9 minute read
Il Tempo Pieno
Rivista dell’istruzione 6 - 2021
DALL’INFANZIA ALLE sUPERIoRI
Advertisement
di Fiorella Farinelli
700 milioni del PNRR sono destinati a costruire o ristrutturare mense e palestre per la valorizzazione del Tempo Pieno nella scuola primaria
Tempo Pieno e PNNR
Tra le misure del PNRR ci sono 700 milioni per costruire o ristrutturare mense scolastiche e palestre, un investimento dedicato “al potenziamento e alla valorizzazione” del tempo pieno nella scuola primaria (e molto urgente, quanto a palestre, per la recente decisione di introdurre finalmente anche nella primaria l’educazione motoria). Ma in questo approccio programmatico, in cui al centro ci sono il riequilibrio territoriale dell’offerta educativa e lo sviluppo dell’occupabilità femminile, c’è troppo di non detto e di non considerato. Il tempo pieno nella scuola di base non dovrebbe essere solo potenziato e valorizzato, ma anche rivisitato rispetto a un modello pedagogico nato più di cinquant’anni fa, e dovrebbe essere rilanciato come connotato essenziale di tutto il ciclo di base. Se non lo si farà, se non si ricomincia fin da ora a discuterne, sarà difficilissimo anche solo svilupparlo nelle regioni meridionali o dove è finora mancato il ruolo decisivo degli enti locali e dell’impegno professionale di insegnanti e dirigenti. È già successo, e recentemente, che l’offerta di viale Trastevere di nuovi posti in organico sia stata utilizzata ben più nelle aree già meglio dotate di classi a tempo pieno che nelle altre, più nel Centro-Nord che nel Sud, più nelle città che nei piccoli centri, un esito non rassicurante.
Il tempo prolungato
A conferma dell’assenza di un disegno strategico, c’è, in questa fase, il significativo silenzio sul fratello minore, il tempo prolungato della scuola media, che, figlio anch’esso, ancorché tardivo, della stagione in cui si riteneva che un tempo scolastico più lungo fosse di per sé un fattore determinante per l’equità sociale e l’efficacia educativa della scuola di base, ha avuto però storia e sviluppi molto diversi. Vi è una presenza molto meno consistente di quella del fratello maggiore (il dato nazionale è 12,9% contro 34,0%) anche se più omogenea nel territorio nazionale, e più diffusa nelle aree meridionali. Si tratta di un andamento connotato negli ultimi tempi da un insistente calo della domanda e, curiosamente, da una maggiore debolezza proprio dove il tempo pieno è più forte e continua a rafforzarsi (è in Emilia-Romagna, dove le classi a tempo pieno sono il 46% che c’è il tasso più basso, solo il 3,4%, di tempo prolungato). Succede comunque spesso che molti ragazzini, che pure hanno frequentato il tempo pieno, non ne vogliano sapere di proseguire nel tempo prolungato. E che le famiglie rinuncino a chiederlo.
Le differenze tra tempo pieno e prolungato
È utile chiedersi le ragioni di questa differenza, rivelatrice non solo di diversi profili educativi e professionali tra primaria e secondaria (a cui non sembrano aver portato gran rimedio gli istituti comprensivi, pure finalizzati alla ‘continuità’ del ciclo di base), ma anche di altro: del diversificarsi della domanda sociale in relazione all’età dei bambini, della loro maggiore autonomia dai dieci anni in su che rende meno pressante il bisogno di tempi scolastici molto lunghi per le famiglie in cui tutti gli adulti lavorano. E probabilmente – elemento che sarebbe pericoloso rimuovere – anche di un tempo pieno che può diventare, col crescere dell’età, un contesto che perde attrattiva perché non lascia abbastanza spazio ad altri interessi e ad altre relazioni.
