ANNO XVII - NUMERO 196 - AGOSTO 2019
Periodico edito dal "Centro Studi Officina Volturno"
Ph.Titti Fabozzi ©
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"Castel Volturno ha una cultura unica al mondo!" SCANSIONAMI
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Le Universiadi e la vera bellezza di Napoli
La nuova direttrice della Reggia di Caserta Tiziana Maffei
Il Sottosegretario Micillo: «I nostri interventi sul Litorale Domizio»
Ass. Sonia Palmeri: «La nostra rivoluzione a sostegno dei giovani»
Editoriale di Angelo Morlando
ANNO XVII - NUMERO 196 - AGOSTO 2019 Periodico mensile fondato nel 2002
SIATE LA DIFFERENZA E NON FATEVI INTIMORIRE
Registrato al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere n° 678
Edito dal Centro Studi Officina Volturno
Sede Operativa Piazza delle Feste, 19 Pinetamare - 81030 - Castel Volturno (CE)
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l mese di luglio è stato portatore di tanti messaggi positivi e di rilevanza anche internazionale. Dalla cerimonia di chiusura delle Universiadi 2019, che si sono svolte nella città di Napoli, sono state diffuse tante immagini di valore universale: lo stadio San Paolo che si colora come un vero e proprio mare aperto, sempre pronto all’accoglienza, come la nostra Castel Volturno. La lettura dei diritti dell’uomo è stata emozionante. Non dobbiamo mai stancarci di ascoltare qualsiasi parola che ci ricordi il diritto alla libertà, alla dignità e all’istruzione. Non dobbiamo mai stancarci di diffondere qualsiasi parola che ci ricordi il diritto alla Vita. Ancora una volta, la parte più bella di Napoli ha inviato un messaggio di civiltà ed educazione a tutto il resto del Mondo. Dal concerto di Jovanotti a Castel Volturno, per me il messaggio più bello è stato: “Questa terra deve tornare a chi la vive, la stessa che da sempre è stata di grande accoglienza, non ve lo dimenticate”. Come non essere d’accordo. Questa terra deve tornare ai tanti giovani che la meritano e la desiderano. Questa terra è la vostra, ne avete diritto,
nonostante i tanti influssi negativi che provano a spaventarvi e portarvi a desiderare di abbandonarla. Un piccolo cenno all’informativa di garanzia ricevuta in qualità di ex presidente della Volturno Multitutility S.p.A. Non potendo entrare nel merito, in quanto le indagini della Procura e le mie indagini difensive sono ancora in corso, mi è doveroso ringraziare per le migliaia di attestazioni di stima e fiducia ricevute da tutta Italia. La mia intenzione di lasciare il ruolo di responsabile scientifico dell’Associazione Officina Volturno e del periodico Informare, mi è stata immediatamente rifiutata da tutti con parole e sentimenti che mi danno ancora maggior forza per non cedere mai. Un’altra nota è importante: centinaia di cittadini di Castel Volturno che mi hanno rivolto la loro solidarietà e vicinanza, lo hanno fatto con COMPETENZA tecnica e memoria storica dei FATTI. È un risultato straordinario che premia sicuramente anche il lavoro svolto da Informare da oltre 20 anni ed è una base costruita sulla roccia per i tanti ragazzi che da alcuni anni affollano la Redazione. TOCCA A VOI: SIATE LA DIFFERENZA E NON LASCIATEVI MAI INTIMORIRE.
Tel: 0823 18 31 649
E-mail: redazione@informareonline.com IBAN: IT 83 V030 6974 8731 0000 0001 835 Direttore responsabile
Hanno collaborato
Tommaso Morlando Angelo Velardi
Vicedirettore Web
Vincenzo Lo Cascio
Antonio Giordano
Vicedirettore
Mara Parretta
Enzo Salzano
Caporedattore
Francesco Catalno
Antonio Casaccio Caporedattore web
Francesco Cimmino
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Gian Carlo Tenore
Responsabile Organizzativo
Giancarlo Chiavazzo
Carmelina D'Aniello Rapporti Istituzionali
Giorgia Scognamiglio
Antonio Di Lauro Responsabile scientifico
Angelo Morlando
Giovanna Cirillo Giovanni Sabatino Marco Cutillo
Responsabile legale
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Maria Rosaria Race Web master
Vincenzo Marotta
Salvatore Minieri Teresa Coscia
© 2019. È vietata la riproduzione (anche parziale) di testi, grafica, foto, immagini e spazi Palmese GRAPHIC
MEDICINA
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La Melannurca Campana IGP: più antiossidanti per la salute cardiovascolare
LEGALITÀ
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Luigi Ferrucci nuovo Presidente Nazionale della F.A.I.
Sidicinum, la (travagliata) storia di un parco commerciale e spirituale
Suicidi nel carcere di Poggioreale, Don Giovanni Liccardo: «Situazione infernale»
TERRITORIO
La civiltà della plastica
Cusano Mutri, il Trentino è qui
SOCIALE Catcalls, il movimento contro le molestie verbali
Stampa: INKPRINT - Pozzuoli (NA) Chiuso il: 27.07.2019 - Tiratura: 5.000 copie
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SOCIALE
AMBIENTE
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INCHIESTA
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TRAVEL La Campania delle sirene
www.informareonline.com
pubblicitari realizzati all'interno del magazine.
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PIU' INSIEME A seguito dell’avviso di garanzia ricevuto dal nostro responsabile scientifico, Ing. Angelo Morlando, lo stesso ci ha espresso la sua perplessità nel continuare o meno con il ruolo affidatogli all’interno del giornale Informare. Noi giovani, noi giornalisti, noi attivisti per il bene di questo territorio, dinanzi a questa richiesta abbiamo rinnovato ad Angelo la nostra piena fiducia. Tutti siamo consapevoli della sua brillante competenza e del suo costante impegno per contrastare chi ha messo sotto scacco questo territorio. Seppur estremamente certi della sua estraneità ai fatti, ci fa male scrivere questa breve nota. Angelo è e sarà sempre la guida delle nostre battaglie ambientali, la nostra passione continuerà a rimanere un lume di speranza per la nostra terra. Confidando nell’attività dell’autorità giudiziaria, ci teniamo a ribadire che le nostre inchieste andranno avanti e la storia di Informare ci insegna che ad ogni colpo ci rialziamo più forti, più insieme.
A MBIENTE
IL SOTTOSEGRETARIO MICILLO INCONTRA INFORMARE «Ecco come stiamo intervenendo sul Litorale Domitio» di Antonio Casaccio | antoniocasaccio@informareonline.com
S
alvatore Micillo, sottosegretario al Ministero dell’Ambiente, è stato ospite della nostra redazione per una lunga intervista, grazie alla quale ha spiegato i suoi attuali impegni per la tutela ambientale e gli interventi da mettere in campo sul Litorale Domitio. Un territorio divenuto complesso ha ora più che mai bisogno di risposte concrete, di sinergia tra le istituzioni. La disponibilità e le costanti attività del sottosegretario Micillo ci fanno percepire finalmente un’attenzione seria da parte dello Stato in questi territori, ma siamo ben consapevoli che ancora tante emergenze hanno bisogno di una risoluzione definitiva che sia monito di una legalità spesso latitante. Iniziamo da una panoramica sulle questioni ambientali del territorio campano in generale, con un approfondimento del territorio casertano. «Partiamo dalla presenza dello Stato in queste zone e vi ringrazio per il titolo dato ad un vostro recente articolo, che è appunto “finalmente lo Stato è sul territorio”. Lo gridavo già da parlamentare d'opposizione che lo Stato deve fare lo Stato. Per il dissesto idrogeologico sono stati stanziati dal Ministero dell’Ambiente, del Sud e dalla Presidenza del Consiglio undici miliardi, per ogni territorio che necessita di essere messo in sicurezza e, ove i comuni fossero troppo piccoli, il Ministero mette a disposizione competenza e fondi. Quando ci sono difficoltà, diciamo: “Venite al Ministero, ragioniamoci assieme”. Per i Regi Lagni il focus è particolare: stiamo lavorando ad un masterplan, ci sono molti fondi ma dobbiamo focalizzarli bene. Si tratta di mettere in sicurezza un territorio e farlo riemergere». Senza controllo si rischierebbe di ritrovarsi nella stessa problematica: con questi fondi sono previsti anche strumenti di videosorveglianza e controllo? «Il masterplan a cui stiamo lavorando è ragionato su breve, medio e lungo termine. Quello in breve termine si riassume nel mettere in sicurezza, sorveglianza ed eliminazione del materiale accumulatosi nei canali. In seguito saranno previsti interventi più strutturali; è utile ricordare che parliamo di opere borboniche che erano state realizzate anche per trasportare navi. Ragionarci ora significa rimodernare un pensiero che era certamente all’avanguardia per quegli anni, ma le priorità sono sicurezza e controllo». 4
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L’ultima firma apportata dal Ministro Costa riguarda il Piano Stralcio 2019: partiranno i primi 263 interventi, alla Campania destinati 16 milioni di euro. Sono previsti altri interventi oltre ai primi 263? «Si tratta dei primi 365 milioni degli 11 miliardi stanziati. Sul dissesto idrogeologico c’è una piattaforma regionale dove i comuni possono indicare quali sono gli interventi necessari sul
« Per i Regi Lagni stiamo
lavorando ad un masterplan, ci sono molti fondi, ma dobbiamo focalizzarli bene. Si tratta di mettere in sicurezza un territorio e farlo riemergere
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proprio territorio. Il Ministro Costa ha fortemente voluto che la delega al dissesto idrogeologico passasse dalla Presidenza del Consiglio al Ministero dell’Ambiente. Altra delega importante, che prima non esisteva, era quella all’economia circolare». Dopo quattro anni, quali sono i riscontri della legge 68/2015? «Dai dati raccolti da Legambiente, le infrazioni ambientali accertate sono state 28.137, mentre sono state 35.104 le persone denunciate e 252 quelle arrestate. I sequestri superano quota 10.000. Le contestazioni da parte delle forze dell’ordine sono complessivamente pari a 1.108.
Oltre 5 milioni di euro di sanzioni sono rientrate nelle casse dello Stato. Per la legge 68/2015 la difficoltà maggiore è stata la sua attuazione: eravamo all’opposizione, inoltre alcuni magistrati credevano che mettesse in pericolo i processi antecedenti alla legge». Come si sta muovendo il Ministero per incentivare la green economy e diffondere questa nuova presa di coscienza ambientalista che potrà salvare il nostro futuro? «Parliamo di due cose complementari: da una parte la green economy che oggi rappresenta 88 miliardi di investimenti e 575 mila persone occupate. Dall’altra parte noi siamo partiti con un progetto insieme al MIUR che mettesse insieme fondi per arrivare nelle scuole. Il mio sogno è di poter arrivare a fine legislatura con un’ora di educazione ambientale obbligatoria in tutte le scuole. Sarebbe il più grande messaggio da lasciare alle prossime generazioni». Lei è l’ideatore della campagna #iosonomare. Come sta procedendo? «Anche #iosonomare purtroppo è basata su un’emergenza. Il pescato dei nostri mari è attualmente costituito per almeno il 50% da materiali plastici, quindi la catena alimentare è completamente saltata. Ingeriamo plastica ogni giorno. Il d.l. Salvamare, con la campagna #iosonomare, incentiverà i nostri pescatori a recuperare la plastica raccolta in mare. Prima a loro conveniva rigettare tutto in mare anche perchè, se l'avessero accumulato sulla barca potevano rischiare delle sanzioni. A seguito di sperimentazione di poche settimane è stato possibile recuperare circa 70/80 tonnellate di plastica. Credo che #iosonomare possa rappresentare una grande azione di tutela del mare da parte dello Stato».
C ULTURA
TIZIANA
MAFFEI «C
i tenevo a svolgere quest’incontro non all’interno di una stanza chiusa, ma in questi ambienti che per me sono magici». Tiziana Maffei, neo direttrice della Reggia di Caserta, si presenta alla stampa nel Vestibolo della dimora storica, immersa tra la bellezza del gioiello architettonico che le è stato recentemente affidato. Oltre ad essere un architetto, è docente all’Alma Mater di Bologna e Presidentessa ICOM Italia (International Council of Museums). Avendo alle spalle esperienza, conoscenza e competenze, ha voluto subito chiarire i punti di partenza della sua attività: «Per evitare sopravvalutazioni non mi farò prendere dall’ansia da prestazione. Queste prime settimane saranno momenti di ascolto e di confronto con chi è interessato al futuro della Reggia. Ho già incontrato il personale, la Camera di Commercio, Questura e Prefettura. Posso dire di aver trovato un territorio molto attento, aperto e con tante aspettative». Quello che è emerso dalla presentazione dei lavori è una grande apertura verso il territorio, la stampa, le università e tutto ciò che in maniera complementare può arricchire l’istituzione museale e contribuire a valorizzarla. «Un’istituzione museale non può non rapportarsi con l’amministrazione e con tutti gli organi del territorio, perché insieme sono al servizio della società. Bisogna interagire perché i visitatori devono diventare delle potenzialità di sviluppo per il territorio e vivere, oltre alla Reggia, anche la città e le realtà circostanti». Tiziana Maffei acquisisce le redini di un complesso che negli ultimi anni ha vissuto un forte rilancio, anche se, i dati più recenti, hanno registrato una diminuzione delle visite. «Il calo c’è stato e ora tocca a noi aumentare il numero di visitatori con una serie di iniziative e di programmazioni. Vanno prese in considerazione le varie tipologie di pubblico e si deve puntare ad intercettare le categorie che fino ad oggi non sono state inte-
la nuova DIRETTRICE DELLA REGGIA DI CASERTA di Mara Parretta | maraparretta@informareonline.com ressate alla Reggia. Non mi preoccupo molto dei numeri in sé, ma della qualità. Se ci fosse meno pubblico, ma un rapporto con il territorio più intenso, la situazione sarebbe molto più equilibrata ed accettabile». Per questo motivo, è nei piani la stesura di un accurato organigramma che, come più volte ha sottolineato la Direttrice, presuppone prima un dettagliato studio, per valutare le possibilità di realizzazione effettiva. «La Reggia merita una gestione sostenibile. Il legame col settore privato deve essere molto stretto, ma va effettuato in maniera coerente con la sua missione. La Reggia non è un contenitore vuoto, ha una storia bellissima e un’identità fortissima. Vuol dire che tutto quello che viene sviluppato all’interno del rapporto con il privato deve essere coerente con la sua attività, anche la manutenzione, e deve essere fatto con la massima trasparenza. Lo stesso discorso va fatto per gli spazi in concessione d’uso. Sono una risorsa indiscutibile e vanno utilizzati. Vorrei però, che chi usufruisse di questi spazi, contribuisse a trasmettere il "messaggio della Reggia". Chi entra e vive questo luogo non può trattarlo indifferentemente. Vista l’identità culturale della Reggia, collaborare con un ente esterno deve essere un vantaggio prima per l’ente e poi per noi». L’intenzione della direttrice è anche quella di istituire una stretta collaborazione con le università. «Ben venga ogni forma di indagine, ricerca e conoscenza con l’università che può essere di supporto per la Reggia, anche in forma di tirocini e laboratori. Visto che la Reggia è una città culturale, oltre alle indagini sul piano museale, mi piacerebbe essere affiancata in approfondimenti di statistica, economia e agraria». Come ogni bene culturale, per il valore che as-
sume, la Reggia di Caserta potrebbe azionare il motore economico del nostro territorio e rappresentare un’opportunità di occupazione non indifferente. «Credo che il paesaggio culturale sia l’economia stessa dei nostri luoghi. Però un complesso del genere può diventare una fonte occupazionale a condizione che la qualità sia massima. Il tema dell’autonomia dei musei è un tema complesso, proprio perché i provvedimenti giuridici hanno previsto un’autonomia parziale. Rispetto al personale, per esempio, non si ha una gestione autonoma e questo va ad intaccare le politiche di sviluppo economico e occupazionale e la qualità dello staff dei luoghi. Se ciò non viene superato, diventa tutto più difficile. Un museo non può essere autoreferenziale. Per promuovere e diffondere la cultura bisogna operare in una serie di relazioni».Le parole di Tiziana Maffei rivelano una donna determinata a voler valorizzare e custodire un patrimonio per beneficare il territorio e le comunità circostanti, che durante il suo mandato saranno ampiamente coinvolti.
