ies Industria e Sviluppo
DALLE TERRITORIALI Firenze ............................................. Confindustria Toscana Sud ... Livorno ............................................ Lucca, Pistoia, Prato ................. Massa Carrara ..............................
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ANNO VII - N. 2 aprile-giugno 2015
trimestrale di informazione, opinione, economia, impresa Confindustria Arezzo, Firenze, Grosseto, Livorno, Lucca, Massa Carrara, Prato, Siena
ENERGIA CARLO BECATTI Energia, superare i vecchi modelli ANDREA SUSI
Green economy, la sfida della Toscana TIZIANO PIERETTI Energia e ambiente, industria in pool position
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Direttore responsabile: Annarosa Pacini apacini@iesindustriaesviluppo.com
SOMMARIO
EDITORIALE
7
Comitato di redazione: Andrea Balestri, Sandro Bonaceto, Antonio Capone, Marcello Gozzi, Massimiliano Musmeci, Umberto Paoletti, Piero Ricci, Claudio Romiti
Conservare l’energia, la sfida del futuro COVER STORY
Coordinatore editoriale: Furio Massi
12 Risorse energetiche: l’Italia punta sui servizi
Redazione: Luisa Angioloni (Arezzo), Simona Bandino (Firenze), Lodovica Lazzerini (Massa Carrara), Ilaria Maraviglia (Lucca), Franco Passarini (Grosseto), Saida Petrelli (Prato), Elena Pozzoli (Livorno)
16 Energia, meno consumi, più risparmio
Hanno collaborato a questo numero: Maurizio Abbati, Mattia Cialini, Nadia Frulli, Giulia Maestrini, Paolo Vannini
20 Energia, superare i vecchi modelli
Impaginazione, grafica e foto: Franco Passarini
24 Green economy, la sfida della Toscana
Direzione e redazione: Confindustria Grosseto, viale Monterosa 196, 58100 Grosseto, redazione@ iesindustriaesviluppo.com
28 Energia e imprese, un rapporto strettissimo
Editore: Assoservizi Toscana Sud Rete d’Imprese. Via Roma, 18 - 52100 Arezzo Stampa: Soluzioni per la Stampa Srl, Corso Carducci 34, Grosseto
32 Energia e ambiente, industria in pool position
Registrazione: Tribunale di Grosseto n. 1/2009 del 26.03.2009 • Gli articoli possono non rispecchiare le posizioni delle Associazioni Industriali e dell’Editore, che li ritengono in ogni caso un contributo sul piano dell’informazione e dell’opinione. Dei contenuti sono responsabili i singoli autori. L’Editore non dovrà essere ritenuto responsabile per errori, omissioni, interruzioni o ritardi legati ai contenuti pubblicati nè per eventuali danni provocati dagli stessi. • È consentita la riproduzione purchè espressamente autorizzata dall’Editore, e con la citazione della fonte. • Non vengono trattati dati personali. L’uso dei dati, temporaneo, è solo a fini giornalistici. • Foto © Assoservizi Toscana Sud Rete d’Imprese. E’ vietato qualunque utilizzo e/o riproduzione, anche parziale, del materiale fotografico contenuto in questa rivista.
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36 Energia, un futuro ancora da trovare
40 Vincere la sfida dell’energia
44 Consorzi per l’energia al servizio delle imprese
TERRITORIALI FIRENZE
48
EureKa! Funziona!
52 CONFINDUSTRIA TOSCANA SUD
Servono azioni rivoluzionarie per agganciare la ripresa
LIVORNO
56
Behavior Based Safety
LUCCA PISTOIA PRATO
58
Lucca, Pistoia e Prato: quando l’industria diventa patrimonio di tutti
MASSA CARRARA
61
Un nuovo capitolo per l’economia di Massa Carrara
Bagno a Ripoli - Firenze www.santacaterinaevents.com
EDITORIALE
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Conservare l’energia, la sfida del futuro Dall’energia solare all’eolica, molte le strade aperte ma anche i nodi ancora da sciogliere di Mattia Cialini, giornalista “Arezzonotizie.it”
“H
o assistito a cinque colpi di stato, ma non ho mai avuto realmente paura”. Raffaello Zeghini aveva poco più di vent’anni quando partì la prima volta da Bibbiena (Arezzo), nel 1968. Lasciò il suo Casentino diventando un avventuriero dell’energia: Africa, Oriente, Centro e Nord America. Quarant’anni di peregrinazioni quando il mondo era un posto un po’ più grande: prima che social e voli low cost accorciassero le distanze tra i continenti. “Sono stato quattro decenni fuori dall’Italia e, se potessi – racconta oggi –, partirei di nuovo, all’istante”. Adesso siede dietro una scrivania, quella di Gener-
gy Spa. Una società con sede ad Arezzo che si occupa principalmente di energie rinnovabili. E’ l’ultima sfida di Zeghini, dopo una vita trascorsa al servizio di colossi quali Abb, General Electric, Techint e Alstom. Come si colloca l’Italia nel panorama delle rinnovabili? “Bene, è tra le prime realtà al mondo per produzione di energia solare. Ha anche un grande potenziale, ben sviluppato, per quanto riguarda l’energia idroelettrica. I grandi fiumi sono tutti adeguatamente sfruttati. Sul fronte eolico, invece, sono state perse delle occasioni”. Perché? “L’Italia non è riuscita ad agganciare l’industrializzazione
legata ai campi eolici, altri paesi l’hanno fatto, come la Spagna, ad esempio. I nostri impianti sono un po’ troppo fini a loro stessi. Producono energia senza alimentare direttamente un sito produttivo”. L’Italia potrebbe essere autosufficiente energeticamente? Se sì, perché fette consistenti di energia sono acquistate dall’estero? “L’Italia ha un grande potenziale. Tuttavia quote di energia vengono dall’estero per ragioni economiche: costa meno, specialmente quella di origine nucleare. Molta dell’energia presa dall’estero arriva dalla Francia. Frazioni arrivano anche da Slovacchia o Romania”.
L’Italia ha un tesoro: l’energia solare. Ci sono problemi connessi agli impianti fotovoltaici? “Rispetto alle fonti tradizionali, ma anche quelle idriche, quelle solari o eoliche sono legate al meteo. Il problema principale è quello dell’imprevedibilità delle condizioni. Per chi produce energia, come Enel, il problema principale legato agli impianti fotovoltaici è l’abbassamento di produttività, specialmente nei periodi estivi, quando cala la notte. Per recuperare il picco di energia, dato dalla presenza del sole, devono essere attivate fonti tradizionali. Per il distributore Terna ci sono invece problemi legati all’energia eolica: le produzioni dei
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campi eolici sono poco stabili”. In futuro si potranno limare questi problemi? “Non solo in Italia, ma nel mondo, il grande tema è: come conservare l’energia. Ovvero, creare super batterie in cui stoccare e utilizzare l’energia alla bisogna. L’idrogeno potrebbe essere una risposta, ma siamo ancora a una fase di studio”. Che cos’è Genergy esattamente? “La società, originariamente una Srl, è nata in seno all’Associazione degli Industriali della provincia di Arezzo, con l’obiettivo di realizzare investimenti nel settore della produzione di energia elettrica, prevalentemente da fonti energetiche rinnovabili. Progettiamo e realizziamo impianti elettrici, appoggiandoci a imprese esterne, curiamo gli impianti di nostra proprietà. L’energia prodotta viene venduta interamente al gruppo Gse, Gestore per i servizi energetici. Le azioni della società possono essere acquistate da tutti i soci di Confindustria”. Quanti sono gli impianti di Genergy? “Al momento sono cinque: uno fotovoltaico in provincia di Livorno da 1.300 kilowatt e quattro idroelettrici. Di questi ne abbiamo uno in Toscana, in provincia di Arezzo, e tre nelle Marche. Ce ne sono altri due, sempre idroelettrici, in via di completamento in Emilia-Romagna: precisamente a Pianoro, in provincia di Bologna, entrambi con una
potenza 250 kilowatt. Nelle Marche abbiamo un impianto da 400 kilowatt e uno da 50 in provincia di Macerata; un altro da 100 kilowatt è in provincia di Ancona. L’impianto di Arezzo è il primo entrato in funzione, nel 2010. E’ da 50 kilowatt. Infine Genergy ha il 75 per cento di Genergy Sicilia, che dispone di un impianto fotovoltaico da 1 megawatt nell’isola. All’estero ha il 25 per cento di una società egiziana, che si chiama Genergypt”. Un impianto del tutto particolare. “Esatto, si trova in una zona di grande pregio storico e paesaggistico, profondamente legato alla tradizione cristiana: non lontano c’è l’eremo di Camaldoli, la cui comunità monastica, appena tre anni fa, ha celebrato il millenario della fondazione. In questo contesto, tra Soci e Partina, si inserisce l’impianto idroelettrico: sorge in località Villa La Mausolea, legata ai monaci di Camaldoli. Sul versante energetico, c’è anche da registrare la presenza di un piccolo impianto fotovoltaico, di cui Genergy, un tempo, era comproprietaria. La zona di Villa La Mausolea è anche una terra di vino, oltre che di riflessione, preghiera ed energia”. Prima di Genergy c’è stata un’altra vita, durata quasi quarant’anni: dal 1968 al 2007. Una vita lontana dalla sua Bibbiena. Lontana dall’Italia. “Tutto è iniziato nel 1968. Quella di trasferirmi è stata un’opportunità che ho deciso di
Energie rinnovabili: un potenziale per l’Italia che può ancora crescere cogliere al volo. A me, giovane studente, non piaceva il clima di conflitto che si respirava in quegli anni in Italia. Mi offrirono la possibilità di andare a lavorare per un certo periodo in Africa e accettai”. Non è più tornato indietro? “A dire il vero tornai indietro dopo il primo viaggio. Mi ero sposato a Bibbiena e dovevo scegliere: o abbandonare il lavoro, o portare mia moglie con me. Siamo partiti e lei mi ha seguito. E’ sempre stata con me, a parte una breve parentesi. Mio figlio è nato in Costa d’Avorio, mia figlia non è nata in Africa per puro caso”. Quante esperienze diverse ha fatto? “Tante. Principalmente Africa Nera nei primi anni. Poi mi sono spostato nel nord del continente, in Egitto. Da qui è stata la volta degli Emirati Arabi. Negli
L’energia eolica ha perso il treno per l’industrializzazione
ultimi anni mi sono trasferito in America. Ho lavorato molto in Centro e Sud America: Messico e Venezuela. Quindi gli Stati Uniti”. All’epoca non si occupava di energie da fonti rinnovabili? “Lavoravo soprattutto con impianti convenzionali, a vapore o gas. In Africa ho avuto esperienze con impianti idroelettrici. Sono partito come project manager residente, poi sono diventato responsabile di area, incarico che mi ha spinto a viaggiare molto anche all’interno della mia regione di competenza, avendo responsabilità di più impianti. Ho lavorato con compagnie come Abb, General Electric, Techint e Alstom”. Quando è finita la vita da giramondo? “Sono andato in pensione nel 2004, ma ho continuato a fare il consulente. Ho proseguito con gli spostamenti all’estero fino al 2007. Tra tutti i Paesi che ho vissuto ho un ottimo ricordo dell’Iran: fu una bellissima esperienza. Credo che ora sarebbe impossibile vivere lì con la sicurezza di cui ho goduto all’epoca”. Non ha mai dovuto affrontare situazioni critiche nei Paesi che l’hanno ospitata? “Più di una. Sono stato testimone di cinque colpi di stato in Africa, ma non ho mai realmente temuto per la mia incolumità”.
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COVER STORY / ENERGIA - CONFINDUSTRIA FIRENZE
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Risorse energetiche: l’Italia punta sui servizi E’ la qualità della distribuzione che può fare la differenza, in un paese che consuma molto, ma produce poco di Mattia Cialini, giornalista “Arezzonotizie.it”
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a produzione nazionale è quasi irrilevante nel panorama mondiale, ma l’Italia è il decimo Paese al mondo per consumi. Il gas metano, risorsa energetica basilare, il Belpaese va a prenderselo all’estero. I dati relativi al 2013 dicono che l’Italia ha importato, nell’arco di dodici mesi, 62 miliardi di metri cubi di metano: per numeri, il nostro Paese è il quarto importatore mondiale dietro Giappone, Germania e Stati Uniti. “Ma l’Italia è una nazione ben posizionata per quanto riguarda gli approvvigionamenti”, assicura Eduardo Di Benedetto, che di gas metano se ne intende, essendo amministrato-
re delegato di Toscana Energia, realtà che si occupa della distribuzione del 50 per cento del gas naturale in Toscana. Di Benedetto, ingegnere elettronico, con una lunga esperienza alle spalle nel settore, è amministratore delegato di Toscana Energia dal 2012. “Toscana Energia – spiega Di Benedetto – è il primo operatore della regione nella distribuzione del gas. Al momento serviamo 102 comuni in Toscana, per un totale di 710mila contatori attivi e investiamo annualmente 50 milioni sul territorio servito. Abbiamo vinto una gara per la gestione del servizio nel Comune di Prato, che ci porterà a breve altre 80mila utenze.
