Molteni & C 2017

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M&C Issue 11- 2017

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M&C festeggia 10 anni. M&C is celebrating its 10th anniversary. Happy Birthday! moltenigroup.com #MolteniGroup #MolteniMDW17

Rinato nel 2006 dopo i gloriosi Giornaloni del Salone curati da Luca Meda, il magazine big size raccoglie, seleziona, progetta, mette in forma di racconto, per parole e per immagini, la vita del Gruppo Molteni. Con piglio veloce e diretto, matita affilata e puntuale, presenta le novità del Salone, ripercorre eventi e incontri, accoglie nuovi ospiti, disegna una nuova geografia dei luoghi attraversati – e di quelli che sono diventati casa –, tesse la fitta trama dei rapporti con le comunità del mondo, e ritrova storie dimenticate per farne materia di nuove invenzioni. È un network di fusi orari e continenti, di competenze e passioni, di memorie e proiezioni. È un paesaggio, fisico e mentale, dove ognuno ritrova il proprio villaggio e si scopre cittadino del mondo. Perché la cultura d’impresa unisce ciò che il quotidiano separa. È il lato buono della globalizzazione. Così, accanto alle nuove realizzazioni a New York, Doha e Miami, ci sono le vetrine di Milano e Colonia, le riedizioni convivono con i progetti delle archistar, le opinioni autorevoli si intrecciano con le mostre, gli omaggi e i design award. Al centro, compleanno dei compleanni, il 10° anniversario di Visual Art, progetto di committenza fotografica d’autore, che quest’anno celebriamo con un dono, una Quadreria Contemporanea. Per ritrovare, nella forza dello sguardo, la potenza della narrazione. In libertà. Happy Birthday, M&C! M&C Issue 11 - 2017 collaboratori contributors Cristiana Colli Fulvio Irace Francesca Molteni fotografie / photos Mario Carrieri Andrea Martiradonna Filippo Piantanida Max Rommel Tiziano Sartorio redazione / text editing Roberta Busnelli traduzioni / translations Maxima Service progetto grafico graphic design ma:design Massimiliano Patrignani Monica Zaffini

fotolito e stampa lithograph and printing Adda Officine Grafiche Chinchio Industrie Grafiche si ringrazia / many thanks Gio Ponti Archives, Milano CSAC, Parma Musée des Arts Décoratifs, Paris finito di stampare printed Aprile / April 2017 M&C è un periodico registrato presso il Tribunale di Monza il 7 marzo 2013 n° 10 M&C is a magazine Registered at Monza Court on March 7, 2013, no.10 direttore responsabile editor Cristiana Colli

Reborn in 2006 after the glorious Giornaloni del Salone curated by Luca Meda, the big format magazine collects, selects, illustrates and tells the host of stories that involve the Molteni Group. With a quickfire approach and pencil at the ready, it presents the very latest news from the Salone, reporting on events and encounters, welcoming new guests, mapping the new geography of the places visited – and of those that have become homes from home –, it weaves the weft of relationships with the world’s communities and rediscovers forgotten stories with material for new inventions. It’s a network of time zones and continents, skills and passions, memories and projections. It is a physical and mental landscape in which we can all find our native village while discovering that we are also citizens of the world. Because entrepreneurial culture unites what daily life separates. It is the good side of globalization. Thus, along with new achievements in New York, Doha and Miami, there are the shop windows of Milan and Cologne, reissues coexist with the designs of archistars, authoritative opinions intertwine with exhibitions, tributes and design awards. At the centre of all this, on this birthday of birthdays, the 10th anniversary of Visual Art, a photographic project, which we are celebrating this year with a gift, Quadreria Contemporanea. To rediscover the power of story-telling through pictures. In freedom. Happy Birthday, M&C!


M&C 11 — PROGETTI NEL MONDO/WORLD PROJECTS

LA PIAZZA VETRATA CHE SI SPECCHIA E SI MOLTIPLICA

THE GLASS SQUARE THAT REFLECTS AND MULTIPLIES ITSELF

di/by Cristiana Colli

Permeabile, aperta, lunga e stretta. Il tratto lineare si ispira alle tipiche cascine lombarde – già riferimento per Aldo Rossi e il suo progetto del Gallaratese; la struttura è un’infinita trasparente ripetizione modulare ritmata da pieni e vuoti; il tetto inclinato a cuspide è un tutt’uno con la facciata. Sono gli edifici gemelli di Feltrinelli Porta Volta e Microsoft Italia – progetto dello studio svizzero Herzog & de Meuron – perfettamente inseriti dentro i confini storici e i tracciati dell’area urbana.

Fondazione Giangiacomo Feltrinelli Porta Volta, Milano, 2016

Per questo importante intervento, UniFor ha fornito gli arredi e i sistemi di partizione degli ultimi tre piani con prodotti di serie e con elementi eseguiti specificatamente per questo progetto su disegno dello Studio Herzog & de Meuron in collaborazione con Coima Image. In particolare, i due piani destinati agli uffici sono suddivisi da pareti a tutta altezza adattate alle esigenze specifiche del progetto, con struttura in alluminio naturale fissata a soffitto e pannellature vetrate inserite a scomparsa a pavimento. Allo stesso modo, la sala di lettura dell’ultimo piano è stata realizzata esclusivamente con arredi eseguiti su disegno dei progettisti assecondando forme e geometrie della struttura architettonica. I piani degli uffici presentano le postazioni operative a spazio aperto MDL System con struttura in alluminio verniciato, piano di lavoro in laminato colore bianco. Le sale riunioni e gli uffici direzionali sono arredati con tavoli Naòs System con struttura in alluminio naturale e piano in vetro retroverniciato bianco. Gli spazi operativi, gli uffici, le sale riunione e le aree di attesa sono completati da sedute e divani Vitra, mentre le zone break sono dotate di cucine Dada in laminato bianco con top e alzata in Corian.

Dieci anni – tra ideazione, progettazione e realizzazione – sono stati necessari per arrivare a questo volume traslato che accompagna la complessità dello sguardo, sfida la prospettiva, costringe a una percezione disassata. Niente di rotondo nella lunga stecca, una lama trasparente unitaria ma separata – un respiro nella sequenza, e poi di nuovo emergenze, sbalzi, spigoli. Luogo ideale della conoscenza della relazione e della cittadinanza, e davvero l’architettura non poteva essere più coerente con lo spirito del tempo, con la storia e la vocazione della casa editrice e il ruolo che la Fondazione è chiamata a interpretare nel common ground delle culture, nella più internazionale delle città italiane, tra le più belle e dinamiche del continente europeo. Un’architettura manifesto, un segno segnale, un’antenna che capta e rilascia nel paesaggio dell’innovazione e dei significati, e si irradia su Milano.

Icona di quel paesaggio intelligente che ha dato vita a un’infrastruttura della conoscenza multiculturale come driver dello sviluppo, a una rete di istituzioni pubbliche e private dinamiche e progettuali, e a un’ideale promenade architecturale che si snoda tra le riqualificazioni di Milano Garibaldi e Porta Nuova, gli edifici terziari e residenziali delle archistar e arriva all’area di Largo Isarco, al cuore di una mappa che ridisegna il camminare nello spazio pubblico prima ancora che il suo skyline. È la Milano accogliente e aperta alla cultura contemporanea in ogni sua espressione. Fondazione Feltrinelli si sviluppa su cinque piani con reception, libreria e caffetteria, aree polifunzionali, uffici, sale riunioni e spazi di coproduzione, sala di lettura e aula didattica, con il piano interrato dedicato al materiale di archivio – uno stock imponente con oltre 270 mila volumi, 17500 collezioni periodiche, 1 milione e mezzo di documenti manoscritti. L’intervento di riqualificazione dell’area di Porta Volta prevede un’ampia area verde pubblica con luoghi di socialità, piste ciclabili e percorsi pedonali come estensione e prolungamento dei viali – in coerenza con l’essenzialità del progetto ma in scala con le strutture architettoniche che caratterizzano il paesaggio storico milanese – dall’Ospedale Maggiore alla Rotonda della Besana, dal Lazzaretto al Castello Sforzesco. Lungo il tracciato delle Mura Spagnole che definivano i confini della città, sul filo dei Bastioni che ne segnarono l’estensione. È il ricordo e la citazione delle matrici insieme all’incessante necessità di aumentarle. Per non smettere di concepire, in ogni tempo, lo spazio pubblico contemporaneo.

fondazionefeltrinelli.it

Permeable, open, long and narrow. The outline is inspired by Lombardy’s typical farmhouses – already a reference for Aldo Rossi and his Gallaratese project; the structure is an infinite transparent modular repetition marked by solids and voids; the sloping spire-like roof is all one with the façade. These are the twin Feltrinelli Porta Volta and Microsoft Italia buildings – designed by Swiss architects Herzog & de Meuron – perfectly landscaped within the historic confines and layout of the urban area. It took ten years – from conception, design and development to execution – to achieve this transferred volume that accompanies the complexity of the beholders’ gaze, challenges the perspective and forces them to a shift in perception. Nothing round in the long transparent blade, unitary but separated – an intake of breath in the sequence, and then again spurs, jolts, edges. Ideal place for knowledge, relations and citizenship, and the architecture could really not have been more in tune with the spirit of the age, with the history and vocation of the Feltrinelli publishing house and the role that the Foundation is called upon to interpret in the common ground of cultures, in this most international of Italian cities, among the finest and most dynamic on the European continent. A manifesto in architecture, a sign, an antenna that intercepts and emits into the landscape of innovation and meanings, radiating over Milan. Icon of that intelligent landscape that has given rise to an infrastructure

of multicultural knowledge, like a driver of development, to a network of dynamic and proactive public and private institutions, and to an ideal promenade architecturale that wends its way among the urban regeneration projects. These involve Milano Garibaldi and Porta Nuova, the tertiary buildings and the residential towers of the archistars and they stretch into the Largo Isarco area, at the heart of a map that redesigns the pedestrian routes through the public space even before redesigning its skyline. This is the Milan that welcomes contemporary culture in all its manifold expressions. The Fondazione Feltrinelli building is five storeys high with reception, library and café, multifunctional areas, offices, meeting rooms and coproduction spaces, reading room and lecture theater, with the basement occupied by the archives – a massive stock of more than 270 thousand books, 17500 collections of periodicals, one and half million manuscripts. The regeneration plan for the Porta Volta area includes gardens with places for socializing, as well as cycling and walking paths as an extension of the avenues – in line with the essential nature of the project but on a scale that matches the architectural structures that typify Milan’s historic landscape – from the Ospedale Maggiore to the Rotonda della Besana, from the Lazzaretto to the Castello Sforzesco. Along the Mura Spagnole, the walls that once defined the city limits, and on along the Bastioni that marked the subsequent extension. It recalls and quotes the city’s footprint along with the incessant need for expansion. Constantly redesigning Milan’s contemporary public space to meet the demands of its inhabitants.

For this important contract, UniFor supplied the furniture and partition systems for the last three floors both with mass produced and with customized items made according to designs by Studio Herzog & de Meuron in partnership with Coima Image. In particular, the two office floors are subdivided by floor-to-ceiling partition walls suitable for the specific requirements of the project, with natural aluminum frame fixed to the ceiling and glazed hideaway paneling into the floor. Likewise, the top-floor reading room fitted exclusively with customized

designer furniture that reflects the forms and geometric lines of the building itself. The office floors feature MDL System open space workstations with varnished aluminum frames and white laminate worktops. The meeting rooms and executive offices are furnished with Naòs System tables with natural aluminum frames and white back-painted glass tops. The work spaces, offices, meeting rooms and waiting rooms are completed with Vitra chairs and sofas, while the break-out areas are fitted with white laminate Dada kitchens with Corian top and backsplash.

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A MILANO IL PRIMO RETAIL CONCEPT FIRMATO VINCENT VAN DUYSEN PER MOLTENI&C | DADA

“Una gamma di vetro, legno ossidato e metallo grezzo esalta l'atmosfera del Flagship Store richiamando il gusto dell’artigianato italiano e di un lusso sostenibile, sempre attuale.” “A palette of glass, oxidised wood and raw metal enhances the Flagship’s atmosphere evoking the feeling of Italian craftsmanship and timeless, sustainable luxury.” (Vincent Van Duysen)

IN MILAN VINCENT VAN DUYSEN DESIGNS THE FIRST RETAIL CONCEPT FOR MOLTENI&C | DADA

Nuovo retail concept in Corso Europa a Milano. 15 grandi vetrine e nuovi spazi – 1.300 i mq su due livelli – per il più grande monobrand del Gruppo Molteni, che inaugura nel cuore del Milano Durini Design District. A firmare il progetto è Vincent Van Duysen – Designer of the Year alla 25a edizione di Interieur Kortrijk 2016 e direttore creativo di Molteni&C e Dada – che ha progettato un Flagship di nuova concezione, un ambiente domestico accogliente e appartato all’interno di uno spazio espositivo. L’esperienza spaziale, la matericità e l’illuminazione sono intenzionalmente progettate per creare un’esperienza immersiva e suggestiva, gli elementi principali di un progetto concepito per creare un ambiente domestico minimal ma accogliente. Il pavimento in legno, le pareti di boiserie

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in rovere nero e i volumi geometrici in tonalità grigio caldo, creano un’atmosfera intima, dove gli arredi sono protagonisti. L’inserimento di un soffitto di travi in legno che si sposano con il pavimento rende meno evidente la separazione tra living e dining, proponendo uno schema di interni caratterizzato dal flusso di spazi interconnessi e continui. L’ampliamento e la riprogettazione della sede storica di Corso Europa, inizialmente dedicata solo ai brand Molteni&C e Vitra, completa il processo di rinnovo della rete distributiva a livello mondiale, un vasto progetto che ha permesso al Gruppo Molteni di interconnettere sempre di più il mondo cucina Dada con il mondo domestico Molteni&C.

New retail concept in Corso Europa in Milan. 15 large windows and new spaces – 1,300 sq.m over two levels – for the Molteni Group’s biggest monobrand, opening in the heart of Milan’s Durini Design District. The man behind the project is Vincent Van Duysen – Designer of the Year at the 25th Interieur Kortrijk 2016 and Molteni&C and Dada’s creative director – who has designed a novel Flagship, a gracious and secluded home-from-home within an exhibition space.

geometric volumes combine to evoke an intimate atmosphere, where the focus is on the furniture. The inclusion of wooden ceiling beams that match the floor blurrs the separation between living and dining spaces, offering a continuous flow of interconnected interiors. The extension and refurbishment of the historic store in Corso Europa, initially devoted only to the Molteni&C and Vitra brands, completes the process of renewing the worldwide distribution network, a lengthy project that has enabled the Molteni Group to increasingly interconnect the Dada kitchen world with that of Molteni&C’s designs for home living.

The spatial experience, the materials chosen and the lighting are deliberately designed to offer an atmospheric and involving experience, the main elements of a project devised to create a minimal but welcoming home environment. The wood flooring, black oak panelling and warm grey

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ALLA RICERCA DELLA NOBILE SEMPLICITÀ IN SEARCH OF NOBLE SIMPLICITY

Ogni progetto, per Vincent Van Duysen, deve essere non solo concettualmente il più chiaro e semplice possibile, ma allo stesso tempo tenere conto di tutti i minuti dettagli che lo contraddistinguono e che variano nel corso del suo sviluppo. Non bastano le linee generali, ci si deve immergere in un progetto, definire anche le piccole differenze tra materiali e colori. È così, con questa ossessione, che l’architetto belga ha rinnovato lo showroom Corporate Molteni&C | Dada a Giussano. Un edificio industriale, di tre piani, nel Molteni Compound. Sorto negli anni ’50 e adibito a essiccatoio per il legname, è stato ristrutturato da Aldo Rossi e Luca Meda negli anni ’90, e da Studio Cerri & Associati agli inizi del 2000, trasformandolo in showroom. Lo showroom si ispira a una grande architettura domestica. Spazi che si snodano lungo i due piani, pensati come grandi case contemporanee, indipendenti e collegate tra loro da una grande scala, elemento scenico al centro della pianta, insieme al patio centrale. Il visitatore attraversa un percorso sensoriale di luce e penombra, toni delicati e accenti colorati, rigore formale e calore

domestico, grazie a sapienti tagli prospettici. Un raffinato viaggio nel tempo, dove passato e presente dialogano con l’eleganza senza tempo dei progetti dei grandi maestri e l’innovazione dei designer contemporanei, alla ricerca della perfezione. Elemento di grande impatto sono le trasparenze delle grandi vetrate, un segno grafico dell’architetto, ormai parte dell’immagine coordinata Molteni&C | Dada. Materiali naturali e sofisticati, come il vetro, il legno ossidato, la resina e la pietra, si alternano ai chiaroscuri dei sabbia e dei grigi caldi con tocchi luminosi di colore. Protagonista della scena, la nuova collezione 2016/2017. I due mondi Molteni&C e Dada trovano armoniosa coesistenza all’interno di uno spazio in continua evoluzione, esperimento della nuova direzione artistica, e spunto per la progettazione di contesti domestici sofisticati, alla base del concept retail nelle new opening a Tokyo e New York, così come nello stand Molteni&C progettato in occasione di IMM Cologne 2017, dove Vincent Van Duysen ripropone il concetto dello showroom di Giussano, aggiornandolo con le nuove proposte.

For Vincent Van Duysen, every project should not only be conceptually as clear and simple as possible, but at the same time take into account all the minute details that distinguish it and that vary in the course of its development. General lines are not enough, you have to immerse yourself in a project, define even the smallest differences between materials and colours. It is thus, with this obsession, that the Belgian architect has renewed the Molteni&C | Dada Corporate showroom in Giussano. A 3-storey industrial building, in the Molteni Compound. Built in the 1950s and used as a timber drying shed, it was modernised by Aldo Rossi and Luca Meda in the 1990s, and by Studio Cerri & Associati at the beginning of the year 2000, turning it into a showroom. The new showroom is inspired by a large mansion. Spaces develop along the two floors, designed like large independent contemporary homes, linked by a magnificent staircase, the scenic feature at the centre of the floor plan, along with the central courtyard. Visitors follow a sensorial pathway of light and half-light, delicate tones and coloured accents,

formal rigour and domestic warmth, thanks to skillful perspective openings. A refined journey through time, where past and present communicate with the timeless elegance of the designs of the great masters and the innovation of contemporary designers, in search of perfection. An impactful feature is the transparency of the generous windows, a graphic hallmark of the architect and an established part of the coordinated Molteni&C | Dada image. Natural and sophisticated materials, such as glass, oxidized wood, resin and stone, alternate with the chiaroscuro effects of the warm greys and sands with luminous touches of colour. The protagonist of the scene is the new 2016/2017 collection. The two Molteni&C and Dada worlds coexist harmoniously within a constantly evolving space, an experiment of the new artistic director, and a cue for the design of refined living contexts that lies behind the retail concept in the new openings in Tokyo and New York, as well as the Molteni&C stand designed for the Cologne IMM 2017, where Vincent Van Duysen reproposes the concept of the Giussano showroom, updating it with the latest design ideas.

“Sentirsi protetti è qualcosa di molto importante, di cui tutti abbiamo bisogno, è qualcosa che vorrei tradurre nei miei progetti di architettura e design.” “Protection is something very important that we all need and that is something that I wanna translate into my architectural and design work.” (Vincent Van Duysen)

MOLTENI&C

IMM Cologne, 2017

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WELCOME COLLECTION design Rodolfo

Dordoni

Una pluriennale collaborazione quella tra Rodolfo Dordoni e Molteni&C, consolidata da un modo condiviso di intendere il design. L’esperienza sviluppatasi attorno alla collezione Chelsea ha suggerito a entrambi una nuova strada: una nuova famiglia di sedute per un contract adatto al settore dell’hotellerie, ristoranti e spazi di accoglienza. Per ambienti che somigliano sempre più a case piuttosto che spazi pubblici. “La nuova strada”, spiega Dordoni, “è conseguenza anche del differente modo con cui si progettano i prodotti: già contestualizzati e riferiti a tematiche più ampie rispetto al mero oggetto. Dalla casa, all’albergo, all’ufficio, l’arredo può modificare la funzionalità mantenendo le sue caratteristiche estetiche. Per il contract si realizza, quindi, il medesimo prodotto dell’ambito casa ma con materiali e performance più specifici per quell’uso.” Nasce così la Welcome Collection, una famiglia di arredi ampliabile, capace di dialogare con altri prodotti, che quest’anno parte dal divano Camden. A long-standing partnership between Rodolfo Dordoni and Molteni&C, consolidated by a shared vision of design. The experience that developed with the Chelsea collection suggested a new way forward for both of them: a new family of chairs for a contract suitable for hotels, restaurants and hospitality areas. For interiors that are increasingly like homes rather than public spaces. “The new way forward”, Dordoni explains, “is also a consequence of the different way in which products are designed: already contextualized and referring to broader themes than just objects. From home, to a hotel or an office, furniture can change its purpose while maintaining its aesthetic features. So for contract work, we produce the same product used in the home but with more specific materials and performance for that purpose.” The result is the Welcome Collection, an extendable family of furniture that can communicate with other products, which this year starts with the Camden sofa.

