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Innovazione e attenzione al mondo dell’infanzia
Rivista dell’istruzione 6 - 2021
DALL’INFANZIA ALLE sUPERIoRI
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di Mario Maviglia
Cerini ha sempre cercato di difendere la scuola dell’infanzia come luogo di vita, di relazioni, di apprendimento, lontana da precocismi trasmissivi
Le riforme e le innovazioni promosse da Giancarlo
L’interesse di Giancarlo Cerini verso la scuola dell’infanzia è stato un leitmotiv costante della sua vita: basta dare uno sguardo ai volumi che ha scritto, agli articoli dedicati a questo settore, ai gruppi di studio e di lavoro che lo hanno visto protagonista, come componente o più spesso come coordinatore, per rendersi conto che la sua era un’attenzione non momentanea o dettata dalle contingenze del momento, ma strutturale e ben radicata nella sua biografia professionale. Difficile dire da cosa nascesse questa passione di Giancarlo, anche se nei tanti anni che abbiamo lavorato assieme credo di aver capito che le ragioni erano molteplici e intrecciate tra di loro. Innanzitutto, egli è sempre stato molto attento a cogliere gli aspetti innovativi dei fenomeni educativi e pedagogici e a farsene sostenitore e promotore. Si è visto questo in riferimento sia al settore 0-3, sia alla scuola dell’infanzia, sia a quella primaria. Non vi è stato intervento riformatore o innovativo in questi tre settori in cui Cerini non abbia dato un suo contribuito con la sagacia e la competenza che lo contraddistinguevano. Ma credo che Giancarlo fosse anche convinto che le innovazioni educative potevano trovare terreno fertile per essere sperimentate e implementate soprattutto nei gradi scolastici iniziali, forse perché più flessibili nella loro impostazione organizzativa e più reattivi nel cogliere i bisogni di crescita dei bambini e le esigenze del territorio. In questo senso, innovazione e mondo dell’infanzia si coniugavano fortemente nel pensiero e nell’azione di Cerini, alimentandosi l’un l’altro reciprocamente. Ho avuto il privilegio di apprezzare direttamente tutto ciò nel corso degli anni Novanta, quando la scuola dell’infanzia fu interessata a un processo innovativo di grande portata che rimarrà forse unico nella sua storia. Riporto, a tal proposito, tre ambiti che hanno visto Giancarlo direttamente impegnato nella fase iniziale della sua attività di ispettore.
Gli Orientamenti del 1991
Gli Orientamenti del 1991 (d.m. 3 giugno 1991) hanno segnato uno spartiacque nella storia della scuola dell’infanzia statale (e non solo), in quanto per la prima volta questo settore viene dotato di un documento programmatico di alto profilo culturale e pedagogico, sganciandolo definitivamente da quel limbo assistenziale che aveva caratterizzato la sua nascita. Con questo documento la scuola dell’infanzia viene riconosciuta come vera scuola, anche se con peculiarità sue specifiche. Sono proprio queste peculiarità che Cerini ha sempre cercato di difendere e di far rispettare nel corso di tutta la sua attività professionale. Peculiarità che possono essere sintetizzate nell’identificare la scuola dell’infanzia come luogo di vita, di relazione e di apprendimenti, lontana da ogni impostazione precocemente disciplinaristica e trasmissiva, e nel riconoscimento del bambino come soggetto attivo e competente, impegnato in un processo di continua interazione con i pari, gli adulti, l’ambiente e la cultura. Un altro aspetto peculiare di questa scuola è
costituito dal suo impianto curricolare, basato su una stretta interrelazione tra finalità educative, dimensioni di sviluppo e sistemi simbolico-culturali. Da quest’intreccio derivano i campi di esperienza educativa, ossia i diversi ambiti del fare e dell’agire del bambino e quindi i settori specifici e individuabili di competenze nei quali il bambino conferisce significato alle sue molteplici attività e sviluppa il suo apprendimento.
