Ies Industria e Sviluppo n.3 2013 - I nuovi industriali, quelli della globalizzazione

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ies Industria e Sviluppo

ANNO V - N. 3 luglio-settembre 2013

trimestrale di informazione, opinione, economia, impresa Confindustria Arezzo, Firenze, Grosseto, Siena

DALLE TERRITORIALI Arezzo Crescere si può, si deve! Firenze Un format con la regia del Presidente Grosseto Credit Crunch, Credit Funds: cosa serve alle imprese Siena La Toscana del Sud verso l’Expo 2015

I NUOVI INDUSTRIALI QUELLI DELLA GLOBALIZZAZIONE GIAN GIACOMO GELLINI Carpe diem… ma che sia quello giusto ALBERTO DI MININ La scommessa? Nuove strade per lo sviluppo

LUCA ROSSETTINI Con la crisi resta chi cresce




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Direttore responsabile: Annarosa Pacini apacini@iesindustriaesviluppo.com Comitato di redazione: Simone Bettini, Sandro Bonaceto, Antonio Capone, Cesare Cecchi, Andrea Fabianelli, Massimiliano Musmeci, Piero Ricci, Mario Salvestroni

SOMMARIO 7

Conoscenza e digitale: la via verso l’impresa globale

Coordinatore editoriale: Furio Massi Redazione: Luisa Angioloni (Arezzo), Simona Bandino (Firenze), Rossella Lezzi (Siena), Franco Passarini (Grosseto) Hanno collaborato a questo numero: Maurizio Abbati, Pino Di Blasio, Mauro Bonciani, Mattia Cialini, Marco Magrini, Francesco Massignani, Giuseppe Nigro, Silvia Pieraccini, Paolo Vannini

COVER STORY 8

Carpe diem… ma che sia quello giusto 10

La scommessa? Nuove strade perlo sviluppo

Impaginazione, grafica e foto: Franco Passarini

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Direzione e redazione: Confindustria Grosseto, viale Monterosa 196, 58100 Grosseto, redazione@ iesindustriaesviluppo.com

Con la crisi resta chi cresce

Editore: Assoservizi Toscana Sud Rete d’Imprese. Via Roma, 18 - 52100 Arezzo Stampa: Soluzioni per la Stampa Srl, Corso Carducci 34, Grosseto Registrazione: Tribunale di Grosseto n. 1/2009 del 26.03.2009

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EDITORIALE

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Giovani industriali: gli imprenditori dell’oggi 18

Quello scatto che cambia le cose 22

Fare impresa: tutte le frecce nell’arco dei giovani 26

Globalizzazione: la grande sfida TERRITORIALI 30 FIRENZE Un format con la regia del Presidente

36 SIENA La Toscana del Sud verso l’Expo 2015

42 AREZZO Crescere si può, si deve!

PUBBLICITÀ: per informazioni e prenotazioni di spazi pubblicitari su “IES - Industria e Sviluppo” rivolgersi a: redazione@iesindustriaesviluppo. com tel. 339.6908960

48 GROSSETO Credit Crunch, Credit Funds: cosa serve alle imprese


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EDITORIALE

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di Marco Magrini, giornalista

Conoscenza e digitale: la via verso l’impresa globale

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gni quanti anni andrebbe riscritto un manuale di management? La domanda è lecita. Negli ultimi cento anni lo scenario competitivo si è trasformato continuamente, ma con una straordinaria accelerazione negli ultimi trenta: nel 1983, la Cina non si era ancora convertita al capitalismo, viaggiare in aereo costava una fortuna, i personal computer erano primordiali e il Web doveva ancora nascere. Alla fine di questo trentennio, per certi versi esaltante, il cambiamento è così profondo da risultare addirittura incessante. Il mondo è entrato compiutamente nell’Economia della Conoscenza, dove il sapere, ma anche il saper maneggiare un’alluvione di informazioni, sono il sale e il pepe di una competizione davvero globale. Con le idee giuste, un forte spirito d’innovazione e con le lenti di una visione globale, un’impresa – per quanto piccola o remota – può avere opportunità commerciali che trent’anni fa erano impensabili. Certo, innumerevoli modelli di business sono stati spazzati via dalla concorrenza cinese, dai computer e da Internet. Ma le opportunità si sono moltiplicate. Un po’ per l’accesso a mercati che un tempo parevano irraggiungibili. Ma soprattutto grazie alle tecnologie dell’informazione che, oltre a moltiplicare i frutti di una ricerca scientifica che si avvale dell’interscambio planetario fra le materie grigie, hanno

ribaltato in un batter d’occhio i vecchi paradigmi: beni e servizi possono essere sviluppati, comprati, venduti (e in molti casi anche spediti) attraverso i network digitali. La dislocazione geografica può essere strategica, come accadeva molti anni fa. Ma, in molti casi, può anche essere irrilevante. La Silicon Valley, l’epicentro della tecnologia mondiale alle porte di San Francisco, parrebbe dimostrare il contrario. Basta vedere Facebook che, nata nel 2004 nel Massachusetts, nel 2011 si è trasferita lì, armi e bagagli, per non perdere il passo con Google e Yahoo. Qualsiasi policymaker del mondo vorrebbe avere una Silicon Valley a casa propria, non foss’altro per i posti di lavoro e le entrate fiscali che produce. Eppure, tutti quelli che ci hanno provato con un certo successo (da New York a Tel Aviv) hanno visto che non è così semplice. La ricetta però, lo sarebbe. Basta far soffriggere un po’ di buone idee in un recipiente che contenga un paio di prestigiose università, al fuoco di una rete di venture capital che finanzia le iniziative più coraggiose. Cospargere di talenti che arrivano da tutto il mondo, marinati nella prospettiva di diventare ricchi in fretta. E infine servire sul piatto caldo (guai se è freddo!) dell’innovazione tecnologica. Una ricetta che, in teoria, è replicabile ovunque. Anche in Toscana. Alla quale, sulla carta, mancherebbe solo la capacità

di attirare giovani da tutto il pianeta verso i suoi poli universitari. Certo, a Firenze non ci sono le più grandi case di venture capital del mondo, come accade a sud-est di San Francisco. Ma al giorno d’oggi alle idee, se buone per davvero, non sfuggono i capitali necessari per partire. Gli esempi abbondano. Da Malta alla Finlandia, da Taiwan all’Indonesia, dal Brasile al Sudafrica, la marcia delle startup ha assunto ritmi incessanti. Per definizione, molte non centrano l’obiettivo e scompaiono. Però tante riescono a scavarsi una nicchia dove sopravvivere e poi magari prosperare. Il mercato è più competitivo che mai. Però è un mercato solo, globale. «Una volta – dice l’imprenditore e consulente aziendale Robert Poole – l’impresa nasceva locale e poi, se era il caso, allargava il suo raggio d’azione. Oggi, con la giusta mentalità, può permettersi di aspirare ad essere globale dal primo giorno». Il genere umano non ha mai posseduto un mezzo potente come il Web, per la conoscenza e la diffusione delle idee. Nessuno, neppure Isaac Newton o Steve Jobs, ha mai inventato qualcosa senza conoscere le invenzioni degli altri. Così, le nuove opportunità sono enormi. Basta non far troppo affidamento su quel vecchio manuale di management. Perché nel mondo digitale e globalizzato, viene riscritto ogni anno. Se non, addirittura, ogni giorno.


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COVER STORY / I NUOVI INDUSTRIALI, QUELLI DELLA GLOBALIZZAZIONE

Carpe diem… ma che sia quello giusto Conoscere, investire, allargare gli orizzonti. Per avere successo nel mondo non c’è una ricetta perfetta ma chi non si muove affonda. Intervista a Giacomo Gellini, presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria Toscana di Pino Di Blasio, caposervizio interni ed economia regionale “La Nazione”

«

N

on stanno meglio o peggio delle altre aziende, quelle che vedono al timone o nei posti strategici i giovani industriali toscani. L’età conta poco in questo momento. E le imprese più verdi riflettono lo stato di salute dell’economia generale. Utili o perdite dipendono dai settori; nel nostro gruppo di imprenditori toscani ci sono moltissime aziende che vanno bene, in particolare nel made in Italy e nell’information technology o nella telefonia. Altre, e metto anche qualcuna del mio gruppo, fanno molta fatica. Soprattutto quelle che devono lavorare con gli enti pubblici, che devono re-

alizzare infrastrutture o grandi opere. Il trend è al suo momento peggiore». Giacomo Gellini, 37 anni, presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria Toscana, usa come leva la diagnosi, prevedibile, sulla congiuntura delle imprese per dettare il decalogo della globalizzazione. La conquista di piccole fette di mercato nel pianeta per sopravvivere all’agonia del mercato interno. Quali sono le regole per avere successo nel mondo? «Partiamo da una premessa cruciale. A mio avviso le condizioni e i passaggi che elencherò sono necessari, ma non sufficienti per avere successo.

Rispettare questi comandamenti non basta per entrare nel paradiso dei mercati, emergenti o meno. Ma sono indispensabili per provarci almeno. Per bussare alle porte internazionali, sperando che si spalanchino». Da qualcosa bisogna pur cominciare per stilare decaloghi... «E allora partiamo dall’esperienza del gruppo Gellini, in particolare dalla Cab srl, marchio che si occupa di impianti per l’asfalto. Il mercato interno langue, la situazione nel settore dei lavori pubblici è pesantissima». Non vi aiuta il decreto per il pagamento dei debiti delle

pubbliche amministrazioni? «E’ accompagnato da grandi proclami, ma di concreto c’è ben poco. E poi sono cifre che rappresentano il 10 per cento del debito complessivo del settore pubblico. E’ vero che ‘piuttosto che niente meglio piuttosto’, ma quei soldi spettano alle aziende da anni. Altro problema, non ci sono grandi opere pubbliche all’orizzonte. E le banche, un tassello cruciale per chi deve realizzare infrastrutture, chiudono i rubinetti. Le imprese sono strette in una morsa, la situazione è grave in Toscana e nel resto d’Italia. Vanno bene solo le manutenzioni». Meglio scappare in Afri-


COVER STORY / I NUOVI INDUSTRIALI, QUELLI DELLA GLOBALIZZAZIONE

ca, come ha fatto lei? «Sono contento di aver aperto la strada per l’Africa al mio gruppo. E’ un continente estremamente variegato, molto più eterogeneo dell’Europa. Le condizioni variano in maniera drastica da un Paese all’altro. Noi abbiamo puntato sul Ghana». Perché proprio il Ghana? «La scelta è nata per caso, mi affascinò una persona che parlava delle enormi prospettive di quel Paese. L’ho visitato e ho visto che c’erano le condizioni che potevano consentire un mercato. A cominciare dalla stabilità politica, senza che ci fosse un regime». Scusi, ma tanti economisti hanno partorito dogmi del tipo che «si fanno più affari con le dittature»... «E’ uno dei dogmi che la globalizzazione ha mandato in frantumi. La stabilità politica di un Paese deve essere autogenerata. I regimi sono stabili, ma in maniera forzata. E il loro destino è una fine violenta, repentina. Si fanno più affari nei Paesi dove la popolazione è felice. Io sono andato in Ghana per vedere come stava la gente». E cosa ha scoperto? «Che quel Paese ha tantissima acqua, grazie anche a una diga costruita dagli italiani dell’Impregilo in fondo al fiume Volta, la diga di Akosombo. Quel bacino dà acqua a tutto il Paese. E dove c’è l’acqua non c’è miseria, non c’è fame. Altra

Giovani Imprenditori di Confindustria Toscana partecipanti allo study tour California (9-17 marzo 2013)

Silicon Valley: conoscenza, università, un ambiente favorevole alla nascita delle imprese. In Italia un orizzonte ancora lontano regola fondamentale, se faccio fatica a mangiare è più facile che mi arrabbi e renda il Paese instabile. Terza condizione, una buona istruzione media dei ghanesi. In più c’è la ciliegina del petrolio, che ha portato ulteriore ricchezza. La sfida del Ghana è gestire bene i soldi che arrivano dal petrolio. Se il governo riesce a investirli in infrastrutture, tutto il Paese crescerà». Queste le condizioni di partenza. Lei che ha fatto? «Mi sono cercato un socio locale, un italiano che è lì da 35 anni. Abbiamo fondato una società che può partecipare agli appalti pubblici locali. Il nostro socio ha delle cave e una società di costruzioni edilizie, con il nostro impianto per la produzione dell’asfalto possiamo realizzare

qualsiasi infrastruttura. E’ il momento migliore, il Ghana ha un disperato bisogno di strade e di infrastrutture. E questa è un’altra regola d’oro per chi vuole investire negli altri Paesi: cogliere l’attimo giusto». Tutte le aziende che vanno all’estero seguono questo decalogo, a suo avviso? «Le cose che bisogna fare, razionalmente, sono quelle: conoscere il Paese, investire in quelli che hanno più potenziale e sfruttare il momento giusto. Sono le regole della buona globalizzazione, chi punta solo sull’export non ha certo bisogno di seguirle. Chi vuole investire deve avere anche una buona dose di fortuna. Bisogna guardare dentro un Paese con calma, non avere fretta. Se dovessi in-

Internazionalizzare: “a partire dall’idea, - osserva Gellini - vuol dire pensare a un’azienda che ha come orizzonte di mercato il mondo” Gellini ospite all’Italian Innovation Day 2013 – Mountain View

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Giacomo Gellini

vestire adesso in Ghana, probabilmente mi farei male». Tra le regole per i globalizzatori c’è anche qualcuna che ha imparato dalla missione dei giovani industriali nella Silicon Valley? «Più che per un discorso di internazionalizzazione, siamo andati nella patria della conoscenza. Alla base di un’impresa di successo deve esserci tanto sapere, altra condizione necessaria ma non sufficiente. La Silicon Valley è un territorio grande quanto il Valdarno, 50 chilometri per 15. Ma rappresenta la sesta economia del mondo in termine di Pil, è un concentrato straordinario di aziende che si fondano sulla conoscenza. Le chiavi di volta sono le due università, Stanford e Berkeley, che fanno da humus a un ambiente favorevole alla nascita delle imprese. Ingeneroso fare paragoni con l’Italia, dove invece ci sono troppi ostacoli, tra burocrazia e tasse, per creare aziende». E’ un modello replicabile? «No, ma puoi imparare tanto. A cominciare dal fatto che l’internazionalizzazione vuol dire pensare a un’azienda che ha come orizzonte di mercato il mondo. E’ vero che nella Silicon Valley ci sono aziende leggere, che lavorano in rete con tutto il pianeta. Ma ci sono anche imprese che producono materiali innovativi. E il loro mercato non è la California, ma tutto il resto del mondo».