Rivista dell’istruzione 6 - 2021
DALL’INFANZIA ALLE sUPERIoRI
Dipende, ovviamente, da cosa c’è dentro il tempo pieno e da come si è evoluto, o involuto, quando da sperimentale è diventato un modello ordinamentale, quando non ha più avuto come insegnanti quelli che ne facevano una scelta professionale identitaria, quando l’improvvida richiesta sindacale di ridurre l’orario settimanale dei maestri ha tagliato i tempi della didattica e della programmazione condivisa, quando il contagio della logica del ‘modulo’ e la specializzazione per aree didattiche l’ha in qualche modo ‘secondarizzata’. Ma la nostalgia del modello organizzativo e dello straordinario impegno pedagogico delle origini non serve. È importante piuttosto chiedersi perché alle otto ore giornaliere di scuola debba sempre più diffusamente aggiungersi tanto altro tempo di compiti ‘a casa’, e di che cosa è pieno, forse troppo pieno, il tempo pieno, la ficcante domanda che già diversi anni fa faceva Elogio del tempo vuoto di Pietro Citati (1) e, molto prima di lui, Bruno Ciari (2). Qual è, insomma, il ‘modello pedagogico’ più appropriato ai bisogni, ai desideri, alle condizioni di vita dei bambini di oggi, e se è pensabile, e a quali condizioni, che le scuole e gli insegnanti recuperino lo slancio e le capacità di progettazione pedagogica oggi diffusamente appannate dalla routine.
Pro e contro il tempo pieno
È da molto tempo, del resto, che si discute di questi temi, anche tra chi il tempo pieno l’ha sempre difeso dai ricorrenti tentativi di ridimensionarlo. Nel suo libro postumo, Atlante delle riforme (im) possibili (3), Giancarlo Cerini ricorda che
1) P. citati, Elogio del tempo vuoto, in “La
Repubblica”, 2004. 2) B. ciari, Tempo pieno, pieno di che?, in
“Riforma della scuola”, 1966. 3) G. cerini, Atlante delle riforme (im)possibili,
Tecnodid, Napoli, 2021.
se ne discuteva anche tra i fondatori del tempo pieno, cui non sfuggiva “la sottile contraddizione che si apriva nel dibattito pedagogico, tra i sostenitori dell’intervento compensativo di una scuola a tempo pieno e i rischi di una scolarizzazione totale”. Come non ricordare la brusca e imperiosa sollecitazione dei ragazzi di Barbiana, “A quelli che sembrano cretini dargli la scuola a tempo pieno, agli svogliati basta dargli uno scopo”. Già, ma come? Con quale equilibrio tra i compiti di apprendimento e i bisogni di libertà, autonomia, gioco?
Occorre un modello pedagogico per un buon Tempo Pieno
Rivista dell’istruzione 6 - 2021
DALL’INFANZIA ALLE sUPERIoRI
Bisognerebbe riflettere su un calendario scolastico con lo svantaggio di vacanze estive troppo lunghe e con il vantaggio di un’attività intervallata da pause
Oggi che il tempo pieno è in un terzo delle classi della primaria e tende ancora a crescere, ma continua a non affermarsi come modello nazionale, è importante confermare le grandi potenzialità compensative di una scuola a tempo lungo in tutto il ciclo di base. I ‘cretini’ di Barbiana sono i tanti in povertà educativa, i figli dell’immigrazione con pressanti bisogni di formazione linguistica e di relazioni interculturali, i bambini con disabilità e disturbi relazionali e di apprendimento, l’esercito dei resi svogliati da linguaggi, pratiche, consumi più attraenti e seduttivi di quelli offerti dalla scuola. I tempi ‘distesi’ sono una risorsa fondamentale per inventare opportunità ritagliate su ciascuno, e importanti e generative per tutti. Ma come viene utilizzata?
Una riflessione
È necessario, come suggerito da Mario Dutto (4) guardare dentro la blackbox del tempo scolastico, riflettere sulla sostenibilità di un tempo troppo determinato dai tempi degli adulti (quelli delle famiglie, delle città, degli orari degli insegnanti e dell’altro personale scolastico), connettere questa riflessione a quella su un calendario scolastico ritenuto intoccabile (anche, lo si è appena visto, in tempi di pandemia e di lunghi periodi di forzata chiusura delle scuole) sebbene siano noti gli svantaggi di vacanze estive troppo lunghe e i vantaggi di un’attività scolastica intervallata da pause. Il ministro dell’istruzione Bianchi parla spesso, a proposito del tempo pieno e non solo, di una scuola aperta tutto il giorno, con le “porte sempre aperte e con le luci accese fino a tardi”, aperta alla città, ricca di scambi con le comunità di riferimento, sede di educazione permanente e di formazione civica per giovani e per adulti. Il tempo è una variabile fondamentale, non solo quello ‘didattico’. Il tempo
4) www.mariogiacomodutto.it.