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ESCLUSIVA
Teatro San Carlo
Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni
di Emmanuela Spedaliere e Giovanna Cirillo | Ph. Francesco Squeglia
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hiunque abbia mai varcato la soglia del Teatro San Carlo sa bene cosa accade dopo aver superato l’ingresso, ci si ritrova improvvisamente catapultati in un mondo magico. Proprio in quell’istante in cui si spengono le luci, dove tutto sembra fermo da tempo, sta per arrivare il colpo di scena. Cullati da uno scenario settecentesco, tutto è pronto per vivere una nuova storia. D’altronde, che il Teatro San Carlo sappia come toccare gli animi, è risaputo. Grande successo ha riscosso Cavalleria Rusticana, un’opera in un unico atto di Pietro Mascagni, tratto dalla novella omonima di Giovanni Verga, andata in scena al Teatro San Carlo dal 6 al 14 luglio 2019, con la direzione artistica di Juraj Valčuha, la regia di Pippo Delbono e la scenografia di Sergio Tramonti (Premio Abbiati 2012). Noi di Informare eravamo presenti grazie al gentilissimo invito ricevuto dalla Sovrintendente R. Purchia e dalla dott.sa E. Spedaliere. L’emozione per il Preludio e per l’aria in siciliano “O Lola ch’ai di latti la cammisa” sono davvero uniche. “Scusate l’intromissione sono il regista di questo spettacolo”. Con un prologo sul senso della perdita e del lutto che cerca resurrezione, Pippo Delbono spalanca le porte del paesino dell’entroterra siciliano dove si consuma la fosca vicenda verghiana, fiaccola di un grumo di sentimenti arcaici.
Un’opera vista da e con il cuore, che per Delbono, citando Ungaretti, è il paese più straziato. Ripulita sapientemente dagli stereotipi di sicilianità esasperata ed i toni folcloristici, questa è una Cavalleria solenne, investita dalle luci spiazzanti di Alessandro Carletti, un poema agonistico e umano che deraglia verso le ferite della passionalità distruttiva. Questa non è solo una storia d’amore, è una storia di intrighi, di gelosia e di passione. È il giorno di Pasqua, quando un tradimento diventa di dominio pubblico. Tutto è pronto affinché l’opera inizi. La scena è tendenzialmente buia e a fare da padrone tra le luci è il colore rosso che sembra annunciare cosa sta per accadere. Rosso come il sangue, rosso come la passione di Turiddu e Lola. I costumi di Giusi Giustino completano la scena ombrosa e sono principalmente di colore nero. ll nero che può rappresentare l’eleganza, ma anche il cordoglio. Foto in esclusiva di Francesco Sgueglia gentilmente concesse dal Teatro San Carlo
Cell. 348 8780087 |Via Fabbrica, 5 - 81020 - San Marco Evangelista (CE)
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M USICA
LA MUSICA SINFONICA DEL MAESTRO VALTULINI RIPARTE DALL’ITALIA di Carmelina D'Aniello | danielloalina@informareonline.com
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ivenuto compositore e direttore d’Orchestra della Philharmonia Orchestra di Londra a soli 25 anni, Alessandro Valtulini, classe 1987, oggi è il più giovane compositore e direttore d’Orchestra al mondo, segnando ben 10 Primati Mondiali Assoluti. Un amore per la musica, quello di Valtulini che, tra le grandi sinfonie di Ludwig van Beethoven e di Wolfgang Amadeus Mozart, lo accompagna dai primi anni di vita. «Intorno ai 4 anni ho cominciato da solo, con la mia immensa passione (pur non sapendo leggere lo spartito) a tentare di suonare qualcosa su una tastiera della Bontempi, che i miei genitori mi avevano regalato essendosi accorti del grande innamoramento per la musica classica», ha dichiarato il maestro Valtulini. Gli studi al Conservatorio di Brescia, affiancato da professionisti dal calibro di Roberto Tolomelli e Umberto Michelangeli per la Direzione d’Orchestra, Paolo Ugoletti per la composizione e Giampaolo
CERTIFICAZIONE AMBIENTALE UNI EN ISO 14001
Stuani per lo studio del pianoforte, hanno scandito e accompagnato i suoi primi passi da Compositore – Direttore d’Orchestra. «Allora avevo già scritto diverse opere sinfoniche. Tolomelli e Michelangeli se ne erano già accorti analizzando in dettaglio le mie partiture sinfoniche. Ai tempi del Conservatorio avevo già scritto la Sinfonia “Immortal” “Die Neue Zeit der Großen Musik” e “For the Dudy”». La scelta di volare a Londra, dove a venticinque anni ha debuttato al comando della Philharmonia con ben nove Premieres Mondiali, è legata all’impossibilità di dedicarsi alla musica sinfonica nel suo paese d’origine, spesso e volentieri, rivelatosi incapace di difendere e valorizzare il proprio patrimonio culturale e i propri artisti. «Debuttare così giovane al comando della Philharmonia è stato il massimo traguardo a cui potevo ambire nella mia vita. Il tutto lo devo a David Whelton, il Managing Director della Philharmonia Orchestra, l’uomo che su di
me ha scommesso tutto». Deciso a scommettere su “l’Italia patria dell’arte”, il 23 maggio 2019, Alessandro Valtulini ha fatto rientro nel Bel Paese. Con un grande Concerto Sinfonico con la Filarmonica Italiana – l’Orchestra Sinfonica Internazionale – il maestro bergamasco ha diretto 4 Premieres Mondiali e una Premiere Nazionale al Teatro Creberg di Bergamo. Occasione nella quale è stata suonata in prima mondiale assoluta anche l’opera sinfonica ufficialmente dedicata al Presidente Mattarella, la Kaiserlich Triumphierend Overture. Un brano che descrive l’arrivo dei corazzieri in parata militare a cavallo al Quirinale e la personalità del Presidente Mattarella. La collaborazione con il Ministero dei Beni Culturali, con Franceschini prima e Bonisoli poi, ha tracciato la strada di ritorno in patria del maestro Valtulini. La “Valtulini Opera Omnia”, infatti, integrale di ben 22 opere sinfo-
niche per un totale di ben 9 ore e 10 minuti di musica, è considerata una delle più grandi operazioni mai viste nella storia della musica. Soprattutto se si pensa che parte dei Maestri immortali del sinfonismo hanno cominciato a scrivere la loro prima sinfonia a 30 anni. Un progetto, quello del “Valtulini Opera Omnia”. Un’iniziativa che, oltre a sancire il trionfo della musica sinfonica in Italia, è dedicata anche alla promozione in Europa e nel Mondo di artisti e lavori che, ingiustamente, sono stati dimenticati nel passato e che oggi, raramente eseguiti, non hanno più alcuno spazio nel panorama musicale. Riportare la musica sinfonica nei grandi teatri italiani, al Teatro la Scala come al San Carlo di Napoli, lì dove è nata la musica e da dove ripartirà quella sinfonica, è l’ambizioso progetto che sta conducendo il giovane maestro Valtulini, a cui la cultura italiana sarà sempre debitrice.
Spiaggia attrezzata Piscine con acqua di mare Ristorante Pizzeria Viale del Mare - Pinetamare, Castel Volturno (CE) Tel. 081 509 03 60 | Cell. 320 79 59 902 | e-mail: info@complessoidelfini.it | www.complessoidelfini.it
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI
FEDERICO II
RUBRICA A CURA DI:
Rubrica curata dal Prof. Gian Carlo Tenore
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DIPARTIMENTO DI FARMACIA VIA D. MONTESANO 49, 80131 NAPOLI
La melannurca campana igp: più antiossidanti per la salute cardiovascolare
rmai è ampiamente risaputo che “una mela al giorno toglie il medico di torno”, poiché questi frutti hanno importanti proprietà benefiche e terapeutiche per il nostro organismo. Tali proprietà sono da attribuire al contenuto di polifenoli, composti dall’elevato potere antiossidante, che la natura ha voluto in alte quantità, in particolare, proprio in questi frutti. La mela annurca, in tal senso, risulta una delle cultivar più benefiche, non a caso ha ottenuto il riconoscimento europeo di prodotto IGP. Ma com’è possibile che tale preziosa mela campana sia così ricca di polifenoli, ben al di sopra della media delle mele più commerciali? Ebbene, la risposta è da ricercare nel particolare disciplinare di produzione di tale mela, ossia, la pratica agronomica che è prevista dal regolamento europeo per la raccolta e la produzione. In breve, le mele annurche devono essere raccolte acerbe e fatte maturare su delle distese di paglia (definite melai) per circa un mese. Ciò è necessario perché, se la mela maturasse sull’albero, sarebbe destinata a cadere e a marcire sul terreno, a causa del suo picciolo molto più corto e debole delle altre mele. Tuttavia, la maturazione sui melai espone la mela all’attacco di parassiti ed insetti, ma il produttore non può utilizzare pesticidi per difendere i frutti, dato che il disciplinare IGP lo vieta. Ma ecco che, come al solito, la natura viene in soccorso dei suoi figli: nei secoli, la mela annurca ha imparato a difendersi da sola durante il periodo di maturazione sulla paglia, aumentando fortemente il proprio contenuto di polifenoli, che da sempre fungono da pesticidi naturali per le piante. Tra l’altro, ecco spiegato il perché, seppure la raccolta viene fatta in autunno, il consumo di mele annurche si protrae fino all’inizio dell’estate. La ricerca scientifica ha recentemente dimo-
strato che i polifenoli naturali possono avere dei benefici effetti sul sistema cardiovascolare, attraverso un consumo quotidiano di alimenti vegetali che li contengono. Alla luce di quanto detto precedentemente, quale miglior candidato, la mela annurca, da introdurre nella dieta di tutti noi per godere dei suoi effetti positivi su cuore e vasi sanguigni! A tal proposito, i laboratori NutraPharmaLabs del Dipartimento di Farmacia, Università di Napoli “Federico II”, hanno realizzato uno studio clinico per verificare gli effetti dei polifenoli delle mele annurche su una particolare condizione pa-
I polifenoli naturali possono avere dei benefici effetti sul sistema cardiovascolare attraverso un consumo quotidiano di elementi vegetali che li contengono
grande sorpresa, alla fine dello studio, quasi tutti i soggetti avevano incrementato l’autonomia di movimento di circa il 69%, il che significa raddoppiare la capacità di percorrenza delle distanze, senza accusare alcun dolore. Ad un’attenta analisi doppler, risultava che ciò era dovuto alla forte diminuzione dell’ostruzione delle arterie delle gambe. Il grande orgoglio per i laboratori della “Federico II” è stato di riuscire a pubblicare tale studio sulla prestigiosa rivista internazionale The American Journal of Cardiology. È veramente il caso di dire: la mela annurca è sbarcata in America per la cura del cardiovascolare!
tologica, definita “claudicatio intermittens”. Questo strano termine indica l’incapacità di certi soggetti di percorrere anche brevi distanze (inferiori ai 100 metri), a causa di forti dolori, provocati da gravi ostruzioni delle grosse arterie delle gambe. Ovviamente, tali soggetti non hanno soltanto una difficoltà motoria, ma, purtroppo, anche un elevato rischio di mortalità per infarto, circa 6 volte superiore rispetto ai soggetti normali. Ebbene, tale studio ha previsto l’arruolamento di 180 pazienti affetti da tale patologia e la somministrazione agli stessi di un prodotto nutraceutico a base di estratto polifenolico da mele annurche. Lo studio ha avuto la durata di circa sei mesi. Con
Laboratorio Analitico Domizio S.a.s. CHIMICA CLINICA - IMMUNOMETRIA - ALLERGOLOGIA - MICROBIOLOGIA - MEDICINA DEL LAVORO
Tel/Fax: 0823 852796 | E-mail: laboratoriolad@libero.it Via Domitiana km 32,400 - 81030 - Castel Voltuno (CE)
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Società Gestione Riscossione Tributi
Siamo oltre 25 sedi in Italia La SO.GE.R.T. S.p.A. opera in diversi comuni sul territorio nazionale. Informati sul sito www.sogertspa.it su come raggiungere la sede a te più vicina e su quali sono gli orari di sportello. La SO.GE.R.T. S.p.A. gestisce il servizio di tesoreria per i Comuni ed i Consorzi e la riscossione e l‘accertamento dei tributi degli enti locali. Da sempre al servizio delle amministrazioni comunali e dei contribuenti, grazie alla vasta esperienza maturata in anni di attività e al suo servizio informatico.