La società, nata dalla fusione di Fiorentinagas e Toscana Gas, conta oggi 91 Comuni soci e il partner industriale Italgas del Gruppo Snam”. Toscana Energia rappresenta una delle molte realtà che vedono la collaborazione tra pubblico e privato sul territorio. Le principali attività della società sono la distribuzione del gas naturale come servizio pubblico, la distribuzione diretta ai clienti che hanno capacità autonoma di acquisto gas, la costruzione e la gestione delle tubazioni, la gestione dei rapporti con gli operatori di trasporto e i grossisti. Toscana Energia, come molte altre realtà del settore, è
stata, negli ultimi anni, protagonista di un processo di fusione che ha accorpato tante realtà dalle dimensioni minori. “La tendenza è diffusa – spiega Di Benedetto –. Basti pensare che negli ultimi anni in Italia c’è stata una concentrazione che ha visto passare il numero delle società dalle 800 del passato alle 200 di oggi”. Il motivo di questa tendenza è duplice. “Da una parte – prosegue l’amministratore delegato di Toscana Energia – c’è la possibilità di abbattere i costi attraverso le economie di scala, così importanti nel settore della distribuzione. Inoltre le società del gas del territorio si preparano ad un periodo molto intenso per
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quanto riguarda le gare d’ambito per l’affidamento del servizio di distribuzione”. Dall’estate 2015, per un paio di anni, ci saranno decine e decine gare di appalto in tutta la Penisola. Anche Toscana Energia sta scaldando i motori. “In tutta Italia – precisa Di Benedetto – si dovrebbero tenere 177 gare di ambito. Toscana Energia parteciperà a tutte le gare della regione, che sono undici”. Nello scenario internazionale il gas naturale che l’Italia utilizza arriva, per gran parte, dall’estero. La sostanziosa fetta è di circa il 90 per cento. “Ma siamo un Paese ben posizionato per l’approvvigionamento – rassicura Di Benedetto –, abbiamo rifornimenti dal Nord Europa, dalla Russia e un terzo importante approvvigionamento arriva da Algeria e Libia”. In particolare, più del 30 per cento del gas naturale dell’Italia arriva da Russia e altri paesi dell’Est ex sovietico; il 5,4 per cento dall’Egitto e dal Qatar; il 12,7 per cento dall’Algeria; il 5,7 per cento dalla Libia; il 7,5 per cento dalla Norvegia, dall’Olanda e da altri paesi del Nord. “Siamo in una posizione centrale in Europa e la dipendenza dall’estero per questa fonte di energia non può spaventare. Tanto più che abbiamo alcuni rigassificatori che consentono di importare il metano via mare. In più c’è un progetto importante che è quello del nuovo metanodotto Tap, che
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Eduardo Di Benedetto
collegherà la Puglia alla Grecia e permetterà l’arrivo di gas dall’Azerbaigian”. Insomma, l’Italia non deve temere per gli approvvigionamenti futuri, nonostante l’instabilità del quadro politico di alcuni dei Paesi fornitori. “Non c’è assolutamente nulla da temere. Abbiamo ottimi margini di sicurezza. In passato abbiamo avuto qualche problema con i rifornimenti che arrivavano dalla Libia, ma niente che abbia potuto destabilizzare la distribuzione in Italia. Non solo ci sono accordi solidi con le altre nazioni esportatrici, ma l’Italia, nel tempo, grazie agli stoccaggi, è riuscita a costruire delle riserve importanti. Infine – chiude Di Benedetto – c’è anche una frazione di gas naturale che l’Italia è in grado di estrarre e che viene usata in ambito nazionale. Copre circa il 10 per cento del nostro fabbisogno”. Anche se le zone di estrazione sul suolo italiano non sono molte.
Gas naturale, nessun rischio per gli approvvigionamenti Infine, ma non ultimo, il rapporto dell’azienda con il territorio, che va dall’ottimizzazione del servizio agli investimenti per la promozione della cultura. “Il servizio che Toscana Energia gestisce sul territorio si caratterizza per una massima attenzione rivolta all’ammodernamento della rete di distribuzione che si estende per oltre 12.000 km in circa la metà dei Comuni toscani. E’ un impegno quotidiano che si pone l’obiettivo di mantenere i più elevati standard di sicurezza, efficienza e innovazione. Ma non solo. La politica perseguita dalla società è infatti orientata anche a sviluppare il servizio sul territorio toscano attraverso la realizzazione di nuovi tratti e connessioni per raggiungere e servire clienti sia di natura civile che industriale. Per andare incontro a
Energia e ambiente: fondamentale educare le nuove generazioni
queste richieste abbiamo introdotto recentemente anche delle agevolazioni rivolte ad ridurre i costi che tali pratiche comportano per l’utente finale. Inoltre, nonostante il difficile momento per l’economia e il lavoro, Toscana Energia ha continuato a fare consistenti investimenti che nel 2014, raggiungendo i 50 milioni, sono stati addirittura superiori agli anni precedenti. Un importante segnale e un impegno che si traduce in un forte sostegno a favore dell’economia locale. Altra espressione di questo legame è rappresentata dal sostegno a cultura, arte e iniziative che valorizzano il territorio in cui operiamo e al nostro impegno che ormai da anni rivolgiamo al mondo della scuola. Tanti progetti realizzati con i quali la società vuole contribuire alla diffusione della cultura dell’energia per sviluppare una ‘coscienza energetica’ in modo particolare nelle nuove generazioni. Lezioni in classe alla scoperta del percorso che fa il gas prima di arrivare nelle nostre case, video educational ed un laboratorio didattico per capire l’importanza dell’energia e come viene trasformata ed utilizzata quella solare sono le iniziative che anche quest’anno abbiamo messo a disposizione delle scuole toscane”.
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COVER STORY / ENERGIA - CONFINDUSTRIA TOSCANA SUD - GROSSETO
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Energia, meno consumi, più risparmio Riduzione degli sprechi e interventi legislativi ad hoc: la strada per il futuro passa dall’efficienza energetica di Paolo Vannini, giornalista freelance
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e difficoltà di approvvigionamento e la povertà di fonti energetiche del nostro Paese. Le potenzialità delle rinnovabili e gli errori commessi sugli incentivi. L’efficienza energetica e la riduzione degli sprechi come risorsa per il futuro. E’ lungo questa direttrice che si sviluppa il ragionamento di Stefano Sgherri sul tema dell’energia. Laureato a Pisa in ingegneria elettrotecnica opera nel settore della progettazione degli impianti elettrici, civili ed industriali. Dal 2000 si occupa di energy management, recentemente certificato Esperto in Gestione Energia UNI CEI 11339. Collabora con varie strutture confindustriali sin dall’anno 2001 sulle tematiche energetiche ed è responsabile della società Econpower Srl che opera a favore delle strutture confindustriali di Grosseto, Prato, Lucca e Pistoia nell’ambito della gestione
dei consorzi - gruppi di acquisto di energia e della consulenza energetica.
euro contro i 40 della Francia, i 30 della Germania e i 25 della Scandinavia”.
Ingegner Sgherri, quella sull’energia per il nostro Paese sembra una gara con un handicap di partenza: da un raffronto con altri Paesi emerge che l’Italia paga mediamente di più il costo dell’energia. E’ davvero così? “In Italia storicamente si sono sempre avute quotazioni più alte rispetto al mercato estero, con spread molto consistenti in particolare nel mercato all’ingrosso. La bolletta che paghiamo, però, non è solo composta dalla fornitura di energia ma anche dai costi di sistema e dagli oneri parafiscali, oltre alle accise. E’ un po’ lo stesso discorso che vale per i carburanti, che costano al consumatore molto di più del loro costo reale. Gli ultimi valori di aprile di quest’anno vedono l’Italia pagare il Megawattora (1000 kWh) 48
Esistono ragioni precise che spiegano questo squilibrio e come è possibile limitarlo se non proprio superarlo? “Anzitutto c’è una grande diversità nell’approvvigionamento alle fonti energetiche. Noi non abbiamo disponibilità di fonti primarie come carbone, gas, petrolio, nucleare. Dovendole acquistare all’estero siamo condizionati nei costi di approvvigionamento. Nel settore del gas, in particolare, a volte pesano anche le ‘code’ di vecchi contratti sottoscritti anni prima. Aver aumentato l’energia prodotta da fonti rinnovabili ha fatto ottenere i primi risultati ma la differenza con altri Paesi rimane; in Italia il costo dell’energia resta molto alto”. Le rinnovabili appunto.
Quanto si è puntato davvero su queste fonti e dove, eventualmente, si è sbagliato? “I risultati ci sono anche se da un punto di vista prettamente tecnologico sono stati fatti pochi passi avanti. Negli ultimi anni c’è stata troppa spinta all’incentivazione, soprattutto nel fotovoltaico, con un vero e proprio boom, a scapito di altre fonti. Sono stati realizzati troppi impianti in troppo poco tempo, senza che la tecnologia progredisse di pari passo e così anche le reti e le infrastrutture. Il volano economico poteva diventare un ‘driver’ eccezionale ma sarebbe stato necessario più tempo. In 4/5 anni si è registrata una crescita enorme. Adesso accade che molti fra coloro che hanno investito in questo settore si trovano con impianti già in parte superati. E ancora: dopo il boom iniziale c’è stata una grande proliferazione di
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aziende, a volte anche molto piccole, che nell’arco di qualche anno hanno cessato l’attività. Così per gli utenti non esiste più un referente per l’assistenza. Inoltre aver destinato grandi incentivi al fotovoltaico ha comportato una crescita generale degli oneri finanziari nel settore della fornitura di energia. Insomma, questa incentivazione è stata praticamente finanziata da tutti i consumatori. Il legislatore ha operato agevolazioni in un settore che poi si è visto costretto a riequilibrare, intervenendo sia sulla ridistribuzione degli oneri di rete che rivedendo i contratti ventennali, allungandone la durata, fino a 24 anni, e riducendone gli incentivi. Inoltre è stata cambiata anche la fiscalità sul settore”. Luci e ombre, insomma. Le rinnovabili si inseriscono a pieno diritto nel tema della cosiddetta economia verde o “green economy”. A che punto siamo? “C’è stata la speranza che la ‘Green economy’ si sviluppasse in modo consistente ma dopo che è stato rivisto retroattivamente il conto energia è accaduto che gli investitori esteri hanno visto una grande instabilità dovuta all’incertezza dei contratti a cui si aggiungono le ormai note difficoltà, per aspetti autorizzativi, a realizzare impianti come gassificatori, biomasse o fotovoltaici. Sono personalmente favorevole a questo tipo di investimenti, in Italia avremmo buone potenzialità nel settore agricolo o nei riutilizzo dei rifiuti, ma conosco anche le difficoltà che
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Stefano Sgherri
accompagnano le realizzazioni di questi impianti”. Spesso difficoltà dei cittadini ad accettare queste strutture vicino a casa propria ma non solo. Com’è la situazione nella nostra regione e dove sono stati ottenuti ad oggi i risultati migliori? “Certo ci sono i problemi logistici ma vi sono anche complicazioni autorizzative e normative. Ovviamente esempi di impianti finiti esistono, anche qui in Toscana, ma c’è poco di nuovo. Inoltre non si può pensare in alcun modo di tenere in equilibrio un sistema elettrico con le fonti rinnovabili. Per esempio il fotovoltaico e l’eolico sono instabili, l’idroelettrico è più regolare ed è anche utilizzato come riserva. Fra le regioni la Puglia sembra essere quella con la maggiore produttività da fotovoltaico e anche eolico. Un aiuto ci sarà fornito dai sistemi di accumulo, materia di grande attualità”.