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CAMDEN design Rodolfo

Dordoni

Camden, collezione di sedute composta da divani con schienali a diversa altezza e chaise longue, si caratterizza per un design semplice e privo di frivolezze. Ha dimensioni da spazio pubblico e un’ampia possibilità di finiture a cavallo tra casa e contract. Presenta una tecnologia avanzata: strutture in pressofusione d’alluminio, schiumati a quote differenziate e tessuti ad alto contenuto tecnologico ed estetico. Il progetto è molto attento ai dettagli, per esempio agli spessori, e mantiene le strutture il più essenziali possibile. The Camden seating collection, which includes sofas with backrests of different heights and chaise longue features a simple, no-frills design. The dimensions are suitable for public spaces and there is a wide range of finishes mid way between home and contract. It features advanced technology: pressure die cast aluminum frames, foamed at differentiated heights and with hi-tech, aesthetically appealing textiles. The design pays close attention to the details, for example the thicknesses, and keeps the structures as simple as possible.

SLOANE Divano Componibile / Modular Sofa design

MDT

Sloane è un programma componibile di sedute caratterizzato da una spiccata attitudine a modificarsi per dar luogo a soluzioni di arredo sempre nuove in linea con il moderno vivere contemporaneo. Un sistema dal carattere dinamico nel quale gli elementi compongono un originale gioco di morbidi volumi. Giocando sull’alternanza tra sedute e pouf è possibile creare accoglienti isole domestiche nelle quali vivere il proprio tempo libero in relax assoluto. Struttura in massello rivestita con poliuretano a quote differenziate, per il massimo comfort, in appoggio su di un solido basamento in alluminio. Cuscini di seduta in poliuretano a quote differenziate. Cuscini schienale in piuma a scomparti differenziati. I rivestimenti in pelle o tessuto sono completamente sfoderabili. Sloane is a modular seating programme that can easily adapt to new furnishing solutions in line with contemporary living. It is a dynamic system in which the component parts offer an original interplay of soft volumes. By arranging seating and poufs, cosy corners can be created in which to chill out at will. Solid wooden frame covered with polyurethane of differentiated heights, for maximum comfort, resting on a solid aluminum base. Polyurethane seat cushions of differentiated heights. Feather-filled backrest cushions with differentiated sections. Leather or textile covers are completely detachable.

BELSIZE design Rodolfo

Dordoni

Originale serie di tavolini rotondi e trapezoidali. Sempre a tre gambe, metalliche in finitura peltro e in due altezze. Piani dai bordi arrotondati in essenza, eucalipto o rovere grafite, oppure lucidi nei colori antracite, argilla e ruggine. Alcune versioni possono essere dotate di piani in marmo grigio oriente o nero marquina. Progettati per diverse funzioni; come tavolino da caffè o da salotto, possono essere inseriti tra gli elementi del sistema Sloane per creare composizioni articolate. Nella versione con gambe alte diventano scrittoi o piccoli tavoli per la prima colazione o aperitivo. Original series of small, round and trapezoidal tables. Always three-legged, metallic with a pewter finish and of two heights. Table tops with rounded edges made of eucalyptus or graphite oak, or polished anthracite, clay and rust. Some versions can be fitted with oriental grey or black marquina marble tops. Designed for various functions; small coffee or occasional tables, they can be included in the components of the Sloane system to create articulated compositions. In the version with tall legs they become desks or small breakfast or cocktail tables.

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JEAN NOUVEL MES MEUBLES D’ARCHITECTE SENS ET ESSENCE

Un’idea, “l’essence, l’archétype de la table”. Jean Nouvel ha questo in mente, quando disegna un mobile. Gli archetipi. Così, nel 1994, nasce Less, il tavolo in acciaio con piano rigido sottilissimo, un’icona del design contemporaneo. Poi arriveranno Graduate, SKiN, LessLess. Non c’è mai fine, alla ricerca della perfezione. Ecco perché i suoi arredi sono così diversi: “Je ne suis pas un designer, mais un architecte qui fait du design”. A rendere omaggio ai suoi mobili d’architetto, è il Musée des Arts Décoratifs di Parigi, con una grande mostra, “Jean Nouvel, mes meubles d’architecte – Sens et essence”, che per quattro mesi, da ottobre 2016 a febbraio 2017, ha invaso l’ala occidentale del Palais du Louvre. La Francia celebra il suo genio con più di 100 arredi disegnati dal 1987 a oggi, in dialogo con le collezioni permanenti del Museo, opere del Medioevo e del Rinascimento incluse. L’allestimento, curato da Jean Nouvel in persona, è una caccia al tesoro, si insinua tra le sale, catturando frammenti di spazio, e trasforma la percezione del luogo con colori caldi, come oro, arancio e rosso, per valorizzare gli arredi di ieri e di oggi. Boom, un colpo al cuore! La mostra si apre con una grande stanza illuminata di rosso, dedicata a Less in tutte le sue forme. Interviste, video e immagini ne raccontano la genesi. Proseguendo nel percorso, si trovano tutti gli arredi progettati

da Jean Nouvel per il Gruppo Molteni – Molteni&C, UniFor e Dada. Una collaborazione ultra ventennale, nata con il progetto per gli arredi della Fondation Cartier (1994) – il tavolo Less e suoi satelliti, totem, cassettiere, porta computer – evoluto poi, all’inizio del nuovo millennio, in LessLess, con l’alluminio al posto della lamiera di ferro. Un design inconfondibile, prima realizzato da UniFor per l’ufficio, e proposto da Molteni&C nel mondo della casa. Per UniFor Jean Nouvel progetta Cases (2013), un sistema componibile per ufficio, sorprendente per semplicità e possibilità compositive, e Table au KM, un tavolo di grandi dimensioni, in edizione limitata, realizzato con poche essenziali componenti modulari e un piano di traversi in legno massello. La collaborazione con il Gruppo Molteni continua con le grandi realizzazioni. Dopo Fondation Cartier (1994) e il Musée du quai Branly (2006) si aggiungono la Dentsu Tower in Giappone (Tokyo 2003) e 40 Mercer a New York (2007), un progetto residenziale che comprende le cucine Dada in sei diversi tipi di essenze. E ancora, il Municipio di Montpellier (2011), la Philharmonie di Parigi (2015) e MoMA Tower (2016), uno degli edifici più iconici della Grande Mela.

“Lavorare con il Gruppo Molteni significa lavorare con aziende e con persone che hanno una coscienza professionale e un’esperienza che è il sogno di tutti gli architetti.” (Jean Nouvel)

“Ho sempre pensato ai mobili e agli oggetti come piccole architetture, architetture per gli interni, architetture da tasca… Tuttavia, sia per la grande sia per la piccola architettura, l’ossessione concettuale resta la stessa: progettare qualcosa che abbia senso e nel contempo sia dotata di sensibilità.” “I have always thought of furniture and objects as small architectural structures, designs for interiors, pocket architecture... However, for both large and small-scale architectural structures, the conceptual obsession is still the same: to design something that makes sense and at the same time has its own sensitivity.” (Jean Nouvel)

di/by Francesca Molteni

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An idea, “l’essence, l’archetype de la table”. This is what Jean Nouvel has in mind when he designs an item of furniture. Archetypes. Thus, in 1994, he created Less, the steel table with a rigid ultra slim top, an icon of contemporary design. Then Graduate, SKiN, LessLess. The search for perfection is endless. That’s why his furniture designs are so different: “Je ne suis pas un designer, mais un architecte qui fait du design”. Paying tribute to his architectural furniture, is the Paris Musée des Arts Décoratifs, with the major exhibition “Jean Nouvel, mes meubles d’architecte – Sens et essence” which, for four months, from October 2016 to February 2017, invaded the west wing of the Palais du Louvre. France is celebrating his genius with more than 100 items of furniture designed from 1987 to the present day, displayed alongside the Museum’s permanent collections, including Medieval and Renaissance works. The staging, curated by Jean Nouvel himself, is a treasure hunt, winding through the rooms, capturing fragments of space and transforming the perception of the place with warm colours, such as gold, orange and red, to enhance the furnishings of yesteryear and today. Boom, a thumping heart! The exhibition opens with a huge room illuminated in red, devoted to Less in all its forms. Interviews, videos and images illustrate how it came into being. Proceeding through, you find all the other furniture designed

by Jean Nouvel for the Molteni Group – Molteni&C, UniFor and Dada. A partnership of over twenty years, set up to produce Nouvel’s designs for the Fondation Cartier (1994) – the Less table and its satellites, totem metal cabinets, chests of drawers, computer holders – which then evolved, at the beginning of the new millennium, into LessLess, with aluminum instead of the sheet iron. An unmistakable design, first made by UniFor for offices, and then by Molteni&C for the home. For UniFor Jean Nouvel designed Cases (2013), a modular office system, surprising in its simplicity and compositional possibilities and Table au KM, a large table, in a limited edition, made with few essential modular components and a top made of solid wooden crosspieces. His partnership with the Molteni Group continued with major projects. After the Fondation Cartier (1994) and Musée du quai Branly (2006) came the Dentsu Tower in Japan (Tokyo 2003) and 40 Mercer in New York (2007), a residential project that includes Dada kitchens in six different types of wood. And again, the Montpellier City Hall (2011), the Paris Philharmonie (2015) and the MoMA Tower (2016), one of the Big Apple’s most iconic buildings.

“Working with the Molteni Group means working with companies and people who have a professional conscience and the experience that all architects dream of.” (Jean Nouvel)

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M&C 11 — INTERVISTE/INTERVIEWS

INTERVISTA A INTERVIEW WITH

PIERO MOLTENI

È nel 1994, con Less e la Fondation Cartier, che inizia la vostra collaborazione con Jean Nouvel?

Piero Molteni: In realtà, avevo già incontrato Jean Nouvel, che era diventato famoso per l’Institut du Monde Arabe, quando abbiamo realizzato gli uffici di CLMBBDO. Spettacolare. Anche l’atmosfera dello studio era straordinaria all’epoca! Abbiamo poi ottenuto la gara d’appalto per la Fondation Cartier: un disegno piuttosto vago con le dimensioni di un tavolo e di un armadio, e l’abbiamo quotato senza sapere cosa doveva essere, un ordine di 300 postazioni per una produzione di serie. Quando abbiamo vinto, dovevamo realizzare i prototipi ma i tempi erano molto stretti, due o tre settimane. Giorgio Pogliani: Poi abbiamo ricevuto i disegni dalla Fondation Cartier e abbiamo capito che non sarebbe stato così facile. La Fondation Cartier era un’architettura della trasparenza, e Jean Nouvel non voleva una scrivania, ma un tavolo molto sottile. PM: Dal disegno, il tavolo aveva uno spessore di 10 mm. GP: Anche meno, era una lamiera ripiegata, molto sottile. La parte creativa esisteva, il nostro compito era trovare la struttura per assicurarne la stabilità, e ce l’abbiamo messa tutta! PM: Siamo riusciti a realizzare un prototipo. Il primo pezzo che abbiamo montato in fabbrica, ci ha molto sorpreso. È stupido dirlo, il pavimento non era di livello e il tavolo sembrava strano, ma abbiamo capito subito che era veramente solido. È stato un successo immediato. Per l’armadio, invece, il mobile era stato disegnato con due porte che si aprivano ribaltandosi sui fianchi. GP: Abbiamo proposto a Jean Nouvel un meccanismo inventato dall’Ingegner Piero per Molteni&C, presentato al Salone, che permetteva di far girare una sola porta sul lato. Il mobile è diventato un vero totem. PM: Il disegno è piaciuto a Jean Nouvel, ma per fare il prototipo abbiamo dovuto recuperare un vecchio meccanismo! Lo stesso utilizzato ancora oggi. Abbiamo spedito i due modelli a Parigi, Jean Nouvel è salito sul tavolo per collaudarlo. Eravamo un po’ preoccupati. GP: Il tavolo ha tenuto! Jean Nouvel era contento. PM: Era soddisfatto... Noi invece, considerata la difficoltà della realizzazione, non stavamo più nei prezzi iniziali. Abbiamo dovuto studiare un modo di produzione industriale un po’ diverso dal prototipo. Ma con Jean Nouvel, l’intesa è sempre stata perfetta, sin dall’inizio. GP: Il tavolo aveva un’anima, un’immagine minimale che funzionava anche per UniFor. PM: Era evidente. Ricordo lo stupore di Luca Meda, autore di tanti progetti per Molteni&C e UniFor, il giorno che ha visto il tavolo e il totem. GP: Due oggetti all’avanguardia per l’epoca. PM: Alla sua prima presentazione, in Germania, il tavolo ha immediatamente preso il premio Best Design nella sua categoria.

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Dal catalogo / From the catalogue Jean Nouvel, mes meubles d’architecte. Sens et essence, Musée des Arts Décoratifs, Paris, 2016 Si ringrazia / Thanks to Giorgio Pogliani

GP: La sua presentazione a Milano è stata più caotica! Il nostro fotografo, Gabriele Basilico, diceva di non aver mai visto un pezzo così. PM: Poi Deyan Sudjic, che era venuto a intervistare Luca Meda per Blueprint... ha pubblicato il tavolo. E il tavolo si è chiamato Less!

PM: Jean Nouvel ha mandato più volte un suo collaboratore, Hubert Tonka, per verificarne lo sviluppo. GP: In tanti, era più facile! PM: In seguito, Jean Nouvel l’ha fatto entrare nella Galerie Gagosian-Seguin, una referenza prestigiosa.

Less non ha cessato di evolversi e di svilupparsi per trent’anni.

Nel frattempo, avevate anche sviluppato la famosa panchina “serpent” del Musée du quai Branly.

PM: Poi volevamo studiare una cassettiera. A Jean Nouvel piaceva quella della nostra collezione Molteni&C | UniFor, la trovava perfetta e diceva che non avrebbe potuto fare meglio. Poi abbiamo pensato di associarla alla tecnica del totem, e quella è diventata la nuova cassettiera, 100% Jean Nouvel! GP: Quando Jean Nouvel ha un’idea, cerchiamo di svilupparla. PM: Volevamo insieme sviluppare un carrello informatico, avevamo scambiato degli schizzi, eseguito un prototipo, poi Jean Nouvel è venuto, non era convinto… GP: Ha guardato il tavolo… PM: Si è isolato al piano di sopra, e quindici minuti più tardi è tornato con l’idea molto chiara e innovativa dell’oggetto. Così si poteva adattare sia frontalmente che lateralmente al tavolo. È ovvio che, con l’evoluzione delle tecnologie, il carrello oggi non è più di moda. PM: Quando Less è diventato difficile da vendere, Molteni&C ha avuto l’idea di proporlo per la casa. Il tavolo non è destinato a tutti i tipi di interni, il piano sembra delicato, per noi Less si adattava di più al “museo” o a spazi similari. GP: I materiali sono cambiati, l’immagine è rimasta. PM: Durante questi anni c’è stata un’evoluzione di Less, “darwiniana”. GP: È stato un lavoro di sintesi progressivo e, vedendo i cataloghi oggi, nulla permette di capire la data di creazione di LessLess o di LessLess Color.

Jean Nouvel vi ha sempre messi in una situazione di challenge. PM: Potevamo forse fare ancora di più, abbiamo forse perso del tempo, ma la voglia di sviluppare i disegni di Jean Nouvel è sempre stata molto presente. Per esempio, “il tavolo al kilometro”, per spiegare come lavora UniFor – avevamo ricevuto la richiesta di un tavolo lungo con un disegno, che era finito sulle scrivanie del servizio lavori su misura. Nessuno aveva capito che la richiesta arrivava da Jean Nouvel... GP: L’abbiamo recuperato. PM: Si trattava di un tavolo per la casa di Jean Nouvel... ma non avevamo nessuna idea della modalità di produzione. GP: Si doveva partire dai tronchi, e non era un semplice oggetto.

PM: Ancora una volta, quando abbiamo visto i progetti, ci sembrava facile; avevamo fatto una cosa simile per Renzo Piano con materiali plastici modellati con macchine numeriche. Ma, durante la costruzione, abbiamo dovuto tener conto delle norme antincendio. Le parti più sottili del serpente, che erano di 7 cm, non avrebbero mai resistito in caso di panico. Anche l’alluminio non era adatto, abbiamo dovuto realizzare le strutture in ferro con un’impresa locale. Tutto è diventato complicato. La realizzazione del Musée du quai Branly è stata laboriosa. È durata due anni e abbiamo preso dei grossi rischi. UniFor era intervenuta e aveva realizzato le vetrine di tanti musei in Europa, tra cui quelle della Galerie de l’Evolution a Parigi. Dovevamo anche realizzare le vetrine del museo. I disegni di Jean Nouvel erano molto chiari e molto dettagliati, ma le scadenze di consegna erano molto strette. Il cantiere aveva già molto ritardo, poi le norme di sicurezza sono diventate ancora più rigide. Occorreva sempre modificare qualcosa, cambiare i materiali e davanti a noi sempre meno tempo. Jean Nouvel era molto preoccupato ma non si lasciava abbattere. Più le difficoltà aumentavano, più rimaneva presente, calmo e organizzato. GP: Vedeva tutto, aveva tutto in testa e non si lasciava scappare nulla... PM: Si è impegnato personalmente, e ce l’ha messa tutta per rispettare la data d’inaugurazione del museo e per isolare gli spazi che non sarebbero stati terminati! Il nostro impegno e quello dei nostri fornitori è stato molto importante. PM: UniFor ha cercato sin dai suoi inizi di collaborare con architetti rinomati, certo, ma sempre privilegiando le buone condizioni di lavoro e d’intesa con le persone. Con Jean Nouvel tutto funzionava bene. GP: Abbiamo imparato molto e tutti quelli che hanno potuto partecipare al montaggio del Quai Branly hanno conservato un ricordo stupendo. UniFor è cresciuta anche come impresa.

Altra innovazione, a questo stadio ancora senza sviluppo, il “living cube”. PM: L’idea era di fare un cubo composto di sedili impilati, dei pezzi messi insieme in un cubo, per sedersi. GP: Un’idea pratica in uno spazio ampio: arrivano amici, si smonta il cubo, e c’è da sedere per tutti... ma non è possibile ovunque, ci vuole un certo volume di partenza! PM: Una volta ancora, e per sviluppare l’equivalente di dodici divani per un privato, Jean Nouvel ha mandato tre volte Hubert Tonka a verificare se tutto procedeva bene. La prima soluzione non lo convinceva, la pelle di serpente nemmeno, abbiamo ricominciato tutto. Li ha disegnati e li ha fatti verificare perché si sentiva responsabile con il suo cliente. GP: Quando crea un prodotto, ci tiene a controllare tutto. Per realizzare questi pezzi abbiamo effettuato una vera ricerca, ma per produrli dovevamo conoscere bene anche la tappezzeria. PM: Il prototipo in legno di quella sedia… Con quella non ci siamo mai riusciti... GP: L’architetto voleva qualcosa “tipo” giapponese. Ho ancora il campione dell’involucro che aveva immaginato per mantenere gli angoli, senza che apparissero le cuciture: si faceva lo schienale, si cuciva tutto insieme e non si vedeva più niente! Una bella idea, valida ancora oggi, dopo 10 anni. Lavorare con simili architetti è veramente un grande piacere, un onore per un’azienda.