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COVER STORY / I NUOVI INDUSTRIALI, QUELLI DELLA GLOBALIZZAZIONE

La scommessa? Nuove strade per lo sviluppo Contro la crisi, l’unica difesa è l’attacco. I giovani imprenditori sanno qual è il cambiamento necessario alle imprese: è il momento di passare all’azione di Silvia Pieraccini, giornalista “Sole 24 Ore”

“L

’input che è arrivato all’impresa toscana in questi anni è stato di salvare l’esistente, più che di scommettere su nuove strade di sviluppo. Si è fatta una politica di difesa, mentre si poteva osare di più sulle attività di business venturing e sulla creazione di nuovi posti di lavoro”. Alberto Di Minin, 36 anni, friulano, docente di Innovazione alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa – istituto che con i Giovani Imprenditori di Confindustria Toscana ha organizzato un percorso sull’innovazione dei modelli di business – guarda fuori dai confini regionali e vede iniziative di “attacco” alla crisi, come quella avviata dalla Regione Puglia che col programma “Bollenti spiriti” ha finanziato l’avvio di nuove imprese innovative, o quella del Trentino che ha puntato su nuovi posti di lavoro provenienti dalle attività di business venturing. Professor Di Minin, cosa si è sbagliato in Toscana? “Si è fatta soprattutto una politica di difesa. L’unico progetto di attacco che mi viene in mente è il finanziamento al 50 per cento, da parte della Regione Toscana, degli assegni di ricerca nel caso in cui l’Università trovi un partner industriale che finanzi il restante 50 per cento. Al Sant’Anna, in questo modo, abbiamo finanziato progetti di bio-robotica e di ingegneria fotonica, dai quali potrebbero nascere start up e posti di lavoro. Ci vorrebbero più progetti simili a questo, e meno finanziamenti a pioggia”. E’ troppo tardi per fare una politica di attacco? “Non è mai troppo tardi, si può partire adesso, anche se è indubbio che le imprese toscane, in questi anni, abbiano preso una bella botta: ma io sono ottimista per natura, anche perché vedo i giovani pieni di idee”. Idee da trasmettere alle imprese? “Il pregio degli imprenditori toscani, soprattutto quelli giovani con cui ho occasione di dialogare, è quello di non piangersi addosso


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e di sapersi interrogare sul cambiamento necessario alle imprese. L’interrogativo, l’ansia, il bisogno di fare qualcosa per aggredire la crisi, sono ben presenti nelle generazioni dei giovani imprenditori. Magari quello che poi manca alle aziende toscane è la capacità di riuscire a mettere in pratica i progetti, di passare alla fase di implementazione”. Come dire che non si riesce a passare dalle parole ai fatti: perché? “Per problemi interni ed esterni all’impresa. Sul fronte interno, le imprese tendono ancora a ragionare in un’ottica di innovazione incrementale, mentre le attività di business venturing richiedono un vero e proprio strappo. Faccio un esempio: se un’azienda produce serramenti, può pensare di applicare quella stessa tecnologia a un altro settore. Significa attuare un cambio di passo, non incrementale ma discontinuo. E questi casi, in Toscana, sono più unici che rari”. E i problemi esterni all’impresa? “E’ l’’ecosistema’ toscano che non sempre fornisce alle aziende le professionalità adeguate: mi riferisco sia alle banche che ai consulenti, strategici, per l’internazionalizzazione o per il trasferimento tecnologico. Nel momento in cui l’imprenditore trova il coraggio di fare il salto, dovrebbe avere

vicino un sistema che lo aiuta. Invece i nostri distretti industriali non sono abituati ad avere queste competenze per supportare l’innovazione incrementale. Anche se qualche operazione in vista c’è, e punta a fornire finanza alle aziende per progetti più ‘coraggiosi’. E anche le Università toscane si stanno attrezzando un po’ meglio, con servizi per tradurre scienza e tecnologia in un linguaggio comprensibile alle aziende”. E’ l’antica promessa di avvicinare l’Università alle aziende? “Io sono convinto che sia le Università che le aziende debbano diventare più ‘spugnose’ l’una nei confronti dell’altra, nel senso che devono costruire rapporti e interfacce migliori. Anche perché oggi le Università e i centri di ricerca toscani stanno lavorando molto con aziende che non sono toscane. Al Sant’Anna abbiamo un’intera palazzina costruita dalla Ericsson, con cui c’è una partnership da diversi anni; Telecom finanzia borse di studio per dottorati industriali”. Sarebbe troppo facile obiettare che lei sta parlando di grandi aziende, quando il sistema toscano è formato al 95 per cento da Pmi... “E qui veniamo al tema delle dimensioni aziendali: è indubbio che per fare ricerca esista un

Piccolo non è più bello: per competere e sopravvivere bisogna diventare grandi

Nel momento in cui l’imprenditore trova il coraggio di “fare il salto”, dovrebbe avere vicino un sistema di competenze in grado di supportarlo problema dimensionale, perché serve una dimensione minima per fare investimenti. E il sistema industriale toscano, ma anche quello italiano, è indietro rispetto alle aggregazioni in atto a livello internazionale, che peraltro consentono l’accesso alle catene di distribuzione globale. La colpa non è di nessuno, è la storia che ha prodotto questo”. E dunque ha senso, secondo lei, continuare a dire che le aziende devono aggregarsi e diventare più grandi? “Assolutamente sì, ma lo Stato deve creare un programma di politica industriale che faciliti i progetti di aggregazione. Non è facile, e non è gratuito, nel senso che le aggregazioni spesso portano a esuberi di posti di lavoro. Ma non abbiamo scelta, perché se non lo facciamo il destino è di essere comprati dagli stranieri: e, infatti, la Toscana, col suo saper fare, è terreno di caccia per l’acquisto di marchi. Dev’essere chiaro, in ogni caso, che quello delle dimensioni aziendali è un problema europeo:

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Alberto Di Minin

non siamo i soli, in Italia, a riflettere su queste cose”. In attesa di diventare più grandi, cosa possono fare le aziende toscane? “Dovrebbero porre con più forza una domanda di innovazione: se nei bandi regionali o nazionali si dessero titoli preferenziali alle Pmi innovative, alle spin off accademiche di cui la Toscana è piena, ai soggetti imprenditoriali nuovi, si potrebbe avere una spesa pubblica più ‘smart’. E più possibilità di crescita”. Anche nei nostri cari, tradizionali distretti? “I distretti sono tutt’altro che morti, e in Toscana non possiamo certo farne a meno: ma devono trovare le loro specificità nell’ambito di catene globali del valore. Guardiamo cos’è successo alla concia di Santa Croce sull’Arno: chi l’avrebbe mai detto nel 2008, ai tempi del crollo di Lehman Brothers, che il distretto si sarebbe inserito nelle filiere internazionali della pelle, e sarebbe diventato quel che è oggi?”.


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Con la crisi resta chi cresce Eccellenza, innovazione, flessibilità e conoscenza sulla strada del mercato globale. No al mito dei “cervelli in fuga”, eppure per i giovani in Italia ancora troppi ostacoli di Mauro Bonciani, giornalista “Corriere Fiorentino”

L

uca Rossettini è cofondatore e ceo della D-Orbit, ed è stato scelto da Confindustria Firenze per parlare dal palco del Teatro Comunale durante l’Assemblea annuale, per sottolineare che eccellenza ed innovazione possono e devono essere strategici per il manifatturiero e non solo. DOrbit è una start up del settore spaziale, nata nel 2011 che oggi è ospitata nell’incubatore tecnologico dell’Ateneo di Firenze a Sesto Fiorentino ed impiega tredici persone, sei delle quali a tempo pieno. E che ogni giorno fa i conti con la globalizzazione e i suoi vantaggi.

Rossettini, la vostra è una storia imprenditoriale nata da un’idea. “Sì. Tutto è cominciato da un progetto che poi è diventato un business plan e quindi ha trovato finanziatori. D-Orbit è una start up che si propone di firmare i primi contratti nel 2015, ma forse anche prima. L’idea è quella di un sistema che faccia rientrare in orbita i satelliti a fine vita o con avarie, distruggendoli senza rischi e problemi per le persone e l’ambiente. L’idea è nata nel 2008, quando si discuteva di questo problema solo a livello accademico, poi una serie di incidenti, con satelliti precipi-

tati anche in zone abitate, hanno fatto capire che servivano soluzioni e si è aperto questo settore. Un ambito giovane nel quale le grandi aziende e le agenzie spaziali si muovono ancora con lentezza e rigidità e quindi dove le start up hanno possibilità”. Per voi la globalizzazione è l’unico scenario? “In Italia e anche in Europa non esiste quasi un mercato aerospaziale e il mercato Usa e mondiale è l’unico orizzonte. La globalizzazione per noi non è una scelta, è una strada obbligata. Sia io che Renato Panesi, l’altro cofondatore, veniamo da esperienze all’estero, da studi

nella Silicon Valley in California, con conoscenze con Nasa e Esa, l’ente spaziale europeo, ma abbiamo scelto di venire in Italia per la nostra impresa”. Perché l’Italia e non gli Usa? “Mi sono fatto una semplice domanda: di cosa ho bisogno? E la risposta è stata che la prima cosa sono i cervelli. Gli italiani sono intelligenti e flessibili, più degli anglosassoni che sono specializzati e quindi rigidi, e anche se sapevo che ci sarebbero stati problemi ho deciso di tornare in Italia e siamo venuti in Toscana. Alla scelta ha contribuito il patrimonio di pri-


COVER STORY / I NUOVI INDUSTRIALI, QUELLI DELLA GLOBALIZZAZIONE

mo ordine di conoscenze spaziali del nostro Paese che è stato il terzo al mondo a lanciare un satellite, e ha una solida rete di aziende nonostante il mercato sia di nicchia. La scelta di venire in Italia è del 2010 e già nel 2011 abbiamo fondato D-Orbit: negli Usa ci sarebbe voluto lo stesso tempo, ma certo avremmo avuto finanziamenti dieci volte superiori a quelli che abbiamo ricevuto qui”. A chi vi siete rivolti per i finanziamenti? “Una start up, senza fatturato e bilanci, non è certo il settore tradizionale delle banche e quindi non ci siamo rivolti alle banche, anche se poi parlando con alcuni manager ci è stato detto che anche loro hanno interesse a cambiare approccio e investire in idee. Ci appoggia un venture capital, un fondo di rischio, italiano. L’ecosistema delle imprese italiane del settore ne ha pochissime di hardware e così in poco tempo abbiamo trovato l’interlocutore giusto, fermo restando che i fondi di rischio in Italia investono cifre molto più basse degli analoghi fondi statunitensi. In Usa la competizione è fortissima e c’è una grande offerta, non solo una grande domanda, con fondi molto più consistenti che possono per-

mettere un più rapido sviluppo; noi come stranieri avremmo avuto però qualche difficoltà in più ad operare in un settore che può riguardare anche la difesa”. Nessuno vi ha considerato poco, in Usa, perché giovani? “Assolutamente nessuno. E’ qui in Europa che esiste questa tendenza. Lì si viene valutati per il progetto, per la sua fattibilità e finanziabilità, per cosa si fa e come, per il business plan; nessuno ti chiede l’età, né da quanto esisti. Ti giudicano e ti danno una possibilità, basandosi poi sul merito dei tuoi risultati”. Lei è tornato in Italia: cosa consiglia ai giovani? Ed è stato un “ritorno di cervelli”? “Questa dei cervelli è un luogo comune. Tutti gli italiani non vedono l’ora di lavorare in Italia, il problema è di rendere attrattivo il Paese, di far sì che gli stipendi non siano più bassi che all’estero, che chi torna con un’esperienza manageriale anche importante, chi è stato dirigente, non debba poi tornare indietro nella scala gerarchica perché il merito non è tenuto nella giusta considerazione. Detto questo, considero indispensabile un’esperienza all’estero: apre la mente, insegna la lingua, esperienze che poi possono essere utili nel business in

I “cervelli” italiani fanno la differenza. Gli italiani sono intelligenti e flessibili, caratteristiche vincenti in ogni impresa

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In Italia c’è difficoltà a fare rete, ma la troppa diffidenza danneggia il business: meglio condividere di più Luca Rossettini

Italia. Ai ragazzi consiglio l’estero sia prima di laurearsi sia post laurea con dottorati o con borse di studio; sinceramente questa è la prima cosa che guardo quando ci arriva un curriculum”. A proposito di luoghi comuni: voi smentite l’assunto che in tempi di crisi è più difficile investire... “La crisi, e non è una provocazione, fa bene. Il business tradizionale era già in crisi prima della crisi e le aziende decotte che vengono tenute in vita solo grazie ai sussidi statali, una volta che gli aiuti verranno meno, chiuderanno comunque. Capisco i problemi sociali creati dalla crisi di alcune aziende, ma ormai non si può competere sui costi e la gestione del lavoro, la globalizzazione fa sì che altri Paesi producano comunque a più basso costo; la crisi farà restare solo chi può crescere. Serve innovazione e investimenti e nei periodi di ‘vacche grasse’ si deve investire proprio

per avere le carte in regola nei periodi di crisi”. Ricapitolando, avete trovato competenze, finanziatori, un ambiente propizio per la crescita: tutto questo in Italia, in Toscana. “Infatti. Stiamo accelerando la parte di sperimentazione dei sistemi per satellite e facciamo parte di ‘Toscana Spazio’ proprio per fare rete, per sfruttare le sinergie e il supporto industriale, le conoscenze. E la Regione ha un’importante linea di finanziamenti per l’innovazione, anche se le procedure sono molto complesse e portano via tempo, cosa che molte regioni non hanno: è importante che le istituzioni scommettano sull’innovazione e anche noi stiamo valutando se presentare domanda per il bando regionale. C’è un po’ di difficoltà a fare rete, ma la troppa diffidenza danneggia il business; noi preferiamo prenderci il ‘rischio’ di condividere di più”.


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Giovani industriali: gli imprenditori dell’oggi Tecnologici, globali, “rottamatori”, con i piedi ben saldi sulle tradizioni e già tanta esperienza alle spalle. E non chiamateli “giovani”, perché non sono promesse, ma certezze di Maurizio Abbati, giornalista freelance

T

ecnologici, quel tanto che basta per capire che muoversi sulla rete è più veloce che farlo con un aereo, su cui però sono abituati a salire. Globali, perché l’asticella dei confini nazionali l’hanno superata da un pezzo, ma senza dimenticare che il termine made

in Italy può comunque servire a volare più in alto. Rottamatori, perché rompere gli schemi a volte serve per affacciarsi su un palcoscenico affollato, ma tenendo ben presente che la tradizione ha il suo peso. I giovani industriali di oggi hanno già esperienza da vendere,

di quella fatta sul campo, quella che serve per orientarsi nella ricerca dei mercati più sensibili, attorno a cui ruotano i grandi giri d’affari, lontano spesso dalle piazze italiane. Hanno l’entusiasmo dell’età, la voglia di fare, ma anche la consapevolezza che ogni progetto di sviluppo ha un

prezzo da pagare e in questo momento gli investimenti vanno selezionati con cura. E poi quel termine “giovani”, che a volte suona un po’ come se si stesse parlando di eterne promesse, di speranze per il nostro sistema, che invece sono già certezze. “Negli Stati Uniti con i miei


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trentuno anni nessuno ti considererebbe più un giovane industriale e questo dà un po’ la dimensione di come il nostro Paese stenti a guardare avanti. Francamente non mi ritengo più giovane in termini professionali, ho già maturato una lunga esperienza e giro il mondo per promuovere la mia azienda, cosa che mi porta a toccare anche tre continenti diversi in dieci giorni. E in questo forse l’essere giovane d’età aiuta”. Rifiuta un po’ lo stereotipo del giovane imprenditore Leonardo Boni di Baldi Home Jewels, brand internazionale del lusso nel mondo dell’arredo. “La maggiore frustrazione per noi giovani - confessa Boni - è forse proprio quella di non essere presi in considerazione sul serio dal sistema Italia, che ci dà poca fiducia. A questo noi cerchiamo di rispondere dimostrando capacità di interpretare i cambiamenti avvenuti nel sistema economico. Il mercato è ormai globale e senza girare il mondo le aziende non possono essere performanti. La stessa Baldi è proiettata ormai per il 100 per cento sui mercati esteri. Proprio perché giovani possiamo avere stimoli nuovi, che magari chi ha vissuto fasi precedenti ha difficoltà a recepire e attuare. Anche se personalmente rappresento in azienda la sesta generazione di una famiglia che da sempre ha girato il mondo. Sarà qualcosa che abbiamo nel dna. Una sorta di tradizione”. “Effettivamente credo che la figura del giovane industriale vada ridefinita. Ci hanno sempre detto che siamo gli imprenditori di domani, ma non è più così. Noi siamo soprattutto gli imprenditori dell’oggi. Le aziende che sopravvivono e vanno bene hanno tutte all’interno figure giovani in ruoli di primo piano”. Ad attendere il proprio turno si invecchia insomma e non ce lo possiamo più permettere. Per Gabriele Brotini, clas-

se 1980, presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria Firenze e da tempo ormai alla guida dell’azienda di famiglia, la Packerson Srl, è ora di far capire che se l’Italia vuole davvero ripartire, aggredire i mercati con i propri prodotti, deve affidarsi alle nuove generazioni. Non si tratta di rottamazione, ma di naturale turn over.

