Bruce nella speranza che si dimenticasse di lui. Al contrario, questo fece crescere la disperazione e, una volta riunitisi, la loro storia d’amore continuò come se non fosse mai stata interrotta. Josefine si stabilì in Nuova Zelanda, dove dovette affrontare un senso di diffidenza da parte della gente locale, a causa della sua origine. Lentamente, lei e Bruce hanno costruito una grande comunità attorno a loro, con amici russi e tedeschi. Erano genitori amorevoli, che non avevano mai dimenticato quanto fossero stati fortunati a sopravvivere ed a ritrovarsi. Josefine è stata con il marito fino alla fine. Furono autentici eroi di guerra, ma si trattava di persone comuni che avevano fatto cose straordinarie durante uno dei periodi più turbolenti della storia moderna. Non ci resta che avere un'ammirazione incondizionata per loro.


27 GENNAIO

“DEVI SOLO ESSERE FELICE” Nancy e Howard Kleinberg La storia straordinaria di Nancy e Howard Kleinberg, una coppia polacca sopravvissuta all’Olocausto, è un racconto di resilienza, amore e speranza che ha sfidato le avversità più oscure della guerra. Attraversando i campi di lavoro e di concentramento, Nancy e Howard hanno trovato la forza di abbracciare la felicità come filosofia di vita, anche dopo aver perso familiari, tra cui genitori e fratelli, durante l’orrore nazista. Nancy, che al tempo era solo una giovane donna di sedici anni, ha rischiato la vita per procurare cibo per sé e per la sua famiglia durante la prigionia. Nel maggio del 1945, dopo che gli inglesi liberarono il campo di Bergen-Belsen, insieme a sua zia e due donne, si è recata nella parte maschile del campo. Lì ha mostrato straordinaria compassione, salvando il giovane Howard, che si trovava in fin di vita in mezzo a tanti cadaveri. Il tutto avvenne mentre era alla ricerca del fratello che, a sua insaputa, era stato ucciso in precedenza ad Auschwitz.

La loro storia d’amore è nata dall’incontro post-bellico nella città di Toronto. Un giorno Howard bussò alla porta di Nancy, intenzionato ad esprimerle la sua gratitudine per avergli salvato la vita. Il destino volle che questo fu solo l’inizio di una lunga storia d’amore, durata fino alla fine della loro vita. La coppia ha condiviso il proprio tormento con il mondo, portando la sua testimonianza nelle scuole e conducendo tour educativi nei campi di concentramento, diffondendo un messaggio di amore e resilienza. Il 70° anniversario del loro matrimonio, avvenuto negli anni ‘90, è un segno tangibile del trionfo dell’amore sulla tragedia. Nancy e Howard sono un esempio vivente di come l’amore possa fiorire anche nei momenti più bui, offrendo una speranza che va oltre le pagine della loro storia personale.


27 GENNAIO

EDEK E MALA: DUE LUCI NELLE TENEBRE Mala Zimetbaum e Edward Galisnki Questa è la storia di Mala ed Edward, detto Edek: due cuori che, insieme, si rivelarono più forti dei nazisti. Il loro amore si concluse tragicamente un giorno di giugno del 1944: dopo una fuga durata 13 giorni, i due innamorati furono trovati e condannati a morte. Poi lui morì impiccato, lei tentò il suicidio, fu portata in un forno crematorio e ancora ad oggi non si conoscono le cause della sua morte. Ma partiamo dall’inizio. Mala Zimetbaum era una ragazza polacca trasferitasi in Belgio, che conosceva molte lingue, tra cui lo yiddish. Era una giovane molto diligente. Edward Galinski era un ragazzo cattolico, anche lui polacco. I due giovani furono deportati ad Auschwitz e fu lì che iniziò la loro travolgente ma travagliata storia d’amore. Mala, nel lager, svolgeva il ruolo di interprete dei prigionieri e per questo godeva di particolari benefici.