Dopo trent’anni di collaborazione, ritrovate ancora la stessa energia creativa nei progetti di Jean Nouvel? PM: Se penso alla Philharmonie de Paris, sì, è un progetto straordinario, di una potenza impressionante. Penso anche a un progetto poco pubblicato e altrettanto geniale, quello del Richemont International in Svizzera. Abbiamo realizzato le pareti serigrafate con immagini di piante sui vetri. GP: L’architettura ricordava la Fondation Cartier, le pareti laterali trasparenti si fondevano col paesaggio. Era una prospettiva diversa, aperta, molto bella. PM: Assieme abbiamo realizzato tanti progetti, e ogni volta era sempre una sorpresa, un piacere enorme. Sapete, abbiamo la stessa età... Jean Nouvel è di maggio, come me.

No, in effetti, è di agosto... PM: Mi ero messo in mente che fosse di maggio, come me...

It was in 1994, with Less and the Fondation Cartier, that your partnership with Jean Nouvel began, right?

Piero Molteni: In actual fact, I had already met Jean Nouvel, who became famous with the l’Institut du Monde Arabe, when we did the CLMBBDO offices. Spectacular. The atmosphere in his studio was extraordinary, even at that time! Then we were awarded the contract for the Fondation Cartier: a somewhat vague design with the dimensions of a table and a wardrobe, and we put in an estimate without knowing what it was supposed to be, an order for 300 mass produced workstations. When we won, we had to make the prototypes in next to no time, two or three weeks. Giorgio Pogliani: Then we received the designs from the Fondation Cartier and we realized that it was not going to be that easy. The Fondation Cartier building was a transparent glass building, and Jean Nouvel didn’t want a desk, but an ultra slim table. PM: According to the drawing, the table was just 10 mm thick. GP: Even less, it was a really thin piece of folded metal sheet. The creative part already existed, our job was to find the structure that would ensure its stability, and we really did our utmost!! PM: We managed to produce a prototype. The first piece that we mounted in the factory greatly surprised us. It’s stupid to say so, but the floor was not level and the table looked odd, but we understood immediately that it was extremely solid. It was an instant success. For the wardrobe, on the other hand, the furniture had been designed with two doors that folded back onto the sides. GP: We proposed a mechanism to Jean Nouvel that Piero had invented for Molteni&C, presented at the Salone, which enabled a single door to be folded back on the side. That piece of furniture became a real totem. PM: Jean Nouvel liked the design, but to make the prototype we had to resort to an old mechanism! The same one still used today. We sent the two models to Paris, where Jean Nouvel actually climbed onto the table to test it. We were actually a bit worried. GP: The table passed the test! Jean Nouvel was pleased. PM: He was satisfied... Considering how difficult it would be to make it, however, we had overshot the original budget. We had to work out how to mass produce it, slightly different from the prototype. But our understanding with Jean Nouvel had always been perfect, right from the start. GP: The table had a soul, a minimal image that worked for UniFor too. PM: It was evident. I remember the impact it had on Luca Meda, who had produced numerous designs for Molteni&C and UniFor; the day that he saw the table and the totem cabinet he was amazed! GP: Two really avant garde objects for that time.

PM: When the table was first presented, in Germany, it was immediately awarded the Best Design prize in its category. GP: Its presentation in Milan was more chaotic! Our photographer, Gabriele Basilico, said he had never seen a piece like that before. PM: Then Deyan Sudjic, who had come to interview Luca Meda for Blueprint... published the table. And the table was called Less!

Less has carried on evolving and developing for the past thirty years. PM: Then we wanted to design a chest of drawers. Jean Nouvel liked the one in our Molteni&C | UniFor collection, he thought it was perfect and said he couldn’t have done better himself. Then we thought of associating it with the totem technique, and that became the new chest of drawers, 100% Jean Nouvel! GP: When Jean Nouvel has an idea, we try to develop it. PM: We wanted to work together on a computer trolley, we had exchanged sketches, made a prototype, then Jean Nouvel came over and he wasn’t convinced… GP: He looked at the table… PM: He went upstairs on his own, and fifteen minutes later he came back with a very clear and innovative idea for the object. It could be adapted to be used both in front of the table and beside it. Obviously, since technology has evolved since then, the idea of a trolley is no longer fashionable. PM: When Less became difficult to sell, Molteni&C suggested proposing it for the home. The table is not suitable for all types of interiors, the top looks delicate; we thought Less would be more suitable for a “museum” or spaces of that kind. GP: The materials have changed but the image has remained. PM: Over the intervening years, Less has undergone a “darwinian” evolution. GP: It has been a gradual work of synthesis and, looking at the catalogues today, there is no clue as to exactly when LessLess or LessLess Color were created.

Jean Nouvel has always set you challenges. PM: Maybe we could have done more, maybe we wasted time, but we have always been ready and willing to develop Jean Nouvel’s designs. For example, the “table au km”, just to explain how UniFor works – we had received a request for a long table with a drawing, which ended up on the desks of the made-to-measure department. Nobody had understood that the request had come from Jean Nouvel... GP: We recovered it.

PM: It was to be a table for Jean Nouvel’s home... but we had no idea how it was to be made. GP: We had to start with the tree trunks, and it was by no means a simple object. PM: Jean Nouvel sent us a member of his team, Hubert Tonka, to check how things were proceeding. GP: The more, the merrier! PM: Later, Jean Nouvel got it into the Galerie Gagosian-Seguin, a prestigious reference.

In the meantime, you had also developed the famous “serpent” bench for the Musée du quai Branly. PM: Once again, when we saw the designs, it looked easy; we had produced something similar for Renzo Piano with plastic materials shaped with numerical control machines. But, during construction, we had to take fire prevention regulations into account. The thinnest parts of the serpent, which were 7 cm thick, would never have withstood a panic situation. The aluminum was not suitable either, we had to make the framework of iron, with a local firm. Everything became complicated. The Musée du quai Branly project was very laborious. It lasted two years and we took some huge risks. UniFor had intervened and had made the display cases for numerous museums in Europe, including those of the Galerie de l’Evolution in Paris. We also had to make the display cases for the museum. Jean Nouvel’s drawings were very clear and very detailed, but the delivery deadlines were extremely tight. The jobsite was already behind schedule, then the safety and security measures became even stricter. There was always something that had to be altered, the materials had to be changed and there was less and less time ahead of us. Jean Nouvel was very worried but he never lost his cool. The more the difficulties increased, the calmer, more present and more organized he remained. GP: He had everything in his head and nothing escaped his notice... PM: He was personally committed and did his utmost to respect the museum’s inauguration date and to isolate any spaces that couldn’t be ready in time! Our efforts and those of our suppliers were really important. PM: Right from the beginning, UniFor has tried to work with celebrated architects, of course, but always ensuring good working conditions and a good understanding with the people involved. With Jean Nouvel everything worked smoothly. GP: We learned a great deal and all those who had the chance to take part in assembling the Quai Branly project took away lasting memories. UniFor also grew as a business enterprise.

Another innovation, at this stage still not fully developed, the “living cube”. PM: The idea was to make a cube composed of stacked chairs, items placed together in a cube, as a seat. GP: A practical idea in a large space: friends come, the cube is dismantled and there are chairs for everyone... but this is not feasible everywhere, you need a certain volume to start with! PM: Once again, and to develop the equivalent of twelve sofas for a private client, Jean Nouvel sent Hubert Tonka three times to check that everything was going according to plan. The first solution failed to impress him, the serpent’s skin didn’t either, and we started all over again. He drew them and he checked them because he felt accountable towards his client. GP: When he creates a product, he likes to check every single thing. In order to make these items, we did some serious research, but to produce them we even had to know exactly what the upholstery was like. PM: The wooden prototype of that chair… With that we never managed... GP: The architect wanted something “sort of” Japanese. I have still got the sample of the covering that he had imagined for protecting the corners, without the seams showing: the backrest was made, everything was sewn together and then it all looked perfectly seamless! A great idea, still valid today, 10 years on. Working with designers like that is a real pleasure, an honour for a company.

After thirty years working together, do you still find the same creative energy in Jean Nouvel’s projects? PM: If I think of the Paris Philharmonie, yes, it is an extraordinary project, incredibly powerful. I am also thinking of another equally brilliant design, little talked about, that of the Richemont International in Switzerland. We made the silkscreened walls with images of plants on the glass. GP: The architecture is reminiscent of the Fondation Cartier, the seethrough side walls merged with the landscape. The perspective was different, open, very beautiful. PM: We have worked together on so many projects, and every single time it has been a surprise, a huge pleasure. You know, we are the same age... Jean Nouvel was born in May, like me.

No, actually, in August... PM: Really, I was convinced it was May, like me...

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M&C 11

M&C 11 — INTERVISTE/INTERVIEWS

IL PIENO DEL VUOTO (CHE SIA UNA CASSETTIERA?)

LUCA DE BIASE COMUNITÀ ECOSISTEMI SIGNIFICATI COMMUNITY ECOSYSTEMS MEANINGS

di/by Cristiana Colli

di/by Cristiana Colli

Luca De Biase Nel 2005 ha fondato “Nòva24 – Il Sole 24 Ore” che oggi dirige, insieme alla Vita Nòva, magazine per tablet. Insegna Knowledge Management all’Università di Pisa e al master di comunicazione della scienza all’Università di Padova. Membro del comitato scientifico del master di comunicazione della scienza alla Sissa di Trieste e docente del master Big Data all’Università di Pisa. Presidente del comitato scientifico dell’associazione Media Civici; membro della Commissione sulle garanzie, i diritti e i doveri per l’uso di internet, alla Camera dei Deputati e del CdA di Fondazione Golinelli. Tra i suoi libri recenti: Come saremo, con Telmo Pievani, Codice, 2016; Homo Pluralis, Codice, 2015; Media Civici, Apogeo Feltrinelli, 2013. Nel 2016 la Media Ecology Association gli ha conferito The James W. Carey Award for Outstanding Media Ecology Journalism.

blog.debiase.com

Domanda delle domande: cosa resta del vuoto? A chi chiedere se non a Ron Gilad? Lui che volteggia sui paradossi; abita gli opposti; addomestica la geometria; inverte le certezze della fisica – leggerezza/pesantezza, flessibilità/rigidità, durezza/morbidezza. Ron che lavora sull’essenza degli archetipi, sull’idea che precede la forma, sugli immaginari che diventano parola e oggetto. Con l’energia che dissimula la velocità interiore della forma, le tensioni e le torsioni della materia, le traslazioni dei volumi. Il progetto Teorema è il pieno del vuoto. È il lato B di Grado°, la collezione sulla forma del vuoto. È il calco come progetto, la matrice traslata e disassata che diventa micro architettura e supera ogni confine disciplinare. Cassettiera in legno che si compone, recycle concettuale e funzionale, rigenerazione poetica dell’oggetto, elemento originale nello spazio.

A SOLID VACUUM (COULD IT BE A CHEST OF DRAWERS?)

In 2005 Luca De Biase founded “Nòva24 – Il Sole 24 Ore” of which he is now the director, along with the Vita Nòva magazine for tablets. He lectures in Knowledge Management at Pisa University and at Padua University’s Master’s in Science Communication. Member of the scientific committee of the Master’s in Science Communication at Sissa in Trieste and lecturer at Pisa University’s Master’s in Big Data. Chairman of the Media Civici association’s scientific committee; member of the Chamber of Deputies Commission on guarantees, rights and duties for Internet use, and the Fondazione Golinelli Board of Directors. His most recent books include: Come saremo, with Telmo Pievani, Codice, 2016; Homo Pluralis, Codice, 2015; Media Civici, Apogeo Feltrinelli, 2013. In 2016 the Media Ecology Association assigned him the James W. Carey Award for Outstanding Media Ecology Journalism.

Il suo blog è un common ground di immagini pensieri e visioni. Con una tab che la dice lunga – perplessità. Studia l’innovazione che diventa futuro, gli algoritmi che svelano metafore, le connessioni che si fanno comunità. Nòva24 è di carta e di cielo, un augmented journal che racconta i luoghi della terra, dove la terra è comunque una terra promessa. Innovazione: obsolescenza o risignificazione?

Question of questions: what is left of a vacuum? Who better to ask than Ron Gilad? He who whirls on paradoxes; inhabits opposites; he who tames geometry; inverts the certainties of physics – lightness/ heaviness, flexibility/rigidity, hardness/ softness. Ron who works on the essence of archetypes, the idea that precedes form, on the imaginary that becomes words and objects. With the energy that dissimulates the interior speed of form, the tensions and torsions of matter, the transfers of volumes. The Teorema project is the solid part of a void. It is the negative side of Grado°, the collection that explores the form of a vacuum. It is the mould as design, the template transferred and shifted that becomes micro architecture and exceeds all disciplinary boundaries. A wooden chest of drawers that is made up, conceptual and functional recycling, poetic regeneration of the object, original element in space.

Il valore delle parole varia nei diversi contesti storici e contribuisce a modificarli. Quando appaiono parole particolarmente adatte a un periodo storico, vengono adottate dai primi visionari che usandole modificano le percezioni della loro comunità, poi nel tempo diventano mainstream e alla fine sono talmente abituali che non ci si accorge più di pronunciarle. La parola innovazione forse è arrivata all’ultimo stadio, lo si intuisce dal fatto che la usano anche persone la cui biografia è del tutto avulsa dal suo significato. Ma l’innovazione non è una moda né una somma di novità, l’innovazione ha conseguenze complesse: cambia il corso di una storia e, quando è profonda, cambia il corso della storia. Appare quando viene proposta ma la si riconosce solo quando viene adottata: le sue conseguenze superano le previsioni di chi l’ha generata poiché l’innovazione è insieme opera dei sui promotori e dei suoi utilizzatori.

le aziende italiane a veloci rincorse. Milano capitale internazionale anche per i processi e le realtà produttive legate al design, all’architettura, alle imprese creative. Milano è la città gotica più a sud: è vicina all’Europa, protagonista da otto secoli. È riuscita a raggiungere la funzione di hub nell’Italia del Nord, ma sta ricominciando solo da qualche anno a ripensare la sua capacità di attrazione globale di capitali e talenti, come già riesce Amsterdam, Stoccolma, Barcellona. Fa eccezione il design: la fama di Milano legata alla storia dei suoi designer, al Politecnico e al suo sistema industriale dell’arredamento è precondizione favorevole alla funzione cosmopolita del Salone del Mobile. Ma la dimensione di Milano resta piccola sulla scala globale: altro sarebbe se, come Amsterdam, potesse contare su una rete di città connesse – da Genova e Torino a Bologna e Venezia – ciascuna con le sue specificità ma concepibili come iperconurbazione attraente per investimenti e talenti. Ma nonostante i freni del sistema paese, la mancanza di investimenti e le criticità inestricabili, Milano resta in gioco nell’economia globale. È tempo di sviluppare piani ancora più seri e ambiziosi, senza esitazioni e senza chiusure. Le infografiche di Nòva restituiscono antropologie, scenari ed ecosistemi sorprendenti.

Nanotecnologie, biotecnologie, robotica, intelligenza artificiale, neuroscienze, fisica delle particelle, viaggi spaziali, intelligenza collettiva. Sono alcune delle frontiere che costruiscono il futuro nell’economia della conoscenza, dove il valore si concentra sull’immateriale: la ricerca ne è il generatore più rilevante, insieme al design, all’informazione, Industria 4.0 promette di essere alla connessione organizzativa. La frontiera leva commerciale e modernizzazione della genetica sta ponendo domande industriale. fondamentali sull’idea stessa di vita; la robotica e l’intelligenza artificiale sfidano i mercati Il paradigma dell’industria 4.0 ha i connotati del lavoro e anche le industrie tradizionali – di una riorganizzazione profonda della dall’agroindustria all’arredamento manifattura con la convergenza di tecnologie all’abbigliamento, passando per l’automazione – machine learning, robot, big data, sensori, industriale – che saranno trasformate cloud computing, internet delle cose. da queste vicende scientifiche e tecnologiche. È più di un “iper-just-in-time” perché non solo Ma al centro non può che esserci un salto si coordinano i magazzini ma si connettono le di paradigma culturale. E il compito fabbriche e i loro prodotti; è un superamento dei media, soprattutto digitali, sarà sempre dell’automazione perché sviluppa capacità più rilevante, un’assunzione di responsabilità predittive; è una riformulazione del disegno di cui essere pienamente consapevoli. industriale perché può portare il concetto di co-design alle estreme conseguenze. Per le grandi aziende è l’opportunità di vendere tecnologie industriali complesse chiavi-in-mano per proporre riforme radicali della produzione; per le piccole aziende a grande valore aggiunto può rappresentare un miglioramento della produttività. La dimensione piccola delle imprese italiane e la competitività che viene dalle capacità uniche del personale le spingono verso innovazioni graduali che salvaguardano la loro cultura di fondo: un approccio giusto quando non diventa rendita di posizione e rifiuto dell’innovazione. La disattenzione alle tecnologie digitali rischia di obbligare

Its blog is a common ground of images, thoughts and visions. With a tab that says it all – perplexity. It examines the innovation that becomes future, the algorithms that reveal metaphors, the links that become community. Nòva24 is made of paper and sky, an augmented journal that talks about the places of the earth, where the earth is anyway a promised land. Innovation: obsolescence or resignification? The value of words varies in different historical contexts and contributes to changing them. When words appear that chime with a historical period, they are adopted by the first visionaries who, by using them, change the perceptions of their community; then, with time, they become mainstream and in the end they are so commonplace that people no longer notice that they are using them. The word “innovation” may have reached this final stage; you can tell by the fact that it is even used by people whose lives are completely detached from its meaning. But innovation is neither a fashion nor a sum of things new, innovation has complex consequences: it changes the course of a story and, when it is profound, it changes the course of history. It appears when it is proposed but is only recognized when it is used: its consequences exceed the expectations of those who generated it since innovation is at once the work of its promoters and of its users. Industry 4.0 promises to be commercial lever and industrial modernization. The paradigm of Industry 4.0 has the characteristics of a thorough reorganization of manufacturing with the convergence of technologies – machine learning, robots, big data, sensors, cloud computing, internet of things. It is more than a “hyper-just-intime” because not only are warehouses coordinated but factories and their products are connected, it exceeds automation because it develops predictive skills; it is a reformulation of industrial design because it can take the concept of co-design to extreme consequences. For large businesses it is a chance to sell complex turnkey technologies in order to propose radical manufacturing reforms; for small enterprises with big added value it can mean improving productivity. The small scale of Italian businesses and the competitive edge that comes from the unique skills of the workforce push them towards gradual innovations that safeguard their basic culture: the right approach as long as it does not become position income or rejection of innovation. Poor attention to digital technologies risks forcing Italian firms to catch up fast.

Milan international capital for processes and manufacturing linked to design, architecture and creative enterprises too. Milan is the southernmost gothic city: it is close to Europe, a protagonist for the last eight hundred years. It has established itself as a hub in northern Italy, but only recently has it started rethinking its capacity as a global magnet for capital and talent, like Amsterdam, Stockholm and Barcelona. Design is another matter: Milan’s reputation is already linked to the history of its designers, to the Politecnico university and to its industrial furniture system, a precondition favourable to the cosmopolitan function of the Salone del Mobile. But, in global terms, Milan is still a small city: it would be different if, like Amsterdam, it could count on a network of interlinked cities – from Genoa and Turin to Bologna and Venice – each with its specific merits but conceivable as an attractive hyper conurbation for investments and talents. But despite the factors holding the country back, the lack of investments and the inextricable criticalities, Milan is still a player in the global economy. It is time to develop even more serious and ambitious plans, without hesitation and without prejudice. Nòva’s infographics render surprising anthropologies, scenarios and ecosystems. Nanotechnologies, biotechnologies, robotics, artificial intelligence, neurosciences, particle physics, space travel, collective intelligence. These are just some of the frontiers that build the future in the knowledge economy, where value is concentrated on the immaterial: research is the key generator of all this, along with design, information, organizational connectivity. The frontier of genetics is posing fundamental questions about the very idea of life; robotics and artificial intelligence are challenging job markets and traditional industries too – from agroindustry to furniture and clothing, as well as industrial automation – that will be transformed by these scientific and technological issues. But critically, there has to be a cultural paradigm leap. It is up to the media, and especially the digital media, to play an increasingly important role, fully aware of the responsibility they shoulder.