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ricerca di nuovi mercati, per portare sia idee nuove che prodotti innovativi. Per fare questo serve dinamismo, quello che i giovani possono avere. E poi non possiamo permetterci di arrivare a 40 anni e sentirsi ancora considerati gli industriali di domani. Non di fronte alla globalizzazione, non quando c’è una concorrenza fat-

delle caratteristiche del giovane industriale di oggi, come conferma Giacomo Lucibello di Le Porcellane Home and Lightning. Valigia e capacità di innovare, senza perdere il riferimento con il proprio territorio. “Forse più che adoperare il termine ‘giovani industriali’ in senso generico si dovrebbe guardare ai vari settori o anche

Serve una visione più internazionale, un concetto di impresa che parte dal territorio ma ha il coraggio di valicare i confini alla ricerca di nuovi mercati

Leonardo Boni

“Bisogna assumere una visione più internazionale. Un concetto di impresa - spiega Brotini - che parte dal territorio e sul territorio trova competenze e garantisce lavoro, ma ha il coraggio di valicare i confini alla

Gabriele Brotini

ta di giovanissimi brillanti laureati, alla guida di imprese importanti di paesi in forte espansione come Cina e India”. Vivere con la valigia sul letto per mettersi il mondo in tasca insomma, sembra questa una

Giacomo Lucibello

alle situazioni personali. Io ho un’azienda che produce porcellane e mi sono trovato a dover cambiare in poco tempo l’intero sistema distributivo, passando da avere un 90 per cento di mercato italiano a un 90 per cento di mer-


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COVER STORY / I NUOVI INDUSTRIALI - FIRENZE, AREZZO

Maria Grazia Cerè

Le imprese devono imparare a crescere: se il sistema del credito non supporta le aziende occorrono strade alternative cato estero. Per me il vantaggio di essere giovane può essere stato quello di poter prendere la valigia e girare il mondo per capire quali erano le realtà dove i nostri prodotti potevano funzionare. Ed è stato grazie a questo passaggio che gli affari hanno iniziato a crescere”. “In questo momento il mercato italiano non sembra avere grandi prospettive di sviluppo, ma è grazie al marchio made in Italy – sottolinea Lucibello – che noi riusciamo a vendere porcellane anche ai cinesi, che in fondo le hanno inventate”. Ma essere giovani ha un altro vantaggio, anche se dal gusto un po’ amaro: “Quello di non aver mai visto momenti d’oro. Io sono entrato in azienda negli anni 2000 e d’oro non c’era già più niente. Solo ricordi. La crisi ci ha messi nella condizione di dover consolare i nostri padri e spingerli a ripartire”. “Tenere duro e non mollare. Con grinta. Costruire le basi per la ripresa”. Sembra un mantra e forse lo è quello di Maria Grazia Cerè, aretina, una delle artefici del rilancio di Flynet Italia e ora alla guida del comparto telecomunicazioni da rete fissa di Terra. “Essere giovani è utile soprattutto per la maggiore disponibilità

al cambiamento e la maggiore attitudine a diversificare e innovare, guardando con un’ottica a 360 gradi per definire obiettivi e strategie. E’ vero che in certi casi può mancare un pizzico di esperienza, ma a questo si può sempre supplire con l’impiego di tecnici preparati. E poi si impara rapidamente”. Non arrendersi, è questo ciò che un giovane deve sempre proporsi, soprattutto quando le difficoltà sembrano averti costretto nell’angolo e bisogna trovare una via d’uscita. “Attualmente purtroppo il nostro sistema creditizio non ci supporta adeguatamente. Ma anche in questo caso bisogna trovare delle alternative. Nella nostra azienda – racconta Maria Grazia Cerè – siamo riusciti a creare una rete di imprese che

Patrizio Valentini

oggi ha raggiunto i 120 soci e questo rende più facile operare degli investimenti. Le imprese devono insomma imparare a crescere”. Detto da un giovane è significativo. “Purtroppo a volte ci sentiamo dei giovani vecchi. Cerchiamo di metterci entusiasmo, curiosità e spirito critico su quanto fatto finora, ma siamo in affanno perché ci troviamo a lavorare in un sistema Paese che ci ha lasciato allo sbaraglio, in una situazione di difficoltà estrema. E non mi riferisco solo alla politica. La voglia di innovare non basta a superare gli ostacoli che ci troviamo davanti, almeno se si resta qui in Italia, come accade a noi che abbiamo nella produzione made in Italy un valore aggiunto fondamentale

e non possiamo semplicemente delocalizzare la produzione in altri paesi”. Non nasconde un velo di amarezza per le difficoltà in cui ci si imbatte oggi a fare impresa Patrizio Valentini, dell’omonimo Pastificio Valentini e presidente dei Giovani Imprenditori aretini, sorto nel cuore delle foreste Casentinesi e ora azienda che ha saputo imporsi per la qualità e la genuinità dei suoi prodotti. Difficoltà che si evidenziano anche quando si cerca di fare il salto, valicare i confini per ritagliarsi nuove fette di clientela. “Mercati esteri interessati alla pasta fresca ce ne sono diversi e l’attenzione verso le nostre produzioni cresce costantemente, ma quando si parla di internazionalizzazione sorge il problema delle dimensioni aziendali, perché non basta portare due pancali di merce in Corea per parlare di export. Per andare all’estero – fa capire Valentini – bisogna avere dimensioni sufficienti, o si fanno reti di impresa, cosa non facile da realizzare, soprattutto in Toscana dove esiste un forte individualismo”. E anche in questo i giovani potrebbero dare una mano, trasformando il fare impresa in un gioco di squadra.

Il made in Italy è un valore nel mondo, ma per chi fa impresa in Italia gli ostacoli da superare sono ancora troppi


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Quello scatto che cambia le cose La crisi pesa e le regole ingessano, ma chi non cambia, muore. Così i giovani industriali sfidano il mondo, senza dimenticarsi mai della loro terra di Giuseppe Nigro, direttore “Sienafree.it”

L

a propensione per l’estero nel DNA, una formazione mirata nel curriculum, la capacità di trovare applicazioni pratiche alle proprie competenze per avere una marcia in più in tempo di crisi. In estrema sintesi sta soprattutto qui il diverso dinamismo dei giovani imprenditori di successo rispetto a un contesto a volte paludato. “Quello che vedo in certi giovani imprenditori, e mi piace spronare, è il concetto di innovazione e cambiamento, di persone che per età, esperienza e modo di essere hanno una formazione che li porta in questa direzione e uno sguardo nei confronti di un mercato globale”, dice Giulia

Palmieri, presidente Giovani Imprenditori di Confindustria Grosseto e responsabile amministrativa dell’azienda grossetana Acqua e Aria. “Sono i giovani che possono portare dinamismo all’interno di un’azienda - prosegue -, una novità necessaria perché già siamo nei guai dal punto di vista economico, e nel momento di crisi un’azienda può essere portata a tagliare i costi, quindi la formazione o l’innovazione tecnologica. I ragazzi la portano a costo zero con dinamismo e volontà di andare avanti, possono dare un valore aggiunto. Spesso hanno conoscenze informatiche, perché sono cresciuti con internet, e

quindi già il loro punto di partenza è innovativo rispetto alle generazioni precedenti. Solo se si è innovativi si riesce a mantenere quote di mercato”. C’è chi è internazionale per formazione, come Andrea Fratoni di Elettromar, società di ingegneria e costruzioni di Follonica. “Ho fatto lo stage universitario in azienda e ho iniziato a lavorarci subito dopo. La tesi era sul mercato nordamericano del settore elettrotecnico. Il secondo lavoro di cui mi sono occupato era in Brasile, quindi è stata naturale l’apertura all’internazionalizzazione, senza cui un’azienda spesso è destinata a morire. E anche oggi in azienda la maggior parte dei lavori sono

fuori dall’Europa. Tra internet e social network la mia generazione è sempre stata abituata a utilizzare certi mezzi di comunicazione a partire dalla rete, per cui è anche più semplice guardare poi oltre”. La marcia in più dei giovani imprenditori secondo lui è la capacità di adattamento: “Rispetto ai colleghi di una certa età che si spendono per far andare avanti le cose, sopravvivere, mantenersi, senza necessariamente cercare di innovare, quello che contraddistingue la nostra generazione è capire che è importante cambiare: senza la versatilità nell’andare a cercare le innovazioni, veniamo sorpassati da altre aziende. In realtà per come le ho conosciu-


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te io in Italia, le aziende sono abbastanza versatili. L’ingessatura deriva da quello che c’è attorno: chi dovrebbe sostenere i finanziamenti o i rapporti con le banche per esempio, burocrazia e fisco. Andare a lavorare all’estero sarebbe certo più semplice ed economicamente vantaggioso, ma nel mio caso sono stati la passione e l’orgoglio a spingermi magari con fatica a far crescere qui l’azienda”. A volte l’intraprendenza invece è nel codice genetico, come nel caso di Balbino Terenzi, dei Vini Terenzi di Scansano. “Mio nonno è arrivato a Milano da un paesino nelle Marche investendo su impianti gpl per le auto, mio padre ha avuto un percorso nell’industria cosmetica in cui è stato il primo a esportare all’estero le fiere più importanti del settore. Spirito imprenditoriale e apertura all’estero mi vengono dalla mia storia familiare, che sono serviti adesso nel settore del vino”. Ma anche qui il concetto è chiaro sulle capacità di comprendere il contesto: “Adesso è tutto più incerto e veloce, bisogna avere capacità di adattarsi, essere elastici, snelli”. Sul suo caso, Terenzi racconta: “Il vino è il ritorno alle origini, alla campagna, all’opposto rispetto all’effimero della cosmetica e della moda, ma mantenendo la propensione all’internazionalizzazione e al sapersi adattare. Entrammo nel settore nel 2001 quando c’era una profonda crisi dopo l’esplosione della bolla dei Super Tuscan, l’abbiamo affrontata cavalcando il successo del Morellino e soprattutto vivendo la crisi come un’opportunità, come la possibilità di dimostrare che si può fare qualità a un prezzo interessante. Per cui quando poi è arrivata anche la crisi economica ci siamo già trovati avanti nella capacità di affrontarla”. Dna ma anche formazione, studi, competenze, in uscita dal sistema accademico e non solo:

da qui arrivano le risorse per ritagliarsi il proprio spazio. Racconta Simone Bartalucci, presidente Giovani Imprenditori di Confindustria Siena e responsabile commerciale di Itla, azienda di Casole d’Elsa che si occupa di taglio laser e trasformazione lamiere e affini: “Sono nato all’interno dell’azienda, rilevata dalla mia famiglia quando avevo appena terminato gli studi. La mia assenza, ai tempi, di conoscenze di officina meccanica mi ha permesso di installare una serie di sistemi di rilevazione tramite computer che sarebbero stati probabilmente boicottati all’interno di un’officina meccanica: vent’anni fa il computer era quello che sbagliava, oggi è fondamentale. Nel nostro settore si è dovuto cambiare mentalità e modo di lavorare, perché il mercato è totalmente stravolto: continuare a lavorare come sei-sette anni fa è un’utopia, a partire dai tempi di evasione degli ordini.

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Ma chi non cambia non dura: ognuno può essere stato bravissimo a fare il lavoro che ha fatto, però purtroppo è cambiato il mondo. E l’ampliamento all’estero, nel nostro caso dovuto all’utilizzo di sistemi come un database internazionale, veniva ignorato quando il mercato italiano era florido. Adesso la necessità è di non porsi limiti”. Anche perché le ingessature italiane sono evidenti: “Dopo il viaggio che abbiamo fatto in Silicon Valley avevo una serie di idee che avrebbero ampliato l’impatto sociale della nostra azienda, dopo sei mesi mi sto renden-

Giulia Palmieri

do conto che ci sono tanti muri all’interno dei nostri territori. Prendiamo il polo tecnologico di Navacchio: è una struttura tecnologica avanzata ma sconosciuta a tanti”. Iniziativa e idee, messe all’opera, sono la ricetta di Pasquale Fedele, fondatore e amministratore delegato di Liquid web, una start-up tecnologica: “Vista la fase dell’economia in cui ci troviamo e le condizioni del nostro paese, le possibilità secondo me non mancano a livello di imprenditorialità - dice - ma vanno cercate in settori molto innovativi e ci vogliono alla base competenze specifiche, studi.

Andrea Fratoni

Balbino Terenzi

Simone Bartalucci

La rete aiuta a guardare oltre: la generazione digitale fa bene all’impresa


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Poi unire competenze con persone di settori eterogenei è un fattore vincente e che porta a reali innovazioni. lI settore IT di per sé può dare tanto ad altri ambiti e sta rivoluzionando e rivoluzionerà molto il settore industriale andando a sostituire settori tradizionali”. Questa la sua storia imprenditoriale: “Sono laureato in ingegneria informatica, lavorando nell’ambito della ricerca all’università di Siena ho vissuto l’inquietudine di voler vedere i frutti della ricerca applicati e resi disponibili nel mondo reale invece di farli rimanere prototipi da laboratorio inutilizzati”. Partito da uno spin off universitario, si è destreggiato tra brain control, controllo dei computer mediante tecniche di elettroencefalografia, un joystick guidato con le onde cerebrali, sensori per far interagire pazienti in coma apparente, completamente paralizzati, però presenti dal punto di vista cognitivo, riuscendo a farli comunicare.“Ma per un tipo di realtà altamente innovative c’è bisogno di un contesto favorevole per crescere. Non abbiamo nemmeno pensato di rivolgersi a una banca per il tipo di attività che facciamo, noi cerchiamo partner finanziari con capitale di rischio, come in Silicon Valley ma anche Germa-

COVER STORY / I NUOVI INDUSTRIALI - SIENA, GROSSETO

Pasquale Fedele

nia, Inghilterra e Francia. Da noi si è ancora lontani da dire che c’è un contesto favorevole. Già un anno fa avevo avuto la proposta di trasferire tutto il team negli Stati Uniti, mi sono preso un altro anno per capire se si può lavorare qui, ma l’internazionalizzazione è un passaggio obbligato e a settembre uno di noi sarà negli Stati Uniti per un anno. Anche come generazione c’è una consapevolezza, rispetto a chi c’era prima di noi, di doversi necessariamente aprire all’internazionalizzazione. A partire dalla lingua”. Ed è cresciuto in ateneo anche il sogno imprenditoriale di Francesca Gallina, che lavora allo spin-off dell’Università per Stranieri di Siena Ital-tech.“Ven-

Conoscenza, innovazione, cooperazione: solo così si cresce e si vince

Accesso al credito, burocrazia, fisco: fare impresa in Italia è una sfida, ancora troppi i pesi che opprimono go dall’ambiente accademico, a ottobre con l’università è stato creato uno spin off composto da università per stranieri e altri 13 soci. Siamo precursori nel nostro settore, quello linguistico: oltre a fare servizi di formazione e traduzione, consideriamo le lingue uno strumento per fare impresa. Di fronte a una crisi come quella che stiamo vivendo e necessità di muoversi in mercato globalizzato, portare il Made in Italy implica mettersi a confronto non solo con mercati differenti ma anche con persone che hanno un background linguistico e culturale che incide sul loro modo di fare business: conoscerlo dà una marcia in più all’imprenditore che investe le proprie energie all’estero. I paesi che tirano di più sono quelli del mondo arabo, Cina, Vietnam, Turchia. La

Francesca Gallina

considerazione è che in Italia la piccola e media impresa è quella più presente ma che fa più fatica ad avere risorse interne per affrontare i mercati internazionali”. Il segreto del suo successo? “Ci sono molti studiosi che raccolgono dati molto precisi su quanto il volume di affare delle aziende viene penalizzato da mancanza di risorse linguistiche ma abbiamo cercato di non fermarci all’analisi teorica: per noi il passaggio fondamentale è darci una prospettiva più applicativa su cosa fare”. Ma perché una buona idea diventi un’iniziativa imprenditoriale di successo serve anche che le venga data fiducia: “Una buona idea non basta, bisogna farla veicolare e accettare e poi darle tempo per affermarsi. Non tutti colgono che possa essere una risorsa in più invece che una perdita di tempo. Nel nostro caso i Giovani di Confindustria Siena hanno manifestato un interesse molto più forte e in questo si è sentito il divario generazionale. E’ la nostra risposta alla crisi, per noi che siamo più giovani e siamo colpiti dal precariato della carriera accademica, trovare risorse nostre è diventato un modo per crearci da soli una via di riuscita e crescita professionale e personale”.