pieno è un punto di partenza, ma solo se la scuola non è schiacciata solo sull’apprendimento scolastico, magari anche interattivo, laboratoriale, vivacizzato dalle nuove tecnologie, ma sempre apprendimento scolastico. Solo se la scuola non produce stress, noia, fatica, estraneità. Solo se aiuta a scoprire e sviluppare curiosità, interessi e, nella scuola media, anche vocazioni e orientamento. Solo se apprendimento è anche libertà.
Un valido modello pedagogico
Quale potrebbe essere insomma il modello pedagogico? È ancora Giancarlo Cerini che, respingendo le artificiose distinzioni che sempre si ripropongono tra un tempo dell’apprendimento in classe e un tempo trasgressivo nei laboratori (“non c’è maggior laboratorio nella scuola che trasformare la propria classe in laboratorio”), torna a dire nell’Atlante le cose fondamentali che ha discusso, scritto, insegnato in tutta la sua vita professionale. Il suo invito alle scuole, e alla politica, è che occorre tornare a preoccuparsi della qualità del tempo scolastico, per evitare che sia troppo densamente ‘produttivo’ di apprendimento scolastico.
Tempi lunghi, tempi distesi
I tempi lunghi devono prevedere tempi distesi in cui trovino posto spazi di autonomia e di libero incontro e relazione tra i bambini e con gli adulti, la dimensione dell’ascolto o della narrazione, la gratuità del gioco sia libero che guidato, la possibilità di leggere o di ascoltare musica o di studiare anche da soli, o in contesti e con supporti ugualmente disponibili a tutti e diversi, quindi, dallo studio casalingo in cui tornano a pesare e a condizionare le variabili disponibilità, capacità, risorse delle famiglie, e in cui tanto spesso si rafforzano diseguaglianze, pigrizie e dipendenze. Di questo tempo disteso “riscopriamone il profondo valore educa-
Rivista dell’istruzione 6 - 2021
DALL’INFANZIA ALLE sUPERIoRI
tivo”, ma con un occhio più attento alle curiosità, agli interessi, alle vocazioni. Un suggerimento che vale anche per la scuola media, nell’età in cui gli interessi individuali non solo si diversificano e di sviluppano ma devono essere anche vissuti e verificati perché i ragazzi possano più facilmente e autonomamente orientarsi alla scelta dei percorsi scolastici successivi. Solo così, con una nuova progettazione educativa, ‘il ritorno di fiamma’ del tempo pieno nella primaria potrà contribuire a una nuova stagione di politiche scolastiche, rigenerando e attualizzando il ‘blasone’ di cui gode, la credibilità sociale dovuta alla sua storia originaria. Non basta, insomma, ‘allargare il tempo pieno’.
Quattro requisiti fondamentali
Nella “ideale piattaforma pedagogica e per una buona qualità del tempo scuola” proposta nell’Atlante, sono contenuti quattro requisiti fondamentali su cui discutere: – una didattica che pone l’alunno nelle condizioni di operare concretamente, di pensare, di ricercare, di
individuare delle strategie e delle soluzioni creative; – un apprendimento di stile cooperativo (lavoro in gruppi omogenei o eterogenei) per lo sviluppo delle capacità cognitive, emotive, sociali; – tempi distesi per l’apprendimento: conversazione, ascolto, partecipazione, riflessione, alternanza tra le attività e i differenti tipi di impegno, valorizzazione dei momenti di ricreazione; – un gruppo docente coeso, collaborativo, corresponsabile.
Un lascito prezioso, per il mondo della scuola e per i decisori politici, che sollecita anche a riflettere su altri temi, dalle condizioni di attuazione dell’autonomia scolastica allo sviluppo di un profilo professionale elevato per i docenti. Ne faremo tesoro?
Fiorella Farinelli
Esperta di sistemi scolastici e formativi, componente Osservatorio nazionale Miur per l’integrazione degli alunni stranieri