Anche Edward poteva muoversi liberamente, essendo impiegato nell’officina metallurgica del campo. Fu così che si incontrarono e in breve tempo impararono a concedersi dei fugaci momenti insieme, durante i quali il male dei nazisti sembrava non esistere. Stanchi ormai di vivere la loro relazione in balìa dei tedeschi, un giorno decisero di scappare per poter intraprendere liberamente la loro vita insieme. Ci riuscirono, grazie all’aiuto di Edward Lubush, un SS considerato “umano” dai prigionieri. Purtroppo, dopo una rocambolesca fuga, furono trovati dai nazisti e riportati nel lager: a un’ora di distanza, prima lui e successivamente lei, si spense la giovane fiamma d’amore di Mala ed Edek. Della loro storia ci rimane la speranza che possa rappresentare una delle luci nelle tenebre dell’Olocausto.


27 GENNAIO

IL NAZISTA LE SCRISSE: “MI SONO INNAMORATO DI TE” Franz Wunsch e Helena Citronova Esiste un amore “speciale”? A questa domanda è difficile dare una risposta, vista l’infinita varietà di forme esistenti. Ne sono esempi l’amore platonico, l’amore cortese di Dante, quello carnale di Ariosto, quello tragico di Shakespeare… La vicenda di Franz e di Helena sconquassa queste categorie, mettendo in discussione le regole che, forse, dovrebbero essere alla base di un sentimento. Franz Wunsch, ufficiale delle SS, fin dall’inizio della sua carriera, si contraddistinse per la sua crudeltà e per la sua forte convinzione negli ideali nazisti. Nel campo di sterminio di Auschwitz, il suo ruolo era quello di guardare in volto i deportati e di smistarli. Incrociò quindi migliaia di sguardi, ma fu solo uno quello che gli rimase impresso, quello di Helena Citrònovà, ventenne di origini ebraiche. Il loro incontro avvenne la sera del compleanno di Franz, quando i compagni, per regalargli un momento di svago, chiamarono l’artista slovacca con il compito di cantare per loro. Helena, a quell’epoca, era stata deportata da poco insieme alla famiglia.

Franz ebbe un vero e proprio colpo di fulmine, che divise il suo animo a metà: la parte di spietato nazista contrastava con quella di uomo innamorato, pronto a tutto per proteggere la donna e i suoi cari. La giovane si accorse di queste attenzioni, espresse in aiuti, incontri segreti e in una scatola di biscotti, dove all’interno c’era un bigliettino con scritto: “Mi sono innamorato di te”. L’ufficiale, infatti, non solo salvò la ragazza e la curò quando contrasse il tifo, ma si prese anche cura di molte altre donne, segnalate dalla sua amata. Tra i due iniziò così una relazione che durò circa tre anni, fino all'arrivo dell’Armata Rossa. Nel 1972 le loro vite tornarono ad incrociarsi quando la moglie di Franz le chiese di testimoniare a favore del marito, sotto processo per i crimini compiuti. Helena si espose con coraggio e raccontò la verità, salvando a sua volta il suo antico protettore. Su questa vicenda così speciale è stato realizzato nel 2020 un docu-film dal titolo “Se questo è un uomo”.


27 GENNAIO

LA FLEBILE FIAMMELLA DELLA SPERANZA Eliazar de Wind e Friedel Eliazar (Eddy) de Wind fu l’ultimo studente ebreo a cui venne concesso nel 1941 di conseguire la laurea in medicina all’Università di Leida, nell'Olanda meridionale. Prima di essere catturato ad Amsterdam stava perfezionando, in clandestinità, la propria formazione da psicoanalista. Quando lo scoprirono, venne deportato nel campo di transito di Westerbork. Di lì a qualche giorno, Eddy trovò un taccuino abbandonato e cominciò a scrivere la sua storia. Riempì quelle pagine logore, macchiate dalla pioggia, dalle lacrime e dal fango con tutto ciò che gli rimaneva: una flebile speranza. Proprio in uno di quei giorni in cui la fiducia venne quasi totalmente a mancare, conobbe e si innamorò di una giovane ragazza olandese come lui: Friedel. Assieme a lei venne in seguito deportato ad Auschwitz. Giovani e in salute, i due furono messi entrambi ai lavori forzati: Eddy come medico e Friedel come infermiera. L'amore nato nel campo non era però destinato a durare. Sopravvissuti alla prima selezione, si ritrovano di nuovo a lavorare nelle infermerie del campo, ma questa volta divisi.