E dell’eterno dilemma, il nucleare, cosa pensa? “Sulla scelta del nucleare il ragionamento si fa più politico se non ideologico. Prendiamo atto della scelta fatta dall’Italia e andiamo avanti. Sicuramente il nostro Paese è anche sfortunato per la sua conformazione territoriale di penisola, uno scheletro allungato che certo non favorisce la rete elettrica. E poi non abbiamo fonti primarie. Quindi direi quasi che è inutile accanirsi sul problema dell’energia. Poi, certo, sono state fatte scelte opinabili”. Nel settore rinnovabili la Toscana si caratterizza particolarmente per qualche aspetto? “La Toscana è nella media nazionale, non si distingue per particolari meriti o demeriti relativamente alla gestione dell’energia. Ci sono anche dei parametri precisi che confermano questo dato. In passato era più il nord a costare di meno e molto di più costavano invece le isole, per motivi anche facilmente comprensibili. Da qualche tempo la situazione generale si sta riequilibrando. Inoltre la Toscana fornisce un importante contributo con l’energia prodotta fonte geotermica”. Cosa prevede per il futuro dell’approvvigionamento energetico del nostro Paese? “Bisogna puntare al massimo sull’efficienza. Non si parla più tanto di far pagare poco la produzione di energia quanto di
consumarne meno per spendere meno. Le centrali che entrano in produzione e immettono energia in rete sono a minor costo, a partire dalle rinnovabili. Anche i produttori stanno vendendo l’efficienza energetica. Più tecnologia e un uso diverso possono far risparmiare in modo consistente. Efficienza vuol dire apparecchiature più efficaci e riduzione degli sprechi con l’ottimizzazione delle risorse. A parità di lavoro svolto si consuma meno. Lo si può ottenere con gli elettrodomestici e con tutte le fonti energetiche interne alle abitazioni. In ambito industriale c’è molto da fare, sia nel recupero delle energie termiche disperse che nel miglioramento delle prestazioni energetiche dei motori ed del loro uso, con il ricorso anche all’elettronica di potenza (Inverter), illuminazione led ecc., il miglioramento tecologico è molto orientato all’efficienza energetica. Su questo sono stati fatti significativi interventi legislativi. E’ una direzione importante per il futuro che può far guardare in avanti con un po’di ottimismo in più. Ci sono segnali in tal senso che vengono dall’Europa ma anche da noi la strada imboccata è buona e l’Enea sta svolgendo un ruolo trainante. Di grande attualità ora è il Decreto Legislativo 102 del luglio 2014, che pone l’obbligo di eseguire una diagnosi energetica, per il settore della grande industria, che sebbene rappresenti un onere, se ben interpretato potrà risultare una risorsa per tutto il settore ”.
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Energia, superare i vecchi modelli Dalla decarbonizzazione al potenziamento delle rinnovabili alle consulenze energetiche per l’ottimizzazione degli acquisti. Work in progress per un diverso futuro energetico di Paolo Vannini, giornalista freelance
È
un’analisi a tutto tondo ma con un punto centrale inevitabile, la realtà senese e toscana, quella di Carlo Becatti, 37 anni, responsabile del settore“Sviluppo strategie e innovazioni” di Sienambiente. Nell’intervista concessa a “IES”, l’imprenditore specializzato nel settore delle energie rinnovabili, membro del consiglio di amministrazione del Consorzio Siena energia, si sofferma soprattutto sul modello di sviluppo energetico senese dei piccoli e medi impianti, sulla necessità di potenziare le energie rinnovabili nel nostro Paese, sui piani per l’energia e i rifiuti della Regione Toscana che
hanno bisogno di tempi ragionevoli, sul servizio di consulenza energetica “Service Energia”. Dottor Becatti, quali sono le attività di Sienambiente nell’ambito della produzione di energia? “La principale attività di Sienambiente è quella della gestione degli impianti a servizio del ciclo integrato dei rifiuti. Da qualche anno, inoltre, in considerazione delle opportunità offerte da un mercato dell’energia in continuo mutamento, abbiamo allargato il nostro raggio di azione, direttamente o attraverso numerose partnership, al settore della green economy, delle energie rinnovabili e alla pro-
duzione di energia da fonti non convenzionali. La strada sulla quale ci siamo avviati è quella di un modello di sviluppo energetico non centralizzato, ma sorretto da una rete di impianti di media e piccola taglia che si inseriscono armoniosamente nel contesto paesaggistico della provincia di Siena. Siamo infatti convinti che la strategia della decarbonizzazione e il potenziamento delle rinnovabili così come deciso dal recente G7, sia non solo necessario per non oltrepassare il tetto dei 2°C di innalzamento della temperatura terrestre, ma sia anche determinante per garantire un futuro al nostro Pianeta”.
Eppure l’Italia è ancora molto legata alla produzione di energia da fonti fossili con conseguenze che si ripercuotono sull’ambiente e sul costo dell’energia. Come è possibile uscire da questo meccanismo? “Negli ultimi anni abbiamo fatto grandi passi avanti per incrementare la produzione di energia pulita, ma rimane ancora molto da fare. Per svincolarsi dall’utilizzo del petrolio, dalle altre fonti fossili e dalle speculazioni finanziarie connesse a queste fonti energetiche, il nostro Paese deve proseguire nel cammino di crescita delle rinnovabili e adottare tutta una serie di misure finalizzate alla
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riduzione dei consumi. Con una politica mirata, si devono quindi potenziare gli interventi di riqualificazione dell’illuminazione pubblica, implementare le reti smart e valorizzazione, anche attraverso incentivi economici o detrazioni fiscali, la riqualificazione energetica degli edifici, sia pubblici o che privati”. La Regione Toscana sembra puntare molto sull’economia verde e la produzione di energia da fonti rinnovabili. Quali i risultati a oggi e le concrete aspettative per il futuro? “Attraverso il Piano ambientale ed energetico e il Piano dei rifiuti, la Regione Toscana ha pianificato e dettato gli indirizzi strategici per lo sviluppo del nostro territorio. Tali strumenti sono un punto di partenza fondamentale per ogni genere di programmazione, ma non sono sufficienti da soli a rendere concreto quel cambiamento a favore dello sviluppo sostenibile nel quale operiamo. Le aspettative quindi ci sono, vogliamo sfruttare le possibilità che nasceranno, ma occorre che al contesto nel quale lavoriamo vengano apportate alcune modifiche”. Si spieghi meglio, a che cosa si riferisce? “A tutt’oggi esistono alcune criticità che possono mettere
Carlo Becatti
a rischio la realizzazione di iniziative nel campo dell’economia verde e la conseguente creazione dei cosiddetti green jobs. Mi riferisco, in particolare, ai tempi della fase autorizzativa dei nuovi impianti e a norme che molto spesso sono poco chiare. Con l’obiettivo di dare continuità e un’ulteriore prospettiva alla green economy, la pianificazione approvata dal governo regionale deve quindi essere supportata dal rispetto dei tempi previsti dalla legge per l’avvio di nuovi impianti, ovviamente sempre nel rispetto delle regole e delle procedure. Ai fini del buon esito di un progetto, è inoltre necessario avere quella certezza normativa che consenta una pianificazione economica e industriale a medio e lungo termine”. Come si è strutturata Sienambiente per affronta-
re i cambiamenti in atto e la liberalizzazione del mercato dell’energia? “L’avvento delle rinnovabili è stato ed è il vero motore del cambiamento, con effetti ben superiori ai processi di liberalizzazione degli anni ‘90. Ma molto ancora si modificherà nei prossimi anni e gli scenari energetici futuri avranno al centro l’innovazione tecnologica, le rinnovabili e l’efficienza. Sienambiente ha risposto da subito a queste sollecitazioni realizzando impianti alimentati a fonti rinnovabili, ma anche rendendo più efficienti gli impianti per la gestione dei rifiuti. Una strategia che ha permesso, come riconosciuto dal protocollo di ‘Siena Carbon free’, di abbattere del 20 per cento l’immissione in atmosfera di emissioni climalteranti. Sul fronte del mutamento del mercato
Green economy e green jobs, opportunità da cogliere per nuove prospettive di sviluppo
concretizzatosi nell’aumento del numero dei produttori, nella riduzione della dimensione degli impianti e nel mutamento del ruolo delle reti, siamo inoltre attivi dal 2014 con un nuovo servizio”. Di che cosa si tratta? “E’ il ‘Service Energia’, un servizio di consulenza energetica realizzato in collaborazione con Società Toscana Ambiente, che affianca nell’ottimizzazione dell’acquisto di energia elettrica le sedici aziende del ‘Gruppo Sta’, la maggior parte delle quali con una sede operativa in Toscana. In pratica, fornendo gli elementi necessari a valutare il contesto di mercato, guidiamo e assistiamo le imprese nella scelta dell’offerta economica migliore. L’idea di creare il ‘Service Energia’, per il quale ci avvaliamo della consulenza tecnica del Consorzio Siena Energia, nasce in seguito alla liberalizzazione del mercato dell’energia e alle opportunità legate ai vantaggi di natura economica scaturite dalla contrattazione di forniture energetiche. Un servizio che in virtù delle nuove dinamiche del mercato elettrico affermatesi con l’avvento delle rinnovabili, va nella direzione del risparmio energetico, della corretta gestione delle fonti energetiche e della razionalizzazione delle risorse”.
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COVER STORY / ENERGIA - CONFINDUSTRIA TOSCANA SUD - AREZZO
IES | aprile-giugno 2015 | Pagina 24
Green economy, la sfida della Toscana Importanti investimenti e ambiziosi progetti fanno della Toscana una regione all’avanguardia nella green economy , ma la vera partita si gioca sull’uso efficiente dell’energia di Paolo Vannini, giornalista freelance
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a giugno 2015 per il gas, da giugno 2016 per l’elettricità. Dopo tanti annunci è davvero arrivata la fine per i contratti che riproducono le vecchie tariffe amministrate ante-liberalizzazione per le famiglie e le piccole medie imprese che non se la sentono di affidarsi al mercato degli operatori in concorrenza. Cosa potrà cambiare? Quali benefici? E quali rischi di minori tutele per i consumatori? “Con la fine del ‘regime
di maggior tutela’ sicuramente si apre una nuova era in tema di liberalizzazione, ma soprattutto, di scelta delle tariffe da parte del consumatore. Naturalmente, ciò potrà avvenire nell’ipotesi in cui ci sia realmente piena consapevolezza delle condizioni del mercato e piena capacità di scelta, cosa che ritengo ancora prematura. Persiste ancora una sorta di ‘asimmetria informativa’ circa le condizioni del mercato energetico e, a mio modesto parere, sarebbe opportuno un graduale
percorso di accompagnamento verso questo nuovo regime. Ci sono ancora opinioni contrastanti circa la reale convenienza delle tariffe del mercato libero rispetto a quelle del mercato tutelato. E per finire, credo che sarebbe comunque auspicabile un rigoroso accompagnamento verso il mercato da parte dell’Autorità Antitrust quale supremo garante della concorrenza e delle regole del libero mercato dell’energia”. Dal raffronto con altri
Paesi emerge un dato costante: l’Italia paga mediamente di più il costo dell’energia. Quali sono i motivi di questo squilibrio e come è possibile superarlo? “L’Italia è notoriamente povera di risorse energetiche e ha fatto una precisa scelta per quanto attiene l’energia nucleare. Ciò premesso, partiamo da un costo di base dell’energia che non può che essere maggiore rispetto agli altri paesi Europei, dato che siamo costretti ad importare
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la maggior parte dell’energia che consumiamo; per di più, il peso delle tasse e imposte applicate in bolletta è notevolmente più elevato rispetto a quello di Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna. Tutto ciò naturalmente si ripercuote sulla spesa delle famiglie Italiane per energia e gas, e genera un posizione di scarsa competitività per le imprese nazionali le quali sono costrette a sostenere un costo, che soprattutto nelle aziende manifatturiere è un vero e proprio costo della materia prima, notevolmente maggiore in confronto agli altri paese Europei”. Come si presenta nello specifico la situazione in Toscana? Esistono particolari vantaggi o svantaggi per gli utenti, e per le imprese in particolare? “Ritengo che la realtà Toscana non si discosti molto da quella delle altre Regioni Italiane. Nel nostro caso, quale azienda di produzione con elevati consumi sia dei energia elettrica che di metano, siamo parte ormai da quindici anni del Consorzio Arezzo Energia, attraverso il quale abbiamo gestito in modo direi ottimale la negoziazione delle condizioni contrattuali e tariffarie sul libero mercato. Credo che l’aggregazione di imprese, quale gruppo di acquisto nella forma consortile, sia un importante
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Andrea Susi
strumento di negoziazione delle tariffe energetiche, ma deve comunque essere gestito e coadiuvato da un adeguato staff di professionisti che abbia una conoscenza approfondita delle condizioni di mercato, delle normative di riferimento e dei gestori”. In Toscana si parla molto di “Green economy”. La Regione sembra puntare molto sulla valorizzazione dell’economia verde e dunque sulle modalità di trasformazione delle materie prime in energia. Con quali risultati ad oggi e con quali concrete aspettative per il futuro? “Credo che la Toscana sia all’avanguardia per quanto concerne la ‘Green Economy’ con importanti investimenti già ultimati e con altrettanti ambiziosi progetti da realizzare: mi riferisco in particolare al setto-
re idroelettrico, alla geotermia, alle biomasse, al fotovoltaico e all’eolico. La Toscana, in base a specifici indicatori di sostenibilità ambientale, è una fra le regioni Italiane più virtuose sotto il profilo dell’energia verde, si è dotata di un’apposita disciplina di riferimento per le ‘aree produttive ecologicamente attrezzate’ e ha finanziato la formazione del Distretto delle Energie Rinnovabili, luogo di incontro fra le aziende interessate alla green economy. Da un recente studio emerge che investire il 2 per cento del PIL Toscano per la riconversione ecologica del sistema produttivo implicherebbe la creazione di 15000 nuovi posti di lavoro, attraverso l’innovazione dei piani industriali, logiche di processo, risparmiando energia e riducendo i gas-serra”. Le società Esco (Energy
Tasse e imposte appesantiscono la bolletta energetica per imprese e privati
service companies) possono essere individuate come figure chiave negli interventi di green economy? E’ così e che ruolo possono svolgere? “Certo, le ESCO forniscono servizi volti alla realizzazione di interventi di razionalizzazione degli usi e di generazione locale dell’energia, per garantire un uso efficiente dell’energia e di conseguenza ridurre i consumi e i costi della bolletta; in più, tali società si occupano anche del finanziamento degli interventi anzidetti e recuperano l’investimento effettuato tramite i risparmi conseguiti nei costi di esercizio. I risparmi economici ottenuti vengono quindi condivisi fra la ESCO e il cliente finale con diversi tipi di accordi commerciali. Data la loro precipua specializzazione e professionalità in ambito di efficientamento energetico, sia sotto il profilo impiantistico che in termini di finanziamento per progetti di intervento, le ESCO potranno e dovranno sicuramente giocare un ruolo determinante nell’ambito della green economy; ciò perché presumo che non sia sempre facile e immediato individuare, all’interno delle aziende, risorse umane e soprattutto tempo da dedicare alla progettazione di sistemi di razionalizzazione degli usi energetici”.