Tel: 0823 766004 | E-mail: sogert.presidente@libero.it Orari: Lun-Ven dalle 9:00 alle 13:00 Via Regina Margherita, 20 - 81030 - Castel Volturno (CE)
F OOD
Sfizzicariello: contro lo stigma del disagio psichico di Giorgia Scognamiglio | giorgia_scognamiglio@informareonline.com
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uarantuno anni fa, la legge 180 chiuse definitivamente i manicomi in Italia restituendo ai pazienti psichiatrici la dignità di esseri umani. Franco Basaglia, psichiatra e promotore della riforma, aveva compreso che “se la malattia mentale è, alla sua stessa origine, perdita dell’individualità e della libertà, nel manicomio il malato non trova altro che il luogo dove sarà definitivamente perduto, reso oggetto della malattia e del ritmo dell’internamento”. Ma come insegna anche la storia, abbattere un muro fisico è facile, la parte più lunga e difficile è distruggere quei muri che imprigionano il pensiero. Infatti, nonostante siano passati anni dallo smantellamento degli ospedali psichiatrici, c’è tanta strada da fare per abbattere i muri del pregiudizio e dello stigma ed evitare l’esclusione e la segregazione di persone con disagio mentale. Non è un caso la frase dipinta su una delle pareti di Sfizzicariello, che recita: “Voi mi odiate e io per dispetto vi amo tutti”, riassumendo la filosofia del riscatto di chi, senza iniziative come questa, sarebbe costretto a vivere ai margini della società. Sfizzicariello si trova nel centro storico di Napoli, precisamente al Corso Vittorio Emanuele, ed è una “gastronomia sociale”, ovvero un negozio che fonde il gusto della tradizione napoletana all’inclusione sociale. Una realtà unica e speciale che rappresenta anche una novità dal punto di vista delle imprese sociali, in quanto non gode di finanziamenti pubblici. All’interno ci sono circa dieci ragazzi con problemi di schizofrenia, psicopatia, disagi comportamentali e sociali che
si alternano in varie mansioni, supervisionati da Carlo, Lina e Lisa. «Inizialmente si pensava a un luogo dove fare iniziative artistiche, ma questa visione la vedevo un po’ ristretta, se non stigmatizzata» – spiega Carlo – «Mi sembrava più giusto stare in un posto a contatto diretto col pubblico dove le persone non sarebbero dovute venire da noi solo perché eravamo una cooperativa sociale. Serviva un posto che funzionasse come attività commerciale, ma allo stesso tempo avesse in sé il sociale. La cosa più banale che mi venne in mente fu quella di aprire una gastronomia: semplice come idea, ma rivoluzionaria perché non esistono realtà dove le persone con disagio psichico lavorano, cucinano, lavano, stanno dietro al bancone». «Molti non sanno che si tratta di una cooperativa. La prima cosa che gustano è il cibo e solo più tardi capiscono» – continua Lina – «Qui c’è molto affetto, molta unione e rispetto per la persona. Nessuno è migliore dell’altro, siamo esseri umani e sbagliamo tutti. Il messaggio più importante è che i ragazzi con disagio psichico non si devono emarginare. Per la fragilità e la cattiva autostima che si ritrovano, l’emarginazione è la fine della vita». Da Sfizzicariello i ragazzi imparano ad essere autonomi nella vita di tutti i giorni, a prendere i mezzi pubblici da soli, a rispettare regole e turni. Imparano a stare insieme, a supportarsi a vicenda e a relazionarsi con le altre persone. Imparano a recuperare il contatto con la realtà, già caratteristico della patologia e che andrebbe ad acuirsi stando troppo tempo in casa. E soprattutto, partecipi di una realtà nella quale possono sentirsi utili e bravi, recuperano autostima e acquistano uno scopo. «Le mie ore non passavano mai. Stavo sempre a casa a guardare il soffitto, mi scocciavo moltissimo, non avevo amicizie, stavo sempre da solo. Poi all’improvviso un raggio di luce, mi sono ritrovato in mezzo a persone che mi vogliono bene veramente. Prima non sapevo che fare, adesso ho uno scopo. Anche dal punto di vista economico, prima dovevo sempre chiedere aiuto a mamma, adesso mi sento più autonomo» –
Sede di Napoli
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a parlare è Francesco, uno dei ragazzi. La cooperativa è la dimostrazione che l’aspetto relazionale è la migliore psicoterapia. Alcuni, infatti, grazie a questo lavoro e ai vari corsi organizzati, hanno compiuto molti passi in avanti. A confermarlo è lo psichiatra Luigi Varuzza, che periodicamente fa visita ai ragazzi per fare il punto della situazione: «Ci sono voluti anni, ma gli aspetti patologici si sono ridimensionati». Poi spiega: «Le nostre fantasie sono aspetti deliranti della nostra mente che riconosciamo come fantasie. Invece il malato mentale ha difficoltà a distinguere ciò che fa parte del suo mondo fantasmatico interno e ciò che fa parte della realtà. È ciò che spaventa di questi ragazzi, la loro emarginazione nasce dalla paura di affrontare questi fantasmi interni. Escludendo loro proviamo, non riuscendoci, ad escludere i nostri fantasmi» Insomma, Sfizzicariello è un luogo dello spazio in una zona quasi deserta di Napoli. Ma anche, e soprattutto, un luogo dell’anima che fa da cura non soltanto ai ragazzi problematici, ma ai clienti stessi, che una volta entrati si ritrovano avvolti in una luce difficile da dimenticare. Il posto giusto per incontrarsi con il “diverso” e per rapportarsi con un mondo con cui spesso, per timore o pudore, si preferisce non entrare a contatto. Perché è vero che non ci sono più fili spinati a segnare il confine tra loro e il resto della società, ma è compito nostro cambiare davvero le cose e imparare a convivere con i fantasmi della nostra mente. È compito nostro far cadere il muro.
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L EGALITÀ
INTERVISTA A luigi ferrucci, nuovo presidente nazionale della f.a.i di Antonio Casaccio | antoniocasaccio@informareonline.com
da sx Tano Grasso e Luigi Ferrucci
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l racket è ancora oggi un fenomeno presente su tanti territori, le richieste di pizzo continuano ad essere una realtà difficile da estirpare e, soprattutto, da denunciare. È proprio per arginare questo problema, offrendo sostegno legale e umano, che interviene la F.A.I. (Federazione delle associazioni Antiracket e Antiusura italiane). Ci inorgoglisce particolarmente annunciare che a guidare questa bella realtà, con il ruolo di presidente nazionale, è un operatore di Castel Volturno che ben conosciamo: Luigi Ferrucci. Proprietario del “Bambusa Pub”, situato in territorio castellano, Luigi porta con sé una storia fatta di resistenza alla camorra e di impegno attivo a sostegno di chi, come lui, ha denunciato delle richieste di pizzo. «Io e i miei colleghi non ci siamo svegliati un giorno pensando di fare i professionisti dell’antimafia» – afferma Luigi Ferrucci – «ma perché nel nostro negozio, un giorno, è entrato qualcuno a chiederci il pizzo e a minacciarci, come nel
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mio caso. Sono stato minacciato di morte, ho denunciato e grazie ad un Colonnello dei Carabinieri ho conosciuto Tano Grasso, fondatore del movimento antiracket. Da lì è cominciata la mia esperienza». Un importante impegno di rappresentanza, il quale cammina congiuntamente con una nuova organizzazione della Federazione, la quale conta la presenza di 55 associazioni antiracket: «La mia elezione va di pari passo con un nuovo corso della FAI, dato che ne è stato allargato il direttivo con l’intento di riuscire a coprire più territori della nostra nazione, con particolare attenzione per il nostro Mezzogiorno. Questo nuo-
dice che nessun operatore che ha denunciato e che fa parte dell’associazione, è stato mai toccato». Sorge spontaneo domandarsi se spesso sia tutto così semplice. «Qualche attività è stata distrutta per vendetta, ma c’è una legge dello Stato che consente di essere risarciti» – spiega il Presidente– «Allora se raccontiamo queste cose, ma resta la difficoltà di far aumentare le denunce, qual è il problema? Il problema è che spesso si ha la convenienza a non denunciare. Questo perché è un percorso difficile, perché ci si espone, perché si fa una scelta pubblica di legalità. Noi siamo molto duri con chi, a seguito di ac-
Credere nelle istituzioni e nello Stato resta una prerogativa imprescindibile per un percorso di legalità, ma spesso le inefficienze, di natura soprattutto burocratica, possono incidere fatalmente sulla determinazione dell’operatore economico che si appresta a denunciare. «Quando intercettiamo una vittima illustriamo gli strumenti che mette a disposizione lo Stato, ma nell’atto pratico delle volte questo sistema non funziona al meglio; magari una pratica in prefettura non va bene, oppure per motivi tecnici, spesso incomprensibili dalla vittima, non scattano subito gli arresti. Queste cose minano la fiducia e fanno sì che accada ciò che non vorremmo mai: la vittima ti chiama e ti dice che gli conveniva non de-
certamenti investigativi da parte delle forze preposte, continua a negare di pagare il pizzo. Per noi queste persone dovrebbero essere incriminate per favoreggiamento». Spesso ascoltiamo anche di persone che lamentano uno scarso interessamento dello Stato verso le loro denunce, ma su questo punto Luigi è fermo e precisa: «Non è vera la storiella che lo Stato abbandona chi vuole intraprendere questo percorso difficile, la nostra esperienza ci dice esattamente il contrario».
nunciare. Fortunatamente questa non è la norma, ma sono situazioni che dobbiamo cambiare». Una forte consapevolezza e onestà intellettuale che fa assolutamente ben sperare sull’azione operativa futura della F.A.I., infatti, la Federazione sta mettendo mano ad una “operazione trasparenza” che coinvolgerà il loro sito web. Non ci resta che augurare il meglio a Luigi e a tutti i suoi compagni di viaggio, ben consapevoli che, come afferma egli stesso: «I nostri territori sono quelli più martoriati, ma sono quelli che hanno i migliori anticorpi. Spesso vediamo nelle nostre zone uomini e donne che con serietà portano avanti la battaglia antimafia».
« I nostri territori
sono quelli più martoriati, ma hanno i migliori anticorpi
vo corso vede un’azione ancora più collegiale del gruppo dirigente, col fine di rilanciare il lavoro delle associazioni antiracket». Ed è un rilancio che ha bisogno di un grande impegno che, come ci spiega Luigi, passa attraverso il contatto con l’imprenditore minacciato: «Quando intercettiamo un operatore sotto estorsione, gli spieghiamo che è possibile uscirne con ragionevole sicurezza, grazie al nostro intervento. La storia trentennale della F.A.I. ci
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OASI SOGLITELLE: I PRIMI RISULTATI DEL PIANO DI SICUREZZA
di Giovanni Sabatino, presidente dell’Ente Regionale Riserve Naturali Foce del Volturno – Costa di Licola – Lago di Falciano
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a zona umida delle Soglitelle è una zona del Litorale Domitio con decine di stagni artificiali poco profondi, martoriata dal fenomeno del bracconaggio (la caccia svolta in assenza di normative che la legittimano). Per salvaguardare questa area è partito un piano di sicurezza coordinato dai carabinieri forestali e dall’Ente Riserva Foce Volturno Costa Licola Lago Falciano, a cui hanno partecipato anche le Guardie ambientali e le Guardie volontarie Lipu. Lo scopo del piano è garantire il presidio delle Soglitelle e delle aree contigue del Litorale Domitio, per contrastare il degrado ambientale e la perdita di biodiversità, dovuti all’abbandono di rifiuti, al bracconaggio e ad ogni forma di illegalità ambientale. In seguito all’applicazione, il piano ha già generato i primi riscontri positivi. Durante un giro di pattugliamento è stata rilevata una discarica abusiva di rifiuti, tra cui rotoli di guaina bituminosa, materiale di risulta edilizia, bidoni di pittura etc. Il Presidente dell’Ente Riserve Naturali Regionali Foce del Volturno Costa di Licola Lago di Falciano ]], soddisfatto del piano e dei primi risultati ottenuti, ha dichiarato: “Siamo fortemente determinati a contrastare l’abbandono di rifiuti ed ogni altra forma di illegalità ambientale e facciamo appello ai cittadini onesti affinché, anche in forma anonima, denuncino quelli che possono essere i malintenzionati.”
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la civiltà della plastica di Enzo Salzano | Ricercatore C.R.O. Syneos Health
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e dovessimo definire la nostra civiltà sulla base del materiale più utilizzato, similmente alle epoche remote (civiltà della pietra, del ferro, del bronzo) di sicuro non esiteremmo a definirla: Civiltà della Plastica, tanto è diffusa. Gli anni ’60 vedono il definitivo affermarsi della plastica come insostituibile strumento della vita quotidiana. Il materiale irrompe nel quotidiano e nell’immaginario di milioni di persone, permettendo a masse sempre più vaste di accedere a consumi prima riservati a pochi privilegiati, rivoluzionando abitudini consolidate da secoli e contribuendo a creare lo “stile di vita moderno”. Ormai avvolge tutto, anche il cibo che mangiamo ogni giorno. Più del 40 per cento è utilizzata una sola volta e poi buttata via. Ogni anno finiscono nei mari dagli 8-12 milioni di tonnellate, calcolando solo la plastica che si riversa in mare dalle regioni costiere, soprattutto in Asia, attraverso i fiumi, per poi finire negli oceani. La maggior parte della plastica non è biodegradabile e rimane nell’ambiente per centinaia di anni. Si calcola che un filtro di sigaretta permanga nel mare almeno 5 anni, un bicchiere di plastica 50 anni, una busta di plastica 20 anni, un filo da pesca 600 anni. La plastica rappresenta il
principale rifiuto rinvenuto sulle spiagge e sui sedimenti marini. Stime recenti calcolano negli oceani la presenza di oltre 150 milioni di tonnellate di plastica e che, senza un’efficace e rapida azione che ne inverta rapidamente la rotta, si prevede che gli oceani conterranno 1 tonnellata di plastica ogni 3 tonnellate di pesce entro il 2025 ed entro il 2050 ci sarà, in peso, più plastica che pesce. Una prospettiva drammatica che ha fatto gridare al direttore del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, nel corso della conferenza Internazionale di Nairobi tenutasi nel Dicembre 2018: «È l’Apocalisse degli oceani». Ma come siamo arrivati a tutto questo? Quando abbiamo iniziato ad accorgerci del lato oscuro del miracolo della plastica? La plastica ha cambiato le nostre vite e le ha migliorate. Ha rivoluzionato la medicina, reso più leggero gli arei e le automobili, riducendo il consumo dei carburanti e l’inquinamento. Le bottigliette d’acqua “usa e getta” che forniscono acqua potabile alle popolazioni più povere, con gravi problemi di approvvigionamento idrico, ogni giorno salvano vite umane, ma al contempo creano un grave danno all’ambiente. La plastica non è negativa in sé, ma lo è l’uso sbagliato che ne facciamo. La produzione è diventata talmente frenetica che, in pratica, quasi la metà della plastica prodotta dall’invenzione del materiale a oggi, è stata realizzata negli ultimi 15 anni. Per fare un esempio, la Coca-cola Company fabbrica 128 miliardi all’anno di bottiglie, mentre l’Italia
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ne produce 32 milioni al giorno. Ma oltre alle macro plastiche (quelle visibili), destano preoccupazione le microplastiche di dimensioni inferiori a 5mm, per la possibilità di entrare nella catena alimentare con possibile impatto sulla salute umana. Cinque sono le isole di plastica oceaniche identificate ad oggi. Si tratta di aree di ammassi di plastica estese per milioni di chilometri quadrati, a cui si aggiunge anche il Mar Mediterraneo. A livello globale sono circa 700 le specie marine minacciate dall’inquinamento da plastica. Funi, reti da pesca abbandonate, ma anche lacci ad anello e imballaggi, sono deleteri e mortali per gli animali marini. Nel Mediterraneo una tartaruga su due ha ingerito plastica. Sempre più frequenti sono gli spiaggiamenti di cetacei. La biodiversità degli organismi marini è fondamentale anche perché sorgente di nuovi farmaci. Il Parlamento Europeo ha approvato a maggioranza la Direttiva che a partire dal 2021 vieterà la vendita di alcuni articoli di plastica usa e getta. Sicuramente il modello di “Economia Circolare” in cui tutto deve essere riusato o riciclato, unitamente all’adozione di stili di vita più consoni al rispetto dell’ambiente, usando il meno possibile la plastica usa e getta, rappresentano i criteri da seguire per questa grave emergenza.