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Fare impresa: tutte le frecce nell’arco dei giovani Passione, vocazione, conoscenza ma anche impegno, coraggio e competenze: un bagaglio completo per la generazione degli “imprenditori globali” di Mattia Cialini, giornalista “Arezzonotizie.it”

S

ono giovani, sono rampanti. Figli d’arte o novizi dell’imprenditoria. Sono colmi d’entusiasmo, denominatore comune di un mondo liquido e complicato. Perché senza passione vera, spalle robuste e stoffa non si fa impresa in tempi come questi. I giovani industriali toscani cercano di guidare la riscossa dalla crisi, battono strade diverse e frequentano luoghi assai poco comuni. Facce di 30-40enni metodici e brillanti, preoccupati e soddisfatti, logici ed estrosi. Mai, mai noiosi. Perché le storie che raccontano sono concrete, eppure piene di sogni. Come quella di Francesca Marcucci, 39 anni, presidente dei giovani industriali di Livorno, in scadenza il 26 settembre. E’ amministratrice della Csa Consult, centro studi aziendali fondato nel ‘99, in cui è entrata inizialmente come socia. “Facciamo consulenze per le imprese – spiega - di tre tipi. Certificazioni e adeguamenti; gestione e coordinamento della ricerca e dello sviluppo; gestione delle risorse umane. Non c’è niente di particolarmente innovativo nel tipo di lavoro, sono nuovi modalità e approccio. Dobbiamo studiare continuamente per offrire servizi

adeguati alle aziende. Lavoriamo sulla portualità, siamo partiti da Livorno ma copriamo tutto il territorio nazionale. Con l’estero non lavoriamo, troppo complicato. Le cose ora stanno andando bene: abbiamo dieci dipendenti, cui si aggiungono collaboratori ed esperti”. Sull’imprenditoria giovanile in genere, Francesca ha le idee chiarissime: “L’Italia è un Paese in cui si fa fatica ad attrarre investimenti. Nei giovani c’è molta propensione all’avvio di nuove imprese, con sistemi innovativi e all’avanguardia. Mancano i capitali, spesso. Le difficoltà nell’accesso al credito – molte, per tutti – sono ancor più evidenti per i giovani. Un po’ per necessità, un po’ per disperazione, oggi, vengono comunque avviate diverse imprese di prima generazione. Le partite Iva agevolate sono un trampolino, ovvio non bastano. Molti ragazzi, pieni di entusiasmo e buone idee, non ce la fanno. Ma vedo comunque fermento: ci sono numerose esperienze di successo nel campo della comunicazione e della consulenza”. Rossano Cioni è un esempio di successo di un ragazzo creativo e coraggioso. Partito da zero,

Francesca Marcucci

Rossano Cioni


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o quasi. “Ero dipendente di un’azienda, apprezzato. E ho voluto scommettere su me stesso. Nel 2001 ho deciso di mettermi in proprio, assieme ad un altro giovane, che ha quattro anni meno di me”. Insieme ora sono i leader della Restart, specializzata in automazione. E ha quindici dipendenti. Altre ditte nazionali, più grosse, si appoggiano alla Restart per commesse specifiche. E da Livorno, indirettamente, il certosino lavoro di questa realtà arriva in tutto il mondo: India, Israele, Usa, Africa. Apparecchiature per la lavorazione della carta, robot.“La sfida più difficile per noi – dice Rossano - è restare nel mercato tenendo bassi i costi. In questo periodo i committenti non hanno molto denaro per gli investimenti. I margini di guadagno sono sempre meno. Per sopravvivere è necessario avere un livello di qualità molto elevato. Occorre scommettere su nuove tecnologie e nuovi software. La difficoltà principale? Per una nuova impresa come la nostra non è stato facile inserirsi in mercati nuovi”. Cosa si potrebbe fare per agevolare i giovani? “Fare sistema. Attraverso Confidustria ho conosciuto realtà nel territorio, magari guidate da giovani, che nemmeno immaginavo esistessero. Conoscere imprese a noi affini è importante per creare una rete”. La azienda Bozzi è stata fondata nel ‘61 a Livorno. Da poco è diventata Spa e uno dei volti nuovi è quello di John Bozzi, nipote di Ilvo, il fondatore. Ha 30 anni, ha fatto studi funzionali all’ingresso in azienda. E scuote i giovani: “Il lavoro c’è, bisogna sporcarsi le mani”. La Bozzi si occupa di meccanica di precisione. “Lavoriamo per conto terzi. Realizziamo parti meccaniche o prodotti finiti: il pezzo è esattamente come ci viene richiesto dal cliente. Per fare questo ci aggiorniamo tutti gli anni, facciamo innovazione sul processo. Lavo-

riamo per l’aeronautica, Bredamenarinibus, Ducati Corse. Facciamo macchine complete oppure una singola, fondamentale, vite per un missile. Abbiamo fondato una newco, la Bozzi engineering, con cui commercializzeremo prodotti finiti. C’è la crisi, ma noi siamo una ditta abbastanza solida: al momento ci sono 43 dipendenti. Da settembre ricominciamo con le assunzioni”. La Bozzi ora guarda all’estero. “Al momento le nostre commesse sono al 60-70 per cento sul territorio nazionale. Ora ci rivolgiamo agli Usa. Presto apriremo, con altre aziende toscane, un consorzio a Houston. Nella speranza, magari, di collaborare con la Nasa”. Marco Savoia, 39 anni, è un pozzo di creatività. “Respiro azienda da quando sono nato”, ammette candido. Ed è vero. L’impresa di famiglia si chiama Confezioni Marco, il babbo ha scelto il suo nome per battezzare la ditta. Un predestinato. Il ragazzo si è subito dato da fare nell’azienda di Castelfranco di Sotto, specializzata in prodotti in pelle. Parallelamente, ha portato avanti studi legati alla meccanica, canalizzati poi nella fondazione della Rotor Service srl. “Produciamo elicotteri ultraleggeri: prendiamo parti meccaniche e realizziamo prodotti finiti”. Dalla pelle, agli elicotteri: il salto che non ti aspetti. Stessa passione, stesso esito. “Li vendiamo in tutta Italia, è un mercato in ascesa per una buona fetta di professionisti”. Quelli di Marco Savoia, posta la peculiarità del prodotto, sono elicotteri low cost. “Non sono mezzi dal prezzo milionario, costano come un suv”. Amministratore unico della Rotor Service, direttore vendite della Confezioni Marco. Marco Savoia non si annoia certo. Avesse corso questo rischio, è stato pure scelto come presidente dei giovani industriali di Pisa. E’ a metà mandato. Da questo osservatorio privilegiato tiene il polso dell’imprenditoria baby della provincia. “La crisi c’è ed è forte, ma Ict e web riescono

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Le difficoltà nell’accesso al credito – molte, per tutti – sono ancor più evidenti per giovani

John Bozzi

a creare occupazione. Se penso alla vivacità, al fermento li trovo nei giovani. Cercano di muovere il mercato con tante idee. Ma i problemi sono tanti davvero”. Quanti? “Per elencarli non basterebbe una giornata intera. Oltre alla burocrazia, ostacolo principale a ogni iniziativa, per fare un solo nome dico l’accesso al credito”. Però non tutto va male. “C’è un distretto, quello di Santa Croce sull’Arno per la pelle, che riesce ancora a dare segnali importanti. Le grandi griffe nazionali lo hanno eletto a punto di riferimento. Penso a Gucci, Prada, Ferragamo, tanto per fare qualche nome illustre. Penso poi a Pontedera, dove la Piaggio sta chiudendo positivamente il 2012. Mi vengono in mente, infine, le

Marco Savoia

imprese chimiche e farmaceutiche di Pisa”. Antonio Lapolla è una delle anime della Waste Recycling Spa, azienda specializzata nel trattamento dei rifiuti. Deriva dalla trasformazione di una ditta individuale che era stata creata dal padre di Antonio, tuttora azionista e punto di riferimento per l’azienda. La Wr, che ha sede a Sant’Croce sull’Arno, è attiva da circa venti anni, può contare su 108 dipendenti. Ed è verdissima: l’età media è sui 35 anni. “Io faccio parte del Consiglio di Amministrazione – spiega Antonio - e controllo tutte le linee business dell’azienda, inoltre sono amministratore unico della Rew Trasporti, società che si occupa di tutte le movimentazioni dei rifiuti dai nostri impianti di stoccaggio e


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trattamento. Lo smaltimento dei rifiuti industriali richiede un’elevata competenza e conoscenza della materia. Le normative cambiano continuamente, a volte non sono chiare e lasciano incertezze. Questo ci ha portato a strutturare l’azienda in maniera forte. Le certificazioni UNI EN ISO 9001, 14001 e 18001 che abbiamo ottenuto ci aiutano molto, entro la fine del 2013 saremo certificati anche EMAS”. Infine Antonio confessa alcune complicazioni del mestiere: “Mantenere la soddisfazione e le esigenze dei clienti in un settore molto complicato come il nostro; valutare i giusti investimenti per lo sviluppo dell’azienda; trasferire input adeguati ai dipendenti; gestire i clienti che hanno difficoltà nel rispettare i pagamenti”. Anche Gaia Gualtieri ha avuto come trampolino di lancio l’azienda di famiglia. Il Gruppo Colle. Poi l’arte ne ha deviato il percorso; l’approdo è stato inaspettato. Gaia è andata oltre frontiera con il progetto Dhg che sposa arte, web e tessuti per un’esperienza affascinante e innovativa. Lei, oltre a ricoprire la carica di presidente dei giovani industriali di Prato, è amministratrice della Main Street Srl, il brand è Dyeing House Gallery. Il sito www.dyeinghousegalley.com è il braccio armato dell’azienda, nata nel 2008 in una stanza di casa. Ora la Dhg ha una sua sede e conta cinque dipendenti. “Vendiamo le materie prime, usate in tutto il mondo dai ‘fiber artists’. Sono impiegate in gallerie

La Toscana ha un appeal straordinario: un elemento da valorizzare per conquistare i mercati mondiali

COVER STORY / I NUOVI INDUSTRIALI - LIVORNO, PISA, PRATO

Antonio Lapolla

d’arte, nelle scuole di specializzazione”. L’idea per questa avventura imprenditoriale è venuta fuori nel giorno in cui, nella sede del Gruppo Colle, sono arrivati artisti che lavorano il feltro a mano. “Hanno comprato fibre di lana: erano scarti di lavorazione. E ci siamo incuriositi”. Gaia inizia a pensare: ci sono artisti disposti a pagare per degli scarti. “Così ci siamo attrezzati e abbiamo creato una nicchia adeguata alla domanda che avevamo riscontrato. Abbiamo dato vita a un campionario di prodotti: oggi esistono una ventina di tipologie di fibre e 120 colori diversi”. Per lanciare l’azienda è stato scelto un sito, il modo migliore, nelle previsioni di Gaia, per raggiungere una fetta di mercato sottile e sparsa nel pianeta. Pronostico azzeccato. “Lavoriamo praticamente con tutto il mondo: Australia, Canada, Usa, Giappone, tutta Europa, Hong Kong, Taiwan, Cina e Macao”. E le soddisfazioni per

Fare rete: all’interno del Sistema Confindustriale aumentano le possibilità di incontro e partnership tra le imprese la Dhg non mancano. “Racconto questa – prosegue Gaia -, servo un’azienda americana. Il cliente sceglie la fibra, poi interroga me: ‘quale colore, secondo te, mi dovrebbe piacere?’ Rispondo che dovrebbe scegliere secondo il suo gusto, ma la replica è: ‘No, tu sei

Gaia Gualtieri

italiana e devi saperlo’. Una richiesta assurda. Ma che evidenzia come, nel mondo, viene ancora riconosciuto agli italiani un primato sulla moda. E’ la nostra storia, la nostra tradizione. La Toscana ha un appeal straordinario, la base per fare bene. Poi, certo, occorre lavorare duro e nel migliore dei modi per essere apprezzati”. E come si lavora all’interno della Dhg? “Io ho un rapporto stretto con l’Università di Prato. Il più anziano, tra i miei dipendenti, ha 42 anni. Molti hanno fatto corsi di perfezionamento. Gente che, magari, aveva perso lavoro: si è rimessa in gioco e ha trovato lavoro. Tutti, indipendentemente dalla loro specializzazione, hanno un’infarinatura di marketing commerciale. E’ fondamentale. Poi, ovviamente, devono conoscere il prodotto. Ma quello viene con il tempo”. Ma non sono tutte rose e fiori. Anche l’italianità ha il risvolto della medaglia.“In alcuni mercati – chiude Gaia - trovo un po’ di pregiudizio. Proprio per il fatto di essere italiani. Ci considerano poco affidabili”. Lavorando con internet, però non rileva alcuni dei problemi più frequenti nelle altre aziende. “Per dire, i pagamenti sul web sono anticipati”. E non è poco.



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COVER STORY / I NUOVI INDUSTRIALI - LUCCA, PISTOIA, MASSA CARRARA

Globalizzazione: la grande sfida Gli imprenditori sono in prima linea: con le opportunità offerte dai mercati mondiali crescono anche i rischi e le difficoltà. Ma non viene meno la voglia di andare avanti di Paolo Vannini, giornalista freelance

A

ccentuazioni diverse, a volte semplici sfumature, qualche sottolineatura più o meno marcata a seconda della tipologia di azienda o del territorio ma, nella sostanza, un’analisi fortemente condivisa. E’ quella che emerge dalle parole di sei giovani imprenditori toscani, due per provincia fra Lucca, Pistoia e Massa Carrara, tutti impegnati in Confindustria con ruoli di primo piano, relativamente al mondo dell’impresa alla grande sfida dei nostri tempi: la globalizzazione. Ebbene, il quadro che si delinea è quello di un fenomeno

avvertito nella sostanza come positivo, da affrontare con il giusto approccio, fatto di ricerca e innovazione, spingendo l’acceleratore su reti di impresa e forme aggregative. Perché il made in Italy resta un prodotto di grande appetibilità per i mercati esteri ma le imprese italiane scontano ritardi e limiti posti, in primis, dal pesante apparato burocratico. “In tempi non sospetti il nostro presidente Jacopo Morelli dichiarò che gli imprenditori di oggi sono in trincea. Io mi sento esattamente così e neanche troppo metaforicamente”. Non usa giri di

parole per introdurre l’argomento Nicola Fontanili, 35 anni, amministratore e socio unico della “Nicola Fontanili srl”, amministratore e socio della “Venili’s srl” e della “Hermes trading srl”, società che si occupano della trasformazione e commercio di materiali lapidei, e vice presidente dei Giovani Industriali di Massa Carrara (a settembre diventerà presidente) e delegato regionale. “Le difficoltà principali sono la competitività e la stretta sull’accesso al credito, per non parlare della tassazione che sta riducendo molte aziende allo strenuo delle forze – spiega

Fontanili -. La globalizzazione ha fatto in modo che i nostri competitor siano in numero maggiore rispetto al passato e molto più preparati che in passato. Credo che l’unica difesa sia cercare di affrontarli sullo stesso terreno con innovazione, ricerca, e soprattutto internazionalizzando le nostre aziende”. “Burocrazia, burocrazia, burocrazia - gli fa eco Guido Chiti, 42 anni, vice presidente dei Giovani Industriali di Pistoia e dei Giovani Industriali toscani -. Nel sistema Italia come imprenditori siamo abbandonati a lottare da


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soli. E’ un sistema impossibile da smantellare, con tempi lunghissimi e grandi incertezze. La macchina burocratica pone mille vincoli, è lentissima ma se almeno si conoscessero i suoi tempi. Invece no. E senza regole e tempi certi programmare è difficilissimo”. Il che non significa mollare: “Nella nostra azienda, di prodotti di acciaio inossidabile per la cucina e la tavola di Serravalle Pistoiese, giunta alla quarta generazione, ci stiamo salvando con un’enorme spinta sull’innovazione e non è un caso se alcuni dei prodotti realizzati dalla società sono anche esposti al Moma di New York”, conclude Chiti. Una premessa sulle grandi difficoltà che si incontrano in Italia la fa anche Antonio Tabarin, che è l’attuale presidente dei Giovani Industriali pistoiesi. Tabarin è uno dei quattro soci della “Extro srl” di Casalguidi, a due passi da Pistoia, azienda rilevata tre anni fa, che realizza impianti di illuminazione di tutti i tipi per alberghi e ville: “Il Paese dà poche possibilità, non si è aiutati dalla burocrazia, primo vero grande ostacolo. Le idee e la voglia ci sono, purtroppo siamo ancora indietro rispetto ad altri Paesi europei. In Italia, per esempio, internet è una ‘scoperta’ troppo recente, anche da parte delle aziende. Insomma, siamo in ritardo, arriviamo dopo e per competere dobbiamo valere di più”. Fin qui i limiti, poi anche Tabarin, come Fontanili, indica la strada da seguire: “La nostra manualità, la forza delle aziende piccole e medie – 10-15 dipendenti – avrebbero potenzialità doppie rispetto agli altri. Quel che è certo, quindi, è che le potenzialità restano enormi. Bisogna puntare all’internazionalizzazione del made in Italy, producendo nel nostro Paese senza continuare a rincorrere produzioni in altre zone, fuori dall’Italia”. Ciò detto, la globalizzazione è la sfida di oggi e del futuro, da saper cogliere al meglio. “Molti di noi vedono nel mondo globale il primo dei nemici, la ragione per la quale l’Italia e l’Europa hanno perso forza – spiega ancora Fon-