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COVER STORY / ENERGIA - CONFINDUSTRIA PRATO
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Energia e imprese, un rapporto strettissimo Ad analizzarlo nel dettaglio ci pensa Franco Ciampolini, vicepresidente dell’Unione industriale Pratese. Ombre e luci di un settore vitale per le imprese di Mattia Cialini, giornalista “Arezzonotizie.it”
A
chi dovrebbe rivolgersi un’impresa giovane per avere una dettagliata panoramica sulle possibilità in ambito energetico? “Se un’impresa avvia la propria attività proponendosi di ottimizzare i propri costi energetici è già a metà dell’opera: la sensibilità per il problema è un presupposto essenziale ma non scontato. Le opportunità per effettuare scelte vantaggiose non mancano. Ci sono società specializzate ma soprattutto esistono strutture come le associazioni di categoria ed i consorzi, spesso promossi dalle associazioni stesse, che possono fornire indicazioni oggettive, nell’esclusivo
interesse delle imprese. Sia il fornitore che il tipo di contratto possono fare la differenza. Ma non basta. Bisogna anche prestare attenzione alle modalità di fatturazione, al rispetto dei termini del contratto e, naturalmente, a scadenze e rinnovi. In caso di imprese di dimensioni ridotte è particolarmente importante valutare le opportunità offerte dai consorzi: le condizioni contrattuali che si riescono a spuntare disponendo di una ‘massa critica’ significativa come quella di un consorzio sono nettamente migliori di quelle a portata di una piccola azienda. A Prato abbiamo una doppia possibilità sia per l’energia elettrica che per il gas metano: i consorzi
Prato Energia e Prato Gas per le imprese di dimensioni maggiori e due rispettivi gruppi di acquisto per quelle più piccole. Un altro fattore da tenere d’occhio è l’efficientamento”. Da imprenditore del settore, quale consiglio darebbe ad un’azienda tessile per l’efficientamento, e magari il risparmio, energetico? “Più che un consiglio è un invito che vale per tutti noi tessili ma non solo per noi. Fra i tessili, peraltro, ci sono situazioni ben diverse a seconda della tipologia produttiva, che può avere una maggiore o minore intensità di consumi energetici. I costi di energia elettrica e gas metano sono così elevati
da compromettere per alcune aziende gli equilibri di bilancio, anche oggi che pure è un momento non troppo negativo da questo punto di vista. In questo contesto il miglior consiglio può essere solo uno: non rassegniamoci, cerchiamo tutti i percorsi possibili per contenere gli oneri delle nostre bollette. Qualcosa si può fare. Come Unione Industriale Pratese e come società di servizi Saperi, controllata dalla stessa associazione, forniamo ad esempio il servizio ‘Efficientamento & Risparmio’. Potenziali interessate tutte le imprese del manifatturiero e dei trasporti; il servizio riguarda infatti elettricità, gas metano ed altri combustibili. Quello che proponiamo è
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un percorso in due tappe, anche indipendenti fra di loro. La prima tappa è il check up energetico: accade che in questa fase si evidenzino diseconomie fino al 20% dei consumi totali. Grazie alla collaborazione dei colleghi della sezione Terziario Innovativo dell’Unione Industriale Pratese, questa prima fase è gratuita. Non è cosa da poco: parliamo di una consulenza qualificata che consiste in una visita di mezza giornata e che serve a far emergere le linee generali degli interventi da effettuare. Poi, dopo una attenta valutazione del rapporto costi/benefici, si può passare alla fase due. Se si stabilisce di effettuare un intervento per il miglioramento dell’efficienza energetica, è molto probabile che si diano le condizioni per avere diritto al pagamento di un credito da parte di Gse - Gestore dei servizi energetici. Sono i certificati bianchi, in pratica denaro: un incentivo che la legge attribuisce a chi effettua interventi rilevanti per l’ottimizzazione dei consumi energetici”. Energie rinnovabili: quali sono le possibilità di investimento più interessanti in questo momento? “La novità è la concreta possibilità di realizzare investimenti nell’ambito della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (di qualsiasi tipo: fotovoltaico, che si presta particolarmente, ma anche idroelettrico, biomasse o eolico) in pro-
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Franco Ciampolini
miscuità con unità di consumo. In sostanza, le recenti normative sui SEU, i Sistemi Efficienti di Utenza, consentono di installare, in un sito nella disponibilità del consumatore, un impianto di produzione alimentato da fonti rinnovabili anche da parte di un soggetto diverso dal titolare dell’impianto di utilizzazione. La cosa interessante è che questa transazione per così dire a chilometro zero, che non necessita della rete di trasporto e distribuzione nazionale, è gravata solo in minima parte dagli oneri diversi dalla componente energia, che ammontano anche a più del 60 per cento del totale del costo di fornitura. I minori oneri possono essere ripartiti tra produttore e consumatore, a vantaggio di entrambi”. L’energia è vita per le aziende ed è quindi una spia delle attività di un’industria. Attraverso i consumi energeti-
ci è possibile ricostruire il numero di occupati di un’impresa e contrastare così l’illegalità “Vero, è così. I consumi di energia elettrica e gas, ma anche di acqua, possono costituire indicatori della congruità complessiva del rapporto costi-ricavi di un’impresa e dell’attendibilità della composizione ed entità stessa delle diverse voci di costo. Se ad esempio i costi energetici di un’azienda sono sovradimensionati rispetto ai costi del personale, è possibile immaginare che vi siano delle irregolarità nell’ambito dei rapporti di lavoro. Intendiamoci: non si possono stabilire in tutti i casi delle relazioni fisse e perentorie fra dati di questo genere ma di certo si possono individuare parametri generali utilizzabili per, se non altro, andare a verificare situazioni che appaiono sbilanciate. E’ un problema molto sentito a Prato ma non solo: l’illegalità va
Costi dell’energia più equi un obiettivo fondamentale per la crescita
combattuta con determinazione e questi indicatori possono essere di grande utilità”. Qual è il futuro dell’energia per le aziende tessili? Ci sono cambiamenti all’orizzonte? “Potrebbe esserci un cambiamento positivo, cioè uno sgravio di parte degli oneri fiscali per le aziende, tessili ma non solo, inserite in strutture consortili. Parliamo di un tema annoso, sul quale la nostra associazione si è molto battuta. Provo a riassumerlo in poche parole: l’importo complessivo che le aziende si trovano in bolletta è composto in misura rilevante da accise ed oneri fiscali vari. Parte di questi oneri sono però ridotti per le aziende energivore, che in Italia sono identificate come tali essenzialmente in base ai volumi di consumo in termini assoluti. In pratica, imprese che in proporzione ai loro costi consumano molta energia e gas ma che non sono classificate come energivore (è il caso di alcune tipologie di lavorazioni tessili) pagano l’energia più delle grandi imprese. Una evidente iniquità che potrebbe essere sanata facendo valere i consorzi, ai fini fiscali, come un’impresa unica. Una breccia è stata introdotta con la legge di stabilità del 2014: ora siamo alla stesura dei decreti attuativi, sui quali si gioca l’efficacia del provvedimento”.
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COVER STORY / ENERGIA - CONFINDUSTRIA LUCCA
IES | aprile-giugno 2015 | Pagina 32
Energia e ambiente, industria in pool position
Tiziano Pieretti
Riduzione dei costi occulti e degli sprechi, rispetto dell’ambiente perché i giovani abbiano un futuro da scegliere. A partire da una gestione avveduta delle risorse disponibili di Maurizio Abbati, giornalista freelance
L
a gestione dell’energia e lo sfruttamento oculato delle fonti disponibili sono oggi un nodo importante da sciogliere, quando si intende parlare di sviluppo dell’industria. Appare essenziale ottimizzare i consumi, secondo quanto ci chiede la comunità internazionale, anche se in questi ultimi anni questa esigenza si è attenuata a causa di una fase recessiva che ha determinato un calo di erogazione elettrica. Secondo i dati Terna, nel 2013 in Italia il comparto industriale ha consumato 124.870 milioni di KWh, con una diminuzione del 4,5 per cento rispetto al 2012. Ma ora che la produzione industriale torna a salire, ecco che il problema si
ripropone. Su questo tema ci siamo confrontati con Tiziano Pieretti, vicepresidente di Confindustria Lucca con delega ad Ambiente ed Energia. Coniugare sviluppo economico e ambiente è diventata una esigenza fondamentale, anche in termini produttivi. Dottor Pieretti, come è possibile questo sotto il fronte dell’energia? “Il rispetto dell’ambiente è necessario per far sì che le future generazioni possano avere le stesse opportunità che noi, dandole un po’ troppo per scontato, abbiamo avuto. Ovvio che lo sviluppo economico ha portato a saturare le aree industrializzate e creare situazioni
ambientali difficili. L’energia in questo senso non è esclusa, ma negli ultimi anni grandi passi avanti sono stati fatti proprio nella direzione della sostenibilità e dell’ambiente. Non mi riferisco solo alle energie rinnovabili, ma a quelle fonti energetiche convenzionali e maggioritarie che utilizzano i fossili come principale fonte di approvvigionamento. Mi riferisco a un ‘processo’ di efficienza energetica che in origine è stato necessario nel nostro paese per cercare di abbattere i costi proibitivi dell’energia e che ha portato gli impianti italiani ad essere fra i più efficienti in Europa. Nel settore cartario ad esempio la cogenerazione a gas (produzione combinata di va-
pore ed energia elettrica) è diventata una tecnica largamente applicata e i benefici in termine di ambiente sono elevatissimi. Tanto che i moderni impianti sono quasi tutti stati riconosciuti ad alta efficienza energetica”. Sono ormai anni che si lavora per ridurre le emissioni in atmosfera. Come è cambiato l’atteggiamento della nostra industria? “Oggi tutte le fonti di emissione di aria di un certo livello devono essere autorizzate, censite e analizzate. Questi servizi sono ritenuti strategici per il controllo del territorio, quindi vengono puntualmente verificati dagli organi di vigilanza. In molti altri casi vengono richiesti
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anche campionatori e analisi in continuo che garantiscono la registrazione dei valori di emissione e scrittura di appositi registri dei valori registrati. Credo si possa affermare che oggi in Italia le industrie rispettano l’ambiente”. L’energia ha un peso economico cospicuo per le nostre imprese, che può renderle meno competitive rispetto ad altri Paesi. E’ possibile contenere questo costo? “L’Italia dei record negli ultimi anni ha portato il costo dell’energia sul gradino più alto d’Europa. Se consideriamo che per alcune aziende manifatturiere (orgoglio italiano) l’incidenza dei costi energetici rappresenta anche il 50 per cento dei costi di produzione, si comprende bene che questo record negativo non aiuta la ripresa. Analizzando i costi energetici, si può dire che mediamente i costi della molecola (gas, petrolio, energia elettrica ecc. ecc.) sono comparabili ai medi europei. Quello che non è comparabile sono tutti gli altri oneri, la tassazione e anche gli sgravi. Nelle nostre bollette abbiamo i più alti costi di rete, per non parlare della tassazione, più una serie di costi cosiddetti occulti legati a terremoti, alluvioni, denuclearizzazione e chi più ne ha più ne metta. Non ultimo il costo delle fonti rinnovabili (in particolare il fotovoltaico) che hanno decretato fino al 2025 oneri A3 che portano ad esempio il costo dell’energia elettrica per un utente industriale in Italia a circa 140 €/MWH contro i 50 €/ MWH della Germania. Cosa si può fare per comprimere questi costi? Sicuramente, vedendo quanto la riduzione del costo del petrolio ha ridato ossigeno a un economia malandata come la nostra, si dovrebbe intraprendere una seria politica di riduzione del costo dell’energia per gli ‘energy
intensive’, aiutandoli con misure di esenzione degli oneri. Cercare di rendere più efficiente il sistema energetico nazionale al fine di ridurre i costi generali di sistema”. Noi siamo ancora in gran parte dipendenti da petrolio e fonti fossili, ma quale ruolo possono assumere le rinnovabili? “Le fonti rinnovabili sono una risorsa importante per un piano energetico nazionale che di fatto non è stato attuato; gli incentivi necessari in una prima fase di installazioni dovevano essere monitorati e resi fruibili con gradualità per permettere al sistema di sviluppare tecnologie nuove in grado di competere senza incentivi (che poi sono ricaduti in bolletta), seguendo un piano che prevedeva di arrivare al 2020 ad 8.000 mw installati. Purtroppo la storia è un’altra e siamo arrivati a saturare il mercato italiano finanziando impianti obsoleti e poco efficienti che non permetteranno a nuove tecnologie di essere sviluppate avendo creato il costo certo in bolletta fino al 2025. Oggi, di fatto, chi volesse fare un impianto fotovoltaico non riuscirebbe a pagare nemmeno i pannelli, quando altri hanno una rendita esorbitante. Tutte le fonti rinnovabili hanno senso se il regolatore del mercato non dà incentivi abnormi ed è inoltre necessario distinguere se l’energia prodotta si consuma sul posto o si immette in rete. Nel caso di consumo sul posto tutte le forme di energia da fonti rinnovabili sono da plaudire. Nel caso invece di energia immessa in rete bisogna fare attenzione, in quanto spesso il bisogno di energia non è corrispondente alla produzione e non potendo al momento stoccare energia si possono avere fenomeni rischiosi di sbilanciamento, in grado di creare costosissimi black out che metterebbero a repentaglio la sicu-
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rezza elettrica nazionale”. Parliamo di Toscana. Qual’è la situazione energetica in regione? E quali impianti potrebbero rivelarsi essenziali per lo sviluppo? “Nell’ambito delle fonti credo che in Toscana geotermia e idroelettrico siano quelle
che danno maggiori risultati, ma la più interessante sono le biomasse. Per sviluppare questi business sarà necessario un riferimento normativo più elastico, comprensivo delle tecnologie moderne senza pregiudizi e leggi certe. Serve la volontà di inspirarci a modelli noti senza fare voli liberi senza senso”.