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"CASTEL VOLTURNO HA UNA CULTURA UNICA AL MONDO"
di Giovanna Cirillo | Ph. Francesco Catalano ©
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sogni son desideri di felicità, vanno inseguiti e rubati al tempo. Chi riesce a trasformare il sogno di una vita in realtà può dire di aver toccato per davvero l’acme dell’esistenza. Tuttavia, viviamo in un periodo storico in cui i Millennials non si lasciano accendere l’animo dalle passioni, ma sono sempre più propensi a vivere con la facilità della globalizzazione a portata di click. Lorenzo Jovanotti, quel "ragazzo fortunato a cui hanno regalato un sogno" è riuscito a guardare oltre. Ha deciso di puntare in alto e, realizzando il sogno di una vita con la sua arte e la forza della sua musica, ha lanciato un importante messaggio alla Generazione Y. La speranza è quella di dar vita ad una “Nuova era” caratterizzata dalla continua ricerca della libertà. Una libertà che va sempre reinventata, riconquistata e mai data per scontata. Così racconta Jova: «Chi non conosce il festival di Woodstock? Correva l’anno 1969, il mondo imparava ad abbracciare la rivoluzione sessuale e ad ascoltare rock psichedelico. Nello stesso anno la missione spaziale Apollo 11 portò i primi uomini sulla Luna. Succede che i fatti storici entrino nella nostra vita segnandola per sempre e io ogni volta che in questi 50 anni ho rivolto lo sguardo alla Luna ho pensato alla prima volta in cui ho visto le sue immagini in bianco e nero alla tv. Ero a Roma, con la mia famiglia. Nella mia musica la luna c’è sempre, è la parte che governa le maree interiori. È per questo che festeggiamo un importante anniversario». E, per festeggiare, si è inventato il Jova Beach Party, la nuova era del live entertainment. Una "figata pazzesca" che ha trasformato le
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spiagge di tutta Italia in un villaggio ricco di iniziative. Tre palchi montati e tanti ospiti pronti ad esibirsi “all day long” per un groove che resiste fino a notte fonda. Insomma, un climax ascendente fino “al chiaro di Luna”. Un lavoro di preparazione complesso e accurato durato oltre 10 mesi, realizzato con la collaborazione costante delle istituzioni territoriali e con il WWF, che ha ispirato molte scelte strategiche nel rispetto per l’ambiente. Presenti la Guardia di Finanza e la Guardia Costiera che hanno garantito
«Questa terra deve tornare a chi la vive, la stessa che da sempre è stata di grande accoglienza; non ve lo dimenticate» la sicurezza del sito. Un’occasione che si impegna a sensibilizzare le migliaia di persone presenti e l’opinione pubblica sull’emergenza dell’inquinamento da plastica in natura, promuovendo l’adozione di uno stile di vita sostenibile. Jova Beach Party ha debuttato il 6 Luglio a Lignano Sabbiadoro ed è arrivato anche in Campania, precisamente al Lido Fiore Flava Beach di Castel Volturno. In una spiaggia difficile, più complessa di quella d’oro dei giri precedenti. Una spiaggia e un territorio che negli anni hanno accolto e dato casa a chi scappa dalla fame e
dalla guerra. Un territorio ambito dai clandestini, perché senza controllo. Con il Jova Beach Party, questo Comune abbandonato ai suoi cliches si è colorato di sorrisi, in una giornata che è stata un mix esplosivo di emozioni, ha lasciato spazio al ricordo e all’abbraccio di una cultura non solo campana, grazie ai diversi artisti ospitati, come Bombino (Niger) e The Liberation Project (Sud Africa, Cuba, Inghilterra, Italia) che più di tutti hanno dimostrato come da sempre questo territorio è aperto all’integrazione. Superlativo si è rivelato l’omaggio a Mama Afrika che proprio a Castel Volturno ha regalato i suoi ultimi respiri. Presenti anche SANGENNARO BAR (Italia) e ACKEEJUICE ROCKERS (Italia). Tra le luci di un allestimento artistico di grande impatto emotivo, Jovanotti ha confessato: «Sappiate che stasera mi avete fatto un grande regalo con la vostra partecipazione in questa spiaggia difficile, in questo luogo dove nessuno ci scommetteva niente. Abbiamo avuto tantissimi contro, tantissimi impedimenti fin dal primo giorno. Questa terra deve tornare a chi la vive, la stessa che da sempre è stata di grande accoglienza, non ve lo dimenticate. Qui sono arrivate persone da tutto il mondo e questa è la forza di questo territorio che ha creato una cultura unica al mondo. È la cultura dell’accoglienza e dello stare insieme e del mischiare la vita l’una con l’altra. Ci vuole coraggio e voi ce l’avete». Jovanotti inoltre ha voluto ricordare la veemenza della musica partenopea, cantando sulle note di Pino Daniele con quegli artisti che oggi continuano a tener vivo l’animo di Napoli: non potevano mancare ospiti d’onore che si sono aggiudicati una vera e propria “jumping ovation” da parte del-
le oltre 40.000 persone presenti: Enzo Avitabile e i Bottari di Portico, Rocco Hunt e Clementino. «Le canzoni in napoletano sono le più belle canzoni italiane. La canzone napoletana riesce in pochi minuti a dire così tanto che fa impressione. Io ogni volta ci provo, ma non ci riuscirò mai perché è un’impresa un po’ chisciottesca. Ogni volta però qualcosa mi lascia un segno», confessa Lorenzo. «Un omaggio a questa terra e al nostro brother Pino Daniele» - ha in seguito dichiarato - «Poi la jam è proseguita con un freestyle su Soul express di Enzo Avitabile. Tutto senza prove, tutto pieno di groove». Insomma, per questa terra è stato davvero ‘’Nu juorno buono”. Una giornata artistica, sociale e culturale irripetibile. Sarà davvero l’inizio di una nuova era?
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L AVORO L’ASSESSORE AL LAVORO DELLA REGIONE CAMPANIA SONIA PALMERI:
«LA NOSTRA RIVOLUZIONE A SOSTEGNO DEI GIOVANI» di Antonio Casaccio | antoniocasaccio@informareonline.com
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onia Palmeri è l’Assessore al Lavoro e Risorse Umane della Regione Campania. Già insignita dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella del titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana, è considerata un profilo manageriale di spessore nazionale, con una particolare vocazione nell' ambito delle risorse umane. È stata ospite della nostra redazione per parlare dei progetti che la Regione sta portando avanti attraverso misure focalizzate sull’incentivo al lavoro, soprattutto per i giovani. Parliamo innanzitutto del vostro piano per l’autoimprenditorialità. Una possibilità che può essere accolta da giovani al di sotto dei 46 anni, dai famosi Neet, quei giovani che non lavorano e non lo cercano, fino ad arrivare agli ex percettori di ammortizzatori sociali. In cosa consiste questa misura e quali sono i risultati? «Con l’autoimprenditorialità ho voluto dire ai giovani: “Non pensate che il lavoro debba necessariamente venire dagli altri, puntate su voi stessi. Se vi fermate un attimo a ragionare avrete sicuramente un patrimonio, un pozzo di opportunità”. Così nasce lo stanziamento di 18 milioni per la misura di self-employement di Garanzia Giovani, con il supporto di Invitalia. La misura è fatta in maniera opportuna e dunque tutti i passaggi rie-
scono a supportare il giovane fino ad arrivare alla redazione di un business plan. Sono nate fino ad oggi 546 piccole aziende, siamo la prima regione d’Italia per questa misura e abbiamo uno share incredibile. Il giovane che si è catapultato in questa realtà non lo ha fatto mai da solo, perché la misura finanzia anche i contratti delle persone con le quali si intraprende l'iniziativa, quindi i risultati vanno sempre analizzati e raddoppiati nell’efficienza della misura in sé. Questa è una delle misure adottate per sviluppare l’autoimprenditorialità. Poi ci sono persone che non sono più giovani, ma nemmeno da pensione: sono coloro che sono usciti dai processi produttivi in un'età in cui possono ancora dare molto da protagonisti. Per loro c’è la misura “Ricomincio da Me, intraprendo il lavoro” il cui nome avrebbe già dovuto segnare questa misura. In questo caso ci affidiamo a Sviluppo Campania e, dopo essere passati per i centri per l’impiego, ne curiamo la fattibilità, erogando 25.000 euro a fondo perduto, affinché queste idee diventino attività professionali». Per quanto riguarda "Corso concorso", come sta procedendo e come saranno strutturati i corsi di formazione ad ottobre? «Il "Corso concorso" è un’operazione esclusiva, una vera rivoluzione di cui non solo la Campania, ma tutta l’Italia avverte l’esigenza. È necessaria una nuova classe dirigente, per tutta l’amministrazione pubblica. Sono giunte già circa 140.000 domande, pertanto è un concorso che cambierà i connotati della Regione Campania. Avremo 16 nuovi profili dirigenziali che saranno l’interfaccia di una nuova società. Tutto si articolerà in quattro prove: c’è una prova preselettiva, una prova scritta selettiva, la parte centrale di formazione e rafforzamento, infine una prova scritta ed una orale. Quindi una prova
molto “hard” rispetto a ciò che si poteva immaginare». È, inoltre, il primo esperimento per una Regione che vara autonomamente un piano di assunzione. Quali difficoltà avete incontrato nel realizzarlo e secondo lei quali sono i limiti delle altre regioni per non riuscire a varare un piano di questo genere? «Difficoltà tantissime. Si poteva fare già da molto tempo se si fosse trovato l’accordo sugli obiettivi, se si fosse fatta un’analisi reale. I nostri dati nascono dalle esigenze che l’Inps registra sui vuoti in organico, quindi sui pensionamenti. Se si parte da questo dato, è facile determinare delle carenze di circa 14.000 unità nella pubblica amministrazione nei prossimi anni. L’iter è stato abbastanza complesso e solo la determinazione del presidente De Luca ha fatto sì che si arrivasse a questo ottimo risultato». Come si sta muovendo la Regione in merito ai dipendenti in esubero di Whirlpool e Jabil? «Per quanto riguarda Jabil, già l’anno scorso abbiamo affrontato questa difficoltà dell’azienda salvando circa 100 lavoratori, che sono passati a tempo indeterminato in un’azienda nuova che si chiama Soft Lab. Dopo un anno ci sono stati altri 350 esuberi e quindi, ho chiesto al Governo di coinvolgere la Corporation Americana, perché il successo o l’insuccesso di un’azienda dipende dal management. Se l’insuccesso persiste vuol dire che il management è inefficace. Noi non siamo d’accordo nel buttare 350 persone in mezzo alla strada. Per Whirlpool, credo si sia rivelato solo un appuntamento mediatico. Quando ci si siede a lavorare, si sta in pochi, si spengono i cellulari e si esce dalla stanza solo quando si è trovata la soluzione al problema. Invece quando si tratta di 120 persone, diventa impossibile parlare».