Il campo di esperienza Proprio il concetto di campo di esperienza educativa ha costituito per Giancarlo un continuo motivo di interesse e, per molti versi, di preoccupazione. Infatti, una lettura disciplinaristica degli Orientamenti 1991 avrebbe potuto portare a concepire i campi di esperienza come ambiti disciplinari, se non addirittura come delle discipline autonome, con il fondato rischio di uno snaturamento dell’identità della scuola dell’infanzia. Il ‘campo di esperienza’ veniva concepito da Giancarlo come il luogo del fare, dell’agire, dell’esperienza diretta del bambino, ma allo stesso tempo come un contesto in cui le azioni dei bambini (giocare, parlare, produrre, ecc.) vengono accompagnate dall’adulto verso la riflessività, la rievocazione, la rielaborazione. In questo senso il campo di esperienza rappresenta l’incontro del bambino con i saperi adulti. Per questo Cerini ripeteva spesso che il campo sta nella ‘testa’ dell’insegnante più che nell’elenco delle ‘cose’ da far fare ai bambini. Il campo è una sorta di lente che consente di vedere la realtà sotto angoli visuali diversi. I sei campi di esperienza costituiscono allora, nell’interpretazione di Cerini, sei modi diversi di conoscere il mondo e di arricchire la propria esperienza. In questo modo si può da una parte contrastare la tendenza al precocismo, sempre in agguato anche nella scuola dell’infanzia, e dall’altra guardare alla scuola primaria in un’ottica di continu-
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ità evolutiva. “Al centro del curricolo stanno i bambini nel loro rapporto con i sistemi simbolici, con gli alfabeti, i segni della cultura, i gesti, i linguaggi, i saperi che si trovano sparsi nella società e che devono essere ‘scoperti’ con la mediazione degli insegnanti” (1).
Il progetto Ascanio
Dopo l’emanazione degli Orientamenti del 1991 nacque l’esigenza di avviare un progetto per sperimentare l’adozione di nuovi modelli organizzativi per rendere più incisiva l’applicazione de-
1) https://www.edscuola.it/archivio/ riformeonline/scuola_infanzia.pdf.
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Il progetto Ascanio ha aiutato a realizzare nelle scuola dell’infanzia spazi pensati, partecipati, organizzati, vissuti in cui respirare ben-essere
gli Orientamenti stessi. Il progetto nazionale Ascanio (2) intendeva mettere a fuoco gli elementi essenziali del nuovo modo di essere della scuola dell’infanzia e di orientare verso di esso le migliori energie disponibili al cambiamento. L’obiettivo, alquanto ambizioso in verità, era quello di produrre più qualificati e intenzionali risultati formativi e determinare una sedimentazione diffusa di percorsi sperimentali. Il progetto adottava una prospettiva tipicamente sperimentale, almeno nelle intenzioni dell’Amministrazione, anche se la compianta Egle Becchi ebbe a precisare che su un piano strettamente tecnico andava considerato come una esperienza controllata (3). In ogni caso la proposta prevedeva l’introduzione di alcuni cambiamenti (variabili indipendenti) al fine di ottenere la trasformazione del sistema organizzativo della scuola dell’infanzia nei vari elementi che la componevano (variabili dipendenti). Le variabili indipendenti venivano individuate in: a) un ‘gruppo docente’ operante su gruppi di bambini di più sezioni; b) una ridefinizione degli orari delle scuole dell’infanzia. All’interno del grup-
2) Attività sperimentale Coordinata Avvio
Nuovi Indirizzi organizzativi (c.m. 70/1994). 3) E. Becchi, Disegni sperimentali ed esperienze controllate, in M. Maviglia (a cura di), La sperimentazione nella scuola dell’infanzia. Il progetto Ascanio e dintorni,
Junior, Bergamo, 1995.
po docente ogni insegnante agiva secondo i principi di contitolarità, corresponsabilità, collegialità e flessibilità degli interventi. Quest’ultima caratteristica doveva assicurare sia la polivalenza dei compiti, sia la specificità degli interventi (ma rifuggendo da ogni ‘elementarizzazione’ o, peggio, ‘secondarizzazione’ della scuola dell’infanzia), secondo ambiti di competenze da assegnare all’interno del ‘gruppo docente’. L’introduzione di questi cambiamenti avrebbe dovuto agire sul sistema organizzativo della scuola dell’infanzia, ossia (variabili dipendenti): a) l’utilizzazione delle risorse (spazi, tempi, materiali), b) le forme di raggruppamento dei bambini, c) le modalità di organizzazione dei docenti, d) le tipologie didattiche, e) la progettazione.