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Nicola Fontanili

Ricerca e innovazione possono fare la differenza per le imprese che aspirano al successo sui mercati esteri

Guido Chiti

tanili -. Al contrario penso che l’imprenditore di oggi debba essere più dinamico, sempre in movimento. La globalizzazione è una possibilità che tutti abbiamo per esportare le nostre aziende, non più solo i nostri prodotti”. “La tendenza in direzione di una maggiore globalizzazione è stata fortemente positiva: flussi commerciali esportazioni/ importazioni, investimenti diretti esteri, flussi internazionali di capitali. Una delle principali forze che ha consentito la globalizzazione economica è stata la tecnologia”, è l’analisi di Andrea Vanni, 38 anni, socio e amministratore della “Vanni Autotrasporti srl”, presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria Lucca. Che spiega ancora: “I giovani imprenditori, in virtù della globalizzazione economica si devono confrontare con nuovi concorrenti, ma hanno anche maggiori incentivi e opportunità per accedere ai vari mercati e alle fonti di informazione necessarie a creare un vantaggio competitivo persistente tramite l’inno-

Antonio Tabarin

vazione continua”. “La globalizzazione ha generato, nel nostro settore, molta qualità – afferma netto Vasco Gallotti, 33 anni, vice presidente dei giovani industriali di Lucca, che da cinque anni lavora nell’azienda di famiglia, la “Ondulati Giusti spa” di Altopascio, leader nella produzione di cartone ondulato (1.900.000 fogli al giorno, ovvero il 21 per cento del mercato nazionale) –. Infatti, noi possiamo proporre ai nostri clienti fogli di cartone prodotti con delle carte di origine estera le cui caratteristiche tecniche sono difficilmente raggiunte dai produttori nazionali. Questa qualità chiaramente ha un costo: siamo, infatti, soggetti alle ripercussioni dei mercati dai quali ci forniamo”. Vantaggi e svantaggi della globalizzazione, dunque. Ma più

Andrea Vanni

i primi dei secondi: “La globalizzazione, intesa come accesso condiviso all’informazione – conferma Gallotti –, esalta la qualità in quanto, poiché ognuno ha accesso alle medesime informazioni (si pensi a internet), la riuscita di un’azienda piuttosto che di un’altra sarà legata alle caratteristiche intrinseche del gruppo vincente”. Ci sono poi le specificità di ognuno. “Nel nostro settore, il marmo, trattandosi di commercio di materie prima, la difficoltà sta più nell’approvvigionamento di quest’ultime che non nella vendita delle stesse – spiega ancora Nicola Fontanili –. La competizione è sempre più aspra soprattutto in tempi di crisi. Per questo abbiamo spostato i nostri orizzonti e oltre ad importare marmi di pregio da oltre dodici paesi nel mondo, da febbraio dell’anno corrente ab-


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Tempi lunghissimi e grandi incertezze: la macchina burocratica blocca le imprese

Vasco Gallotti

biamo avviato noi stessi attività estrattiva in Africa, nello specifico in Namibia”. Nel marmo lavora anche Nicola Giannotti della“Carrara Costruzioni”, presidente dei Giovani Imprenditori di Massa Carrara: “Il settore edile, che vivo anche come membro di consiglio sia della Cassa Edile sia della Scuola Edile di Massa Carrara, sta subendo un’involuzione a cui ogni impresa ha dovuto reagire con una rivoluzione – conferma Giannotti –. La vera missione del momento, più dello straordinario sguardo sul futuro, è quello di salvaguardare un presente che rischia di diventare presto passato”. “In questo contesto parlare di globalizzazione e innovazione per me risulta perlomeno difficile, almeno nel settore delle costruzioni – frena l’imprenditore carrarese –. La nostra età ci impone però di traguardare più avanti, utilizzando estremo realismo, perché fare il passo più lungo della gamba può, in questi momenti ancor di

più, distruggere quanto faticosamente costruito da noi e da chi ci ha preceduto. Comunque – conclude Giannotti – bisogna essere ottimisti perché, nonostante tutto, siamo imprenditori e siamo giovani e il nostro compito è anche quello di cercare sempre sfide stimolanti e coinvolgenti”. Su un aspetto, infine, tutti i giovani imprenditori intervistati sono d’accordo: la necessità di fare squadra, di unire le forze. “Penso che l’associazionismo sia un momento molto importante di confronto e di crescita, così come credo che le reti d’impresa, vista la situazione in cui versa l’economia europea e italiana, rappresentino non più il futuro ma sempre più il presente dell’imprenditoria”. La vede così Nicola Fontanili e nello stesso modo anche il suo omologo lucchese, Andrea Vanni: “Le varie fonti di aggregazione, quali le associazioni industriali, sono fondamentali per accedere a nuove idee e a conoscenze implicite per il mercato. Nella strategia di raggruppamento noi imprenditori sfruttiamo i contatti con altre imprese nell’intento di avere miglior accesso a nuove idee e conoscenze”. Vanni porta ad esempio proprio l’esperienza lucchese: “La collaborazione e il connubio di alcuni fornitori di tecnologia (impianti e macchinari destinati a cartiere e cartotecniche) e imprenditori del mondo cartario, integrandosi negli anni, concentrandosi tra loro e internazionalizzando con strategie commerciali, sono state le chiavi del successo che vede il distretto

industriale cartario lucchese senza rivali in Europa”. Non la pensa diversamente il presidente dei giovani imprenditori pistoiesi, Antonio Tabarin: “L’Italia è fatta di campanili, di rivalità, il che in certi contesti va anche bene, fa parte della storia, a volte del folklore ma nelle aziende giovani le cose sono in movimento. Nella nostra area sta cambiando qualcosa, molti comuni stanno agendo di più insieme alle imprese. La creazione di un nuovo mar-

Con la rete d’imprese si cresce: ma passare dalla teoria alla pratica è ancora molto difficile

chio nato dalla collaborazione fra Camera di Commercio, Confindustria e altre associazioni di categoria ed enti è la giusta risposta, è il modo per promuovere il nostro prodotto”.“L’unirsi in associazioni di categoria può generare sicuramente dei benefici a patto che tutti gli associati remino per il bene comune e non solo per il proprio torna conto – precisa Vasco Gallotti -. In un momento economicamente particolare, i buoni risultati, secondo una mia personale riflessione, sono garantiti da un’onesta vita d’impresa”. Chiude il cerchio Chiti, più disilluso dei suoi colleghi: “Il concetto reti d’impresa è molto di moda. E’ un concetto molto bello, è un via che si dovrebbe intraprendere, certo. Ma gli imprenditori toscani non hanno nel loro DNA la caratteristica di stare assieme, gli italiani in generale sono un popolo di singoli eccezionali. Far gruppo servirebbe – conclude Chiti – ma per adesso passare dalla teoria alla pratica è ancora molto difficile”.

Nicola Giannotti



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Un format con la regia del Presidente Al Teatro del Maggio Fiorentino, l’Assemblea annuale di Confindustria Firenze, innovativo format che lascia spazio ai contenuti e cattura il pubblico. Ospite a sorpresa Sergio Marchionne, “per ricucire lo strappo con la città” sceglie la platea degli industriali

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ià il luogo scelto, il vecchio teatro Comunale di Firenze, era carico di significato, ma ancora di più il format dell’evento ha rotto gli schemi delle tradizionali liturgie delle assemblee confindustriali. “Firenze at work”, è stato il titolo scelto dagli impren-

ditori fiorentini per il loro appuntamento pubblico annuale. Il “lavoro” della mattina è stato molto in linea con il titolo dell’evento: sul palco si sono alternati, in rapida successione e con interventi brevi ed efficaci i protagonisti della scena politica e dell’imprenditoria toscana e

nazionale, incalzati dalle domande del padrone di casa: il presidente di Confindustria Firenze, Simone Bettini, che li ha “gestiti” con sapiente e simpatica fermezza riuscendo in tal modo a tenere sempre viva l’attenzione del numeroso pubblico presente in sala. Sul palco si sono avvicenda-

ti - li citiamo rigorosamente in ordine alfabetico e non in ordine di intervento -: Andrea Barducci, presidente Provincia di Firenze; Stefano Casini Benvenuti, direttore IRPET; Marcello Gobbini di Artelinea; Karlheinz Hofer di Gucci; Jacopo Morelli, presidente Giovani Imprendi-


CONFINDUSTRIA FIRENZE tori Confindustria e vicepresidente Confindustria; Luciano Nebbia, direttore regionale Toscana, Umbria, Lazio e Sardegna di Intesa Sanpaolo; Aurelio Regina, vicepresidente Confindustria; Matteo Renzi, sindaco di Firenze; Luca Rossettini della D-Orbit; Enrico Rossi, presidente Regione Toscana e a sorpresa, ospite di eccezione, Sergio Marchionne, amministratore delegato Fiat Group. Platea qualificata e di eccezione, oltre 1000 i partecipanti, che hanno gradito l’innovativa formula del format proposto: un vivace alternarsi di interventi e dibattito incalzato e guidato dalle domande del presidente Simone Bettini, che in una inusuale – ma ben riuscita – veste di intervistatore ha focalizzato la discussione sui punti importanti per l’industria fiorentina e lanciato messaggi chiari e forti. “Basta mobbing allo sviluppo”. E l’affermazione ha suscitato l’applauso immediato della platea. Ma Bettini ha chiesto anche l’impegno di tutti gli attori, imprese, associazioni e istituzioni, affinché si possa “riportare il peso dell’industria sul nostro Pil sopra il 25% con il ruolo trainante della Firenze metropolitana”. “Ci vuole una governance dello sviluppo semplificata: libera dal peso delle burocrazie: Città metropolitana e unioni dei comuni. Ci vogliono infrastrutture adeguate”, poi ha sottolineato ancora, “ci vuole un sistema promozionale che porti il mondo qui. Ci vuole un sistema camerale che sia agenzia di sviluppo per gli imprenditori. Ci vuole una ‘Firenze Fiera’ con un vero piano di rilancio industriale e partner specializzati. E ci vuole ancora un centro congressi adeguato. Ci vuole un sistema creditizio vicino al territorio”.

Simone Bettini, presidente di Confindustria Firenze apre i lavori

L’intervento del presidente della Regione Toscana Enrico Rossi

Ospite di eccezione all’Assemblea fiorentina Sergio Marchionne, AD Fiat

L’intervento del sindaco di Firenze Matteo Renzi

Luciano Nebbia, direttore regionale Toscana, Umbria, Lazio e Sardegna di Intesa Sanpaolo

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Gli spunti sono stati raccolti dai rappresentanti delle istituzioni che sono intervenuti e sono stati resi ancora più efficaci dalle testimonianze degli imprenditori che si sono susseguiti sul palco e dalle risultanze della ricerca presentata dal direttore dell’Irpet che ha aperto i lavori della giornata. Non è mancata neppure una breve riflessione, sul tema della riforma del sistema confindustriale con il dialogo a tre fra il presidente di Confindustria Firenze Simone Bettini e i vicepresidenti di Confindustria Aurelio Regina e Jacopo Morelli. L’ospite di eccezione ha chiuso i lavori della mattina, una mezz’ora tutto di un fiato a tutto tondo, inframmezzata solo dagli applausi della platea: Sergio Marchionne a Firenze. “Marchionne ricuce con Firenze” aveva titolato un autorevole quotidiano cittadino, dopo lo strappo con la città che si era consumato mesi fa, con la “piccola povera città”. Un’assemblea ricca di contenuti – per saperne di più www.confindustriafirenze.it -, innovativa nella forma a partire dalla scelta, voluta dallo stesso presidente, di non fare la tradizionale relazione, ma di interloquire con gli ospiti. Innovativa anche per la presenza sul palco, di nutrita rappresentanza di giovani imprenditori che hanno fatto da cornice ai relatori. Infine, più che simbolico il luogo voluto per l’evento: il teatro del Maggio Musicale Fiorentino. “Abbiamo scelto di essere qui – ha spiegato in apertura di assemblea il presidente di Confindustria Firenze, Simone Bettini – perché vogliamo bene al Maggio. Il Maggio deve vivere, crescere, prosperare, produrre cultura per la nostra comunità”.

La testimonianza di Karlheinz Hofer di Gucci

Luca Rossettini della D-Orbit

Stefano Casini Benvenuti, direttore IRPET presenta i dati economici

Marcello Gobbini di Artelinea espone il suo punto di vista

Il presidente della Provincia di Firenze Andrea Barducci


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Simone Bettini presidente di Confindustria Firenze intervista i vicepresidenti di Confindustria Aurelio Regina e Jacopo Morelli (alla destra di Bettini)

L’atteso incontro fra Sergio Marchionne e il sindaco di Firenze Matteo Renzi

Il segretario generale della Cgil Toscana Alessio Gramolati (a sin.) e Alessandro Profumo, presidente del Monte di Paschi di Siena

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Il presidente di Confindustria Firenze Simone Bettini con il direttore di Confindustria Toscana e di Confindustria Firenze Sandro Bonaceto

Il presidente di Confindustria Firenze Simone Bettini riceve Sergio Marchionne al suo arrivo

Il presidente di Confindustria Toscana Pierfrancesco Pacini (a sin.) e il presidente della Cassa di Risparmio di Firenze, Giuseppe Morbidelli


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Ugolini: l’energia della passione doma le fiamme L’azienda distrutta da un rogo dopo venti giorni aveva già riaperto la produzione. Ad un anno dal tragico giorno Confindustria Firenze la omaggia di un melograno, simbolo della rinascita

C

’era voluto una intera notte di lavoro per domare le fiamme, la temperatura all’interno della struttura aveva raggiunto i 1.400 gradi. Dell’impresa Ugolini di San Casciano Valdipesa, storica azienda di elettronica nel chianti fiorentino, non era rimasto che cenere, brandelli di cemento armato del capannone e la tenacia di Umberto Ugolini e dei figli Simone e Biancamaria. Era il 29 luglio del 2012. Una ventina di giorni dopo,

l’azienda aveva già riavviato la produzione per non perdere le commesse: in una tensostruttura nel parcheggio dello stabilimento. Il fabbricato della Ugolini è stato smontato pezzo pezzo, risanato, bonificato, ricostruito. Oggi di quell’impressionante rogo, sviluppatosi per cause accidentali, non rimangono che le foto sulle scale che portano agli uffici e le cronistorie dei quotidiani locali. Una azienda, che nonostante i tempi difficili si è rimboccata le maniche

e, grazie anche all’aiuto dei dipendenti, è risorta dalle sue ceneri. Ad un anno esatto dal rogo un nuovo ideale taglio del nastro che Confindustria Firenze ha omaggiato a sorpresa con simbolico benaugurante regalo: un albero di melograno. “Da questa azienda abbiamo ricevuto tutti una grande lezione” ha sottolineato Simone Bettini, presidente di Confindustria Firenze, alla consegna dell’albero. “Come nelle aziende emiliane devastate dal

Mailing postalizzati, set grafici personalizzati, card, biglietti da visita, inviti, depliant, folder, brochure, cataloghi, opuscoli punto metallico, libri, calendari, locandine e manifesti. Cartelline, espositori da banco e da vetrina, astucci, scatole, prodotti di cartotecnica personalizzati.

terremoto, non ci si è mai fermati. Nonostante le avversità, Umberto, i suoi ragazzi e i suoi collaboratori sono andati avanti. Questo vuol dire essere imprenditori con il cuore”. Alla piantumazione del melograno, simbolo di rinascita, era presente anche il consiglio direttivo della Sezione Fiorentina Sud Chianti di Confindustria Firenze. La foto è gentilmente concessa da www.gazzettinodelchianti.it

Corso Carducci, 34 · 58100 Grosseto tel. 0564.414271 · fax 0564.415978 segreteria@soluzioniperlastampa.it w w w. s o l u z i o n i p e r l a s t a m p a . i t



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L’area in cui si allestirà Expo 2015

La Toscana del Sud verso l’Expo 2015 Le opportunità per le imprese e il territorio, a Siena un convegno dedicato a Expo 2015

E

xpo 2015 rappresenta un’occasione da non perdere per far conoscere meglio i nostri prodotti e il nostro territorio a tutti coloro che verranno

per l’occasione in Italia”. Così ha introdotto Cesare Cecchi, presidente di Confindustria Siena, a nome anche dei presidenti di Confindustria Arezzo e Gros-

seto, il convegno dal titolo “La Toscana del Sud verso l’Expo 2015” svoltosi presso La Bagnaia Resort nel mese di giugno, sulle opportunità che questo evento di rilievo

mondiale rappresenterà per le imprese italiane e quelle del territorio toscano in particolare. Dopo il saluto di Bruno Valentini, sindaco di Siena,

Concept di Expo 2015


CONFINDUSTRIA SIENA e di Gabriele Gori, responsabile Area Corporate Banca Monte dei Paschi di Siena, si è svolta una tavola rotonda con Paolo de Castro, presidente Commissione Agricoltura e Sviluppo rurale del Parlamento Europeo, Alberto Mina, direttore Affari istituzionali ed Eventi Padiglione Italia-EXPO 2015, Giuseppe Oriana, delegato dalla Presidente Diana Bracco per i rapporti con territorio e sistema delle imprese associate a Confindustria con il Padiglione Italia e coordinatore di EXPO 2015 per la Toscana, Paolo Ernesto Tedeschi, responsabile Segreteria Presidente Regione Toscana e Stefano Giovannelli, direttore Toscana Promozione. Giovanni Inghirami, vice coordinatore per la Toscana per EXPO 2015, ha poi introdotto le domande degli imprenditori presenti che hanno potuto chiarire dubbi e conoscere meglio le proprie opportunità: una modalità di interazione tra le aziende e le istituzioni, che ha permesso appunto alla platea di chiarire e conoscere i punti trattati durante la tavola rotonda. “Sottolineo – ha detto il

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presidente Cecchi – che questo convegno fa parte di un percorso di azioni messe in atto da Confindustria Siena, in collaborazione con le territoriali di Arezzo e Grosseto, che mirano a rafforzare l’importanza del manifatturiero, in particolare agroalimentare, e del turismo per il rilancio dell’economia della nostra area”. Ha continuato Cecchi: “Infatti i nostri prodotti devono necessariamente essere connotati localmente e quindi legati al nostro territorio. Confindustria Siena, Arezzo e Grosseto continueranno quindi nel proprio lavoro di proposte pragmatiche e realizzabili per il rilancio dell’economia locale. Continueranno anche nel proprio lavoro di formazione alla cultura di impresa e supporto alle aziende che maggiormente in questo periodo hanno bisogno di supporti e consigli. Se è vero – ha concluso il presidente di Confindustria Siena – che con questa crisi finirà un mondo, è anche vero che ne nascerà un altro. E noi dobbiamo essere pronti al cambiamento”.