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HERITAGE COLLECTION di/by Francesca Molteni

Una lunga corsa, con qualche ostacolo e molte sfide. E la sensazione che non sia mai sufficiente. No, non basta più “saper fare”. Abbiamo ogni giorno e in ogni dettaglio, una magnifica ossessione: la qualità. A long run, with several hurdles and numerous challenges. And a feeling that it’s never enough. In fact, “know how” is no longer enough. Every single day and in every single detail, a magnificent obsession: quality. Una collezione che guarda al futuro, la Heritage Collection, un patrimonio artistico e culturale, altrimenti perduto, da valorizzare. Il dovere di una scelta, l’eredità da condividere. E la volontà di ritrovare, nella storia di Molteni&C, i segni di una magnifica ossessione, la qualità. Dal 1934 a oggi. La collezione Gio Ponti, rieditata con successo dal 2012, la mostra “Molteni80!”, la creazione dell’archivio storico e del Molteni Museum, sono state l’occasione per riscoprire tesori dimenticati e ripartire dall’inizio, dall’origine della modernità. Così sono emerse tracce di un passato che si è rivelato contemporaneo. Intuizioni, direzioni da esplorare, sperimentazioni verso il design.

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Sapienza artigianale da interpretare con innovazioni tecnologiche. Una materia nobile da plasmare, il legno, per nuovi grandi classici. I primi prototipi di mobili moderni. Pezzi unici, disegnati per concorsi o per progetti speciali, da far rivivere in serie e in edizione numerata, firmati Gio Ponti, Werner Blaser, Yasuhiko Itoh, Tobia Scarpa. Grandi maestri, complici e compagni di viaggio di Molteni&C, per vocazione, in tutto il mondo. Architetti, come i cinque premi Pritzker – Aldo Rossi, Jean Nouvel, Álvaro Siza, Renzo Piano e Norman Foster – che hanno scelto il Gruppo Molteni per realizzare i loro progetti più arditi. Sempre avanguardia, sempre tradizione, che si tengono per mano.

The Heritage Collection is forwardlooking, an artistic and cultural heritage, otherwise lost, still to be enhanced. A duty of choice, a legacy to be shared. And a desire to rediscover, in the history of Molteni&C, traces of a magnificent obsession, quality. From 1934 to the present day. The Gio Ponti collection, successfully re-made since 2012, the “Molteni80!” exhibition, the creation of the historical archive and the Molteni Museum provided the opportunity to rediscover forgotten treasures and to start from the beginning again, from the origins of modernity. In this way traces emerged of a past that turned out to be contemporary. Intuitions,

directions to be explored, experimentation towards design. Artisan know-how to be interpreted with technological innovations. A noble material to be fashioned, wood, for new great classics. The first prototypes of modern furniture. Unique pieces, designed for competitions or for special projects, to be reproduced on an industrial scale and in numbered editions, signed by Gio Ponti, Werner Blaser, Yasuhiko Itoh as well as Tobia Scarpa. Great masters, associates and travelling companions of Molteni&C, by vocation, all over the world. Architects, such as the five Pritzker prize winners – Aldo Rossi, Jean Nouvel, Álvaro Siza, Renzo Piano and Norman Foster – who chose the Molteni Group to realize their most daring designs. Always avant-garde, always tradition, hand in hand.

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CLASSICO CONTEMPORANEO SI ARRICHISCE LA GIO PONTI COLLECTION CONTEMPORARY CLASSICS NEW ADDITIONS TO THE GIO PONTI COLLECTION Vi sono rapporti, interessantissimi, fra industria ed arte. L'arte s'è innamorata dell'industria, e l'industria è entrata nel novero dei fenomeni intellettuali. Ora la maggioranza degli oggetti per la nostra vita, sono oggi creati dall'industria, sono da essa caratterizzati: l'industria dunque fa stile, è la maniera del nostro tempo. There are fascinating links between industry and art. Art has fallen in love with industry and industry has joined the category of intellectual phenomena. Today most of our everyday objects are created by industry and are characterized by it: so industry produces style, that’s the way it works these days. (Gio Ponti)

di/by Francesca Molteni La collezione Gio Ponti, che Molteni&C dedica al grande maestro, nasce nel 2012 in collaborazione con Gio Ponti Archives e con la direzione artistica dello Studio Cerri & Associati. Un omaggio a un architetto tra i più complessi del ’900 e un’occasione per confrontarsi con la storia, rinnovando così l’attenzione per i protagonisti dell’architettura italiana e internazionale. Nella sua carriera, lunga più di cinquant’anni, Gio Ponti (Milano, 1891-1979) fonda la rivista “Domus”, insegna al Politecnico di Milano, dipinge e disegna tutto – edifici, interni, mobili, oggetti e arredi per le sue case. Progetti che, senza l’intervento di Molteni&C, sarebbero andati perduti, privandoci per sempre di un’eredità che appartiene al patrimonio culturale italiano. Il lungo processo di ricerca, studio e selezione, condotto negli archivi con gli eredi Ponti, in particolare con Salvatore Licitra che ne è il curatore, ha portato alla riedizione di pezzi storici firmati dal grande maestro per abitazioni private, progetti speciali o piccole serie. Nel rispetto dell’originale, applicando però le tecnologie più moderne, per renderli attuali, prodotti in serie, coerenti con la proposta total living di Molteni&C e con l’abitare contemporaneo. La collezione, che si arricchisce ogni anno di nuovi elementi, comprende arredi disegnati da Gio Ponti tra il 1935 (sedia per il primo Palazzo Montecatini a Milano), gli anni ’50 (libreria, cassettone, tavolino, cornici e tappeto per Casa Ponti in via Dezza a Milano; poltrona per Villa Planchart a Caracas, tavolino prodotto in piccola serie per M. Singer&Sons; poltrona per Altamira; poltrona navale) e gli anni ’70 (sedute pieghevoli presentate a Eurodomus 3, Milano). Librerie, cassettoni, mensole, poltrone, sedie, tavolini, cornici e tappeti, numerati e corredati da un certificato di autenticità. Un successo internazionale, che conferma il valore di un’eredità riscoperta e la vitalità del grande maestro, che Molteni&C ha promosso anche con la mostra itinerante “Vivere alla Ponti” e il film “Amare Gio Ponti”. Molteni&C e gli Eredi Ponti, hanno dato vita, nel 2017, ad un contratto volto ad ampliare e consolidare il rapporto di fiducia che li lega da anni.

The Gio Ponti collection, which Molteni&C dedicates to the great designer, was formed in 2012 in partnership with the Gio Ponti Archives and under the artistic direction of Studio Cerri & Associati. A tribute to one of the most complex architects of the 20th century and an opportunity to exchange views with history, thereby renewing attention for the leading figures of Italian and international architecture. In a career spanning more than fifty years, Gio Ponti (Milan, 1891-1979) founded “Domus” magazine, lectured at Milan’s Politecnico University, painted and designed everything – buildings, interiors, furniture, objects and furnishings for his homes. Designs which, without Molteni&C’s intervention, would have been lost, depriving us forever of a legacy that belongs to Italy’s cultural heritage. The lengthy process of researching, studying and selecting, conducted in the archives with Ponti’s heirs, in particular with the curator Salvatore Licitra, led to remakes of historic items made by the great designer for private homes, special projects or small series. While respecting the originals, the new additions were, however, produced industrially, applying the latest technologies, to bring them up to date, in line with Molteni&C’s total living concept and with contemporary living. The collection, which is enriched with new additions year by year, includes furniture that Gio Ponti designed between 1935 (chair for the first Palazzo Montecatini in Milan), the 1950s (bookcase, chest of drawers, small table, frame and rug for Casa Ponti in Via Dezza in Milan; armchair for Villa Planchart in Caracas, occasional table produced in a small series for M. Singer&Sons; armchair for Altamira; armchair for cruise ship) and the 1970s (folding chairs presented at Eurodomus 3, Milan). Bookcases, chests of drawers, shelves, armchairs, chairs, small tables, frames and rugs, numbered and complete with a certificate of authenticity. An international success, which confirms the value of a rediscovered inheritance and the vitality of the great designer, which Molteni&C has also promoted with the “Living Ponti-style” roadshow and the film “Loving Gio Ponti”. In 2017 Molteni&C and the Ponti Heirs signed a contract aimed at extending and consolidating the relationship of trust that we have enjoyed for years.

MOLTENI&C – D.156.3 DESIGN GIO PONTI Disegnata da Gio Ponti e prodotta per Altamira, società americana fondata da un nipote dello spagnolo De Cuevas, viene esposta nello showroom dell’azienda a New York, insieme a mobili di Ico Parisi, Franco Albini, Carlo De Carli, Ignazio Gardella e altri, scelti fra i più rappresentativi della X Triennale di Milano. Nel catalogo di presentazione si legge: “Si pensava che l’architettura dovesse essere solo funzionale, lasciando poco margine alla decorazione. Ma il genio italiano non poteva non creare un’architettura con un volto più umano che noi chiamiamo il tocco latino”. La poltrona D.156.3, che Molteni&C riedita in esclusiva, ha una struttura in massello di noce canaletto o laccato nero semilucido. L’assemblaggio e la levigatura sono manuali. La verniciatura è con coloranti all’anilina applicati mediante stracciatura. Il particolare schienale ergonomico invece è costituito da cinghie elastiche incrociate, che supportano il morbido cuscino trapuntato e profilato. Disponibile in tre tessuti e in tre pelli della collezione Molteni&C, compreso il nabuk (nella foto a sinistra nella variante ruggine). Personalizzazione a richiesta.

Designed by Gio Ponti and produced for Altamira, an American company founded by the nephew of the Spaniard De Cuevas, was displayed in the company’s showroom in New York, along with furniture by Ico Parisi, Franco Albini, Carlo De Carli, Ignazio Gardella and others, chosen from among the most representative exhibitors at the 10th Milan Triennale. The presentation catalogue reads: “It was thought that architecture should be purely functional, with very little margin for decoration. But the Italian genius could not help but create architecture with a more human face, which we call the Latin touch”. The D.156.3 armchair, exclusively remade by Molteni&C, has a solid American walnut or black semi-matt lacquered frame. It is assembled and sandpapered by hand and wiped with aniline dyes. The particular ergonomic backrest, on the other hand, consists of criss-crossed elastic straps, which support the soft, quilted and edged cushion. Available in three textiles and in three leathers from the Molteni&C collection, including Nabuk (seen in the photo on the left in the rust variant). Customization on request.

MOLTENI&C – D.151.4 DESIGN GIO PONTI Appassionato da sempre al tema dell’arredo navale, Gio Ponti ne fece diretta esperienza in quattro transatlantici rinnovati o costruiti ex-novo dopo la guerra, tra il 1949 e il 1951: Conte Grande, Conte Biancamano, Andrea Doria e Giulio Cesare. Si tratta sempre di vestire, non di progettare, il transatlantico. E allora le navi arredate da Ponti in questi anni diventano “navi cariche d’arte, viaggiante annunciazione dell’Italia”. Scriveva Ponti su “Domus” che “una nave italiana è un pezzo d’Italia, essa deve rappresentare gli aspetti superiori e di maggior prestigio del gusto, della cultura, delle arti, dell’artigianato italiani […]. Il turista deve imparare l’Italia sulla nave”. Ponti progetta questa poltroncina con lievi varianti per le navi. Caratterizzata da una struttura avvolgente e da comodi braccioli, ha piedi in legno massello con puntale in ottone. Rivestimenti tessili e pelle della collezione Molteni&C.

Always passionate about nautical furnishings, Gio Ponti gained direct experience in four ocean liners upgraded or built from scratch after the war, between 1949 and 1951: the Conte Grande, Conte Biancamano, Andrea Doria and Giulio Cesare. It was a question of decorating the ships, not of designing them. So the ships furnished by Ponti in those years are “ships brimming with art, a travelling presentation of Italy”. Ponti was to write in “Domus” that “an Italian ship is a piece of Italy, it has to represent the loftiest and most prestigious aspects of Italian taste, culture, arts and craftsmanship […]. Tourists will learn about Italy on board”. Ponti designed this easy chair with slight variants for these ships. Featuring an enveloping frame and comfortable armrests, it has solid wooden legs with brass shoes. Textile and leather upholstery from the Molteni&C collection.

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FRANCESCO ZANOT FOTOGRAFIA E RAPPRESENTAZIONE PHOTOGRAPHY AND REPRESENTATION di/by Cristiana Colli

Dal suo osservatorio studia le sintassi e le architetture di chi scrive con la luce; il sedimento compositivo degli istanti immutabili; il gesto teso preciso e irriducibile dello scatto. Nel flusso bulimico della comunicazione globale cerca il pensiero che precede lo sguardo, l’immagine che si fa contemplazione, l’intimità pubblica che chiede condivisione. Mentre le metamorfosi al tempo del selfie, dello smartphone, delle tecnologie accessibili sembrano compiacere l’illusione del processo, la fotografia autoriale cerca metabolismi nuovi nell’immagine/icona, nella serialità/manifesto, nel recupero di depositi e matrici. La fotografia è semplice e veloce, o almeno può esserlo, e questo la distingue da molte altre arti. Ciò che però non è facile nè veloce è il pensiero che dà forma alle immagini, il processo che sta dietro qualsiasi fotografia di ricerca. In questo senso la fotografia è uguale a ogni altro linguaggio espressivo; per questo qualsiasi aggiornamento tecnologico e nuovo uso sociale non è un fattore di semplificazione del sistema, ma piuttosto un arricchimento, uno sviluppo sui cui gli artisti dovranno necessariamente riflettere. Linda Freni Nagler è un’artista che spesso utilizza immagini preesistenti: una fotografa senza macchina e senza obiettivo che applica una sorta di principio ecologico, anziché diffondere nuove immagini ricicla quelle che già esistono. Questo non significa che il suo lavoro sia meno complesso, solo le consente di approfondire specifiche modalità di fruizione, scambio, circolazione e risignificazione del medium. Alla fotografia, mai come ora, si affida un forte potere evocativo dei bisogni e dei desideri, e il ruolo di segno che segna, un concentrato che trattiene e prefigura estetiche e significati. È una questione di appetito. Spesso si tende a pensare che il nutrimento venga soltanto dal cibo. Ma non è così. Ci sono molti altri generi di pasto. Le immagini sono uno dei nostri cibi preferiti: come un grosso panino sono fatte a strati, possono essere lette in un istante oppure fornire nel tempo una grande quantità di dettagli, sfumature e informazioni. E poi la fotografia incarna perfettamente gli ideali contemporanei di democrazia e globalità.

Francesco Zanot è curatore di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia, Torino. Ha lavorato a mostre e pubblicazioni di alcuni dei maggiori fotografi italiani e internazionali; curato libri monografici di artisti come Mark Cohen, Guido Guidi, Olivo Barbieri, Takashi Homma, Linda Fregni Nagler, Boris Mikhailov, Francesco Jodice. Tra le pubblicazioni recenti, le antologie sul lavoro di Luigi Ghirri (The Complete Essays, Mack, Londra), Alec Soth (Ping Pong Conversations, Contrasto, Roma) Erik Kessels (The Many Lives of Erik Kessels, Aperture, New York). Direttore del Master in Photography and Visual Design di NABA, ha partecipato come relatore a conferenze e seminari sulla teoria e la storia della fotografia a Columbia University di New York, ECAL di Losanna, IUAV di Venezia. È associate editor della piattaforma curatoriale Fantom. Nel 2016 ha curato “Give Me Yesterday”, l’esposizione con cui Fondazione Prada ha inaugurato a Milano Osservatorio – lo spazio dedicato alla fotografia.

Come si colloca la fotografia italiana nel panorama internazionale? C’è un gap tra la qualità degli autori e la loro riconoscibilità. Il motivo per cui la fotografia italiana degli anni ’70-’80-’90 non è sufficientemente riconosciuta a livello internazionale sta nel fatto che in quel periodo non esisteva un sistema maturo capace di sostenerla. Mi riferisco a quella rete fatta di musei, gallerie e collezionisti che in altri paesi era più solida, mentre in Italia il lavoro sui fotografi è stato svolto da poche figure tanto illuminate quanto isolate. Oggi, anche per la maggiore facilità di accesso a un’audience più allargata, la nuova fotografia italiana sta vivendo un momento di grande visibilità, con molti autori e lavori di estrema qualità e attualità. Questo potrà avere retroattivamente un effetto positivo anche sulle ricerche degli anni passati, su cui le nuove generazioni affondano le loro radici in maniera evidente. La committenza fotografica e il collezionismo sono oggi più eretici e plurali, trasversali, con ibridazioni eterotopiche di varia specie.

Francesco Zanot is the curator of CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia, Turin. He has worked on the exhibitions and publications of some of the greatest Italian and international photographers; curated monographic books of artists such as Mark Cohen, Guido Guidi, Olivo Barbieri, Takashi Homma, Linda Fregni Nagler, Boris Mikhailov and Francesco Jodice. Recent publications include anthologies on the work of Luigi Ghirri (The Complete Essays, Mack, London), Alec Soth (Ping Pong Conversations, Contrasto, Rome) Erik Kessels (The Many Lives of Erik Kessels, Aperture, New York). Director of the NABA Master’s in Photography and Visual Design, he has spoken at conferences and seminars on the theory and history of photography at New York’s Columbia University, ECAL in Lausanne and IUAV in Venice. He is associate editor of the Fantom editorial platform. In 2016 he curated “Give Me Yesterday”, the exhibition with which Fondazione Prada inaugurated the space celebrating photography at Milan’s Osservatorio.

From his observatory he studies the syntax and the architecture of those who write with light, the compositional sediment of immutable moments; the precise and irreducible gesture of the click. In the bulimic flow of global communications, he looks for the thought that precedes the glance, the image that becomes contemplation, the public intimacy that asks to be shared. While the metamorphoses in the age of the selfie, the smartphone and accessible technologies seem to gratify the illusion of a process, art photography is looking for new metabolisms in the icon/image, in the seriality/manifesto, in the recovery of deposits and templates

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Photography is easy and quick, or at least it can be, and distinguishes itself from many other art forms. What is neither easy nor quick, however, is the thought that shapes Esempi virtuosi di committenza sono alcuni the images, the process that lies behind progetti pubblici come Urban Layers, siti any research photograph. In this sense, come kvadratinterwoven.com, operazioni photography is just like any other expressive editoriali come la collana di libri di viaggio language; this is why technological upgrades di Humboldt Books. Non credo ci siano rischi or new social uses do not simplify the system, nella relazione tra i diversi attori che prendono but rather enhance it, a development parte a un incarico, in particolare tra autore on which artists will necessarily have to reflect. e committenza. Come un libro o una mostra, Linda Freni Nagler is an artist who often la ricchezza di questi progetti viene uses pre-existing images: a photographer dalla pluralità delle voci che necessariamente with neither camera nor lens who applies li compongono. a sort of ecological principle, rather than publishing new pictures, she recycles photos Osservatorio di Fondazione Prada that already exist. This does not mean that è il luogo della fotografia, e la prima her work is any less complex, it just allows mostra che lei ha curato è sull’idea her to gain insight into specific ways di diario personale, una sorta di intimità of benefitting from, exchanging, circulating pubblica. A quali condizioni and giving new meaning to the medium. si può essere osservatorio e quando la fotografia passa dal particolare Today, as never before, photography al generale? is attributed with having the power to express our needs and desires, as Un Osservatorio è un luogo da cui si gode well as the role of leaving a permanent di una vista privilegiata e ampia. Credo sign, a concentrate that retains si possa essere osservatorio coniugando and prefigures aesthetics and meaning. due caratteristiche fondamentali: una presa di posizione, ovvero l’assunzione di una It’s a question of appetite. We often tend to prospettiva specifica, e l’apertura dello think that nourishment only comes from food. sguardo. Per quanto riguarda il passaggio But that’s not true. There are many other della fotografia dal particolare al generale, sources of nutrition. Images are one of our dal privato al pubblico, credo che ciò avvenga favourite foods: like a multi-layered semplicemente per empatia, come accade sandwich, they can be read in a matter ascoltando qualsiasi storia personale. of minutes or provide us with a huge Ho davanti a me un libro di Kent Haruf. quantity of details, shades of meaning and Lo apro e leggo: “Mi sveglio presto. Non riesco information. And then photography a dormire. E me ne sto seduta in salotto can perfectly embody the contemporary a guardare il sole che sorge sulle case dall’altra ideals of democracy and entirety. parte della strada”. Parla la protagonista, ma siamo evidentemente tutti noi.

moltenigroup.com #MolteniGroup

M&C 11 — INTERVISTE/INTERVIEWS

Where does Italian photography stand in the international scenario? There is a gap between the quality of the authors and their identifiability. The reason why the Italian photography of the 1970s, 80s and 90s is not sufficiently recognized internationally is that, back then, there was no system in place to support it. I’m referring to the fact that the country lacked that solid network of museums, galleries and collectors that existed in other countries; in Italy, work on photographers was done by a handful of people who were as enlightened as they were isolated. Today, because it is easier to gain access to a much wider audience, new Italian photography is enjoying a moment of great visibility, with numerous photographers and a great deal of top quality and topical work. This may have a retroactively positive effect on the research done in the past, on which the new generations have clearly grown up. Today, photographic commissions and collecting are more heretical, plural and across the board, with heterotopic cross-fertilizations of various kinds. Virtuous examples of clients are certain public projects such as Urban Layers, sites like kvadratinterwoven.com, or publishing operations like the series of travel books published by Humboldt Books. I don’t think there are any risks in the relationship between the various players who take part in a project, in particular between photographer and client. Like a book or an exhibition, the wealth of these projects comes from the plurality of voices that necessarily make them up. Fondazione Prada’s Osservatorio is where photography belongs, and the first exhibition that you curated was based on the idea of a personal diary, a sort of public intimacy. On what conditions can you be an observatory and when does photography move from focusing on detail to focusing on the general? An Observatory is a place from which you can enjoy a broad and privileged view. I believe that to be an observatory you need to combine two basic characteristics: a stance, i.e. a specific point of view and an open mind. As far as photography switching from a detailed to a general view is concerned, from private to public, I believe this happens quite simply, it’s a question of empathy, like what happens when you listen to any personal story. Here in front of me I have a book by Kent Haruf. I open it and read: “I wake up early. I can’t sleep. And I sit here in the living room looking at the sun rising over the houses on the other side of the street”. It’s the main character speaking, but it could clearly be any of us.