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ommenti indesiderati, gesti, clacson, fischi, vociare. La molestia di strada è a tutti gli effetti una forma di molestia sessuale che, solitamente, vede protagoniste le donne a contatto con estranei in aree come strade e trasporti pubblici. Un fenomeno, quello del catcalling, la cui entità, ancora oggi, viene ridimensionata da tutti coloro che legittimano le attenzioni indesiderate, normalizzando così atteggiamenti fortemente sbagliati. Tante, invece, sono le donne che, non riuscendo a reagire alle provocazioni perché impaurite, convivono con il senso di colpa per non aver difeso la propria dignità. Una condizione di disagio condivisa da tante donne che una studentessa newyorkese, Sophie Sandberg, ha deciso di sdoganare riportando sull’asfalto delle strade della Grande Mela, attraverso del gesso colorato, alcune delle frasi impiegate per importunare le passanti. Un progetto che prende vita nel 2016 con il nome di Catcalls of NYC, pensato per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema delle molestie verbali e che ha preso piede in tutto il mondo. «I gessi sono spesso utilizzati dai bambini, perciò quando i passanti vedono le nostre scritte sul marciapiede, si aspettano di leggere qualcosa di infantile o divertente», ha dichiarato Alessia, referente della comunità Catcalls di Roma. «Vengono, invece, colpiti da queste frasi crude, il che costringe colei che non ha mai subito molestie verbali a valutare i due lati del catcalling: com’è visto dal mondo fuori, colorato, innocuo, con le sembianze di un complimento, e come viene invece percepito dalla vittima, in maniera violenta ed inaspettata». Un’iniziativa che deve la sua espansione alla piattaforma di Instagram, grazie alla cui immediatezza e al meccanismo di condivisione su cui è basato, è riuscito a creare una rapida diffusione del messaggio del movimento, attraverso il coin-
Una delle scritte comparse durante la manifestazione di Torino volgimento di tutte le persone che si imbattono nei graffiti in strada. «Instagram è il mezzo di comunicazione più efficace per le ragazze e/o ragazzi», ha dichiarato Carmen, portavoce della delegazione palermitana del movimento. «Siamo convinti che ci fosse bisogno di dare uno spazio a chiunque ne abbia bisogno per parlare e confrontarsi con chi vive esperienze simili alle proprie. In più è un ottimo modo per svecchiare la mentalità comune, che reifica la figura della donna». La coltre di silenzio che, soprattutto in Italia, ricopre temi come quello delle molestie sessuali è uno dei motivi che giustifica l’affermazione di un movimento di questo tipo. «Il progetto di CatCalls è di fatto sintomo di questa ritrovata e rinnovata voglia di avere una giustizia che, per l'epoca in cui viviamo, ancora troppo spesso ci viene negata. Le ragazze che aderiscono al movimento, anche semplicemente raccontando la loro esperienza, mandano un chiaro messaggio: non staremo più in silenzio come ci viene detto di fare». Costituire un fronte comune su questo genere di tematiche, per la comunità femminile, è di fondamentale importanza, ragion per cui CatCalls na-
sce anche con l’intento di risvegliare le coscienze delle donne del XXI secolo, esortandole a portare avanti le battaglie in difesa dei propri diritti giorno dopo giorno. «Al momento, non vedo un fronte comune contro il patriarcato. Sono molte le donne che difendono questi comportamenti dicendo che sono solo complimenti. I complimenti sono apprezzamenti gentili che ti fanno sorridere», ha dichiarato Emma, referente della comunità fiorentina, una delle prime del circuito italiano. Opponendosi al recente fenomeno del femminismo pop che, attraverso la condivisione frenetica dei contenuti sui social ha inquinato il messaggio originario del movimento ideologico nato degli anni ‘80, Catcalls intende ripristinare il valore dell’autodeterminazione della donna, senza che questa venga più associata ad una guerra al genere maschile. Un appello che, in primis, si rivolge all’apparato educativo e alla società contemporanea, affinché il dibattito sulla parità di genere non rimanga imprigionato nella retorica che da anni lo accompagna, insegnando che ogni donna ha il diritto di dire “no”, senza che un fischio la faccia sentire in pericolo.
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na delle cause principali del fallimento di un trattamento antitumorale è lo sviluppo di resistenze agli effetti dei farmaci da parte delle cellule. Questo avviene sia perché le cellule che compongono un tumore non sono tutte uguali, sia perché il tumore per svilupparsi usa strategie diverse che gli permettono, spesso, di resistere alle terapie. Una delle caratteristiche del cancro è la cosiddetta instabilità genetica: le mutazioni del DNA avvengono con una rapidità non comune e fanno sì che le cellule del tumore non siano mai geneticamente identiche. Robert Gatenby, un radiologo che dirige il dipartimento di radiologia presso H. Lee Moffitt Cancer Center & Research Institute, in Florida, sostiene che la neoplasia dovrebbe essere considerata dal punto di vista della biologia evolutiva e, non solo, un processo molecolare. Il cancro è conforme ai trattamenti evolutivi presentati da Charles Darwin nel suo concetto della selezione naturale. Proprio intuendo come il cancro sia un processo evolutivo, riusciamo a spiegarci fenomeni come la resistenza al trattamento. Robert Gatenby e colleghi sostengono che una neoplasia possa essere controllata con maggiore efficacia somministrando bassi dosaggi di chemioterapici, rispetto ai trattamenti convenzionali ad alto dosaggio. L’utilizzo delle alte dosi di farmaci, in particolare nei pazienti con malattia in fase metastatica, tende a distruggere principalmente le cellule sensibili ai farmaci, selezionando, soprattutto, i ceppi di cellule resistenti che, a questo punto, possono replicarsi in modo più veloce e pericoloso per il paziente. Questo nuovo approccio denominato terapia adattiva, comporta la somministrazione
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di farmaci a basso dosaggio ed in modo continuo allo scopo di far sopravvivere una certa percentuale delle cellule tumorali sensibili che possono competere per la loro sopravvivenza con le cellule resistenti, che sono quelle la cui replicazione comporta la ricrescita del tumore e la diffusione di metastasi. Per tale motivo il dottor Gatenby, sostiene che, invece di curare le persone con tumore cercando di sradicare tutte le cellule neo-
Una delle caratteristiche del cancro è la cosiddetta instabilità genetica, le mutazioni del DNA avvengono con una rapidità non comune e fanno sì che le cellule del tumore non siano mai geneticamente identiche plastiche, possa essere più proficuo cercare di raggiungere un equilibrio tra cellule tumorali resistenti e cellule sensibili, in modo da permettere alle prime di non prendere il sopravvento, con conseguente crescita veloce della malattia. Una recente pubblicazione su Nature Communications fornisce un valido esempio di come l’integrazione delle dinamiche evoluzionistiche nel trattamento del cancro alla prostata metastatico potrebbe condurre ad uno scenario terapeutico
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Charles Darwin nuovo e, potenzialmente, più efficiente di quello attuale. Gatenby ha condotto una sperimentazione pilota con 11 pazienti con tumore alla prostata che sono stati studiati per un periodo di tempo superiore ai 10 mesi, nel corso dei quali è stato possibile studiare la ciclicità dei livelli di PSA in relazione al trattamento. Ai soggetti in studio è stato somministrato il farmaco non in modo continuo, ma fino a che il PSA non è sceso a valori della metà di quelli osservati prima del trattamento. In tal modo, si è mantenuto l’equilibrio fra le diverse popolazioni, quelle sensibili al trattamento e le popolazioni cellulari resistenti al tumore, allungando notevolmente il tempo trascorso prima della progressione di malattia (TTP). Infatti, 10 pazienti su 11 sono stati in grado di mantenere oscillazioni stabili nella terapia con un aumento del TTP fino a 27 mesi ed una riduzione della dose di farmaco assorbita del 47%. Oltre a un aumento del TTP, quello che Gatenby ha ottenuto è, quindi, una riduzione della tossicità. Infine, anche i costi sostenuti dalle farmacie ospedaliere subirebbero una notevole riduzione. Naturalmente, questi sono studi preliminari che hanno bisogno di casistiche più ampie per trovare conferma.
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M USICA
NAPOLI PRESENTA "THE LIBERATION PROJECT" di Marianna Donadio | mariannadonadio@informareonline.com
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l Maschio Angioino accoglie il collettivo di musicisti sudafricani “The liberation project” per la tappa napoletana del “Friendship and Solidarity Tour”. Venerdì 12 luglio il gruppo si è esibito per l’anteprima della ventiquattresima edizione dell’Ethnos, il festival internazionale di musica etnica che si terrà dal 13 al 29 settembre nei paesi vesuviani. A confrontarsi sul palco sono artisti africani, italiani e cubani, sul ritmo della musica che ha accompagnato i loro paesi nel corso dei processi di liberazione dalle varie forme di oppressione subite. In occasione della serata viene presentato infatti anche il nuovo disco “Songs that made us free”, che raccoglie i canti di lotta dei paesi partecipanti e nel quale si mescolano musica rock e world. Alla realizzazione dell’album, registrato in 18 paesi, hanno partecipato più di 150 musicisti di 13 nazionalità diverse. L’intero progetto nasce da un’idea di Dan Chiorboli, italiano trasferitosi all’età di sei anni in Sud Africa, dove ha vissuto durante il periodo dell’aparthaid. «La musica era l’unico modo che avevamo per comunicare - ci racconta. Io ero un emigrante, i bianchi non volevano stare con me e i neri erano molto diffidenti. La musica era tutto quello che avevo. Con il tempo sono
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arrivato a suonare con dei grandi artisti che all’età di diciassette anni erano degli idoli per me. Sono davvero onorato di aver partecipato a quest'evento». A presentare la serata è Gigi Di Luca, direttore artistico del festival Ethnos, che spiega l’obiettivo del progetto: comunicare attraverso la musica un messaggio che favorisca l’integrazione fra diverse etnie e inciti alla ricerca della libertà. Di Luca ringrazia per il sostegno il sindaco Luigi De Magistris e l’ambasciatore del sudafrica in Italia. Il gruppo è poi supportato dal Governo Sud Africano e dall’ambasciata di Cuba a Roma. Nelle tappe italiane del tour la band è accompagnata da Phil Manzanera, chitarrista rock con numerose importanti collaborazioni alle spalle come quelle con i Roxy Music e i Pink Floyd, N’faly Kouyate, membro dell’Afro-Celt Sound System e abile maestro di kora e balafon, e Cisco Bellotti, ex cantante dei Modena city Ramblers. Con quest’ultimo abbiamo parlato del ruolo fondamentale della musica nelle rivoluzioni popolari. «Un grande maestro diceva: a canzoni non si fan rivoluzioni. Ed è vero» ci dice citando Guccini «ma le canzoni possono stimolare la riflessione su determinati argomenti e aiutare a raccontare ciò che succede a livel-
lo socio-politico». Ed è quello che fanno i brani eseguiti dal gruppo multietnico, partendo da Bella Ciao e dalle canzoni della Resistenza, continuando con Cento Passi, canzone dedicata a Peppino Impastato, e Free Nelson Mandela, composta in onore del presidente sudafricano, per poi concludere con Guantanamera e altre canzoni popolari cubane. Al termine di uno di questi
brani Cisco Bellotti fa un riferimento all’attuale situazione politica italiana, spronando ad aprire i porti e a restare umani. «Stiamo perdendo i valori civili che ci fanno vivere insieme, ma c’è una parte del Paese che reagisce e prende posizione. Quando alla maggioranza tornerà la ragione torneremo ad essere umani, ora lo siamo veramente poco».
La musica era l'unico modo che avevamo per comunicare
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MINIERA: UNA RIVOLUZIONE "MIEZZ'A VIA" di Giorgia Scognamiglio | giorgia_scognamiglio@informareonline.com
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e potessimo fare un’ecografia alla città di Napoli, i Quartieri Spagnoli si mostrerebbero come il suo intestino: le viuzze intersecate l’un l’altra, strette e nascoste tra i palazzi come in un abbraccio tra due innamorati, formano un reticolo che si sviluppa tra Corso Vittorio Emanuele, in alto, e Via Toledo, in basso. È qui che incontriamo Salvatore Iodice, falegname nato e cresciuto nei Quartieri. Negli occhi porta con sé la saggezza di chi la strada l’ha conosciuta bene. Ad accompagnarlo è la voglia frenetica di guardare avanti e di mettersi in gioco. Insieme a Fabio De Rienzo, ha fondato l’associazione culturale Miniera, il cui impegno è stato fin da subito quello di aprire le porte ai giovani del quartiere, offrendo prospettive lavorative, un mestiere e un futuro. Anche Fabio è nato nei quartieri. Dopo essersi allontanato per circa vent’anni, una serie di coincidenze l’hanno riportato sulla strada di casa, facendogli incrociare quella di Salvatore. Fotografo, articolista, poeta, neanche lui riesce ad inquadrarsi in una figura definita, ma la cosa certa è la voglia di raccontare, qualunque sia il mezzo, la città e i volti senza nome che vi abitano. Tra loro è nata la giusta sinergia, che ha reso possibili iniziative come RiciclArte, con l’obiettivo di combattere il fenomeno delle strade sporche. «Prima mi facevo tante domande, fino a che ho capito che
non era quella la strada giusta. Così ho smesso di guardare agli altri e ho deciso di fare qualcosa» – spiega Salvatore – «Insieme ai ragazzi del quartiere abbiamo iniziato a raccogliere spazzatura e mobili abbandonati. Con questi abbiamo creato cestini per le carte, segnaletica e panchine, e con magliette e lenzuola abbiamo creato delle tele su cui realizzare dei dipinti. Tutto qui dentro è fatto di materiale riciclato, a dimostrazione di come si possa creare un’opera d’arte finita a costo zero, a servizio della collettività, ma anche vendibile. E quando mi dicono “che lo fai a fare, se metti i segnali li tirano, i murales li imbrattano”, io rispondo che se non sottoponi mai le persone alla bellezza, loro non risponderanno mai. Non si possono fare le cose in base a quello che potrebbe succedere dopo». Panchine, segnali, tutti oggetti che invitano le persone a restare e non più a fuggire come si faceva in passato. «Ci sono stati cambiamenti significativi, in positivo. Prima la gente aveva paura di passare, adesso ci sono tanti turisti che vengono a conoscere il quartiere e a visitare la bottega» - continua Salvatore. Com’è tipico dei “vasci”, infatti, le sue porte sono sempre aperte. C’è un colorato via vai di persone che passano a salutare “o’ mast” e di bambini che entrano scorrazzanti, quasi come se quella bottega fosse soltanto un prolungamento della
strada. A rafforzare il team è stato poi l’ingresso di Genny, giovane, energico e pieno di idee, vive a ridosso dei quartieri, a Piazza Carità. Una testimonianza importante: «Ero a scuola e la mia professoressa diceva che i Quartieri Spagnoli sono i quartieri più brutti di Napoli, ho cercato più volte di farle cambiare opinione senza riuscirci, fino a che non ho portato un video che è arrivato fino a Salvatore. Da quando l’ho conosciuto non mi sono più staccato. Poi, da quell’esperienza mi sono appassionato e sono diventato videomaker». Tra i vari progetti, i ragazzi di Miniera hanno girato un docufilm intitolato “Manime” che sarà proiettato prossimamente nell’agorà di Piazza Garibaldi e al Maschio Angioino. L’obiettivo è quello di dar voce ad artigiani napoletani che portano avanti mestieri ormai in via
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di estinzione. «Noi non sapevamo di star girando un documentario, non abbiamo competenze tecniche né attrezzature, solo la voglia di raccontare», spiega Fabio, a dimostrazione di come la volontà renda possibile qualsiasi cosa. «Credo che per cambiare qualcosa che non ci sta bene non si deve aspettare il momento giusto o l’aiuto esterno. Ho fatto come si deve fare nella vita: uno piglia e fa». Salvatore, infatti, non ha mai ricevuto aiuto dall’alto. Proprio per questo è stato eletto Consigliere per la 2° Municipalità e Presidente della Commissione Cultura e Turismo, in modo da concretizzare quanti più progetti è possibile. Perché «tutti possono fare, ma se non fai non sei». La rivoluzione nasce tra la gente, “miezz’a via”, basta soltanto cominciare.