Bruno Valentini, sindaco di Siena

La platea

Expo 2015: un’occasione per far conoscere le aziende, i prodotti, il territorio della Toscana del sud

La platea

Concept di Expo 2015

Concept di Expo 2015


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“Io non navigo a vista”: aperte le iscrizioni al corso Nuova edizione per il percorso formativo di Confindustria Siena, per favorire i processi di miglioramento continuo

S

ono aperte le iscrizioni per la prossima edizione di “Io non navigo a vista”, il percorso formativo proposto da Confindustria Siena ai propri Associati e non, che prevede in particolare la possibilità di valutare le tecniche utili al processo di miglioramento continuo e allo sviluppo di modelli organizzativi più efficienti e costo-efficaci. Dopo la prima edizione rivolta al gruppo Giovani Imprenditori e la seconda riservata ad imprenditori associati a Confindustria Grosseto, la terza ha visto la partecipazione di quindici imprese i cui soci o amministratori hanno potuto avvicinare gli strumenti e le tecniche più aggiornate per la gestione aziendale. Il corso si è concluso a fine giugno con una lezione sulle ultime tendenze osservate nei modelli di organizzazione aziendale. Il cosiddetto “Management 2.0” si sta ormai affermando in realtà anche più evolute di quella locale come uno dei sistemi innovativi per disegnare i processi decisionali e di condivisione delle informazioni all’interno delle imprese. Non sono mancati esempi e visite a realtà imprenditoriali del territorio che hanno già implementato almeno alcuni

di tali strumenti. Tra queste da segnalare l’incontro con Readytec S.p.A., una delle realtà più significative nell’ambito della fornitura e customizzazione di software gestionali con filiali a Colle Val d’Elsa, Roma, Firenze, Arezzo, Milano e Monza Brianza, operante da oltre 30 anni nel mercato. Durante la visita svoltasi presso la sede di Chiusi, i partecipanti hanno potuto verificare attentamente le modalità di implementazione dell’ultimo nato tra gli applicativi informatici più avanzati per la gestione dei rapporti con i clienti (il sistema di Customer Relationship Management VTE) e di un sistema evoluto per l’archiviazione digitale dei documenti, che come ormai consentito dalla legge, consente alle aziende di ridurre in modo significa-

tivo tempi, spazi e costi per la tenuta della documentazione oltre che una sua immediata reperibilità e gestione. Readytec S.p.A. è stato partner dell’iniziativa al pari di Chianti Banca Credito Cooperativo che, come nella prima edizione, ha fornito proprio personale per la lezione dedicata al mondo della finanza aziendale. Con un approccio di taglio molto pratico e con l’intento di instaurare un dialogo tra la parte imprenditoriale e quella bancaria, è stato fatto un quadro sull’evoluzione del rapporto banca-impresa ponendo l’accento sugli elementi che oggi incidono sul buon esito di una domanda di fido e su come le imprese opportunamente debbano affiancare ai canali tradizionali di finanziamento forme di copertura diversificate (in

particolare con un’attenzione alle finalità di capitalizzazione). Chianti Banca Credito Cooperativo è oggi una realtà consolidata sul territorio a cavallo delle province senese e fiorentina, con una presenza di circa 40 filiali ed una solidità patrimoniale di assoluto spessore per la categoria. In un periodo di difficoltà come quello attuale la possibilità di rivolgersi ad un interlocutore vicino alle esigenze del territorio rappresenta un fattore da tenere in considerazione se non altro come complemento in una strategia di finanziamento complessiva. Per tutte le aziende interessate a partecipare alla prossima edizione è possibile segnalare la propria adesione scrivendo una email all’indirizzo: info@ confindustria.siena.it

Un corso che offre gli stumenti per “navigare” con successo nel mondo imprenditoriale

Un momento del corso


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Fondi strutturali Europei: quali strategie? Un incontro per l’informazione e l’aggiornamento delle imprese sulle opportunità di finanziamento

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el mese di luglio Confindustria Siena ha organizzato presso la propria sede di via dei Rossi un seminario dal titolo “La Programmazione dei Fondi Strutturali Europei 20142020”. Vi sono state illustrate le caratteristiche dei nuovi bandi comunitari e regionali, i settori di intervento, le finalità e le strategie consigliate alle aziende per il finanziamento dei propri progetti di sviluppo e investimento. Sono intervenuti Livio

Stefanelli, dell’ufficio di collegamento con le istituzioni comunitarie a Bruxelles della Regione Toscana e Paolo Tedeschi, segreteria del Presidente della Regione Toscana, che hanno illustrato le novità della nuova programmazione dei fondi comunitari per il periodo 20142020. “La particolarità dell’evento – ha detto Alessandro Coppi, dell’Area Finanza di Confindustria Siena – è stata la possibilità per le aziende di venire a contatto con due rappresentanti istituzionali ma effettiva-

Il tavolo dei relatori

mente operativi nel settore dei bandi UE. Questo ha permesso domande e chiarimenti importanti per le strategie da adottare per i progetti aziendali per la cui consulenza alla redazione e presentazione Confindustria Siena è a disposizione degli

Hotel Minerva, nel cuore di Siena Via Garibaldi, 72 • 53100 Siena (Italy) • Tel. +39 0577 284474 www.albergominerva.it info@albergominerva.it

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Associati”. Confindustria Siena si conferma attiva quindi nell’informazione e nell’aggiornamento delle imprese sulle opportunità future in tema di finanziamento per investimenti in ricerca, sviluppo, innovazione e aggregazione.


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Sinnova, formazione per l’innovazione Tra gli obiettivi del progetto “Sinnova” lo sviluppo e la ricerca di nuovi materiali

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ssoservizi Siena e Fondimpresa, in partenariato con il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze, realizzano il progetto AVI/74/11 SINNOVA - Percorso di Formazione per l’Innovazione delle PMI manifatturiere senesi (Avviso 3/2011 Fondimpresa) che coinvolge ASF Enterprise S.r.l., Capannoli S.r.l., Digar S.r.l., Etrusca S.p.A., KW Apparecchi Scientifici S.r.l., Tecna S.p.A. e Zapet S.r.l. Tra gli obiettivi che si in-

tendono realizzare vi sono lo sviluppo e la ricerca di nuovi materiali e la produzione di articoli per ampliare la gamma dei prodotti; trovare nuove strategie di comunicazione sul modello web 2.0; ottimizzare i costi di smaltimento e favorire una maggiore sostenibilità ambientale dei prodotti; sviluppare competenze di carattere trasversale per gestire processi di innovazione tecnologica ed organizzativa; promuovere una cultura dell’efficienza, in grado di poter facilmente rispondere ai repentini cambiamenti

del mercato con nuovi prodotti innovativi e ecosostenibili; migliorare la definizione di ruoli, mansioni, deleghe e responsabilità all’interno dell’impresa; individuare nuove opportunità di business, focalizzandole sulla possibilità di creare un prodotto innovativo; diffondere la cultura lean e dell’efficienza, la cultura della riduzione degli sprechi e dei costi attraverso un sistema di comunicazione efficace. Ricordiamo inoltre che FONDIMPRESA, il fondo interprofessionale per la formazione aziendale, concede,

mediante gli Avvisi 3/2013 e 4/2013, contributi aggiuntivi rispetto alle risorse già accantonate dalle imprese aderenti nei rispettivi Conti Formazione, per finanziare la formazione dei propri lavoratori. Le aziende interessate ad approfondire le opportunità offerte dagli avvisi, anche ai fini di valutare l’adesione a Fondimpresa, sono invitate a contattare l’AREA FORMAZIONE di Confindustria Siena (responsabile Alessandro Botti – tel. 0577 257225 - fax 0577 283025 – e-mail: a.botti@ confindustria.siena.it).

SINNOVA

Progetto AVI/ 74/ 11 Percorso di Formazione per l'Innovazione delle PMI manif atturiere senesi ( Avviso 3/ 2011 Fondimpresa) in p art enariat o con il Dip art iment o d i Archit et t ura d ell'U niversit à d eg li St ud i d i Firenze Hanno cred ut o al p rog et t o: ASF Enterprise Srl, C apannoli Srl, Digar Srl, Etrusca SpA, KW Apparecchi Scientifici Srl, Tecna SpA, Zapet Srl


TECNOPEL: PELLI ECOLOGICAMENTE TRATTATE TECNOLOGIA E ARTIGIANALITÀ AL SERVIZIO DELL’ALTA GAMMA

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vanta clienti sempre più numerosi anche nella pelletteria di lusso. Professionalità e puntualità nelle consegne: Tecnopel riesce a soddisfare sempre le esigenze dei propri clienti e mantenere la propria posizione nel mercato. L’azienda, che conta una quindicina di dipendenti e genera un indotto di quasi un centinaio di addetti, segue tutte le fasi della lavorazione e del trattamento delle pelli, realizzando produzioni uniche e pregiate. Tecnologia a disposizione dell’esperienza. Nelle sue lavorazioni Tecnopel coniuga la tecnica avanzata dei macchinari di ultima generazione alla sapiente artigianalità della tradizione, garantendo un risultato impeccabile in ogni dettaglio, rigorosamente Made in Italy.

publiredazionale


CONFINDUSTRIA AREZZO

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Un momento dell’intervento del presidente Fabianelli

Crescere si può, si deve! Andrea Fabianelli: “Dobbiamo assolutamente crescere, se non vogliamo soccombere”

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’Assemblea generale degli industriali aretini di quest’anno aveva un titolo che bene evidenziava cosa sia necessario fare: crescere per non soccombere. Ad aprire l’assemblea, svoltasi lo scorso 3 luglio presso l’Auditorium di Arezzo Fiere e Congressi, il Presidente Andrea Fabianelli che, con una relazione sintetica ma incisiva, ha voluto guardare avanti e non indietro, annunciando l’esito positivo dell’assemblea privata in merito alla votazione sui processi di crescita per aggregazione che stanno interessando anche le Associazioni Industriali, compresa quella di Arezzo, che da tempo è alleata con le Associazioni di Siena e Grosseto. Fabianelli ha poi ricordato la necessità di attuare subito le proposte del “Progetto per l’Italia” preparato da Confindustria in occasione delle ultime elezioni: “Due sono le cose che

è essenziale cambiare nel nostro Paese iniziando domani – ha spiegato il Presidente – la riduzione del carico fiscale sul lavoro e sulle imprese e l’ipertrofia burocratica che avvolge il nostro Paese”. Scendendo poi a livello locale, Fabianelli ha asserito: “Se crediamo negli obiettivi nazionali a sostegno del rilancio manifatturiero, nostro compito è tradurre nel territorio i principi in azioni concrete e coerenti. Dobbiamo scrivere insieme l’agenda delle cose da fare, darci tempi, metodi e momenti di verifica. La Camera di Commercio può essere la cabina di regia, il luogo di sintesi del sistema associativo per il confronto con gli amministratori. Non ci possiamo più permettere errori nella programmazione del territorio, come non possiamo permettere che il territorio sia ostaggio di comitati e di minoranze rumorose. Nonostante la crisi, nonostante la fortissima

stretta creditizia ancora in atto, nel nostro territorio si continua ad investire ed a voler investire, sia nelle piccole e medie imprese, sia nelle grandi” ha detto Fabianelli, citando alcuni esempi a dimostrazione della vitalità degli imprenditori. L’Associazione Industriali, secondo il Presidente “non può più essere solo luogo di servizi o punto di riferimento per le politiche industriali. Deve essere sempre più il luogo della collaborazione fra imprenditori” e cita i casi di gruppi di aziende che si stanno muovendo insieme, aprendo show-room all’estero, creando reti nella green economy e nell’alimentare, progettando iniziative per rafforzare le filiere produttive dell’oro moda, e azioni di rilancio per il turismo, i centri storici, l’edilizia.“Più associazionismo e più collaborazione fra le associazioni è la strada per superare insieme i problemi comuni” ha spiegato Fabianelli,

che poi ha esortato all’impegno comune imprenditori, banche, sindacati, amministratori e politici e ha concluso la sua relazione con una riflessione: “Nessuno può convincere qualcuno a fare l’imprenditore. Ma un solo evento può costringerlo a non farlo”. Dopo il saluto del Vice Ministro russo dello sport Pavel Kolobkov, che in serata ha partecipato a Castiglion Fiorentino alla premiazione del Fair Play Mecenate, patrocinato da Confindustria Arezzo, l’intervento di Rocco Girlanda (Sottosegretario di Stato Ministero delle Infastrutture e dei Trasporti) che ha elencato obiettivi ambiziosi, definendo “arterie vitali per il centro Italia e per tutto il nostro Paese” la E78 e la E45, “opere strategiche per superare finalmente il gap strutturale Nord/Sud troppo spesso confinato dalla linea degli Appennini. Infatti queste due strade incrociandosi unirebbero


CONFINDUSTRIA AREZZO l’Italia in lungo e in largo, tracciando nella terra dell’Umbria un ideale ombelico del nostro bel Paese” ha spiegato Girlanda, che ha messo anche in evidenza “l’importanza che assumono in un Paese come il nostro i piccoli Comuni, all’interno dei quali vivono le piccole imprese che sono la linfa dell’economia nazionale”. Quindi il professore emerito di Statistica Economica Luigi Biggeri ha presentato la terza edizione del “Rapporto annuale sull’economia aretina”di Confindustria Arezzo: “Come messo in evidenza dal Centro Studi Confindustria, la profonda e lunga recessione ha avuto un impatto devastante sul sistema economico e sociale del nostro Paese, in particolare sull’apparato industriale – ha detto Biggeri – quasi tutti gli indicatori economici e sociali presentano variazioni negative, sia in termini strutturali che congiunturali: sono cadute la produzione (è crollata l’edilizia), gli investimenti, i consumi, i posti di lavoro, e così via. Ciò è avvenuto anche se con minor intensità in Toscana e, pur con differenze tra i vari settori, anche in provincia di Arezzo. Soltanto l’export mostra segnali di ripresa, più consistente nella nostra provincia, e si dimostra ancora una volta la leva fondamentale per lo sviluppo economico. Tuttavia l’export da solo non basta! Dato che la domanda interna sta cadendo sempre più – ha spiegato Biggeri – siamo in attesa di una

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Carlo Dell’Aringa, Andrea Fabianelli