505 SYSTEM— NICOLA GALLIZIA PAUL SOFA— VINCENT VAN DUYSEN

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JAN SMALL TABLES— VINCENT VAN DUYSEN RANDOM CARPET— PATRICIA URQUIOLA


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GLISS MASTER design Vincent

PASS-WORD

Van Duysen

design

Il sistema di armadi Gliss Master, progettato da Vincent Van Duysen nel 2016, amplia le sue possibilità di utilizzo volte a offrire un armadio dalle caratteristiche avanzate dove la materia è protagonista. Innovative le nuove finiture melamminiche per la struttura (Raffia), gli schienali (Fine Grain o Raffia) e le ante (Graffiato bronzo o silice). Novità assoluta una spalla tutta in vetro che si inserisce in un telaio metallico dove è alloggiata una cerniera brevettata che permette aperture a 180°. Ante (Glass) e schienali in vetro trasparente permettono di comporre armadi totalmente vetrati. Ante in essenza o laccate dotate di nuova maniglia (Niche). Nuovo disegno per le cassettiere sospese, anche in versione bifacciale, caratterizzate da una pratica maniglia (Hold) con frontali in Ecopelle o finitura Fine Grain. Nuovi ripiani Ecopelle e vetro con o senza illuminazione led.

Dante Bonuccelli

Grazie all’inserimento di nuove modularità Pass-Word ridefinisce, ampliandola, la sua componibilità. Composizioni finite da 96 cm a 442 cm per oltre 90 differenti soluzioni compositive, che permettono così di creare nuove e molteplici soluzioni d’arredo come contenitori e madie per la zona living o la zona notte. Utilizzabile per composizioni con basamento o sospese, è realizzato in essenza, laccato opaco o lucido nei colori della gamma Molteni&C. Interni disponibili in tutte le finiture laccate opache o nella raffinata finitura cedro, legno profumato e caldo, sia al tatto che alla vista, che si abbina a tutti i colori delle finiture esterne. Thanks to the addition of new versatile features, Pass-Word redefines and enhances its modularity. Finished compositions range from 96 cm to 442 cm for more than 90 different solutions. This versatility allows for a host of new arrangements as storage units and sideboards for both day- and night-time living. Suitable for floor-based or wall units, it is made of matt or gloss lacquered wood in the colours of the Molteni&C range. Interiors available in all the matt lacquered finishes, or in the finish in cedar, a warm, scented wood, looks and feels refined and goes well with all the colours of the external finishes.

The Gliss Master series of wardrobes, designed by Vincent Van Duysen in 2016, extends its possibilities, offering a wardrobe with advanced features where the main focus is on the materials. Innovative melamine finishes for the frame (Raffia), the back panels (Fine Grain or Raffia) and the doors (graffiato bronze or silica). Absolute novelty: an all-glass back panel that is inserted into a metal frame where a patented hinge enables it to open 180°. Thanks to glass doors (Glass) and transparent glass back panels, fully glazed wardrobes can be achieved. Wood or lacquered doors with new (Niche) handles. New design for the raised sets of drawers, also in a doublesided version, featuring a practical handle (Hold) with Ecopelle or Fine Grain finish front panels. New Ecopelle and glass shelves with or without LED lighting.

MASTER DRESSING

QUINTEN

MAYFAIR

Sull’onda del successo di Gliss Master, Vincent Van Duysen progetta Master Dressing, un sistema di cabine armadio che completa l’articolata offerta nell’ambito dei sistemi per la zona notte proposti da Molteni&C. Master Dressing si integra perfettamente agli armadi Gliss Master grazie all’impiego di finiture estetiche e di attrezzature interne coordinate, permettendo così di progettare cabine armadio funzionali e di grande impatto. Caratteristica costruttiva distintiva: un nuovo sistema a cremagliera, a cui vengono agganciati schienali in essenza (finitura Fine Grain o Raffia) o vetro. Il sistema è dotato di staffe reggi mensola di nuovo disegno che permettono di alloggiare ripiani in Ecopelle e vetro illuminati, spessore 30 mm, o ripiani in essenza, spessore 40 mm, nella nuova finitura Fine Grain, cassettiere dal nuovo disegno, nuovi accessori porta cravatte e porta foulards. Novità assoluta il vano “Vanity” dotato di un ampio specchio illuminato e mensola per appoggiare accessori di ogni genere.

Madie dalle proporzioni perfette, materiali e lavorazioni attente per lacche opache o lucide e per le finiture, rame o peltro, cura nei singoli dettagli per vassoi e accessori, fanno di ogni singolo mobile un pezzo di raffinata bellezza, dove linee e volumi si fondono armoniosamente. Novità 2017 una nuova versione dotata di ante vetrate.

Abbinare figure geometriche elementari per creare nuovi solidi geometrici non è solo un esercizio per matematici. Anche i designer più attenti, come Rodolfo Dordoni, lo esercitano dando a vita ad arredi originali per concezione e utilizzo. È il caso della Mayfair collection, tavoli da pranzo, tavolini e basi di appoggio tutti accomunati da plinti di sostegno trapezoidali o a forma di piramide tronca. Le basi per il tavolo con finiture rame lucido o marmo grigio oriente. Le basi dei tavolini laccati lucidi argilla, antracite o ruggine. I piani dei tavoli, ovale o quadrato, dai bordi arrotondati, in eucalipto o vetro stratificato grigio trasparente, sono dotati di un sottopiano in rame lucido che si posiziona esattamente al di sopra dei plinti. Lo stesso per il tavolino che però dispone di un piano trapezoidale sempre con bordi arrotondati. Il risultato complessivo è sicuramente intrigante e ricco per i materiali e per le finiture impiegate.

design Vincent

Van Duysen

Following the success of Gliss Master, Vincent Van Duysen has designed Master Dressing, a walk-in wardrobe system that completes the wide range of nightime systems offered by Molteni&C. Master Dressing perfectly complements the Gliss Master wardrobes thanks to the use of coordinated internal fittings and aesthetic finishes, thereby providing functional and impactful walk-in closets. A distinctive structural feature is a new rack system to which wooden (Fine Grain or Raffia finishes) or glass back panels can be hooked. The system is fitted with newly designed shelf support rods that will take 30 mm thick Ecopelle and illuminated glass shelves, or 40 mm thick wooden shelves in the new Fine Grain finish, newly designed sets of drawers, new tie and foulard rack accessories. Brand new “Vanity” compartment, complete with large illuminated mirror and shelf on which to place accessories of all kinds.

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design Vincent

ANTON design Vincent

Van Duysen

Un letto che si inserisce a pieno nella filosofia progettuale di Vincent Van Duysen, dove essenzialità e studio dei materiali impiegati raggiungono una sintesi perfetta. Linee delicate ma nette per un equilibrio estetico armonioso, frutto della riduzione di qualsiasi elemento superfluo. Volumi che grazie al particolare tipo di cucitura impiegata per la testata, il capitoné, vengono messi in rilievo. Piedi in finitura peltro. Rivestimenti completamente sfoderabili nella gamma tessuti e pelli Molteni&C. Ad Anton può essere abbinata una panca Jan con finiture della struttura e tipologia di rivestimento identici. A bed that perfectly expresses Vincent Van Duysen’s design philosophy, where essentiality and carefully chosen materials achieve a perfect synthesis. Delicate but clean lines for a harmonious aesthetic balance, the result of reducing anything superfluous. Volumes which are emphasized thanks to a particular type of stitching used for the head board, the capitoné. Feet finished in pewter. Upholstery that can be completely detachable in the Molteni&C range of leather and textiles. Anton can be combined with a Jan bench with identical frame finishings and matching upholstery.

Van Duysen

Perfectly proportioned sideboards, attentive materials and workmanship such as matt or gloss lacquers and, in the finishes, copper or pewter, great attention to the individual details for trays and accessories, make every single item of furniture a piece of refined beauty, where lines and volumes blend harmoniously. A 2017 novelty: a new version complete with glass doors.

design Rodolfo

Dordoni

Combining geometric figures to create new geometric solids is not just an exercise for mathematicians. The most attentive designers, such as Rodolfo Dordoni, experiment with it too, giving rise to original items of furniture both in terms of conception and use. One such is the Mayfair collection, dining tables, small tables and counter tops all share trapezoidal or truncated pyramid support plinths. The table bases feature polished copper or oriental grey marble finishes. The small table bases are gloss lacquered clay, anthracite or rust. The table tops are oval or square, with rounded edges, and made of eucalyptus or transparent grey layered glass complete with a polished copper secondary layer that is placed exactly on top of the plinths. The same is true of the small table which, however, features a trapezoidal top with rounded edges. The overall result is certainly intriguing and rich in materials and fine finishes.

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M&C 11 — PROGETTI NEL MONDO/WORLD PROJECTS

IMPERDIBILE UNMISSABLE

La leggenda vuole che tutto abbia avuto inizio da una collana di perle naturali.

Cartier Mansion. 653 Fifth Avenue New York, 2016

Pare che l’affascinante moglie di Morton F. Plant, un ricco uomo

d’affari, si fosse innamorata perdutamente di quel meraviglioso gioiello nella sala Cartier, 3° piano, 712 Fifth Avenue. Impossibile deluderla.

Legend has it that it all began with a string of natural pearls. It seems that the fascinating wife of Morton F. Plant, a rich businessman, fell hopelessly

It was 1917, the 1-million-dollar necklace was placed round her neck in exchange for a neo-renaissance building at 653 Fifth Avenue, the place that Pierre Cartier considered perfect for his New York boutique. The legendary place that has housed legends of all times; a grandiose, luxury building that is not only the griffe’s American home but a symbol of the Big Apple itself. Snuggling between St. Patrick’s Cathedral, the Trump Tower and the Rockefeller Center, with those red drapes that highlight the building’s gray wall, designed by the architect Robert W. Gibson. There are unforgettable images of those rooms, one in black and white portrays a simply perfect young Grace Kelly – dark glasses, tiny pearl earrings, her hand touching her face, a soft foulard – a curve between neck and face. In September 2016 – after two years’ restoration work – the historic di/by Cristiana Colli È il 1917, la collana, del valore 1 milione di dollari, si posa sul suo collo in cambio di un palazzo in stile neo-rinascimentale al 653 della Fifth Avenue, il luogo che Pierre Cartier giudicava perfetto per la sua boutique newyorkese. Luogo del mito che ha ospitato i miti di ogni tempo; edificio imponente e lussuoso che non è solo la casa americana della griffe ma un simbolo della Grande Mela. Accoccolata tra la St. Patrick’s Cathedral, la Trump Tower e il Rockefeller Center, con quelle tende rosse che segnano le pareti grigie dell’edificio, progetto dell’architetto Robert W. Gibson. Esistono immagini indimenticabili di quelle sale, una in b/n coglie una giovane Grace Kelly semplicemente perfetta – occhiali scuri, piccoli orecchini di perle, mano che sfiora il volto, foulard morbido – una curva tra il collo e il viso.

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in love with that fabulous piece of jewellery in the Cartier room, 3rd floor, 712 Fifth Avenue. The lady could not be disappointed.

Boutique Cartier reopens on Fifth Avenue – a truly unique place. The interiors and the atmosphere are those of a museum-style home, with gracious furnishings, warm, soft lights, picture galleries, tapestries and wood paneling. Cartier Mansion – a home rather than a store – is an icon according to Thierry Despont, the man behind the restoration project, completed fully respecting the place and with a profound sense of history, passion for craftsmanship, and a rare talent for combining the techniques of the past with contemporary technology. For the four floors of Cartier Mansion, Molteni&C – confirming its long-standing partnership with the French group – produced the chairs – a classic design by the architect – the tables and the glass display cases made of bronzed brass with sophisticated and exclusive opening, security and lighting mechanisms.

Nel settembre 2016 – dopo due anni di restauri – ha riaperto la storica Boutique Cartier sulla Fifth Avenue – un luogo unico al mondo. Gli ambienti e l’atmosfera sono da casa museo, con arredi accoglienti, luci calde e morbide, quadrerie, arazzi e boiserie. Cartier Mansion – una dimora prima che un luogo dell’acquisto – è un’icona secondo Thierry Despont, l’autore del progetto di restauro, avvenuto nel totale rispetto del luogo con senso profondo della storia, passione per l’artigianato, e una rara abilità nell’unire le tecniche del passato con la tecnologia contemporanea. Per i quattro piani di Cartier Mansion, Molteni&C – a conferma di una collaborazione storica con il gruppo francese – ha realizzato le sedute – design classico su disegno dell’architetto – i tavoli e le vetrine espositive in ottone bronzato con sofisticati ed esclusivi meccanismi di apertura, sicurezza e illuminazione.

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M&C 11 — PROGETTI NEL MONDO/WORLD PROJECTS

OSPITALITÀ BLEISURE BLEISURE HOSPITALITY Hotel VIU, Milano, 2017

Si sono inventati un neologismo per descrivere lo standing dell’offerta: viulosophy. Parlano ai viaggiatori del segmento bleisure – la nuova tendenza che unisce viaggio e lavoro, e progetta abbinamenti tra il soggiorno business e il relax personale, dove la trasferta è un’opportunità di vita a tutto tondo. Posizionato nella zona più trendy di Milano – area Garibaldi, Corso Como, Porta Volta – l’Hotel VIU, progetto Arassociati con Nicola Gallizia, è un edificio rigoroso nelle sequenze geometriche delle facciate, con un improvviso scarto che chiude i lati corti con pareti verdi e arboree.

A neologism has been invented to describe the type of offering: viulosophy. Travellers are referred to as belonging to the bleisure segment – a new trend combining business travel with leisure, where the trip itself offers an opportunity of life in the round. Located in the trendiest district of Milan – in the Garibaldi, Corso Como, Porta Volta area – the Hotel VIU, designed by Arassociati with Nicola Gallizia, is a rigorous building in the geometric sequences of the façades, with a sudden gap that closes the short sides with green walls and trees.

di/by Cristiana Colli

A five-star designed entirely with ecocompatible materials, contemporary and natural furnishings, for clients looking for both novelty and certainties in a business trip, a home and an away from home. The scenic swimming pool on the eighth floor, with a view over skyscrapers and the metropolitan skyline, completes the wellness facilities along with a Spa and a Gym. The Molteni&C furnishings – in the common spaces, in the 120 guest rooms divided per category, in the Mixology Lounge Bar and in the restaurant headed by celebrated chef Giancarlo Morelli – interpret an international metropolitan style made up of luxury and sobriety, functional efficiency and style. Without forgoing that milanesità underlined by certain items of Gio Ponti furniture, and by the customized furnishings, inspired by the line and style of the city’s best cultural tradition.

Un cinque stelle interamente concepito con materiali ecocompatibili, arredi contemporanei e naturali, per un’utenza che cerca nel viaggio novità e certezze, la casa e il fuoricasa. La piscina panoramica all’ottavo piano, con vista sui grattacieli e lo skyline metropolitano, completa la dotazione wellness insieme a Spa e Gym. Gli arredi Molteni&C – negli spazi comuni, nelle 120 camere divise per segmenti di offerta, nel Mixology Lounge Bar e nel ristorante guidato dallo chef stellato Giancarlo Morelli – interpretano uno stile metropolitano internazionale fatto di lusso e sobrietà, efficienza funzionale e stile. Senza rinunciare a quella milanesità sottolineata da alcuni pezzi di Gio Ponti, e dagli arredi su misura, ispirati alle linee e allo stile della miglior tradizione culturale della città.

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M&C 11 — PROGETTI NEL MONDO/WORLD PROJECTS

ETERNAL ALLURE SULLA SPIAGGIA ETERNAL ALLURE ON THE BEACH

LA NATURA DENTRO NATURE INDOORS

Four Seasons Hotel at The Surf Club, Miami, 2016

Bosco Verticale Milano, 2016

All’interno della disciplina gli esempi si sprecano. Sono storie di autori – Emilio Ambasz per esempio – tendenze, sperimentazioni; storie di ordinaria professione con le buone pratiche dell’architettura anonima e vernacolare che ha sempre messo gli alberi sui terrazzi e sui balconi; sono storie di passioni improvvise e dirompenti come quella per la parete verde di Patrick Blanc alla Caixa di Madrid. Ma il Bosco Verticale è un’altra cosa. The discipline teems with examples and with ‘green’ architects – Emilio Ambasz for example – trends, experimentation, stories of ordinary profession with the good practices of anonymous and vernacular architecture which has always placed trees on terraces and balconies; these are stories of sudden and overwhelming passions such as Patrick Blanc’s green wall at the Caixa in Madrid. But the Bosco Verticale is something else.

di/by Cristiana Colli

“Staff often knows what you want even before you know you want it yourself.” È lo statement che il Four Seasons Hotel&Residences at The Surf Club di Miami dedica all’ospite. È così da quando negli anni ’30 lo frequentavano il Duca e la Duchessa di Windsor, insieme alla migliore aristocrazia europea; è stato così per l’high society americana e il mondo delle star di Hollywood, che non rinunciavano a quell’oceanfront curvilineo sulla spiaggia. È così oggi, con il restauro degli edifici e il ridisegno dell’area firmato da un team progettuale di altissimo livello: il Pritzker Prize Richard Meier; il landscape designer Fernando Wong; il genio dell’interior Joseph Dirand – sensibilità cosmopolita e committenze per i grandi brand della moda – chiamato a concepire ambienti all’altezza di una leggenda americana, con quell’eternal allure che lo ha contraddistinto in un secolo di vita. Il complesso – area SurfSide, Nord Beach di Miami – si compone di 77 guest rooms, 22 suites e 5 cabanas – imperdibili, allora come oggi, luoghi magici con arredi semplici e sofisticati in legno e bambù, con terrazze e dehor. Non a caso quando si parla

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di cabana culture, si allude a quel nonsochè speciale, a quel sentimento che per esempio ha ispirato gli sketch dedicati al mare di Winston Churchill, fatti proprio lì. Oggi l’hotel, che ha anche una holistic Spa, due nuovi ristoranti – uno dei quali guidato dallo chef stellato Tomas Keller – e spazi di retail, mantiene memoria dell’antica storia di club esclusivo con caratteristiche e servizi, come l’ingresso passerella chiamato Peacock Alley e le 40 private beach cabanas. Infine l’arte, di casa a Miami con uno degli eventi fieristici più importanti del mondo – Art Basel Miami Beach – e una disseminazione di opere nei compound residenziali di classe, nelle fondazioni, nei musei, nelle gallerie e negli spazi eterogenei che animano la città. Non poteva mancare qui: per questo Nadim Ashi, fondatore e CEO di Fort Partners – proprietario della struttura – ha commissionato a Michele Oka Doner un progetto site-specific ispirato alla storia del Surf Club, alla sua eredità depositata nelle storie e negli immaginari. Molteni&C – da anni presente a Miami nelle realizzazioni più emblematiche, residenziali e hotellerie – ha collaborato con Joseph Dirand al concept e realizzato gli arredi – stanze e cabana suites – lo ha accompagnato nella selezione di forme e materiali adatti a restituire il mood di quei luoghi.