Tabella dei consumi di energia in Toscana di Energia (Consumi GW totali)
La crescita delle rinnovabili (MW)
Trend della potenza efficiente lorda (MW) per tipologia di impianto
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COVER STORY / ENERGIA - CONFINDUSTRIA PISTOIA
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Energia, un futuro ancora da trovare Contenere i costi energetici, creare le condizioni per la competitività, sfruttare i mercati di nicchia: la “questione energia” è ancora da risolvere di Nadia Frulli, giornalista “Arezzonotizie.it”
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istoia; un territorio in gran parte montuoso, dove il carbone vegetale e la forza dell’acqua sospingevano le antiche industrie: chi vede oggi dove erano collocati gli opifici si può dare una risposta su cosa fosse essenziale per produrre. Non strade, non ferrovie, non materie prime: ma la capacità di alimentare le macchine e farle muovere. La centralità del tema non è cambiata; sono ovviamente mutati i sistemi di produzione dell’energia, che hanno consentito una diversa diffusione
di industrie sul territorio. Ed hanno anche posto domande nuove, dall’impatto ambientale alla convivenza fra industrie e centri urbani, dalla regolazione dell’immissioni in ambiente ai costi, in Italia esageratamente alti, dell’energia; e tanti altri aspetti, focali per l’industria . Dalle biomasse all’eolico, fino al fotovoltaico: la parola energia indica ormai una intera gamma di realtà produttive. Opportunità più o meno concrete di investimento che possono essere colte al volo dagli imprenditori toscani e non
solo. Opportunità che spesso però sono vanificate da burocrazia, mancanza di supporto da parte delle istituzioni e difficoltà dovute all’impatto, a volte ritenuto troppo invasivo, con il terriorio. Di questi temi Marco Carrara, imprenditore pistoiese del settore della carta – nel quale la sua famiglia opera da ben 140 anni – si occupa costantemente. Carrara, vicepresidente di Confindustria Pistoia, è infatti delegato nazionale nel comitato nazionale “Energia”. Oggi parlare di energia
significa parlare di tanti argomenti diversi, che vanno dalla sensibilità verso le problematiche ambientali alla legislazione. E significa anche parlare di un futuro per quegli imprenditori che, nonostante mille difficoltà, vogliono investire in questo settore in continuo divenire. Cosa possono fare le istituzioni per sostenere gli sforzi fatti dalle imprese che vogliono convertirsi alle energie alternative? “Alle istituzioni chiediamo di essere materialmente
COVER STORY / ENERGIA - CONFINDUSTRIA PISTOIA
vicine alle imprese che vogliono convertirsi alle energie alternative. I modi per farlo sono molteplici. Si possono ad esempio creare sgravi fiscali, promuovere incentivi e studiare agevolazioni specifiche per chi intraprende questo percorso. Si deve però tenere in considerazione il fatto che tutti gli incentivi delle alternative pesano in maniera consistente sulle bollette dell’industria”. Quanto gravano sulle aziende i costi per l’energia? “Ad oggi il costo dell’energia in Italia è di circa il 2530 per cento superiore che nel resto d’Europa. Questo ha conseguenze drammatiche: da un lato allontana dal nostro territorio gli investimenti stranieri, dall’altro rende più difficile agli imprenditori italiani realizzare un guadagno da queste attività”. Tra le tante opportunità offerte dall’universo delle energie alternative c’è quella dell’eolico. In molte zone d’Italia si sono aperti dibattiti ed elaborati progetti su questi impianti. Nella stessa Pistoia c’era un progetto che è poi naufragato. Ma perché è così difficile far decollare questi progetti? L’eolico prospetta un risparmio reale? “L’eolico è sicuramente
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Marco Carrara
un’opportunità, ma si deve tenere conto anche delle caratteristiche naturali del territorio per ridimensionare gli entusiasmi. Nell’80 per cento del territorio italiano, purtroppo, non c’è vento a sufficienza per garantire una produzione costante nel tempo. Detto questo, è importante continuare a fare ricerca anche in questo settore: perché con mezzi di produzione più efficienti potrebbe anch’esso guadagnarsi una nicchia di mercato economicamente conveniente”. In molte aree della Toscana si parla di centrali a biomasse. Se da un lato queste centrali rappresentano un’occasione di crescita e di sviluppo, dall’altro sono spesso osteggiate da comitati di cittadini che esprimono
la loro contrarietà. Può trasformarsi questa situazione in un deterrente per gli investimenti? “Purtroppo è una storia che si ripete. In Italia si contesta di tutto, salvo poi pretendere di avere luce e corrente a disposizione in ogni momento della propria vita. In realtà, le centrali a biomasse hanno avuto un forte sviluppo nei paesi Nordeuropei, i quali non sono famosi per voler avvelenare la propria popolazione. Anzi vengono portati ad esempio in termini di rispetto ambientale”. Quali prospettive ci sono dunque? “Questo tipo di centrali non può, da solo, rappresentare il futuro della produzione di energia ma, se ben gestito, può occupare uno spazio che può
essere di lungo termine. Anche se è necessario tenere presente un aspetto di non poco conto: ovvero capire quanto queste centrali potranno continuare ad essere competitive una volta cessati gli incentivi statali”. A livello regionale, quali potrebbero essere gli interventi di enti come Regioni e Comuni per incentivare l’investimento in energie alternative? “La Regione deve sovrintendere allo sforzo delle aziende che investono in energie alternative”. Come? “Creando cluster merceologici regionali per poter affrontare al meglio le esigenze di ciascun settore. Un obiettivo da non sottovalutare”.
ENERGIA: GLI STRUMENTI PER GESTIRLA Fin dai tempi delle prime liberalizzazioni del mercato elettrico, avvenuta nel 2000, gli industriali di Pistoia crearono presso la loro associazione due strumenti estremamente flessibili per affrontare la gestione del complesso mercato dell’energia, fino ad allora connotato da un unico venditore: nacquero allora il Consorzio Pistoiese per l’Energia ed il Gruppo di acquisto. Rivolgersi al servizio energia ancora oggi significa avere una consulenza terza, non di parte, che può, con professionalità riconosciuta e competenza, indirizzare verso le formule più vantaggiose di acquisto. La scelta dei migliori contratti per le aziende associate si è basata sul principio della maggior convenienza senza privilegiare rendite di posizione di fornitori elettrici anche storici, ma adottando anzi una politica di estrema mobilità sul mercato al fine di cogliere sempre le migliori opportunità. Oggi non solo di risparmio si tratta, ma anche di offrire consulenze qualificate su diagnosi energetiche e studi di fattibilità per l’ottimizzazione dei consumi e la loro riduzione. Con ciò rispondendo, fra l’altro, ai recenti obblighi normativi, che impongono a tutte le aziende energivore di effettuare una diagnosi di consumi con personale qualificato
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COVER STORY / ENERGIA - CONFINDUSTRIA LIVORNO
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Vincere la sfida dell’energia Sviluppo dell’impresa e sostenibilità ambientale, un obiettivo possibile su un percorso ancora impervio di Maurizio Abbati, giornalista freelance
S
ostenibilità ambientale, ma anche riduzione dei costi a carico delle imprese e ricerca, per una società che dovrà diventare in prospettiva low carbon, cioè sempre meno dipendente dalle fonti fossili. Quella dell’energia è una delle sfide più importanti che l’industria dovrà raccogliere, tenendo presente il fatto che difficilmente l’Europa potrà essere competitiva in quanto a politiche mirate solo ai bassi costi. Di questo abbiamo parlato con l’ingegner Luigi Giuliano, presidente del Consorzio Energia Libera Livorno e condirettore di Confindustria Livorno, per capire come sia possibile co-
niugare lo sviluppo economico con la tutela dell’ecosistema e con la salute. “Le azioni virtuose di miglioramento nel settore industriale e nel manifatturiero in particolare sono già una realtà. Oramai – spiega l’ingegner Giuliano – è patrimonio comune del comparto industriale, e manifatturiero in particolare, la valutazione e selezione dei processi produttivi attraverso la loro sostenibilità a 360 gradi, ovvero una valutazione che riguardi non solo la sostenibilità economica, ma anche e soprattutto quella ambientale e sociale. Gli stessi analisti finanziari non si accontentano più di misurare le potenzialità di svi-
luppo economico dell’impresa, senza che questo sia associato alla sostenibilità ambientale. E’ su questo concetto di sostenibilità che si fonda lo sviluppo economico moderno”. Quanto è cambiato nel controllo delle emissioni da parte della nostra industria? “Oggi non solo si è in grado di controllare le emissioni, ma anche di valutare, attraverso un indicatore che mi sembra particolarmente interessante, i ‘costi esterni per danni ambientali e sanitari associati alle emissioni’ (fonte studio Ecba Project). Si tratta di un indicatore, rapportabile al Pil, che misura l’impatto in termini di liability delle attività economiche di
imprese e famiglie. Questi costi ammontano a circa 50 miliardi di euro all’anno (dato 2012 rapportato a un Pil di 1.566 miliardi). E’ interessante notare che nel 2012 le attività economiche che più hanno contribuito a questo costo sono quelle imputabili alle famiglie (trasporti, riscaldamento etc.), mentre chi ha dato il contributo più sensibile in termini di riduzione del costo è l’industria manifatturiera, con -7,1 miliardi, pari al 15 per cento”. Sotto il profilo economico l’energia è una voce importante di costo per le nostre imprese, è possibile comprimerla?