Antonella Mansi

ripresa che però sarà a passo lento e che richiede, per essere duratura, strategie e obiettivi di sistema condivisi e implementati in modo coeso da tutti gli operatori pubblici e privati, in particolare a livello territoriale”. Il professore ha poi illustrato le principali problematiche che si dovranno affrontare in relazione alle modifiche dei comportamenti delle imprese, in termini di equilibrio finanziario dei loro bilanci, e delle famiglie, in termini di stile di vita e di struttura delle loro spese per consumo. “E’ certamente opportuno considerare a quest’ultimo riguardo lo sviluppo di azioni per aiutare i giovani per l’affitto e l’acquisto dell’abitazione e, in tal modo, dare anche una boccata di

I relatori dell’assemblea

È necessario agire sul territorio, per il rilancio del manufatturiero ossigeno all’edilizia che è sempre un volano dell’economia e, soprattutto, dello sviluppo della domanda interna” ha affermato Biggeri. Poi l’intervento di Carlo Dell’Aringa (Sottosegretario di Stato Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali) che ha detto: “Le misure del Governo sono i primi passi importanti di un percorso che dovrà includere, da una parte, importanti interventi sul fronte della riduzione della pressione fiscale sulle imprese e sul lavoro, e dall’altra, misure a favore dei giovani per aumentarne l’occupazione, utilizzando in particolare, il programma europeo di “garanzia dei giovani” che sarà lanciato all’inizio dell’anno prossimo”. Roberto Luongo (Direttore Generale ICE Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane), ha spiegato: “La nuova Agenzia ICE vuole essere il partner ideale delle imprese per competere sul mercato globale. Per potenziare la naturale propensione all’export dei territori più dinamici del Paese, come quello aretino, l’ICE offre informazioni strategiche sui mercati esteri più promettenti, assistenza personalizzata, promozione del prodotto e servizi

formativi per l’internazionalizzazione. Sono questi i fattori chiave per supportare le nostre aziende e far ripartire la crescita”. L’assemblea è stata conclusa dalle considerazioni di Antonella Mansi (Vice Presidente di Confindustria per l’Organizzazione): “Non c’è un male oscuro che condanna Arezzo, o questa Regione o questo Paese. Chi è rassegnato al declino ha sbagliato assemblea ma è finito anche il tempo degli illusionisti, di chi pensa cioè che per ripartire sia sufficiente attendere l’inversione del ciclo internazionale – ha detto Mansi – la nostra crescita era già insufficiente prima della crisi; trascurare questa patologia significa renderla cronica, con gravi conseguenze per la stessa tenuta sociale. La ripresa non sarà un pasto gratis per nessuno, mai come questa volta. Al centro di tutte le agende devono stare sia la ripartenza, sia la reindustrializzazione, indispensabile per ricreare lavoro e benessere, perché l’industria è la sala macchine del Pil. Ricordando che ‘agenda’ viene dal verbo ‘agire’ rapidamente su tutte le nostre zavorre competitive: dalla fiscalità opprimente sulle imprese e il lavoro, alle semplificazioni, alle infrastrutture, al credito”.


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Il miglior momento per piantare un albero era vent’anni fa. Il secondo momento è adesso Le nostre imprese verso il futuro: scelte strategiche e passaggio generazionale. L’ottimizzazione del rapporto famiglia-impresa: errori frequenti e possibili soluzioni di Francesco Massignani

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E SFIDE PER LE IMPRESE FAMILIARI CON IL TRASCORRERE DEL TEMPO L’impresa familiare costituisce il modello operativo che maggiormente rispecchia le caratteristiche della cultura imprenditoriale italiana: creatività, tenacia, grande laboriosità. In Italia si stima che circa il 90% delle imprese siano di tipo familiare ma l’impresa

familiare costituisce, in tutto il mondo, la forma più comune di impresa. La Toscana e la realtà aretina non fanno certo eccezione: un’indagine dell’Economist ha evidenziato che tra le quindici aziende familiari più antiche al mondo, otto sono italiane e, di queste, tre sono toscane. La Camera di Commercio di Arezzo ha stimato che, nel 2005, il 55% delle aziende aretine guidate da

un vertice di età superiore ai 60 anni avrebbe, nell’arco di qualche anno, affrontato la prospettiva del ricambio generazionale. Il tema del rapporto FamigliaImpresa e del passaggio generazionale ha dunque oggi un rilievo particolarmente considerevole. Elemento distintivo dell’impresa familiare è la compresenza di Famiglia e Impresa. Famiglia e Impresa sono due

istituti che nascono con finalità diverse: la Famiglia assicura affetto, protezione, solidarietà; di fatto, è la sede posta a protezione delle uguaglianze. Al contrario, l’Impresa è la sede del rischio, della competizione e del merito; in altri termini, è l’istituto che deve saper gestire al meglio le differenze tra individui ai fini dello sviluppo, della competitività e della creazione di valore. L’impresa familiare si trova


CONFINDUSTRIA AREZZO a cavallo tra i valori tipici della Famiglia e quelli dell’Impresa. Assicurare pertanto un corretto equilibrio tra le necessità dell’una e dell’altra è una sfida complessa, ma irrinunciabile. (Vedi figura 1) Il trascorrere del tempo rappresenta una notevole insidia rispetto alla preservazione di questo delicato equilibrio. Secondo dati europei, circa l’85% delle imprese familiari scompare entro la terza generazione mentre due terzi non superano la seconda. Ciò nonostante, studi dimostrano che se le criticità sono opportunamente affrontate e gestite con debito anticipo, il modello dell’impresa familiare è nettamente vincente e capace di performance più elevate rispetto alle altre tipologie di impresa. ALCUNI ERRORI FREQUENTI NEL RAPPORTO FAMIGLIAIMPRESA L’esperienza mostra che nella stragrande maggioranza dei casi in cui il legame tra Famiglia e Impresa è andato in crisi, ciò è avvenuto per uno o più dei seguenti motivi:

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Tutela dell’impresa, tutela della famiglia, flessibilità: le esigenze da salvaguardare

• Non rispetto dei ruoli • Privilegio della parentela a scapito del merito • Mancanza di criteri per familiari in azienda • Carenza di informazioni • Mancanza di chiarezza circa chi deve decidere cosa • Ritrosia verso contributi esterni • Mancanza di processi strutturati nella gestione operativa • Imbarazzo/continuo rinvio vs. temi importanti, per non toccare equilibri delicati (e spesso fragili!). Infine, un errore frequente consiste nel limitare le “soluzio-

Se le criticità sono affrontate in anticipo, il modello dell’impresa familiare è vincente

FAMIGLIA (protezione e solidarietà)

Impresa familiare/ Famiglia imprenditoriale

IMPRESA (rischio e competizione/ meritocrazia)

Fig. 1 Famiglia, Impresa e... Impresa familiare

ni”solo agli aspetti fiscali e legali: la posta in gioco è ben altra. ASPETTI FONDAMENTALI DA TUTELARE/ASSICURARE E POSSIBILI AREE DI INTERVENTO Nelle imprese familiari emergono chiaramente tre esigenze fondamentali da salvaguardare in contemporanea e in modo coordinato: la tutela dell’Impresa, la tutela della Famiglia e la flessibilità delle soluzioni adottate, in relazione ai continui mutamenti che intervengono sia all’interno che all’esterno dell’azienda. A fronte di tali priorità, due strumenti di intervento risultano particolarmente utili per l’ottimizzazione del rapporto Famiglia-Impresa: • Patti/Costituzioni di Famiglia Il Patto/Costituzione di Famiglia (diverso dal “Patto di Famiglia” ex lege) dovrebbe rappresentare, per il rapporto Famiglia-Impresa, ciò che la Costituzione rappresenta per un Paese: la sintesi dei Valori, delle Regole e dei Meccanismi di Funzionamento fondamentali che uniscono le diverse generazioni (quali, ad esempio, le regole per il rispetto dei ruoli, i criteri per l’ingresso e la carriera dei familiari in azienda, i criteri rispetto ai coniugi, le regole per la circolazione delle quote pro-

prietarie, ecc.). L’obiettivo è di creare uno schema comune di riferimento e prevedere soluzioni per neutralizzare i rischi a cui gran parte delle imprese familiari è soggetta. • Sviluppo delle conoscenze e competenze necessarie per svolgere in modo eccellente il ruolo di Proprietario I ruoli operativi di Amministratore con deleghe o di Dirigente si possono e, in mancanza di qualità equivalenti, si devono delegare a persone non appartenenti alla famiglia. Al contrario, svolgere il ruolo di Proprietario in modo inadeguato non significherebbe delegare, ma abdicare. In sostanza, è necessario che tutti – attivi o non attivi nell’impresa familiare – acquisiscano le conoscenze e le competenze che permettono di gestire consapevolmente e responsabilmente il proprio patrimonio, di tutelare e sviluppare, attraverso le generazioni, l’eredità, anche morale, della famiglia, di svolgere in modo valido il ruolo di Proprietario ed eventualmente di membro del Consiglio di Amministrazione. Gli elementi la cui conoscenza è necessaria comprendono, tra gli altri: basi dell’Economia e della Finanza, capacità di interpretare il bilancio dell’impresa, conoscenze di base di diritto societario.


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Un momento della tavola rotonda

Arezzo, capitale della Net Economy I vertici di Cisco, Google Italia e Youtube si sono riuniti ad Arezzo per discutere di nuovi modelli digitali

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iganti come Google, YouTube e Cisco lo scorso 12 luglio si sono dati appuntamento ad Arezzo per discutere di accelerazione dei nuovi modelli digitali, dove TV, musica, film, internet, mobile, contenuti, proprietà intellettuale, applicazioni software, telecomunicazioni e innovazione tecnologica, alimentano una trasformazione trasversale di molti settori economici e comportano una profonda riflessione su diritti e doveri, sulla modernizzazione delle norme e sulla creazione di nuove opportunità. La tavola rotonda, organizzata dal Gruppo Terziario e Servizi Innovativi di Confindustria Arezzo in collaborazione con SIAE (Società Italiana Autori ed Editori), nell’ambito di Arezzo Wave Love Festival, si è svolta presso la sede dell’Associazione Industriali. Al summit erano presenti:

Manlio Mallia (Vice Direttore Generale SIAE), Enrico Bellini (Direttore Policy Italia Google/YouTube), Marco Salvadori (Direttore mondiale broadcasting Cisco), Alessandro Rossi (Direttore editoriale Soldi Web e Bluerating.com), Roberto Bedani (Direttore Confindustria Digitale), Marco Migli (Direttore Toscana Media Channel), Maria Grazia Cerè (Amministratore delegato Gruppo Terra), Giuseppe Bistoni (Vice Presidente Arezzo Notizie) e Mirko Lalli (Direttore marketing e comunicazione di Cloud Italia). I lavori sono stati aperti da Mark De Simone (Presidente Terziario avanzato di Confindustria Arezzo), che spiega: “Abbiamo parlato dei nuovi scenari della comunicazione digitale e dei conseguenti nuovi diritti che ne scaturiscono, in particolare abbiamo discusso di diritto d’autore nell’era del Cloud, opportunità che si stan-

no costruendo per gli autori e per le catene del valore che non esistevano fino a poco tempo fa, diritto alla privacy e dovere all’informazione, ma anche di musica, film e televisione nell’epoca della banda ultra larga e di come funzioneranno economicamente i nuovi modelli. Abbiamo affrontato temi come: dematerializzazione e

implicazioni sulla conoscenza, mobility e ubiquità di interconnessione: come si trasforma l’entertainment, il software, il sociale; nascita di nuove forme di entertainment; come cambierà il mondo della pubblicità e i nuovi servizi che potranno essere forniti ai consumatori”. L’evento è stato trasmesso in diretta streaming.

La comunicazione digitale apre nuovi scenari e richiede nuove regole



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Credit Crunch, Credit Funds: cosa serve alle imprese Normative fiscali e accesso al credito: contributo di Mario Salvestroni, presidente di Confindustria Grosseto

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ario Salvestroni, presidente di Confindustria Grosseto, in rappresentanza della Commissione Credito e Finanza di Confindustria Toscana, il 16 luglio scorso ha partecipato a una riunione con il Ministro Saccomanni e con altri autorevoli esponenti del Ministero dell’Economia, del Tesoro, della Banca d’Italia e della Cassa Depositi e Prestiti sul tema: “Credit Crunch, Credit Funds”, in cui ha presentato delle proposte per modifiche normative sia fiscali che per l’accesso al credito a favore delle imprese. Scopo della riunione era quello di proporre nuove idee di finanza per l’impresa per contrastare la terza ondata del Credit Crunch, che si sta manifestando più acuta e incisiva delle precedenti. A settembre è previsto un successivo incontro per la sintesi

comune delle idee e per entrare rapidamente nella fase operativa. “La strategia di emergenza che ho proposto a questi autorevoli interlocutori – osserva Salvestroni –, si basa sul riconoscimento che le riforme strutturali quantunque indispensabili per la sopravvivenza della nostra economia interna sono ormai tardive, quindi, obtorto collo, l’Italia deve implementare urgentemente una terapia d’urto che produca un impulso alla ripresa economica, anche limitato nel tempo (4/5 anni), con la garanzia che durante questo periodo, in parallelo, il Governo metta in esercizio le nuove regole di funzionamento del Sistema Italia”. A seguire il testo, del contributo di Mario Salvestroni in versione integrale. IL CONTESTO La congiuntura economica recessiva ha evidenziato i limiti

del sistema italiano di finanziamento alle PMI eccessivamente “bancocentrico”. La crisi economica così diffusa e duratura sta letteralmente minando la sopravvivenza delle PMI che operano sul mercato interno, colpite mortalmente da attacchi contemporanei sui seguenti fronti: 1. Cuneo fiscale/contributivo che nel 2012 ha superato il 53%; 2. Pressione fiscale intollerabile, il TTR (Total Tax Rate) cioè la pressione fiscale e contributiva totale a carico delle imprese italiane ha superato il 70%: e questo è solo il valore medio, perché in caso di scarsa redditività, la tassazione totale può essere ben superiore al 100% dell’utile lordo; 3. Introduzione nel tempo di norme fiscali che nel loro insieme costituiscono una sorta di “Minimum Tax” (imposte che

dispiegano i loro perversi effetti indipendentemente dal risultato di esercizio). Lo Stato ha voluto garantire la stabilità del gettito fiscale chiamando a contribuire anche le imprese in perdita, infatti, IRAP, addizionale regionale IRAP, IMU (su gli immobili strumentali), Tares, maggiori indetraibilità dei costi aziendali (detrazione costi su auto aziendali dal 40% al 20%) sono state recentemente inasprite, nonostante la fase recessiva già in atto. Il mantenimento forzato del gettito, anche per un periodo ridotto, provoca la cessazione inevitabile delle imprese più deboli, con costi economici e sociali, molto superiori ai precari benefici; 4. Burocrazia a carico delle PMI, asfissiante, costosa, incomprensibile, incerta, aleatoria, spesso inutile e dannosa, capace di introdurre tempi lunghissimi


CONFINDUSTRIA GROSSETO per la cantierabilità dei progetti: un contrasto efficacissimo allo sviluppo economico; 5. Brusca e insostenibile riduzione da parte del sistema bancario della liquidità messa a disposizione delle imprese: - 67 miliardi di euro in 18 mesi (da novembre 2011: 915 G€, a maggio 2013: 848 G€ - Fonte Banca d’Italia, vedi tabella pag. 51), fra l’altro questo è il valore del saldo, quindi considerando i nuovi finanziamenti erogati nel periodo in esame alle imprese performanti e in crescita, il taglio alle imprese deboli è stato al di là delle loro possibilità di rimborso che ha finito per generare un forte incremento delle sofferenze bancarie. Quanto sopra, solo per citare i temi principali. Le riforme “strutturali” che dovrebbero risolvere prioritariamente i cinque punti precedenti sono ormai TARDIVE. Infatti il tempo necessario per: a) mettere a punto le riforme strutturali indispensabili; b) condividerle tra i vari soggetti politici; c) imporle ai perdenti i diritti acquisiti; d) emanarle; e) emettere i relativi decreti attuativi; f) curare la messa in servizio

delle riforme; g) ottenere da queste, dopo il corretto avviamento, i benefici nella misura auspicata e sufficiente per la ripresa; è oggettivamente stimabile non inferiore a quattro anni. Quindi un periodo sicuramente eccedente le più benevole previsioni della vita media residua di una parte consistente delle PMI italiane. Ulteriori cadute del PIL, in presenza della spesa pubblica non adeguatamente ridotta, metterebbero a carico dei contribuenti italiani un appesantimento irresponsabile del carico fiscale, provocando l’effetto contrario alle aspettative cioè la conseguente caduta del gettito fiscale. COSA FARE? Strategia: doppio binario, cioè misure che devono essere attuate immediatamente e che forniscano un effettivo impulso alla crescita economica, anche di breve periodo (4-5 anni), per concedere al Governo, in parallelo alla ripresa, il tempo necessario e sufficiente per attuare le riforme strutturali. Soluzione: la finanza ha la caratteristica peculiare di comprare il tempo. Quindi: 1) nuova finanza per l’impresa e un piano forte e coerente per 2) spingere gli investimenti.