“Staff often knows what you want even before you know you want it yourself”. This is the statement that the Four Seasons Hotel&Residences at The Surf Club in Miami dedicates to its guests. It has been so since the 1930s when it was a favorite haunt of the Duke and Duchess of Windsor, along with Europe’s best aristocracy; it was so for America’s high society and the world of Hollywood stars, who couldn’t survive with that curved oceanfront on the beach. It is so today, with its buildings restored and the area redesigned by a prestigious design team: the Pritzker Prize-winner Richard Meier; the landscape designer Fernando Wong; the interior design genius Joseph Dirand – cosmopolitan sensitivity and contracts with major fashion brands – summoned to create interiors worthy of an American legend, with that eternal allure that distinguished him in a century of life. The complex – the SurfSide area, North Beach Miami – consists of 77 guest rooms, 22 suites and 5 cabanas – unmissable, then as now, magical places with simple and sophisticated wooden and bamboo furniture, with terraces and dehors. It is no coincidence that any mention of cabana culture alludes

to that special something, that feeling which, for example inspired Winston Churchill’s sketches of the sea, made right there. Today the hotel, which also boasts a holistic Spa, two new restaurants – one of which headed by prize-winning chef Tomas Keller – and retail spaces, still maintains an air of an old exclusive club with features and services, such as the entrance known as Peacock Alley and the 40 private beach cabanas. Lastly, art, at home in Miami with one of the world’s most prestigious art fairs – Art Basel Miami Beach – and a profusion of artworks spread around the classiest residential compounds, in the foundations, museums, galleries and mixed spaces that animate the city. Art had to be here too: which is why Nadim Ashi, founder and CEO of Fort Partners – owners of the property – commissioned Michele Oka Doner to design a site-specific project inspired by the history of the Surf Club, its legacy deposited in the stories and in the collective imagination. Molteni&C – present in Miami with long-standing emblematic residential and hotel achievements – partnered with Joseph Dirand for the concept and produced the furniture for guest rooms and cabana suites – accompanying him to select the forms and materials that would best revive the mood of those places.

verdi della città. Un messaggio tanto semplice quanto geniale che Boeri ha reso manifesto con un’icona che si fa deposito della miglior Il Bosco Verticale accoglie in sé intuizioni cultura italiana e vettore di un sentire e riverberi dentro un processo di cosmopolita, prototipo per skyscraper del trasfigurazione il cui portato simbolico futuro chiamati ad essere paradigmi di verde trascende l’edificio, l’architettura, le funzioni. e civiltà. La comunità plurale che abita il Bosco Il Bosco Verticale metabolizza e rigenera in Verticale – temporanea o permanente, chiave postmoderna la tradizione progettuale variamente intesa; rende l’architettura medium anche questa molto ben raccontata sul piano pregiato di rappresentazione e partecipazione; mediatico – è una comunità vocazionale che si riconosce in un sistema valoriale, in uno stile di trasforma la manutenzione in evento – vita e di responsabilità. Consapevole di abitare la celebrazione mediatica dei giardinieri un luogo che contiene anche l’eccellenza acrobati non è una trovata di comunicazione delle produzioni industriali del legno ma una prefigurazione della metamorfosi arredo italiano – come le cucine Dada – nel mercato dei lavori ad alto valore aggiunto. che al concept di efficienza sostenibile Il Bosco Verticale segna l’immaginario uniscono estetiche sempre prossime ai desideri collettivo già dal nome – un landmark, una e ai bisogni contemporanei. Il progetto degli comunità di appartenenza, un simbolo che interni è stato curato da Matteo Nunziati. promette di replicarsi su scala planetaria – Nanchino verrà inaugurato nel 2018 – agisce Lo storytelling e l’iconografia del Bosco Verticale sono un compendio irrinunciabile come piattaforma di significati e ispirazioni per comprendere la genesi dell’esperienza. per le governance delle metropoli Con la natura che si smaterializza sulle contemporanee, reinventa la categoria funzionale dell’abitare e del manutenere, esce facciate trasparenti, schermi vertiginosi che sorvolano luci e campanili e ritornano, dalla disciplina ed entra nella comunicazione appoggiano lo sguardo su piante e nidi; pubblica. Solo l’intelligenza fine di Stefano geometrie che si alternano ai volumi arborei Boeri poteva riuscire nel capolavoro e si stagliano contro il cielo; giardinieri di incorporare in una definizione i linguaggi acrobati che camminano sui vetri e vigilano specialistici, con l’obiettivo di celebrarli sulle migliaia di piante che abitano i 110 per superarli. Il progetto di riforestazione appartamenti delle due torri di 112 e 80 metri. metropolitana e densificazione che non si espande ma si alza – con uno sviluppo verticale Celebrato e pluripremiato, il Bosco Verticale è stato giudicato dall’Illinois Institute per l’equilibrio ecologico e la biodiversità urbana – genera anche nuovi paesaggi variabili, of Technology di Chicago Migliore Grattacielo del Mondo 2015. habitat biologici che si connettono ai corridoi di/by Cristiana Colli

The “Vertical Wood” is the sum of intuitions and reflections within a transfiguration process, the symbolic outcome of which transcends both the building, the architecture and its functions. Bosco Verticale metabolizes and regenerates the design tradition variously understood in a postmodern key; it turns architecture into a precious medium of representation and participation; it transforms maintenance into an event – the media’s celebration of its acrobat gardeners is not a communication stunt but a prefiguration of how the high added value labour market is changing. The very name “Bosco Verticale” caught the collective imagination – a landmark, a sense of belonging, a symbol that promises to be replicated on a planetary scale – Nanking will be inaugurated in 2018 – it acts as a platform for meaningful inspiration on the governance of contemporary megacities, it reinvents the functional category of living and maintaining, it exits the discipline and enters public communication. Only the subtle intelligence of Stefano Boeri could succeed in incorporating specialist languages in a definition, so as to celebrate them and then go beyond. The metropolitan re-forestation and densification project which does not expand but rises – developing upwards for enhanced ecological balance and urban biodiversity – also generates new variable landscapes, biological habitats that link up with the city’s green corridors.

A message as simple as it is ingenious which Boeri made manifest with an icon that embodies the finest Italian culture and expresses cosmopolitan thinking, a prototype for skyscrapers of the future called upon to be paradigms of nature and civilization. The plural community that lives in the Bosco Verticale – temporary or permanent, this too widely reported in the media – is a vocational community that identifies with a value system, a style of life and of responsibility. Aware of living in a place that also contains the excellence of Italy’s industrial wooden furniture manufacturing – such as Dada kitchens – which combine the sustainable efficiency concept with aesthetics that increasingly match contemporary desires and needs. Interior design project by Matteo Nunziati. The storytelling and the iconography of the Bosco Verticale help to understand the genesis of the experience. With nature dematerializing itself on the transparent façades, dizzying screens that soar over lights and bell towers and then return, resting their gaze on trees and nests; geometries that alternate with the volumes of the trees and stand out against the sky; acrobat gardeners who walk on glass and nurture the thousands of plants that inhabit the 110 apartments of the two 112 and 80 metre towers. Celebrated and multi award winning, Bosco Verticale was judged the 2015 Best Tall Building Worldwide by the Illinois Institute of Technology in Chicago.

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M&C 11 — PROGETTI NEL MONDO/WORLD PROJECTS

SAXONY RESIDENCES Faena House, Miami Beach

LO SHOWROOM DADA A MESERO SI RINNOVA COMPLETAMENTE

THE DADA SHOWROOM COMPLETELY REFURBISHED IN MESERO

Il nuovo showroom, progettato da Vincent Van Duysen, riprende il retail concept adottato in tutto il mondo per i Flagship Molteni&C | Dada. Si ispira a una grande architettura domestica declinata in particolare sulla zona della casa che ospita la cucina.

The new showroom, designed by Vincent Van Duysen, takes up the retail concept used for the Molteni&C | Dada Flagship Stores worldwide. It is inspired by a large home and in particular by the part of the house that contains the kitchen.

di/by Cristiana Colli Sono 16 piani con 47 appartamenti di 7 differenti tipologie. Tutto rigorosamente panoramic oceanfront views. La firma del progetto è prestigiosa, Foster + Partners, la cura di ogni dettaglio è meticolosa, l’attenzione alle curve, che sembrano scocche di metallo, carrozzerie perfette e lucidate, è assoluta. I materiali sono concepiti e lavorati per essere morbidi touch, performanti e di alta qualità – per questo la partnership con il Gruppo Molteni è raccontata con orgoglio. Le cucine – frutto di una condivisione progettuale tra Dada e Foster + Partners – hanno elementi del modello Trim ma sono completamente personalizzate. Il segno formale che si impone sono le parti terminali curve, che aggettano sul terrazzo e sull’oceano. Le ante sono in laccato lucido, poliestere glossy o bianco; i piani in materiale lapideo e gli schienali in vetro. L’illuminazione è stata studiata esclusivamente per questo luogo dai progettisti, ed è il risultato di un difficile equilibrio tra luce naturale – abbagliante in certe ore del giorno e in certe stagioni – e luce artificiale.

16 floors with 47 apartments of 7 different types. All strictly with panoramic oceanfront views. The blueprints bear the prestigious signature of Foster + Partners, attention to detail is meticulous, attention to the curves, which resemble perfectly polished auto bodies, is absolute. The materials are designed and crafted to be soft touch, high performance and top quality – this is why the partnership with the Molteni Group is spoken of with pride. The kitchens – the result of design sharing between Dada and Foster + Partners – feature elements of the Trim model but are fully customized. The overriding formal features are the curved terminal parts, which project over the terrace and over the ocean. The kitchen cupboards are finished in glossy lacquer, shiny or white polyester; the surfaces are of stony material and the back plates of glass. The lighting was created exclusively for this site by the design engineers, and is the result of a skillful balance between natural daylight – glaring at certain times of the day and in certain seasons – and artificial light.

TESSITURE METROPOLITANE METROPOLITAN TEXTURES Tapestry Residences, Londra, 2016

di/by Cristiana Colli Tapestry Residences – nel cuore di King’s Cross – appartiene a quella categoria di edifici residenziali extra-ordinari, nel senso più autentico del termine, outstanding insomma. Lo sono per le dimensioni – organizzate con differenti formule, appartamenti, townhouse, penthouse; per la localizzazione – a fianco di St Pancras Lock sul Regent’s Canal, nell’area ex industriale di Gasholder Park; per il modello di rigenerazione urbana – commissionata dal developer Argent a Niall McLaughlin Architects – studiata come case history di sviluppo metropolitano con forti contenuti di sostenibilità, qualità del restauro e delle nuove edificazioni, equilibrio tra i pieni e i vuoti, dialogo innovativo tra i linguaggi formali. Tra le peculiarità di questa realizzazione c’è la tessitura ricca e colta, il disegno che si fa ornamento, le geometrie raffinate accolte ed elaborate come citazione e ricerca per varie tipologie di pattern. La connessione virtuosa tra artigianato altamente qualificato, tessitura, arte e attenzione al dettaglio è stata essenziale per la progettazione e la pianificazione di Tapestry. Le scelte di interiors hanno la firma di Weedon Architects: la cura e la personalizzazione hanno reso uniche le residenze anche per gli arredi e le cucine Dada, azienda di riferimento per progetti di grande qualità e reputazione ovunque nel mondo. Tapestry Residences – in the heart of King’s Cross – belongs to the category of truly outstanding residential buildings. They are outstanding in terms of size – organized with different formulae, apartments, townhouses, penthouses; of location – beside St Pancras Lock on the Regent’s Canal, in the former industrial area of Gasholder Park; in terms of the urban regeneration model – commissioned by the developer Argent

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to Niall McLaughlin Architects – designed as a case history of metropolitan development with strong focus on sustainability, quality restoration and new buildings, balance between solids and voids, innovative dialogue between formal languages. The particular features of this project include the rich and cultured tapestry, design that becomes ornament, refined geometries elaborated as quotations and research for various types of pattern. The virtuous link between highly qualified craftsmanship, weaving, art and attention to detail was key in designing and planning Tapestry. Weedon Architects took care of the interiors: attention to detail and customization also made the residences unique thanks to furniture and kitchens by Dada, a benchmark for top quality projects and with a formidable reputation worldwide.

500 metri quadrati che si snodano lungo i due piani indipendenti collegati tra loro da una grande scala, elemento scenico al centro dello showroom. Il visitatore attraversa un percorso sensoriale fatto di luce e penombra, toni delicati e accenti colorati, rigore formale e calore domestico, grazie a sapienti tagli prospettici. Materiali naturali e sofisticati, come il vetro, il legno ossidato e la resina, si alternano ai chiaro scuri dei sabbia e ai grigi caldi con tocchi luminosi di colore. L’innovazione tecnologica legata al mondo della cucina è protagonista assoluta dello spazio con la presenza completa della collezione Dada 2017. VVD, design Vincent Van Duysen, è presente in due soluzioni, la prima dotata di isola centrale e l’altra con penisola e parete lineare. Tivalì, la box kitchen progettata da Dante Bonuccelli, nella sua nuova versione ad angolo, si affianca a Banco, design Luca Meda, presente in una soluzione

a isola. INDada, design Nicola Gallizia, qui in una versione con top in laminato plaster, Trim, design Dante Bonuccelli, con i suoi schienali attrezzati per sfruttare al meglio lo spazio tra piano di lavoro e pensili, ora disponibile con zoccolo da 6 cm, Hi-Line6, design Ferruccio Laviani, Vela, design Dante Bonuccelli, completano l’offerta. Con le colonne Pivot, le colonne VVD con anta vetro e i pensili Bright, nuovi elementi trasversali sono utilizzabili sulle diverse collezioni. La famiglia di contenitori Momento si arricchisce di accessori, come prese elettriche, mensole in essenza, porta iPad, porta-coltelli, porta-bicchieri, anta vetro e anta orologio. Nuova colonna a giorno con anta sali-scendi, semplice e funzionale soluzione tecnica che permette di mantenere lo spazio sempre in ordine. Colonne a giorno con profili luminosi, attrezzabili con vassoi e porta-bicchieri in essenza, e illuminazione a LED in cassetti e pentoliere. I due mondi Molteni&C e Dada trovano armoniosa coesistenza all’interno di uno spazio in continua evoluzione, grazie a tavoli e sedie della collezione Molteni&C, come Asterias, Diamond, Arc, Miss, Glove Up, a sottolineare ed esaltare la domesticità dello spazio.

500 square metres that develop over two independent floors linked to each other by a grand staircase, the scenic feature at the centre of the showroom. Visitors follow a sensorial pathway made of light and half-light, delicate tones and colourful accents, formal rigour and homely warmth, thanks to skillful perspective cuts. Natural and sophisticated materials, such as glass, oxidized wood and resin, alternate with the light and shade effects of the sands and the warm greys with luminous touches of colour. The latest technological innovation linked to the kitchen world is the absolute protagonist of the space that hosts the complete Dada 2017 collection. VVD, design Vincent Van Duysen, is present with two solutions, the first featuring a central island and the other with a peninsula and a linear wall. Tivalì, the box kitchen designed by Dante Bonuccelli, in the new corner version, stands next to Banco, design Luca Meda,

present with an island layout. INDada, design Nicola Gallizia, here in a version featuring a plaster laminate top, Trim, design Dante Bonuccelli, with its accessorized back panels to make the most of the space between worktop and wall units, now available with a 6 cm baseboard, Hi-Line6, design Ferruccio Laviani, Vela, design Dante Bonuccelli, complete the offering. With the Pivot columns, the VVD columns with glass door and the Bright wall units, new across-theboard elements can be used over the various collections. The family of Momento storage units is enhanced with accessories, such as power points, wooden shelves, iPad holders, kitchen knife holders, glass holders, glass doors and clock doors. New open column with vertical sliding door, a simple and practical technical solution that helps keep the space tidy. Open columns with luminous profiles can be fitted with wooden trays and glass holders, and LED lighting in drawers and saucepan compartments. The two Molteni&C and Dada worlds exist harmoniously side by side within a constantly evolving space, thanks to tables and chairs of the Molteni&C collection, such as Asterias, Diamond, Arc, Miss, Glove Up, underlining and exalting the homeliness of the space.


M&C 11

NEWS MOLTENI&C|DADA

FILIPPO LA MANTIA E MOLTENI&C A CARE’S 2017 FILIPPO LA MANTIA AND MOLTENI&C AT CARE’S 2017 Molteni&C conferma per il secondo anno consecutivo il proprio sostegno al progetto CARE’s, The ethical Chef Days. “L’attenzione in più: nutrirsi ed abitare la terra di domani” e “Architettura, Design e Nuove Tecnologie al servizio del Well Living” sono i temi dibattuti della seconda edizione, svoltasi nel gennaio 2017 in Alta Badia. I protagonisti della ristorazione internazionale – 30 chef provenienti da 6 continenti e 16 nazioni, tra cui Filippo La Mantia – si sono confrontati con imprenditori, professionisti della ristorazione, esperti del settore enogastronomico, architettura, design, economia, scienze ambientali, medici e giornalisti per condividere una visione comune, etica e responsabile sul tema della cultura enogastronomica. La prospettiva è uno scenario che preveda un well-living sostenibile ed etico. La missione di CARE’s è quella di promuovere l’attenzione verso la natura e innescare processi virtuosi: centralità del territorio, stagionalità dei prodotti, consumi responsabili, riciclo dei materiali e riutilizzo degli scarti alimentari.

NUOVE APERTURE WORLDWIDE NEW OPENINGS WORLDWIDE

For the second year running, Molteni&C confirms its support for CARE’s, The ethical Chef Days project. “Extra focus: healthy eating and living in tomorrow’s world” and “Architecture, Design and New Technologies at the service of Well Living” were the issues debated in the second convention – held in January 2017 in Alta Badia. Prominent figures in the international food service business – 30 chefs from 6 continents and 16 countries – including Filippo La Mantia, exchanged ideas with entrepreneurs, catering professionals, experts in food and wine, architecture, design, economics and environmental sciences, doctors and journalists, and shared a common, ethical and sustainable vision on the subject of food-and-wine culture. The perspective is a scenario of sustainable and ethical well-living. CARE’s mission is to promote environmental awareness and to enhance virtuous processes: centrality of the local area, seasonable produce, sustainable consumption, material recycling and reuse of food waste.

MOLTENI&C | DADA WE CHAT FOR COMMUNICATING IN CHINA Il Salone del Mobile in Cina è stato anche l’occasione di accesso al progetto We Chat, una piattaforma mobile multitasking, un network con oltre 550 milioni di utenti – un cinese su due lo utilizza per la navigazione. Lo si consulta per il meteo, lo si usa come chat, per fare shopping e pagamenti. È un canale di informazione che orienta l’acquisto di prodotti e servizi, ed è oggi l’ambiente digitale per la comunicazione in ambito business ed e-commerce più efficace di quell’area. Un’opportunità che esibisce numeri, accessi e contatti esponenziali – gateway privilegiato per il made in Italy di qualità.

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Continua incessante l’attività di presidio worldwide con l’apertura di nuovi punti vendita Molteni&C | Dada, una presenza articolata e capillare all’insegna del design made in Italy in tutto il mondo.

Molteni&C | Dada are opening new stores non stop all over the planet, an articulated and capillary presence of Italian design worldwide.

Sono 29 i punti vendita inaugurati tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017, di cui 8 monobrand/flagship store, tra cui quelli a Perth, Puertorico, Deagu in Corea del Sud, Ginevra. Non poteva mancare Milano, città in grande fermento, con l’apertura di Scalo Milano, un nuovissimo shopping mall di prestigio, e il Flagship Store di corso Europa, ampliato e completamente rinnovato in occasione del Salone del Mobile. In tutti i nuovi punti vendita – progetto e supervisione di Vincent Van Duysen – spazi distintivi dove i visitatori possono individuare le soluzioni d’arredo più prossime ai loro desideri.

No fewer than 29 new stores were inaugurated between the end of 2016 and the beginning of 2017, of which 8 monobrand/flagship stores including those in Perth, Puertorico, Deagu in South Korea and Geneva. Plus, of course, Milan, a city on the move, with the opening of Scalo Milano, a brand new up-market shopping mall as well as the Flagship Store in Corso Europa, now enlarged and completely refurbished in time for the Salone del Mobile. In all the new stores – designed and supervised by Vincent Van Duysen – distinctive spaces where visitors can find the furnishing solutions closest to their hearts.