Gli aspetti organizzativi Cerini ha sempre dedicato un’attenzione particolare agli aspetti organizzativi della scuola dell’infanzia (e non solo dell’infanzia), considerati al servizio dei bambini e dei loro bisogni di apprendimento, socializzazione e benessere. Il progetto Ascanio costituiva, sotto questo profilo, un banco di prova per la scuola dell’infanzia per rendere coerente la concreta realizzazione dell’offerta formativa con il disegno pedagogico delineato dagli Orientamenti 1991. Cerini intendeva l’organizzazione come un dispositivo professionalmente predisposto per favorire l’apprendimento dei bambini, ma nello stesso tempo profondamente ‘umano’ e lontano da ogni tentazione efficientistica e tecnocratica. “Parlare di scuola dell’infanzia significa parlare di spazi pensati, partecipati, organizzati, vissuti, in cui le pareti piene di cartelloni, pitture, disegni, manifesti, parlano di viaggi, di esplorazioni, di scoperte, di curiosità, di stupore, di sensi, di relazioni sociali, di desiderio di conoscere, di amare e farsi amare. Sono ambienti in cui si respira un’aria di ben-essere che sfugge a chi non vi ha mai messo piede: in cui si possono provare grandi emozioni, una sensazione
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di accoglienza, il sentirsi abitanti di una comunità che pure non è la propria; allora ci capita di riflettere sul ‘senso di appartenenza a un luogo’, e quindi sul valore educativo e formativo dell’allestimento e dell’organizzazione del luogo in cui si entra, si vive, si lavora e ci si incontra” (4).
Il progetto Alice
Il progetto Alice (5) nasce come itinerario di formazione in servizio per i docenti della scuola dell’infanzia impegnati nell’affrontare le sfide dell’autonomia scolastica. Giancarlo fu uno dei promotori del progetto, sia a livello nazionale che locale. Insieme abbiamo seguito l’elaborazione e implementazione di Alice (come componenti del gruppo di lavoro nazionale) in Sardegna e nei nostri rispettivi territori di servizio. L’intuizione di Giancarlo, condivisa dal gruppo, fu quella di caratterizzare le istituzioni scolastiche come ‘laboratori’ di sviluppo professionale, assegnando un ruolo sempre più attivo e consapevole ai docenti e ai dirigenti nel processo della loro formazione in servizio. Questo protagonismo degli operatori scolastici era ben presente nel progetto Alice che ne rimarcava la necessità anche in riferimento agli ambiti tematici attraverso cui si articolava il progetto stesso: Curricolo: “La definizione del curricolo della scuola nel quadro dell’autonomia implica da parte delle singole istituzioni scolastiche la capacità di interpretare, contestualizzare e sviluppare gli indirizzi curricolari definiti a livello nazionale… Si richiede agli insegnanti di utilizzare i nuovi spazi di autonomia curricolare, di ricerca e di sviluppo nella prospettiva di una coerente interpretazione degli Orientamenti”;
4) http://m.flcgil.it/rassegna-stampa/ nazionale/edscuola-scuola-dell-infanzianon-solo-anticipo.flc. 5) Autonomia: un Laboratorio per l’Innovazione dei Contesti Educativi (c.m. 112/1999).
Organizzazione: “Il passaggio all’autonomia scolastica richiede l’intervento diretto degli operatori scolastici per la costruzione di una solida identità culturale e progettuale dell’istituzione scolastica. La scuola dell’autonomia, infatti, è chiamata a esplicitare non solo gli indirizzi curricolari ed extracurricolari, ma anche le scelte didattiche e organizzative, adottando responsabilmente ogni forma di flessibilità per progettare, regolare, modulare attività, tempi, ambienti, didattiche nei modi ritenuti idonei alla migliore esplicazione dell’offerta formativa”; Infanzia e contesti di vita: “Occorre riflettere sulle conseguenze dell’azione educativa e didattica e sui rapporti che la scuola è chiamata a intessere con i contesti di vita dei bambini. In tale ambito l’evoluzione del quadro normativo e l’attribuzione di nuove competenze e responsabilità agli Enti locali (…) offre alle istituzioni scolastiche ulteriori possibilità di collaborazione e di integrazione degli interventi, sulla base del principio della concertazione e dello sviluppo di una cultura della convivenza e della cittadinanza attiva”; Professionalità: “Il tema della professionalità consente di approfondire le competenze necessarie ai docenti nella scuola dell’autonomia, sia in ordine alla dimensione progettuale e organizzativa, sia in riferimento alle funzioni di regia educativa (clima, contesto, metodologia)”. Nell’insieme di questi riferimenti si vede uno dei cavalli di battaglia di Giancarlo: il ruolo attivo che deve essere giocato dai docenti nell’assunzione di quelle responsabilità e decisionalità che il processo dell’autonomia richiede. E, di conseguenza, la necessità di una formazione in servizio continua e all’altezza delle sfide poste.
Mario Maviglia
Già Coordinatore regionale ispettori USR per la Lombardia e Dirigente UST Brescia