Eppure, persino lì riuscirono a mantenere una qualche forma di comunicazione, scambiandosi di nascosto brevi lettere d’amore, stringendosi in abbracci fugaci quanto illegali e resistendo fino all’ultimo. L’insostenibile peso che gravava sui «salvati», però, schiacciò infine anche lui e Friedel: negli anni Cinquanta i due firmarono infatti i documenti per il divorzio. Eliazar de Wind diventò un rinomato psicoanalista, che si interessò in particolare ai disturbi post-traumatici e fu il primo a descrivere la «sindrome del sopravvissuto». Quella di Eddy e Friedel è una vicenda toccante. Una storia in cui il racconto delle atrocità quotidiane, il timore nei confronti delle SS, gli abusi, le umiliazioni, l’abbrutimento, l’agonia propria e altrui, è venata da una flebile, ma tenace speranza: quella di un amore che non smette di lottare, anche in uno scenario di sofferenza e di morte. Una testimonianza preziosa, per mantenere in vita il ricordo di valori che non possiamo dimenticare.


27 GENNAIO

LE NOSTRE RIFLESSIONI «Sembra quasi impossibile credere che atti disumani come quelli che ricordiamo oggi, nella Giornata della memoria, siano accaduti realmente. Sarebbe però altrettanto disumano non degnare almeno di un ricordo tutte le vittime innocenti e tutti coloro che hanno contribuito a salvare e liberare chi stava per andare incontro alla morte certa»

«Ci ha stupito e ci ha scosso scoprire come dei giovani, che stavano cercando di costruirsi un futuro come noi ora, siano stati bloccati in una sfera di dolore e disumanità, privati del loro stesso destino, di una vita immaginata e non raggiunta»

«Leggere queste storie ci fa riflettere su come quello che viviamo oggi non sia scontato: ragazzi poco più grandi di noi hanno vissuto momenti che ci sembrano normali nella nostra vita quotidiana, come i rapporti d’amore, ma che in quel periodo storico erano impensabili e, anzi, in alcuni casi hanno rischiato di portare i protagonisti alla morte»

«Molte volte ci si sforza di cercare la perfezione nelle relazioni. Vorremmo che iniziasserocome una favola. Le storie che abbiamo incontrato, invece, sono nate in una delle situazioni più brutte che si possano immaginare»


«La grandezza di ogni persona risiede nelle piccole azioni compiute nei confronti degli altri. Ogni persona è un tassello prezioso, poiché la somma delle sue piccole virtù può creare un impatto significativo, dimostrando che il valore personale va oltre le gesta straordinarie»

«In mezzo al caos delle guerre, le relazioni amorose diventano ancor più vitali, offrendo sostegno emotivo e consolazione. In un mondo sconvolto dalla violenza, l’amore tra le persone diventa una fiamma di speranza, dimostrando che la forza dei legami affettivi può resistere anche alle prove più difficili»

«Considerando queste storie si può capire come in ogni situazione, anche quella più impensabile, l’umanità delle persone emerge, vincendo la disumanità»

«Da queste storie abbiamo capito come il destino sia imprevedibile, ma senza la determinazione a stare uniti nel momento del bisogno le persone sarebbero perse. E forse non avremmo degli esempi emblematici di storie d’amore come quelli di cui parliamo in questa mostra»


27 GENNAIO Giornata della memoria

Lavoro elaborato dalle classi 5^ e 4^ del Liceo delle Scienze Umane indirizzo economico sociale dell’Istituto Maria Ausiliatrice di Lecco e curato dai docenti Michelle Crippa e Gerolamo Fazzini Grafica a cura di Giorgia Cozzarolo, Vittoria Gandola e Giulia Mapelli Si ringrazia Francesca Paci per la sua testimonianza


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