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M ODA
LA CULTURA ARABA E I SUOI NUOVI CODICI, OLTRE I CLICHÉ di Nunzia Gargiulo | nancygargiulo97@gmail.com
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na rivista online indaga la cultura araba emergente: una generazione di creativi che smantella i cliché e va oltre i luoghi
comuni. È da tempo ormai che la rappresentazione degli arabi (e dei musulmani) nei media si configura come un problema: «Gli arabi sui principali canali di informazione, compaiono sotto forma di miliardari, terroristi, danzatrici del ventre», scrive Jack Shaheen, professore libanese e costantemente in lotta per smantellare i luoghi comuni sugli arabi. È proprio a tal proposito che nasce “Mille”, una piattaforma online creata da Samira Laurici, allo scopo di scavare la propria identità e realizzare uno spazio sicuro in cui le voci più diverse potessero abbattere gli stereotipi negativi. Il nome francese “Mille” vuole sottolineare l’impostazione della piattaforma. Il termine, oltre al significato onnicomprensivo, usato per chiunque abbia origini mediorientali o nordafricane, indica che non esiste un’unica “esperienza araba”, ma ne esistono mille. La rivista, lanciata online nel gennaio 2018, in tre lingue, si propone di dare visibilità ad aspetti del mondo arabo rimasti nascosti da sempre: “Mille” è il luogo in cui in maniera critica ed onesta si indaga sulle molteplicità e le discrepanze di identità musulmana attraverso moda, arte, beauty e stili di vita. Pertanto, dinnanzi all’aumento dei crimini commessi dai musulmani è necessario contrastare la retorica della generazione attuale e restituire un senso di orgoglio ai giovani. Il team di “Mille” è costituito esclusivamente da giovani, impegnati nel dar maggiore visibilità ai talenti del mondo arabo, valorizzandone l’umanità e la cultura. Per gli arabi la migrazione è parte integrante della loro esperienza: indipendentemente dal fatto che abitino o meno nei paesi d’origine, essi vivono e si
muovono tra più culture. Il designer nigeriano Maniu Jibril afferma: «Siamo nel 2020 e la gente ha ancora delle idee molto limitate su quello che noi siamo. Certamente non siamo una cosa sola, ma tante diverse, ed è questo a renderci belli!» Tuttavia, sebbene a livello creativo gli arabi siano molto sottovalutati, un numero sempre più ingente di artisti formidabili portando allo sviluppo di un maggior senso di rispetto nei loro riguardi. Nel Nord d’Africa e nel Medio Oriente, il cui 63% della popolazione è costituito da imprenditori under 35, gli strumenti mediatici servono ad alimentare il fuoco di un cambiamento che conduce i creativi musulmani ad una diversa consapevolezza di sé: l’obiettivo dei giovani è quello di abbattere i cliché, aprendo la strada ad una nuova generazione di designer. Pertanto, i media sono strumenti di comunicazione potentissimi e “Mille”, nello smantellare gli stereotipi, si propone di offrire ai giovani arabi uno spazio sicuro, privo di preconcetti, oltre che di strumentalizzazioni del loro senso politico e culturale: conoscere realmente il loro mondo, le loro creazioni ed esperienze è il fine di questa nuova rivista online che da voce ad una generazione di creativi che ritrova l’orgoglio andando contro i luoghi comuni.
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NAPOLI2019, UN SOGNO DIVENTATO REALTÀ
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di Mara Parretta | maraparretta@informareonline.com
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utti sognano di vivere in una città organizzata, variegata, popolata da giovani e piena di attrazioni sportive e culturali. Per i napoletani e in generale i campani, questa appare come un’utopia, come un’idea irrealizzabile perché lontana dalla disorganizzazione e dai disagi che la quotidianità presenta e che spingono i giovani ad andare altrove. Eppure, dal 3 al 14 luglio, questo sogno è diventato realtà. Nelle scorse settimane la Campania ha ospitato la 30a Universiade estiva. Una manifestazione sportiva multidisciplinare che si tiene ogni due anni e alla quale partecipano atleti universitari. A Napoli sono giunti 8.000 giovani atleti che, provenienti da 170 diversi paesi del mondo, hanno popolato i vicoli di una città e di una Regione regalando colori e una magia mai avuti prima. Per questo, nelle due settimane in cui ha ospitato l’Universiade, Napoli ha assunto le sembianze di una città perfetta, dove protagoniste non sono state tutte le negatività che la contraddistinguono (ma che contraddistinguono qualsiasi altra metropoli in quanto tale) bensì lo sport, i giovani e tutta la bellezza che un evento sportivo internazionale può apportare. Napoli2019 ha visto anche il coinvolgimento di centinaia di esperti e competenti a fini organizzativi e ha finalmente acceso i riflettori sulle potenzialità che, anche un territorio indubbiamente difficile, può
offrire. Ovviamente, dalla candidatura all’organizzazione, sono state numerose le polemiche che hanno fatto da contorno. Come è giusto che sia, bisogna ragionare e analizzare quello che è stato a mente fredda. E, al termine di un evento di così grande portata, sono tanti i punti su cui riflettere. Al di là delle discrepanze politiche, che col senno di poi sono inutili da rimarcare e devono servire solo a riconoscere le scelte sbagliate, per imparare a non commettere ancora gli stessi errori, vanno sottolineati innanzitutto gli immani sforzi economici messi in atto dalla Regione Campania. Per realizzare un evento tanto difficile quanto gratificante, sono stati messi in campo 270 milioni di euro. La gestione, affidata in primis al Commissario Gianluca Basile, designato dalla Regione, ha destinato questi fondi soprattutto alla riapertura delle strutture sportive sparse su tutta la Regione. Strutture che prima dell’Universia-
de erano obsolete e abbandonate da anni, ma che oggi sono diventate simbolo di una rinascita. Dalla Piscina Scandone, alla Piscina della Mostra d’Oltremare, a tantissimi altri. Questi impianti sono stati ristrutturati e allestiti per ospitare gare e atleti internazionali e allo stato attuale non hanno nulla da invidiare ai palcoscenici sportivi delle altre città del mondo perché noi campani, quando vogliamo veramente qualcosa, sappiamo come realizzarla nel migliore dei modi. Un altro aspetto fondamentale e forse tra i più emozionanti, è stato vedere famiglie, ragazzi e adulti riempire fino al sold out questi impianti, assistendo a gare sportive che normalmente, vengono sempre considerate di “secondo livello”. Dalla pallanuoto alla pallavolo, dal nuoto alla ginnastica artistica, sono stati più di 300 mila gli spettatori che hanno acquistato i biglietti per assistere a un vero e proprio spettacolo, perché quando 170 delega-
zioni straniere arrivano nella tua città per gareggiare, di spettacolo si deve parlare. Si potrebbe, per il resto, cavalcare l’onda delle polemiche e stare a dire che forse, i media nazionali avrebbero potuto trattare in maniera più degna e approfondita l’evento. Ma credo che la risposta più valevole siano i video e le foto trasmesse dagli emittenti mondiali, perché gli occhi del mondo sono rimasti incantati davanti a tutto quello che si è realizzato a Napoli. Guardando al futuro, i numeri esorbitanti e gratificanti generati da questa Universiade devono essere convertiti in fatti. Fatti che non possono essere transeunti e ridursi alla durata di due settimane, ma perdurare per radicarsi in due direzioni: affermare i valori e la cultura dello sport e valorizzare e manutenere gli impianti ristrutturati. In due settimane ai cittadini sono stati offerti servizi potenziati, iniziative culturali e accesso a gare sportive di qualsiasi tipo, situazioni che non devono più considerarsi straordinarie perché parte di un evento internazionale e saltuario, ma che devono diventare ordinarie e abituali. L’Universiade, per questo, deve consistere in un punto di partenza, non di arrivo. Una partenza per puntare sempre più in alto e dimostrare alle altre città del mondo, magari anche avanti anni luce da noi, che alla fine, per diventare perfette, hanno sempre bisogno di un po’ di Napoli.
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U NIVERSIADI
I VOLONTARI, LA VERA BELLEZZA DELLE UNIVERSIADI 2019 L’altro volto dell’Universiade, oltre allo sport e agli atleti, sono stati i numerosi addetti ai lavori. Dietro un evento così complicato, la macchina organizzativa necessita di competenze, esperienza e, soprattutto, di tanta partecipazione. Per questo motivo, in concomitanza con l’ideazione del progetto, è stata indetta dalla Regione Campania una campagna di reclutamento indirizzata all’individuazione di 5.000 volontari, di persone che andassero ad affiancare, in base a competenze e abilità, lo staff e i venue manager. La risposta, soprattutto dei giovani, è stata sconvolgente ed emblematica. Ad Amesci, la società che si è occupata della gestione dei volontari, sono arrivate 10.000 richieste. Il reclutamento si è poi sostanziato in colloqui che hanno permesso la selezione di circa 3.800 persone, prevalentemente giovani, a cui hanno fatto seguito corsi di formazione per riconoscere l’area funzionale che più si addicesse al profilo del volontario. Chi ha preso parte a questa esperienza, giovane o non giovane, come volontario o tirocinante, ha ricevuto un’opportunità immane. L’Universiade, prima di essere un’esperienza sportiva e in parte lavorativa, è un’esperienza
umana e culturale unica. Non capita tutti i giorni di ricevere nella propria città, giovani di ogni angolo nel mondo. Confrontarsi con loro, assisterli e lavorare in un contesto variegato è un’opportunità di formazione e crescita rara. A dimostrarlo e descriverlo sono i volontari stessi. Maria Pastore, Responsabile dei volontari presso la società di atletica campana Napoli Running, ha partecipato come volontaria all’Universiade insieme a molti ragazzi della sua società e ha dichiarato: «Non potevamo non partecipare ad un evento di grande portata che la nostra città ha ospitato. Siamo stati coinvolti per la marcia e la mezza maratona che si sono svolte il 12 e 13 luglio, in Piazza del Plebiscito e Largo Sermoneta. Già conosciamo e lavoriamo nel mondo dell’atletica e posso dire che i volontari non sono importanti, ma fondamentali, perché svolgono il lavoro più grande. Ci siamo, in questo caso, occupati prima di tutto della preparazione del percorso in strada, lavorando anche a mezzanotte, quando il Comune sanciva la chiusura delle strade per cominciare a transennare il percorso». «In generale penso che i ragazzi della Campania hanno risposto benissimo e in maniera entusiasta» – continua Maria. «Io ho coinvolto anche i miei figli. Ora sono stanchi ma felici. Questo evento offre la possibilità di incontrare ragazzi di tutto il mondo e io credo moltissimo nell’altro e nell’apertura verso l’altro. Per cui è incredibile la ricchezza culturale che si può acquisire. Sei a casa tua, senza far niente e arriva questa fiumana di persone con tutto il proprio bagaglio culturale, politico, gastronomico. E chi crede nei va-
lori dello sport, come me, non può non considerarla come una grande opportunità. Poi serve a sviluppare delle competenze. C’è la possibilità di esercitarsi con le lingue, di mettersi in gioco, di mettere in pratica le proprie conoscenze. Dal punto di vista personale e culturale credo che la possibilità di vivere un’esperienza di questo tipo capiti poche volte nella vita». Migliaia di giovani che, in cambio di poco o niente, decidono di mettersi in gioco e di darsi da fare, hanno regalato a Napoli2019 un ulteriore motivo di orgoglio. Chi ha aderito, ha completamente soppiantato lo scetticismo iniziale con la consapevolezza di aver vissuto emozioni che non hanno prezzo. Lo conferma Ludovica, volontaria al Main Press Centre della Mostra d’Oltremare, sostenendo: «Sono felicissima della mia scelta di partecipare. Quest’esperienza, oltre a essermi servita perché ho potenziato l’uso e la conoscen-
za delle lingue, mi ha fatto conoscere tantissime persone. Ho imparato cose che resteranno sempre con me». Un momento prezioso anche per la formazione personale, come spiega Simone che ha collaborato all’Accreditation: «Ho imparato l’importanza della collaborazione e del fare squadra. Sono uscito più sicuro di me». Giovani e volontari così vogliosi, preparati e disponibili sono il volto più bello che potesse rivelare quest’Universiade. Una risorsa inestimabile che va necessariamente valorizzata e da non disperdere.
Parte dei volontari della 30a Universiade 2019
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INCHIESTA
SIDICINUM, LA (TRAVAGLIATA) STORIA DI UN PARCO COMMERCIALE E SPIRITUALE di Salvatore Minieri
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n centro commerciale è quello che è, non ci sono interpretazioni che possano farlo percepire come qualcosa di diverso. È fatto di casse e negozi, per uscire con i desideri trasformati in scontrino. Quando i negozi sono funzionanti, s’intende. Invece, in provincia di Caserta c’è qualcosa che attrae l’attenzione più di ogni prodotto di lusso, per la sua strana progressione storica. È la travagliata storia del centro Sidicinum di Teano, il primo in Italia a potersi fregiare del titolo barocco di “parco commerciale e spirituale”, per la presenza di una chiesetta, tra le transenne arrugginite dei parcheggi. La struttura ha aperto i battenti a dicembre del 2009, tra comunicati stampa con interviste ai prelati che avrebbero curato le anime dei consumatori e previsioni mirabolanti dei titolari del centro commerciale che preconizzavano un futuro di soldi, occupazione e sviluppo internazionale, per quelle anonime zone di campagna sonnolenta.