COVER STORY / ENERGIA - CONFINDUSTRIA LIVORNO
Quando si parla di costo dell’energia è necessario distinguere bene tra quanto costa produrla (costo ai morsetti della Centrale) e quanto costa metterla in rete (dispacciamento), trasportarla e renderla disponibile all’utente finale. Purtroppo il nostro Paese è penalizzato su entrambe queste voci, ma la penalizzazione direi quasi intollerabile è quella sui costi di dispacciamento e trasporto, con differenziali rispetto agli altri paesi europei che superano i 50 €/Mwh; si tratta tra l’altro di un costo non comprimibile e indipendente dal fornitore. Paradossalmente, le forme di incentivazione a pioggia sulle rinnovabili e che si sono scaricate in termini di costo su quest’ultima componente, hanno aggravato la situazione. La riduzione dei costi di produzione determinata dalle Fer, infatti, è stata ampiamente annullata e superata dagli extra costi, con un risultato finale negativo per l’utente finale. Gli ingredienti necessari per comporre una ricetta tale da incidere positivamente sulla riduzione del costo dell’energia non sono molti, ma tra questi va incluso l’investire sulle infrastrutture in modo da favorire la liberalizzazione del mercato, eliminando i vincoli strutturali (sia interni al Paese che verso i nostri partners europei e non solo) che limitano la circolazio-
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Luigi Giuliano
ne dell’energia a basso costo. Penso non solo alla rete elettrica ma anche al sistema di distribuzione e stoccaggio del gas. E ancora incentivare l’efficienza energetica. Il primo strumento per spendere meno è consumare meno. Su questo punto deve dare il suo contributo il sistema del credito, che tutt’oggi fa fatica a finanziare investimenti in questo settore. Infine favorire l’implementazione della produzione da Fer laddove porta oggettive ottimizzazioni in termini di riduzione dei costi ed efficienza. Penso, in questo caso, al cosiddetto ‘scambio sul posto’, ma anche ai Seu (Sistemi efficienti di utenza) e, perché no, alle Riu”. In questi anni si continua a discutere dell’uso di fonti rinnovabili da affiancare a quelle tradizionali. Quali
sono le fonti rinnovabili che possono essere valorizzate? “Non esiste, a mio avviso, una classifica tra le Fer che ne renda una preferibile all’altra. Ogni intervento va esaminato nel contesto in cui lo si vuole realizzare e sempre in una logica di valutazione costi/benefici e rischio industriale legato alla tecnologia. Certo è che sole e vento sono sempre disponibili; diverso è il discorso delle biomasse, che richiedono l’implementazione di filiere produttive di non sempre facile realizzazione e determinano un’emissione in termini di particolato e polveri fini da valutare”. Qual’è la situazione della produzione di energia nella nostra regione. Quanto dipendiamo da quella che arriva da fuori? E di quali impianti avremmo realmente bisogno?
Investire sulle infrastrutture ed eliminare i vincoli strutturali per favorire la circolazione dell’energia
“La situazione nella nostra regione, come per le altre regioni italiane, risente pesantemente delle conseguenze della crisi con un marcato crollo dei consumi, in particolare per il settore industriale. Nel solo biennio 2005-2007, dopo anni di trend di crescita, il livello dei consumi elettrici è tornato a quello della fine del secolo scorso e si è stabilizzato sui 20.000 Gwh/anno. La fonte energetica più consistente tra quelle utilizzate per rispondere al fabbisogno regionale è riconducibile ai combustibili di origine fossile liquidi e gassosi, quindi di importazione extra regionale. Si è modificata, di conseguenza, anche la geografia industriale degli impianti di produzione, in particolare per le vicende che riguardano la costa, dove fino al 2011 si produceva il 50 per cento del fabbisogno di energia elettrica regionale. Più che di nuovi impianti avremmo bisogno di una razionalizzazione degli esistenti e di un recupero di competitività che, cogliendo le opportunità normative che potrebbero scaturire dagli accordi di programma per la costa, faccia leva anche sulla razionalizzazione ed efficientamento del sistema di trasmissione e collegamento delle grandi utenze industriali. Un’esigenza ineluttabile, che ha come alternativa un aggravamento della crisi con ulteriori perdite occupazionali”.
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COVER STORY / ENERGIA - MASSA CARRARA
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Consorzi per l’energia al servizio delle imprese Le aggregazioni garantiscono ottimizzazione e tutela. L’importanza di favorire lo scambio di competenze e la crescita specialistica di Mattia Cialini, giornalista “Arezzonotizie.it”
C
ome nasce l’esigenza di creare un consorzio per l’energia? “Con notevole lungimiranza il Decreto Bersani, con cui è stato avviato il processo di liberalizzazione dei mercati energetici in Italia, ha previsto che l’accesso ai mercati potesse avvenire direttamente per soggetti grandi consumatori, soglia minima iniziale 20 GWh poi ridotta a 10 GWh, oppure tramite consorzi con connotazione territoriale. Questo vincolo avrebbe dovuto garantire, come in gran parte accaduto, la crescita di competenze specifiche nell’ambito del mercato libero, a tutela dei consumatori industriali di media taglia. Nel periodo tra il 1999, avvio del mercato elettrico, ed il 2005, avvio della borsa elettrica, Con-
findustria ha avviato oltre cento consorzi territoriali che rappresentano tuttora il veicolo ottimale di accesso all’approvvigionamento elettrico per le Pmi”. Quali sono i vantaggi di chi entra nel consorzio? “Quasi tutti i consorzi di Confindustria hanno maturato una lunga esperienza nel mercato elettrico e stanno cominciando ad accumularne anche nel mercato gas. I consorzi sono quindi in grado di garantire un acquisto ottimale per tutte le aziende, piccole e medio-grandi. Per le piccole aziende è certamente importante un acquisto in linea con l’andamento del mercato all’ingrosso ma è maggiormente necessaria una grande attenzione alla tutela contrattuale, quella che chiamiamo deontologia con-
trattuale. Per le aziende da consumi medio-grandi è necessario anche l’attenzione per la dinamica del mercato, quindi una corretta impostazione del prezzo che sia in grado di seguire in modo ottimale l’evoluzione della commodity. In questi ultimi anni il mercato ha evidenziato una forte tendenza al ribasso, a cui i consorzi più attenti hanno reagito con formule di prezzo variabile. Certamente questo approccio richiede una grande attenzione per evitare sorprese che potrebbero annullare i benefici attesi. Queste competenze sono difficilmente disponibili alle singole aziende, anche in virtù di una complessità sempre crescente dei mercati, ormai maturi. Oltre ai vantaggi di acquisti economicamente efficaci protetti
da sorprese contrattuali, i consorzi sono in grado di supportare le aziende con molti altri servizi nell’ambito energetico, quali i rapporti con il Distributore (basta pensare alle criticità sempre crescenti connesse a micro-interruzioni e disturbi di rete), i rapporti con l’Agenzia delle Dogane in presenza di auto-produzione o di specifiche misure quali ad esempio esenzioni di accise (nel nostro territorio per i processi mineralogici), applicazione di benefici per processi energivori, etc. Lo sviluppo di specifiche competenze sui temi energetici diventa sempre più il vero valore aggiunto per le aziende consortili. Il tema dell’efficienza energetica sarà uno dei temi fondamentali per il prossimo periodo ed i consorzi saranno in grado di gio-
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care un ruolo fondamentale per le aziende consortili”. C’è un impegno da parte dei consorzi per l’energia sul fronte delle rinnovabili? “Rinnovabili ed efficienza energetica rappresentano il futuro strategico per le aziende italiane. Certamente nel passato le rinnovabili, in particolar modo il fotovoltaico, hanno contribuito non poco a destabilizzare la bolletta elettrica: ormai gli oneri per gli incentivi garantiti allo sviluppo delle rinnovabili superano abbondantemente il costo dell’energia elettrica, senza peraltro aver creato una vera filiera italiana, filiera che forse sta iniziando a costituirsi in quest’ultimo periodo. Altrettanto vero però che il corretto ed equilibrato sviluppo delle rinnovabili e della ricerca sui sistemi di accumulo rappresentano il vero futuro del Paese, vista la peculiare connotazione e la intensa insolazione. I consorzi stanno quindi maturando in questi settori specifiche competenze per poter supportare le aziende nello sviluppo efficiente delle modalità di consumo e di approvvigionamento dell’energia: ridurre i consumi a parità di produzione e diversificazione in acquisto tramite una attenta analisi delle possibilità di installazione di fonti di produzione rinnovabili e/o cogenerative ad alto rendimento”. Chi può entrare a far parte dei consorzi per l’energia? “Molti consorzi sono aperti al territorio, superando la logica di appartenenza alle associazioni.
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Gregorio Job
Per questo rappresentano un ottimo veicolo per garantire competenze alle aziende e contemporaneamente un veicolo di marketing associativo. L’energia sta dimostrando che il vero plus è rappresentato dall’elemento aggregativo, che garantisce ottimizzazione e tutela. Concludendo si può affermare che in genere tutte le aziende industriali possono far parte dei consorzi”. Qual è l’attività del Consorzio Apuania Energia? “Il Consorzio Apuania Energia (CAE) è nato nella primissima fase di avvio del processo di liberalizzazione. Caratterizzato da aziende di fatto energivore, segherie di marmo e granito e cartiere, ha dovuto affrontare da subito il mercato utilizzando completamente le leve del trading diretto. Ha maturato quindi esperienza sui mercati delle interconnessioni con l’estero ed ha partecipato sin dall’avvio alla Borsa
Elettrica. Rappresenta quindi per le aziende consorziate un asset del mercato elettrico, in grado di utilizzare tutte le leve che il mercato rende disponibili agli operatori. Supporta le aziende consortili per tutte le esigenze energetiche, inclusa l’analisi impiantistica laddove necessario, ad esempio per il rifasamento ed il controllo dei carichi, segue le aziende per le comunicazioni agli enti istituzionali, ad esempio le dichiarazioni UTF, le dichiarazioni CAR, l’attuazione dei regimi di esenzioni dalle accise. Supporta le aziende per le scelte di efficienza energetica e, dove opportuno, di autoproduzione”. Come si muove il coordinamento dei consorzi per l’energia? “Dal 2013 è attivo il Coordinamento dei consorzi a livello nazionale. Il Coordinamento è promosso da Confindustria e sta
Un consumo più efficiente aiuta le imprese ad abbattere i costi energetici
progressivamente aumentando le adesioni con l’obbiettivo di rappresentare a breve la maggior parte dei Consorzi di Confindustria, in totale oltre 90 consorzi su tutto il territorio nazionale con copertura pressoché totale della realtà industriale ed un consumo complessivo che rappresenta oltre 30 TWh annui, oltre il 10 per cento del consumo nazionale e una importante frazione del consumo industriale. La richiesta di specifico supporto nel settore energetico per le aziende industriali rende i consorzi uno strumento indispensabile ed il Coordinamento il momento di sintesi per affrontare le specificità a livello nazionale. Obbiettivo è quello di portare avanti i temi più vicini all’industria medio piccola: qualità del servizio elettrico, deontologia contrattuale, sviluppo del mercato che integri le fonti rinnovabili con le fonti tradizionali in una evoluzione che garantisca ottimizzazione e corretta allocazione dei costi. Il Coordinamento rappresenta anche il veicolo per favorire lo scambio di competenze e garantire la crescita specialistica dei consorzi. I consorzi sono nati per una brillante intuizione del Decreto Bersani che voleva così garantire le necessarie competenze per l’accesso al mercato. Proprio la crescita di competenze rappresenta ora l’elemento di consolidamento dell’esperienza consortile a favore delle aziende industriali”.
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CONFINDUSTRIA FIRENZE
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EureKa! Funziona! Ingegnosi, giovanissimi e inventori: sono i vincitori della sfida lanciata da Federmeccanica e Confindustria Firenze “Realizza il tuo giocattolo con molle e tondini”
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ono stati più di 140 i piccoli inventori che a Firenze si sono cimentati nella sfida: ideare e costruire un giocattolo mobile, avendo a disposizione solo molle, tondini di legno e di ferro, rotelline di legno, elastici e tutta l’inventiva della loro giovanissima età. Nove classi di quattro scuole elementari fiorentine hanno partecipato a “EureKa! Funziona!” il progetto promosso da Federmeccanica e Confindustria Firenze, che si è concluso con la proclamazione della classe vincitrice: la classe V di I.C. Carducci di Firenze, con il gioco Baby Camper; la classe IV di I.C. Castelfiorentino Scuola Primaria di Castelfiorentino con il gioco Fortuna contro Sfortuna e infine, la classe III sempre di Castelfiorentino con il gioco Sfad.
Gli istituti partecipanti sono stati: Istituto Comprensivo “Giorgio La Pira” di Campi Bisenzio I.C. Carducci di Firenze I.C. Castelfiorentino Scuola Primaria di Castelfiorentino Istituto Comprensivo Scandicci 1 “Rossella Casini” di Scandicci. Per continuare a coltivare la propensione all’invenzione la classe V vincitrice ha avuto in premio una visita al Museo “da Vinci” a Vinci. A tutte le classi partecipanti gli omaggi e premi delle imprese che hanno supportato l’iniziativa su territorio fiorentino: La Florens, Mandragora, Jumbo Office, FILA, Sammontana. Le classi che hanno scelto di partecipare al progetto sono state divise in gruppi (ciascun gruppo doveva prevedere uguale numero di bambine e bambini) e
all’interno di ciascun gruppo ogni bambino doveva avere un ruolo stabilito (disegnatore tecnico, estensore del diario di bordo, costruttore, disegnatore artistico e pubblicitario), a disposizione avevano un kit di materiale da costruzione e il gruppo doveva accordarsi su quale giocattolo costruire e poi realizzarlo. Le uniche due regole da rispettare erano: che il giocattolo fosse mobile almeno in alcune delle sue parti (aprire, saltare, ruotare, alzare) e che le idee non fossero proposte dagli insegnanti, ma nate dal lavoro di gruppo dei bambini. Per realizzare il giocattolo avevano a disposizione almeno 20 ore (nell’arco di 6/8 settimane) e dovevano tenere un “diario di bordo” in cui annotare tutti i passaggi di costruzio-
ne. A giocattolo realizzato, la classe, o la scuola (per chi partecipava con più classi), ha deciso quali lavori far partecipare alla sfida: dove sono stati gli stessi giovanissimi inventori a presentare i propri capolavori! Arrivato al suo secondo anno consecutivo su territorio nazionale e al suo primo anno fra le scuole di Firenze il progetto, promosso da Federmeccanica in collaborazione – sul territorio – con Confindustria Firenze, si propone, investendo in creatività, di coltivare il desiderio di costruire e creare dei bambini, fornendo loro l’opportunità di applicare conoscenze acquisite, sviluppare competenze di lavoro di gruppo, ma anche di conoscere mestieri (ingegneria, ad esempio) tradizionalmente lontani dalle loro fantasia.