Shop in shop di riferimento sono: in Europa a Copenhagen, Basilea, Essen, Barcellona; in Africa a Casablanca e Johannesburg; in Asia a Bangkok, Shanghai e Suzhou; in America a Houston.

Key shops-in-shops in Europe are in Copenhagen, Basle, Essen, Barcelona; in Africa in Casablanca and Johannesburg; in Asia in Bangkok, Shanghai and Suzhou; in America in Houston.

The Salone del Mobile in China was also an opportunity to gain access to We Chat, the mobile multitasking platform, a network with over 550 million users – one Chinese person out of two uses it to navigate. They use it for weather forecasts, as a chat room, for on-line shopping and payments. An information channel that orients users wishing to purchase products and services, today it is the digital environment for communicating more effectively in the spheres of business and e-commerce in that part of the world. An opportunity that is clocking up exponential figures, accesses and contacts – a privileged gateway for quality products made in Italy.

MOLTENI&C | DADA SALONE DEL MOBILE MILANO SHANGHAI

Si è svolta lo scorso novembre allo Shanghai Exhibition Center la prima edizione del Salone del Mobile in Cina, che ha registrato un record di visitatori (20.750) provenienti dalle regioni costiere e centrali del paese. In mostra il meglio della produzione italiana di arredi di design, un must per nuove fasce di consumatori cinesi sempre più orientati all’abitare contemporaneo. La partecipazione di Molteni&C e Dada – progetto espositivo di Vincent Van Duysen – si è focalizzata sugli arredi simbolo del made in Italy con una selezione rappresentativa delle proprie collezioni. Last November saw the very first Salone del Mobile in China, at the Shanghai Exhibition Center. A record 20,750 visitors flocked from the country’s coastal and central regions. The event showcased the best of Italian design furniture, a ‘must’ for new brackets of Chinese consumers increasingly enthused by contemporary living. The participation of Molteni&C and Dada – with display design by Vincent Van Duysen – focused on iconic pieces of furniture made in Italy with a representative selection from their own collections.

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M&C 11 ARMANI/DADA CORSO VENEZIA In occasione della design week milanese sarà inaugurato il nuovo Armani/Casa Flagship Store in Corso Venezia a Milano, interamente dedicato alla home collection di Armani. Armani/Dada è presente con due cucine: Slide con isola e parete lineare. Basi, pensili e colonne in sassafras chiaro e top in marmo champagne. Il top dell’isola scorre in due direzioni e svela il piano operativo in acciaio bronzato, con lavello e piano cottura. Checkers, cucina con basi in magnolia, top in marmo champagne, pensili a scacchiera in vetro retro-verniciato oro giallo e oro rosso. Colonne in vetro retro-verniciato oro giallo. During the Milan design week the new Armani/Casa Flagship Store, entirely devoted to Armani’s home collection, will be inaugurated in Corso Venezia. Armani/Dada will be present with two kitchens: Slide with island and linear wall. Pale sassafras base units, wall units and columns and champagne marble tops. The island top slides in two directions to reveal the bronzed steel worktop, with sink and hob. Checkers, a kitchen with magnolia base units, champagne marble tops, checkered yellow gold and red gold back-painted glass wall units. Yellow gold back-painted glass columns.

I PRIMI MODERNI. IN MOSTRA AL MOLTENI MUSEUM I PROGETTI DELLA SELETTIVA DI CANTÙ THE FIRST MODERNS. SELETTIVA DI CANTÙ DESIGNS ON DISPLAY AT THE MOLTENI MUSEUM L’archivio storico del Molteni Museum ha ospitato, dal 17 novembre al 23 dicembre 2016, la mostra che ripercorre il ruolo della Selettiva di Cantù (1955-1975) nella nascita e nello sviluppo del design in Italia, e quello di Molteni&C, che partecipa a cinque edizioni della mostra come produttore. A metà degli anni ’50 Cantù, capitale del mobile italiano, si apre al moderno, con un concorso internazionale, la Selettiva, rivolto ad architetti e designer italiani e internazionali, coinvolgendo i più qualificati produttori per la realizzazione dei prototipi. Alla prima edizione la giuria è prestigiosa: Gio Ponti, presidente con Alvar Aalto, Romano Barocchi, Carlo De Carli e Finn Juhl. Oltre 217 progetti pervenuti da 177 progettisti di 21 diversi paesi. La manifestazione è di grande successo e il primo premio viene assegnato all’architetto svizzero Werner Blaser per il progetto di mobili di quattro ambienti, prodotti da Molteni&C. I progetti di Werner Blaser, Yasuhiko Itoh, Donato D’Urbino e Carlo Volonterio, Alberto Salvati e Ambrogio Tresoldi, Adelmo Rascaroli, tutti segnalati o vincitori nelle loro categorie, rappresentano il contributo di Molteni&C a questa importante manifestazione. La storia del mobile rivive in questa mostra e nella Molteni Heritage Collection che presenta, in edizione limitata e numerata di 100, alcuni degli arredi più significativi – il cassettone di Werner Blaser e la libreria di Yasuhiko Itoh. Un omaggio ai padri contemporanei del design.

CINQUANTASEI PICCOLE GRANDI STORIE DI UOMINI E DI INDUSTRIE FIFTY-SIX LITTLE BIG STORIES OF PEOPLE AND INDUSTRIES From 17 November to 23 December 2016 the historical archive of the Molteni Museum staged an exhibition covering the role played by the Selettiva di Cantù design competition (1955-1975) in the birth and development of design in Italy, and that of Molteni&C, who took part as a manufacturer in five of those competitions. In the mid 1950s, Cantù, Italy’s furniture-making capital, opened to modern design, with an international competition, known as the Selettiva, for Italian and international architects and designers. It involved the most qualified manufacturers in producing the prototypes. The jury at the first competition included prestigious names: Gio Ponti as the chairman, with Alvar Aalto, Romano Barocchi, Carlo De Carli and Finn Juhl. Over 217 designs were submitted by 177 designers from 21 different countries. The event was a great success and the first prize was awarded to the Swiss architect Werner Blaser for his furniture designs for four rooms, produced by Molteni&C. Designs by Werner Blaser, Yasuhiko Itoh, Donato D’Urbino and Carlo Volonterio, Alberto Salvati and Ambrogio Tresoldi, and Adelmo Rascaroli, all mentioned or winners in their categories, represent Molteni&C’s contribution to this key event. The history of furniture re-lives in this exhibition and in the Molteni Heritage Collection, which presents some of the most significant items, in a limited and numbered edition of 100 pieces – Werner Blaser’s chest of drawers and Yasuhiko Itoh bookcase. A tribute to the contemporary fathers of design.

Com’è nato il cane a sei zampe dell’Agip? Chi ha disegnato la bottiglietta del Camparisoda? Di chi è stata l’idea di far giocare Björn Borg tra le righe di una maglietta? E perché il Piroscafo non è solo una nave? Lo racconta il libro Icone d’impresa di Francesca Molteni, edito da Carocci per la collana Sfere, che unisce in una sequenza temporale la storia di 56 oggetti scelti fra gli archivi e i musei d’impresa associati a Museimpresa. Tra questi, anche il Molteni Museum, presente con la libreria Piroscafo, disegnata nel 1991 da Luca Meda e Aldo Rossi. “Ci sono oggetti della storia industriale – questa è l’idea di fondo – che hanno assunto una valenza simbolica straordinaria: a partire dal flying shuttle, la famosa spoletta emblema della Rivoluzione industriale inglese”, si legge nell’introduzione di Armando Massarenti, responsabile del supplemento “Il Sole 24 Ore Domenica”. Oggetti che hanno plasmato il nostro immaginario, segnato un progresso tecnologico o accompagnato una storia d’amore. Utili e belli, ben disegnati. Potenti e misteriosi, sono figli dell’industria, di grandi visioni, di piccoli traguardi, e di tante invenzioni. Raccontano la creatività e l’ingegno italiani, che hanno dato forma al nostro futuro. Sono anche nei musei, ma si possono toccare. Please, touch! La mostra nata con il libro è stata presentata il 2 marzo, in occasione dell’Italian Design Day nel mondo, in collaborazione con il Ministero degli Esteri, Triennale e Salone del Mobile, nelle Ambasciate e Istituti Italiani di Cultura di Dakar, Algeri, Hanoi, Kuala Lumpur, Lima.

How did the Agip dog come to have six legs? Who designed the little Camparisoda bottle? Whose idea was it to get Björn Borg to play in a striped tennis shirt? And why is the Piroscafo not just a ship? You’ll find the answers in Icone d’impresa by Francesca Molteni, published by Carocci for the Sfere series. The book brings together in a timeline the story of 56 objects selected from the company archives and industrial museums associated with Museimpresa. These also include the Molteni Museum, present with the Piroscafo bookcase, designed in 1991 by Luca Meda and Aldo Rossi. As Armando Massarenti, director of the “Il Sole 24 Ore Domenica” supplement, writes in the introduction: “There are objects of industrial history – this is the basic idea – that have taken on extraordinary symbolic value: starting from the famous flying shuttle, the emblem of the British Industrial Revolution”. Objects that have carved themselves into our collective imagination, marked technological progress or accompanied a love story. Useful, attractive, well designed. Powerful and mysterious, they are the children of industry, of great vision, of small goals, and of numerous inventions. They tell the story of the Italian creativity and ingeniousness that have shaped our future. They are also in museums, but they can be touched. Please, touch! The exhibition created with the book was presented on 2 March, on the occasion of the Italian Design Day in the world, in cooperation with the Italian Ministry of Foreign Affairs, Triennale Museum and Salone del Mobile, in the Italian Embassies and Italian Cultural Institutes in Dakar, Algiers, Hanoi, Kuala Lumpur and Lima.

UNIFOR ORGATEC COLONIA, 2016 NUOVE VISIONI DEL LAVORO NEW VISIONS OF WORK UniFor propone una visione del lavoro contemporaneo che si concretizza in un luogo reale, orientato all’innovazione e alla socializzazione. Uno spazio-ufficio razionale, confortevole e piacevole da abitare. Un ambiente flessibile, pensato per favorire la collaborazione tra le persone e la condivisione delle risorse. Protetto da una facciata continua in vetro a tutta altezza, lo spazio-ufficio è definito da quattro aree funzionali (reception, sala riunioni e due spazi operativi) circoscritte da elementi di partizione curvi insonorizzati, che si aprono sulla zona centrale dell’agorà, dove le persone si incontrano, interagiscono, collaborano, lavorano. Comfort acustico e benessere ambientale, flessibilità di utilizzo, funzionalità e uso consapevole e non invasivo della tecnologia sono gli elementi fondamentali che guidano il progetto dell’allestimento curato dallo Studio Cerri & Associati. UniFor proposes a vision of the modern workplace transformed into a realistic office environment aimed at fostering innovation and socialization. A rational, comfortable and enjoyable place to be. A flexible space that supports the natural rhythms of collaboration and the sharing of resources. Protected by a continuous, full-height, façade-like glass partition, the workspace is organized into four zones devoted to specific functions (a reception desk, a conference table, and two task areas), each enveloped by a sound-insulating circular partition element. These individual enclaves look onto a sort of agora where people can meet, interact, and work together. Acoustic comfort and environmental well-being, flexibility, and the informed and non invasive use of technology are the fundamental elements that guided the set up design curated by Studio Cerri & Associati.

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2016 PIOGGIA DI PREMI PER DESIGNER E PRODOTTI MOLTENI&C 2016 MOLTENI&C DESIGNERS AND PRODUCTS SHOWERED WITH AWARDS

GEA – LA NUOVA COLLEZIONE DI MARTA FERRI PER MOLTENI&C GEA – THE NEW MARTA FERRI COLLECTION FOR MOLTENI&C

2016 generoso di riconoscimenti per il Gruppo da parte di prestigiose riviste d’arredo e istituzioni internazionali. Vincent Van Duysen è stato nominato designer dell’anno in occasione della 25a edizione della Bienniale Interieur, prestigiosa rassegna belga dedicata all’arredo contemporaneo; Tobia Scarpa premio Wallpaper per la riedizione della sedia Miss che appartiene alla Heritage Collection di Molteni&C; Nicola Gallizia, premio Wallpaper per Domino Next, serie di tavolini e pouff di grande successo.

La fattiva collaborazione tra Marta Ferri e Molteni&C, iniziata l'anno scorso, si sviluppa attraverso una nuova esclusiva collezione composta da 6 tessuti, 2 pelli e 3 coperte rispettivamente in cashmere, pura lana merino e misto lana/cotone. Così la designer descrive la sua creazione: “Gea è una collezione che mi ha emozionato fin dal principio perché mi ha dato l’opportunità di portare all’interno della casa Molteni tutti i colori e il calore della natura. È infatti una collezione estremamente materica, caratterizzata da intensi colori tinti in filo e coraggiosi intrecci che scaldano gli ambienti e danno profondità alle forme. Gea significa terra, natura e vita, e proprio questi sono gli elementi che ho voluto rappresentare attraverso le scelte materiche della collezione: l’arancio intenso della ruggine, il verde vibrante del muschio, il giallo ocra e il rosa etereo della polvere”.

2016 was generous in prizes for the Group, awarded by prestigious furniture magazines and international institutions. Vincent Van Duysen was appointed Designer of the Year by the 25th Biennial Interieur, the prestigious Belgian contemporary living tradeshow; Tobia Scarpa Wallpaper prize for his remake of the Miss chair belonging to the Molteni&C Heritage Collection; Nicola Gallizia, Wallpaper prize for Domino Next, a highly successful set of small tables and pouffs.

The positive partnership initiated last year between Marta Ferri and Molteni&C is developing with a new exclusive collection of 6 textiles, 2 leathers and 3 blankets made of cashmere, pure merino wool and a wool/cotton mix respectively. This is how the designer describes her creation: “Gea is a collection that excited me right from the start, because it offered me the chance to bring all the colours and warmth of nature into the Molteni home. It is an extremely material collection, featuring intense dyed-in-yarn colours and daring interweaving that enhance cosy interiors and give depth to the forms. Gea means earth, nature and life, and these are precisely the elements that I wanted to represent when I made my choices for the collection: the deep orange of rust, the vibrant green of moss, the yellow ochre and the ethereal pink of powder”.

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M&C 11

TEAMER. TAVOLI OPERATIVI PER AMBIENTI DINAMICI TABLES FOR DYNAMIC WORKPLACES

“Le radici penetrano nel terreno e danno forza e struttura. Gli alberi hanno le radici, i fiori hanno le radici, le piante hanno le radici, anche le case hanno le radici, così come le persone, le menti e anche questo tavolo. Teamer, un grande tavolo operativo con un piano sottile magicamente sospeso sopra il suo robusto tronco; un oggetto volante, che sembra realizzato da una tecnologia spaziale.” Così Michele De Lucchi sintetizza Teamer, programma di tavoli operativi per ambienti di lavoro contemporanei, orientati alla flessibilità di utilizzo e alla leggerezza formale. Qualificato da un design essenziale e da raffinate soluzioni costruttive, il tavolo sembra spuntare dal suolo e volare leggero come un piano sospeso nel vuoto, sorretto da un’unica struttura metallica centrale, composta da elementi cilindrici degradanti

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dal sottopiano alla piastra di fissaggio, posta sotto il pavimento sopraelevato. Caratterizzato da dotazioni tecniche esclusive, il tavolo utilizza in modo diffuso una tecnologia nascosta, che assicura elevate prestazioni funzionali, in grado di favorire il benessere della persona che lavora. Teamer è configurato con quattro postazioni operative fronteggianti, con piano in laminato grigio, morbido al tatto, pannelli divisori nella stessa finitura e struttura centrale metallica cablata. La superficie di lavoro è suddivisa in tre parti: la zona centrale con le postazioni, mentre le due parti terminali fisse sono pensate per favorire brevi riunioni informali o ricevere ospiti.

design Michele De Lucchi

“Roots penetrate into the ground, providing strength and structure. Trees have roots, shrubs have roots, flowers have roots, even houses have roots, as do people, minds and this table too. Teamer is a large table with a slim worktop magically suspended over a sturdy trunk; a ‘flying’ object that might have been conceived in a space lab.” This is how Michele De Lucchi describes Teamer, a series of tables for contemporary work spaces, distinguished by flexibility of use and lightness of form. Featuring a minimalist design and refined structural solutions, the table seems to rise up from the floor and float in thin air, supported by a single central metal column consisting of nested steel cylindrical elements that taper down from the table to the base plate fixed below the raised flooring. With exclusive technical features and excellent functional

performance provided by concealed technology, this table will enhance the efficiency and well-being of those who work on it. Teamer is configured with two sets of face-to-face workstations, a grey, soft-touch laminate worktop, partition panels with the same finish and a central metal cabling unit. The table surface is subdivided into three parts: a central area with the four workstations and two fixed ends designed for brief informal meetings or for receiving guests.

ELEMENT OFFICE COLLECTION

Programma di arredi progettati pensando alla natura fluida e dinamica degli ambienti contemporanei, dove il bisogno di flessibilità risulta sempre più evidente per soddisfare esigenze e modalità di lavoro differenziate.

A series of office furniture designed with the fluid and dynamic nature of contemporary workspaces in mind, where the need for versatility is increasingly evident if differentiated working methods and requirements are to be met.

design Foster + Partners

Caratterizzati da eleganti soluzioni compositive, raffinati dettagli costruttivi ed elevate prestazioni tecniche e di sicurezza, questi componenti evidenziano un segno stilistico inconfondibile, che si legge nel rigore compositivo, nella leggerezza formale, nell’uso sapiente dei materiali e nella cura dei particolari. Postazioni operative singole e per piccoli gruppi, tavoli rotondi regolabili automaticamente in altezza, tavoli modulari di grandi dimensioni per sale riunioni, conferenze, spazi collettivi flessibili, armadi complementari per archiviazione, sono gli elementi che appartengono alla serie Element Office Collection disegnata da Foster + Partners. Element 02, tavolo circolare, pensato per interpretare le esigenze dello smart working, dotato di elementi telescopici a scorrimento verticale, azionati elettricamente, che permettono di variare l’altezza del piano per lavorare anche in piedi. Element 03, tavolo modulare di grandi dimensioni, interamente realizzato in alluminio verniciato nero opaco soft, il piano in vetro extra chiaro satinato può essere attrezzato con pratici sportelli per accesso alla canalizzazione centrale. Element 04, armadio metallico progettato per le esigenze di archiviazione, si caratterizza per l’aspetto monolitico, la purezza formale e l’accurato studio dei dettagli costruttivi sottolineati dalla raffinata finitura nero soft.

Featuring elegant compositional solutions, refined constructional details and high-performance technical and safety characteristics, these components reveal an unmistakable style: compositional rigour, formal lightness, a skillful use of materials and attention to detail. Workstations for individuals or small groups, round tables adjustable in height, large-scale modular tables for meeting rooms, conferences, versatile collective spaces, matching filing cabinets, these are the components of the Element Office Collection designed by Foster + Partners. Element 02, circular table, designed to meet today’s smart working requirements, complete with electrically powered vertical-sliding telescopic elements, that allow the height of the table top to be varied, also for those who work standing. Element 03, large-scale modular table, made entirely of soft matt black-painted aluminum, an extra clear satin finish glass top can be fitted with practical lids for access to the central cable conduits. Element 04, monolithic metal filing cabinet featuring formal purity and attention to the constructional details, underlined by the refined soft black finish.

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M&C 11 — PROGETTI NEL MONDO/WORLD PROJECTS

L’ACROPOLI DI PERIFERIA AN ACROPOLIS IN SUBURBIA Atene, 2016

Interior designs also feature formal lightness and functionality, where the offices, work spaces and meeting rooms are brilliantly solved with partition and furnishing systems marked by simplicity and comfort.

Parete RP (design Renzo Piano): sistema di partizione a tutta altezza con struttura in alluminio verniciato grigio chiaro, pannellature vetrate e in legno; porte scorrevoli e a battente. MDL System (design Michele De Lucchi): tavoli riunione, scrivanie e postazioni operative a spazio aperto, separate da pannelli. Naòs (design Pierluigi Cerri): librerie a parete in alluminio verniciato verde brillante. Neutra: armadi e contenitori per archiviazione a tre altezze, cassettiere e arredi personalizzati. Una struttura imponente con 2300 metri di pareti, 13 sale riunioni, 139 uffici direzionali, 178 postazioni operative, 276 armadi per l’archiviazione.