Invece, già ventidue mesi dopo, l’Euronics entrava in crisi e la Conad (colosso inaffondabile in tutta Italia) lasciava la piazza alla più modesta Despar, risultata poi fallimentare, rispetto alle previsioni. Un bar interno, serviva consumazioni a un prezzo molto più alto, rispetto a quelli dei locali al centro di Caserta. Anche quello chiuse i battenti in pochi mesi. Il cinque giugno scorso, attraverso una videoinchiesta (disponibile sul sito online www.informare.com), è stato documentato lo stato di abbandono del centro Sidicinum, con circa trenta spazi per attività commerciali chiusi, a fronte di soli tre negozi funzionanti. Corridoi sporchi e cadenti, manifesti scrostati dai muri, con scritte che promettevano prossime e imminenti aperture. Ma, alla data del cinque giugno 2019, con un video girato alle ore 19.06, nessuna delle promesse dei manifesti è sembrata concretizzarsi. Anzi. Era quasi tutto serrato. Costruito dall’impresa Kent, riferibile alla famiglia
degli immobiliaristi Ciarrocchi e gestito dalla società Reem, con la commercializzazione del gruppo Lang La Salle che ha sede centrale a Chicago, il Sidicinum è uno dei rarissimi casi di centro commerciale caduto in derelizione, a due anni dall’inaugurazione. Nonostante i nomi altisonanti del mondo immobiliare, in quel centro commerciale iniziò anche a piovere, mentre, affermarono qualche anno fa alcuni giornali on line della provincia, qualche anima pia posizionava bacinelle nei corridoi, per non far creare pozzanghere tra un negozio e l’altro. Quando erano aperti. Perché, nel 2012, un’imprenditrice che aveva attività commerciali al Sidicinum, ha rilasciato dichiarazioni sconcertanti al sito web Generazione Aurunca, chiedendo di rimanere nell’anonimato, per paura. «Nel 2011 il tracollo è stato visibile a tutti, la gente diminuiva settimana per settimana ed io stessa non riuscivo più ad incassare per pagare le commesse e il fitto. Molti negozi iniziavano a chiudere e si aprivano le prime faide giudiziarie tra esercenti e la Direzione del Sidicinum. In alcuni casi i negozianti chiedevano i danni al Centro, in altri casi era la Direzione che chiedeva il pagamento dei fitti arretrati. Un caos. Poi, le disfunzioni organizzative, come per esempio l’aria condizionata che mancava. Una cosa gravissima. Infine, ho dovuto mollare e chiudere anche il mio negozio, lasciando a spasso le commesse e perdendo tanti ma tanti euro. È stata una esperienza drammatica». L’isola felice che qualcuno, clero in primis, aveva profetizzato, si è tramutata in un grande blocco prefabbricato con i negozi che, appena qualche settimana fa, erano chiusi e cadenti. Ma il centro Sidicinum resta aperto. Quella chiesetta all’ingresso sembra essere più miracolosa della Porziuncola francescana. Sul sito online www.informareonline.com il servizio completo sul centro Sidicinum di Teano
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Suicidi nel carcere di poggioreale Don Giovanni Liccardo: "Situazione infernale, manca qualunque principio di umanità". di Angelo Velardi | angelovelardi60@gmail.com
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e pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato», recita l’articolo 27 della Costituzione Italiana. Succede questo nelle carceri italiane? E, soprattutto, succede questo a Poggioreale? L’incontro con don Giovanni Liccardo, cappellano del carcere di Poggioreale, è di quelli memorabili. Nei suoi occhi la stanchezza di chi affronta quotidianamente storie tragiche, toccanti, spesso irreparabili, mista a quella determinazione che lo contraddistingue e che trasmette ai suoi interlocutori in maniera così naturale. «Non sempre il carcere rispetta il senso di umanità, soprattutto a Poggioreale. Spesso la pena non è educativa, ma vendicativa», ha dichiarato Liccardo. I recenti suicidi all’interno dell’istituto detentivo “più grande e affollato d’Italia” hanno sollevato per l’ennesima volta il polverone riguardante le carceri italiane, con le piaghe del sovraffollamento, dell’insufficienza di risorse e della disperazione che affligge i detenuti e che, alle volte, come nel caso di Francesco lo scorso 1° luglio, li porta a fare un cappio con un lenzuolo e a farla finita. «L’ordinamento italiano prevede che venga limitata la libertà di chi ha sbagliato, ma a Poggioreale succede ben altro, a Poggioreale manca qualunque principio di umanità», ha continuato il cappellano. «Si ammassano persone in una cella - anche in pochi metri - creando un ambiente di elevata frustrazione. Viene negata loro l’igiene, l’assistenza psicologica e percorsi che possono facilitare il reinserimento in società del detenuto. Cosa più grave, viene spesso negata loro l’assistenza sanitaria». Un vero e proprio inferno quello in cui si trovano a vivere persone che dovrebbero comprendere gli errori commessi, pagare per quelli e pensare al giorno della fine della pena come giorno di rinascita ed inizio di una nuova vita. Un inferno
in cui, invece, a volte, si arriva a decidere di suicidarsi. «Sovraffollamento e abbandono a sé stessi diventano, quindi, pene accessorie. Ci sono, per esempio, centinaia di tossicodipendenti che dovrebbero stare in specifiche strutture riabilitative e a cui invece non si fa altro che dare metadone. In questo modo si crea un sostituto della droga, che sarà di nuovo ricercata all’uscita dal carcere e per cui probabilmente si delinquerà di nuovo». Di fronte a tutto questo nasce spontanea una domanda: lo Stato dov’è? La soluzione più volte prospettata da rappresentanti del governo è stata quella di convertire ex caserme in nuovi istituti in cui poter smistare detenuti. «I carceri italiani sono fatiscenti e non sono adatti alla detenzione. Poggioreale è un carcere da demolire, un luogo logisticamente inadeguato. Ci sono strutture che potrebbero ospitare 2-300 persone, alleviando un po’ il peso quindi su quelle già esistenti. Questi mega carceri non devono esistere, perché non sono gestibili e quindi viene annullato ogni
discorso rieducativo e di reinserimento. Purtroppo, però, penso che il carcere sia l’ultimo pensiero dei politici, che invece dovrebbero intuire quanto sia importante risolvere questo problema per innalzare il livello della nostra società in termini di sicurezza e di qualità della vita». Come anticipato è stato un incontro memorabile, in cui abbiamo guardato negli occhi un rappresentante di Cristo che ha l’ardua missione di portare speranza ad una categoria di uomini vista sempre di più come feccia della società, non meritevole di alcuna attenzione. Abbiamo guardato negli occhi chi, invece, si batte per i loro diritti, non dimenticando i crimini e le colpe di cui si sono macchiati, ma guardando al mondo esterno e desiderandolo popolato da individui pentiti del proprio errore, piuttosto che da recidivi incattiviti che continuano ad attentare alla vita e alla serenità degli altri e, inevitabilmente, alla propria. Dostoevskij disse che “il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni”. Dopo quest’incontro mi chiedo: qual è il nostro grado di civilizzazione?
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C ULTURA
LA TRADIZIONE IN UN CARRO DI GRANO di Francesco Cimmino | francesco.cimmino.ph@gmail.com
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n Italia le tradizioni religiose si manifestano spesso in modi molto fantasiosi: è il caso della Festa del Grano di Foglianise in onore di San Rocco, dove ogni anno si ripete la tradizionale sfilata di carri, veri pezzi d’arte della paglia intrecciata. La particolarità dei carri, oltre al risultato del lavoro certosino delle mani dei Maestri d’intreccio, è nell’immagine che rappresentano; da almeno 25 anni il carrista sceglie un’architettura e la riproduce in scala, come la facciata di una chiesa, un convento, un museo o addirittura un ponte famoso. Per avere informazioni più precise, abbiamo sentito Carmine Bianco, presidente delegato della festa per quest’anno, che ci ha mostrato le fasi di costruzione del carro e inconsapevolmente lasciato le sue emozioni. Anche lui è un carrista, e non ci nasconde che la tradizione che sente scorrere nella sua schiena è uno dei motivi per cui non ha abbandonato que-
Venticinque anni fa poi la rivoluzione: si scelse di affiancare al carrista un falegname ed un architetto, per riprodurre con maggiore precisione le meravigliose architetture, che rendono questa processione unica al mondo. La presenza dell’architetto poi è fondamentale, perché le viuzze cittadine sono strette e spesso ci sono stati problemi con le misure. La larghezza del carro è ora massimo 3 metri mentre l’altezza record raggiunta è stata di 6 metri; addirittura per l’occasione si pensò ad un movimento retraibile dove le torri rientravano per abbassarsi. «Pensa che i primi carri erano pali di 15 metri; non sono stati fatti più perché i fili della luce pubblica erano d’intralcio». La denuncia «Alla fine della festa, alcuni carri vengono donati, al Comune, alle scuole o ai privati. Altri hanno fatto il giro del mondo, e sono ora a Toronto e a New York. Ma la maggior parte dei modelli sono andati perduti, in quanto non abbia-
sta terra, nonostante i 37 anni. Siamo stati nelle case degli abitanti di Foglianise, e lì abbiamo assistito alla preparazione di un carro: è un meraviglioso lavoro collettivo che rapisce i cittadini per alcuni mesi. Il Maestro sceglie accuratamente le spighe di grano, che poi a seconda del tipo di intreccio verranno usate per fare il classico laccetto - lo scooby-doo - o quello a fasce larghe bicolore, al faticoso ritmo di un metro all’ora. Carmine ci spiega che queste sono le tecniche base, poi ogni carrista ha inventato le proprie, tramandate ai propri figli. Infatti l’origine della festa è settecentesca, ma hanno cominciato a costruire carri a tema solo nel 1918. Fino a pochi anni fa, il carro era un segreto, custodito gelosamente insieme alle tecniche usate, e svelato soltanto il giorno della festa. «Oggi siamo andati a casa di chi sta lavorando: ci hanno fatto entrare. Anticamente non ce lo avrebbero permesso. La paura di essere derubati dell’idea era enorme. Nessuno fiatava».
mo un sito di stoccaggio: il carrista smonta il carro e dà il legno alle fiamme. Una decina di anni fa riuscimmo a captare dei fondi per la costruzione di un museo del grano, che è stato anche iniziato; purtroppo come tutte le cose belle in Italia, resta incompiuto». Quest’anno alla sfilata saranno presenti 23 carri, di cui 7 grandi, 8 con parti in movimento, e altri 8 speciali, in tre dimensioni. Carmine spiega che negli anni passati i carristi dovevano scegliere le architetture in base al tema assegnato, ovvero una regione italiana. Questa volta il tema è libero ed infatti, dice, che la fantasia dei carristi si è riaccesa e la manifestazione sarà tra le più interessanti di sempre, per la prima volta sponsorizzata dal Pastificio Rummo. Ci vediamo quindi il 16 Agosto, per la sfilata dei carri alle 9:00 di mattina, e fino a sera per il resto delle attività, stand enogastronomici, show degli sbandieratori, esposizione delle macchine di Leonardo da Vinci e spettacolo finale.
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INCENERIRE O NON INCENERIRE: QUESTO È IL PROBLEMA? di Giancarlo Chiavazzo | Responsabile Scientifico Legambiente Campania
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l tema rifiuti tiene sempre più banco, soprattutto ora che ci avviamo ad affrontare il fermo per manutenzione del grande inceneritore campano di Acerra ed è sconcertante che gli Enti d’Ambito, le amministrazioni pubbliche deputate al governo del settore rifiuti, risultino impreparati a gestire l’evenienza nonostante sia stata annunciata con ampio anticipo. Ma al di là della ennesima emergenza che si va prospettando e delle considerazioni sulle (ir)resposabilità diffuse, ritorna il mantra dei sostenitori dell’incenerimento convinti della possibilità di risolvere in tal modo definitivamente il problema rifiuti, senza dunque doversi sottoporre alla “seccante e dispendiosa” pratica della raccolta differenziata. A onor di cronaca, dunque, occorre fare chiarezza sulle motivazioni che alla fine hanno ragionevolmente
orientato le politiche comunitarie l’incenerimento. Da ultimo, invece, e nazionali nella gestione dei rifiuti c’è lo “smaltimento”, rappresentato urbani, secondo una ben precisa gedal trattamento e deposito definitirarchia di priorità. Al vertice di quevo di rifiuti, tipicamente in discariste è posta la “prevenzione” e cioè ca. l’adozione di misure volte a evitare Tornando all’inceneritore, ci sarà che il rifiuto sia prodotto. Segue un motivo per cui il recupero di la “preparazione energia si colloca per il riutilizzo”, tra le pratiche più che consiste nel residuali della geOccorre fare chiarezza controllo, pulizia, rarchia? In effetti sulle motivazioni che hanno e riparazione in di motivi validi ce orientato le politiche nella modo che quanto ne sono diversi, gestione dei rifiuti urbani diventato rifiuto tra cui uno dovu venga preparato to alle emissioni per poter essere nell’aria di sostanreimpiegato. Ancora dopo si colloca ze dannose per l’uomo e l’ambiente, il “riciclo”, rappresentato dalle opeanche quando si lavora nel rispetrazioni sui rifiuti per ottenere mato dei limiti di legge. Va precisato teriali o sostanze da utilizzare per che la normativa prevede limiti alle la realizzazione di nuovi prodotti. emissioni di sostanze pericolose Nella parte più in basso della gerardai camini degli inceneritori, ma chia, invece, si colloca il “recupero nel caso di Acerra per alcuni indi altro tipo”, per esempio quello di quinanti, nel corso della procedura energia, che si può realizzare con autorizzativa, sono stati posti valori
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ulteriormente più stringenti. I limiti comunque sono espressi in termini relativi, cioè come rapporto tra la quantità di inquinante per unità di volume di gas emesso, ad esempio come “milligrammi a metro cubo”. Questo aspetto implica che se si confronta il comune caminetto di casa all’inceneritore di Acerra, il primo risulta fuorilegge ed il secondo no. Ma attenzione, se è vero che dal camino di casa esce un gas con valori di inquinanti per metro cubo superiori ai limiti, in termini assoluti gli inquinanti emessi sono decisamente modesti. Diversamente dall’inceneritore, pur nel rispetto dei limiti fissati, vengono emesse, in termini assoluti, rilevanti quantità di inquinanti. Infatti, elaborando i dati del 2018 dichiarati dal gestore dell’impianto, relativi ad alcuni degli inquinanti, risulta che ogni giorno in media siano stati emessi 118 chilogrammi di ossidi di carbonio, 17 chilogrammi di anidride solforosa, 720 chilogrammi di ossidi di azoto, 20 chilogrammi di acido cloridrico, 1,5 chilogrammi di acido fluoridrico, 2 chilogrammi di carbonio organico totale e 4,5 chilogrammi di polveri sottili. Questi, di norma, grazie ai camini dell’inceneritore alti 110 metri, alla elevata temperatura e al vento sono stati dispersi nell’aria e distribuiti su ampie superfici territoriali. Bene, ma in una giornata di aria ferma, stagnante o di pioggia persistente cosa succede?