CONFINDUSTRIA FIRENZE
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Social media: conoscere le inside della rete per navigare sicuri “Navigare sicuri”, imprenditori ed esperti a scuola per aiutare i ragazzi a conoscere le insidie del world wide web
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otenzialità e rischi dei social media spiegati ai ragazzi. Gli imprenditori della Sezione Servizi Innovativi e Tecnologici di Confindustria Firenze, insegnanti per un giorno, hanno impartito lezioni di navigazione sicura nelle scuole medie fiorentine. Più di 800 i ragazzi coinvolti (quasi tutti di prima media), sei scuole, circa trenta ore di lezione con l’obiettivo di contribuire alla sensibilizzazione all’uso sicuro e consapevole dei social media: il
progetto dal titolo“Navigare Sicuri” ha avuto il supporto della Polizia Postale e dell’Ufficio Scolastico Regionale. Gli imprenditori, affiancati dai referenti della polizia postale del territorio, hanno incontrato i ragazzi e spiegato loro i rischi connessi all’utilizzo degli strumenti di social network e ma anche come possono utilizzarli in modo efficace. Il 56 per cento dei ragazzi dai 12 ai 17 anni naviga tra le 2 e le 4 ore giornaliere: i social media e la rete possono essere fonti di rischi e
pericoli ma anche di conoscenze e informazioni se usati consapevolmente. Così gli imprenditori della Sezione Servizi Innovativi e Tecnologici, insieme agli esperti della Polizia Postale, hanno messo in guardia i ragazzi dai pericoli virtuali, dai comportamenti illeciti, e illustrato i sistemi per utilizzare più efficacemente i diversi tipi di social. “E’ stata una bellissima esperienza per i ragazzi ma anche per noi e, lo dico con un po’ di rammarico, abbiamo sperimentato di persona quanto i nostri giovanissimi siano maestri
nell’usare social e internet, senza però la giusta consapevolezza delle pericolosissime insidie in cui possono cadere – sottolinea Matteo Grossi, presidente della Sezione Servizi Innovativi e Tecnologici di Confindustria Firenze - spetta anche a noi imprenditori aiutarli a crescere anche nel mondo virtuale. Il successo ottenuto dalle lezioni nelle sei scuole fiorentine coinvolte ci fornisce tutto l’entusiasmo per ripetere l’esperienza anche il prossimo anno ed estenderla anche alle famiglie dei ragazzi”.
INTERNAZIONALIZZAZIONE, ACCORDO FRA SIMEST E CONFINDUSTRIA FIRENZE Sostenere l’internazionalizzazione delle imprese del territorio di Firenze, la loro presenza sui mercati internazionali e incrementare la realizzazione di investimenti imprenditoriali: siglato un accordo fra SIMEST e Confindustria Firenze. L’accordo consentirà di valorizzare le specifiche competenze di SIMEST a vantaggio delle aziende della provincia di Firenze. Finora SIMEST ha approvato 66 progetti di investimento per 1 miliardo e 800 milioni di euro di investimenti in partnership con aziende toscane, in 31 diversi Paesi, in vari settori tra i quali prevalgono: tessile/abbigliamento, agroalimentare, elettromeccanico/meccanico, legno/arredamento. A questi si aggiungono altri 20 progetti con il Fondo di Venture Capital. I finanziamenti hanno supportato 427 imprese toscane che hanno ricevuto il sostegno pubblico per 840 milioni di euro. Per maggiori informazioni sull’accordo www.confindustriafirenze.it
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CONFINDUSTRIA TOSCANA SUD
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Servono azioni rivoluzionarie per agganciare la ripresa Lo scenario industriale della Toscana sud, la mancanza di infrastrutture che penalizzano l’attrattività del territorio. Semplificazione amministrativa, finanza, lavoro e produttività le risposte contro la crisi di Giulia Maestrini
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iamo alla canna del gas”. Non usa mezzi termini, il presidente della delegazione senese di Confindustria Toscana Sud, Paolo Campinoti, per delineare lo scenario industriale del proprio distretto. Perché nonostante i dati incoraggianti che arrivano a livello nazionale – tanto dall’Istat che vede segnali di ripresa, quanto dagli effetti del ‘Jobs Act’ che fanno segnare, a fine aprile, 159mila nuovi occupati – nelle terre di Siena
ancora soffia una brezza gelida. Colpa della decennale e incancrenita assenza di infrastrutture che limitano l’attrattività del territorio nei confronti, soprattutto, degli investimenti stranieri e colpa di una crisi locale che si è sommata a quella nazionale, generando un mix soffocante. E’ il momento, dunque, di guardare avanti. Non soltanto a parole, ma con azioni innovative e condivise, allo scopo di attrarre investimenti e fre-
nare il processo di deindustrializzazione del territorio. In questa direzione si è già mossa la delegazione senese di Confindustria, individuando tre tematiche principali su cui vale la pena attivare una riflessione: semplificazione amministrativa, finanza, lavoro e produttività. Il primo passo è stato tracciato lo scorso 20 maggio, nel corso di un convegno cui hanno partecipato anche i vertici confederali nazionali di Cgil e Cisl. Perché al centro di tutto
c’era la principale proposta che Confindustria sta mettendo sul tavolo: l’applicazione della contrattazione di secondo livello che potrebbe rappresentare uno strumento in grado di favorire maggiormente la tenuta e lo sviluppo del sistema, individuando nuove forme organizzative e consentendo le deroghe sugli aspetti gestionali del rapporto di lavoro. La realizzazione di un accordo quadro – che soddisfi le esigenze di efficienza e
CONFINDUSTRIA TOSCANA SUD competitività delle imprese senza tralasciare, al contempo, le aspettative dei lavoratori riguardo ai livelli retributivi – potrebbe intervenire con particolare efficacia in un contesto produttivo come quello senese, caratterizzato principalmente dalla presenza di piccole e medie imprese che sentono l’esigenza di recuperare adeguati livelli di produttività per far fronte alla crisi prolungata e alle ostiche condizioni di mercato. E potrebbe tracciare linee guida comuni, definendo una ‘cornice’ per la realizzazione dei singoli accordi aziendali. Presidente Campinoti, insomma il quadro senese non è roseo… “In tutta Italia, ma principalmente a Siena, ci servono azioni rivoluzionarie: senza scelte coraggiose rischiamo davvero di ritrovarci senza un futuro”. Siena sta pagando il proprio passato? “Quello che negli anni è stato l’effetto positivo del Monte dei Paschi, oggi al contrario può essere dirompente: il territorio non è abituato a vivere all’interno di una logica di mercato perché è sem-
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pre cresciuto e si è sviluppato in una condizione ‘drogata’ dal benessere e dal flusso di finanziamenti. Ne abbiamo goduto fino a poco tempo fa, ma oggi quell’impostazione mentale può essere un limite: ci ritroviamo in una realtà cui non siamo abituati”. Qual è la soluzione? “Per ora non l’abbiamo trovata, non abbiamo ancora trovato la forza di reagire. Forse perché una parte della società e della classe dirigente pensa ancora che ci sarà un miracolo e che tutto tornerà come prima. Non siamo ‘mentalizzati’ a cambiare passo; probabilmente ci sarà bisogno di un forte choc”. Eppure i dati nazionali iniziano a delineare uno scenario più ottimista… “A Siena esistono situazioni ormai croniche – penso all’assenza di infrastrutture – o che nel tempo si sono aggravate. Quindi, se anche inizia ad affacciarsi una ripresa, è ancora molto difficile che qualcuno scelga Siena per venire a investire, soprattutto dall’estero. Questo mi rende pessimista. Nessuno può farcela da solo, ecco perché è fondamentale attuare strate-
È il momento di scelte coraggiose solo così sarà possibile avviare nuovi percorsi gie di sistema”. A quali strategie si riferisce? “A quelle linee guida che abbiamo individuato anche nell’ultimo convegno. Un progetto reale di rilancio del nostro territorio deve fondarsi su un mix di interventi, in particolare produttività e lavoro, semplificazione amministrativa e finanza. Non è solo un punto che ci permette di essere competitivi, ognuno deve fare la propria parte. Credo che certe aperture, certe azioni, certi cambiamenti per noi siano ancora abbor-
Per un progetto reale di rilancio occorre un cambio di mentalità, che porti a superare gli ostacoli
dabili. E, in ogni caso, uno sforzo va fatto, quanto meno per non lasciare niente di intentato”. Una delle azioni individuate da Confindustria è proprio l’apertura di un tavolo con le parti sindacali – ma aperto anche ad altri attori del territorio, come università e amministrazioni locali – finalizzato al raggiungimento di un accordo quadro nella contrattazione di secondo livello. Perché è così importante? “Perché ci permette di risolvere problemi diversi e specifici per ogni azienda senza generalizzare. Al contempo, possiamo legare l’aumento della produttività e dei risultati a un corrispettivo aumento di retribuzione dei lavoratori. Capisco che da qualcuno può essere visto come un concetto ‘forte’, ma è l’unico modo per uscire dalla crisi e attirare capitali e investimenti. E’ impossibile parlare di aumenti di retribuzione in aziende che non fanno bene o che non presentano risultati. E’ difficile, è vero, ma è uno sforzo comune che dobbiamo fare tutti quanti”.
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CONFINDUSTRIA LIVORNO
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Behavior Based Safety La sicurezza basata sui comportamenti: un approccio alla prevenzione basato su una “crescita culturale condivisa”. Un seminario organizzato da Confindustria Livorno mette in luce le “Best Practice”, messe in pratica da alcune aziende della provincia
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a Behavior Based Safety trova le sue origini nella «Behavior Analysis», una branca della psicologia che, analizzando il comportamento umano, cerca di trovare delle soluzioni ad alcuni problemi reali e, in particolare, a quelli legati alla sicurezza sul lavoro. Secondo la definizione, la metodologia BBS, acronimo di Behavior Based Safety, osserva e misura il comportamento dei lavoratori potenzialmente non sicuro, individuando le attività da monitorare all’interno dei principali processi gestionali di un’azienda e focalizzandosi sulle possibilità di migliorare quelli più critici. Già dagli anni ’30, le statistiche dimostrano che circa il 90 per cento degli incidenti, verificatisi sul posto di lavoro, sono causati da una serie di comportamenti errati, posti in essere dal lavoratore stesso. I principi fondamentali della BBS “catalogano” i comportamenti in tre gruppi: COMPORTAMENTO CRITICO: atteggiamento mentale tale da esporre il lavoratore al rischio di infortuni; C O M P O RTA M E N T O A RISCHIO: qualsiasi attività che, in relazione a come viene svolta, espone al rischio di infortunio; COMPORTAMENTO SICURO: operare nel rispetto del-
le procedure, socialmente e aziendalmente accettate per agire in sicurezza. L’approccio innovativo della BBS è quello di lavorare sull’osservazione della modalità con cui viene svolta un’attività. Differentemente dai sistemi tradizionali, non agisce su condizioni strutturali o organizzative ma su ciò che è la causa reale dell’incidente, e cioè il comportamento umano. L’osservazione del comportamento viene analizzata dai lavoratori dello stesso livello, stimolati così a confrontarsi, e non rilevata dai Responsabili della Sicurezza, secondo gerarchie aziendali, con un collaterale miglioramento del clima aziendale, della produttività e dei rapporti interpersonali. Il processo BBS è costituito dalle seguenti tappe fondamentali: 1. identificazione, elenco e classificazione di comportamenti a rischio: tale attività porta alla definizione della specifica check-list basata sui dati storici dell’azienda; 2. rilevazione dei comportamenti sul posto di lavoro SICURI ed A RISCHIO, svolta da risorse interne appositamente formate al fine di osservare le attività lavorative e favorire il loro svolgimento in accordo con gli standard di sicurezza;
3. identificazione del comportamento critico da affrontare, analisi delle cause e definizione delle azioni correttive; 4. applicazione delle azioni correttive per migliorare il comportamento. E’ il comportamento umano il fattore ultimo che può sensibilmente ridurre, se non azzerare, gli incidenti sul lavoro: riconoscere i comportamenti sicuri, eleggerli ad esempio ed incoraggiarli è uno degli aspetti fondamentali del processo. I comportamenti a rischio non devono essere repressi bensì analizzati per indagarne le cause e trovare delle soluzioni di miglioramento. Il ruolo dell’Azienda è decisivo in quest’ultima fase, la quale deve fortemente promuovere l’adozione di comportamenti sicuri nel quotidiano, fondamentali per lo sviluppo di cultura della sicurezza e la diffusione delle buone pratiche di prevenzione e riduzione dei rischi. Il 24 marzo u.s. Confindustria Livorno, in collaborazione con le aziende associate Eni, Solvay e Termisol Termica, ha organizzato un seminario, con l’obiettivo di divulgare la cultura della Sicurezza basata sui comportamenti come forma di eccellenza e come elemento aggiuntivo di crescita
culturale e di miglioramento continuo nell’ambito. Lucia Ginocchi, responsabile dell’area sicurezza ed ambiente di Confindustria Livorno, ha aperto i lavori illustrando i principi generali e i fondamenti del metodo. A testimonianza del proprio impegno ed dell’interesse su questi temi, sono successivamente intervenuti Mariam Massri, RSPP di Solvay Rosignano, Iacopo Rainaldi, RSPP di ENI Livorno ed Emanuele Aliotta, RSPP di Termisol Termica. Elemento comune dei tre interventi è stato quello di dimostrare l’efficacia del metodo BBS: la riduzione del numero di infortuni a mediolungo termine è il risultato più evidente dell’applicazione di questo metodo. “La crescita culturale condivisa” nell’ambito della Sicurezza è l’obiettivo ultimo dell’approccio BBS. E affinché ciò avvenga, l’Azienda in primis deve agire prontamente investendo su un’intensa attività formativa e stimolando la consultazione e la partecipazione di tutti gli “attori della Sicurezza”. Per informazioni contattare l’Area Sicurezza ed Ambiente di Confindustria Livorno: Ing. Lucia Ginocchi, tel 0586/263023; email: ginocchi@confindustrialivorno.it.