Parete RP (designed by Renzo Piano): a floor-to-ceiling partition system with pale gray aluminum frame, glazed and wood paneling; sliding and swing doors. MDL System (designed by Michele De Lucchi): meeting room tables, desks and open-space workstations, separated by panels. Naòs (designed by Pierluigi Cerri): wall-standing bright green lacquered aluminum bookcases. Neutra: cupboards and filing cabinets with three different heights, sets of drawers and customized furnishings. An impressive structure with 2300 meters of walls, 13 meeting rooms, 139 executive offices, 178 workstatons and 276 filing cabinets.

Davanti il mare, alle spalle il Partenone. La Stravos Niarchos Foundation di Renzo Piano ad Atene – quartiere Kallithea, storico porto sulla baia di Faliro – è una lighthouse sofisticata, omaggio alla grande ingegneria di Nervi, interni essenziali con arredi e sistemi di partizione UniFor.

In front the sea, behind the Parthenon. Renzo Piano’s Stravos Niarchos Foundation building in Athens – Kallithea district, historic port on Phaliron bay – it is a sophisticated lighthouse, a tribute to Nervi’s great engineering, simple interiors with UniFor furniture and partition systems.

di/by Fulvio Irace

Seen from the harbour in Phaliron bay, the Acropolis looks quite far away, so to bring it closer maybe the only solution was to build another one: modern, of course, designed to express the feelings of our time just as Pericles’ Acropolis expressed those of classical antiquity.

L’Acropoli è lontana vista dal porto del Falero e dunque per renderla più vicina se ne poteva forse solo costruire un’altra: moderna naturalmente, capace di parlare dei sentimenti del nostro tempo come quella di Pericle raccontava la classicità. Il Centro Culturale Stavros Niarchos, inaugurato [il 23 giugno 2016, ndr] […], è la nuova Acropoli dell’Atene di periferia, un’opera che ci si poteva aspettare solo dall’architetto-senatore […] Renzo Piano. […] sin dall’inizio il punto di partenza è stato chiaro: bisognava risarcire la cesura tra città e mare, “rammendare” la periferia, creare una realtà aumentata con il sostegno di un’architettura “no frills”. Il primo schizzo corrisponde fedelmente all’idea finale: più che coup de théâtre, una trovata. Ma semplice e geniale come l’uovo di Colombo. Il programma comprendeva la costruzione di due imponenti complessi – l’Opera Nazionale Greca […] e la Biblioteca Nazionale […] – che avrebbero da soli occupato più della metà dell’intera area disponibile, rendendo difficile la realizzazione di un parco panoramico a disposizione dell’intera città. «Il quartiere in cui doveva sorgere – racconta Piano – si chiama Kallithea – la bella vista: ma, per una tragica ironia, delle ragioni del suo toponimo da qualche secolo si erano perse le tracce. […] Un giorno sono salito sul tetto di un ospedale lì vicino: dall’altezza di 30 metri non solo si vedeva perfettamente il mare, ma il gioiello di Atene, l’Acropoli. Ho pensato allora che

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Leggerezza formale e funzionalità caratterizzano anche il progetto degli interni, dove gli uffici, le zone operative e le sale riunioni sono brillantemente risolti con sistemi di partizione e di arredo orientati alla semplificazione e al comfort.

si potesse sollevare il terreno come il bordo di un tappeto e metterci sotto i due edifici a formare una collina lievemente inclinata. In tal modo si può salire lentamente […] e trovarsi sulla sommità avendo davanti il mare e alle spalle la vista dell’Acropoli». […] L’architettura coincide dunque con la conquista del punto di vista: un atto concettuale prima ancora che spaziale, che si può comprendere e sperimentare quando si raggiunge l’apice della collina artificiale che Piano ha battezzato la «lighthouse», perché è come un faro, ma anche una casa trasparente che offre una vista a 360 gradi su Atene e congiunge in un potente asse visivo il Porto e il Partenone. Da qui partono i pilastri sottili d’acciaio che sorreggono la grande “tenda” che scherma dal sole e allo stesso tempo ne assorbe l’energia grazie alla superficie superiore interamente ricoperta da pannelli fotovoltaici che rendono il centro energeticamente indipendente. «Il Canopy – confessa sempre Piano – è la seconda cosa di cui sono contento se non orgoglioso. […] È l’omaggio personale al genio di Nervi, di cui riprende la tecnica del ferrocemento […]». L’effetto è stupefacente, anche per la perfezione dell’esecuzione e la delicatezza delle proporzioni […] «Mi piace il senso dell’opera ben fatta – dice ancora Piano –, la soddisfazione che viene dalla perfetta esecuzione. […] E poi, la qualità è contagiosa e la bellezza non è una cosa da contemplare soltanto, ma fa venire voglia di far meglio». Estratto dell’articolo comparso sul supplemento culturale “Il Sole 24 Ore Domenica”, 26 giugno 2016 (p. 38).

The Stavros Niarchos Foundation Cultural Centre, inaugurated [on 23 June 2016], is the new Acropolis of suburban Athens, a project that could only have been designed by the architect and senator […] Renzo Piano. […] the starting point had been clear right from the beginning: the city had to regain a view of the sea and the suburbs had to be revitalized, enhanced reality had to be created by means of “no frills” architecture. The initial sketch corresponds perfectly to the final idea: more than a coup de théâtre, a brainwave. But as simple and ingenious as Columbus’s egg. The programme included the construction of two striking complexes – the Greek National Opera House […] and the National Library of Greece […] – which on their own would occupy more than half of the entire available area, making it hard to create a scenic park that could be enjoyed by the whole city. «The district in which it was to stand – explains Piano – is called Kallithea – beautiful view: but, the tragic irony was that over the centuries all traces of why this place had deserved such a name had been lost. […] One day I went up to the roof of a nearby hospital: from a height of 30 metres, not only was there a perfect view of the sea, but also of the jewel of Athens, the Acropolis. So it occurred to me

that we could lift the ground as if it were the edge of a carpet and place the two buildings below it, thereby creating a gently sloping hill. In that way, people can stroll up […] and find themselves at the top with a view of the sea in front and a view of the Acropolis behind them». […] The architecture thus coincides with conquering the viewpoint: a conceptual rather than a spatial achievement. This can be appreciated and experienced when you reach the top of the artificial hill that Piano likes to call the «lighthouse», because it is indeed like a lighthouse, but it is also a transparent building that offers a 360 degree view over Athens and unites both the Port and the Parthenon in a powerful visual axis. Slender steel pillars rise up to support the huge “canopy” which protects from the sun while at the same time absorbing its energy thanks to the upper surface entirely covered by photovoltaic panels that make the Centre energy independent. «The Canopy – Piano confesses – is the second thing that I am very pleased, indeed proud of. […] It is a personal tribute to the genius of Nervi, from whom it borrows the ferro-cement technique […]». The effect is stunning, also thanks to the perfection of the execution and the delicacy of the proportions […] «I love the sense of a job well done, Piano adds –, the satisfaction that comes from perfect execution. […] And then, quality is contagious and beauty is not just something to be contemplated, but it makes me want to do better». Extract from the article published on the cultural supplement of “Il Sole 24 Ore Domenica”, 26 June 2016 (p. 38).

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M&C 11 — PROGETTI NEL MONDO/WORLD PROJECTS

ARTE, ALTA MODA, CULTURA CONTEMPORANEA ART, HAUTE COUTURE CONTEMPORARY CULTURE

40, RUE DE SÈVRES Maison Balenciaga Parigi, 2016

Luogo del mito nel VII Arrondissement, rive gauche. Il complesso monumentale dell’Hôpital Laennec di Parigi, costruito nel 1634 per volere del cardinale de La Rochefoucauld,

dopo un accurato intervento di restauro e riqualificazione urbana curato da 4BI&Associés – Bruno Moinard e Claire Bataille – ospita la nuova sede della maison Balenciaga.

È anche il quartier generale del Gruppo Kering di François-Henri Pinault – una holding del lusso con brand leggendari, un big player dell’arte con la casa d’aste Christie’s e una collezione immensa, tra le più importanti del mondo, spazi espositivi celebrati come Palazzo Grassi e Punta della Dogana a Venezia riallestiti da Tadao Ando. Questo luogo – che prende il nome da René Laennec, il medico inventore dello stetoscopio – è considerato un capolavoro dell’architettura del XVII secolo, tanto che alle Giornate Europee del Patrimonio 2016 un grande pubblico ha visitato gli spazi affascinanti e misteriosi dell’edificio presentati con accostamenti arditi tra le creazioni di Cristóbal Balenciaga e le opere della collezione Pinault. I due corpi dell’edificio fatto a croce, oggetto del progetto di recupero funzionale,

oltre a mantenere inalterati i caratteri architettonici dell’edificio, ne valorizzano gli elementi interni distintivi. Il dialogo tra il bianco assoluto degli ambienti, le magnificenti capriate e il legno crea una sequenza morbida di lettura dello spazio scandito con ritmo regolare dalle finestre, affacciate di volta in volta, su edifici, campanili e chiese, spazi verdi. Bruno Moinard – un eclettico professionista, architetto, scenografo, designer e artista – ha concepito il restauro nel pieno rispetto del luogo, e la sua trasformazione terziaria ed espositiva è coerente e integrata. Con allestimenti eseguiti su disegno in una tessitura di grande equilibrio visivo e formale che definisce un ambiente di pregio fatto di finiture e arredi monocromatici, raffinate soluzioni costruttive, senza rinunciare a performance tecnica, elevati livelli qualitativi, comfort e organizzazione funzionale.

di/by Cristiana Colli

Qualificati da elevate performance di riservatezza e comfort acustico, le sale riunioni e gli uffici chiusi sono definiti dagli elementi di partizione Parete AP (design Andrée Putman) di UniFor. Costruiti con componenti ad alte prestazioni tecniche, queste pareti a tutta altezza sono costituite da una struttura in profilati di alluminio brillantato, pannellature in doppio vetro extrachiaro satinato. Mentre le postazioni operative a spazio aperto sono composte da piani in laminato a spessore maggiorato (4 cm) sorretti da cassettiere strutturali ed elementi portanti in tubolare satinato; i piani si compongono in configurazioni a due, tre e quattro posti, separati da pannelli divisori in legno tinto nero opaco con venature in evidenza. Con le stesse caratteristiche sono realizzati anche i tavoli quadrati e rettangolari delle numerose sale riunioni. Ensuring a high degree of confidentiality and acoustic comfort, the meeting rooms and offices are defined by UniFor AP partition walls (designed by Andrée Putman). Built with high-performance technical components, the floor-to-ceiling partitions consist of polished aluminum structural sections and satin finish extra clear double-glazed panels. While the open-space workstations feature 4-cm thick laminate desktops supported by structural chests of drawers and satin finish tubular load bearing elements, the tops come in two, three and four-station configurations, separated by matt black-stained veined wood partitions. The same features also define the square and rectangular tables of the numerous meeting rooms. kering.com

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Legendary address in the 7th Arrondissement, rive gauche. Paris’s monumental Hôpital Laennec was commissioned in 1634 by Cardinal de La Rochefoucauld.

Following an accurate restoration and urban regeneration project – curated by 4BI&Associés – Bruno Moinard and Claire Bataille – this historic complex now hosts Maison Balenciaga.

It is also the headquarters of FrançoisHenri Pinault’s Kering Group – a luxury holding with iconic brands, a big player in art with the Christie’s auction house and a huge collection, one of the most important in the world, as well as celebrated exhibition spaces such as Palazzo Grassi and Punta della Dogana in Venice refurbished by Tadao Ando. This site – named after René Laennec, the doctor who invented the stethoscope – is considered a masterpiece of 17th century architecture. During the 2016 European Heritage Days, visitors flocked to explore the building’s fascinating and mysterious spaces presented with striking juxtapositions of creations by Cristóbal Balenciaga and artworks from the Pinault collection. The two bodies of the cross-shaped building involved in the functional restoration project not only maintain

the building’s architectural features, but also enhance its distinctive interiors. The dialogue between the absolute white of the hall, magnificent trusses and wood, creates a gentle passage through the space, evenly marked by the windows, which look out over buildings, bell towers and churches and gardens. Bruno Moinard – an eclectic professional, architect, stage designer, designer and artist – reinterpreted the historic building with great respect and his tertiary and exhibition transformation is fitting and perfectly integrated. His interiors come together in a sublime visually and formally balanced composition featuring monochromatic finishes and furnishings, refined structural solutions, as well as technical performance, quality, comfort and functional organization.

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UniFor

via Isonzo, 1 22078 Turate (Como) Italy

t +39 02 967 191 f +39 02 9675 0859

Foster+Partners

www.unifor.it unifor@unifor.it

Element Office Collection

Workplace 3.0 Salone ufficio Milan Rho-Pero 04 /09 April 2017 Hall 22 Stand E20 D23

vitra. è distribuito in Italia da UniFor vitra. is distributed in Australia by UniFor

Art Direction Studio Cerri & Associati

Photo Pietro Carrieri


M&C 11

Non è semplicemente un prodotto, non è soltanto un sistema di partizioni costituito da materiali diversi da quelli ordinariamente impiegati.

WOOD WALL

Wood_Wall è la sintesi di un nuovo approccio attraverso cui Citterio dà vita a un modo diverso di allestire gli ambienti di lavoro. È l’espressione di un percorso di riscoperta dei materiali e della loro essenza. Il ritorno al legno non è ispirato a nostalgici riferimenti all’artigianalità, tutto è animato da criteri di modernità e attenzione alla qualità. I listelli lamellari e compensati sostituiscono i masselli pieni, migliorando le prestazioni meccaniche di ogni elemento. Le frese a controllo numerico sagomano e forano, superando i limiti degli scalpelli e delle pialle manuali. Le superfici in legno vengono esaltate attraverso nuove interpretazioni. Questa attenta ricerca modifica l’approccio progettuale, riportando l’architettura e l’industrial design a sostanziarsi di stimoli e sensazioni autentici, ispirati alla vera natura dei materiali.

Wood_Wall, design Pinuccio Borgonovo e UTC Citterio, è una parete divisoria per ufficio che fa del legno il materiale primario e caratterizzante. Wood_Wall, designed by Pinuccio Borgonovo and UTC Citterio, is a partition wall for office that makes the wood the primary and characterizing material.

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It is not simply a product, or only a system of partitions made with different materials from those ordinarily employed. Wood_Wall is the synthesis of Citterio’s new approach to setting up a working environment. It expresses a rediscovery of natural materials and their essence. The return to wood is not inspired by nostalgic references. Everything is animated by modernity and attention to quality. Wood laminate and plywood replace solid wood, improving the mechanical performance of each item. CNC milling machines shape and drill, exceeding the limitations of manually operated chiselling and planing machines. The wood surfaces are enhanced through new interpretations. This careful research changes the design approach, enabling architecture and industrial design to substantiate authentic sensations inspired by the true nature of materials.

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M&C 11 — PROGETTI NEL MONDO/WORLD PROJECTS

UFFICI CON VISTA SULL’A22 OFFICES WITH A VIEW OVER THE A22

Headquarters TwinSet Carpi, 2016

di/by Cristiana Colli

di/by Cristiana Colli

Tra gli indizi che raccontano la metamorfosi italiana e la trasformazione del paesaggio ci sono le architetture industriali – laboratori progettuali sfidanti, tra questioni funzionali, sostenibilità e rappresentazione efficace della dimensione corporate. Location privilegiate nei nowhere, accanto ai nodi infrastrutturali e alle direttrici strategiche della mobilità – autostrade, superstrade, stazioni dell’alta velocità. Storie che hanno fatto storia: il Kilometro Rosso sull’A4, Sergio Rossi e Technogym sull’A14, Max Mara accanto al ponte di Calatrava e Chiesi sull’A1, Salewa sull’A22, Prada sulla strada regionale 69 del Valdarno. È una mappa di specializzazioni produttive, che racconta processi di creazione del valore, e modelli di sviluppo di un’Italia dinamica che crede nella qualità architettonica e scommette sulla qualità dei prodotti che piacciono al mondo. L’A22 è una direttrice simbolo per le storie d’impresa e la connessione con l’Europa; Carpi è la maglieria; la magliaia è una figura archetipica del capitalismo molecolare italiano e del boom economico. TwinSet – Simona Barbieri è una bella storia italiana iniziata nei primi anni ’90 – dapprima maglieria, ca va sans dire, da tempo ormai total look. Il nuovo headquarters, che si affaccia

sull’A22 – progetto BP Architects – di notte è una tastiera luminosa, un’astronave con tre livelli di vetrate aggettanti, modulate da pale frangisole in rame, che avvolgono l’intera sagoma dell’edificio e conferiscono dinamismo e plasticità al volume. Ed è anche un intelligente recycle del classico scatolone in calcestruzzo anni ’70, con demolizioni e ricostruzioni, opere di miglioramento sismico e copertura a shed su cui sono installati pannelli fotovoltaici che coprono oltre il 70% del fabbisogno energetico del fabbricato. Un edificio virtuoso per la sostenibilità ambientale e l’efficienza energetica, con soluzioni tecnologiche innovative, l’organizzazione funzionale della viabilità interna. Negli oltre 15.000 metri quadrati del complesso direzionale sono ospitati gli uffici amministrativi e commerciali, creativi e stile, lo showroom con area sfilate, le sale di prototipazione, set fotografico e raccolta campionature, la mensa e un’area fitness. Gli ambienti bianchissimi con arredi Citterio di assoluto rigore formale sono un continuo contrappunto tra pavimenti in legno naturale, pareti vetrate a tutta altezza, postazioni operative essenziali ed efficienti. Non mancano zone più spettacolari: al secondo piano, dopo avere percorso una sinuosa scala elicoidale che si impone nello spazio, l’accesso è alle aree di rappresentanza con terrazza per eventi schermata dalla facciata continua. In quella zona – riservata e raccolta – sale riunioni e spazi dedicati alle attività del CdA. Con affacci sull’A22 del Brennero.

Clues to Italy’s metamorphosis and the transformation of its landscape include its industrial buildings – design and development laboratories that challenge functional issues, sustainability and how to effectively represent the corporate dimension. Privileged locations in the middle of nowhere, alongside infrastructure nodes and strategic mobility routes – motorways, freeways, high-speed stations. Stories that have made history: the Kilometro Rosso on the A4, Sergio Rossi and Technogym on the A14, Max Mara alongside the Calatrava bridge and Chiesi on the A1, Salewa on the A22, Prada on regional road 69 in Valdarno. It is a map of manufacturing specializations, illustrating value creation processes and the developments of that dynamic Italy that believes in architectural quality and wagers on the quality of the Italian products that the world appreciates. The A22 is a symbolic route for business stories and connections with Europe; Carpi is knitwear; the professional knitter is an archetypal figure of Italian molecular capitalism and economic boom. TwinSet – Simona Barbieri is a great Italian story that began in the early 1990s – first knitwear, ca va sans dire, then, bit by bit, total look. The new headquarters, which overlook

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the A22 – designed by BP Architects – is a luminous keyboard by night, a spaceship with three staggered storeys of glazing, modulated by copper sun reflector blades, which wrap right round the building, adding dynamism and plasticity to the volume. It is also a smart recycle of the classic 70s’ concrete industrial shed, variously demolished and rebuilt, seismic upgrading and shed roofing bearing photovoltaic panels that cover more than 70% of the premises’ energy needs. A virtuous building in terms of ecosustainability and energy efficiency, with innovative hi-tech solutions, and of the functional organization of internal practicability. The more than 15.000 square metres of the executive complex house the administrative and sales department offices, creatives and style, the showroom with catwalk area, the prototyping, photographic set and sample collection rooms, the canteen and a fitness area. Pristine white interiors, featuring formally rigorous Citterio furniture, provide a continual counterpoint between natural wood floors, floor-to-ceiling glazing and minimal and efficient workstations. The second floor offers more spectacular spaces: reached by means of a sinuous spiral staircase that rises from the spacious hall, you enter the representative areas with a terrace for events screened by the continuous façade. A reserved and cosy area then provides meeting rooms and spaces for the Board of Directors. View over the A22 Brennero motorway.

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VVD— VINCENT VAN DUYSEN

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