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T ERRITORIO
CUSANO MUTRI, IL TRENTINO È QUI... di Maurizio Flaminio | flamaur@gmail.com
È
senza dubbio uno dei borghi più belli d’Italia, e lo testimonia anche l’altissimo numero di turisti che ogni anno giungono da ogni parte d’Italia per visitarlo. Cusano Mutri è un antichissimo comune montano della provincia di Benevento, con poco più di 4.000 abitanti. Nel corso dei secoli, la struttura di questo borgo, unitamente alle conseguenze di alcuni terremoti, ha determinato una particolare configurazione urbanistica che si sposa perfettamente con la natura circostante. Una struttura che, che non a caso, la fa somigliare ad un tipico paesaggio del Trentino, ma con le peculiarità tipiche sannite che hanno conservato intatte secolari tradizioni religiose, artigianali ed enogastronomiche uniche nel loro genere. Anche per quest’ultimo aspetto, Cusano Mutri rappresenta una tappa ormai consolidata in occasione della “Sagra dei funghi”, che si tiene ogni anno da fine settembre. Un evento che richiama decine di migliaia di visitatori che, gustando i prodotti locali, come funghi porcini, formaggi, salumi e liquori della tradizione, hanno modo di percorrere il caratteristico ed affascinante centro storico ricco di chiese, vicoli e stradine che si inerpicano verso la sommità del paese in uno scenario mozzafiato. La sorprendente natura di Cusano Mutri consente agli escursionisti – che così avranno anche modo di pareggiare i conti con le calorie in eccesso – di prendere parte a suggestive attività sportive, su tutte le emozionanti Gole di Conca Torta, Gole di Caccaviola e Forre di Lavello. Veri e propri gran canyon tra rocce e cascate di acqua cristallina da percorrere con guide esperte che, durante tutto il resto dell’anno, assistono i turisti offrendo loro anche la possibilità di splendide escursioni a cavallo. Nei mesi invernali, invece, sul monte Mutria, c’è la possibilità di fare la caratteristica “ciaspolada” sulla neve. Un ambiente naturale che non fa assolutamente rimpiangere luoghi più noti d’Italia, con la diffe-
renza che nel Sannio l’immancabile calore umano, accoglie il turista in uno scenario con una magia di altri tempi, dove la conservazione e la valorizzazione della tradizione si è saggiamente tradotta in una concreta promozione turistica del territorio. Appuntamento quindi a Cusano Mutri in provincia di Benevento dal 20 settembre al 6 ottobre, l’occasione sarà quella della sagra dei funghi, a buon intenditore…
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estate, con i suoi tanto agognati 40° all’ombra, si è prepotentemente imposta sulle città italiane da appena un mese. Sole, caldo, afa. I più romantici sentono già la brezza marina accarezzare la pelle o il silenzio di qualche cascina in montagna pervadere i sensi. Sharm el-Sheik, Santorini, Mykonos, Zante, le mete estere sono sempre così allettanti, con scorci idilliaci e panorami mozzafiato. Ma, a guardarsi intorno, di cose che il mondo ci invidia non siamo poi così sprovvisti: Capri, Ischia, Procida, Sorrento, Amalfi, Vietri, Positano. Luoghi per cui non sarebbe sufficiente una vita intera per apprezzarne appieno la bellezza. A fare da cornice a queste meraviglie è il Sentiero degli Dei: 4 ore di passeggio spalmate su un vicoletto di 8 chilometri a strapiombo sul mare, che conduce ad uno dei panorami più mozzafiato al mondo, a cavallo fra costiera amalfitana e sorrentina. Il sentiero, oggi una delle mete più ambite dai turisti che scelgono di tuffarsi nelle bellezze della nostra terra, è stato per lungo tempo l’unica via di collegamento fra Agerola e Positano, percorso addirittura dagli gli dei. La leggenda, infatti, narra che fosse questa la strada da percorrere per raggiungere l’Olimpo, ma anche quella seguita dagli dei stessi per raggiungere l’arcipelago de Li Galli, tratto di mare nel quale Ulisse aveva scelto di sfidare le Sirene, lasciandosi ammaliare dal loro canto. Il mito di Ulisse, in realtà, è legato alla Campania non solo tramite questo vicoletto, ma anche per mezzo di un’altra meravigliosa inse-
natura ricavata dalle nostre coste frastagliate: la baia di Ieranto. Nome particolare che, per alcuni deriva dal greco “Ierax”, cioè falco, animale che tutt’oggi nidifica su quest’isola, per altri dal latino “Ieros”, cioè sacro, esattamente come le sirene. Secondo Plinio il Vecchio, sarebbe stato proprio questo il luogo d’incontro fra Ulisse e le tre sorelle, Partenope, Leucosia e Ligea. Ferite dall’insensibilità di Ulisse al loro canto ammaliante, che aveva avvinto tutti i marinai che avevano avuto la sventura di passare di là, le tre sirene scelsero di uccidersi, naufragando in luoghi differenti, trascinate dalla corrente marina. Partenope, della quale oggi i napoletani conservano il nome, giunse sull’isolotto di Megaride, su cui oggi sorge Castel dell’Ovo. Leucosia, arrivò nel Cilento, mentre Ligea in Calabria. Dalla bellezza fin troppo ammaliante per passare inosservata, la Baia di Ieranto fu consacrata dai greci alla dea Atena, in onore della quale fu qui eretto un tempio, sostituito, poi, in epoca romana, da quello per Minerva. Anche i pirati, qualche secolo dopo, ne restarono folgorati. A loro, infatti, si deve la costruzione delle due torri che fungono quasi da fortificazioni per la baia: la Torre di Montalto ad Est, quella di Punta Campanella ad Ovest. Donata al FAI per valorizzarla e tutelarla, oggi la baia è una delle zone più famose della Campania ed è un’area naturale incontaminata, con un elevato livello di biodiversità. E al cospetto di luoghi così magici, viene da pensare che, forse, gli antichi avevano ragione: sono stati sul serio i luoghi degli dei.
V
ivere in una comune metropoli di oggi significa cedere il passo al grigiore. Ritmi insostenibili, giorni asfissianti e, in sottofondo, il rumore di miliardi di passi che si incrociano sull’asfalto ma che non si conosceranno mai. E poi, un giorno può capitare di inciampare in un prato, magari in quello di Villa Giaquinto, e capire che forse certe cose non cambieranno mai: che i bambini hanno ancora voglia di rincorrere un pallone, gli adulti di chiacchierare e che non esistono distacchi generazionali incolmabili quando si ha un obbiettivo comune. Situata nel centro storico di Caserta, Villa Giaquinto non è sempre stata accogliente come appare oggi. Un tempo, corte interna di un palazzo nobiliare del casertano, ha subìto diverse trasformazioni prima di diventare un bene comune, curato dai residenti del quartiere e dall’associazione di volontariato nata nel 2016, Comitato per Villa Giaquinto. La villa, trasformata dai proprietari prima in terreno edificabile, poi in parcheggio, viene dichiarata area di utilità pubblica già negli anni ’90, grazie alla battaglia dei cittadini non disposti a perdere l’area. Diventata parco pubblico, tuttavia, viene ben presto abbandonata e, nel 2015, chiusa al pubblico perché considerata ingestibile dall’ente responsabile della manutenzione. Pochi mesi dopo, un corteo affiancato dai residenti del quartiere, scende in piazza per chiedere la riapertura della villa, con l’impegno di rivitalizzarla curandone le piante, la manutenzione delle
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A VAN-AVANGUARDIA
"70 racconti fa" di Marco Cutillo | marcocutillo3@gmail.com
Trama
giostre e organizzando eventi. I cittadini si sono cosĂŹ riappropriati della loro villa gradualmente: prima ottenendo il permesso ufficiale per occuparsi della sua apertura, poi con la consegna delle chiavi. La vittoria definitiva per il comitato è stata l’approvazione, da parte dell’amministrazione comunale, del regolamento nazionale sui beni comuni, unico in cittĂ , che prevede dei patti di collaborazione fra il comune e i suoi cittadini: il primo si impegna a non ostacolare le iniziative della cittadinanza, e questa a curare il parco promuovendo sempre nuove iniziative. Dal cinema all’aperto, alle presentazioni di libri, ai dibattiti su temi attuali, questi alcuni degli eventi che il Comitato, forte di una fitta rete di collaborazioni con associazioni, è riuscito a organizzare riscuotendo grandissimo successo. Attualmente Villa Giaquinto svolge anche una funzione sociale: ÂŤĂˆ chiaro ormai che non ci limitiamo soltanto a curare il parco, curiamo anche le persone. Ăˆ molto raro, oggi, che giovani come me dialoghino con persone anziane o con persone di cultura differente, che magari non hanno mai partecipato alla vita politica. Ăˆ stato molto difficile instaurare un dialogo, ma oggi possiamo dire che c’è un vero e proprio confronto fra generazioni: io sono il presidente ed ho 25 anni, il mio vicepresidente ne ha 75Âť ci racconta Raffaele. Luogo di dibattito ma anche di aggregazione, un luogo per andare in vacanza dalla cittĂ e dal suo caos per qualche ora, soprattutto per chi, martoriato dalla crisi economica che ha messo in ginocchio l’Italia, non può permetterselo. E, sebbene non sia arte del nostro tempo esaltare l’unicitĂ , questo proprio il caso di dirlo: Villa Giaquinto è qualcosa di unico!
Nuova umanitĂ
“70 racconti faâ€? è il primo libro pubblicato da Francesco Ruotolo, dopo aver vissuto una vita divisa tra politica e giornalismo. Un racconto all’anno, per un percorso che attraversa la vita dell’autore. Si parte dai ricordi d’infanzia per arrivare a raccontare della demagogia politica, mentre l’autore-personaggio cresce a mano a mano e accumula ricordi. Memoires, sĂŹ, ma possono anche essere letti come un romanzo di formazione fatto di piccoli passi. Passi che hanno un’importanza capitale all’interno della crescita. ÂŤSapevo che il mio perfido scherzo gli avrebbe fatto male: Livatino si assentò di nuovo. Quel quarto d’ora di follia non mi ha mai abbandonato. Un incubo, un marchio per sempreÂť – dice l’autore, in merito ad uno scherzo di cattivo gusto, fatto ad un compagno di classe cagionevole. Un momento di immotivata cattiveria che entrerĂ a far parte per sempre dello spettro caratteriale dell’autore.
Trite parole Francesco Ruotolo ha svolto per numerosi anni la professione di giornalista. Questo si legge nella sua biografia, ma si sarebbe potuto leggere, con un certo margine di accuratezza, anche nel suo stile scrittorio. I periodi sono fluidi, conseguenziali e dimostrano una capacitĂ di ordinare il ragionamento che è tipica di chi deve comunicare nel modo piĂš chiaro possibile: un giornalista, per l’appunto. Eccone un esempio: ÂŤE il “votoâ€?? Certo che adempimmo la nostra solenne, sottoscritta, promessa. In uno dei primi dieci giorni di agosto decidemmo di effettuare la solenne, umile, felice camminata a Pompei, da non bocciati: io diplomato, lui rimandatoÂť. Elencazione, chiarezza esplicativa, brevitas: un giornalista, per l’appunto. Inoltre, la scelta di suddividere la pubblicazione in racconti brevi fa sĂŹ che quest’ultimi acquisiscano il tono di una “pillola di saggezzaâ€?. Un senex disposto a condividere la sua saggezza.
Francesco Ruotolo è nato a Napoli nel 1946. Ha avuto notevoli esperienze giornalistiche, come la collaborazione con “Il Mattinoâ€?, ed è stato dirigente provinciale di “Democrazia Proletariaâ€?. La sua esperienza non si riduce di certo a ciò che è stato appena citato, ma una domanda sorge spontanea. Cosa c’è di nuovo all’interno del suo libro di memorie? Abbiamo di fronte un settantatreenne che racconta il suo vissuto. Una persona che prova a farci vedere il mondo dalla sua prospettiva. Storie di una religiositĂ d’altri tempi, rapporti umani d’altri tempi, di politica d’altri tempi. Tuttavia, per questione anagrafiche, risulta difficile trovare un elemento che sia davvero fresco o innovativo. Piuttosto, ci viene proposto tra le righe, pagina dopo pagina, un atteggiamento di stupore e meraviglia nei confronti del mondo. Un intramontabile consiglio di vita da riferire a chiunque preferisca “funzionareâ€? invece di “esistereâ€?. La societĂ contemporanea, con i suoi ritmi, il suo meccanismo, non lascia spazio alla meraviglia. Nella fretta di raggiungere i grandi obiettivi, diventa sempre piĂš difficile provare entusiasmo per le piccole gioie di tutti i giorni. Ed è questa caratteristica quindi, la piccola vecchia/nuova umanitĂ , desumibile da “70 racconti faâ€?.
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• Isaia Napoli - Via Roma, 44 - Casalnuovo di Napoli • 'A Tagliatella Pastificio - Via Filippo Turati, 9 - Grumo Nevano • Centro Venus - C.so Umberto I, 439 - Casalnuovo di Napoli
• Edicola Cartolandia - Via Provinciale, 151 - Casaluce
• Ass. Culturale Sant'Isidoro - Via Parrocchia, 46 - Marano di Napoli
• Pizzeria Bellavista - Via Vittorio Emanuele, 20 - Francolise
• Teatro Vittorio Alfieri - Via Tagliamento, 8 - Marano di Napoli
• Edicola Laurenza - Viale della Vittoria, 17 - Marcianise • Laboratorio Fioravante - Corso Umberto I, 157 - San Cipriano d’Aversa
• Cantina - Enoteca IV Miglio - Via Cesare Pavese,19 - Quarto • D'Aniello - Via dei Sei Martiri, 21- Villaricca NA
• Cartolibreria “Da Vinci” - Via Cavone Gallinelle - Villa Literno
• D'Aniello - Via Aniello Palumbo, 55 - Giugliano NA
• Libreria Spartaco - Via Alberto Martucci, 18 - Santa Maria C.V.
• Bistrot 3 Bien - Via Florindo Ferro, 63/65 - Frattamaggiore
NAPOLI
• Pizzeria Sorbillo - Via Tribunali, 32 - Via Parthenope, 1 • Libreria IOCISTO - Via Cimarosa, 20
• Piazzetta Durante - Vico VI Durante, 7 - Frattamaggiore • Edicola Di Munno Lucia - Via Pio XII, 47 - Casoria • Edicola Airone - Via Padre Mario Vergara, 7 - Frattamaggiore • Première Cafè - Via Ripuaria, 320 - Giugliano
• Pasticceria Lisita - Via Domiziana, 270
• PAN Palazzo Arti Napoli - Via dei Mille, 60
• St Justin - Via Appia Antica, 39
• Teatro San Carlo - Via San Carlo, 98
• La Rotonda Del Mare - Crs Campano Antonio, 669 - Giugliano
• Fashion Hair Renato Marotta - Via V. Emanuele 136
• Museo Archeologico Nazionale di Napoli - Piazza Museo, 19
• JAMBO1 - Strada Provinciale - Trentola Parete
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