IES | aprile-giugno 2015 | Pagina 58
CONFINDUSTRIA LUCCA, PISTOIA, PRATO
Lucca, Pistoia e Prato: quando l’industria diventa patrimonio di tutti Tre esperienze in cui le vocazioni produttive si diffondono fuori dalla fabbrica
(Lucca) “Il seme dell’Altissimo” a Expo 2015
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n connubio inscindibile del fare industria e arte. Una capacità continua di rinnovamento, un legame strettissimo con il suo territorio e l’unicità dei suoi giacimenti, nel monte Altissimo, e della sua storia. Dalla sua costituzione, nel 1821, ad oggi, Henraux ha tracciato nel settore del marmo un percorso di sola eccellenza. La bellezza, la preziosità e l’alto valore intrinseco, artistico e culturale del marmo sono rappresentati all’Expo2015 da “Il Seme dell’Altissimo” di Emilio Isgrò, realizzato con marmo bianco del
Monte Altissimo. E’ un seme maestoso quello di Isgrò, sviluppato per un miliardo e cinquecento milioni di volte rispetto alla sua misura in origine, una scultura di sette metri d’altezza realizzata in marmo bianco, prezioso lapideo frutto delle Apuane. E’il simbolo con cui Henraux, sponsor ufficiale di Expo2015, intende dialogare con il mondo intero tramite la bellezza, l’arte e la sua poesia. L’opera, realizzata con l’ausilio delle maestranze dell’azienda e l’utilizzo dei sistemi di produzione più avanzati, è installata nell’accesso principale, Gate Ovest, dell’Expo Center e, in questa posizione privilegiata, accoglierà i milioni di visitatori che giungeranno a Milano da tutte le parti del mondo. “Il nostro fare impresa è fare cultura”. Dichiara Paolo Carli,
Presidente di Henraux Spa. “Desideriamo, nel segno del passato, contribuire alla storia. Per questo, in arte, in architettura e nel design diamo vita ad un’attività imprenditoriale di respiro internazionale. Il senso più alto del nostro lavoro è la ricerca delle espressioni creative maggiormente rispondenti al marmo, materiale scultoreo per eccellenza. Il Monte
Altissimo è un importante comprimario di quel genio dell’uomo che costruisce bellezza. Da qui inizia la nostra storia, da qui nascono le storie delle opere che parlano di noi. E oggi con“Il Seme dell’Altissimo” è germinata, dal genio di Emilio Isgrò, una nuova straordinaria scultura in marmo che presentiamo al mondo intero ad Expo2015”.
CONFINDUSTRIA LUCCA, PISTOIA, PRATO
IES | aprile-giugno 2015 | Pagina 59
(Prato) Expo 2015, il tessile di Prato per la solidarietà
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(Pistoia) Un filo di pasta: anche così si narra un territorio
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ccupa 400 addetti, con un valore aggiunto di 30 milioni di euro e ricavi per 156; è il comparto pistoiese della fornitura di tecnologie e materiali per il processing e il packaging. Settore produttivo fortemente orientato al futuro, ma decisamente legato anche alla tradizione produttiva locale; e con l’intenzione di far conoscere una filiera unica al mondo. E’ in omaggio ad essa che un gruppo di queste imprese pistoiese, dedite alla produzione di trafile per pasta e macchinari di packaging, oltre ad un pastificio, hanno
dato luogo ad un concorso con le scuole: Anico, Landucci, e Ricciarelli, ed il Pastificio Chelucci hanno permesso agli studenti pistoiesi di ideare trafile, packaging ed innovativa comunicazione, facendoli accedere nei loro stabilimenti e realizzare, affiancati dai tecnici delle aziende, originali prototipi. Il territorio ha fortemente influenzato le giovani menti: e se è uscita la “Pasta San Giovanni” (la cui forma richiama i motivi della romanica chiesa pistoiese), sono state prodotte trafile – e pasta – riferite a Pinocchio ed agli altri personaggi della fiaba. E le bugie diventano cibo; premiato lo slogan “Non dire le bugie: mangiale!” Forte quindi il richiamo a Pinocchio, nell’anno in cui ad Expo il burattino è testimonial della Toscana.
d Expo 2015 c’è anche il tessile di Prato: l’Unione Industriale Pratese è infatti sponsor tecnico del progetto Patch for Future promosso da Symbola – Fondazione per le qualità italiane in collaborazione con la KIP International School e veicolato dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Patch for Future ha ottenuto anche il patrocinio della stessa Expo 2015 e del Ministero dell’ambiente. L’iniziativa si definisce “un’opera collettiva di immaginazione del futuro” rivolta ai cittadini ed in particolare alle giovani generazioni. Sui ritagli di tessuto pratese saranno scritte frasi o disegnate immagini che rimandano ad idee, sogni e ambizioni riguardanti il
futuro. Sono chiamati a partecipare 6 milioni di studenti della scuola dell’obbligo, coinvolti dal Ministero dell’istruzione, e tutti i visitatori di Expo, dove Kip International School ha un suo stand. I ritagli, divenuti così messaggi per la costruzione di un futuro migliore, serviranno ad acquisire, attraverso il sito del progetto, contributi per le attività di Kip International School. Questa organizzazione promuove la diffusione delle conoscenze, delle innovazioni, delle politiche e delle pratiche territoriali coerenti con la Piattaforma del Millennio delle Nazioni Unite, in collaborazione con alcune delle principali organizzazioni delle Nazioni Unite fra cui FAO, ILO, UNHCR, UNICEF e UNESCO. Una selezione dei messaggi andrà invece a costituire, al termine di Expo, un’installazione dell’artista italo-iraniano Howtan Re, ideatore dell’iniziativa. Per saperne di più: www.patchforfuture.com
PINOCCHIO AMBASCIATORE AD EXPO DEL BUON VIVERE TOSCANO Pinocchio è legato a quel lembo di territorio che unisce le province di Pistoia e di Lucca; a Collodi infatti l’autore del famoso libro per bambini passò la sua infanzia e nel parco di “Pinocchio” gestito dalla Fondazione Nazionale Carlo Collodi sono raccontate le vicende dello scanzonato burattini. Oggi Pinocchio ha un compito importante: a lui l’onore e l’onere di rappresentare la Toscana nel Padiglione Italia di Milano Expo 2015, evocando il buon vivere della Toscana tra enogastronomia, storia, cultura, paesaggio e creatività. Un ambasciatore ideale, noto nel mondo forse più di quanto non riusciamo ad immaginare. «Ero più famosissimo anche di Pinocchio!» con questa frase Forrest Gump definisce se stesso, nel film cult che ha affascinato milioni di spettatori. E che la dice lunga sulla fama del nostro amico di legno.
Via Mantellini, 2/b - Fiesole Tel. 055/599595
CONFINDUSTRIA MASSA CARRARA
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Un nuovo capitolo per l’economia di Massa Carrara Un accordo di programma per superare conflittualità e chiusure, e costruire nuove prospettive tangibili
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assa Carrara si prepara ad una svolta: da qualche tempo il clima che si respira nelle associazioni e negli incontri tra operatori e amministratori è diverso; non si recitano più soltanto litanie sulla crisi e sulla difficile situazione economica, non ci si piange addosso, ma si mettono a fuoco progetti che prefigurano un’inversione di rotta. Pur persistendo sacche di crisi (artigianato, edilizia, piccola distribuzione…), si avverte uno spirito nuovo, è tangibile la voglia di scrollarsi di dosso la rassegnazione alle vecchie politiche assistenziali. L’Associazione Industriali sta concentrando i propri sforzi per assecondare quello che si annuncia come un nuovo capitolo della storia locale. I progetti di cui si parla con crescente insistenza sono legati alle competenze professionali e alle caratteristiche distintive della nostra area e questo “ancoraggio” accresce la fiducia nella scommessa collettiva. C’è di più, ci sono impren-
ditori di altre zone che guardano con interesse alla zona industriale e vogliono trasferire/realizzare qui le proprie attività attirati dall’originale combinazione di dotazioni logistiche: una maglia di strade molto ampie, accesso diretto al porto, scalo merci e collegamento alla rete autostradale. Negli ultimi anni la reindustrializzazione aveva come protagonisti la nautica e le attività di supporto alle commesse di Nuovo Pignone, le nuove manifestazioni di interesse vengono ora da settori complementari. Le aree disponibili non sono molte e su una parte di queste gravano ancora i vincoli delle bonifiche, ma qualcosa si sta muovendo. Oltre ai già svelati progetti della cantieristica e della moda, al dinamismo imprenditoriale che traspare dal recupero delle aree ex Eaton, le novità più interessanti riguardano il settore lapideo che – sebbene stia vivendo un duro confronto con la Regione a tutela di legittimi interessi – mostra segni di grande vitalità e dove si stanno realizzando importanti
investimenti per il rilancio delle fasi di lavorazione dei marmi locali. I piazzali una volta dedicati esclusivamente alla commercializzazione dei blocchi lasciano il posto a moderni show room nei quali architetti e progettisti selezionano le lastre una per una, sbocciano laboratori dove schiere di giovani manovrano scanner e robot per realizzare oggetti di design valorizzando il marmo e declinandolo in molteplici forme. Tutto questo sicuramente è favorito dalla spinta dei mercati esteri che le imprese di Massa Carrara affrontano con particolare caparbietà, e dall’allentamento di alcuni vincoli sul fronte del credito e del lavoro mentre restano da sciogliere, a livello locale, i nodi più stretti:“liberazione”delle aree per insediamenti produttivi, decoro della zona industriale, certezza amministrativa, conflittualità negli atteggiamenti collettivi. La sfibrante lentezza delle procedure per la definizione dei piani urbanistici ingessa il territorio e blocca incomprensibilmente
progetti ambiziosi e non soltanto nel settore manifatturiero, un esempio per tutti il recupero delle colonie marine. La sottoscrizione di un apposito Accordo di programma tra Mise, Regione, Autorità Portuale ed Enti Locali offre strumenti e risorse per la prevenzione del dissesto idrogeologico e per le bonifiche delle aree dai vincoli Sin; interventi specifici sono previsti anche per migliorare l’accesso al porto (binari direttamente sulle banchine, rivitalizzazione trasporto merci su ferro, e dragaggio dei fondali). E’ molto importante che tutti gli attori locali siano convinti dell’importanza di questi progetti e che si faccia tutto il possibile per non strocare la ripresa sul nascere. E’ presto per affermare che è iniziato un nuovo capitolo dello sviluppo locale ma se si vuole davvero scriverlo, Massa Carrara dovrà mettere da parte la conflittualità interna e scrollarsi di dosso le chiusure amministrative per utilizzare al meglio bene le risorse dell’AdP.
IES | aprile-giugno 2015 | Pagina 62
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