Almeno quattro anni per l’auspicata ripresa. Un tempo troppo lungo per molte imprese

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La crisi economica così diffusa e duratura sta letteralmente minando la sopravvivenza delle PMI che operano sul mercato interno 1) Nuova Finanza per l’Impresa, LIQUIDITA’. Nei momenti difficili le criticità diventano tossiche, il freno principale alla tenuta delle PMI italiane è costituito dai seguenti fattori concomitanti: a. la cronica sottocapitalizzazione; b. la totale dipendenza dal credito bancario quale fonte pressoché unica di finanziamento esterno; c. lo squilibrio diffuso tra fonti finanziarie a medio/lungo termine e quelle a breve termine, con impiego eccessivo delle seconde rispetto alle prime. Negli ultimi anni, alcuni interventi normativi hanno tentato di contrastare i suddetti motivi di fragilità del sistema imprenditoriale italiano, ma senza riuscire a incidere in modo apprezzabile sugli aspetti più cruciali. Un primo intervento normativo è stato la riforma della deducibilità degli interessi passivi per soggetti Ires ex art. 96 del T.U.I.R: introdotta con la legge finanziaria 2008 (L. 244/2007), la riforma, anziché contrastare la sottocapitalizzazione delle Pmi, ha finito per penalizzare le imprese più deboli. Ha innescato, infatti, in collaborazione con la normativa nota come Basilea 3, per le imprese più deboli, un pericoloso

circolo vizioso: il limite alla deducibilità degli interessi passivi ha determinato una parziale o nulla detraibilità degli stessi, con corrispondente aumento della base imponibile, quindi l’incremento delle imposte dovute, da cui il peggioramento della situazione finanziaria delle imprese e il relativo degrado del loro rating bancario, quest’ultimo ha prodotto l’incremento dei tassi passivi e inevitabilmente un incremento degli interessi a carico delle aziende, con la conseguenza di un ulteriore abbassamento della redditività a causa dei maggiori oneri finanziari e, quindi, del rating bancario, provocando inesorabilmente il crollo progressivo del merito creditizio e il collasso di un numero sempre maggiore di imprese. Le misure urgenti sono costituite da cinque specifiche modifiche normative, che ho proposto all’onorevole Gregorio Gitti il quale ha depositato in questo mese di luglio un Disegno di Legge volto a modificare le relative norme fiscali. Il giorno 24 luglio 2013, a Montecitorio, con il prof. Gitti abbiamo illustrato alla stampa l’importanza e la portata delle nuove normative per reintegrare la liquidità delle PMI, fortemente ridotta dal sistema bancario,


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Vitale l’adozione di nuovi strumenti di finanza alternativa per le imprese

attraverso nuovi strumenti che nel loro insieme costituiscono la nuova finanza per le imprese alternativa e complementare a quella messa a disposizione dal sistema bancario. 1. Un’agevolazione fiscale per il rafforzamento della struttura finanziaria delle PMI attraverso prestiti capitalizzativi; 2. maggiore efficacia dell’ACE (L. 201/2011) e quindi un impulso al processo di capitalizzazione delle imprese; 3. una mitigazione degli effetti dell’art. 96 del T.U.I.R.; 4. una modifica essenziale all’art. 32 del D. L. 83/2012, per rendere più flessibile, più economica e più vantaggiosa per le imprese l’emissione e la diffusione dei“mini bond”; 5. un aggiornamento indispensabile al comma 114 e 115 dell’art. 3 della L. 549/1995, per restituire alle PMI italiane la possibilità effettiva di finanziarsi attraverso l’emissione di obbligazioni aziendali, per ridurre uno dei tanti “spread” negativi che rendono le PMI italiane poco competitive rispetto a quelle tedesche. Sul tema del finanziamento alle PMI attraverso il ricorso al mercato del risparmio, superando l’unicità attuale dell’intermediazione bancaria è di fondamentale importanza rifinanziare e potenziare il Fondo Centrale di Garanzia, ampliando le garanzie per singola impresa per sostenere l’emissione dei mini bond, e creando nuovi strumenti, per

garantire anche i fondi costituiti da mini bond. Sarebbe opportuno che la Cassa Depositi e Prestiti affiancasse le banche sponsor nella costituzione dei vari fondi di mini bond, sottoscrivendo almeno lo stesso importo dell’istituto promotore. Inoltre devono essere promosse le modifiche normative nella direzione di agevolare o addirittura di prevedere che una quota non inferiore al 10 per cento dei fondi pensione, delle riserve tecniche delle assicurazioni e dei fondi di raccolta dei TFR delle imprese venga investita in fondi costituiti da mini bond ovvero in fondi per il credito alle PMI (Credit Funds), che sottoscrivano anche altri titoli di debito delle imprese e che destinino una quota, superiore a una soglia predefinita per legge o prevista dal loro statuto, all’erogazione dei prestiti alle imprese. Inoltre devono essere fiscal-

Il finanziamento alle PMI attraverso il ricorso al mercato del risparmio offre risposte concrete in tempi brevi

mente agevolati i piccoli risparmiatori che investono nei bond territoriali (micro bond) emessi dalle banche e destinati esclusivamente al finanziamento delle aziende locali. Queste obbligazioni di piccolo importo, emesse dalle banche commerciali, saranno pubblicizzate dalle associazioni e dalle Camere di Commercio, raccoglieranno sul mercato retail piccoli importi con tassi, a favore dei risparmiatori, concorrenziali rispetto a quelli proposti dalle banche di raccolta del risparmio, che investono prevalentemente all’estero. La banca emittente raddoppia o triplica l’importo raccolto sul mercato locale e impiega il valore totale solo per il finanziamento alle imprese locali. La durata dei prestiti alle aziende corrisponde circa alla durata dell’obbligazione bancaria, con tassi d’interesse, passivi per le imprese, calibrati in base al

rating del debitore. Le Camere di Commercio, le Regioni potranno sostenere questi finanziamenti con contributi in conto interessi. Il Fondo Centrale di Garanzia potrà fornire garanzie crescenti per compensare il rischio delle imprese più deboli. Per agevolare il tipo di impiego, la ritenuta che grava sul finanziatore è ridotta al 12,5 per cento. E’ necessario pubblicizzare il concetto che il risparmio è una cosa troppo importante per mandarlo all’estero: quindi“risparmio locale per le imprese locali”. In conclusione abbiamo tre famiglie di titoli: 1. micro bond o bond territoriali, per finanziamenti di durata da due a quattro anni di importo da € 10.000,00 fino a € 750.000,00; 2. mini bond con durata da tre a sette anni, di importo da € 1.000.000,00 fino a € 10.000.000,00; 3. mini corporate con durata tipica da cinque a dieci anni e di importo oltre € 10.000.000,00. L’idea alla base delle modifiche normative qui proposte si basa su un’azione incentrata sulla leva fiscale. La manutenzione straordinaria della disciplina dei bond è in grado di trasformare questi ultimi in strumenti di sviluppo fondamentali in termini di trasparenza dei bilanci aziendali, di visione strategica degli imprenditori e del superamento della fragilità delle nostre piccole


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Soltanto rimettendo in moto l’economia e sostenendo le imprese è possibile una vera ripresa

aziende eccessivamente indebitate a breve termine. Le PMI, infatti, avranno interesse a rafforzare il capitale proprio e a comunicare regolarmente ai risparmiatori gli obiettivi aziendali e il grado di raggiungimento degli stessi, in quanto la trasparenza dei bilanci diventerà l’elemento decisivo per ottenere il finanziamento esterno. La trasparenza farà emergere la base imponibile delle imprese, creando un sistema premiante per la lotta all’evasione fiscale. 2) Spinta agli investimenti. Il ciclo negativo in cui è caduta l’economia italiana, deve essere interrotto dando un impulso importante agli investimenti, quale unico driver della ripresa occupazionale e quindi dei consumi interni. Servono strumenti dedicati di natura fiscale e finanziaria. Agevolazioni fiscali per gli investimenti: a. Completa detraibilità degli utili reinvestiti, sia gli utili futuri che quelli accantonati nei fondi di riserva che con apposita assemblea i soci destinano a specifici investimenti. b. L’IVA sugli investimenti può essere anticipata presso il sistema bancario con la garanzia del Fondo Centrale, semplicemente comunicando l’importo all’Agenzia delle Entrate in corrispondenza della liquidazione periodica. c. Gli interessi passivi relati-

vi agli investimenti, anche quelli precedenti, non devono essere soggetti all’indetraibilità dell’art. 96 e non imponibili per l’IRAP e per le addizionali regionali IRAP. d. Annullamento delle imposte di qualunque tipo, che gravano sui finanziamenti e sull’acquisizione delle garanzie reali per gli investimenti. e. Rimodulazione delle quote di ammortamento fiscalmente ammesse. Strumenti finanziari per gli investimenti.

Fonte Banca d'Italia Bollettino 68 e 73

a. Finanziamenti fino a 25 anni, attraverso il supporto della BCE, per contenere il tasso di interesse a lungo termine a carico delle imprese. b. Favorire la stabilità dei rimborsi annuali dei mutui, introducendo il diritto del soggetto passivo del finanziamento a prolungare, con una semplice comunicazione, il periodo di rimborso all’aumentare del tasso di interesse. Quindi rimborso annuale costante in caso di incremento

nov 2011

mag 2013

Boll. B.I. 68

Boll. B.I. 73

Delta

del tasso globale passivo e automatico prolungamento del rimborso. c. Favorire il rimborso dei bond attraverso finanziamenti ipotecari per nuovi investimenti, quindi la continuità tra il bond con cui l’impresa ha iniziato l’investimento e il mutuo ipotecario per l’ammortamento del finanziamento. In conclusione: il Parlamento adotti urgentemente i provvedimenti proposti, per restituire la liquidità alle aziende e dare un impulso decisivo alla ripresa degli investimenti, queste misure potrebbero spostare gli effetti della parte più acuta della crisi di quattro o cinque anni. In questo periodo il Governo dovrebbe mettere in servizio tutte le riforme strutturali che costituiscono un ostacolo insormontabile per la nostra economia e un freno insopportabile alla crescita economica, senza la quale non sono superabili le crescenti tensioni sociali e la permanenza della nostra economia tra quella dei paesi avanzati.

%

Incremento della Liquidità bancaria

Nuovi Impieghi bancari

Attività Prestiti Imprese

915.262

848.352

- 66.910 - 7,31

66.910

Prestiti Famiglie

618.520

606.849

- 11.671 - 1,89

11.671

Titoli Pubblici

219.132

408.836

189.704 86,57

Depositi residenti

1.115.946

1.242.111

126.165 11,31

Obbligazioni Bancarie

621.991

541.670

- 80.321 - 12,91

189.704

Passività

Fonti e Impieghi Totale Attivo del Sistema Bancario Rapporto % tra Prestiti Imprese e Totale Attivo

126.165 80.321

204.746 270.025 3.986.319

4.213.720

22,96

20,13

La tabella mostra la brusca e insostenibile riduzione da parte del sistema bancario della liquidità messa a disposizione delle imprese: - 67 miliardi di euro in 18 mesi (da novembre 2011 a maggio 2013)


CONFINDUSTRIA GROSSETO

IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 52

Inform.Edu: un metodo per il riconoscimento e la validazione degli apprendimenti non formali e informali Un grande risultato quello ottenuto da Confindustria Grosseto attraverso il progetto Inform.Edu per la convalida delle esperienze formative non scolastiche, uno degli obiettivi fondamentali della strategia Europa 2020

È

giunto nella sua fase conclusiva il progetto internazionale “Inform.Edu - Il riconoscimento e la validazione dell’apprendimento informale e non formale del Sistema dell’Istruzione”, ma non per questo è concluso. Si apre infatti una fase importante di diffusione e disseminazione dei risultati raggiunti e della metodologia attuata, attraverso la distribuzione del manuale di progetto. “Confindustria Grosseto ha da sempre creduto fortemente in questo progetto – osserva il direttore dell’Associazione degli industriali della provincia di Grosseto, Antonio Capone –, e siamo molto soddisfatti dei risultati ottenuti. L’apprendimento e la valorizzazione delle competenze sono centrali in un sistema formativo orientato al lifelong learning. Il nuovo scenario, guidato dai profondi cambiamenti in atto nell’economia e nella società, evidenzia proprio la centralità degli apprendimenti individuali, nelle diverse forme e sedi in cui questo avviene. Dai luoghi non formali di apprendimento, alle imprese e i luoghi di lavoro come sedi strategiche di sviluppo delle competenze alle esperienze di alternanza scuola-lavoro, è necessario sviluppare un sistema di opportunità che consenta alle persone di vedere certificate le competenze acquisite”. La ricaduta pratica del progetto Inform.Edu è di grande

valore: condividere un modello di riconoscimento delle competenze utilizzato dai soggetti che si occupano di ‘formale’ (scuole, agenzie formative, ecc.) per favorire la creazione e l’utilizzo di ‘portfolio’ di competenze da parte degli adulti che si muovono tra i sistemi dell’istruzione e del lavoro. Un modello che da Grosseto si allarga ad una dimensione europea, grazie ai partners istituzionali ed internazionali”. Il riconoscimento delle esperienze formative non scolastiche è uno degli obiettivi fondamentali della strategia Europa 2020, per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Il riconoscimento delle competenze, oltre ad offrire al singolo un’opportunità di sviluppo professionale, determina per le imprese la valorizzazione del proprio capitale umano e la possibilità di competere sempre di più nella economia della conoscenza. Alcuni Paesi europei, come la Francia, già da diversi anni hanno una pratica consolidata nei processi di validazione delle competenze. L’Italia in questo ambito deve ancora fare molto. E’ in questo contesto che si inserisce “Inform.Edu”, che offre in modo chiaro e condiviso un modello efficace di validazione degli apprendimenti informali e non formali. Tra le iniziative conclusive

del progetto, mercoledì 11 settembre 2013, presso Confindustria Toscana, a Firenze, tavola rotonda su “Il riconoscimento delle competenze acquisite in contesti informali e non formali. Istituzioni, mondo del lavoro, volontariato si mettono a confronto sulle esperienze nazionali ed internazionali”, con la partecipazione di Jo Peeters, Steunpunt Scouting Gelderland; Ausra Giedriene, Chamber of Commerce Kaunas; Roberta Colombi, Confindustria Toscana Servizi; Riccardo Andreini, responsabile area formazione CESVOT regionale; Angiolo Falsini, consulente di orientamento; Andrea Caldelli, presidente Cesvot Grosseto; Marco Giuliani, segretario Delegazione Cesvot Grosseto. Venerdì 13 settembre, presso il Museo di Storia Naturale, a Grosseto, convegno finale su: “Il riconoscimento e la validazione dell’apprendimento informale e non formale esperienze, buone prassi e normative a confronto”. Interverranno: Emilio Bonifazi, Sindaco Comune di Grosseto e Leonardo Marras, presidente Provincia di Grosseto; Giovanni Mascagni, coordinatore del progetto; Jo Peeters, Steunpunt Scouting Gelderland; Ausra Giedriene, Camera di Commercio di Kaunas; Simone Giusti, Responsabile Scientifico del progetto. A conclusione del

convegno tavola rotonda su “La certificazione delle competenze in Italia: norme e prospettive a confronto”, coordinato da Antonio Capone, direttore Confindustria Grosseto, con la partecipazione di Simone Giusti, Gruppo tecnico nazionale per l’Istruzione degli Adulti del MIUR; Giovanni Desco, Direzione della formazione tecnico superiore Ministero dell’Istruzione; Elisabetta Perulli, Ricercatrice ISFOL; Ivana Russiello, Sistemi Formativi Confindustria. L’incontro è rivolto ai dirigenti e agli insegnanti della scuola e a tutti gli operatori del sistema di orientamento e formazione professionale.




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